26 ___________________________________________ scatti <strong>nel</strong> tempo
Hasselblad Teleconverter 1,4 E Pierpaolo Ghisetti Spesso si crede che solo col pen<strong>nel</strong>lo sia possibile creare immagini di fantasia, svincolate da ogni rapporto con la realtà che ci circonda. Il grande fotografo austriaco Ernst Haas è stato tra i primi a dimostrare che gli oggetti del quotidiano possono diventare forme e colori puri, astrazioni della mente, linee affrancate dalla logica. Occorre naturalmente saper vedere in maniera particolare gli oggetti, non tanto come tali, ma alla stregua di suggerimenti da cui estrapolare ciò che colpisce la nostra fantasia. La struttura di un contesto urbano offre molte possibilità: palazzi di vetro, lampioni, linee che s’inseguono, sono figurazioni grafiche che colpiscono il nostro occhio e che fanno scattare l’otturatore. Distillare l’astratto dalle forme naturali è molto più difficile e meno banale: il fotografo americano Eliot Porter ha proposto una serie di formidabili immagini realizzate con la macchina di grande formato, cogliendo e sviluppando strutture apparentemente secondarie della natura, con rimandi geometrici e coloristici insospettati. Insomma, forme e geometrie sono davanti a noi ma non è facile farle vivere al di fuori del loro naturale contesto. Un giorno di primavera guidavo lungo i tornanti di un passo dolomitico: l’aria era pura e tersa, appena tiepida, come capita alla fine dell’inverno, anche a duemila metri di quota. Davanti a me, curva dopo curva, si apriva un paesaggio parzialmente innevato: la temperatura saliva ogni giorno e la neve si scioglieva sempre più velocemente. I fianchi della montagna che stava apparendo si presentavano striati di scuro, là dove la neve non riusciva più a resistere al calore del sole. Ruotavoprudentemente il volante, e mentre scalavo le marce, passando dalla terza alla seconda, intuivo che quel versante montano mi stava suggerendo delle immagini, che tuttavia non riuscivo ancora a visualizzare. Parcheggiai in una piazzola, tirai fuori dal bagagliaio l’Hasselblad e, montato il 180mm, iniziai ad esplorare il fianco della montagna. Tuttavia c’era qualcosa che non mi convinceva: l’inquadratura lasciava sempre intravedere il vero soggetto, in altre parole una semplice e normalissima cima innevata. Ebbi allora l’idea giusta: dopo aver rovistato <strong>nel</strong>la borsa tirai fuori il 250 mm su cui montai il duplicatore 1,4x, un accessorio che in realtà usavo molto raramente. Ora l’ottica era diventata un 350 mm e finalmente i fianchi della montagna mi apparivano come una specie di tessuto impalpabile, una forma astratta avulsa dal suo reale contesto. Il fatto che fotografassi di fronte, e non dal basso, aumentava la sensazione d’estraneità dal mondo montano. La realtà, ridotta dall’angolo di campo estremamente limitato del forte teleobiettivo, si rivelava una fonte inesauribile di soggetti incorporei. L’aria tersa e pura, unita alla proverbiale capacità dei vetri Zeiss di ‘bucare’ l’atmosfera, fece sì che la presenza del duplicatore fosse totalmente annullata. La scatti <strong>nel</strong> tempo __________________________________________________________________ 27