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Editoriale L'intervista - Centro Lucio Bini

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10<br />

Psichiatria & Letteratura<br />

“Carissimo, sento con certezza che sto di nuovo impazzendo. Sento che non possiamo attraversare un altro di quei terribili<br />

periodi. E questa volta non guarirò. Comincio a sentire voci, e non riesco a concentrarmi. Così sto facendo ciò che mi<br />

sembra la cosa migliore da fare. Tu mi hai dato la più grande felicità possibile. Sei stato in ogni modo tutto quello che uno<br />

poteva essere. Non credo che due persone avrebbero potuto essere più felici fino a che non è arrivata questa terribile<br />

malattia. Non posso più lottare. So che sto rovinando la tua vita, che senza di me potresti lavorare. E lo farai lo so. Vedi<br />

non riesco neanche a scriverlo correttamente. Non riesco a leggere. Quello che voglio dire è che devo a te tutta la felicità<br />

della mia vita. Sei stato interamente paziente con me ed incredibilmente buono. Voglio dirlo-tutti lo sanno. Se qualcuno<br />

avesse potuto salvarmi quello saresti stato tu. Tutto è andato via da me tranne la certezza della tua bontà. Non posso<br />

continuare ancora a distruggere la tua vita.<br />

Non credo che due persone possano essere state più felici di quanto lo siamo stati noi due.<br />

V."<br />

La nota suicidaria che Virginia Woolf indirizzò al marito il venerdi 28 marzo 1941, "un mattino limpido,<br />

luminoso e freddo", prima di gettarsi nel fiume Ouse, nel Sussex, non lascia dubbi sulla natura del suo<br />

gesto e dei suoi disturbi. Ella invoca una malattia che varie volte l'ha messa a dura prova. Dice di udire delle<br />

voci; ha sentimenti di colpa nei confronti delle persone amate, di ineluttabilità rispetto al futuro; un senso<br />

pervasivo di disperazione. La sua mente vaga e non si concentra. Il suicidio si "impone".<br />

Chi era Virginia Woolf? "Adeline Virginia Stephen, seconda figlia di Leslie e Julia Prinsep Stephen, era nata<br />

il 25 gennaio 1882, discesa da una numerosa ascendenza, in parte famosa in parte oscura; si trovò in una<br />

famiglia molto ramificata, con genitori non ricchi ma agiati, in un mondo fine secolo che amava comunicare<br />

idee, scrivere lettere, farsi visita, conversare, elaborare idee. "Potrei, se volessi, scrivere a lungo non solo di<br />

mia madre e mio padre, ma di zie e zii, di cugini e amici." Così scriveva di se stessa in Immagini dal Passato<br />

, uno dei suoi scritti autobiografici più noti. Il padre era il fondatore ed editore del Dictionary of National<br />

Biography. La prima moglie di suo padre era imparentata con William Thackeray. Sua madre, Julia Jackson.<br />

Duckworth proveniva da una famiglia di editori. La sorella Vanessa Stephen (sposata a Clive Bell, padre di<br />

Quentin, biografo ufficiale di Virginia) divenne una discreta pittrice e fu una delle persone più vicine a Virginia,<br />

in tutta la sua vita (il giorno del suicidio scrisse a lei, oltre che al marito). Il fratello Adrian fu uno dei primi<br />

psicoanalisti inglesi. Su questa composita famiglia di cui facevano parte anche i due fratellastri Duckworth,<br />

George e Gerald, e la sorellastra Stella, si è molto scritto per capire i disturbi di Virginia. L'abuso sessuale<br />

commesso da Gerald e descritto da Virginia in Immagini Dal Passato ("quando ero molto piccola") è stato a<br />

lungo considerato il primum movens delle sue crisi depressive e della sua fragilità psichica. Inoltre, il carattere<br />

collerico e severo del padre, che la costrinse a studiare sempre in casa mentre l'Università era riservata ai<br />

maschi, alimentò la visione conflittuale del malessere "nevrotico" di Virginia. Alla descrizione del personaggio<br />

travagliato contribuirono anche le sue relazioni con donne di cui si dichiarava innamorata; la più famosa di<br />

queste fu Vita Sackville-West, ispiratrice di Orlando.<br />

Sulla storia e la vita di Virginia Woolf possiamo farci alcune domande fondamentali: il suo era un disturbo<br />

dell'umore? C'era una relazione con la sua attività artistica? Quali erano le caratteristiche della sua malattia?<br />

Come arrivò al suicidio?<br />

Virginia Stephen Woolf era certamente maniaco-depressiva.<br />

Thomas C. Caramagno nella sua biografia intitolata The Flight of the Mind: Virginia Woolf's Art and Manic-<br />

Depressive Illness (con una post-fazione di Kay R. Jamison) spazza via ogni ipotesi di eziologia traumatica<br />

dei disturbi della scrittrice, pure accreditata dalla corrente psicoanalitica americana e da molti scritti che la<br />

assurgono a icona del femminismo di inizio secolo.<br />

Nella famiglia di Virginia, il padre Leslie era sicuramente affetto da ciclotimia mentre la madre soffriva di<br />

crisi depressive ricorrenti, così come pure la sorella Vanessa. Adrian era anch'egli un ciclotimico e Thoby, il<br />

fratello morto giovanissimo di febbre tifoide, soffriva anche lui di depressione. Virginia Woolf ebbe la sua<br />

prima crisi all'età di tredici anni, quando morì la madre. Anche se non è descritto chiaramente, forse già in<br />

quella prima occasione presentò allucinazioni uditive. Aveva accessi di tachicardia, era terrorizzata dagli altri<br />

e "diventava paonazza se le veniva rivolta la parola; non sopportava di essere avvicinata per strada."Come<br />

terapia il medico le consigliò di interrompere gli studi e di fare una vita tranquilla e all'aria aperta. La sorellastra<br />

Stella si occupava di farle fare lunghe passeggiate. Caramagno descrive bene le crisi precoci, l'incombere delle<br />

angosce e anche il riflesso di queste e dei disturbi del pensiero sulle sue stesse opere, la sua grande e raffinata<br />

capacità di penetrare creativamente il processo mentale della sua disperazione, fino a trasformarlo in poesia.<br />

Egli presenta inoltre una dettagliatissima life-chart delle sue crisi maniaco-depressive. Se ne deduce una grave<br />

forma bipolare con esordio precoce e un aggravamento, dopo il 1913, con crisi molto frequenti (ipomaniacali,<br />

euforiche, depressive, spesso miste o psicotiche). Purtroppo le terapie disponibili a quel tempo non erano altro<br />

che sedativi di tipo barbiturico (ad esempio il Veronal, col quale Virginia fece un gravissimo tentativo di<br />

suicidio) e riposo in case di cura. La parte assistenziale era spesso l'unica forma terapeutica. Le notazioni del<br />

marito sulle giornate passate accanto a Virginia sono dettagliate e raccontano di una paziente che passava da<br />

stati quasi catatonici in cui era presente il rifiuto del cibo a stati di grande eccitazione e insonnia. Dai diari e<br />

dalle lettere si sa che Virginia aveva aggravamenti della malattia che potevano essere precipitati sia da eventi<br />

(Continua alla prossima pagina)<br />

"Pensavo a quanto sgradevole sarebbe essere chiusa fuori; e pensavo che sarebbe anche peggio, forse, essere chiusa dentro."<br />

Virginia Woolf<br />

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