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xciii congresso nazionale - S.I.O.e.Ch.CF.

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La responsabilità professionale dell’otorinolaringoiatra nel quadro della responsabilità...<br />

Si sa di come tradizionalmente la Cassazione manifestasse grande severità<br />

nella verifica del nesso in questione (giustificata con riferimento all’esigenza<br />

di tutela del bene della vita che qui è in gioco), per cui si ritenevano sufficienti<br />

–per la ricorrenza del nesso - probabilità di salvezza anche non assai elevate,<br />

ma solo “serie ed apprezzabili” o “rilevanti” o, talvolta anche, “poche” (quantificate<br />

nel 30 % in una nota decisione del 1991) o genericamente “notevoli”,<br />

per affermare la sussistenza del rapporto causale.<br />

Siffatto orientamento, giustamente ritenuto discriminatorio per il medico (sottoposto<br />

ad un criterio di valutazione circa il rapporto causale più rigoroso di<br />

quello applicato per gli altri cittadini), è stato, poi, contraddetto da diverse<br />

pronunce (Sez. IV^: 28.9.2000, Baltrocchi; 29.11.2000, Musto; 30.10.2001,<br />

Ciavola), le quali hanno viceversa stabilito che intanto può affermarsi la esistenza<br />

del nesso di causalità tra un comportamento omissivo del medico e le<br />

conseguenze lesive subite dal paziente, in quanto il giudice abbia accertato,<br />

impiegando leggi statistiche in grado di esprimere probabilità vicine alla certezza,<br />

e, più precisamente, prossime a cento, che quelle conseguenze sarebbero<br />

state evitate ove il medico avesse osservato una condotta adeguata e corretta.<br />

Si è così determinato, all’interno della stessa Cassazione, un evidente contrasto<br />

di interpretazione, cui sono state chiamate a porre rimedio le Sezioni Unite<br />

presso la stessa Corte.<br />

Queste ultime, pronunciandosi con sentenza del 10.7.2002 (ric. Francese), si<br />

sono discostate sia dall’orientamento più rigoroso e gravatorio (per il medico)<br />

del passato, sia dalla posizioni nettamente “garantiste” (ed oggettivamente<br />

più favorevoli) più recenti, stabilendo che il nesso di causalità nella omissione<br />

medica (come del resto per qualsiasi altra omissione) debba essere<br />

accertato impiegando non solo le leggi statistiche (di cui peraltro si deve tenere<br />

conto anche allorché esprimano percentuali probabilistiche medio-basse,<br />

come del resto normalmente accade in medicina), bensì ogni altro elemento<br />

del caso concreto e la stessa prova logica, secondo gli ordinari criteri probatori<br />

normalmente applicati dal giudice in sede di processo penale. A tale stregua,<br />

il nesso può ritenersi accertato quando, esclusa la riconducibilità dell’evento<br />

a processi causali alternativi, si possa affermare in termini di certezza<br />

processuale, ossia in termini di elevata credibilità razionale o probabilità logica,o,<br />

più precisamente, oltre ogni ragionevole dubbio, che l’azione doverosa<br />

omessa dal medico avrebbe impedito il pregiudizio lesivo subito dal<br />

paziente.<br />

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