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Tre 250 GT California a passo corto, tutte del 1960, anno in cui fu presentata al Salone di Ginevra. Dall’alto, un suggestivo esemplare bianco; un modello con hard-top di colore contrastante; un’immagine che mette in risalto la compattezza e la grinta acquisita dalla California con l’accorciamento del passo Carlo Chiti, in seguito Mauro Forghieri. Il motore è il 12 cilindri a V di 60° (2953,211 cc) progettato da Gioachino Colombo, indistruttibile al punto che Colombo sfidava i piloti: “Tirategli pure il collo – diceva – tanto non riuscite a romperlo”. La California entrò in produzione nel 1958 e vi rimase fino al 1963 ma in questo arco di tempo gli esemplari usciti da Maranello furono rari come capolavori. Ne furono costruiti poco più di cento, dei quali 46 “passo lungo” e 57 “passo corto”. La spider di Maranello, pur non essendo nata per la pista, ebbe un discreto successo al suo debutto agonistico. A Sebring nel 1959, Richie Ginther e Howard Hively ottennero il nono posto assoluto (dietro 4 Ferrari Testarossa e 4 Porsche RSK) e il primo nella categoria Granturismo, battendo una Porsche RSK, una Porsche Carrera, due Lister-Jaguar e altre sei Ferrari. Al volante della California, Bob Grossman e Fernand Tavano conquistarono il quinto posto assoluto alla “24 Ore” di Le Mans mentre un altro piazzamento onorevole fu ottenuto da Giorgio Scarlatti e Fabrizio Serena nella “12 Ore” di Sebring del 1960 (ottavi assoluti e primi nella Categoria Gran Turismo). Ma la vera vocazione della California era quella di essere “auto-symbol” di una generazione di gaudenti, di raffinati, di animatori delle notti di mezza Europa. Brigitte Bardot con il marito, il regista Roger Vadim, ne comprarono addirittura due (una passo lungo e una passo corto). Un’altra famosa francese, Francoise Sagan, definita da Enzo Ferrari “scrittrice dai polsi esili, ma spericolata al volante”, aveva fatto della California la sua dida da scrivere California 23
1957 vettura preferita. Julio Batista, nipote del dittatore cubano e play boy di facili conquiste, si fece il viaggio in Constellation dalla Florida all’Italia per ritirare il suo esemplare personalizzato. Vittorio Emanuele di Savoia approdò alla California dopo gli scarsi successi scolastici in un esclusivo college svizzero, mentre un eclettico aristocratico, il conte Giovanni Volpi di Misurata, inserì più di una California nella sua scuderia corse privata, la Serenissima. Anche l’ingegner Innocenti, famoso costruttore di automobili e motociclette a Milano, da anni cliente della casa di Maranello, dopo aver acquistato la California, nella sua smania di perfezione, provvide a far ricostruire maniglie, paraurti e altri accessori della vettura in un più duraturo acciaio inossidabile. James Coburn, uno dei più noti “duri” del cinema americano, usava la sua California per le strade di Hollywood. La spider ebbe una sua 24 California modesta evoluzione nel tempo, dai motori che passarono dagli iniziali 240 cavalli ai 280 delle ultime versioni, ai particolari fanalini di coda, agli interni che i clienti in cerca di originalità volevano adattati a proprie esigenze estetiche. Così, ad esempio, sulle California in versione standard la strumentazione è disposta con gli orologi allineati orizzontalmente lungo il cruscotto mentre altri modelli hanno magari gli indicatori raggruppati intorno a tachimetro e contagiri. Piccolezze che distinguevano, tuttavia, i “bon vivant”. Erano gli anni della pazza voglia di divertirsi, delle prime trasgressioni notturne,
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