legal privilege - Studi sull'integrazione europea
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Sergio M. Carbone<br />
di detenzione “la Corte di giustizia dell’Unione Europea statuisce il più rapidamente<br />
possibile”. Disposizione quest’ultima che assume una particolare valenza<br />
anche alla luce delle recenti modifiche apportate al protocollo dello Statuto della<br />
Corte di giustizia oltreché alle conseguenti disposizioni del Regolamento di procedura<br />
della Corte di giustizia adottate in occasione della decisione del Consiglio<br />
del 20 dicembre 2007. Essa, infatti, è proprio rivolta a consentire di instaurare<br />
all’interno dell’art. 234 TCE un “procedimento accelerato” ed un “procedimento<br />
d’urgenza”, specificamente relativi ai casi ricompresi nell’ambito delle materie<br />
relative allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, che si caratterizzano per la<br />
rapidità sino al punto da consentire “l’omissione della fase scritta del procedimento”.<br />
Si dovrà, comunque, trattare di situazioni nelle quali sia “assolutamente<br />
necessario che la Corte si pronunci sul rinvio nel più breve tempo possibile” tra<br />
le quali, peraltro, devono essere sicuramente comprese il caso di “una persona<br />
detenuta o privata della libertà qualora la soluzione data alla questione sollevata<br />
sia determinante per valutare la situazione giuridica di tale persona” ovvero il<br />
caso di “una controversa relativa alla potestà dei genitori o alla custodia dei figli<br />
qualora la competenza del giudice adito in base al diritto comunitario dipenda<br />
dalla soluzione data alla questione pregiudiziale” (cfr. la nota informativa della<br />
Corte di giustizia n. 2008/C/64/1, GUUE, 8 marzo 2008).<br />
È ben vero che non manca in dottrina chi valorizza – quanto meno in via<br />
prevalente – la funzione oggettiva di “controllo” inerente al rimedio giurisdizionale<br />
disciplinato dall’art. 234 TCE, piuttosto che il suo ruolo di tutela di posizioni<br />
individuali. Ma è altrettanto vero che, sebbene tale ricorso “corrisponda ad<br />
interessi generali del sistema giuridico comunitario”, esso appare essenzialmente<br />
preordinato “ad assicurare la tutela delle persone fisiche e giuridiche” ed in particolare<br />
la tutela delle posizioni giuridiche che il singolo vanta in forza del diritto<br />
comunitario allorché esse sono contraddette o non adeguatamente valorizzate<br />
nell’ambito di un determinato ordinamento nazionale. Tale conclusione, tra l’altro,<br />
trova puntuale conforto nell’analoga finalità, già ricordata, sottesa al ricorso<br />
per annullamento disciplinato dal medesimo Trattato.<br />
Quanto ora affermato non significa certamente disconoscere la maggiore<br />
incisività del ricorso per annullamento ex art. 230 TCE ai fini del controllo della<br />
<strong>legal</strong>ità comunitaria a tutela dei diritti individuali. Tanto più che la presentazione<br />
di una domanda pregiudiziale a norma dell’art. 234 TCE non si configura mai<br />
come diritto incondizionato in capo ai singoli, risultando comunque l’attivazione<br />
di tale procedura subordinata a valutazioni discrezionali del giudice nazionale<br />
che, tra l’altro, anche quando decide di adire la Corte, non è mai vincolato ai<br />
quesiti proposti dai ricorrenti, che potranno essere sempre liberamente riformulati.<br />
Peraltro, anche con riferimento alle modalità di funzionamento dello strumento<br />
giurisdizionale in esame, ne è stata accolta un’interpretazione tendenzialmente<br />
evolutiva al fine di renderlo coerente con il principio di cui all’art. 47<br />
della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione, di recente incorporata anche nel<br />
Trattato di Lisbona.