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Logo - Suore Sacramentine di Bergamo

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La sintesi del carisma nel logo della canonizzazione<br />

Il logo<br />

Il logo ha la funzione <strong>di</strong> esprimere, per così <strong>di</strong>re, «il tutto nel<br />

frammento». Quello ideato e realizzato da Valter Dadda in<br />

occasione della canonizzazione <strong>di</strong> madre Comensoli, risponde<br />

pienamente a questo compito: consente <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare, in modo<br />

stilizzato e sintetico, ma assai efficace e imme<strong>di</strong>ato, il nucleo<br />

essenziale della spiritualità <strong>di</strong> madre Geltrude. Proponiamo qualche<br />

breve suggerimento che aiuti ad apprezzare e a valorizzare meglio<br />

questo simbolo, comprendendolo nel contesto del suo originale<br />

orizzonte spirituale.<br />

La grande C<br />

La C è la lettera iniziale del nome <strong>di</strong> battesimo, Caterina, e del<br />

cognome, Comensoli: essa rinvia alle ra<strong>di</strong>ci della sua esistenza, a<br />

quel germe <strong>di</strong> santità che è nato grazie ai suoi genitori, nella sua<br />

famiglia; è cresciuto e si è sviluppato in seno alla comunità<br />

parrocchiale <strong>di</strong> Bienno, dove ha ricevuto il Battesimo, ha mosso i<br />

primi passi <strong>di</strong> quel cammino che è poi giunto alla pienezza<br />

esemplare riconosciuta nella canonizzazione.<br />

I colori viola e giallo-oro<br />

Il logo utilizza due colori complementari, viola e giallo. La grande C<br />

è viola, colore ottenuto dalla mescolanza del rosso con l’azzurro,<br />

rispettivamente il colore della vita e quello del cielo. Da questa<br />

combinazione scaturisce il significato tipico che fin dall’antichità è<br />

stato attribuito al viola: richiamando il passaggio dalla vita<br />

all’eternità, esso è il colore tra<strong>di</strong>zionale della mistica e della<br />

spiritualità. Ispira un atteggiamento me<strong>di</strong>tativo e austero, tanto che<br />

in ambito liturgico viene associato allo spirito penitenziale. In alcuni<br />

quadri molto antichi che raffigurano la Passione, il Cristo indossa<br />

una tunica violacea, quasi a suggerire il sangue del sacrificio<br />

consumato sulla Croce. Le linee che tratteggiano l’Ostia e la Croce


sono invece giallo-oro, il colore caldo del sole, della <strong>di</strong>vinità, della<br />

luce splendente, della gioia piena. Di questo colore sono, per<br />

esempio, le aureole dei Santi, a in<strong>di</strong>care la loro piena<br />

partecipazione della vita <strong>di</strong>vina.<br />

La colomba<br />

Nella parte sinistra il logo <strong>di</strong>segna il profilo sfumato <strong>di</strong> una colomba,<br />

<strong>di</strong> cui si notano chiaramente il becco e la grande ala, sovrapposta<br />

alla C. Il simbolo della colomba ricorre spesso nella Bibbia per<br />

designare lo Spirito Santo, come al battesimo <strong>di</strong> Gesù nel Giordano,<br />

quando lo Spirito scese su <strong>di</strong> lui proprio in forma <strong>di</strong> colomba. Con il<br />

suo tubare senza sosta, la colomba suggerisce lo Spirito <strong>di</strong> Dio, che<br />

da sempre canta all’uomo il suo amore, in attesa <strong>di</strong> risposta. Lo<br />

<strong>di</strong>ce bene san Paolo, per il quale il gemito della colomba esprime<br />

l’attesa e il desiderio: «Lo Spirito stesso intercede per noi con<br />

gemiti inesprimibili» (Rom 8,26). Elevata e sostenuta dalle «ali»<br />

dello Spirito, madre Comensoli ha potuto realizzare in modo<br />

esemplare la sua vita e giungere alla santità.<br />

La colomba appare anche nel Cantico dei Cantici, come simbolo<br />

dell’Amata, <strong>di</strong> Israele. In questo senso, essa ricorre più volte anche<br />

negli scritti <strong>di</strong> madre Comensoli che cita il versetto del Cantico dove<br />

l’amato invoca l’amata e le propone un’intimità totale: «O mia<br />

colomba, che stai nelle fen<strong>di</strong>ture della roccia, nei nascon<strong>di</strong>gli dei<br />

<strong>di</strong>rupi, mostrami il tuo viso, fammi sentire la tua voce, perché la<br />

tua voce è soave, il tuo viso è leggiadro» (Ct 2,14). La colomba,<br />

cioè la sposa del Cantico, è il modello che le suore devono<br />

contemplare e imitare: «Gesù sta aspettando ansiosamente nel<br />

forame della pietra le sue <strong>di</strong>lette spose… Egli è già in cappellina nel<br />

santo Tabernacolo che sta spiando chi è destinata ad andarci»<br />

(Lettera a suor Concetta Pasini, del 20.02.1894).<br />

Nella colomba la tra<strong>di</strong>zione cristiana vede poi un chiaro riferimento<br />

alla verginità consacrata. Anche madre Comensoli fa proprio questo<br />

simbolo <strong>di</strong> fedeltà, <strong>di</strong> mitezza e <strong>di</strong> pudore: «Quanto ama Gesù la<br />

purezza del cuore! O Sposa <strong>di</strong> Gesù, cerca <strong>di</strong> essere severa con te<br />

quando si tratta <strong>di</strong> offendere minimamente la perfezione del tuo


stato. La più piccola mancanza spiace tanto al tuo Signore che ti<br />

vorrebbe unire a Lui come Colomba» (Esortazioni e ricor<strong>di</strong> n. 41).<br />

La Croce<br />

Sulla destra del logo svetta la Croce, «nuda», essenziale. Essa è un<br />

elemento fondamentale nella vita e nella spiritualità <strong>di</strong> madre<br />

Comensoli, come lei stessa confida: «Voglio farmi santa, <strong>di</strong>venire<br />

una fedele immagine del Crocifisso, mio Bene» (Note intime del<br />

05.10.1897).<br />

La Croce esprime l’amore ostinato <strong>di</strong> Dio che vuole donarsi all’uomo<br />

e che, anche <strong>di</strong> fronte al rifiuto, accetta <strong>di</strong> lasciarsi ferire e uccidere,<br />

pur <strong>di</strong> rimanere fedele. La Croce è simbolo dell’amore «folle»,<br />

smisurato, con il quale Dio ci ama oltre ogni ragionevole misura<br />

umana. Tale pensiero domina l’esperienza spirituale <strong>di</strong> madre<br />

Geltrude. Ella <strong>di</strong>chiara spesso <strong>di</strong> voler essere solidale con Gesù,<br />

l’«Amatore crocifisso», seguendolo fino a con<strong>di</strong>videre il destino<br />

della Croce «nuda»: «Con la grazia <strong>di</strong> Dio neppur io sto <strong>di</strong>staccata<br />

dalla croce alla quale mi sento strettamente legata, e quivi rimango<br />

quieta contro tutti gli assalti <strong>di</strong>abolici. In mezzo all’ineffabile patire<br />

adesso ho trovato questo secreto <strong>di</strong> gettarmi come morta ai pie<strong>di</strong><br />

della croce nuda, la croce nuda […]. Mi si presenta <strong>di</strong> nuovo,<br />

sempre così chiaramente come la vedessi con gli occhi, la croce<br />

nuda – mi prostro in spirito e l’abbraccio – m’abbandono come un<br />

corpo morto e trovo il riposo, la pace, la quiete e così tiro innanzi»<br />

(Lettera a padre Rodolfi, del 09.08.1894).<br />

Il pane spezzato<br />

La grande ostia spezzata, al centro del logo, rinvia imme<strong>di</strong>atamente<br />

a Gesù-Eucaristia, celebrato e adorato nel SS.mo Sacramento<br />

dell’altare, che si fa cibo nel cammino della vita. Siamo al punto più<br />

tipico della spiritualità <strong>di</strong> madre Comensoli, quello che caratterizza<br />

anche il nome della sua famiglia religiosa. Questa centralità è<br />

sottolineata fin dal suo ingresso in Convento: quella sera, davanti a<br />

Gesù, ella manifesta così il suo proposito: «Non ho <strong>di</strong> mira che la<br />

vostra gloria… farvi adorare nel SS.mo Sacramento […]. Soffrirò <strong>di</strong><br />

cuore tutti i tormenti purché vi veda esposto all’adorazione <strong>di</strong> tante<br />

anime che altro non cercano che Voi» (Note intime del


15.12.1882). Nell’adorazione eucaristica madre Geltrude stabilisce<br />

con Gesù un rapporto <strong>di</strong> amore, <strong>di</strong> fiducioso abbandono e <strong>di</strong> unione<br />

intima. Lì, percepisce che Dio non abita in cieli lontani ma si fa<br />

incre<strong>di</strong>bilmente vicino, sempre <strong>di</strong>sposto ad ascoltare chi si rivolge a<br />

Lui. Ponendosi in adorazione, «faccia a faccia» con Gesù<br />

Sacramentato, si lascia plasmare da Lui, dai suoi tratti, dalle sue<br />

virtù, dalla sua carità: sviluppa un’esistenza eucaristica!<br />

L’adorazione, che precede e continua la celebrazione eucaristica,<br />

<strong>di</strong>venta una vera e propria «scuola <strong>di</strong> carità», dove si impara ad<br />

amare come ama Gesù: le <strong>Suore</strong> sono invitate a «imitare la vita<br />

eucaristica del <strong>di</strong>vin Salvatore Gesù, con l’amore alla immolazione,<br />

al nascon<strong>di</strong>mento e alla umiliazione» (Primo abbozzo delle<br />

Costituzioni). A una superiora raccomanda: «Accostati a Gesù, vai<br />

spesso innanzi al s. Tabernacolo, e <strong>di</strong>gli che ti conceda<br />

quell’amabilità, dolcezza e umiltà <strong>di</strong> cui è ripieno il suo amante<br />

cuore» (Lettera a una superiora, del 27.10.1902).<br />

La maternità<br />

La linea dolce e avvolgente formata dalla C sembra suggerire il<br />

profilo <strong>di</strong> una madre chinata sul proprio bimbo. Richiama così un<br />

tratto essenziale <strong>di</strong> madre Comensoli, il suo atteggiamento<br />

materno. Tutti le riconoscono infatti le qualità <strong>di</strong> una vera<br />

«mamma»; lei stessa esorta le superiore a svolgere il loro ufficio in<br />

modo materno: «Fa’ che amino in te non la superiora, ma la<br />

mamma, <strong>di</strong>’ loro sempre una buona parola perché possano aver<br />

confidenza» (Lettera a suor Teodolinda Colombo del 29.10.1895).<br />

Tiene contatti stretti con le suore, si preoccupa della loro salute,<br />

delle con<strong>di</strong>zioni in cui abitano e lavorano. È attenta a ciascuna ma<br />

pre<strong>di</strong>lige i soggetti dal temperamento più <strong>di</strong>fficile. Sa cogliere ogni<br />

occasione per motivare e stimolare; interviene con <strong>di</strong>screzione e<br />

franchezza per consigliare, ammonire e correggere; però, sa anche<br />

consolare e incoraggiare con grande dolcezza.<br />

don Ezio Bolis

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