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L'Uso della Memoria - Memoteca

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L’Uso<br />

Della<br />

<strong>Memoria</strong><br />

“Il ponte romanico di Montetiffi” . Foto dell’Istituto “R. Molari”<br />

L’Uso <strong>della</strong> <strong>Memoria</strong> Pagina 1


Invito al viaggio…<br />

“…e l’ospite saluterà commosso il mio mondo ideale che ha per confini il Luso e il Rio Salto<br />

e per centro la chiesuola <strong>della</strong> Madonna dell’Acqua e il camposanto fosco di cipressi…”<br />

(Giovanni Pascoli)<br />

Qualcuno ricorda di aver sentito che la Valle dell'Uso è la soffitta <strong>della</strong> cultura romagnola. Una valle<br />

minuta di poesia e solitudine, di mestieri quasi perduti e di chiese millenarie nel cuore <strong>della</strong> pietra, una<br />

valle dei ricordi e <strong>della</strong> memoria.<br />

E’ con questa prima suggestione che con l'immaginazione abbiamo dato vita ad un sogno,<br />

popolato di figure mitiche o creature stravaganti, luoghi grigi e annebbiati in cui hanno preso vita le<br />

nostre storie, uniche e irripetibili.<br />

Incuriositi dalla cultura delle tradizioni, abbiamo deciso di organizzare un'uscita di classe per saperne di<br />

più scoprire le meraviglie che ospita la Valle del fiume Uso, panorami, vedute, villaggi, prati, fiori, anche<br />

antichi manieri, rocce nude imploranti il silenzio.<br />

Il Torrente Uso nasce dal Monte di Perticara (mt 883), e dopo un corso di<br />

circa 49 Km ( bacino idrografico = 153 Kmq) si getta nell'Adriatico nei pressi di<br />

Bellaria. La vallata si risale partendo da Santarcangelo, e giunti alla piccola frazione<br />

"Lo stradone" la strada inizia a serpeggiare e la valle a restringersi.<br />

Si supera Masrola e si giunge poco dopo all'abitato di ponte dell'Uso , poche anche<br />

le case sparse lungo il percorso. Da questa frazione, prendendo in direzione<br />

Montetiffi, inizia la parte "più alta" e selvaggia <strong>della</strong> valle.<br />

Si procede su strada stretta e "nervosa" che si incunea fra colline caratterizzate da<br />

vegetazione scarsa e a basso fusto, il letto del torrente, spesso lontano, è quasi<br />

costanemente nascosto dalla vegetazione.<br />

Incontriamo una strettoia con il torrente incassato fra alte pareti rocciose, e subito<br />

dopo un ponte siamo a Pietra dell'Uso, già feudo dell'Abbazia di Montetiffi.<br />

Alta su di uno sperone sulla nostra destra, si staglia la chiesa Medioevale <strong>della</strong> Natività<br />

di Maria, quasi posta a guardia <strong>della</strong> vallata.<br />

Senza perdere tempo, in un lunedì ancora sfuocato per riprendere a lavorare dopo un fine<br />

settimana rilassato e addormentato, in una giornata luminosa, aperta, fresca e salutare, abbiamo inforcato<br />

le nostre biciclette e ci siamo messi in cammino.<br />

L’Uso <strong>della</strong> <strong>Memoria</strong> Pagina 2


Bellaria e le vele colorate<br />

L’Uso <strong>della</strong> <strong>Memoria</strong> Pagina 3<br />

“Uccelli” di Vittorio Belli<br />

Il nostro itinerario prevedeva la risalita di tutta la Valle dal porto canale di Bellaria.<br />

Giunti sul posto, il porto era pieno di piccole barche da pesca, dalle reti colorate e bianche e azzurre:<br />

sembravano uno stormo di anatre che pavoneggiavano e mostravano la loro bellezza. Le canne palustri<br />

tutte intorno costruivano uno scenario da fiaba, i suoni e i rumori ci incantavano, il volteggio bizzarro dei<br />

gabbiani sfiorava le nostre teste.<br />

“Particolare di un Bragozzo”. Foto dell’Istituto “R. Molari”<br />

Alla foce del fiume Uso si trova Bellaria, rinomata località balneare <strong>della</strong> costa emi-romagnola.<br />

Il paese ha un’importante tradizione marinara, poiché negli anni ’40 la sua frotta peschereccia contava<br />

fino a 400 imbarcazioni.<br />

Attualmente il settore <strong>della</strong> pesca sviluppa le diverse tipologie di pesca, a strascico, volante, da posto e un<br />

settore in crescita come quello <strong>della</strong> miticoltura con impianti a mare aperto.


L’incontro con l’Associazione Barche sull’Adriatico ci ha consentito di approfondire le<br />

conoscenze sul mondo <strong>della</strong> pesca, con uno sguardo sul presente osservando direttamente le attività in<br />

mare e sul passato con le escursioni sulle barche storiche che fanno parte <strong>della</strong> “congrega delle<br />

Mariegole dell’Adriatico”. L’incontro con i vecchi pescatori ci ha fatto conoscere le tradizioni e la<br />

cultura del mondo dei pescatori.<br />

La rete che imprigionava le ossute creature, ci ha rischiarato alla mente la Casa Rossa di<br />

Panzini, quasi soffocata da un intrico di strani arboscelli che occupano tutto il grande parco che faceva<br />

da pensatolo alle vicende di "La lanterna di Diogene" e "II padrone sono me".<br />

Le nostre fantasie sono state richiamate da Valeria, che ci ha ricordato di riprendere il viaggio.<br />

“LA CASA ROSSA”<br />

Alfredo Panzini<br />

Alfredo Panzini nasce a Senigallia il 31 dicembre 1863<br />

Frequenta la prima ginnasio a Rimini e l’anno dopo entra nel collegio Foscarini di Venezia, dove termina<br />

gli studi liceali. Nel 1882 si iscrive all’ Università di Bologna, facoltà di lettere, conseguendo la laurea.<br />

Coltiva letture legate ai grandi classici, ma anche a personaggi minori <strong>della</strong> nostra letteratura.<br />

Il suo primo libro di narrativa lo pubblica nel 1893, all’ età di trent’anni, ed è “Il libro dei morti”.<br />

Il successo di Panzini scrittore arriva con Le fiabe <strong>della</strong> virtù, nel 1911, quando ha quasi cinquant’anni.<br />

L'Italia<br />

Guarda l'Italia, o fanciullo! Essa è la<br />

bella addormentata sul mare. Un piedino<br />

ella tiene nelle onde calde sino quasi a<br />

toccare l'Africa; la testa e le grandi<br />

chiome - posate sulle Alpi; le braccia sono<br />

vezzosi ricami, fra terra e mare, dell'Istria<br />

e Dalmazia da un lato, <strong>della</strong> Riviera di Ponente<br />

dall'altro. Sotto quei monti delle Alpi<br />

si distendono i laghi e<br />

da quei monti scendono, ad ornarla,<br />

nastri di argento: e sono i fiumi<br />

Lassù, fra le nevi, apre i carnosi petali l<br />

a bianca rosellina delle Alpi, laggiù<br />

dove il Mongibello rosseggia, fioriscono<br />

gli aranci e in aprile già languiscono le<br />

rose.<br />

L’Uso <strong>della</strong> <strong>Memoria</strong> Pagina 4


Uno sciacquio e splash...Chiara è scivolata sulla soglia dell'acqua perché è stata rapita dalla vista<br />

di alcune barche che stavano raggiungendo il porto.<br />

Dopo una sonora risata, seguendo le barche abbiamo preso il sentiero sulla sponda destra dell' Uso.<br />

STAMPERIA PASCUCCI<br />

Va Verdi, 18 Gambettola, Tel 0547 53056<br />

“Mappa dell’Uso”, tela stampata Pascucci<br />

La famiglia Pascucci è una delle prime e più antiche famiglie di artigiani stampatori.<br />

Dal 1826 ad oggi nella integra bottega di Gambettola si rivive il procedimento suggestivo e<br />

unico <strong>della</strong> stampa xilografica su matrici in legno di pero intagliate a mano. La famiglia<br />

Pascucci di Gambettola è la più antica testimone di quest'arte. Nei suoi locali è possibile<br />

ammirare come nascono prodotti unici nel loro genere per l'attenzione, la cura e l'originalità<br />

con cui vengono realizzati. La tela stampata aveva come destinazione non case abbienti,<br />

bensì modeste. Il primo senso che si mette in moto, quando si entra nella bottega dei<br />

Pascucci, è l'olfatto: forte, si sente odor d'aceto, uno dei componenti principali <strong>della</strong> pasta<br />

colorante.<br />

L’Uso <strong>della</strong> <strong>Memoria</strong> Pagina 5


A destra eravamo accompagnati dal fruscio delle canne, a sinistra piccoli stormi di uccelli<br />

seguivano il nostro itinerario e al di là <strong>della</strong> grande ansa del nostro fiume ci è apparsa di fronte la Torre<br />

di San Mauro Pascoli. Giunti li vicino Alessandro ci ha invitato ad ascoltare il trotto dei cavalli che<br />

sentivamo in lontananza, qualcuno ricordando Pascoli ha intonato il ritornello <strong>della</strong> Cavallina Storna.<br />

Non era finita...<br />

Chiara ha cominciato a blaterare i palafreni, i cavalieri, quasi stesse recuperando dei cartoni animati che<br />

aveva visto in televisione da piccolina.<br />

Alessia, più letterata, ha detto "Nooooo": quella era la poesia "I pioppi del Rio Salto", che tanto hanno<br />

fatto sognare Zvani, che li chiamava amici.<br />

“Museo Urbini”, a Masrola di Poggio Berni. Foto dell’Istituto “R. Molari”<br />

L’Uso <strong>della</strong> <strong>Memoria</strong> Pagina 6


“L’ANGOLO DI ZVANI’”<br />

Giovanni Pascoli<br />

Nasce a San Mauro di Romagna il 31 dicembre 1855 Giovanni Placido Agostino Pascoli. Uno dei<br />

maggiori poeti italiani di fine ottocento.<br />

Le vicende <strong>della</strong> giovinezza del poeta furono molto determinanti nello sviluppo creativo <strong>della</strong> sua poesia<br />

e poetica. In seguito alla morte dei suoi famigliari decide di abbandonare la politica per dedicarsi<br />

all’insegnamento e alla poesia. Una poesia, la sua, vasta ed eclettica, ma anche precisa, sempre basata su<br />

versi endecasillabi e fedele alla metrica, basata su temi vari, visti dagli occhi di un uomo adulto fuori ma<br />

rimasto fanciullo dentro, che riesce a guardare ogni cosa per quello che è, anche se con un piccolo tono<br />

di negatività, riuscendo a parlare di temi fino ad allora trascurati da altri poeti.<br />

Gli ultimi anni<br />

Dopo la laurea conseguita a Bologna ebbe inizio la sua carriera di professore di latino e greco nei licei di<br />

Matera e Massa. Intanto iniziava la collaborazione con la rivista su cui uscirono le prime poesie di<br />

Myricae.<br />

Vinse tredici volte di seguito la medaglia d'oro al concorso di poesia latina di Amsterdam, col poemetto<br />

Veianus e coi successivi Carmina. Nel 1894 fu chiamato a Roma per collaborare colMinistero <strong>della</strong><br />

pubblica istruzione; nella capitale pubblicò la prima versione dei Poemi conviviali (Gog e Magog). Dal<br />

1897 al 1903 insegna latino all'Università di Messina . Nel 1905 assume la cattedra di letteratura<br />

all'Università di Bologna succedendo a Carducci. Nel 1912 muore a causa di un cancro all'addome a<br />

Bologna e viene sepolto nel cimitero di Castelvecchio di Barga.<br />

I puffini dell’Adriatico<br />

Tra ciclo e mare (un rigido di carminio<br />

recide intorno l'acque marezzate)<br />

parlano. E' un'alba cerula d'estate:<br />

non una randa in tutto quel turchino.<br />

Pur voci reca il soffio del garbino<br />

con oziose e tremule risate.<br />

Sono i puffini: su le mute ondate<br />

Pende quel chiacchiericcio mattutino.<br />

Sembra un vociare, per la calma, fioco,<br />

di marinai, eh'ad ora ad ora giunga<br />

tra '1 fievole sciacquio <strong>della</strong> risacca;<br />

quando, stagliate dentro l'oro e il fuoco,<br />

le paranzelle in una riga lunga<br />

dondolano sul mar liscio di lacca.<br />

Lavandare<br />

Nel campo mezzo grigio e mezzo nero<br />

Resta un aratro senza buoi, che pare<br />

Dimenticato, tra il vapor leggiero.<br />

E cadenzato dalla gora viene<br />

Lo sciabordare delle lavandaie<br />

con tonfi spessi e lunghe cantilene:<br />

vento soffia e nevica la frasca,<br />

e tu non torni ancora al tuo paese!<br />

quando partisti, come son rimasta!<br />

come l'aratro in mezzo alla maggese .<br />

L’Uso <strong>della</strong> <strong>Memoria</strong> Pagina 7


Dopo aver assaporato la magia <strong>della</strong> Torre, ascoltato il profumo dei granai e gustato l'acqua<br />

<strong>della</strong> sorgente canterina, abbiamo ripreso il nostro cammino alla ricerca delle rose rampicanti e dei<br />

gelsomini.<br />

Zigzagando qua e là abbiamo attraversato San Mauro Pascoli e siamo sbucati al vecchio ponte di San<br />

Vito. Due arcate solitarie che ancora oggi raccontano la loro storia; i legionari romani che attraverso la<br />

vecchia Via Emilia cercavano di raggiungere la Gallia oppure di ritorno da quella terra Cesare incitava i<br />

suoi ad andare a punire Pompeo, che si era impadronito dell'Urbe senza consultarlo.<br />

Da qui si vede che tagliava nell'azzurro il profilo del Campanone di Santarcangelo di Romagna. Quasi<br />

alla ricerca di un tesoro nascosto abbiamo recuperato i poeti dialettali di questi luoghi che come saggi<br />

maestri nei loro testi raccontano la gente e la cultura tradizionale.<br />

“La vacca romagnola” (Foto di Eddi Bisulli)<br />

L’Uso <strong>della</strong> <strong>Memoria</strong> Pagina 8


“IL FUOCO DEL MIO PAESE”<br />

Nino Pedretti<br />

Nino Perdetti nasce a Santarcangelo il 13 agosto 1923, figlio di una maestra elementare e di un impiegato<br />

comunale, che si dilettava di archeologia e storia locale. Dopo essere stato soldato ed aver anche corso il<br />

rischio <strong>della</strong> deportazione, si laurea nel 1949 in Lingua e letteratura inglese presso l’Università di Urbino,<br />

con una tesi sulla poesia e la musica negra d’America.<br />

Fa parte, nell’immediato dopoguerra, del gruppo di artisti e intellettuali noto come “il circolo del<br />

giudizio” (E’ circal de giudéizi), che si riunisce intorno Tonino Guerra.<br />

Nel 1975 esce la sua prima raccolta, Al vòusi, due anni più tardi, pressoché<br />

contemporaneamente, è la volta di altre due raccolte, una in lingua, Gli uomini sono strade, e una in<br />

dialetto santarcangiolese, Te fugh de mi paeis. Muore a Rimini il 30 maggio 1981. poco dopo uscirà La<br />

chésa de témp, considerata la sua opera migliore.<br />

Al vòusi<br />

Dal vólti da par me<br />

te lètt, t'un curidéur<br />

t'un treno par Milèn<br />

a sént al vòusi.<br />

E alòura a m fazz<br />

piò grand<br />

ch'ai sòuna dreinta<br />

ad me<br />

cumè al campèni.<br />

I nòm dal stredi<br />

Al strèdi a gli è<br />

tóti ad Mazzini, ad Garibaldi<br />

a gli è di pepa<br />

ad quei chi scréiv,<br />

chi da di cmand, chi fa la guèra.<br />

E mai ch'u t'capita d'avdéi<br />

vea d'éun che féva i brétt<br />

vea d'éun che stéva sòta un zrìs<br />

vea d'éun eh' u n' a fatt gnént<br />

parche l'andeva a spàss<br />

s'una cavala.<br />

E pansé che e' mònd<br />

l'è fatt ad zénta cume me<br />

ch'l'a magna i radécc<br />

ma la finèstra<br />

cunténta ad stè l'instèda<br />

si pii néud.<br />

L’Uso <strong>della</strong> <strong>Memoria</strong> Pagina 9


Cultura tradizionale che più non ci appartiene, eppure ci attira e ci soddisfa, perché ci sentiamo<br />

testimoni di questa terra.<br />

Santarcangelo è un dedalo di strade che si snodano sul Monte Giove, diventano geometriche a<br />

valle e tutte portano nella grande piazza Ganganelli, luogo d'incanto del passato e ancora oggi centro di<br />

vita delle città. Dopo l'arco trionfale, abbiamo visto l'insegna delle tele stampate di Marchi (Via C<br />

battisti , 15 ), la freccia che indica il Museo degli antichi mestieri.<br />

MET ( Museo Etnografico)<br />

Santarcangelo di Romagna, via montevecchi, 41 tel.0541/624703<br />

Il Museo Etnografico degli Usi e Costumi <strong>della</strong> Gente di Romagna, inaugurato nel 1981,<br />

nasce dal paziente ed appassionato lavoro di raccolta promosso ed attivato, dalla fine degli anni<br />

'60, da un gruppo di volontari.<br />

Risale al 1985 l'apertura del Centro Etnografico per la Ricerca e la Documentazione e l'avvio e<br />

l'organizzazione sistematica delle campagne di ricerca e di produzione documentaria. Con<br />

questo centro il museo si dota di archivi e di strumenti di diffusione scientifica predisponendo<br />

laboratori di ricerca per promuovere lo studio delle tradizioni popolari, la produzione di<br />

documentazione audiovisiva, testi, esposizioni periodiche, convegni, giornate di studi ed<br />

iniziative didattiche. Il centro infatti dispone di una biblioteca ed emeroteca specializzate in<br />

demo-etno-antropologia e di importanti archivi delle fonti audiovisive, fotografiche ed<br />

iconografiche.<br />

Dal 1996 il museo ha assunto la forma organizzativa di Istituzione pubblica dotata di<br />

autonomia culturale e gestionale ed addotta la sigla MET ( Museo ETnografico) nel proprio<br />

logo.<br />

Nel 2001 il MET ha celebrato i trentanni <strong>della</strong> propria storia. Una storia iniziata da quel<br />

1971 che vide realizzarsi una idea di museo dedicato all’identità culturale ed alle tradizioni.<br />

“Azienda Biodinamica –la Vischia-” Foto dell’Istituto “R. Molari”<br />

L’Uso <strong>della</strong> <strong>Memoria</strong> Pagina 10


I signori delle Romagne<br />

I Malatesta furono i signori di Rimini dal 1295 al 1528, durante questo periodo<br />

riuscirono ad estendere il loro dominio fino ai castelli settentrionali di San Marino, la provincia<br />

di Pesaro e parte di quelle di Ancona, di Forlì e di Ravenna.<br />

Secondo alcuni,l’origine <strong>della</strong> stirpe risale ai romani, ma le prime notizie riguardano un signore<br />

di Ravenna di nome Giovanni che sembra sia il capostipite <strong>della</strong> famiglia.<br />

Questo nome sarebbe da riferire ad un esponente <strong>della</strong> famiglia di nome Rodolfo che avrebbe<br />

dimostrato coraggio, caparbietà e tenacia nel difendersi dagli attacchi esterni.<br />

Intorno al 1200 i Malatesta si distinsero in due rami: i Malatesta da Foligno e i Malatesta da<br />

Verucchio. Quest'ultimi governarono nelle Marche.<br />

La maggiore personalità <strong>della</strong> famiglia fu Sigismondo Pandolfo (Rimini 1417 - 1468),<br />

che seppe accrescere con abilità la Signoria, fu guerriero e mecenate. Tenne una corte di<br />

umanisti, studiosi e artisti, ne è testimonianza ancor oggi il Tempio Malatestiano - chiesa di San<br />

Francesco "ristrutturata" da Leon Battista Alberti.<br />

I Malatesta furono anche protagonisti di una storia di adulterio narrata da Dante, la famosa<br />

storia di Paolo e Francesca, che ancora oggi fa parlare la gente.<br />

La dinastia dei Malatesta si chiuse con Pandolfo (1475 - 1534), nipote di Sigismondo Pandolfo.<br />

“IL CIRCOLO DEL GIUDIZIO”<br />

Gianni Fucci<br />

Gianni Fucci, nato in Francia nel 1928, fin dall’infanzia è vissuto a Santarcangelo, partecipando<br />

con Guerra, Pedretti e Baldini al cosiddetto “Circal de giudéizi”. Aiuto regista, bibliotecario, ha iniziato a<br />

pubblicare versi in dialetto negli anni ’80. Tra le sue prime raccolte La mórta e e’ cazadòur (1981), Êlbar<br />

dla memória (1989), edite da Maggioli, e, più recenti, La balêda de vént (Pazzini 1996), E’ bastimént<br />

(Campanotto 1997), Nadel. Sonetti d’auguri (Pazzini 2002), Témp e tempésti, (Archinto 2003), Vént e<br />

bandiri (Raffaelli 2005). Della sua opera si sono occupati, fin dagli esordi, importanti critici, da Franco<br />

Brevini a Gualtiero De Santi, Franco Loi, Luca Cesari e, da ultimo, Luciano Benini Sforza.<br />

Sòtte’ bèch dla lòdlaa<br />

L’incantamén de còr,<br />

(si tu pensìr se còim) e dl’anma e di òcc…<br />

Dal tu sperênzi che ormai, a l sguélla<br />

véa cmè l’aqua sòura i sas de fiòmm,<br />

u n gn’è arvênz un granchè.<br />

Quand ch’è’ batévva l’êva di vint’an<br />

t’évvi cridéu dabòn<br />

m’una véita diversa.<br />

Dòp, ta n tu n si mai dmand<br />

indvé ch’i érra andê a réss tòtt chi prògétt.<br />

Adès, tal nòti lònghi,<br />

si pulìdar dl’insògni ch’i galòpa<br />

ta t’incònuntar si améigh<br />

L’Uso <strong>della</strong> <strong>Memoria</strong> Pagina 11


- quéi ch’i n gn’è piò, purtròp!-<br />

a ciacarê de témp<br />

ch’l’è l’ònnich mòdi da stê ancòura insén.<br />

Sotto il becco dell’allodola<br />

L’incantamento del cuore, / (coi tuoi pensieri al culmine) dell’anima e degli occhi… / Delle tue speranze<br />

che ormai, scivolano via come l’acqua sui sassi del fiume, non è rimasto un granché. / Quando batteva<br />

l’ala dei vent’anni / avevi creduto veramente / a una vita diversa. / Dopo, non ti sei mai chiesto / dove<br />

erano andati a finire tutti quei progetti.<br />

Ora, nelle notti lunghe, / coi puledri del sogno che galoppano,<br />

ti incontri con gli amici / quelli che purtroppo non ci sono più!-<br />

a chiacchierare del tempo / che è l’unico modo per stare ancora insieme.<br />

“POETESSA SOGNATRICE”<br />

Annalisa Teodorani<br />

Nata nel 1978 a Rimini, risiede a Santarcangelo di Romagna.<br />

E’ tra le poetesse più giovani <strong>della</strong> Romagna, inizia a scrivere poesie nella lingua materna all’età di<br />

diciott’anni. Dopo il Liceo Classico, studia a Ravenna, alla Facoltà di Conservazione dei Beni Culturali, e<br />

si laurea.<br />

Ha esordito nel 1999 con la raccolta intitolata Par senza gnén ; è vincitrice di numerosi premi letterari, nel<br />

204 ha pubblicato la seconda raccolta dal titolo la chèrta da zug per Il Ponte Vecchio.<br />

Annalisa osserva e ascolta, e le cose, gli animali, le persone acquistano lo spessore del suo sguardo,<br />

l’acutezza del suo udito, e rimandano ad un altrove che è il luogo dei sussulti del cuore, dei moti più<br />

profondi dell’anima.<br />

E’ GOSTA ACSE’ POCH INSUGNE’<br />

E’ gòsta acsè pòch insugnè.<br />

Dal vòlti è basta una stèla,<br />

una fròffla ad nòiva ch’la sguélla mòtta<br />

spèsa i vòdri apanéd<br />

al fòi d’utobri tra cavéll de vént<br />

o cal nòvvli smanèdi<br />

cmè i pensir di burdéll.<br />

Se t cèud i òcc, pu<br />

T’un sbréss è po’ cambiè è mònd.<br />

Costa così poco sognare<br />

Costa così poco sognare / A volte basta una stella<br />

A volte basta una stella / Che scivola muto<br />

Dietro i vetri appannati, / le foglie d’ottobre tra i capelli del vento / o quelle nuvole scomposte<br />

come pensieri dei bambini./ Se chiudi gl’occhi, poi<br />

In un mattino può cambiare il mondo.<br />

L’Uso <strong>della</strong> <strong>Memoria</strong> Pagina 12


“UNA DONNA ECCEZIONALE”<br />

Giuliana Rocchi<br />

Giuliana Rocchi, Nata il 16 aprile 1922, ha interrotto i suoi studi in quarta elementare ed è andata<br />

subito a lavorare; prima come bracciante e spigolatrice, poi come operaia nelle fabbriche di lino e di<br />

corda. La sua prima poesia è circolata oralmente durante la lotta con cui le operaie <strong>della</strong> corderia<br />

cercarono di opporsi alla chiusura <strong>della</strong> fabbrica.<br />

La Rocchi è una donna eccezionale, che senza strumenti linguistici sovrastrutturali, ha la capacità<br />

di comunicare il ribollire del proprio esistere in modo efficace, diretto e luminoso da sapersi trasformare<br />

in canto autentico e in una poesia colma di energia.<br />

Scriveva di notte soprattutto per liberarsi dalla rabbia che ha dovuto reprimere e soffocare fin da piccola,<br />

per far conoscere le ingiustizie subite insieme alla gente come lei, umiliata, che ha dovuto chinare il capo<br />

di fronte al volere dei padroni, che si è sentita schiava di qualcuno o qualcosa…per questo le dà fastidio<br />

sentirsi chiamare poetessa!<br />

Una vita di oppressione, di sofferenza, dunque, la vita di una donna costretta dalla miseria e dalle<br />

sventure a lavorare fino alla vecchiaia.<br />

Così da “La vòita d’una dòna”, una delle prime poesie di Giuliana Rocchi, si coglie tutto il senso di un<br />

esistenza e il senso <strong>della</strong> forza espressiva di una scrittura che si impone soprattutto per la sua originalità<br />

stilistica, per la sua essenzialità costruttiva, senza ridondanze verbali, secca, primitiva, più adatta<br />

all’oralità, ad essere detta e urlata ad alta voce, piuttosto che scritta.<br />

E il miracolo <strong>della</strong> Rocchi è proprio nella forma delle sue poesie che hanno tutta la forza viva <strong>della</strong><br />

materia e del pensiero.<br />

La voita d’una dona<br />

A séra znina<br />

A cmandéva chi grénd<br />

A so granda<br />

È cmanda chi znin<br />

Quant ch’l’avnirà<br />

È cmanderà la morta<br />

E mè a n’o cmandoè mai.<br />

U s’è fermi e’ campanaun<br />

U s'è férmi e' Campanàun.<br />

A s sìint sàul e' su dàun dàun<br />

per la scóla e se mezdè<br />

e pu, silènzi tot e' de.<br />

L'èra la sveglia di purett<br />

ch'i saltéva zò di létt<br />

per cór véa a lavuroè<br />

e la zurnoèda a guadagnè;<br />

l'osesiàun dal nòti biènchi,<br />

di maloèd, dal pòri zénti<br />

(tla smoènia «un'aura, al do, al tre,<br />

tra quatr'àuri u s fa e' de...»)<br />

L'èra l'amóig di solitoèri<br />

L’USO DELLA MEMORIA Pagina 13


l'arduséva i tardatoèri<br />

l'è pròpria un pcoè ch'un sàuna piò.<br />

Ènc San Michel, che l'è alasò<br />

sbatéud da i gèl e da tot i vént<br />

ormai l'è pérs, u n'è cuntént<br />

senza i su tócch u n s'orizàunta;<br />

e' seguéss l'eco, une ch'e' càunt<br />

Csa saràl stoè, ch’u n va piò bén:<br />

ch'l'andéss a gas o a cherosén?<br />

Giuliana Rocchi<br />

“Osservazione e studio dell’indice Biotico Esteso”, Foto dell’Istituto “R. Molari”<br />

L’USO DELLA MEMORIA Pagina 14<br />

“Per essere accolti in un bosco<br />

bisogna bisbigliare i passi”<br />

Erri De Luca<br />

Noi volevamo andare più in alto, salire verso le Marmitte dei Giganti, lassù, verso quel bosco di<br />

querce che coronano l'alta Valle dell'Uso e ancora oggi proteggono la sorgente di questo fiume.<br />

Óra le case si fanno più rade, i campi si aprono come fossero distese di verde, l'occhio può riposare su<br />

un paesaggio dominato dalla natura.


La geologia dell’Uso<br />

“Natrix natrix” (Foto di Eddi Bisulli)<br />

La Valle dell’Uso conserva come in uno scrigno gran parte delle rilevanze geologiche romagnole.<br />

Si alternano lungo il suo percorso: i<br />

massi alloctoni di calcare che<br />

galleggiano su “onde” di argille<br />

scagliose (es: il monte su cui è<br />

costruito San Giovanni in Galilea,<br />

oppure Pietra dell’Uso), intorno a<br />

Montetiffi emerge la roccia arenaria<br />

miocenica entro cui si osservano<br />

vene di Lignite, carbone al primo<br />

stadio di mineralizzazione, a<br />

Montebello si scopre la vene del<br />

gesso (Selenite) mentre nell’alta valle,<br />

a Perticara, è presente un interessante<br />

giacimento di zolfo, un tempo<br />

estratto. “la gola <strong>della</strong> Camara”<br />

Fino al primo dopoguerra intorno a Montetiffi abbondavano i fabbricatori clandestini di polvere<br />

da sparo che in grotte nascoste nella macchie univano zolfo, lignite e salnitro per produrre<br />

polvere pirica in quantità.<br />

Parlando di geomorfologia del territorio non possiamo dimenticare i fenomeni di erosione<br />

fluviale, spettacolari nelle loro forme che possiamo vedere nel tratto di fiume che va da Ponte<br />

Rosso fino al ponte romanico. L’erosione dell’acqua turbinosa ha determinato le " marmitte dei<br />

giganti " (valle <strong>della</strong> Camarra e i Bidariul), grosse pentole scavate nella roccia. Un altro aspetto<br />

geologico dalla morfologia spettacolare è la "rupe dell’Archetta", un'isola di sasso immersa in<br />

un mare di argilla.<br />

Ansanti e con lo stomaco brontolone abbiamo fatto tappa al Ponte Romanico dove Alessandro ha<br />

recitato la sua poesia;<br />

L’USO DELLA MEMORIA Pagina 15


E’ pòunt<br />

Pu bel ch’l’è che pòunt,<br />

quel che sta te mèz dla valèda.<br />

L’è fat ad sas e guerda che fiòmm tòtt e dè.<br />

Um sa ch’ui pis stè sòura l’aqua<br />

Ch’l’a scòrr cièra e lizira.<br />

Sgònd me un sta sòura l’Us<br />

Par fè pasè la zènta<br />

Ma parchè u s’è fat un amèigh.<br />

Il ponte<br />

Che bello è quel ponte. Quello che sta nel mezzo <strong>della</strong> valle.<br />

E’ fatto di sassi e guarda quel fiume tutto il giorno. Penso che gli piacerà stare sopra l’acqua. Che scorre chiara e<br />

leggera.<br />

Secondo me non sta sopra l’Uso. Per far passare la gente<br />

Ma perché si è fatto un amico.<br />

Strumenti per giovani naturalisti<br />

La parola curiosità, deriva dal latino curiosus, che significa colui che si prende cura.<br />

Prendersi cura di qualcosa o di qualcuno implica osservazione, attenzione e contatto, tre<br />

caratteristiche che non possono mancare in un naturalista fluviale.<br />

Il naturalista, infatti, è colui che osserva il mondo con attenzione partecipe, non<br />

sfuggendo alle domande che da questa osservazione sgorgano.<br />

Ma le domande sono come le ciliegie, ad una ne segue un'altra, è in questo<br />

susseguirsi di domande, ricerche e sperimentazione che il naturalista prende contatto<br />

con il mondo, ne ha cura, avendone curiosità, esplorandone le peculiarità e i<br />

meccanismi attraverso i sensi, le mani, il cuore e lo stupore che governa ogni buona<br />

osservazione.<br />

L’USO DELLA MEMORIA Pagina 16


Contrabbandieri<br />

“Abbazia di Montetiffi”, Foto dell’Istituto “R. Molari”<br />

Polvere pirica, “Foia Mata” (il tabacco) e Mistral: questi erano i "prodotti" che<br />

venivano lavorati e poi contrabbandati a Montetiffi. Tale realtà risulta comprensibile<br />

solo se inserita in un panorama più ampio fatto di situazioni analoghe che creavano un<br />

mercato di scambio; infatti il tabacco non viene coltivato in zone di montagna, e a<br />

Montetiffi in realtà si ricercava il tabacco per poi lavorarlo e vendere il prodotto finito.<br />

A differenza del tabacco, la fabbricazione <strong>della</strong> polvere pirica si configurò fin da subito<br />

come lavorazione effettuata anche su scala industriale, dotata di licenze ed<br />

autorizzazioni. Ma accanto alle lavorazioni ufficiali, esisteva una vasta gamma di<br />

manipolazioni clandestine, documentate dai numerosi mortai in pietra, i "pilIi",<br />

disseminati lungo le pendici dei monti, o in prossimità di corsi d'acqua, spesso in luoghi<br />

inaccessibili.<br />

Che splendore questo angolo di paradiso: la Camarra, i suoni naturali, la vita che scorre solo con il<br />

tempo <strong>della</strong> memoria...<br />

Sì la memoria, che tanti poeti hanno saputo tradurre in sentimenti, emozioni, palpiti.<br />

L’USO DELLA MEMORIA Pagina 17


“QUELLE COSE CHE ACCADONO IN DIALETTO”<br />

Raffaello Baldini<br />

Raffaello Baldini è un vero poeta romagnolo. Nato a Santarcangelo di Romagna, il 24 novembre 1924,<br />

ha vissuto e lavorato a Milano a partire dal 1955 dove si è spento nel marzo del 2005.Pur esprimendo<br />

messaggi di ampio respiro e senza confini, Baldini ha scelto il dialetto romagnolo per esprimersi in poesia<br />

utilizzandone al meglio le peculiarità sonore e i significati profondi ed unici. Il suo radicamento alle<br />

tradizioni è testimoniato dai suoi personaggi, che non sono illustri ma legati alla quotidianità<br />

popolare.Sempre in bilico fra grottesco e “drammatico”Raffaello Baldini studia i suoi personaggi con una<br />

profondità entusiasmante. Nonostante scrivesse in dialetto era considerato uno dei più grandi poeti<br />

italiani ed è famoso ovunque per le sue opere.Baldini faceva anche parte di un gruppo di intellettuali<br />

santarcangiolesi tra cui Tinino Guerra, Gianni Fucci, Flavio Nicolini e Nino Pedretti. Questa<br />

associazione nell’immediato dopoguerra diede vita al cosiddetto “Circolo del Giudizio”.<br />

Viazè<br />

Mo viaza té, me a stagh ben dò ch'a so, ch'i<br />

vén da fura, aquè, pu u i è Suièn,<br />

Vrócc, la Pargàia , ch'a n'i so mai stè<br />

ma la Pargàia , gnénca té? mo 'lòura<br />

csa vét zanche vaiéun, che me sno e' lèt<br />

furistfr, e' cuscéin, che s'a n'ò e' mèi,<br />

pu tótt, t ve véa se sòul, t'aréìv ch'e' pióv,<br />

ta n cnòss niséun, u t tócca dmandè sémpra,<br />

e al gambi quant l'è nòta,<br />

vdài e' mònd?<br />

che dòp t si piò patàca ca né préima,<br />

a m'arcórd Curio, sa che viàz a Londra,<br />

'na bòba, pu l'è tòuran, e e' de dòp<br />

a zughémmi a bucètti, ch'e' pareva<br />

ch'fóss stè a San Veld, e adès dis ch'e' va in Kenia,<br />

u i vó una bela vòia, e té dù vét?<br />

a Montecarlo e a Nizza? t'é capei,<br />

e tótt' la Costa Azzurra , quant t stè fura?<br />

dis de? mo 's'ut ch'a prova, ch'a I so za,<br />

'ta bón, fé la valéisa,<br />

purtèsla dri, che me la dmènga in piaza<br />

u m da dan e' giurnèl, e pu e' magne,<br />

u m géva Curio, tótta roba frétta,<br />

una pózza, l'agnèl sia marmeleda,<br />

i spaghétt ch'i bai dri e' cafelàt,<br />

e me ch'a so un viziéd, no, gnénca zcòrrni,<br />

a stagh ma chèsa méa, piò ben che mai<br />

che pu a viàz ènea me, aréiv da Carghin,<br />

a vagh me zugh dal bòci,<br />

ch'i n zuga piò niséun, l'è tótt pin 'd fòi,<br />

mo me u m pis ènea i póst ch'u n suzéd gnént,<br />

dréinta u s sint sunè un flipper<br />

era scap i pasarótt ch'i véa i artòurna,<br />

u i è che manifèst sémpra spandléun<br />

L’USO DELLA MEMORIA Pagina 18


me méur 'd Canzola, «Viva...», viva che?<br />

e leu e' réid, csa réidti? che d'instèda<br />

quant a vèggh chi sgraziéd, la Roca , l'Èrch,<br />

la Piva , tótt sudéd, me le avrébb vòia<br />

da farmèi, vnf sa me, mi Capuzéin,<br />

e' zéir dia méura, pièn, tramèza l'erba,<br />

e d'ogni tènt punsès, u i è un rapètt,<br />

basta slunghé una ména, dal suséini<br />

piò dòulzi ca né e' mèi, i frè i n li eòi,<br />

pu, vérs Savgnèn, e vièl,<br />

di arzipréss, un udòur, e in chèva gnént,<br />

u s scapa tla spagnèra, che d'ale,<br />

dal vólti, za ch'a i so, travérs cantir,<br />

a cai zò te Marèccia,<br />

un slèrgh, t ve dò ch'u t per, e tótt chi sas,<br />

mo u i n'è ch'i a di culéur,<br />

i léus, sott'aqua, quésti l'è al zita!<br />

o a so balèngh? e piò in là dò burdèli<br />

s'un gran maz ad fiéur zal, al réid, al córr,<br />

a pi néud, sòura i sas, mo cmè ch'ai fa?<br />

Raffaello Baldini<br />

Presi dei bordoni di canna, ci siamo arrampicati a Montetiffi, che sogno quella pace serena, che fame<br />

ci ha fatto sentire quell'insegna di teglia, che faceva arrivare ai nostri nasi il delicato profumo <strong>della</strong> piadina.<br />

LE TEGLIE DI MONTETIFFI<br />

L’USO DELLA MEMORIA Pagina 19<br />

La fabbricazione delle teglie in argilla per la cottura <strong>della</strong> piadina<br />

trova il suo centro nel borgo di Montetiffi. Si tratta di una<br />

tradizione antichissima di cui si hanno notizie documentate a partire<br />

dal secolo XVI.<br />

Le materie prime necessarie sono l’argilla di colore rosso (o anche<br />

blu) ed un sasso marmorizzato di calcite.<br />

L’argilla, raccolta d’estate, viene seccata al sole, sminuzzata con<br />

un mazzuolo di legno ed infine macerata in mastelli per due o tre<br />

giorni. Il sasso di calcite viene cotto nello stesso forno delle teglie<br />

e tritato in una grossa ciotola; la polvere ricavata viene setacciata e miscelata con l’argilla. L’impasto<br />

così ottenuto è pronto per essere foggiato su un tornio di legno azionato con i piedi; una volta che la<br />

teglia è stata mo<strong>della</strong>ta deve subire un periodo di stagionatura che può variare da tre/quattro settimane<br />

a sette/otto a seconda <strong>della</strong> stagione. L’ultima operazione è la cottura in forno a legna prima a fuoco<br />

lento poi ad una temperatura di 600/700 C°.<br />

Le teglie prodotte presentano un timbro sull’orlo che ne certifica l’originalità e ne garantisce la fedeltà


alla tradizione (vere teglie di Montetiffi).<br />

Attualmente gli unici tegliai esistenti sono i coniugi Camilletti Maurizio e Reali Rosella, il cui<br />

laboratorio è visitabile previo appuntamento.<br />

La piadina cotta sulla teglia ha un sapore fragrante ed insuperabile, come ha sempre fatto da oltre 500<br />

anni.<br />

“I Camilletti, tegliai”, Foto dell’Istituto “R. Molari”<br />

“Leone Reali, maestro tegliaio”, Foto dell’Istituto “R. Molari”<br />

L’USO DELLA MEMORIA Pagina 20


Che musiche celestiali hanno colpito il nostro orecchio quando abbiamo aperto l'Abbazia e Fiorella ha<br />

toccato i tasti dell'armonium impolverato!<br />

Ci siamo ricordati che qui c'è il museo di Venanzio Reali, il frate cappuccino che è stato poeta,<br />

scultore, incisore e gran predicatore.<br />

VENANZIO REALI<br />

Agostino Venanzio reali è nato il 27 agosto 1931 a Montetiffi nel Comune di Sogliano al Rubiconde (FC)<br />

sull’Appennino romagnolo. A undici anni entra nel seminario dei Cappuccini di Imola, nel 1947 è<br />

ammesso al Noviziato di Cesena e, dopo gli studi teologici a Bologna, nel 1957 viene ordinato sacerdote.<br />

Nello stesso anno è inviato a Roma per approfondire gli studi teologici all’Università Gregoriana a biblici<br />

al Pontificio Istituto Biblico.<br />

Nei cinque anni trascorsi nella capitale approfondisce ebraico e greco, ma frequenta anche molti artisti e<br />

scrittori.<br />

Dal 1966 al 1981 Agostino Venanzio Reali è cappellano presso l’Ospedale Belluria di Bologna; dal 1081<br />

al 1987 p Ministro provinciale dei Cappuccini bolognesi-romagnoli. Dal 1990 alla morte – 25 marzo<br />

1994- è direttore <strong>della</strong> rivista “Messaggero Cappuccino”.<br />

Ha lasciato un insieme di poesie, pitture e terrecotte che i confratelli stanno presentando sia<br />

all’attenzione dei critici che del pubblico, riscontrando crescente interesse.<br />

Nel 2001 la città di Ravenna gli ha dedicato un’importante mostra:”Agostino Venanzio reali. Pittura,<br />

scultura, grafica”. L’esposizione, che è rimasta aperta al pubblico per quaranta giorni, ha registrato<br />

diecimila visitatori.<br />

Dopo una breve visita delle stanze che mettono in mostra la forza creativa del frate, che ora riposa<br />

nella quiete del cimitero di Montetiffi, siamo usciti e come d'incanto ci siamo trovati su uno sperone di roccia<br />

sospesa su una Valle che tutt'intorno è a strapiombo su campi coltivati, antiche stalle, filari allineati e macchie<br />

di piante mediterranee.<br />

L'ECOSISTEMA FIUME<br />

Panta Rei (tutto scorre), dicevano gli antichi, Il fiume è un ambiente continuamente in<br />

cambiamento. La qualità delle acque, la temperatura, la durezza, la turbolenza, i tipi di sedimenti<br />

variano da un fiume all'altro e, nello stesso fiume, anche da monte verso valle e da una sponda<br />

all'altra. Per questo motivo lungo un corso d'acqua come il Savio si succedono differenti<br />

organismi, animali e vegetali, ciascuno adattato ad un particolare microambiente.<br />

• Tratto sorgentizio: Nei tratti sorgentizi al di sopra del limite <strong>della</strong> vegetazione arborea l'acqua è<br />

fresca, ben ossigenata e povera di sali minerali. Questi ambienti vengono definiti ed è proprio<br />

per questo motivo che sono popolati da pochi organismi animali, molto esigenti nei confronti<br />

delle caratteristiche ambientali. La base alimentare di questi organismi acquatici è rappresentata<br />

da microalghe prodotte all'interno del corso d'acqua, mentre sono molto scarsi gli apporti di cibo<br />

provenienti dal territorio circostante. La pendenza è elevata e la corrente veloce; l'alveo è<br />

costituito da roccia e da grossi massi e l'acqua ha un elevato potere erosivo. Queste condizioni<br />

estremamente selettive hanno costretto gli organismi acquatici a sviluppare spiccati , per non<br />

essere trascinati a valle dalla corrente.<br />

L’USO DELLA MEMORIA Pagina 21


• Tratto montano e collinare: attraversando versanti boscosi il fiume si arricchisce di risorse<br />

alimentari, quali foglie, ramoscelli, spoglie ed escrementi di animali terrestri, derivanti dal<br />

territorio, mentre è scarsa la produzione interna poiché la vegetazione ombreggia lo specchio<br />

d'acqua ostacolando la . In questo tratto la turbolenza delle acque diminuisce, anche se resta<br />

sufficiente a garantire la piena saturazione in ossigeno disciolto. Le maggiori disponibilità<br />

alimentari, le condizioni idrauliche meno proibitive, il substrato più diversificato (si possono<br />

trovare massi, ciottoli, ghiaia, steli di vegetazione acquatica) fanno sì che la comunità degli<br />

organismi acquatici sia più numerosa e maggiormente ; per questo motivo le reti alimentari sono<br />

più complesse e l'ecosistema è più stabile.<br />

• Tratto di pianura: Alla fine del suo percorso l'acqua ha un elevato contenuto in sali minerali<br />

disciolti e quindi una durezza maggiore rispetto ai tratti a monte. L'alveo diviene<br />

progressivamente ghiaioso, sabbioso, limoso, permettendo l'insediamento di piante acquatiche.<br />

Aumentano ancora le disponibilità alimentari, sia come apporti terrestri (particellato organico,<br />

sostanze disciolte) sia perchè la ridotta velocità di corrente consente la sedimentazione <strong>della</strong><br />

sostanza organica proveniente dai tratti montani.<br />

Il nostro sguardo si è rivolto di fronte, a Massamanente ci siamo divertiti ad ascoltare l'eco delle<br />

nostre domande che ritornava per quello strano gioco delle onde sonore, poi tra i cespugli di ginestre ci siamo<br />

lanciati in una gara a scendere nell'abisso. E chi abbiamo incontrato? Il nostro preside, il poeta Bruno<br />

Bartoletti, che come sempre ci riconosce dalle voci, ci segue, ci sostiene e ci comprende.<br />

Anche lui è di Montetiffi, ora abita a Sogliano, ma sempre viene ad ispirarsi a questi sassi.<br />

Il preside poeta<br />

BRUNO BARTOLETTI<br />

Bruno Bartoletti (Montetiffi di Sogliano al Rubicone 1942), poeta, scrittore e saggista, vive a Sogliano al<br />

Rubicone.<br />

Laureatosi nel 1967 in Materie letterarie presso l’Università degli Studi di Genova con una tesi su<br />

Giovanni Pascoli(è da notare che i due poeti hanno entrambi perso il padre da bambini e ci sono molte<br />

analogie nelle loro vite), viene nominato nel 1973 assistente ordinario di Letteratura italiana presso<br />

l’Università degli Studi di Torino, nomina a cui rinuncia per dedicarsi all’insegnamento negli Istituti<br />

tecnici, dove in seguito svolgerà la funzione di preside. Si iscrive nel novembre del 1977 all’Università<br />

d’Aix en Italienne, con uno studio sui Miti e simboli di Dino campana. Ha pubblicato alcuni libri di<br />

poesia: Trasparenze. Frammenti di memorie (1997), Le radici (2000, vincitore di tre primi premi: “ La<br />

Rocca poesia 1999” , Castelnuovo di Garfagnana; “Aupi 2000” , Milano; e primo premio assoluto nella<br />

Rassegna d’arte e letteratura “Omaggio a San Marino 2003” ), Parole di ombre (2001), Il tempo<br />

dell’attesa (2005, prefazione da A. Brigliadori, postfazione di N. Fattori).<br />

Colpito in giovane età dalla prematura morte del padre in una miniera, vissuto lontano dalla madre in<br />

collegi o ospite da parenti, ha subito la carenza degli affetti familiari. La sua vita ha delle strane analogie<br />

con quella del Pascoli e non è senza indicazione il fatto che Bartoletti si laureò proprio con una tesi sul<br />

poeta romagnolo.<br />

L’USO DELLA MEMORIA Pagina 22


“IL PAESE DELLA FOSSA”<br />

Sogliano al Rubicone<br />

LA MIA STRADA<br />

La strada che da Ponte Rosso Saliva e scivolava accanto a ruderi<br />

sale alla Pietra e poi, tra tornanti di case, sotto una luce verde di ginestre,<br />

e giravolte, incurvata tra sponde lambiva il vecchio cimitero, tra le croci di<br />

ferro,<br />

di ginestre, più su fino a Strigara, e risaliva tra ciuffi di ginestre<br />

si accende tra luci di trifoglio, Un’ombra sola passa ora in lento<br />

la mia strada Peregrinare nella rovina cupa di fiumane<br />

bianca e lontana, tra saliscendi E vuota nel cuore di limoni<br />

e volte sui costoni bruciati dalla febbre, Lascia un segnale di abbandono,<br />

la mia strada di triste lontananza.<br />

inventata o reale, tormentata o amata, Solo il silenzio resta, quel silenzio<br />

sui cui ombre pensose tra i calanchi Perduto tra sciamare di echi,<br />

restavano sospese, come un grido si sfalda,<br />

come tagliete attesa e prolungata,<br />

da una luce morente. la tua voce ancora accesa sulla strada.<br />

Svariate etimologie si vogliono attribuire a questo paese. La tradizione vuole che qui si<br />

innalzasse un tempio al sole che i gentili veneravano sotto il nome di Giano Bifronte: Attila per<br />

questo motivo l’avrebbe chiamato Sugliemi iani. Conseguenza <strong>della</strong> non fondata etimologia di<br />

cui sopra è stata quella di attribuire agli abitanti di Sogliano la immeritata calunnia di essere gente<br />

finta, ipocrita e amante del doppio gioco.<br />

L’Antonini con l’appoggio di un’antica iscrizione fu di parere che i Solonati, antica tribù del<br />

popolo umbro, fossero quelli che abitarono il luogo ove oggi sorge Sogliano; del resto alcuni<br />

ritrovamenti di figurine col bollo “Solona” asseconderebbero questa ipotesi.<br />

Un Fundus Sulliani è menzionato nel Codice Bavaro nel IX secolo insieme ai fondi Ariole<br />

(S. Giovanni in Galilea), Ficareto (Figareto di Sogliano), Filinciati come lato di confine del<br />

fondo Spino Albeto (Spinalbeto di Sogliano). Lo storico riminese Luigi Tonini ritiene che dal<br />

fundus Sulliani derivi il nome di Sogliano, in quel tempo proprietà <strong>della</strong> famiglia riminese<br />

Sulia o dei Silla. Il nome non sarebbe da collegare ai Solonates citati da Plinio nel terzo libro<br />

<strong>della</strong> Naturalis Historia. Per quanto riguarda l’estensione “Al Rubicone”, aggiunta al nome nel<br />

1862, essa è pienamente giustificata, qualunque sia stato il Rubicone degli antichi romani. Infatti<br />

tutti i fiumi ai quali si è voluto attribuire quella dignità (Pisciatello, Uso, Fiumicino, che è l’attuale<br />

Rubicone), nelle annose ed interminabili polemiche fra i vari studiosi, nascono e scorrono per<br />

un lungo tratto nel territorio del Comune di Sogliano.<br />

E’ tra il mille e il millecento che il territorio di Sogliano venne interessato dal fenomeno<br />

dell’incastellamento. Il castello di Sogliano è citato nel 1144 in una bolla di papa Lucio II<br />

che ricorda anche la ecclesia Sancti Laurenti come cappella dipendente dal pievato di S.<br />

Giovanni in Galilea.<br />

L’USO DELLA MEMORIA Pagina 23


Bartoletti, preso dal suo tenace senso <strong>della</strong> vita ci ha recitato alcuni suoi versi. Ci ha fatto osservare,<br />

descrivere i monti, le colline, il cielo e ci ha aiutati a scoprire il sovrasenso <strong>della</strong> realtà.<br />

Ci ha portato alla sorgente del fiume Uso e<br />

A questo punto tutti noi eravamo proprio stanchi: fra poeti, mestieri, campi e fiori la nostra mente non<br />

riceveva più niente, così per allegria, abbiamo preso il sentiero dei castagni.<br />

C'era un'aquila, un gufo, una civetta in cima alla nostra immaginazione...tante cose qua e là...forse<br />

la soffitta?<br />

Non lo sappiamo, ma eravamo attratti come una calamità a scoprire le sorgenti dell'Uso.<br />

Elia intanto recitava la poesia di Fabio Molari sul fiume Uso e senza renderci conto siamo entrati<br />

alle soglie <strong>della</strong> comèplessità...là dove il nostro fiume muove i primi passi<br />

“I PENSIERI SULL’ALBERO”<br />

Fabio Molari<br />

Fabio Molari poeta e scrittore, è nato nel 1958 a Montenovo, località sulle colline cesenati che si<br />

affacciano sulla pianura e sul mare. Dottore in Pedagogia, Molari è maestro elementare per passione oltre<br />

che per professione e insegna in una micro-scuola con due pluriclassi, a Rontagnano di Sogliano al<br />

Rubicone, sui monti di Romagna.<br />

Ecologista attivo, è impegnato nella sezione Rubicone dell’associazione Italia Nostra, con la quale si è<br />

battuto per il recupero di innumerevoli manufatti storici. Protagonista di importanti momenti letterari è<br />

anche promotore di innumerevoli iniziative dedicate alla poesia e alla salvaguardia <strong>della</strong> lingua<br />

romagnola.<br />

Ui è tlà valeda dl’ Us doi oman che tla tera i fa di bous,<br />

i foura dla malta scoura e i la mescia sa la pourga at sas.<br />

I fa un piat tond e po il metta a cus.<br />

Par nu ch’il ne sa, un’è fezli spieghi sec’lè la pida,<br />

che chil piad al teggi il soura e fug us cus de pain dar ragghi la veita.<br />

Le teggi de l terra te la cep te fe quel che tvu.<br />

La pida et il mi sogn, tond, cera, parfumè et al volti bustarghè.<br />

Nella valle dell’Uso ci sono degli uomini che nella terra fanno dei buchi, tirano fuori <strong>della</strong> terra scura e<br />

la mescolano con <strong>della</strong> polvere di sasso. Fanno dei piatti rotondi e poi li mettono a cuocere. Per uno<br />

che non lo sa non è facile spiegare che cos’è la piada e che quei piatti sono le teglie e sopra al fuoco si<br />

cuoce questo pane delle radici <strong>della</strong> vita. La teglia è la terra che la prendi e fai quel che vuoi, quasi la<br />

mangi. La piada è un sogno tondo, chiaro, profumato e a volte bruciacchiato.<br />

L’USO DELLA MEMORIA Pagina 24


Al centro di un grande bosco di piante dai rami più strani zampillava una fonte, l'incipit del nostro fiume.<br />

Qui, in un silenzio misterioso, dopo un abbraccio affettuoso tra noi per l'impresa compiuta e dopo aver<br />

toccato un morbido prato, ci siamo messi in girotondo, tornando bambini abbiamo recitato una filastrocca e<br />

una canta.<br />

Eravamo proprio felici, abbiamo ripreso fiato, abbiamo intrappolato nella nostra mente tutti quei bellissimi<br />

paesaggi e quelle parole che hanno fatto la storia <strong>della</strong> nostra gente e abbiamo provato a sentirci figli autentici di<br />

questo territorio.<br />

Ora eravamo sicuri: la nostra esperienza ci ha fatto capire cosa vuol dire tradizione e identità.<br />

Il sapere che si trasforma in cultura non è solo un intrico di parole, è una conquista di tutti noi.<br />

Questo viaggio è stato perciò un avvicinarsi alla conoscenza, nuovi esploratori siamo tornati alle origini di noi<br />

stessi.<br />

.<br />

L’orologio delle Erbe:<br />

Luigi Mellini Sforza è un simpatico signore che a Bivio<br />

Montegelli coltiva piante officinali, questo è il suo<br />

personale orologio…..<br />

Nei prati ma meglio nella prateria c'è un orologio davvero<br />

speciale:quello dei fiori<br />

La PORTULACA si schiude tra le 12 e le 13<br />

La CICORIA si apre tra le 4 e le 5<br />

La MALVA si schiude tra le 9 e le 10<br />

Il LINO si schiude tra le 5 e le 6<br />

L’USO DELLA MEMORIA Pagina 25


“TONINO”(fontana di Sogliano o pietra dell’Uso)<br />

Tonino Guerra<br />

Nato a Santarcangelo di Romagna il 16 marzo 1920. Maestro elementare, nel 1943, durante la seconda<br />

guerra mondiale viene deportato in Germania e internato in un campo di concentramento. Qui<br />

incomincia a scrivere le sue prime poesie, in dialetto romagnolo.<br />

Dopo la Liberazione si laurea in pedagogia presso l'Università di Urbino (1946), con una tesi orale sulla<br />

poesia dialettale.<br />

Nello stesso anno pubblica il suo primo libro di versi, I scarabocc; al 1952 risale l'esordio come prosatore<br />

con un breve romanzo, La storia di Fortunato.<br />

Nel 1953 si trasferisce a Roma, dove avvia un fortunata attività di sceneggiatore. Nella sua lunga carriera<br />

ha collaborato con alcuni fra i più importanti registi italiani del tempo (Federico Fellini, Michelangelo<br />

Antonioni, Francesco Rosi, i fratelli Taviani, ecc.).<br />

Negli anni ottanta torna in Romagna. Dal 1989 vive e lavora a Pennabilli, centro del Montefeltro, che gli<br />

ha conferito la cittadinanza onoraria in riconoscenza dell'amore dimostrato nei confronti di questo<br />

territorio.<br />

Qui ha dato vita a numerose installazioni artistiche. Si tratta di mostre permanenti che prendono il nome<br />

de I Luoghi dell'anima tra cui: L'Orto dei frutti dimenticati, Il Rifugio delle Madonne abbandonate, La Strada delle<br />

meridiane, Il Santuario dei pensieri, L'Angelo coi baffi, Il Giardino pietrificato.<br />

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LA NOSTRA GUIDA ALL’USO<br />

Forniamo un sommario elenco delle persone che ci hanno aiutato nella conoscenza dell’Uso e che<br />

potranno aiutare anche voi:<br />

Associazione VIATERREA<br />

Percorsi didattici e Guide Escursionistiche<br />

mail: infoviaterrea@gmail.com cell. 340 3949462<br />

Gualtiero Gori<br />

Ufficio Turismo Comune di Bellaria<br />

Tel. 0541 344108 - 0541 344574 Fax 0541 345491<br />

ASSOCIAZIONE BARCHE DELL’ADRIATICO<br />

Per conoscere storie, miti e leggende dei pescatori dell’alto Adriatico<br />

Contattare:<br />

Adriano Barberini, pescatore esperto<br />

Tel. 0541 344108 - 0541 344574 Fax 0541 345491<br />

TEGLIE<br />

Le teglie di Montetiffi, Via Montetiffi – Ville n. 79, tel. 0541 940708<br />

"Realizzazione di teglie per cuocere la piadina e teglie con decori ornamentali<br />

Famiglia Camilletti<br />

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ERBE OFFICINALI<br />

Coltivazione e vendita all’ingrosso di erbe officinali, Sig. Luigi Mellini Sforza,<br />

fraz. Montegelli – via Monteboso (Sogliano a.R.), tel. 339 8143382.<br />

AGRICOLTURA BIODINAMICA<br />

AZIENDA AGRICOLA BIODINAMICA “LA VISCHIA” di MORONCELLI MARIA ELENA,<br />

Pietra dell’Uso (Sogliano a.R.), Tel. 0541 940639<br />

I MUSEI DELLA VALLE DELL’USO<br />

MET, Museo di usi e costumi <strong>della</strong> gente di Romagna<br />

Via Montevecchi, 41 47038 Santarcangelo (RN)<br />

Tel. 0541/622074<br />

Museo Venanzio Reali<br />

aperto il sabato dalle 15 alle 18,<br />

la domenica dalle 14,30 alle 18,30 e nei giorni feriali su richiesta<br />

(tel. 0541-940612)<br />

Museo del Mulino Moroni<br />

Via Santarcangiolese, 3681 Tel. 0541/629540<br />

Museo Renzi di San Giovanni in Galilea<br />

Indirizzo via Matteotti, 27 Località Borghi<br />

Tel. 0541 939028 - Fax 0541 939028<br />

e-mail info@museorenzi.it Sito web www.museorenzi.it<br />

Casa Pascoli e Villa Torlonia<br />

Museo Casa Pascoli<br />

Via G. Pascoli, 46 San Mauro Pascoli (FC)<br />

Tel. 0541.810100 (9.00-13.00) Fax 0541.934084<br />

email info@casapascoli.it<br />

Casa Rossa di Panzini<br />

via Pisino Bellaria (RN)<br />

Info: Info Tel.0541/343747<br />

…E IN PIU’<br />

IAT BELLARIA<br />

Bellaria Igea Marina via Leonardo Da Vinci, 2<br />

Tel. 0541 344108 - 0541 344574 Fax 0541 345491 iat@comune.bellaria-igea-marina.rn.it<br />

IAT SANTARCANGELO<br />

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Santarcangelo di Romagna via Cesare Battisti, 5<br />

Tel. 0541 624270 Fax 0541 622570 iat@comune.santarcangelo.rn.it<br />

IAT SAN MAURO PASCOLI<br />

SAN MAURO Via <strong>della</strong> Repubblica, 8 - San Mauro Mare - 47030 –<br />

San Mauro Pascoli Tel. 0541 346392 - 800 580920 - Fax 0541 341378 e-mail info@sanmauromare.net<br />

Sito web www.sanmauromare.net<br />

IAT SOGLIANO AL RUBICONE<br />

Piazza <strong>della</strong> Repubblica, 26 47030 - SOGLIANO AL RUBICONE<br />

Tel. 0541 948610 Fax.0541 948866<br />

www.comune.sogliano.fc.it urp@comune.sogliano.fc.it<br />

Breve Glossario dell’Uso<br />

Autotrofo: organismo capace di nutristi di sole sostanze inorganiche producendo la sostanza organica.<br />

Sono autotrofi le piante e alcuni batteri<br />

Biomassa: il peso complessivo di tutti gli organismi viventi in una determinata area<br />

Biosfera: l’intero spazio aereo, terrestre e acquatico del nostro pianeta occupato dagli esseri viventi.<br />

Piadina: pane tradizionale romagnolo a base di farina, acqua e lievito simile al chapati indiano o ai<br />

diversi tipi di pani asiatici a base di farina di grano.<br />

Teglia: disco di terracotta utilizzato per la cottura <strong>della</strong> piadina e realizzato con un amalgama di polvere<br />

quarzosa, terra rossa e altri elementi contenuti in argille bluastre.<br />

Tegliai: artigiani che da epoca rinascimentale si tramandano il segreto <strong>della</strong> fabbricazione delle teglie, il<br />

mestiere è purtroppo ormai dimenticato.<br />

Bibliografia<br />

“Gli insediamenti rurali nelle vallate del Savio, Rubicone, Uso”. AA.VV, Amministrazione<br />

Provinciale di Forlì, 1976<br />

"Manuale di sopravvivenza" di John Wiseman, Arnoldo Mondadori Editore e casa editrice Vallardi<br />

(tascabile);<br />

"Manuale del Trapper" di Andrea Mercanti, Longanesi & C. edizioni;<br />

"I nodi" di M.Bigon e G.Regazzoni, Guide Pratiche Mondadori;<br />

“Romagna in bicicletta, itinerari su due ruote”, Rimini. Maggioli, 1985<br />

"Orienteering" di Enrico Maddalena, Hoepli edizioni;<br />

"Le tracce degli animali" di R.W.Brown-M.J.Lawrence-J.Pope, A.Mondadori edizioni;<br />

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"GPS" di R.Lorenzani e P.Venturi, Hoepli edizioni;<br />

"Manuale di Trekking" di Hugh McManners, tecniche nuove edizioni;<br />

"Guida pratica agli alberi e arbusti in Italia" autori vari dal Reader's Digest;<br />

"Segreti e virtù delle piante medicinali" autori vari dal Reader's Digest;<br />

"Guida agli alberi e arbusti d'Europa" di Oleg Polunin, Zanichelli edizioni;<br />

CASA PASCOLI<br />

ww.casapascoli.it<br />

SITI UTILI<br />

APPENNINO ROMAGNOLO<br />

www.appenninoromagnolo.it; Il versante Romagnolo dell'Appennino<br />

e il Montefeltro<br />

ARCHIVIO DELLA MEMORIA IN ROMAGNA<br />

www.memoteca.it<br />

GUIDE ESCURSIONISTICHE<br />

www.myspace.com/viaterrea<br />

TURISMO CULTURALE<br />

www.ilturismoculturale.it<br />

“La nostra meta non è mai un luogo, ma un nuovo modo di vedere le cose” Henry Miller<br />

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