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legal privilege - Studi sull'integrazione europea

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240<br />

Sergio M. Carbone<br />

dinamento comunitario quale reale espressione di una vera e propria comunità<br />

pur dotata di caratteri particolari rispetto alle comunità statali, ma soprattutto a<br />

garantire ampia tutela alle situazioni individuali delle persone fisiche e giuridiche<br />

direttamente disciplinate dal diritto comunitario.<br />

È stata dunque la Corte di giustizia – in attuazione delle prerogative ad essa<br />

riconosciute – che ha dato compiuta consistenza all’ordinamento comunitario<br />

caratterizzandolo, in particolare, per (i) l’effetto diretto di norme che attribuiscono<br />

diritti a favore dei singoli e da essi azionabili – in virtù di precisi obblighi<br />

imposti agli Stati membri o alle istituzioni comunitarie – e (ii) la sua primauté<br />

nei confronti degli ordinamenti nazionali rilevante, soprattutto, qualora questi<br />

ultimi non siano adeguati o addirittura contraddittori rispetto ad una effettiva<br />

tutela dei diritti individuali innanzi indicati.<br />

I singoli hanno, pertanto, progressivamente acquisito una posizione centrale<br />

nell’ambito del sistema comunitario, la cui effettività è stata garantita e completata<br />

da sempre più precise indicazioni in merito all’impiego da parte dei privati<br />

degli specifici meccanismi di tutela giurisdizionale previsti a loro favore.<br />

Gli interessi e le esigenze degli individui diventano, così, una componente<br />

essenziale della costruzione dell’ordinamento comunitario, in grado di garantire<br />

ed ottenere, seppur entro i limiti di cui in appresso, “un efficace controllo del<br />

rispetto delle norme comunitarie, sia da parte degli Stati membri” sia da parte<br />

degli organismi comunitari, attraverso la tutela giurisdizionale di cui possono<br />

giovarsi in caso di violazione – da parte degli Stati ovvero delle istituzioni comunitarie,<br />

negli ambiti delle rispettive competenze – delle situazioni giuridiche<br />

soggettive riconosciute in loro favore da tali disposizioni.<br />

Eppure nell’ampia definizione, desumibile dall’art. 220 TCE, dei compiti<br />

affidati al giudice comunitario, non fa riscontro un’azione di carattere generale<br />

di contenuto corrispondente a tutela dei diritti dei singoli pregiudicati da atti<br />

(normativi ed amministrativi) adottati dagli organi comunitari e tanto meno a<br />

tutela dei singoli pregiudicati da atti statali contrari al diritto comunitario.<br />

Soltanto l’analisi delle disposizioni del Trattato successive a quella ora richiamata<br />

consente, dunque, di individuare quali siano i differenti strumenti, in esso<br />

previsti, volti a garantire a favore dei singoli al tempo stesso (i) uniformità e<br />

certezza nell’interpretazione ed applicazione del diritto comunitario anche nei<br />

confronti di atti statali che ad esso non si conformino e (ii) controllo della <strong>legal</strong>ità<br />

degli atti delle istituzioni comunitarie. Si tratta, come è noto, soprattutto<br />

degli strumenti indicati agli articoli 230 e 234 TCE, oltre a quanto previsto, con<br />

modalità meno efficaci, dagli articoli 241, 235 e 288 TCE.<br />

Anzitutto, l’art. 230 TCE. Esso riconosce, infatti, legittimazione a proporre<br />

il ricorso contro gli atti comunitari ritenuti illegittimi non solo alle istituzioni<br />

comunitarie ed agli Stati membri, ma anche a soggetti privati, persone fisiche o<br />

giuridiche. Peraltro, in quest’ultimo caso, l’esperibilità del ricorso risulta condizionata<br />

da particolari requisiti la cui eccessiva rigidità è stata posta da tempo in<br />

rilievo dalla dottrina e dalla Corte di giustizia che ne ha, pertanto, progressivamente<br />

attenuato gli effetti. Ne è risultato che esso è sempre esperibile contro<br />

decisioni individuali che provocano una lesione attuale e diretta di una situa-

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