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legal privilege - Studi sull'integrazione europea

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248<br />

Sergio M. Carbone<br />

di detenzione “la Corte di giustizia dell’Unione Europea statuisce il più rapidamente<br />

possibile”. Disposizione quest’ultima che assume una particolare valenza<br />

anche alla luce delle recenti modifiche apportate al protocollo dello Statuto della<br />

Corte di giustizia oltreché alle conseguenti disposizioni del Regolamento di procedura<br />

della Corte di giustizia adottate in occasione della decisione del Consiglio<br />

del 20 dicembre 2007. Essa, infatti, è proprio rivolta a consentire di instaurare<br />

all’interno dell’art. 234 TCE un “procedimento accelerato” ed un “procedimento<br />

d’urgenza”, specificamente relativi ai casi ricompresi nell’ambito delle materie<br />

relative allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, che si caratterizzano per la<br />

rapidità sino al punto da consentire “l’omissione della fase scritta del procedimento”.<br />

Si dovrà, comunque, trattare di situazioni nelle quali sia “assolutamente<br />

necessario che la Corte si pronunci sul rinvio nel più breve tempo possibile” tra<br />

le quali, peraltro, devono essere sicuramente comprese il caso di “una persona<br />

detenuta o privata della libertà qualora la soluzione data alla questione sollevata<br />

sia determinante per valutare la situazione giuridica di tale persona” ovvero il<br />

caso di “una controversa relativa alla potestà dei genitori o alla custodia dei figli<br />

qualora la competenza del giudice adito in base al diritto comunitario dipenda<br />

dalla soluzione data alla questione pregiudiziale” (cfr. la nota informativa della<br />

Corte di giustizia n. 2008/C/64/1, GUUE, 8 marzo 2008).<br />

È ben vero che non manca in dottrina chi valorizza – quanto meno in via<br />

prevalente – la funzione oggettiva di “controllo” inerente al rimedio giurisdizionale<br />

disciplinato dall’art. 234 TCE, piuttosto che il suo ruolo di tutela di posizioni<br />

individuali. Ma è altrettanto vero che, sebbene tale ricorso “corrisponda ad<br />

interessi generali del sistema giuridico comunitario”, esso appare essenzialmente<br />

preordinato “ad assicurare la tutela delle persone fisiche e giuridiche” ed in particolare<br />

la tutela delle posizioni giuridiche che il singolo vanta in forza del diritto<br />

comunitario allorché esse sono contraddette o non adeguatamente valorizzate<br />

nell’ambito di un determinato ordinamento nazionale. Tale conclusione, tra l’altro,<br />

trova puntuale conforto nell’analoga finalità, già ricordata, sottesa al ricorso<br />

per annullamento disciplinato dal medesimo Trattato.<br />

Quanto ora affermato non significa certamente disconoscere la maggiore<br />

incisività del ricorso per annullamento ex art. 230 TCE ai fini del controllo della<br />

<strong>legal</strong>ità comunitaria a tutela dei diritti individuali. Tanto più che la presentazione<br />

di una domanda pregiudiziale a norma dell’art. 234 TCE non si configura mai<br />

come diritto incondizionato in capo ai singoli, risultando comunque l’attivazione<br />

di tale procedura subordinata a valutazioni discrezionali del giudice nazionale<br />

che, tra l’altro, anche quando decide di adire la Corte, non è mai vincolato ai<br />

quesiti proposti dai ricorrenti, che potranno essere sempre liberamente riformulati.<br />

Peraltro, anche con riferimento alle modalità di funzionamento dello strumento<br />

giurisdizionale in esame, ne è stata accolta un’interpretazione tendenzialmente<br />

evolutiva al fine di renderlo coerente con il principio di cui all’art. 47<br />

della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione, di recente incorporata anche nel<br />

Trattato di Lisbona.

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