ARS NOVA FRANCESE - Fabio Sartorelli
ARS NOVA FRANCESE - Fabio Sartorelli
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Il Trecento in Francia<br />
<strong>ARS</strong> <strong>NOVA</strong> <strong>FRANCESE</strong><br />
Le innovazioni introdotte da Francone di Colonia e da Petrus de Cruce<br />
prepararono il terreno a quella fase, nella storia della musica, che in<br />
Francia venne definita della Ars Nova in opposizione al periodo<br />
precedente che d’ora in poi sarà definito della Ars Antiqua.<br />
Introno al 1300 nel pensiero musicale francese si verificò un grande<br />
mutamento. Venne introdotta la suddivisione binaria imperfetta<br />
accanto alla divisione ternaria perfetta che aveva dominato nei secoli<br />
precedenti.<br />
Ammettere che la duplicità potesse essere lecita quanto la ternarietà<br />
era una posizione di vago sapore ereticale, anche perché si riteneva<br />
che ogni scienza e arte umana traesse origine da Dio e che quindi ne<br />
dovesse rispecchiare l’immutabile perfezione.<br />
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Uno dei più convinti assertori del principio che l’arte<br />
musicale potesse essere suscettibile di progresso era<br />
Johannes de Muris.<br />
Tra il 1318 e il 1321 de Muris (1295-1360) preparò cinque<br />
trattati che dedicò alle discipline del Quadrivium<br />
(aritmetica, astronomia, geometria e musica) uno dei quali<br />
riguardava la musica (si tratta del Notitia artis musice). A<br />
questi trattati ne aggiunse un altro nel 1322 che intitolò<br />
Compendium musice pratice.<br />
Questo invito fu accolto in particolare da Philippe de Vitry<br />
(1291-1361) un diplomatico al servizio del re di Francia che<br />
trasmise oralmente le sue teorie a degli allievi i quali le<br />
trascrissero in un trattato diviso in due parti:<br />
nella prima si espone il sistema della musica misurata così<br />
come era alla fine del XIII secolo,<br />
ed è denominata ars vetus;<br />
la seconda, espone le trasformazioni del sistema proposte da<br />
Vitry, ed è denominata<br />
Ars Nova (da qui il nome dato all'epoca appena aperta).<br />
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Una pagina del trattato di Philippe de Vitry,<br />
intitolato Ars nova(1320), che ha dato il<br />
nome a tutta la polifonia trecentesca. Di<br />
fatto il sistema mensurale descritto da Vitry<br />
è solo un perfezionamento di quello<br />
apparso l'anno prima ad opera di un altro<br />
insegnante dell'Università di Parigi,<br />
Johannes de Muris.<br />
La principale novità dell'Ars Nova fu, come si diceva, la piena<br />
legittimazione del ritmo binario (imperfectus) accanto al ritmo ternario<br />
(perfectus): mentre l'ars vetus prevedeva tra le note solo un rapporto<br />
ternario e quindi solo misure "perfette" ternarie, l'ars nova ammise<br />
anche il rapporto binario e di conseguenza consentì l'adozione di misure<br />
"imperfette" binarie.<br />
La struttura definitiva del nuovo sistema quale apparirà codificato nel<br />
Libelluscantus mensurabilis attribuito a de Muris, prevederà 4 misure:<br />
tempo perfetto con prolazione perfetta<br />
tempo perfetto con prolazione imperfetta<br />
tempo imperfetto con prolazione perfetta<br />
tempo imperfetto con prolazione imperfetta.<br />
Si definisce tempo la divisione della breve in 2 o 3 semibrevi; si definisce<br />
prolazione la divisione della semibreve in 2 o 3 minime.<br />
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Brevis = unità di tempo<br />
L’altra novità della Ars Nova è l’introduzione di segni indicanti la durata della<br />
battuta. Il cerchio indica il tempo perfetto, il semicerchio quello imperfetto,<br />
mentre la presenza del puntino indica la Prolatio perfecta, altrimenti<br />
imperfecta.<br />
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Tempus perfectum Prolatio maior 9/8<br />
Tempus perfectum Prolatio minor 3/4<br />
Tempus imperfectum Prolatio maior 6/8<br />
Tempus imperfectum Prolatio minor 2/4<br />
Un’altra novità dell’Ars Nova è l’isoritmia<br />
Questo procedimento consiste nella ripetizione di uno schema melodico (detto<br />
color) e di uno schema ritmico (detta talea) a una melodia per lo più tratta dal<br />
gregoriano che funge da tenor nei mottetti. Questa ripetizione ritmica e melodia è<br />
detta isoritmia e i mottetti nei quali si trova applicata sono detti isoritmici.<br />
Esempio<br />
talea<br />
color<br />
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color talea<br />
I talea II talea III talea<br />
I color II color III color<br />
Fra i primi ad adottare il procedimento dell’isoritmia troviamo Philippe de<br />
Vitry (1291 – 1361), compositore, teorico e musicista, nonché professore di<br />
Quadrivium all’università di Parigi.<br />
Alcuni mottetti a lui attribuiti si trovano nel poema satirico di Gervais de Bus<br />
intitolato Roman de Fauvel (dove Fauvel è l’acrostico dei vizi capitali:<br />
Flateritie, Avarice, Uilanie, Varieté, Envie e Lachete, ossia adulazione,<br />
avarizia, villania, incostanza, invidia, vigliaccheria) redatto fra il 1310– 14<br />
ma ampliato da altra mano nel 1316.<br />
Questo mottetto, rigorosamente isoritmico e costruito secondo i canoni più<br />
razionali, dimostra anzitutto come il genere del mottetto fosse diventato un<br />
genere colto, riservato agli ambienti universitari; in secondo luogo come la<br />
totale mancanza di rapporto fra la poesia e la musica, derivi da una<br />
concezione scientifica del far musica, tipica del pensiero medievale: la<br />
musica è Ars nel senso di scienza musicale.<br />
ecc.<br />
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Pagina decorata del Roman<br />
de Fauvel, 1310; n.b. il nome del<br />
protagonista, Fauvel, è l'acrostico dei<br />
vizi capitali: Flateritie, Avarice, Uilanie,<br />
Varieté, Envie, Lascheté<br />
Ars Nova – Analisi del tenor del mottetto<br />
isoritmico Garrit-Gallus di de Vitry<br />
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Garrit Gallus – Talea<br />
Garrit Gallus – Color<br />
Questa melodia (che ricorre in altri mottetti di Ph.de Vitry) è chiamata Neuma Quinti Toni<br />
Musica .pdf<br />
Il tenor del mottetto Garrit Gallus è costruito attorno a un fulcro<br />
corrispondente a una pausa. Inoltre è palindromo.<br />
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Nel mottetto in esame a ogni color (e in Garrit abbiamo due ripetizioni dello stesso<br />
color) corrispondano tre talee, secondo lo schema seguente:<br />
Musica .pdf Audio<br />
Simbologia animale in Garrit Gallus<br />
Enguerrand de Marigny<br />
(1260 – 1315) è stato<br />
un giurista francese,<br />
ministro di Filippo il<br />
Bello. E’ la volpe di cui<br />
si parla in Garrit Gallus.<br />
I galli sono<br />
i francesi<br />
Filippo IV di Francia, in francese Philippe IV<br />
(Fontainebleau, 1268 – Fontainebleau, 29<br />
novembre 1314), fu re di Francia dal 1285 alla<br />
sua morte. E’ il Leone.<br />
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Ars Nova francese<br />
GUILLAUME DE MACHAUT<br />
Guillaume de Machaut (1300-1305 / 1377)<br />
Guillaume de Machaut è certamente la figura più importante<br />
dell'Ars Nova. Caso forse unico, Machaut dominava sia l'arte<br />
musicale che quella letteraria e si serviva della prima per<br />
intonare i versi nati dalla seconda. In qualità di poetamusicista,<br />
Machaut ebbe un rapporto esclusivo con se stesso: a<br />
differenza dei suoi colleghi compositori, Machaut trovò<br />
ispirazione musicale solo nei testi da lui medesimo scritti e non<br />
nei componimenti altrui. Particolarmente ricche di suggestione<br />
sul rapporto musica e poesia sono due opere poetiche nelle<br />
quali la musica si inserisce direttamente nel contesto narrativo:<br />
il Remede de Fortune e il Voir dit.<br />
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Remede de Fortune<br />
Composto attorno al 1342 è un trattato didattico in versi sull'amore e la<br />
fortuna. Nel corso del racconto i personaggi sono presentati nell'atto di<br />
cantare determinati componimenti musicali. Questo procedimento assai<br />
diffuso nella letteratura francese medievale, si arricchisce qui di un<br />
particolare certo non trascurabile: nei vari luoghi musicali del racconto,<br />
Machaut inserì nel testo i versi e la musica, anche polifonica, delle canzoni<br />
intonate dai protagonisti. La funzione primaria di questi pezzi è quella di<br />
comunicare espressioni d'amore.<br />
Voir Dit<br />
La musica diviene qui un momento di intensificazione dei sentimenti. La<br />
vicenda, scritta da Machaut intorno al 1360, narra la storia di una fanciulla,<br />
grande ammiratrice di Machaut, che gli inviò un rondeau. Il pezzo piacque al<br />
poeta che a sua volta ricambiò con l'invio di un suo rondeau. La giovane allora<br />
gli scrisse una lettera che segna l'avvio di una lunga corrispondenza e di un<br />
rapporto amoroso durante il quale i due, divenuti amanti epistolari, si<br />
scambiarono poesie di propria composizione.<br />
Machaut mentre scrive, da un manoscritto<br />
del XVI secolo<br />
Machaut ascolta il canto degli uccelli<br />
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Machaut e amore<br />
Pagina del Remede de Fortune<br />
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Le composizioni di Machaut, che adottano le forme tipiche di quel periodo, sono<br />
raccolte (spesso insieme ai componimenti poetici) in edizioni manoscritte<br />
particolarmente curate, a testimonianza della considerazione nella quale era tenuto<br />
dai suoi contemporanei.<br />
Si tratta di:<br />
�ventitré mottetti sacri e profani (più un altro dubbio),<br />
�quarantadue ballades (la struttura è quella della ballata francese)<br />
�venti rondeau (rondò: dolce viso musica – Audio)<br />
�trentatré virelais (è l’unico genere monodico è detto anche chanson balladée)<br />
�diciannove lais e sette composizioni similari contenute nel Remède de fortune,<br />
�due composizioni liturgiche: la Messe de Notre-Dame, a quattro voci (composta<br />
nel 1364. E’ la prima messa completa scritta da un solo autore, in un’epoca in cui le<br />
Messe erano formate da Introito, Graduale, Alleluja, Offertorio e Communio scritti<br />
da diversi autori) e un hoquetus (stile alternante note e pause).<br />
GLI OPPOSITORI<br />
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Naturalmente le novità portate dall’Ars Nova conobbero molti<br />
oppositori:<br />
fra questi si citano Jacobus da Liegi che nel trattato Speculum musicae<br />
(1330) sosteneva che i valori più piccoli introdotti dagli ars novisti<br />
fossero solo un espediente grafico, ma che nella sostanza la loro musica<br />
non fosse più veloce di quella dei compositori del passato. Inoltre<br />
metteva in dubbio il fatto che la possibilità di alternare ritmo binario e<br />
ternario costituisse un arricchimento del discorso musicale.<br />
Il secondo oppositore fu papa Giovanni XXII che nella Bolla docta<br />
sanctorum patrum (1324/25) criticava la polifonia che non<br />
salvaguardava l’integrità del testo liturgico ma anche una funzione della<br />
musica che non fosse strettamente legata alle pratiche liturgiche.<br />
Polemiche: dalla bolla Docta sanctorum patrum di papa Giovanni XXII (1324-25)<br />
Alcuni discepoli di una nuova scuola, impegnando tutta la loro attenzione a<br />
misurare il tempo, cercano con nuove note di esprimere arie inventate solo da loro,<br />
a scapito degli altri canti che essi sostituiscono con altri composti di brevi e<br />
semibrevi e di note quasi inafferrabili. Essi interrompono le melodie, le rendono<br />
effeminate con l'uso del discanto, le riempiono a volte di triple e di volgari mottetti,<br />
in modo da giungere spesso a disprezzare i principi fondamentali dell'Antifonario e<br />
del Graduale, ignorando i fondamenti stessi su cui costruire, confondendo i toni<br />
senza conoscerli. La moltitudine delle loro note cancella i semplici ed equilibrati<br />
ragionamenti per mezzo dei quali nel canto piano si distinguono le note una<br />
dall'altra. Essi corrono e non si riposano mai, inebriano le orecchie e non curano gli<br />
animi; essi imitano con gesti ciò che suonano, cosicché si dimentica la devozione<br />
che si cercava e viene mostrata la rilassatezza che doveva essere evitata.<br />
In tal modo non intendiamo impedire che a volte e soprattutto nei giorni di festa,<br />
cioè nelle messe solenni e negli offici divini, si ponga sopra il canto ecclesiastico<br />
spoglio qualche consonanza che ne sottolinei la melodia, cioè lo si accompagni<br />
all'ottava, alla quinta e alla quarta o con consonanze dello stesso tipo, ma sempre<br />
in modo che l'integrità del canto stesso rimanga immutata, che nulla sia mutato nel<br />
ritmo corretto della musica e soprattutto che si soddisfi lo spirito con l'ascolto di<br />
tali consonanze e che non si permetta di intorpidire l'animo di coloro che cantano<br />
in onore di Dio.<br />
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Fra gli strumenti: arpa, salterio, liuto, gittern (vicino parente del liuto), e viella.<br />
La viella (a sinistra) era uno strumento a cinque corde capace di riprodurre la scala<br />
guidoniana.<br />
Strumenti a fiato alla corte di re Charles V (1378)<br />
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polifonia<br />
<strong>ARS</strong> <strong>NOVA</strong> ITALIANA<br />
un organo<br />
positivo<br />
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LA MUSICA NELLA LETTERATURA…<br />
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Il termine Ars Nova riferito all'Italia fu introdotto da uno<br />
studioso contemporaneo, il tedesco Riemann, il quale<br />
intendeva con esso sottolineare la notevole e per certi versi<br />
sorprendente fioritura di brani polifonici in Italia durante il<br />
XIV secolo. Tale fioritura risulta in effetti sorprendente per via<br />
del fatto che, prima di questa, l'Italia non sembra aver<br />
prodotto alcun esempio di musica polifonica. In realtà il<br />
problema è controverso in quanto fino al XV secolo i<br />
compositori italiani non registrano le loro composizioni<br />
mediante la notazione ma si limitano a comporre e a far<br />
circolare le loro opere per trasmissione orale.<br />
Non scritte sono le composizioni del Casella (? – Firenze<br />
1299), musicista citato da Dante né d'altra parte risultano<br />
scritti i canti e le ballate che inquadrano le novelle del<br />
Decamerone del Boccaccio.<br />
La musica in Italia: fonte letteraria<br />
Boccaccio, Decamerone, I novella<br />
Le vivande dilicatamente fatte vennero e finissimi vini fur presti: e<br />
senza piú, chetamente li tre famigliari servirono le tavole. [106]<br />
Dalle quali cose, per ciò che belle e ordinate erano, rallegrato<br />
ciascuno, con piacevoli motti e con festa mangiarono. E levate le<br />
tavole, con ciò fosse cosa che tutte le donne carolar sapessero e<br />
similmente i giovani e parte di loro ottimamente e sonare e cantare,<br />
comandò la reina che gli strumenti venissero; e per comandamento<br />
di lei, Dioneo preso un liuto e la Fiammetta una viuola,<br />
cominciarono soavemente una danza a sonare; [107]per che la<br />
reina con l'altre donne insieme co' due giovani presa una carola,<br />
con lento passo, mandati i famigliari a mangiare, a carolar<br />
cominciarono; e quella finita, canzoni vaghette e liete cominciarono<br />
a cantare.<br />
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…E NELLA PITTURA<br />
Andrea da Firenze, Giardino d'amore<br />
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Giotto, Banchetto d'Erode<br />
Simone Martini, San Martino armato cavaliere – particolare<br />
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Giotto, Presepe di Greggio<br />
Eppure il sistema musicale mensurale che vedrà la luce fra il<br />
1318 e il 1326 per opera di un teorico italiano, Marchetto da<br />
Padova («maestro di canto» del Duomo di quella città, vissuto<br />
tra la fine del '200 e l'inizio del '300), sembra indicare la<br />
presenza di una pratica polifonica consolidata e soprattutto di<br />
numerosi e intensi contatti con la cultura musicale francese. In<br />
effetti non è un caso che Marchetto provenisse da Padova,<br />
centro di molteplici rapporti con l'ambiente francese in special<br />
modo all'interno dell'Università. Sappiamo infatti che studenti<br />
francesi frequentavano l'università veneta e sappiamo anche di<br />
insegnanti che a lungo soggiornarono - prima di iniziare i loro<br />
insegnamenti a Padova - a Parigi.<br />
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Un episodio importante è rappresentato dall'apparizione, in una<br />
data imprecisata fra il 1318 e il 1326, del trattato di Marchetto<br />
da Padova intitolato Pomerium (Frutteto, titolo metaforico<br />
derivato da pomus, che significa 'melo'); che espone un sistema<br />
di notazione mensurale diverso da quello francese, più<br />
elaborato di quello franconiano ma meno progredito di quello di<br />
Philippe de Vitry.<br />
Rispetto a quest'ultimo il sistema di Marchetto, che rimarrà in<br />
uso nella polifonia italiana per i primi due terzi del secolo, si<br />
mostra meno razionale e organico, ispirato a criteri più pratici.<br />
imperfezioni perfezioni<br />
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A Padova, oltre a Marchetto, visse Antonio da Tempo, che nel 1332<br />
scrisse e dedicò ad Alberto della Scala Delle rime volgari, un trattato di<br />
metrica che codificò le principali forme poetiche del tempo, comprese<br />
quelle destinate ad essere musicate, ed acquistò grande autorità presso<br />
i poeti e i compositori.<br />
Una vera fioritura artistica della polifonia italiana è documentata solo a<br />
partire circa dal 1340. Nonostante il gran numero di musiche pervenute<br />
e ascritte a vari compositori, si trattò comunque di un'arte assai meno<br />
diffusa nella società di quanto non fosse quella francese, che, partita<br />
dalle università, aveva conquistato gli ambienti cortesi: l'ars nova<br />
italiana, praticata per lo più da ecclesiastici e da pubblici funzionari,<br />
limitò la sua circolazione a ristretti cenacoli di intenditori, mentre la<br />
musica preferita dagli ambienti mondani, quella delle «allegre brigate»<br />
della società cittadina italiana, a cui per esempio accenna Boccaccio nel<br />
Decameron, era monodica e consisteva in ballate, canzoni e danze<br />
strumentali, la cui musica è pervenuta in misura assai scarsa, giacché di<br />
norma la monodia non si metteva per iscritto.<br />
La prima zona di diffusione della polifonia italiana<br />
trecentesca è rappresentata da alcune città dell'Italia<br />
settentrionale, dove la nuova musica fu apprezzata<br />
dai rispettivi signori: Mastino II della Scala, di Verona,<br />
suo fratello Alberto, di Padova, e Luchino Visconti di<br />
Milano. E' fra queste città che si colloca l'attività dei<br />
primi arsnovisti: Jacopo da Bologna e Giovanni da<br />
Cascia (detto anche Iohannes de Florentia; Cascia è<br />
un villaggio presso Firenze), che fioriti verso la metà<br />
del secolo, disputarono a Verona gare musicali<br />
componendo musiche sugli stessi testi.<br />
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Madrigale<br />
Durante questa prima fase dell'ars nova la forma più in uso fu il madrigale.<br />
L'etimologia della parola è incerta: forse deriva da «matricale», che significa<br />
«nella lingua madre»; meno probabilmente da «mandria» (quest'ultima<br />
etimologia, accreditata già nel '300, fa pensare a un genere di origine agreste<br />
e trova un riscontro nel carattere un po' rudimentale dello stile poetico e<br />
dello svolgimento polifonico dei più antichi madrigali, anonimi, risalenti ai<br />
primi decenni del secolo). Il madrigale era una forme fixe: a una serie di<br />
strofe di numero variabile (da due a quattro), formate da tre versi ciascuna,<br />
sulle quali si ripeteva la prima sezione musicale, seguiva il cosiddetto<br />
ritornello, formato da uno o due versi, su cui si cantava la seconda sezione<br />
musicale, piuttosto breve, spesso contrastante metricamente con la prima,<br />
perché si presentava con una diversa «divisio».<br />
I madrigali di Giovanni da Cascia e di Iacopo da Bologna hanno un<br />
carattere assai diverso dalla contemporanea musica francese: nei testi,<br />
lontani dai motivi lirici di tradizione cortese (che in Italia invece si<br />
ritrovano nella poesia del «dolce stil novo» e nelle ballate monodiche) e<br />
tendenti alla sentenziosità, talvolta alla satira, oppure alla descrizione<br />
naturalistica; e nella musica, che con la sua fluida e spontanea<br />
cantabilità, priva di complicazioni ritmiche e svolta attraverso un limpido<br />
fraseggio ben delineato dalle cadenze armoniche, trova nell'agile sistema<br />
ritmico-notazionale di Marchetto un interprete assai adatto; in<br />
particolare all'inizio e alla fine di ogni verso, vi sono melismi assai ricchi,<br />
tipici dell'ars nova italiana, mentre al centro, soprattutto in Giovanni da<br />
Cascia ci si avvicina allo stile sillabico (così il testo viene messo in<br />
particolare evidenza, diversamente da quanto avviene in Machaut).<br />
Il madrigale era solitamente a 2 voci; la voce inferiore, meno<br />
melismatica, tendeva ad assumere una funzione di sostegno armonico;<br />
la presenza di imitazioni fra le voci fa però supporre un'esecuzione<br />
totalmente cantata.<br />
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Non al suo amante più Diana piacque,<br />
quando per tal ventura tutta ignuda<br />
la vide in mezzo de le gelide acque,<br />
ch'a me la pastorella alpestra et cruda<br />
posta a bagnar un leggiadretto velo,<br />
ch'a l'aura il vago et biondo capel chiuda,<br />
tal che mi fece, or quand'egli arde 'l cielo,<br />
tutto tremar d'un amoroso gielo<br />
Audio<br />
Petrarca, Canzoniere<br />
terzina<br />
terzina<br />
distico<br />
musica<br />
A<br />
A<br />
B<br />
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Caccia<br />
Un altro rappresentante della prima generazione di musicisti dell'ars nova<br />
italiana è un certo Piero, probabilmente di origine veneta; se nei suoi madrigali si<br />
nota la progressiva applicazione di procedimenti canonici, coronamento della<br />
sua produzione sono le cacce con cui si inaugura questa forma, assai tipica del<br />
'300 italiano.<br />
La caccia è un pezzo a 3 voci, di cui le 2 superiori si svolgono a canone, mentre<br />
quella inferiore, chiamata tenor, ha carattere strumentale di sostegno; il termine<br />
è dovuto al fatto che i testi, di carattere descrittivo e onomatopeico, descrivono<br />
scene di movimento, come giochi all'aperto, mercati o, appunto, scene di caccia;<br />
straordinari risultano così gli effetti prodotti dal vivace rincorrersi delle due voci<br />
che si imitano e dalla varietà e dall'incisività dei ritmi, spesso frazionati in<br />
hoquetus (proprio in omaggio al suo scopo descrittivo, la caccia non è una forme<br />
fixe, ma si concede un andamento sempre libero e asimmetrico).<br />
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Audio<br />
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Firenze<br />
Cessato il regno di Luchino Visconti e di Mastino II della Scala, la fortuna<br />
dell'ars nova sembra interrompersi a Milano e a Verona, mentre a Firenze,<br />
poco dopo la metà del secolo, si assiste a un'abbondante fioritura di<br />
musica polifonica profana (tanto da avere indotto gli studiosi a ritenere,<br />
fino a poco tempo fa, che l'ars nova fosse un fenomeno tipicamente<br />
fiorentino, da riconnettere al «dolce stil novo»). Caratteristica precipua<br />
dell'ars nova fiorentina, intesa quasi come un trattenimento per pochi<br />
appassionati (fra l'altro fuori di Firenze essa ebbe scarsissima notorietà),<br />
era la riservatezza dovuta anche al fatto che in Italia quella musica<br />
costituiva ancora un fenomeno d'avanguardia, ed è interessante, a questo<br />
proposito, notare che i musicisti fiorentini, pur essendo quasi tutti degli<br />
ecclesiastici, si cimentarono assai raramente nella composizione polifonica<br />
di brani dell'Ordinario della Messa.<br />
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Ballata<br />
I principali musicisti furono Gherardello da Firenze (morto nel 1362), Lorenzo<br />
Masini da Firenze (morto nel 1372), Vincenzo da Rimini, poco più tardi Donato da<br />
Casciae Nicolò del Preposto da Perugia, autore anche di cacce.<br />
Francesco Landini o Landino (1325-1397), trasferì poi i contenuti lirici della ballata<br />
monodica nella ballata polifonica e successivamente passò, da 2, a 3 voci per<br />
accogliere la subtilitas e la complessità tecnica tipicamente francesi, pur rimanendo<br />
al di qua delle arditezze di Machaut.<br />
Nella sua produzione si nota la schiacciante prevalenza di questa forma: 140 ballate<br />
contro 10 madrigali. Quelle a 2 voci, ancora vicine all'ars nova italiana tradizionale,<br />
sono moderatamente melismatiche e prevedono l'intervento della voce umana<br />
anche per la voce inferiore, che talvolta imita quella superiore; quelle a 3 voci, più<br />
tarde, accentrano l'interesse melodico nella voce superiore (stile «a cantilena»), e<br />
come le opere di Machaut scritte nelle formes fixes presentano l'ouvert e il clos<br />
nelle terminazioni dei «piedi» e sono ricche di ricercatezze contrappuntistiche.<br />
Landino fu il più celebre musicista dell'ars nova italiana<br />
e fra i «fiorentini» l'unico ben conosciuto fuori di<br />
Firenze; cieco dalla nascita, più degli altri compositori<br />
sembra essersi dedicato alla musica come a una<br />
professione: fu valente organista, consulente per la<br />
costruzione e il collaudo di nuovi organi, poeta (nella<br />
tradizione fiorentina dello «stil novo», di Dante, di<br />
Petrarca) ed ebbe interessi filosofici (si sa di un suo<br />
soggiorno a Venezia, dove probabilmente scrisse<br />
mottetti).<br />
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Altri atteggiamenti di ascendenza francese sono l'uso di testi diversi per le varie voci di<br />
uno stesso pezzo (in una ballata e in un madrigale a tre voci ), e l'isoritmia (in un<br />
madrigale ).<br />
Si nota nelle ballate, in confronto ai madrigali dello stesso Landino, una certa<br />
preferenza per gli intervalli armonici di terza e di sesta, in luogo della quarta e della<br />
quinta, che cominciavano a essere sentite come un poco dure e asciutte. Allo stesso<br />
gusto per una vaga dolcezza sonora, tinta di atmosfera elegiaca, corrisponde la celebre<br />
cadenza chiamata alla Landino perché egli fu il primo a usarla molto frequentemente:<br />
essa consiste nell'ornare il movimento cadenzante, comune nella polifonia medievale,<br />
della sesta che risolve sull'ottava, interponendo la quinta; come risultato si ha un<br />
settimo grado che prima di salire al primo scende al sesto, formando in quel momento<br />
col basso un intervallo di quinta, consonanza perfetta.<br />
La «cadenza alla Landino» sarà comunissima presso i maestri borgognoni del '400.<br />
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Audio<br />
Mottetto<br />
Quanto al mottetto, si conoscono pochissimi esempi di<br />
compositori italiani: tre mottetti sono opera di Marchetto<br />
da Padova (uno fu scritto per la dedicazione della<br />
Cappella degli Scrovegni, nel 1305); uno è di Jacopo da<br />
Bologna, e si discosta dalla tradizione francese per l'uso di<br />
un tenor di nuova invenzione e senza isoritmia; altri sono<br />
poi frammenti di mottetti composti in onore dei dogi<br />
veneziani, anch'essi indipendenti dallo stile francese<br />
(onde si può supporre che l'Italia settentrionale abbia<br />
conosciuto nel '300 una fioritura di mottetti con<br />
caratteristiche tipiche, oggi perduti).<br />
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Gli ultimi rappresentanti dell'ars nova fiorentina furono<br />
Andrea dei Servi (o Andreas de Florentia, morto nel 1415)<br />
e Paolo Tenorista da Firenze (morto nel 1419): nella loro<br />
produzione i caratteri del moderno «stile misto» si<br />
affiancano a persistenze stilistiche dell'ars nova italiana<br />
più tradizionale. Nell'Italia settentrionale la seconda metà<br />
del '300 è dominata da Bartolino da Padova (forse vissuto<br />
a Firenze), la cui musica, pur rimanendo fedele alla<br />
notazione di Marchetto, presenta ritmi sincopati<br />
d'impronta francese.<br />
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