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xciii congresso nazionale - S.I.O.e.Ch.CF.

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G. Iadecola<br />

314<br />

ledere, scaturisca, oltre la intenzione del soggetto agente, la morte della persona<br />

offesa: l’atto diretto a ledere sarebbe consistito, nel caso in questione,<br />

nell’intervento chirurgico eseguito senza consenso), ha stabilito che intervenire<br />

chirurgicamente su di un paziente, in assenza del consenso, per rimuovere<br />

una patologia, non integri, in caso di morte, il delitto di omicidio preterintenzionale<br />

e ciò anche se si è al di fuori della urgenza terapeutica o vi siano<br />

stati errori di valutazione nell’apprezzamento di questa. E ciò perché in tale<br />

ipotesi comunque difetta ogni intenzionalità lesiva nella condotta del medico,<br />

che è pur sempre diretta a tutelare la salute del paziente. Nel caso di specie si<br />

era trattato, più precisamente, dell’esecuzione di un intervento diverso da<br />

quello consentito, decisa dal chirurgo, nel corso dell’intervento programmato,<br />

per l’asportazione –non necessaria- di una massa tumorale in zona sottoperitoneale,durante<br />

la quale era avvenuta la completa sezione dei vasi iliaci<br />

esterni: veniva ritenuta la responsabilità del medico per omicidio colposo,<br />

legata all’imperizia grave accertata.<br />

Ricollegandosi idealmente a tale precedente decisione e completandone lo<br />

sviluppo, la Cassazione (Sez. IV^, 23.3.2001) ha in seguito affermato che,<br />

peraltro, nel caso in cui il medico intervenga –in assenza di situazioni di pericolo<br />

di morte o di danno grave non altrimenti riparabile – non semplicemente<br />

in mancanza di un consenso che non sia stato dal malato manifestato, bensì<br />

contro l’esplicito dissenso, esplicitato e conclamato, dello stesso, che si sia<br />

opposto espressamente alla prestazione, si configuri una condotta del sanitario<br />

penalmente rilevante come delitto contro la libertà dell’autodeterminazione<br />

della persona (violenza privata) e come lesione personale dolosa (e, in caso<br />

di conseguente morte, di omicidio preterintenzionale). Rimanendo perciò<br />

ribadita la regola secondo cui sono soltanto le situazioni di urgenza terapeutica<br />

(che configurano lo stato di necessità giustificante di cui all’art.<br />

54 del codice penale), che abilitano il medico a prescindere, lecitamente,<br />

dalla volontà del paziente (sia non manifestata, sia apertamente dissenziente).<br />

In tema di conseguenze penali connesse alla violazione della regola del consenso,<br />

le posizioni più recenti della Cassazione appartengono alla sentenza<br />

della Sez. I (PG di Torino c. Volterrani) del 29.5.2002, la quale giunge ad<br />

escludere, nella materialità del gesto del medico-chirurgo eseguito senza il<br />

consenso del malato ma secondo le leggi dell’arte, lo stesso ”fatto tipico”<br />

della lesione personale volontaria, configurabile –si dice- solo nel caso fantasioso<br />

di un chirurgo che causasse lesioni al malato per malvagità od odio personale.<br />

Ed infatti, l’atto medico-chirurgico è sempre intrinsecamente vantaggioso<br />

ed utile, e tende alla rimozione di una patologia: e perciò, ove correttamente<br />

compiuto e quantunque non preceduto dall’acquisizione del consenso,<br />

non può essere assoggettato a sanzione penale a titolo di lesioni personali<br />

volontarie come se fosse il gesto di un qualsiasi accoltellatore, e prescindendosi<br />

dalla sua specifica natura ed essenza, che rimane quella di un gesto volto<br />

a giovare e non a nuocere; e questo, neppure in caso di esito infausto (che –

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