legal privilege - Studi sull'integrazione europea
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Sergio M. Carbone<br />
dinamento comunitario quale reale espressione di una vera e propria comunità<br />
pur dotata di caratteri particolari rispetto alle comunità statali, ma soprattutto a<br />
garantire ampia tutela alle situazioni individuali delle persone fisiche e giuridiche<br />
direttamente disciplinate dal diritto comunitario.<br />
È stata dunque la Corte di giustizia – in attuazione delle prerogative ad essa<br />
riconosciute – che ha dato compiuta consistenza all’ordinamento comunitario<br />
caratterizzandolo, in particolare, per (i) l’effetto diretto di norme che attribuiscono<br />
diritti a favore dei singoli e da essi azionabili – in virtù di precisi obblighi<br />
imposti agli Stati membri o alle istituzioni comunitarie – e (ii) la sua primauté<br />
nei confronti degli ordinamenti nazionali rilevante, soprattutto, qualora questi<br />
ultimi non siano adeguati o addirittura contraddittori rispetto ad una effettiva<br />
tutela dei diritti individuali innanzi indicati.<br />
I singoli hanno, pertanto, progressivamente acquisito una posizione centrale<br />
nell’ambito del sistema comunitario, la cui effettività è stata garantita e completata<br />
da sempre più precise indicazioni in merito all’impiego da parte dei privati<br />
degli specifici meccanismi di tutela giurisdizionale previsti a loro favore.<br />
Gli interessi e le esigenze degli individui diventano, così, una componente<br />
essenziale della costruzione dell’ordinamento comunitario, in grado di garantire<br />
ed ottenere, seppur entro i limiti di cui in appresso, “un efficace controllo del<br />
rispetto delle norme comunitarie, sia da parte degli Stati membri” sia da parte<br />
degli organismi comunitari, attraverso la tutela giurisdizionale di cui possono<br />
giovarsi in caso di violazione – da parte degli Stati ovvero delle istituzioni comunitarie,<br />
negli ambiti delle rispettive competenze – delle situazioni giuridiche<br />
soggettive riconosciute in loro favore da tali disposizioni.<br />
Eppure nell’ampia definizione, desumibile dall’art. 220 TCE, dei compiti<br />
affidati al giudice comunitario, non fa riscontro un’azione di carattere generale<br />
di contenuto corrispondente a tutela dei diritti dei singoli pregiudicati da atti<br />
(normativi ed amministrativi) adottati dagli organi comunitari e tanto meno a<br />
tutela dei singoli pregiudicati da atti statali contrari al diritto comunitario.<br />
Soltanto l’analisi delle disposizioni del Trattato successive a quella ora richiamata<br />
consente, dunque, di individuare quali siano i differenti strumenti, in esso<br />
previsti, volti a garantire a favore dei singoli al tempo stesso (i) uniformità e<br />
certezza nell’interpretazione ed applicazione del diritto comunitario anche nei<br />
confronti di atti statali che ad esso non si conformino e (ii) controllo della <strong>legal</strong>ità<br />
degli atti delle istituzioni comunitarie. Si tratta, come è noto, soprattutto<br />
degli strumenti indicati agli articoli 230 e 234 TCE, oltre a quanto previsto, con<br />
modalità meno efficaci, dagli articoli 241, 235 e 288 TCE.<br />
Anzitutto, l’art. 230 TCE. Esso riconosce, infatti, legittimazione a proporre<br />
il ricorso contro gli atti comunitari ritenuti illegittimi non solo alle istituzioni<br />
comunitarie ed agli Stati membri, ma anche a soggetti privati, persone fisiche o<br />
giuridiche. Peraltro, in quest’ultimo caso, l’esperibilità del ricorso risulta condizionata<br />
da particolari requisiti la cui eccessiva rigidità è stata posta da tempo in<br />
rilievo dalla dottrina e dalla Corte di giustizia che ne ha, pertanto, progressivamente<br />
attenuato gli effetti. Ne è risultato che esso è sempre esperibile contro<br />
decisioni individuali che provocano una lesione attuale e diretta di una situa-