a cura di Gisella Modica - Mezzocielo

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29.12.2012 Views

cinema Impegno civile, con un insistito sguardo all’ideologia intesa come passione e scelta di vita per costruire una società diversa, così si potrebbe sintetizzare il cinema dei Fratelli Taviani. Sceneggiatori dei loro film, evocano storie del passato per parlare del presente. Di Paolo, San Miniato 8/11/1931, ma soprattutto del più conviviale Vittorio, San Miniato 20/9/1929, ho un ricordo personale nella loro bella casa di Salina, sdraiata tra mare e uno splendido giardino. Un breve scambio di opinioni, grande ospitalità, una serata molto speciale che conservo come un ricordo prezioso. Il loro è un lungo percorso cinematografico che si impone con forza con Un uomo da bruciare, protagonista Gian Maria Volontè. Una riscrittura della storia di Salvatore Carnevale visto, non come l’eroe cantato in una famosa ballata popolare, né come il sindacalista realmente vissuto in Sicilia, ma come un uomo problematico, contraddittorio di grande fragilità interiore, incapace di reagire razionalmente alle passioni. Si evidenzia subito quello che diventerà il motivo ricorrente dei film dei Fratelli Taviani e cioè il conflitto tra passato e presente, anticipando ahimè! il futuro, senza tuttavia dare risposte. Salvatore Carnevale non cadrà vittima della mafia o per lo meno non solo. Tutto un tessuto sociale di connivenze, di laceranti divisioni interne alla sinistra e una perenne incomunicabilità tra le sue varie anime, concorreranno ad una incapacità di imboccare nuove strade per fronteggiare un nemico comune. Uscito nel 1962, farà incetta di premi, imponendosi all’attenzione di pubblico e critica. Un primo passo importante della loro lunga carriera cinematografica, a cui seguirà Sotto il segno dello scorpione, nel 1968. Un apologo che tenta di analizzare il contrasto tra utopia e realtà nella lotta politica. Così come Allosanfan del 1974, dove tradimento-fedeltà convivono nella figura di Fulvio Imbriani, un aristocratico seguace di Napoleone. Dopo un lungo periodo di detenzione nelle carceri austriache, viene liberato e coinvolto, suo malgrado, nella spedizione dei Mille. Alla fine, insieme ai suoi velleitari compagni, verrà massacrato e dai soldati e dai contadini, e quello che ne viene Canto di carcerato Un cinema tra realtà e ricordi personali che costringe a riflettere Suona la mezzanotte all’aria scura / E in silenzio dormono gli uccelli / Suona la mezza- fuori è un personaggio viscontiano, negativo e notte anti eroico. in quella Una cella fine / E inevitabile, mi svegliava che il segna suono gli di ultimi una campana sussulti / di E un Dio gruppo del cielo cospirativo abbia pietà e settario. di me / Ancora Son chiuso una in volta questa riscontriamo cella / E la faccio dicotomia preghiera rivoluzione-restaurazione; a te. // All’alto di una torre fedeltà- fui intradimento;sirratu / Dentru passato-futuro; una cella fredda ideale-reale. e scura Le fui stesse purtatu tematiche / All’alto che di una troveremo torre fui in insirratu San Mi- / chele A n’angolo aveva un di gallo murro del fui 1972, legato tratto / E dal Dio rac- del conto cielo abbia di Lev pietà Tolstoj di me “Il / divino Son chiuso e l’umano” in questa e ancora cella / l’eterno E faccio conflitto preghiera tra a due te. // modi Un di giorno intendere all’improvviso la rivoluzione. fui chiamatu Tutto / si E incentra dinnanzi sual una Direttore unica fui figura, portato quella / E di mi un fissa anarchico negli occhi in- e ternazionalista, mi domanda / che Giovane condannato bello – a qual morte è la per vo- un stra tentativo condanna fallito / Che di insurrezione, innocentemente si inventa fu / E mille modi per non morire dentro, per non perdere la speranza, e allora, in una cella di due metri per due, fa ginnastica, inscena solitari comizi, si infonde coraggio cantando il ritornello di una vecchia canzone popolare : “San Michele aveva un gallo, bianco rosso 28 mezzocielo aprile-maggio 2012 cinema Giusi Catalfamo fu con gura l Lo sa N V / l c t n / f c f to pat paroli st’odi l’ha v / E fa Amm Amm fettu d prega / U ge nessu

dannatu in vita / A lui risposi / Sciaa mia vita / Le pene che ho sofferto io / la cella mia. verde e giallo, e per addomesticarlo gli dava latte e miele”. Ma tutte le sue speranze e aspirazioni falliscono, quando, mentre sta per es- inna Nanna sere tradotto malandrineddru in un altro carcere, perché la pena è stata poi commutata in ergastolo, toc- ardati stu cherà figghiu con meu mano quant’esti che esiste beddu un’altra realtà, Comu somigghia nuove e diverse a lu so strategie papà / Teni politiche da elabo- ’occhiuzzi rare, i malandrineddu nuovi strumenti / Cori di i lotta, stu incompatibili ori beddhu con da mammà le sue idee, // Stammi ormai obsolete. a sen- È troppo per iri figghiuzzu lui, scoprire caru / l’abisso Chi orfaneddu che separa l’anarchico ascisti già dal / U marxista, patri toi ti meglio l’ammazzaru allora lasciarsi morire. Cu tradimentu La notte e ’nfamità di San Lorenzo // E tu t’ha del 1982, evoca in ari randi, forma prestu favolistica ha crisciri una / Sferri strage enazista nella cat- uteddhi sempri tedrale ha di maniari San Miniato, / L’onuri in Toscana, da alla vigilia amigghia ha della manteniri Liberazione. / Figghiuzzu Ma c’è chi a si salva e, dopo ri l’ha vendicari un cruento // Dammi scontro pirdunu con i sti i fascisti italiani, / Ma no mi andrà pozzu incontro rassegnari agli / Cacciami alleati vittoriosi. Ancora u chi tegnu una ’nto volta cori / passato-futuro, Figghiu a to’ patri rivoluzione-restau- endicari // razione, E fai la ideale-reale ninna e fai la coesistono. nanna Ma sarà con i la ninna Padre e fai la padrone, nanna. del 1977, che conquisteranno la Palma d’Oro a Cannes. Anche qui assistiamo alla lotta di un pastorello sardo contro azzaru lu il padre generali e le feroci Dalla regole Chiesa del proprio universo patriarcale, che lo vogliono ignorante e suc- azzaru lu generali cube. Soltanto / ammazzaru quando lu farà preil militare, il proi Palermu. tagonista / Non eppi potrà tempu mancu riscattarsi, ppì scegliere di ri, / chi lu studiare, mandaru drittu laurearsi o Padreternu. e seguire i propri ideali. nerali Dalla Kaos, Chiesa del indagava 1984, tratto / su cosi da chi “Novelle per un no rinesciva anno” / ma di iddu Luigi ccu Pirandello, curaggiu af-è un suggestivo film a episodi con momenti di rara poesia; mentre Le affinità elettive del 1966, è una rivisitazione dell’omonimo romanzo di Goethe. Forse, almeno per me, ne La Masseria delle allodole, che narra le vicende di una famiglia ar- 29 mezzocielo aprile-maggio 2012 cinema mena dell’Anatolia all’epoca del genocidio del 1915, e in Good Morning Babilonia, pur ritrovando la solita ricerca nelle trame della storia passata e recente, malgrado alcune sequenze poetiche che ne esaltano l’indiscussa bravura, mi sembra che abbiano voluto strizzare l’occhio ad una maggiore popolarità, proprio per i troppi ingredienti, e una insistita ricerca di spettacolarità, insoliti nella loro filmografia, caratterizzata da rigore e assenza di retorica. Sembrava, dopo alcune buone esperienze televisive, che il Leone d’Oro alla carriera conferito a Venezia nel 1986, fosse il giusto epilogo di un lungo percorso prestigioso, ma quest’anno a Berlino hanno conquistato un meritatissimo Orso d’Oro con Cesare deve morire, dimostrando di volersi mettere in discussione, e di avere ancora tanto da dire. Imponendosi ad una platea internazionale, con un film realizzato con e sui detenuti di Rebibbia, segnati da “fine pena mai” e impegnati nella drammatizzazione del Giulio Cesare di Shakespeare, i due straordinari fratelli hanno prodotto una complessa docu-fiction, seguendo i laboratori realizzati all’interno del carcere, scavando dentro le contraddizioni dei protagonisti, portandone alla luce il riscatto interiore. L’intensità dell’interpretazione, una profonda commozione, dopo aver visto il film, portano a pensare e adesso devono tornare in carcere, quasi ne fossero usciti, e a dire con loro “se avessero conosciuto tanta bellezza, oggi non sarebbero reclusi a vita”. Immagine tratta dal bel film, laico e pacifista, “E ora dove andiamo?” della regista Nadine Labaki

dannatu in vita / A lui risposi / Sciaa<br />

mia vita / Le pene che ho sofferto io /<br />

la cella mia. verde e giallo, e per addomesticarlo gli dava<br />

latte e miele”. Ma tutte le sue speranze e aspirazioni<br />

falliscono, quando, mentre sta per es-<br />

inna Nanna sere tradotto malandrineddru<br />

in un altro carcere, perché la<br />

pena è stata poi commutata in ergastolo, toc-<br />

ardati stu cherà figghiu con meu mano quant’esti che esiste beddu un’altra realtà,<br />

Comu somigghia nuove e <strong>di</strong>verse a lu so strategie papà / Teni politiche da elabo-<br />

’occhiuzzi rare, i malandrineddu nuovi strumenti / Cori <strong>di</strong> i lotta, stu incompatibili<br />

ori beddhu con da mammà le sue idee, // Stammi ormai obsolete. a sen- È troppo per<br />

iri figghiuzzu lui, scoprire caru / l’abisso Chi orfaneddu che separa l’anarchico<br />

ascisti già dal / U marxista, patri toi ti meglio l’ammazzaru allora lasciarsi morire.<br />

Cu tra<strong>di</strong>mentu La notte e ’nfamità <strong>di</strong> San Lorenzo // E tu t’ha del 1982, evoca in<br />

ari ran<strong>di</strong>, forma prestu favolistica ha crisciri una / Sferri strage enazista<br />

nella cat-<br />

uteddhi sempri tedrale ha <strong>di</strong> maniari San Miniato, / L’onuri in Toscana, da alla vigilia<br />

amigghia ha della manteniri Liberazione. / Figghiuzzu Ma c’è chi a si salva e, dopo<br />

ri l’ha ven<strong>di</strong>cari un cruento // Dammi scontro pirdunu con i sti i fascisti italiani,<br />

/ Ma no mi andrà pozzu incontro rassegnari agli / Cacciami alleati vittoriosi. Ancora<br />

u chi tegnu una ’nto volta cori / passato-futuro, Figghiu a to’ patri rivoluzione-restau-<br />

en<strong>di</strong>cari // razione, E fai la ideale-reale ninna e fai la coesistono. nanna Ma sarà con<br />

i la ninna Padre e fai la padrone, nanna. del 1977, che conquisteranno<br />

la Palma d’Oro a Cannes. Anche qui assistiamo<br />

alla lotta <strong>di</strong> un pastorello sardo contro<br />

azzaru lu il padre generali e le feroci Dalla regole Chiesa del proprio universo<br />

patriarcale, che lo vogliono ignorante e suc-<br />

azzaru lu generali cube. Soltanto / ammazzaru quando lu farà preil<br />

militare, il proi<br />

Palermu. tagonista / Non eppi potrà tempu mancu riscattarsi, ppì scegliere <strong>di</strong><br />

ri, / chi lu stu<strong>di</strong>are, mandaru drittu laurearsi o Padreternu. e seguire i propri ideali.<br />

nerali Dalla Kaos, Chiesa del indagava 1984, tratto / su cosi da chi “Novelle per un<br />

no rinesciva anno” / ma <strong>di</strong> iddu Luigi ccu Pirandello, <strong>cura</strong>ggiu af-è<br />

un suggestivo<br />

film a episo<strong>di</strong> con momenti <strong>di</strong> rara poesia;<br />

mentre Le affinità elettive del 1966, è una rivisitazione<br />

dell’omonimo romanzo <strong>di</strong> Goethe.<br />

Forse, almeno per me, ne La Masseria delle allodole,<br />

che narra le vicende <strong>di</strong> una famiglia ar-<br />

29 mezzocielo aprile-maggio 2012<br />

cinema<br />

mena dell’Anatolia all’epoca del genoci<strong>di</strong>o del<br />

1915, e in Good Morning Babilonia, pur ritrovando<br />

la solita ricerca nelle trame della storia<br />

passata e recente, malgrado alcune sequenze<br />

poetiche che ne esaltano l’in<strong>di</strong>scussa bravura,<br />

mi sembra che abbiano voluto strizzare l’occhio<br />

ad una maggiore popolarità, proprio per<br />

i troppi ingre<strong>di</strong>enti, e una insistita ricerca <strong>di</strong><br />

spettacolarità, insoliti nella loro filmografia,<br />

caratterizzata da rigore e assenza <strong>di</strong> retorica.<br />

Sembrava, dopo alcune buone esperienze televisive,<br />

che il Leone d’Oro alla carriera conferito<br />

a Venezia nel 1986, fosse il giusto<br />

epilogo <strong>di</strong> un lungo percorso prestigioso, ma<br />

quest’anno a Berlino hanno conquistato un<br />

meritatissimo Orso d’Oro con Cesare deve<br />

morire, <strong>di</strong>mostrando <strong>di</strong> volersi mettere in <strong>di</strong>scussione,<br />

e <strong>di</strong> avere ancora tanto da <strong>di</strong>re. Imponendosi<br />

ad una platea internazionale, con<br />

un film realizzato con e sui detenuti <strong>di</strong> Rebibbia,<br />

segnati da “fine pena mai” e impegnati<br />

nella drammatizzazione del Giulio Cesare <strong>di</strong><br />

Shakespeare, i due straor<strong>di</strong>nari fratelli hanno<br />

prodotto una complessa docu-fiction, seguendo<br />

i laboratori realizzati all’interno del<br />

carcere, scavando dentro le contrad<strong>di</strong>zioni<br />

dei protagonisti, portandone alla luce il riscatto<br />

interiore. L’intensità dell’interpretazione,<br />

una profonda commozione, dopo<br />

aver visto il film, portano a pensare e adesso<br />

devono tornare in carcere, quasi ne fossero<br />

usciti, e a <strong>di</strong>re con loro “se avessero conosciuto<br />

tanta bellezza, oggi non sarebbero reclusi<br />

a vita”.<br />

Immagine tratta dal bel film, laico e pacifista, “E ora dove an<strong>di</strong>amo?” della regista Na<strong>di</strong>ne Labaki

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