06.01.2013 Views

Una milanese tenente dell'Imperiale Regio Esercito austriaco ...

Una milanese tenente dell'Imperiale Regio Esercito austriaco ...

Una milanese tenente dell'Imperiale Regio Esercito austriaco ...

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

<strong>Una</strong> <strong>milanese</strong> <strong>tenente</strong> dell’Imperiale<br />

<strong>Regio</strong> <strong>Esercito</strong> <strong>austriaco</strong><br />

Francesca Scanagatta (1776-1864)<br />

GIANFRANCO MARZIN<br />

F<br />

rancesca , era nata a Milano nel 1776, figlia di don Giuseppe Scanagatta,<br />

un rigido patrizio <strong>milanese</strong>, fedele e ligio alla Casa d’Austria, la cui famiglia<br />

poteva vantare un riguardevole e nobile passato.<br />

GLI SCANAGATTA DI MILANO<br />

La famiglia era originaria del Valtellinese.<br />

Il Capostipite della casata si faceva risalire a un GABRIELE di Dongo, località<br />

sul lago di Como, che fu podestà di Traona, Morbegno, e Tirano, ed ebbe<br />

da Luigi XII, Re di Francia, il feudo di Rumo nel 1500. Feudo del quale venne<br />

spogliato, sette anni dopo, dal Duca di Milano.<br />

Della sua discendenza si illustrò un Francesco, prima nunzio alla Corte di<br />

Torino, e poi vescovo di Avellino.<br />

La famiglia venne dichiarata nobile nel 1778, per decreto imperiale 19 novembre,<br />

rilasciato dall’I.R. Tribunale araldico della Lombardia austriaca, col<br />

quale se ne stabiliva anche l’arma consistente in uno scudo trinciato (diviso i<br />

due parti uguali diagonalmente dall’angolo superiore destro all’inferiore sinistro),<br />

avente nel 1° (triangolo superiore) un campo di verde, ad un gatto d’argento<br />

passante in banda sulla trinciatura, il fianco sinistro ferito da una spada<br />

d’argento, guarnita d’oro, in sbarra, colla punta al basso; il tutto sormontato da<br />

tre gigli d’oro ordinati in fascia nel capo. Nel 2° un palato di rosso e d’oro<br />

(Codice araldico, Archivio di Stato di Milano).<br />

LA PRIMA GIOVINEZZA<br />

Dopo i primi anni, trascorsi in casa, nel 1790, la giovane quattordicenne<br />

venne destinata dal padre a frequentare il monastero <strong>milanese</strong> di Santa Sofia,<br />

sia per la sua istruzione e per tenerla lontana dalle “… sconcertanti convulsioni<br />

intestine …” che si andavano sviluppando in Francia e che gli erano trasmesse<br />

dalle suggestioni della sua governante francese. La scelta era caduta su quella<br />

istituzione “… perché era molto onorata dalla particolare stima dell’imperatore<br />

Giuseppe II …”. Francesca già nei primi anni della sua esistenza doveva aver<br />

dato filo da torcere al genitore non volendo accettare la sua naturale femminile<br />

esistenza. L’essere donna non le permetteva di spezzare le catene delle leggi e<br />

15


16<br />

consuetudini che relegavano la sua indole a prestabilite e immutabili occupazioni.<br />

Il rimedio paterno però non servì a molto, poiché nel pio luogo la nobile<br />

allieva, pur rispettosa e diligente, pare sdegnasse di applicarsi all’esercizio dell’ago,<br />

del fuso, dell’arcolaio, al quale la costringevano le suore, per dedicarsi<br />

piuttosto alla lettura di romanzi e di poemi epici che preferiva a quella dei versetti<br />

della Bibbia. Sembra anche che, in più di una occasione, le suore scandalizzate<br />

avessero sorpresa, nella sua cella, la nobile educanda impegnata in una<br />

partita di scherma con la tenda della finestra a colpi di righello.<br />

I momenti felici della ragazza si realizzavano solo quando, libera dall’educandato,<br />

rientrava nella casa paterna e poteva confrontarsi, in abiti maschili,<br />

con i fratelli. In queste sue “stravaganze” non eccedeva, essendo anche donna<br />

prudente e “… di propositi drittissimi …”, evitava di sfidare la pazienza del<br />

padre rimanendo in attesa di una occasione favorevole.<br />

L’OCCASIONE<br />

Al raggiungimento dei sedici anni, suo padre decise di rinchiuderla nel convento<br />

delle Salesiane di Vienna e organizzò il viaggio di trasferimento nella<br />

capitale unendolo a quello del figlio Giacomo, da lui stesso destinato a intraprendere<br />

la carriera delle armi. Poiché Milano non aveva una scuola militare<br />

adatta a tale educazione fu giocoforza scegliere il più accreditato collegio militare<br />

dell’impero, che si trovava poco distante da Vienna, l’accademia di Wiener<br />

Neustadt.<br />

Durante questo viaggio, accettato con gioia dalla ragazza per la possibilità<br />

che le si offriva di staccarsi dalla quotidiana routine <strong>milanese</strong>, accadde che il<br />

fratello, per niente entusiasta della scelta del padre, cadesse ammalato nei pressi<br />

di Venezia. Poiché la malattia del giovane si rivelò di lenta risoluzione e la sosta<br />

nella città lagunare si dovette prolungare, Giuseppe Scanagatta, non volendo<br />

lasciare senza la sua assistenza il figlio, deliberò di rimanergli accanto affidando<br />

Francesca alle cure di una coppia di coniugi molto riguardosi, i signori Giuliani,<br />

che si incaricarono, dovendo recarsi anch’essi a Vienna, di accompagnare<br />

e vegliare la ragazza durante il viaggio.<br />

La giovane, che conosceva l’antipatia del fratello per la carriera alla quale il<br />

padre lo aveva destinato, maturò rapidamente l’idea di sostituirsi a lui e, in abiti<br />

maschili e con i capelli tagliati, si presentò ai Giuliani il giorno della partenza<br />

dando loro ad intendere le mutate condizioni: la sorella era l’ammalata e lei era<br />

proprio l’aspirante alla scuola militare.<br />

Il viaggio scorse senza problemi ma, data la breve distanza che separa Neustadt<br />

da Vienna, i due compiti coniugi, giunti nei pressi della cittadina, il 16<br />

febbraio 1794, si sentirono in dovere di accompagnare fino al vestibolo dell’imperiale<br />

regio collegio militare il giovane candidato. Qui lo stava aspettando il


18<br />

chirurgo primario dell’istituto stesso, l’artzmajor (maggiore medico) Haller, un<br />

amico d’infanzia del nobile Giuseppe Scanagatta, che già da tempo lo aveva<br />

informato per lettera del prossimo arrivo del figlio.<br />

Il maggiore Haller non potè essere ingannato, ma non tradì la ragazza per<br />

rispetto del padre, costringendola a scrivergli quanto era accaduto. Don Giuseppe,<br />

suo malgrado dovette lasciare il figlio Giacomo, ancora ammalato a Venezia,<br />

e precipitarsi a Neustadt. Giuntovi si incontrò col l’Haller, cui aveva chiesto<br />

udienza, lontano da occhi e orecchie indiscreti, nell’albergo in cui aveva<br />

preso alloggio. La conversazione avvenne in latino maccheronico tra l’italiano<br />

e l’<strong>austriaco</strong> che cercavano di comprendersi il più rapidamente che fosse possibile.<br />

Il maggiore avrebbe potuto mantenere lo “scandaloso segreto” per favorire<br />

l’amico tanto più che, avendo già dichiarato il falso alla visita medica, ne avrebbe<br />

dovuto anche lui subire le conseguenze. Da parte sua il padre di Francesca<br />

si doveva impegnare al più presto nell’inviare un altro figlio a sostituirla,<br />

visto che ormai la ragazza stava frequentando i corsi e, a detta dell’Haller, risultava<br />

già fra i migliori allievi.<br />

Non potendo più contare su Giacomo, la cui salute rimaneva cagionevole,<br />

avrebbe dovuto prenderne il posto l’altro fratello, Guido, che però non ne aveva<br />

ancora l’età., e venne deciso di aspettare.<br />

ALFIERE IMPERIALE<br />

Rimasta così nel collegio militare, in attesa del fratello e col consenso, suo<br />

malgrado, del padre, Francesca, ne seguì con successo i corsi per uscirne, tre<br />

anni dopo, con l’ambita patente al grado di fahnrich (alfiere) di fanteria, il 16<br />

gennaio 1797. La sua buona conoscenza del tedesco, dell’inglese, della matematica<br />

e della geografia, unite alla particolare abilità di cavallerizzo e all’endemica<br />

carenza di ufficiali in cui versava l’esercito <strong>austriaco</strong> del tempo, impegnato<br />

nel contrastare l’ascesa dell’astro napoleonico, fece si che la Scanagatta riuscisse<br />

a prendere ben presto il suo posto nel conflitto. Venne destinata ad un<br />

reparto di fanteria confinaria, la sesta compagnia del 1° battaglione da campo<br />

del K.K. National Grenz Infanterie Regiment Warasdiner - St. Georger (Reggimento<br />

di fanteria dei confini nazionali di Varadino - San Giorgio), che si trovava<br />

sul Reno, presso Magonza, al comando del General Major (maggior generale)<br />

Finch.<br />

Si trovò in un luogo calmo, lontano dai fronti delle maggiori battaglie del<br />

momento, ma lo stesso dimostrò volontà, diligenza, ed intelligenza nel servizio,<br />

arrivando perfino a sostituire, durante il comandato trasferimento del suo reparto,<br />

un collega alfiere, che avrebbe dovuto lasciare moglie e figli.<br />

Seguì tutte le diverse destinazioni del suo battaglione che furono: Brunn<br />

(Brno, in Moravia, nell’odierna Repubblica Ceka), Lublino (in Polonia), e Sandomir<br />

(in Ungheria), dove passò nella quarta compagnia, al comando del Major<br />

Kinsky.


A Sandomir, la noiosa vita di guarnigione la costrinse a cambiare spesso<br />

abitazione per ridurre al minimo il rischio che il suo segreto potesse venire scoperto.<br />

Infatti proprio qui ebbe un piccolo incidente con un ufficiale in servizio<br />

di guardia che, un giorno la apostrofò dicendogli:<br />

- Sapete cosa si dice di voi ?<br />

- Non saprei…<br />

- Che non siete un uomo…<br />

- Quale prova potrei darvi ?<br />

- Quella che volete.<br />

- Bene: se ne dubitate, mandatemi vostra moglie in casa mia questa sera.<br />

- Oh! Amico mio!… Ma io scherzavo!<br />

La sua prontezza di spirito aveva risolto la questione, ma il suo segreto cominciava<br />

a trapelare; era necessario cambiare aria. La fortuna la assistette con<br />

l’arrivo di un ulteriore trasferimento durante il quale però si ammalò contraendo<br />

una artrite che la costrinse al riposo dal servizio dal febbraio al maggio del<br />

1799.<br />

19


20<br />

TENENTE<br />

Tornata in forze venne destinata ad un altro reparto di fanteria confinaria,<br />

una compagnia del 6° battaglione del reggimento del Banato, formato con i<br />

tre battaglioni da campo del K.K. GrenzInfanterieRegiment Deutsch - banater<br />

N° 12, e i tre altri del K.K.GrenzInfanterieRegiment Wallachisch – Illyrisches<br />

N° 13, sempre arruolato nel Banato. L’unità di formazione era alle dipendenze<br />

del generale Klenau, che, liberata la Toscana dai francesi, stava inseguendoli<br />

verso la costa ligure per chiuderli e bloccarli, congiungendosi con le<br />

altre truppe austriache del generale Ott (che già si stavano schierando dalle appendici<br />

dell’Appennino fino a Recco, sopra Camogli, nella piazzaforte di Genova.<br />

In questa zona l’alfiere Scanagatta ebbe il suo battesimo del fuoco in una<br />

serie di scontri avvenuti nella seconda settimana del dicembre 1799, nei quali<br />

gli austriaci ebbero la peggio finendo ricacciati oltre il fiume Magra. Francesca<br />

vi condusse i suoi uomini, con perizia e sangue freddo, distinguendosi nei combattimenti<br />

attorno a Borzonasca e all’avamposto di Barbagelata, tanto da meritare<br />

la promozione sul campo al grado di Oberleutnant (<strong>tenente</strong>), concessa il 1°<br />

marzo 1800.<br />

FINE DELLA CARRIERA<br />

Per le perdite subite il reggimento del Banato era stato ritirato dal fronte, il<br />

25 dicembre 1799, mentre il blocco di Genova proseguiva. La giovane <strong>tenente</strong><br />

però non poté più riprendere il servizio poiché un improvviso ordine, giuntole<br />

nei quartieri di riposo del reggimento, le impose di recarsi a Nervi dove si trovava<br />

la sede provvisoria dello Stato Maggiore.<br />

Quivi giunta venne introdotta alla presenza del generale Gottesheim, che<br />

comandava uno dei corpi dell’esercito impegnati su quel fronte. L’ufficiale la<br />

accolse con benevolenza e la invitò a pranzo, durante il quale le svelò il motivo<br />

di quell’improvviso richiamo. Il comando era a conoscenza del suo segreto,<br />

informato da una lettera del padre che, non potendo più tacere, implorava il<br />

perdono imperiale e chiedeva la sostituzione della figlia, secondo le leggi del<br />

tempo, con l’altro suo figlio maschio, il fratello Guido.<br />

Senza più speranza, ma trattata con rispetto e ammirazione da tutto lo Stato<br />

Maggiore che volle festeggiarla, Francesca dovette lasciare il fronte per rientrare<br />

in seno alla famiglia. La cosa però non fu immediatamente possibile poiché i<br />

francesi avevano occupato Milano e non le rimase che rifugiarsi a Venezia. Qui<br />

rimase fino all’aprile del 1801 vivendo con lo stipendio di <strong>tenente</strong> dell’imperiale<br />

regio esercito che le venne mantenuto, essendo formalmente trattenuta in<br />

servizio, e puntualmente versato.


A CASA<br />

Con la conclusione della pace, firmata a Luneville, in Lorena, il 9 febbraio<br />

1801, Francesca venne ufficialmente e onorevolmente congedata, con la pensione<br />

annua di 200 fiorini. Poté così rientrare a Milano, riabbracciare genitori e<br />

fratelli, e, suo malgrado tornare alle consuetudini della vita civile.<br />

Nel 1804 si sposò con “un collega”, Celestino Spini, <strong>tenente</strong> della Guardia<br />

presidenziale cisalpina, che alla Restaurazione entrò nell’esercito <strong>austriaco</strong>.<br />

Dal matrimonio nacquero quattro figli, due maschi e due femmine.<br />

Nel 1832 restò vedova e il governo <strong>austriaco</strong> oltre a versargli la pensione<br />

del marito le conservò anche la sua personale.<br />

Nel 1864 morì.<br />

I SOLDATI DEL TENENTE SCANAGATTA<br />

(I Reggimenti di fanteria del confine nazionale dell’Impero d’Austria)<br />

Per proteggere i mal definiti confini sud orientali dell’Impero, sempre minacciati<br />

dalle scorrerie del turco, terre nelle quali non esistevano commerci e<br />

21


22<br />

manifatture, i cui abitanti vivevano del solo piccolo allevamento e di agricoltura<br />

e dai quali, terrorizzati dalle continue rapine degli ottomani, si spostavano<br />

sempre più verso nord lasciandoli spopolati, l’Austria, agli inizi del 18° secolo,<br />

a partire dalla Croazia, concesse a questi sudditi larghi privilegi in termini di<br />

terre, esenzioni fiscali, libertà di culto ed altro. In cambio, visto che la quasi<br />

totalità della popolazione maschile di quei luoghi era costantemente in armi, lo<br />

Stato chiedeva fedeltà alla corona e la difesa, organizzata alla maniera feudale,<br />

di quelle frontiere.<br />

Lungo tale confine, detto poi “Militare”, che si estendeva dall’Adriatico alla<br />

Transilvania e comprendeva le regioni di frontiera di Karlstadt (odierna Karlovac<br />

in Croazia, a sud est di Zagrabria), di Warasdin (odierna Varazdin, sempre<br />

in Croazia, a nord est di Zagabria), di Banal, della Slavonia, e dal Banato di<br />

Temesvar (odierna Timisoara in Romania), venne così ad organizzarsi una milizia<br />

“tribale”, malamente equipaggiata, ma non meno combattiva e feroce del<br />

nemico che doveva quasi giornalmente affrontare.<br />

Nel 1744, sotto la spinta amministrativa del Principe Joseph di Saxe-<br />

Hildburghausen, nella parte croata del confine militare e nella Slavonia, si procedette<br />

ad una riorganizzazione militare delle varie milizie che vennero riunite<br />

in reggimenti organici di fanteria leggera, provveduti di armi, equipaggiamento<br />

e uniformi. Vennero formati quattro reggimenti nella regione di Karlstadt, denominati<br />

dalle aree del loro reclutamento: LIKANER (dalla zona della Lika),<br />

OTTOCANER (dalla regione attorno alla città di Otocac), OGULINER<br />

(circondario della città di Ogulin), e SZLUINER (circondario di Slunj); due in<br />

quella di Warasdin: CREUTZER (del territorio di Krizevci) e ST. GEORGER<br />

(del territorio di Durdevac); e tre in quella della Slavonia: BROODER<br />

(territorio di Brod), GRADISCANER (territorio di Gradiska), e PETERWAR-<br />

DEINER (territorio di Petrovaradin).<br />

Nel 1750, sull’esempio dei primi, vennero organizzate in reggimenti anche<br />

le unità del Banal formandone due: BANAL N°1( arruolato nella regione di<br />

Glina), e BANAL N°2 (nella regione di Petrinja).<br />

Quattro reggimenti vennero formati, a partire dal 1762, nella Transilvania<br />

(Siebenburgen, in tedesco): SZEKLER N° 1 e SZEKLER N° 2 (nelle regioni<br />

rispettivamente di Csik-Szereda e nelle città di Kezdy e Vasarhely), e WALA-<br />

CHISCHES N° 1 e WALACHISCHES N° 2 (il primo nel territorio della città<br />

di Orlath e il secondo in quello della città di Naszod).<br />

Per ultimi, fra il 1765 e il 1766, vennero formati i reggimenti del Banato:<br />

DEUTSCH-BANATER (che raggruppava le genti del territorio di Pancsova) e<br />

WALLACHISCH-ILLYRISCHES (quelle del territorio di Caranseber).<br />

ORGANIZZAZIONE<br />

Ogni reggimento venne organizzato su quattro battaglioni, ciascuno di quat-


tro compagnie di 240 uomini, tranne il LIKANER, che di battaglioni ne aveva<br />

sei.<br />

Ai battaglioni dei reggimenti croati dei distretti di Karlstadt, e di Banal si<br />

aggiungevano, uno per reggimento, un contingente di circa 200 “Seressaner”<br />

con funzioni di ricognizione e di polizia militare.<br />

Tutti i reggimenti erano dotati di una sezione di artiglieria, consistente di 2<br />

pezzi leggeri da campo da 3 pollici per battaglione, servita da 34 artiglieri.<br />

<strong>Una</strong> forza complessiva che assommava a circa 69.000 uomini, parte della<br />

quale poteva essere usata come fanteria leggera in caso di guerra. In effetti circa<br />

20.000 uomini, dei reggimenti già costituiti, furono impiegati durante quella<br />

detta “della successione austriaca” (1740-1748).<br />

Avendo dato buona prova di combattenti, anche se non altrettanto in quanto<br />

a disciplina e formalità militare, ricevettero per la successiva guerra in cui fu<br />

impegnata l’Austria, “guerra dei sette anni” (1756-1763), una strutturazione<br />

sul modello di quella dei reparti di linea della fanteria ungherese.<br />

I reggimenti si costituirono su 16 compagnie di fucilieri, 2 di granatieri e 2<br />

di “Scharfschutzen” (tiratori scelti). Tutte queste divise in due battaglioni di 6<br />

23


24<br />

compagnie di fucilieri e una di tiratori ciascuno, più un terzo battaglione di 4<br />

compagnie di fucilieri, che sarebbe rimasto in deposito, con funzioni di guarnigione<br />

e di serbatoio per le reclute. Le compagnie di granatieri tutte riunite in un<br />

corpo granatieri e l’artiglieria a supporto dei terzi battaglioni.<br />

Tutte le compagnie avevano una forza di 200 uomini.<br />

Dal 1769 i reggimenti del confine nazionale, ora detti “Grenz-Infaterie-<br />

Regimenter”, vennero aggiunti a quelli delle truppe di linea ricevendo un numero<br />

e un rango successivo a quello dei reggimenti di fanteria regolari:<br />

GRENZ INFANTERIE REGIMENTER<br />

Carlstadt Regimenter LICCANER N° 60 formato nel 1744<br />

OTTOCANER N° 61 formato nel 1746<br />

OGULINER N° 62 formato nel 1746<br />

SZLUINER N° 63 formato nel 1746<br />

Warasdin Regimenter CREUTZER N° 64 formato nel 1745<br />

ST.GEORGER N° 65 formato nel 1745<br />

(Reggimenti formati nella quasi totalità da croati di religione cattolica romana)<br />

Slavonian Regimenter BROODER N° 66 formato nel 1747<br />

GRADISCANER N° 67 formato nel 1747<br />

PETERWARDEINER N° 68 formato nel 1747<br />

(Reggimenti formati da “Raitzen”, cioè slavoni di origine serba e greci di religione<br />

ortodossa, e “Schokatzen”, cioè slavoni di religione cattolica romana)<br />

Banal Regimenter BANAL N° 1 N° 69 formato nel 1750<br />

BANAL N° 2 N° 70 formato nel 1750<br />

(Reggimenti formati da croati della regione del Banal situata tra quelle di Carlstadt<br />

e Warasdin, di religione cattolica romana. I reggimenti presero il nome<br />

dal “Bano di Croazia” che fungeva da “inhaber”, colonnello proprietario)<br />

Banat Regimenter TEMESVARER -<br />

ANDSIEDLUNGS N° 71 formato nel 1765<br />

ILLYRISCHES -<br />

BANATER N° 72 formato nel 1766<br />

(Reggimenti formati, il primo da coloni tedeschi della regione rumena di Timisoara,<br />

detto anche localmente “reggimento dei coloni” e Deutsch-Banat Regi-


ment, il secondo da coloni illirici)<br />

Siebenburgisches Regimenter<br />

SZEKLER N° 1 N° 73 formato nel 1762<br />

SZEKLER N° 2 N° 74 formato nel 1762<br />

WALACHISCHES N° 1 N° 75 formato nel 1763<br />

WALACHISCHES N° 2 N° 76 formato nel 1763<br />

(Reggimenti formati, i primi due da ungheresi, e gli altri due da valacchi di rito<br />

greco ortodosso)<br />

Dopo la guerra dei Sette anni in ogni reggimento, che doveva ufficialmente<br />

fornire circa 3.000 uomini per il servizio da campo, le due compagnie granatieri<br />

vennero assorbite in quelle dei fucilieri, (due battaglioni di 6 compagnie; ogni<br />

compagnia su 226 uomini circa). Si aggiungevano e questi, una aliquota di 256<br />

“Scharfschutzen”, divisi in due compagnie, una per battaglione, e una unità di<br />

stato maggiore di circa 60 persone. Differivano solo i reggimenti transilvani<br />

contando un numero inferiore di soldati per compagnia (200), e quelli croati,<br />

del Carlstadt e del Banal, sempre rinforzati da circa 200 esploratori seressani.<br />

Nel 1798 tutti questi reparti di frontiera furono tolti dalla fanteria di linea e,<br />

colla nuova designazione di “National-Grenz-Infaterie-Regimenter”, ricevettero<br />

una nuova numerazione, da 1 a 17, senza modificarne l’organizzazione.<br />

25


26<br />

NAZIONAL GRENZ INFANTERIE REGIMENTER<br />

Guarnigione<br />

Carlstadt Regimenter LICCANER N° 1 Gospic<br />

OTTOCANER N° 2 Otocac<br />

OGULINER N° 3 Ogulin<br />

SZLUINER N° 4 Carlstadt<br />

Warasdin Regimenter CREUTZER N° 5 Belovar<br />

ST.GEORGER N° 6 Belovar<br />

Slavonian Regimenter BROODER N° 7 Winkowcze<br />

GRADISCANER N° 8 Neugradisca<br />

PETERWARDEINER N° 9 Mitrowitz<br />

Banal Regimenter BANAL N° 1 N° 10 Glina<br />

BANAL N° 2 N° 11 Petrinja<br />

Banat Regimenter DEUTSCH - BANATER N° 12 Pancsova<br />

WALACHISCH -<br />

ILLYRISCHES BANATER N° 13 Caransebes<br />

(Il Reggimento Illyrisches-Banater, nel 1775, si fuse con una nuova unità in<br />

formazione Walachisches-Banater e divenne Walachisches-Illyrisches Banater<br />

)<br />

Siebenburgisches<br />

Regimenter SZEKLER N° 1 N° 14 Csik-szereda<br />

SZEKLER N° 2 N° 15 Kezdy e Vasarhely<br />

WALACHISCHES N° 1 N° 16 Orlath<br />

WALACHISCHES N° 2 N° 17 Naszod<br />

In tempo di pace un reggimento era mediamente formato su due battaglioni,<br />

di 6 compagnie di 226 uomini l’una, due delle quali, una per battaglione, di<br />

granatieri; più un piccolo reparto d’artiglieria, di 50 uomini, che servivano una<br />

batteria di tre pezzi da 3 libbre. In caso di guerra, per la partenza delle dodici<br />

compagnie da campo (i 2 battaglioni da 6 compagnie l’uno, 1° e 2°), venivano<br />

rapidamente formati altri due battaglioni (3° e 4°), il primo dei quali, su sei<br />

compagnie, assieme al contingente d’artiglieria avrebbe fornito la difesa del<br />

territorio e la formazione dei rimpiazzi per i battaglioni al fronte, ed il secondo,<br />

in cui venivano arruolati i più giovani e i più anziani, avrebbe provveduto al<br />

lavoro dei campi, prendendo le armi solo in caso di necessità.<br />

I soli reggimenti Siebenburghesi (Transilvani) avevano un organico ridotto<br />

a 4 compagnie di 200 uomini per battaglione.


Le 2 compagnie di “Scharfschutzen”, in caso di guerra, venivano ripartite<br />

(20 uomini circa per compagnia) fra quelle da campo, (16 uomini per quelle<br />

transilvane).<br />

Sempre in tempo di pace, lo stato maggiore del reggimento era composto da<br />

un colonnello, un <strong>tenente</strong> colonnello, due maggiori, un ufficiale amministrativo,<br />

due notai militari, un “Grundbuchfuhrer” (Capo del Catasto, colui che teneva<br />

aggiornato il registro dei territori e villaggi da cui venivano i soldati estratti per<br />

carato), un aiutante di reggimento, sei infermieri e altro personale per un totale<br />

di 48 uomini.<br />

In caso di guerra, il colonnello e i due maggiori avrebbero seguito i battaglioni<br />

da campo al fronte (1° e 2°) mentre il <strong>tenente</strong> colonnello sarebbe rimasto<br />

al comando dei battaglioni di riserva (3°) e territoriale (4°), ai quali si sarebbe<br />

aggiunto parte del personale dello stato maggiore, integrando con altri due aiutanti,<br />

e 12 altri elementi, come un cappellano, un chirurgo, e altri, i battaglioni<br />

da campo così da portarli a contare 61 elementi in tutto, mentre ne sarebbero<br />

rimasti 17 a formare l’organico ridotto di quelli che restavano.<br />

Per i reggimenti Siebengurghesi l’organico dello stato maggiore di pace<br />

ascendeva a 54 elementi, contando in più rispetto agli altri reggimenti di frontiera<br />

un cappellano, un chirurgo, tre furieri ed un aiutante. Saliva a 59 componenti<br />

in tempo di guerra lasciando uno stato maggiore di riserva e territoriale di<br />

9 uomini.<br />

Un reggimento completo poteva quindi contare in tempo di pace 2.810 uomini<br />

(1.654 per i transilvani) che sarebbero saliti a 5.616.in caso di guerra<br />

(3.268 per i transilvani).<br />

Alleata alla Turchia, nella guerra della “Seconda coalizione” (1799-1801) in<br />

funzione anti-francese, l’Austria, non avendo a temere per quei confini, allestì<br />

con queste truppe ben 36 battaglioni da campo: 16 levati dalla Croazia<br />

(Carlstadt e Banal), 10 dalla Slavonia, 5 dalla Transilvania (Siebenburgen), e<br />

altri 5 dal Banato. Circa 51.000 uomini all’inizio, che diventarono 100.000 nel<br />

corso di quelle campagne, considerando i rimpiazzi per morti e feriti, poiché<br />

subirono perdite per circa 38.000 unità, tanto che si dovette ricorrere all’arruolamento<br />

di molti elementi ungheresi.<br />

UNIFORMI<br />

Prima della formazione dei reggimenti le milizie confinarie vestivano i loro<br />

abiti civili di tutti i giorni.<br />

Con l’arruolamento delle unità regolari, Grenz Infanterie Regimenter, vennero<br />

adottati capi di modello croato-ungherese, che pur ispirandosi alle vesti<br />

tradizionali divennero militari a tutti gli effetti.<br />

Un corto giubbetto di panno (Giacerma, in croato) con le maniche era indos-<br />

27


28<br />

sato sopra la camicia. Questo era senza colletto, con le due punte dell’orlo anteriore<br />

incrociate all’ungherese. Arricchito sul petto da una serie di cordoni alla<br />

ussara e filettato sui bordi. Stretto in vita da una sciarpa di cordoni, sempre del<br />

modello di quelle portate dagli ussari. I colori variavano secondo il reggimento<br />

principalmente usando il nero, rosso, verde, e grigio-azzurro, con cordoni e<br />

bottoni di color giallo o bianco.<br />

I pantaloni (Benevreche) erano del tipo ungherese, in panno, stretti nella<br />

parte inferiore e ornati, ma non in tutti i reggimenti, con i caratteristici nodi a<br />

fiore, fatti di cordone, e cuciti uno per coscia sul davanti. Gli stessi colori di<br />

quelli usati per le giacerme.<br />

Ai piedi venivano portati degli stivaletti di cuoio nero, altri sino alle caviglie<br />

e allacciati sul davanti con stringhe, che costituivano l’ordinanza, ma molto più<br />

spesso questi erano sostituiti dalle “Opanken”, sandali di pelle dotati di lunghe<br />

strisce della stessa, usate per assicurarli alla gamba, incrociandoli attorno a una<br />

sorta di gambaletto in tela, o lana, alto fino all’inizio del polpaccio e vincolato<br />

ai sandali con cuciture, nel quale si infilava la parte attillata dei pantaloni.<br />

La giacca in panno, senza collo, o con un piccolo collo rovesciato, era lunga<br />

fino alla coscia, con falde anteriori rivoltate, in alcuni reggimenti, filettata lungo<br />

i bordi, con cordonature alla ussara sul davanti e piccoli paramani, in qualche<br />

caso tagliati a triangolo.<br />

Al collo era portata una cravatta nera del tipo appunto detto “Croata”, e per<br />

copricapo veniva indossato il “Klobuk”, una sorta di colbacco altro e rigido, di<br />

forma troncoconica rovesciata, fatto in pelo o in pelle, dotato sul davanti , in<br />

alcuni reggimenti, di placca metallica d’ottone con impressa l’aquila imperiale,<br />

in altri di coccarda circolare di lana con i colori del reparto, e nel resto senza<br />

alcuna decorazione.<br />

Dal 1769 tutti i reparti, come il resto della fanteria di linea austriaca, iniziarono<br />

a ricevere l’uniforme modello 1767; giacca di panno bianco a un petto,<br />

con falde rivoltate, colletto rovesciato e paramani a triangolo, tutti nel colore<br />

distintivo del reggimento. Sott’abito e pantaloni all’ungherese, entrambi di panno<br />

bianco, e caschetto cilindrico di cuoio nero con piastra in ottone sul davanti<br />

e coccarda di lana giallo-nera sul lato sinistro. Particolarmente distinguibili<br />

dagli altri gli “Scharfschutzen”, per i ricami (nodi a fiore) in lana giallo-nera<br />

sui pantaloni e per la capettatura, in gallone bianco argento ai bordi dei paramani<br />

e del caschetto.<br />

Colori distintivi erano: Likaner, violetto con bottoni gialli; Otocaner, violetto<br />

con bottoni bianchi; Oguliner, arancio con bottoni gialli; Szluiner, arancio<br />

con bottoni bianchi; Creutzer (Krizevci, in croato), rosso granchio con bottoni<br />

gialli; St.Geroger (Durdevci), rosso granchio con bottoni bianchi; Brooder, rosso<br />

pallido con bottoni gialli; Gradiscaner, rosso pallido con bottoni bianchi;<br />

Peterwardeiner, grigio chiaro con bottoni gialli; Banal 1°, cremisi con bottoni


gialli; Banal 2°, cremisi con bottoni bianchi; Deutsch banater, marrone scuro<br />

con bottoni bianchi; Walachisch.-Illyrisches, grigio chiaro con bottoni bianchi;<br />

Szekler 1°, rosa con bottoni gialli; Szekler 2°, rosa con bottoni bianchi; Walachisches<br />

1°, verde pappagallo con bottoni gialli; Walachisches 2°, verde pappagallo<br />

con bottoni bianchi.<br />

Questa uniforme rimase in uso fino al 1808.<br />

ARMI<br />

Tralasciando la gran diversità di armamento che caratterizzò i primi tempi<br />

della formazione di questi reparti, dal loro inquadramento come fanteria regolare<br />

i reggimenti ricevettero le dotazioni standard dell’I.R. esercito, con solo poche<br />

ma caratteristiche particolarità.<br />

Nelle mani di questi soldati passarono quasi tutti i modelli di fucile di fanteria<br />

usciti dagli arsenali dell’impero dal 1760 in poi, considerando il fatto che<br />

essendo sempre unità di frontiera, solo i battaglioni da campo erano riforniti<br />

con i modelli più recenti lasciando al resto la armi provenienti dalle partite ormai<br />

fuori produzione. Al tempo della “guerra della seconda coalizione”, i<br />

“grenzer” dei battaglioni da campo erano armati con l’infanteriegewehr Model<br />

1784, un fucile a pietra a canna liscia lungo 150 cm, del peso di 5,1 chilogrammi,<br />

del calibro di 18,31 mm (6 quarti di Wiener loth), in grado di sparare fino a<br />

180 metri una palla di piombo, calibro 16,61 mm, del peso di 26,6 grammi<br />

(1,52 Wiener loth). Arma, molto robusta, con cassa in faggio, canna cilindrica<br />

in ferro, fornimenti pure in ferro, dotata di paravampa mobile allo scodellino,<br />

imperniato alla vite della batteria, per la protezione dalle vampate del focone<br />

29


30<br />

(proteggeva il soldato alla destra dello sparatore). Necessitava di un tempo per<br />

la ricarica di circa 30 secondi, ed era corredata da una “Stichbaionett”, baionetta<br />

a manicotto con lama triangolare senza ulteriori sistemi di fissaggio, .lunga<br />

circa 470 mm.<br />

Il nuovo modello, voluto dal Feldmarsciall Freiher Leopold von Unterberger,<br />

ispirato al francese “Model an 1777”, per migliorare l’armamento dell’esercito<br />

<strong>austriaco</strong>, l’Infanteriegewehr Model 1798“, sempre a pietra e a canna<br />

cilindrica ad anima liscia, ma con cane a doppio collo, batteria intercambiabile,<br />

mirino saldato sull’anello posteriore del bocchino (nel Model 1784 l’unico organo<br />

di mira era dato dal fermo della baionetta), bacchetta a due teste, scodellino<br />

e fornimenti in ottone, lungo 150,6 cm, del peso di 4,6 chilogrammi, del<br />

calibro di 17,58 mm (5 quarti di Wiener loth), che sparava palle del calibro<br />

15,92 mm (1,39 Wiener loth), del peso di 23,4 grammi., pur adottato per regolamento<br />

del 26 ottobre 1798, a causa delle vicende belliche ebbe tempi di consegna<br />

ai reparti molto lunghi fino al 1807. Questo era fornito con una baionetta<br />

a manicotto con lama quadrangolare lunga circa 470 mm prodotta in due<br />

modelli (Model 1798, con fissaggio a ghiera girevole, o Model 1799, senza la<br />

ghiera, con una piccola molla a gancio sistemata sotto il manicotto per il fissaggio<br />

alla canna del fucile).<br />

Completava l’armamento del fuciliere una “ordinar fusilir-sabel”, sciabola<br />

corta che poteva variare dai “Model 1765” e 1784 al “Model 1785/80”, fra loro<br />

molto simili, con lame lunghe 535 mm e larghe 80, impugnature, senza guardia,<br />

e crociera in ottone e legno ricoperto di cuoio nero e riposte in foderi di cuoio<br />

nero con puntale, cappa e bottone (a forma di cuore) in ottone. Tali sciabole<br />

corte erano in dotazione indistintamente anche ai granatieri e ai tiratori scelti e<br />

così rimasero almeno fino al 1809 quando anche i reggimenti confinari cambia-


32<br />

rono con l’uniforme (nuovo modello marrone) anche le buffetterie restando con<br />

la dotazione della sola baionetta.<br />

Particolare l’armamento degli “scharfschutzen”, dotati di “ Doppelstutzen<br />

(letteralmente carabina doppia), un fucile corto e massiccio a due canne di ferro<br />

ottagonali e sovrapposte, quella superiore ad anima rigata (7 righe che compiono<br />

una spira completa destrorsa) per il tiro di precisione, quella inferiore ad<br />

anima liscia per il fuoco accelerato di plotone. Sulla canna superiore montati la<br />

tacca a fogliette e la lama a coda di rondine che costituiscono gli organi di mira.<br />

Due gli acciarini a pietra, il destro per la canna superiore e il sinistro per quella<br />

inferiore. Nella cassa, in noce, sprovvista di ricovero per la bacchetta, che si<br />

portava a parte appesa alla bandoliera, all’estremità del calcio,un alloggiamento<br />

rettangolare, chiuso da un coperchio, per gli utensili, per le pietre di ricambio e<br />

per i dischetti di pelle ingrassati necessari per il caricamento della canna rigata.<br />

Dell’arma erano in uso sia il “Model 1768”, sia il tipo base che quello modificato<br />

nel 1769, e, in ridotto numero di esemplari, il “ Model 1795” che montava<br />

batterie più moderne, del tipo alla francese, con cani a doppio collo (a cuore)<br />

e non aveva decorazioni ornamentali al calcio tipiche dei modelli precedenti.<br />

Doppelstutzen Model 1768:<br />

Lunghezza totale 105 cm, peso 5,5 Kg., canne lunghe 620 mm., calibro 14,8<br />

mm. (1Viener loth), fornimenti in ottone tranne i portacinghia.<br />

Doppelstutzen Model 1795:<br />

Lunghezza totale 104 cm, peso 5,25 Kg., canne lunghe 620 mm., calibro 14,8<br />

mm. (1Viener loth), fornimenti in ottone tranne gli scodellini (in bronzo) e i<br />

portacinghia.<br />

Non essendo provvisto di baionetta il Doppelstutzen era fornito<br />

con l’ “Hackenlanze”, una lancia, lunga 2,52 metri, munita di punta, puntale e<br />

gancio laterale, tutti in ferro, che oltre alla funzione di appoggio per lo sparo<br />

del fucile (gancio), serviva come arma bianca di difesa e, meno nobilmente ma<br />

non certo meno utilmente, quale struttura per imbastire un ricovero da campo,<br />

unita al mantello, o per sospendervi arma e bagaglio al riparo dall’umidità.<br />

A partire dal 1809 ai tiratori scelti venne distribuito lo “Jagerstutzen” a cambio<br />

della precedente dotazione e quindi smessi sciabola corta, hackelanze e<br />

doppelstutzen.

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!