Powertrain 2024-3

MARZO
2024
N° 3
EURO 5,00
movimento
ELETTRICO
VADO E TORNO EDIZIONI
www.vadoetorno.com
ISSN 0042 - Poste Italiane s.p.a. - Sped. in a. p.
D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46)
art. 1, comma 1, LO/MI
• ALL’INTERMAT IL
MOVIMENTO TERRA
HA DECISO DI
ATTACCARE LA SPINA
• ANCHE I SOLLEVATORI
TELESCOPICI AGRICOLI
SPOSANO LA CAUSA
DELLE BATTERIE
• SOTTO IL SEGNO
DELL’ENDOTERMICO
L’XC13 DI FPT, I 5 LITRI
INDUSTRIALI E ALTRO

Marzo 2024
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10
AND THE
WINNER IS...
16
26 34
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IL SONDAGGIO
DEL MESE
Il Dpe di Rimini è affiancato da
International Electricity Expo.
La mossa giusta per accreditarsi
come espressione della filiera?
Rispondi su
powertrainweb.it
Il sondaggio non ha valore statistico. Le rilevazioni
non sono basate su un campione scientifico
LE RISPOSTE DI
GENNAIO-FEBBRAIO
Secondo Tavares per mantenere
in piedi il plesso Stellantis
di Atessa occorre ridurre
il gap dei costi energetici
e dei deficit infrastrutturali.
Una strada praticabile?
36%
sì
64%
no
AUTOMOTIVE
8. Xiaomi:
Sfida Tesla con batterie Catl
10. Fpt Industrial:
Abbà ci racconta l’XC13
12. Confronto 13 litri stradali:
Sul podio Cummins, Fpt e Scania
14. Scania OC13:
Il 13 litri a biometano
STAZIONARI
15. Ets:
Foto di gruppo
CONFRONTI
16. 5 litri off-road:
Si inserisce il Core50 di Agco
EVENTI
20. Intermat Press Days:
Innovazione ed elettrificazione
24. Dpe Rimini:
La filiera risponde presente
ELETTRIFICAZIONE
26. Sollevatori telescopici:
Li abbiamo passati in rassegna
AZIENDE
32. Saim:
Industriale e marino
34. Bimotor:
Piedi per terra, fatturato alle stelle
LA VIE EN ROSE
38. Marianna Benetti:
E la regola dei “tre metalli”
RUBRICHE
4. Editoriale 6. Hi-Tech
42. VeT 50. Oem&motori
SOMMARIO
3

EDITORIALE
USCIMMO A RIVEDER STELLANTIS
C
arlos Antunes Tavares, classe
1958, fin da bambino, nella
natia Lisbona, si immaginava il
mondo a bordo di un’automobile.
A 14 anni era commissario di corsa al
circuito dell’Estoril, a 41 Chief operating
officer di Renault. Il 23 gennaio 2024,
ad Atessa, nei panni di amministratore
delegato di Stellantis, si esprime a chiare
lettere davanti alla stampa. Non ci siamo,
verrebbe da dire: qua, o si fa l’Italia, o
si muore. Come? Tavares ha sfogliato
il cahier des doléances. Insomma,
ha girato il dito nella piaga. In prima
battuta, dice il manager portoghese,
laureato in ingegneria a l’École Central
di Parigi, serve tanta energia a costi
accessibili. Secondo le previsioni di
Nomisma Energia, il prezzo del gas
naturale dovrebbe salire a 50-60 euro per
megawattora nel 2024, mentre quello
dell’elettricità dovrebbe attestarsi a 90-95
euro per megawattora. Quindi male, se non
proprio malissimo. Conditio sine qua non
per valorizzare il sito di Atessa, inoltre,
è ridurre il gap infrastrutturale. Servono
porti e ferrovie. Atessa si trova nella bassa
valle del Sangro, attraversata dalla ferrovia
sangritana. È baricentrica tra i porti di
Punta Penna, a Vasto, e l’infrastruttura
portuale sulla foce del fiume Pescara, nel
capoluogo regionale. Tempi tecnici per
potenziare binari, scalo, dock? Attenzione,
enfatizza Tavares. L’auto elettrica,
piovuta come grandine sull’industria per
superiore volontà del legislatore europeo,
Italia inclusa, comporta un aggravio del
40% rispetto agli oneri fisiologici di
un’automobile con motore a combustione
interna. Urge poi considerare quel 30%
malandrino di cui beneficiano i costruttori
cinesi. Quindi, per restringere il fuoco
all’essenziale, occorrono incentivi alla
produzione, non alla rottamazione, di cui
giovano principalmente i consumatori.
Bisogna oliare l’ingranaggio, per
consentirgli di funzionare secondo le più
virtuose aspettative. Secondo il Corriere
della Sera, nel 2022 Stellantis ha investito
nell’impianto di Kenitra, in Marocco,
altri 300 milioni di euro.
Lo spauracchio è quello: o ci date ferrovie,
porti, costi accessibili dell’energia,
incentivi, oppure l’altra sponda del
Mediterraneo non è poi così lontana.
Nel frattempo, Stellantis ha prolungato
la cassa integrazione fino al 30 marzo per
i 2.260 lavoratori di Mirafiori.
Powertrain
1
Leader in
EFFICIENCY
Scania DC13 is the Diesel of the Year 2023 - An overview
on power generation - CONEXPO-CON/AGG: an impressive
amount of news - Comparisons: 7.5L - Batteries: Segula
The gentle
EVOLUTION
1
1
INTERNATIONAL
Powertrain
In UK, where JCB tested hydrogen machines - AGCO Core 75 -
H2 means
e-way: the tractors scenario and Eleo’s battery plant opening -
H2: NGV, Liebherr, Prinoth&FPT - Comparisons: 11 liter engines
LIFE
Hydrogen takes the spotlight at Agritechnica: AGCO,
Cummins, Deutz, FPT, JCB, Kohler, Kubota, MAN -
Battery Experts Forum - The e-truck start-up crunch
1
INTERNATIONAL
INTERNATIONAL
Powertrain
Echoes from
TAIWAN
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Press Register n. 4596 – April 20th 1994
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May 2023
Powertra
PowertraIN
Powertrain
Chronicles from Taipei, the city with an electric heart -
E-trucks: Iveco and Nikola take different paths & ACT
Expo - ConExpo: Danfoss, Deere, Kubota, Parker, Volvo
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Perkins 2606J leads the ICE’s redemption - Cummins
European Master Rebuild Centre - Cannes&Genoa Boat Shows
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4
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Generazione Distribuita
Dumarey Group e Horse
AMPIO
RESPIRO
È quello che Generazione
Distribuita, sotto la presidenza
di Marco Monsurrò, vuole
conferire alla filiera. Tanta carne
al fuoco, all’assemblea annuale,
tenutasi presso Lovato Electric.
L’appuntamento è al Dpe di
Rimini. Oltre a Monsurrò e al prof.
Fortis, sono intervenuti Andrea
Orlando, Direttore Generale di
Anima Confindustria, Romain
Mocaër, Segretario Generale
di EuropGen, Fulvio Rossi, già
Responsabile Sostenibilità di
Terna e Advisor di Avanzi
SIAMO A CAVALLO
Horse è una creatura paritetica di Renault e Geely.
Operativa dal 2023, ha trovato l’accordo col
Gruppo Dumarey per lo sviluppo di un quattro
cilindri da due litri, turbocompresso. In prospettiva,
combustibili alternativi e idrogeno
Horse compie un anno e lo
festeggia con un accordo
con Dumarey Group
per lo sviluppo congiunto dell’M920.
Si tratta di un quadricilindrico
sovralimentato con
canna da mezzo litro, abbinato
a un cambio manuale, per le
applicazioni Euro 7 a trazione
anteriore ed Euro VI a trazione
posteriore. Horse e Dumarey
potrebbero convergere nel
prossimo futuro sui cosiddetti
alternativi, compresi i motori a
combustione interna alimentati
a idrogeno. “Papà e mamma” di
Horse sono Renault e la cinese
Geely, la missione è la catena
cinematica ibrida per l’industria
automobilistica. Il quartier generale
si trova a Madrid. Pierpaolo
Antonioli, Chief technology
officer di Dumarey Group, ha
dichiarato: «Dobbiamo essere
pionieri di soluzioni innovative e
la collaborazione tra le aziende
è fondamentale per raggiungere
questo obiettivo, consentendo la
condivisione delle conoscenze,
la riduzione dei costi e l’accelerazione
dell’innovazione».
Da sinistra,
Pierpaolo Antonioli,
Cto di Dumarey
Group, e Patrice
Haettel, Ceo di
Horse.
HI-TECH
Ci troviamo nei paraggi di
Bergamo. Per la precisione,
a Gorle, al quartier generale
di Lovato Electric. Giovedì
1° febbraio, alle 10:15 circa,
Marco Monsurrò ha preso la
parola, nelle vesti di presidente
dell’associazione. Monsurrò,
Ceo di Coelmo, ricopre parallelamente
l’incarico di responsabile
di EuropGen. Nelle parole
di Monsurrò, la conferma della
centralità del Dpe, ribadita dalla
necessità di allargare gli orizzonti
della fiera all’intera filiera
delle infrastrutture elettriche.
Così è stato, con l’affiancamento
a Rimini di International Electricity
Expo, e così sarà anche
al Middle East Energy, a Dubai,
dal 16 al 18 aprile, con una collettiva
che fornisca agli associati
maggiore visibilità, con costi
minori. Del resto, il precipitato
sociale deriva dall’esigenza di
reinquadrare gli attori della filiera
all’interno di un nuovo paradigma.
L’elettricità è il vettore
energetico che asservirà gli asset
industriali, le infrastrutture civili
e l’erogazione dei servizi. Tutto
sembra convergere sull’implementazione
delle rinnovabili per
la generazione, che richiedono
però un equilibratore, in ragione
della loro discontinuità. Il gruppo
elettrogeno deve posizionarsi
come safety device e tecnologia
abilitante per la transizione energetica.
Emergono nuove abitudini
di consumo, nel comune denominatore
dell’energia elettrica, per
il riscaldamento domestico come
per l’alimentazione dei data centre.
Quel che occorre, comunque,
è densità energetica. Generazione
Distribuita si appresta a sviluppare
un position paper, che diventerà
il nucleo di un tavolo lavoro di
EuropGen. Il procedimento legislativo
europeo prevede consultazioni
pubbliche dopo la scrittura
di una legge. Si richiede alle associazioni
e ai gruppi coinvolti di
esprimersi in merito. EuropGen
ha otto tavoli di lavoro, tra cui
quello sullo Stage VI.
Marco Fortis, Ordinario di
Economia delle imprese all’Università
Cattolica di Milano,
vicepresidente e direttore della
Fondazione Edison, ha presentato
l’analisi “The Italian economy
in the G7 outlook”. La generazione
è uno di quegli esempi di
filiera di eccellenza del Made
in Italy. Per inquadrare questa
specifica curvatura economica
in un quadro congiunturale, nella
classifica per singoli prodotti
per la bilancia commerciale
(anno 2022), l’Italia è prima nel
mondo in 244 prodotti, seconda
in 390, terza in 360, quarta in
318 e quinta in 272 prodotti. Il
Piano Industria 2.0. ha stimolato
il pil dell’Italia, che registra una
media annua crescita dell’1,2%,
dietro agli Usa e davanti ai principali
paesi dell’Unione Europea,
al Canada e al Giappone. L’andamento
nel 2024 e 2025, secondo
le previsioni Ocse, non si scosterà
in misura sostanziale dal
trend attuale. L’Italia dovrebbe
confermarsi “piccolo locomotore”
per crescita rispetto ai livelli
pre-crisi, rispetto a Regno Unito,
Germania e Francia. Due variabili,
imminenti, faranno la differenza.
Una politica comune da
prossima Commissione e il Pnrr,
da giocarci nel miglior modo
possibile. L’Italia è il settimo
Paese manifatturiero al mondo.
Per sfatare un luogo comune,
l’Italia si trova al secondo posto,
dopo il Giappone, per flusso di
investimenti tecnici. L’industria
meccanica dispone di 22.769
robot per l’industria meccanica,
contro i circa 15.000 degli Usa.
Landi Renzo per l’idrogeno
Landi Renzo ha avviato lo
sviluppo di regolatori elettronici di
pressione per veicoli commerciali
medi e pesanti con motori a
combustione interna alimentati
a idrogeno. Questo progetto è in
collaborazione con Bosch. Con
questo progetto, inoltre, nel 2024
le due aziende hanno l’obiettivo di
produrre e commercializzare sistemi
di alimentazione per idrogeno
applicando regolatori di pressione
meccatronici di ultima generazione
che permettono di tagliare il
traguardo delle zero emissioni nei
veicoli commerciali. Inserito nel
Reinova è entrata sotto l’ombrello
della holding HB4, un conglomerato
da oltre 200 milioni di fatturato,
800 dipendenti e 16 stabilimenti.
Nello specifico, la famiglia Bruno ha
acquisito la maggioranza di Reinova.
«Grazie ai soci di ReiLab che hanno
investito inizialmente nella Società
e all’impegno di tutto il personale,
oggi Reinova è solida, affermata, e
pronta – dopo l’ingresso in un gruppo
come HB4 – alla sua espansione sul
mercato internazionale», ha affermato
il Ceo Giuseppe Corcione, che
detiene una quota di minoranza nella
cuore della linea di alimentazione
del combustibile, il regolatore di
pressione serve come elemento di
disaccoppiamento tra il sistema di
stoccaggio e il sistema di introduzione
del carburante nella camera di
combustione del motore. Il regolatore
di pressione EM-H garantisce una
gestione e una calibrazione ottimale
della pressione dell’idrogeno a
seconda dei requisiti del veicolo
accompagnati con un elevato livello
di precisione e rendimento. L’EM-H
garantisce le proprie funzionalità
attraverso due stadi: uno stadio
meccanico che riduce la pressione
Reinova è parte del gruppo HB4
nuova società. «Questa evoluzione
non solo riflette la solida traiettoria
finanziaria dell’azienda, ma apre
anche la strada a nuove opportunità di
mercato». Dello stesso avviso Renato
Bruno, Ceo di HB4: «Siamo orgogliosi
di accogliere nella nostra holding
Reinova. Oggi l’azienda è pronta a
un’espansione sul mercato globale,
grazie all’impegno e la determinazione
del team e alla spinta che l’ingresso
in un gruppo come HB4 potrà darle».
L’espansione internazionale di
Reinova è già in corso, con l’apertura
di un ufficio di rappresentanza a Graz,
da alta a media e un secondo stadio
interamente elettronico che riduce
la pressione da un livello medio a
quello effettivamente richiesto
dal sistema di iniezione del
motore. Il sistema dispone
di opportune valvole che
garantiscono la protezione sia
del regolatore di pressione sia
della linea di alimentazione del
combustibile. Il regolatore EM-H
è in grado di garantire la pressione
ideale per gli iniettori a qualsiasi
velocità e carico, allo stesso tempo
ottimizzando la combustione per
sistemi di iniezione ad alta pressione.
in Austria, e la pianificazione di presidi
commerciali e tecnici negli Emirati
Arabi Uniti, punto di connessione
con il mercato asiatico, negli Stati
Uniti e in Inghilterra.
Il 2023 ha visto Reinova conseguire
un valore della produzione di circa
10,5 milioni di euro, con un Ebitda
positivo e una crescita strutturale.
«In un contesto economico sfidante,
poche aziende possono vantare
una crescita così esponenziale»,
sottolinea Corcione. Per il 2024,
l’obiettivo è di consolidare la crescita
oltre i 15 M€ di fatturato.
6
7

cina. Dagli scaffali di MediaWorld alla rete stradale
XIAOMI SALE IN AUTO
Una berlina ad alta tecnologia per sfidare Tesla. E non solo. Perché non sono le
scintillanti stelle del firmamento della Silicon Valley a gettare il guanto di sfida
alla creatura di Elon Musk. La minaccia, concretissima, proviene dalla Terra di
Mezzo, dove le competenze sono disponibili sul mercato. Infatti, nella SU7 di
Xiaomi, annunciata a un prezzo imbattibile, ci sono le batterie di Catl
La SU7 di
Xiaomi. Sotto, la
premiazione di Catl
alla Top 10 “China
ESG Model”.
AUTOMOTIVE
8
Inutile far finta di non capire.
Basta un’occhiata per
rendersi conto che la SU7
ha una rivale “naturale”: la
Tesla Model S Bev che con
600mila pezzi prodotti non è
certo il modello di maggior
successo di Elon Musk (Model
Y e Model 3 hanno superato
quota 3,4 milioni), ma è
indubbiamente la flagship car
del marchio texano. E ancora
più interessante è che, a gettare
il guanto di sfida, dopo
Porsche (Taycan), Audi (etron
GT) e Mercedes (EQS), sia il gigante cinese
dell’elettronica di consumo Xiaomi. La Apple cinese,
nata dal nulla nel 2010, che taglia il traguardo della
produzione – 200mila auto già nel 2024 – dopo avere
investito sul progetto una fiche da 10 miliardi di
euro. Annichilendo i tanti prototipi (e le molte chiacchiere)
accumulatesi in questi anni circa lo sbarco nel
mondo dell’automotive di giganti quali Apple stessa,
Google, Sony e Samsung. Allineandosi a Huawei,
già presente sul mercato cinese da più di un paio
d’anni.
Batterie Catl
Lunga qualche millimetro meno di 5 metri, larga
1,96 metri e con un passo di tre metri esatti, la
Xiaomi SU7 è disponibile in due versioni: base da
272 cavalli con la sola trazione posteriore oppure
bimotore con batteria Qilin Nmc della Catl da 101
kWh e trazione integrale per scaricare i suoi 578
cavalli. Una berlina con un coefficiente aerodinamico
straordinario (0,195, “il più basso tra i veicoli di
serie”, secondo il marchio cinese) e notevole spazio
per i bagagli, come documentano i 517 litri del vano
posteriore e ulteriori 105 litri nel frunk anteriore,
ideale per lungi viaggi non solo per l’elevata autonomia,
670 o 800 chilometri dichiarati a standard
cinese per le due versioni, ma soprattutto per tempi
di ricarica da record grazie alla scelta dello standard
a 875V: 550 chilometri di biberonaggio in 15 minuti
tondi e oltre 200 in soli 5 minuti di collegamento.
Un’auto supersonica
Date per scontate le prestazioni da record – lo zerocento
della versione top è dato a 2,78 secondi e la
velocità massima per il momento limitata a 265 km/h
– la sfida di Xiaomi non è solo nel prezzo ultra competitivo
(al momento top secret) ma nei contenuti
tecnologici al top di gamma. Più che l’orgia di schermi
al posto del cruscotto, a disposizione anche dei
passeggeri, a colpire è il debutto del sistema operativo
HyperOS con processore Qualcomm Snapdragon
8295. I dispositivi di assistenza alla guida Xiaomi
Pilot, gestiti da due chip Nvidia Orin-X, elaborano
i dati di lidar e radar a onde millimetriche, integrati
da 11 telecamere ad alta risoluzione e 12 radar a
ultrasuoni, base di un sistema guida autonoma che
entro fine anno dovrebbe avere semaforo verde in
oltre 100 città della Cina e prevede il controllo del
veicolo in autostrada, il parcheggio autonomo e il
richiamo dell’auto dallo stallo in garage.
nella transizione
energetica
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fpt industrial. XC13
AGNOSTICO DI
BUONA FEDE
L’XC13 è sicuramente agnostico, nella nomenclatura
ufficiosa di Fpt Industrial: si manifesta infatti con una
triplice omologazione, Euro 6D (ammiccando all’Euro
7), gas metano, pure bio, con un link all’idrogeno.
È però altrettanto sicuramente un monoblocco che
dimostra fede nel presente, oltre che nel futuro.
È stato “rivoltato come un calzino”, per ridurre i
consumi e rilanciare le quotazioni dell’endotermico
nelle applicazioni camionistiche a lungo raggio,
che non possono prescindere dal ciclo Diesel
automotive
L
’XC13 è espressione quintessenziale dell’anima
di Fpt Industrial: common rail e parametri
termodinamici ottimizzati per il ciclo diesel;
l’aggiornamento della declinazione a gas naturale,
antica competenza di Torino; una futuribile (ma
non troppo) versione a idrogeno. Uno sguardo che
declina verso la strada, per quanto riguarda questa
versione, che si inclina naturalmente alle applicazioni
mobili industriali. Del resto, e ce ne ha parlato
Andrea Abbà, è in fase di test sul campo con una
battipista, proprio nella declinazione a idrogeno.
Abbà, Product marketing manager di Fpt, ci ha
raccontato il dialogo con Iveco nel concepimento
dell’XC13 per il Model Year 2024.
Può raccontarci le richieste di Iveco, in altre parole,
la genesi dell’XC13?
«La stella polare è stata la riduzione dei consumi.
Per rispettare questo input, Il motore è stato
completamente rivoluzionato a partire dal monoblocco
dove, in termini di materiali, siamo passati
dal cast iron alla ghisa a grafite compatta (Cgi,
Compacted graphite iron). Il punto fermo è la cilindrata
unitaria, dal momento che corsa e alesaggio
sono invariati rispetto al Cursor 13 (AxC 135x150
mm, ndr). È stato introdotto un nuovo sistema di
azionamento valvole per massimizzare la potenza
frenante, che consente al veicolista di evitare
l’installazione del retarder in molte applicazioni.
Un accorgimento che per il cliente finale significa
conseguire un risparmio di tutto rispetto. Il progetto
ha permesso di sforbiciare oltre 100 chili. È vero
che stiamo parlando di un camion da 44 tonnellate,
ma questo significa un quintale di carico utile aggiuntivo
a disposizione del trasportatore. Abbiamo
ridimensionato l’albero motore e abbiamo ridotto
i diametri dei perni di biella e perni di manovella,
ed è stata inserita una turbina a controllo elettronico
con cuscinetti a sfera e doppio flusso. In questo
modo è stato ottimizzato il flusso dell’aria e, di
conseguenza, il consumo di combustibile. Abbiamo
modificato il common rail: la pressione è passata
da 2.200 a 2.500 bar. Si è intervenuti anche sulla
variazione della Pcp (Peak cylinder pressure, ndr),
portandola a 250 bar. Ci è stata richiesta una base
motore capace di funzionare con vari tipi di combustibili
(diesel, gas naturale, anche bio, e, in futuro,
idrogeno). Un altro input fondamentale riguarda
il consumo di combustibile, che impatta direttamente
sulle emissioni di CO 2
. Dobbiamo rispettare
gli obiettivi previsti nel 2025 per i costruttori di
camion. L’XC13 sarà uno dei principali contributori
della missione di Iveco Group. La riduzione
del consumo di gasolio ammonta al 7% rispetto al
Model Year 2022 e addirittura al 9% rispetto al MY
2019, che costituisce il parametro di riferimento
per il calcolo dell’impatto prefissato nel 2025. Il
bilancio della versione a gas naturale/biometano
contabilizza l’8% in meno rispetto al MY 2022 e
il 10% nel confronto con il MY 2019. Ci è stato
chiaramente richiesto di allinearci alla concorrenza
anche in termini prestazionali. In particolare,
siamo intervenuti per eliminare il gap di coppia ai
bassi regimi, al punto da poterci ora definire best in
class sia nel valore di coppia massima che in quello
downspeed, cioè a basso numero di giri».
Ci parlerebbe delle prestazioni, con una postilla
finale sulla pme?
«In termini di prestazioni abbiamo affiancato i top
di gamma. La capability massima del motore è 600
cavalli/2.850 Nm ma ad oggi abbiamo omologato
la versione da 580 cavalli a 2.800 Nm. Grazie al
downspeeding, facendo una comparazione tra XC13
500 cavalli contro il C11 480 e il C13 490, oltre ad
avere un aumento considerevole della coppia massimo
fino a 2600 Nm (rispetto a 2.300/2.400), il
raggiungimento della coppia massima avviene già
a 840 giri al minuto, rispetto ai 930/970 giri al minuto
delle versioni precedenti. La pressione media
effettiva fornisce un’idea del lavoro utile, a parità
di cilindrata. È passata da 24,4 a 27,8 bar, con il
14% di crescita di questo valore».
Il Cursor 13 è più efficiente nella versione industriale
che in quella stradale?
«L’on-road non ha mai avuto una versione doppio
stadio, riservata all’off-road. L’XC13 è più performante
del C13 e troverà impiego anche tra le
applicazioni industriali».
114 chili di differenza rispetto al Cursor 13. Si
giustificano solo con l’utilizzo della grafite compatta?
«Sicuramente è uno degli improvement fondamentali,
essendo intervenuti sul core del motore, cioè
testa e basamento. Oltre a questo, abbiamo ridotto
le dimensioni di alcuni componenti, come albero
motore, bielle e stantuffo, per ridurre sia il peso
che gli attriti. Il numero di contrappesi è stato dimezzato,
da 8 a 4. Da queste premesse consegue la
riduzione di 114 chili».
Nel dialogo con Iveco, quali sono stati gli input
prestazionali, considerando che l’endotermico
è stabilmente sotto la luce dei riflettori? L’aumento
delle curve specifiche o la riduzione dei
consumi?
«Senza ombra di dubbio è la riduzione dei consumi.
Per tagliare questo traguardo il downspeeding è un
passaggio fondamentale. E così torniamo al bottino
di 300 Nm in più e di 150 giri in meno del quale vi
ho parlato in precedenza».
Questi parametri saranno applicabili alla versione
a idrogeno?
«L’idrogeno ha un’efficienza inferiore, del resto
ragioniamo in termini di ciclo Otto, ed è quindi
comparabile alla tecnologia applicata al gas naturale.
Dobbiamo immaginarci efficienza e prestazioni
simili a quelle della versione gas e biometano. La
capability massima della versione NG è 520 cavalli
a 2.500 Newtonmetro, ad oggi abbiamo omologato
quella da 500 cavalli a 2.200 Nm. Le curve di coppia
e potenza soddisfano il core del segmento, le
applicazioni a lungo raggio. Come sapete, abbiamo
un “proto” lanciato con Prinoth, su una battipista,
testato durante la scorsa stagione invernale.
Stiamo targettizzando come start-up production
dell’XC13 a idrogeno la fine della decade. Non è
un’operazione di brevissimo periodo, ma abbiamo
dei motori che operano sul campo ed è pertanto
un’opzione realistica. Anche sulla versione NG
abbiamo cambiato tutti i componenti e introdotto
il nuovo sistema azionamento valvole per massimizzare
la potenza frenante, lo stesso applicato al
diesel, con le differenze prestazionali implicite nelle
due specifiche tecnologie. I principali cambiamenti
rispetto al diesel riguardano il turbocompressore,
una wastegate a controllo elettronico, non a geometria
variabile, e l’introduzione dell’Egr. Il ricircolo
si presta ai motori di grossa cilindrata per favorire
le prestazioni; il gas comporta temperature molto
più alte del diesel che l’egr permette di abbassare,
migliorando quindi l’efficienza».
Gli assali sono Fpt?
«A Torino produciamo trasmissioni e assali dagli
anni ’70, ne realizziamo circa 260mila all’anno,
per veicoli commerciali, medi e pesanti. Al MY24
forniamo gli assali anteriore e posteriore. Sul posteriore,
abbiamo allungato il rapporto al ponte
fino a 2:06 per ottimizzare il downspeeding».
E la riduzione degli attriti?
«Supporta il mitigamento della CO 2
e dei consumi.
Per fare questo, abbiamo utilizzato smart auxiliaries,
come la pompa dell’acqua e la pompa dell’olio
a portata variabile, e ridotto le dimensioni dei
componenti».
Corsa e alesaggio
dell’XC13 sono
invariati rispetto
al Cursor 13 (nella
foto grande a
sinistra). In alto,
Andrea Abbà,
Product marketing
manager presso
Fpt Industrial.
10
11

CONFRONTO. 13 litri camionistici
13 litri truck
SU E GIÙ
DI GIRI
La strada è tracciata. Sotto la calandra dei camion
il motore a combustione interna ne farà ancora
tanta, di strada, e l’alchimia giusta è quella che
riesce ad abbassare il regime di rotazione a
coppia massima, per guadagnare efficienza.
“Mission accomplished”, dunque, per l’XC13 di Fpt
Industrial, che si confronta qui con i suoi pari taglia
automotive
12
Questa tabella è estrapolata dal confronto di
due anni or sono. Preceduta dall’intervista
a Fpt Industrial, fornisce uno specchietto
intuitivo e panoramico sull’evoluzione siglata
XC13, che compare in luogo del Cursor 13. Il Super
di Scania lo conosciamo bene, campione di
efficienza e Diesel of the Year 2023, nella versione
industriale. Oltretutto, si conferma al top
anche nell’Indice Diesel, ad appena un decimale
dall’X12 di Cummins, che si fa largo soprattutto
in ragione della massa “snella” e della sagomatura
convincente, e proprio dell’XC13. Il sistema
di gestione motore di Scania è il collaudato Ems,
che sovrintende l’erogazione degli ugelli dell’Xpi,
e dialoga con il turbo a geometria variabile. La
distribuzione è affidata al doppio albero a camme
in testa. Rispetto al Cursor 13, ha compiuto un significativo
balzo in avanti soprattutto nella coppia
massima e nei valori a essa collegati. La chiave
di lettura della scalata all’Indice Diesel è da attribuire
alla riduzione del peso e a quell’obiettivo
funzionale all’efficienza che consiste nel ridurre
il regime. Insomma, raggiungere il valore apicale
di coppia a meno di 900 giri è sicuramente un traguardo
significativo per l’ingegneria di via Puglia.
L’altro esacilindrico al top è il Cummins, che in
Europa vedremo su macchine da raccolta più che
nel trasporto merci, limitato alle sette sorelle più
Ford. Naturalmente quando si ragiona di endotermici.
Hyundai, con l’idrogeno, calca la scena svizzera
e altri costruttori orientali sono in predicato di
sbarcare nel Vecchio continente. Altre facce note
dei confronti industriali, con sovralimentazione,
iniezione e regimi ritarati sulle performance dei
pesanti sono il D26 di Man e l’OM 471 di Mercedes,
nei panni del 6R 1300 di Rolls-Royce Power
Systems, ufficialmente sotto l’egida, al momento
solamente commerciale, di Deutz. Anche il D13
di Volvo Trucks, medesima cilindrata unitaria di
Renault, nasconde le sembianze familiari del Tad-
13VE di Penta. Più insolito l’Ecotorq di Ford, fedele
alle lunghe ore trascorse in autostrada.
C’È L’INTERO SPETTRO DEI 12 LITRI
Lotta a tre tra
Fpt Industrial,
Scania e Cummins.
Sui camion
europei possiamo
apprezzare
solamente i primi
due.
Marca CUMMINS DAF FORD FPT INDUSTRIAL MAN MERCEDES RENAULT SCANIA VOLVO
Modello X12 MX-13 530 ECOTORQ 12.7L XC13 D2676 - 500 OM 471 - 530 DTI 13-520 DC13 173 D 13 K-540
CARTA D’IDENTITÀ
A x C mm - C/A 134 x 142 - 1,06 130 x 162 - 1,25 130 x 160 - 1,23 135 x 150 - 1,11 126 x 166 - 1,32 132 x 156 - 1,18 131 x 158 - 1,21 130 x 160 - 1,23 131 x 158 - 1,21
N. cilindri - litri 6 - 12,01 6 - 12,90 6 - 12,74 6 - 12,88 6 - 12,41 6 - 12,80 6 - 12,77 6 - 12,74 6 - 12,77
Potenza intermittente kW - rpm 373 - 2.000 390 - 1.800 368 - 1.800 427 - 1.650 368 - 1.800 390 - 1.850 382 - 1.800 412 - 1.800 397 - 1.800
Pme bar 19 22,1 19,6 24,6 20,1 20,1 20,3 22 21,1
Velocità lineare pistone m/s 9,5 9 9,6 8,3 10 9,6 9,5 9,6 9,5
Coppia max Nm - rpm 2.305 - 1.000 2.500 - 1.000 2.500 - 1.000 2.803 - 840 2.500 - 930 2.597 - 1.100 2.548 - 1.100 2.803 - 900 2.597 - 1.000
Pme a coppia max bar 24,6 24,8 25,2 27,9 25,8 26 25,6 28,2 26,1
Riserva di coppia % 51,8 54,1 58 55,6 58 56,6 56,6 58,1 55,4
Coppia a potenza max Nm 1.784 2.225 1.950 2.470 1.950 2.009 2.029 2.185 2.107
% Potenza a coppia max (kW) 64,8 (242) 67,10 (262) 71,20 (262) 57,8 (247) 66,20 (244) 76,80 (299) 76,90 (294) 64,20 (264) 68,50 (272)
NELLO SPECIFICO
Potenza kW/litro 31 30,2 28,8 33,1 29,6 30,4 29,9 32,3 31
Coppia Nm/litro 191,8 193,6 196,1 217,5 201,2 202,7 199,4 219,9 203,2
Potenza areale kW/dm 2 44,09 48,99 46,23 49,71 49,20 47,50 47,22 51,76 49,07
METRO E BILANCIA
Peso kg 930 1.000 - 1.018 1.114 1.126 1.115 1.100 1.134
L x W x H mm 1.294x931x1.002 1.375x825x1.150 - 1.365x1.079x1.185 1.630x893x1.046 1.375x980x1.260 1.285x1.100x1.301 1.710x780x1.430 1.285x1.100x1.301
Ingombro m 3 1,21 1,30 - 1,75 1,52 1,70 1,84 1,91 1,84
Massa/potenza kg/kW 2,5 2,6 - 2,4 3 2,9 2,9 2,7 2,9
Densità globale kg/litri 77,4 77,5 - 92,9 79 87,9 87,3 86,3 88,8
Densità di potenza kW/m 3 308,3 300 - 244 242,1 229,4 207,6 215,7 215,8
Densità assoluta t/m 3 0,77 0,77 - 0,58 0,73 0,66 0,61 0,58 0,62
Densità relativa litri/m 3 9,93 9,92 - 7,36 8,17 7,53 6,94 6,67 6,94
INDICI
ELASTICITÀ 13,1 9,9 - 11,5 11,9 10,9 10,3 12,4 11,3
PRESTAZIONI 6,9 7,1 7,1 7,7 7,3 7,3 7,2 7,7 7,3
SOLLECITAZIONE 11,4 11,3 11,6 12,1 11,9 11,9 11,7 12,6 11,9
LEGGEREZZA 10,2 10,3 - 10,3 11,9 11,6 11,4 11,5 11,7
COMPATTEZZA 10,5 9,9 - 8,3 8,6 7,9 7,2 7,6 7,3
DIESEL INDUSTRIALI 8 7,7 - 8 7,7 7,7 7,7 7,9 7,7
13

scania. Il biometano...
ets. A Fieragricola Verona
HA FATTO 13
Scania ha intrapreso il cammino della transizione senza abdicare
dalla neutralità. Il gas metano è proponibile con la formula
dell’upgrading. L’esacilindrico da 12,7 litri a biometano si abbina
all’Opticruise per migliorare ulteriormente consumi ed emissioni
ECCOLO QUA
È il Man D4276, immortalato qui sotto. È il primo scatto all’interno di un padiglione
espositivo in Italia per il 16,2 litri votato alle applicazioni mobili industriali. Lo
stand è quello di Ets, che lo ha affiancato all’E3268 LE212, per i tipici impieghi
cogenerativi. Abbiamo parlato con Marianna Benetti, Klaus Kress e Nicola Tessari
sfodera una gamma da 300 a 500 kWe.
6 cilindri, 12,7
litri (AxC 130x160
mm), catalizzatore
a tre vie, Egr,
compressione
12.6:1. È l’identikit
sommario dell’OC13
e dell’OC14,
alimentati a
biometano.
Nelle corde 420 e
460 cavalli a 1.900
giri, 2.100 e 2.300
Nm disponibili a
1.000 giri.
automotive
S
cania elettrica? Sì. Scania che implementa
l’efficienza del ciclo Diesel? Anche. Eppure
a Södertälje non hanno rinunciato alla declinazione
“bio” del gas metano. Se addirittura nel
2019 il V8 era stato certificato per le applicazioni
stazionarie, ultimamente ha fatto irruzione sulla
rete stradale il 13 litri alimentato a biometano. Due
anni fa, al Transpotec Logitec di Milano, Scania
introdusse serbatoi per il BioCng e BioGnl dalla
capacità sufficiente a incrementare l’autonomia dei
veicoli alimentati con gas da biomasse (et similia...)
fino a 1.400 chilometri. «Il biometano rappresenta
sicuramente la soluzione per quei clienti che vogliono
iniziare un percorso di decarbonizzazione
nell’immediato», ha recentemente dichiarato Ola
Henriksson, Senior Product Manager per i carburanti
alternativi presso Scania. Siglato OC13 103
e OC14 104, il 12,7 litri cambia onomastica in ragione
delle prestazioni. Il 6 cilindri (AxC 130x160
mm) eroga rispettivamente 311 e 340 chilowatt a
1.900 giri (420 e 460 cavalli) per 2.100 e 2.300
Newtonmetro nel range 1.000-1.300 giri. Il sistema
di iniezione è firmato da Bosch (Cem1), la gestione
dei gas di scarico è affidata al catalizzatore a tre
vie, nel solco della collaudata formula per il ciclo
Otto. La valvola di ricircolo completa l’opera. La
soluzione proposta allo Iaa di Hannover fa leva
sull’interazione virtuosa tra il 13 litri con il cambio
Opticruise G25 e con il differenziale posteriore
R756, espiantati dalla catena cinematica convenzionale
dei pesanti Scania. Ancora Henriksson ha
puntualizzato: «Quando abbiamo accoppiato questi
componenti, è apparso fin da subito evidente che si
trattasse di una scelta vincente. Esattamente come
per i motori Super, l’ampiezza della rapportatura
interna del cambio G25 garantisce importanti benefici
prestazionali ed un’esperienza di guida unica
anche per i nuovi motori a biometano».
Fieragricola, nella tassonomia di POWER-
TRAIN, coincide in buona misura con il perimetro
dello stand Ets. Lì abbiamo subito notato
una presenza esclusiva, che esula dal contesto primario
della cogenerazione da biomasse.
Il D4276 è un sei cilindri in linea, con canna da
2,7 litri (AxC 142 x 170 millimetri), per impieghi
off-road, capace di 581 chilowatt a 1.750 giri e
3.400 Newtonmetro. Una curva piatta, stabile tra
1.350 e 1.600 giri, che si concilia con le esigenze
di applicazioni heavy-duty. Il 16,2 litri si rivolge a
macchine operatrici, come le Ideal, mietitrebbie in
livrea “all black” di Agco Coporation. È la prima
volta che Ets ha esposto il top di gamma alle nostre
latitudini (per top s’intende in rapporto al potenziale
d’impiego. A listino, Man Engines iscrive anche il
D2862, 24,2 litri). A proposito della linea produttiva
di Breganze, Ets ha in carico lo “zero km failure”
delle macchine operatrici, direttamente in catena di
montaggio.
A quanto pare, il biometano è tornato in auge. Si
cambiano ottica e dimensionamento: l’obiettivo è
iniettare biometano in rete, servono dunque unità
più piccole, per l’autoconsumo. Se un impianto immette
in rete circa 390 m 3 /ora, il motore implica un
assorbimento di 90 m 3 /ora. Per questi utilizzi, Ets
Che cosa chiede il mercato?
«Richiede la doppia rampa, sia biometano
che biogas, quindi con e senza
upgrading» ci rispondono Marianna
Benetti e Klaus Kress. Rispetto al
2022 si registra un calo netto ascrivibile
al rincaro del costo del metano al chilo
(a gennaio, il prezzo medio nazionale
al pubblico è risultato di circa 1,403 €/
kg; nello stesso periodo di due anni fa
era 1,816 €/kg). Il rammarico, in questa
congiuntura, penalizzante per l’endotermico,
è la demonizzazione della natura
fossile del metano. Durante la transizione
servirà, eccome: i motori sono
già pronti per l’idrogeno, e sarà possibile
retrofittare i cogeneratori a biogas,
biometano o gas naturale a idrogeno,
quando saranno già oltre il periodo di
ammortamento. Parola a Nicola Tessari,
che ci parla dello stato di salute di Tessari Energia
e di Ets. Nel 2023 il gruppo ha fatturato 18,5 oltre
48 milioni di euro, 4 in più del 2022. Per quanto riguarda
Ets sono 18,5 milioni. Quella che gli analisti
anglofoni invocano come crescita in “double digit”,
nonostante la chiusura di alcuni canali di distribuzione
di gruppi elettrogeni in Russia. La ricambistica
è un asset più che mai produttivo, i gruppi diesel
sono in flessione, c’è richiesta di versioni ad olio
vegetale, penalizzati però dal prezzo del combustibile.
Sul mercato, Tessari Energia è in fase espansiva,
sia nel segmento della cogenerazione che dei gruppi
elettrogeni, prevalentemente tra le potenze medio
alte. È finalmente in dirittura di arrivo il 700 kWe
certificato CEI 0-16. Siamo alla fase terminale della
preserie, nell’imminenza della produzione seriale,
con la conferma di un rendimento alto.
Nicola Tessari, qualche riflessione?
«Aspettiamo il Fer2 con l’incentivazione per il biogas
elettrico. Al Ministero chiederei una interlocuzione
aperta e alla pari. Non richiediamo incentivi,
semmai sgravi fiscali, per esempio sulla filiera corta
del biogas per gli agricoltori. Idrogeno? Siamo
alle solite: mancano ancora le normative su installazione,
utilizzo e applicazione».
Ets si è avvicinata
alla soglia dei 20
milioni nel mercato
italiano. Tante le
manifestazioni
d’interesse anche
per le raffinate
unità per macchine
movimento terra
e agricole.
terra ed energia
14
15

CONFRONTO. 5 litri
5 litri industriali
LES JEUX
SONT FAITS
La famiglia Core di Agco Power si allarga. La
canna da 1,25 litri si fraziona a 4 cilindri e getta
il guanto di sfida in questo micro-segmento,
che ha conosciuto una luminosa primavera
negli ultimi anni. Ai veterani mtu e Volvo Penta,
si affiancano i finlandesi, Deutz, Kubota e Isuzu
TERRA
16
Correva l’anno 2019, Bauma Monaco. Kubota
riceveva il Diesel of the Year per il V5009.
Un 5 litri che ha fatto scuola. Sono infatti sei
i quadricilindrici maggiorati che compaiono nel
confronto che proponiamo su queste pagine. Cominciamo
dall’ultimo arrivato, il Core 50 di Agco
Power. Completa in basso la neonata gamma Core,
che riscrive l’alfabeto del braccio motoristico del
Gruppo Agco. Un network galvanizzato dall’ingresso
sostanziale di Tafe (Tractors and farm equipment
limited) nel pacchetto azionario. Il gruppo indiano
si posiziona sul terzo gradino del podio degli
Oem mondiali del settore agricolo. Le sinergie non
mancano, come ha confermato ai nostri microfoni
Massimo Ribaldone, Cto e President Business
Development di Tafe. «L’India ha oggi una base
industriale che consente di costruire a costi ragionevoli
con tecnologie consolidate, ma la qualità comunque
si paga e i costi vanno estesi alla necessità
di una struttura centrale europea, commerciale e
di marketing a supporto degli importatori dei vari
Paesi. La nostra è dunque una gamma global con
una piattaforma comune per tutti i mercati e upgrade
scalabili a seconda dell’area di riferimento. I
motori da 75 cavalli Stage V sono prodotti in India
sulla base delle unità Tier 4 Final montate sui Massey
Ferguson».
Dal Core75 al Core50
Avanguardia del rinnovamento finnico è stato il
Core75. Annunciato in modalità low speed, è stato
seguito a stretto giro di posta da una medium speed.
Non è dunque escluso che anche i frazionamenti
del 5 litri possono rimpinguarsi, a seconda del fabbisogno
captive e dell’impatto sul free market. La
canna è modulare e il monoblocco scaturisce dalla
stessa penna ingegneristica. Replichiamo dunque
le osservazioni espresse in occasione del confronto
di aprile, con le dovute eccezioni. La canna da
1,25 litri finì sotto il microscopio nell’architettura
a 6 cilindri. Un monoblocco, scrivemmo, che non
si posiziona sul podio degli Indici del confronto,
ma eccelle per il momento torcente, che lo posiziona
in seconda posizione dietro a mtu, scalando
la classifica in quanto a coppia a potenza massima.
Rispetto al podio sconta qualche punto percentuale
sulla sovrapposizione delle curve di potenza, esattamente
il 20%, rispetto alla lepre di Friedrichshafen,
il 6R1000. Una scelta conservativa, esemplificata
dalla velocità del pistone, ancorata ad appena 7,5
metri al secondo. Del resto, la prima applicazione
della canna da 1,25 dm 3 è stato il Fendt 728 Vario,
che si è aggiudicato il Tractor of the Year 2023.
Nell’architettura di questo motore non solo i parametri
termodinamici si rivelano degni di cronaca.
Come ci disse Tommi Puomisto, Marketing Manager
di Agco Power, al più recente Bauma Monaco:
«È un dato di fatto che la tecnologia non sia pronta
sul mercato al 100% per un approccio neutrale al
carbonio, ma dobbiamo compiere tutti i passi tecnologici
per avvicinarci ad essa. Il consumo specifico
è di 188 g/kWh (siamo ben lieti di confrontarlo
con quello di qualsiasi altro concorrente con le sue
schede tecniche pubbliche. I valori di consumo specifico
sono spesso superiori a 200 g/kWh)».
Affinità e divergenze
Le analogie si confermano anche a livello prestazionale?
La potenza specifica passa da 29,6 chilowatt
per litro a 32,8. Leggermente inferiore la coppia
specifica, che si guadagna però il titolo di prima
DA 5 A 5,2 LITRI
Il Fendt 728 Vario,
che compare
anche nelle
pagine di seguito,
è motorizzato
dal Core75. È la
stessa cilindrata
unitaria del Core50,
presentato ad
Agritechnica.
Questo motore si
confronta con le
altre unità da 5 litri
che trovate nella
tabella.
Marca
Modello
AGCO POWER
CORE50
DEUTZ
TCD 5.2
ISUZU
4HK1
KUBOTA
V5009
MTU
R4 1000
VOLVO PENTA
TAD572VE
CARTA D’IDENTITÀ
A x C mm - C/A 110 x 132 - 1,20 110 x 136 - 1,24 115 x 125 - 0,81 110 x 132 - 1,20 110 x 135 - 1,23 110 x 135 - 1,23
N. cilindri - litri 4 - 5,01 4 - 5,17 4 - 5,19 4 - 5,01 4 - 5,13 4 - 5,13
Potenza intermittente kW - rpm 165 - 1.700 170 - 2.300 145 - 2.100 157 - 2.200 170 - 2.200 160 - 2.200
Pme bar 23,7 17,5 9 17,4 18,4 17,3
Velocità lineare pistone m/s 7,5 10,4 8,8 9,7 9,9 9,9
Coppia max Nm - rpm 950 - 1.200 951 - 1.300 686 - 1.200 882 - 1.500 951 - 1.400 902 - 1.200
Pme a coppia max bar 24,3 23,6 9,3 22,5 23,8 22,5
Riserva di coppia % 47,7 46 37,4 46 46 46,3
Coppia a potenza max Nm 921 706 657 686 735 696
% Potenza a coppia max (kW) 72,4 (119) 76,20 (130) 59,50 (86) 88,30 (139) 82,10 (140) 70,90 (113)
NELLO SPECIFICO
Potenza kW/litro 32,8 32,8 15,3 31,3 33,1 31,2
Coppia Nm/litro 189,3 183,9 - 175,7 185,3 175,7
Potenza areale kW/dm 2 43,42 44,74 - 41,32 44,74 42,11
METRO E BILANCIA
Peso kg 590 530 470 620 540 560
L x W x H mm 923x664x1.171 921x695x902 1.019x776x1.034 898x656x972 818x755x1.033 772x859x995
Ingombro m 3 0,72 0,58 0,82 0,57 0,64 0,66
Massa/potenza kg/kW 3,6 3,1 3,2 3,9 3,2 3,5
Densità globale kg/litri 117,6 102,5 49,8 123,6 105,2 109,1
Densità di potenza kW/m 3 229,2 293,1 176,8 275,4 265,6 242,4
Densità assoluta t/m 3 0,82 0,91 0,57 1,09 0,84 0,85
Densità relativa litri/m 3 6,97 8,91 11,51 8,80 8,02 7,78
INDICI
ELASTICITÀ 7,9 12,9 10,6 9,9 11 12,8
PRESTAZIONI 6,8 6,8 3,6 6,5 6,8 6,5
SOLLECITAZIONE 10,6 11,3 6 10,7 11,2 10,8
LEGGEREZZA 14,4 12,6 7,3 15,4 12,7 13,5
COMPATTEZZA 16 19,5 6,6 18,9 17,8 16,3
DIESEL INDUSTRIALI 7,2 7,7 6,2 7,2 7,6 7,5
17

della classe nel parallelo con i cinque rispettivi pari
taglia. Nel tête-à-tête con il fratello più grande, il
Core50 scatta in avanti nella riserva di coppia e
spiazza la concorrenza nella sovrapposizione delle
curve di coppia a potenza massima. Su 950 Newtonmetro
di picco, patrimonio che consente ad
Agco di affiancare Deutz al vertice, addirittura 921
rimangono disponibili al valore apicale della potenza,
quando ci si aspetterebbe una decrescita più
sensibile della curva, che rimane sostanzialmente
stabile da 1.200 a 1.900 giri. Anche Agco Power si
è orientata alla rimozione della valvola di ricircolo,
onde minimizzare il calore, compattare le masse
radianti ed evitare eventuali ricadute sul consumo
specifico.
Indice Diesel
L’Indice Diesel si rivela premiante per il nerboruto
del lotto, il 5,2 di Deutz. A livello dimensionale
l’Agco si avvicina all’impostazione del 5.2,
da quando l’alesaggio del motore di Colonia ha
guadagnato un millimetro (da 109 a 100 mm) e la
corsa due (da 134 a 136 mm). Il 5,2 litri è stato
tra i primi della famiglia a rinunciare all’Egr, uno
dei dogmi dell’ingegneria meccanica tedesca. Un
motore che avrebbe tanto da raccontare al mercato
delle macchine mobili da lavoro, anche in considerazione
della pressione media effettiva, che lascia
spazio a possibili sollecitazioni dello stantuffo e a
una implementazione dell’efficienza complessiva.
Si diceva di Kubota, che ha varcato le colonne d’Ercole
dei 110 chilowatt proprio con il 5 litri. Del 4
cilindri giapponese colpiscono le dimensioni, che
risultano estremamente compatte. A Osaka hanno
appoggiato il piede sull’acceleratore della pme,
contrariamente alla consuetudine di Kubota, che
predilige valorizzare la robustezza del monoblocco
agli eccessi in camera di combustione. Con 17,4 bar
la canna da 1,250 litri è in grado di accompagnare
le prestazioni e gonfiare le curve specifiche senza
“mettere ansia” al pistone. Il regime di rotazione,
come accennato, è in linea con i concorrenti virtuosi
e la velocità lineare del pistone ancorata sotto il
fatidico valore di 10 metri al secondo. Come risulta
dalla premiazione del V5009, al Bauma Monaco,
“dalla metà dell’ultimo decennio, e sempre
più spesso a partire dal IIIB, il vero motore del
motore a combustione interna sono state le norme
sulle emissioni. Nessun costruttore ha trovato un’alternativa
alla coppia Dpf/Scr. L’unico elemento di
diversificazione è stato l’Egr. La strategia di Kubota
di migliorare il sistema di post-trattamento e i parametri
di combustione si è rivelata premiante”. Isuzu
ha traghettato questa unità in Tier 4 Final/Stage V
senza stravolgerne il mood. Basse sollecitazioni e
nessun azzardo dal punto di vista prestazionale, per
un motore essenzialmente concepito per lavorare in
cantiere. Rolls-Royce Power Systems e Volvo Penta
puntano su due cavalli di razza, ampiamente testati
e affidabili. La serie 1000 conferma un’architettura
sofisticata, accurata sia nella sovralimentazione che
nell’iniezione. Il 4R si “fa in quattro”: 115, 129,
150 e 170 chilowatt, a 2.200 giri. Questa serie, fino
alle altre modulazioni di cilindrata fino alla 1500,
sarà commercializzata da Deutz, in attesa del 2028,
quando entrerà a regime l’accordo con Daimler
Truck. I motori heavy-duty continueranno ad essere
costruiti da Daimler Truck nello stabilimento Mercedes-Benz
di Mannheim e spediti alla Deutz per
l’assemblaggio finale, mentre i motori medi saranno
completamente prodotti a Colonia. Anche gli svedesi
non scherzano, in materia di soluzioni raffinate.
La turbina a geometria variabile è un’eredità della
ricerca stradale per i pesanti; la centralina Ems (Engine
management system) governa il sistema ed è
predisposta per la gestione del controllo in remoto.
La pratica polveri sottili è affidata alle alte temperature
in camera. All’inevitabile trade-off degli ossidi
di azoto provvede il duetto Egr, a monte, e Scr, a
valle del processo combustivo. Il modulo di posttrattamento
risulta così compresso nella lunghezza
e sgravato dagli oneri di rigenerazione.
TERRA
18
Dall’alto, procedendo da sinistra, il Core50 di Agco Power, il Deutz Tcd5.2, l’Isuzu HK41, il Kubota V5009, l’mtu R4
1000, che dal lago di Costanza si appresta a transitare sulle sponde del Reno. Infine, il Volvo Penta Tad572VE.
19

INTERMAT PRESS DAYS
PARIGI
DUE.ZERO
Perché sarà una manifestazione “elettrica”,
almeno dal punto di vista degli Oem.
Sicuramente stimolata dai driver della
digitalizzazione e dell’energia, come ci ha
confermato Christophe Lecarpentier, il direttore
dell’evento. Intermat si affida alla magia di
Parigi e al ruolo di grande produttore di
energia elettrica della Francia per ritagliarsi
un posto al sole nel mondo construction
Dal 1° settembre
del 2023
Christophe
Lecarpentier (qui
a sinistra, sul
palco durante la
presentazione
di Intermat) è
direttore della
divisione degli
equipaggiamenti
agricoli e
movimento terra
di Comexposium.
A lui è affidato il
rilancio di Intermat
e Sima, la cui
edizione 2024 è
stata cancellata.
Era in calendario
a fine novembre.
terra
Digitalizzazione ed energia saranno le parole
chiave dell’Intermat 2024, che si svolgerà dal
24 al 27 aprile all’interno del plesso fieristico
di Paris Nord Villepinte. La Francia primeggia
sul continente in materia di energia derivante dalla
fissione. Nel corso del 2023 il Parlamento ha approvato
la costruzione di altre sei centrali nucleari
entro il 2025. Il Presidente Macron è il promotore
di questo rilancio, dopo i passi indietro di François
Hollande. I cantieri nel territorio urbano sono uno
dei banchi di prova più probanti dell’elettrificazione
nel segmento industriale. Per portare a termine questa
missione occorre tanta energia. Come produrla?
O da combustibili fossili o da fonti rinnovabili o,
per l’appunto, mediante il nucleare. L’Intermat dispone
delle credenziali sistemiche per ristrutturarsi
come hub dell’elettrificazione nel movimento terra.
E l’elettrico, guarda un po’… sarà il protagonista
diffuso tra gli stand degli Oem. Alcuni esempi? Il
telescopico T33-10 di Liebherr, il mini-escavatore
eAmx-15 di Amman, le celle a combustibile, con la
pala gommata DL250-Fcev di Develon. LiuGong
addirittura esporrà solo macchine Bev. Entro il 2027
è in rampa il lancio di una quarantina di modelli a
batterie del costruttore cinese.
Prima di addentrarci nella sintesi delle nostre impressioni
all’incontro con la stampa, completiamo
il quadro delle premesse. Quale migliore interlocutore
di Christophe Lecarpentier, direttore della
divisione delle attrezzature agricole e construction
di Comexposium?
Christophe Lecarpentier
«Innanzitutto, vorrei focalizzarmi sul nome Intermat,
riconosciuto nel mondo francofono e al di
fuori di esso. Questo evento è orientato all’industria
fin dalle origini, per cui abbiamo enfatizzato
il tema della decarbonizzazione. In questo ecosistema
produttivo è un passaggio veramente epocale.
Era e rimane fondamentale, ora più che mai, che
l’organizzazione dell’evento assecondi le tendenze
dell’industria. Decarbonizzare, infatti, non significa
solamente battere la strada dell’elettrico o dell’idrogeno.
Significa qualcosa di molto diverso, in
considerazione dei passaggi da percorrere e delle
soluzioni da adottare. È un orizzonte al quale
si arriva attraverso una molteplicità di passaggi.
Intermat vuole riflettere il mood dell’intera filiera
industriale. La prima via è quella che coinvolge i
sistemi endotermici. I tool digitali possono aiutare
a migliorare i consumi dei motori diesel. I biocombustibili
rappresentano il secondo step, che chiama
però in causa la disponibilità di questi carburanti
di origine non fossile. Mi lasci dire che, con le
dovute proporzioni, è più semplice elettrificare le
automobili. Il mondo del movimento terra non può
affidarsi a un’unica soluzione. Esistono macchine
di piccole dimensioni e altre estremamente grandi
(entrano in gioco i fattori decisivi del ciclo di lavoro,
dei picchi di carico e di assorbimento dell’energia,
l’eventuale transito su sede stradale, l’utilizzo
degli attrezzi ecc., ndr). Il ruolo di Intermat è di
lavorare fianco a fianco con le federazioni francesi
ed europee del settore delle macchine industriali,
sia che rappresentino gli Oem, i noleggiatori o gli
utilizzatori finali. Sono in grado di intercettare le
sfide più autentiche dell’industria e di capire come
fare incontrare domanda e offerta durante l’evento
e come soddisfare i bisogni dei visitatori».
Un risiko chiamato transizione energetica
«Rappresentiamo le diverse soluzioni della decarbonizzazione,
che provengono dall’implementazione
dell’efficienza degli endotermici, per alcune
applicazioni dall’elettrico o dai combustibili alternativi,
con l’idrogeno più in prospettiva. È per
questo che abbiamo creato il settore Energia. Non
affrontiamo solo il tema delle macchine, analizziamo
l’infrastruttura, come portare l’energia nei siti,
stoccarla, ricaricare le macchine, le normative che
disciplinano le nuove energie, la formazione degli
20
21

terra
operatori. Nuove fonti energetiche sollecitano le
domande degli utilizzatori e l’Intermat risponde a
tutte le sollecitazioni, non solo alle richieste degli
Oem. L’edizione 2024 intende raccogliere le sfide
della nostra industria, non solo tramite la tradizionale
formula espositiva, pure con seminari e incontri,
la divulgazione televisiva, il networking. In
questa fase di transizione dobbiamo rispondere alle
domande degli utilizzatori. I visitatori devono uscire
dalla fiera “illuminati” in merito alle nuove tecnologie.
Lo show evolve sia in termini di espositori
che di soluzioni, organizzazioni coinvolte, argomenti
sul tavolo. La digitalizzazione è una dimensione
veramente cruciale. Un tema caldo che riguarda
l’ingente mole di dati raccolti nell’ambito del movimento
terra e il loro utilizzo nella riduzione della
carbon footprint. La platea di visitatori dell’Intermat
è eterogenea: si va da fleet manager a tecnici
e operatori, proprietari delle società di movimento
terra, ai responsabili della sostenibilità ambientale.
Questi stakeholder si chiedono come utilizzare al
meglio le macchine per aumentare la produttività,
ridurre i consumi ecc. Questo è il primo autentico
step della decarbonizzazione. Si ritaglieranno
sempre più visibilità anche i fornitori di droni. C’è
il World of Concrete, che catalizza le declinazioni
dell’attenzione all’ambiente. Coinvolge le macchine
elettriche e i processi per utilizzare materiali a bassa
impronta di carbonio. Insomma, adottiamo una
visione olistica, che non abbraccia solo i sistemi
propulsivi. C’è una legislazione da rispettare che
ci impone di accelerare la tabella di marcia. Come
possiamo intervenire sulla riduzione delle emissioni
delle macchine equipaggiate con motori endotermici,
che sono tanta parte del parco esistente e
del circolante dei prossimi anni. Parallelamente,
è in aumento la domanda di macchine elettriche
e, di conseguenza, anche le problematiche relative
alla ricarica. Il primo passaggio, in Francia,
è stato l’incentivo all’acquisto di macchine meno
impattanti. A noi organizzatori, come al Ministero,
sembra che non ci sia una soluzione univoca; occorre
impegnarsi su più fronti: la riduzione delle
emissioni sulle macchine diesel, la diffusione dei
biocarburanti, l’elettrificazione di parte delle flotte.
L’Intermat rimane un evento del construction e
del building, come del demolition e di quanto gira
attorno a questo settore. Sicuramente non siamo
orientati al mining».
Infine, uno sguardo ai mercati di riferimento
dell’Intermat. «La nostra fiera conserva un respiro
internazionale, fortemente orientato ai Paesi
europei. Abbiamo chiaramente un forte link con i
visitatori francofoni, come canadesi e africani. Abbiamo
uno speciale top buyer program da Africa
e Medio Oriente. Intermat India si terrà ad aprile
2024, cucito su misura per quello specifico mercato.
Abbiamo infine espositori cinesi, che si ritagliano
crescenti fette di mercato in Europa».
Laurent Di Vito, per Cummins
La triade motoristica presente al pre Intermat è costituita
dalle divisioni francesi di Cummins, Deutz
e Volvo Penta. Laurent Di Vito è Manager Engines
Sales, Application and Production, New Power Le-
ader, di Cummins France.
«La nostra strategia fino a ora è stata focalizzata
sui motori» conferma, anche per il versante transalpino.
«Attualmente ci siamo differenziati con un
ventaglio di proposte, per esempio gli assali elettrificati,
dopo l’acquisizione di Meritor. Quando
ci proponiamo per un pacchetto completo, non ci
limitiamo alla parte propulsiva, forniamo supporto
anche allo stoccaggio. C’è infatti chi ci richiede
un ecosistema completo. In Francia, per esempio
in Champagne e a Bordeaux, abbiamo alcuni
progetti interessanti: alcuni impianti eolici sono
collegati a un elettrolizzatore per la produzione
di idrogeno. Questo alimenterà le fuel cell delle
macchine per la raccolta dell’uva». E il mercato,
chiediamo noi? Domanda quasi ingenua…
«Registriamo una forte spinta per l’idrogeno da
parte di politici e decisori, almeno dal Covid in
avanti. Durante l’intero scorso ventennio il principale
oggetto di discussione è stato “qual è il
prossimo livello di emissioni per il mio endotermico?”.
Oggi, siamo in attesa dell’Euro 7, dello
Stage VI, di cosa abbiamo bisogno? Nell’industria
del camion si afferma l’esigenza di applicazioni
con la ricarica elettrica, ma se manca l’elettricità
sufficiente… Nel settore off-highway, invece, registriamo
una forte spinta verso l’idrogeno, perché
risponde ai bisogni di una grande capacità e di
tantissima energia, per potere ricaricare in tempi
brevi. Voi conoscete il nostro motore agnostico,
diesel, gas e idrogeno. Abbiamo sviluppato una
piattaforma comune con una grande attenzione
a ogni specifica tecnologia. Per l’idrogeno serve
l’accensione comandata, seppure con diversi volumi
di energia richiesti rispetto al gas, con cui
condivide testa e candela. Dal punto di vista della
sovralimentazione serve sicuramente più aria del
ciclo Diesel. Cummins si propone come fornitore
flessibile ed esaustivo di soluzioni propulsive. Tu,
Oem, produci la macchina, Cummins ti sostiene
con la soluzione Stage VI, dal momento che
l’80-90% del mercato resterà diesel. Ti assistiamo
nell’integrare le soluzioni a idrogeno, con serbatoi
specifici a 700 bar, derivati dalla collaborazione
con Nproxx. Cummins consente agli Oem di disegnare
una macchina diesel con l’opzione motore a
idrogeno o celle a combustibile a portata di mano,
nel caso la disponibilità dell’idrogeno aumentasse.
Cummins sta già producendo fuel cell, grazie
all’acquisizione di Hydrogenics».
Le celle a combustibile per i cantieri?
«La cella a combustibile è molto sensibile all’aria.
Non solamente alle impurità ambientali, anche ai
fattori chimici. Oltretutto, le servono basse vibrazioni.
Allo stato attuale gli escavatori non sono
un’applicazione congeniale a questa tecnologia. In
futuro le macchine diesel continueranno a svolgere
la loro funzione fuori dal perimetro urbano, in
cava, cantiere e miniera. La città sarà appannaggio
di elettrico e idrogeno, in questa fase possibilmente
applicato al motore a combustione, che riduce i
costi di progettazione».
E le colonne d’Ercole dello Stage VI?
«Il quesito è come ridurre la CO 2
, diminuendo quindi
i consumi? Esistono fondamentalmente due modi:
ridisegnare il motore, rinforzando il post-trattamento.
Senza valvola Egr il consumo di AdBlue è più
alto, anche se con lo Stage V Cummins è riuscita
a ridurre il consumo di combustibile. Oppure si ricorre
a soluzioni ibride».
In fiera avremo l’opportunità di toccare con mano
la visione di Deutz e Volvo Penta per questo mercato.
Vedremo chi allungherà la lista dei fornitori
di soluzioni propulsive.
Nella foto centrale,
uno scatto
dell’edizione
2018 di Intermat.
Certo, sei anni
fa l’elettrico non
era ancora così
pompato e il
marchio Develon
nemmeno esisteva.
Per la DX20Ze, in
basso, sarà dunque
la prima volta a
Villepinte.
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dpe. Insieme a International Electricity Expo
QUESTO È
FARE RETE!
Il Dpe approda alla terza edizione. La formula è
quella caldeggiata dal Presidente di Generazione
Distribuita, Marco Monsurrò: fare rete significa fornire
una prospettiva antologica del gruppo elettrogeno.
A Rimini trovate quello che serve sapere e vedere
del motore, dell’alternatore e delle infrastrutture
elettriche, grazie al coinvolgimento degli attori di
International Electricity Expo. Per la prima volta
scende in campo Federazione Anie, che rappresenta
la filiera dell’elettronica ed elettrotecnica
Corrado Peraboni. AD di Ieg
«Dpe si configura sempre di più come l’evento di
riferimento sui temi della generazione, trasformazione,
distribuzione e trasporto di energia elettrica
per l’Europa e per i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo,
con un’offerta di soluzioni e contenuti
unica nel panorama fieristico italiano. Per questo
motivo, potendo contare sulla collaborazione di
partner strategici come Generazione Distribuita e
Federazione Anie, abbiamo deciso di potenziare ulteriormente
la manifestazione, coinvolgendo l’intero
comparto dell’industria elettrica, come testimostazionari
Dpe 2024, buona la terza! Dal 28 febbraio al
primo marzo alla Fiera di Rimini andrà in
scena il terzo episodio di una saga destinata
a riverberare la generazione di potenza nel bacino
del Mediterraneo e nel continente europeo. Si annuncia
un’edizione strutturata e sinottica, in ragione
dell’allargamento all’ecosistema dell’infrastruttura
elettrica. Nell’edizione 2024 al Dpe si affianca
l’International Electricity Expo. Christian Previati,
Exhibition manager di Italian Exhibition Group, interpellato
da noi, arriva subito al punto. «Viviamo
un momento che richiede maggiore integrazione di
reti e tecnologie. Non ha senso limitarsi al focus
delle rinnovabili, se non ci si occupa di dare un riscontro
sulle tecnologie necessarie per la distribuzione,
trasporto e gestione dell’energia. C’è un modello
di rete che cambia, dove i consumatori sono
anche produttori, e una diversa programmabilità
delle fonti energetiche. L’apparato tecnologico deve
adeguarsi a queste nuove esigenze».
Apoteosi di integrazione ed efficienza
«Sì, partendo dal presupposto che il megawatt più
sostenibile è quello non consumato. Significa che è
stato applicato un corretto efficientamento. Dpe si
occupa di valorizzare una filiera importantissima,
all’interno della quale l’Italia rivendica il ruolo di
leader, dal punto di vista tecnologico, non quello
di inseguitrice. Mi riferisco a quelle tecnologie che
accompagnano l’energia, da dove viene prodotta
a dove è consumata. In mezzo c’è un’architettura
che l’utente non percepisce: dalle cabine di trasformazione,
alle sottocentrali elettriche, ai sistemi
di controllo, stoccaggio, rifasamento. Il tema
del gruppo elettrogeno si inserisce in un contesto
decisamente più ampio. Queste tecnologie devono
dialogare tra loro e fornire la migliore risposta possibile
alla rete, cioè la più efficiente e sostenibile.
Dpe si candida a diventare la fiera che racconta
questo processo. Le due manifestazioni, Key e Dpe,
interagiscono e beneficiano reciprocamente delle
integrazioni tra i due mondi, segnando comunque
un confine preciso del proprio perimetro, perché
ognuno si possa riconoscere nel suo settore».
Come si evolverà la platea del Dpe?
«Il Dpe ha una vocazione internazionale che si inserisce
nel trend della continentalizzazione degli
eventi fieristici. Gli indicatori del sistema fieristico
ci raccontano un’evoluzione su base continentale.
Ci candidiamo a interpretare questo ruolo puntando
su un pubblico profilato, che ha bisogno di confrontarsi
dal punto di vista tecnico e scientifico. La
fiera si rivolge all’installatore 2.0, quello incaricato
di realizzare impianti di grandi dimensioni».
Proseguiamo con la citazione di Peraboni, ad di
Ieg, e degli organismi di Confindustria coinvolti
nel Dpe, Generazione Distribuita e Anie.
nia anche il nuovo payoff. La prossima edizione di
Dpe sarà indipendente e si svolgerà all’interno di
un padiglione interamente dedicato, pur mantenendo
la contemporaneità con Key, per massimizzare
tutte le possibili sinergie e connessioni con il settore
delle energie rinnovabili».
Marco Monsurrò. Generazione Distribuita
«Non è immaginabile la transizione energetica
senza infrastrutture elettriche moderne ed efficienti.
L’intero paradigma del cambiamento, infatti,
fa perno intorno all’utilizzo spinto dell’elettricità
come vettore elettrico, tanto nell’industria, quanto
nel settore residenziale e nella mobilità. Questa
edizione del Dpe parte dalla necessità di mettere
in vetrina l’intera industria italiana ed europea
dell’hardware elettrico, nella consapevolezza che
il processo di reshoring della catena di fornitura,
causato dalle dinamiche geopolitiche in atto, garantisce
maggiore sicurezza all’intera filiera dell’energia».
Michele Lignola. Direttore Generale Anie
«Negli ultimi anni il sistema energetico europeo
è entrato in una fase di radicale trasformazione
puntando con decisione sulla green economy come
modello di uno sviluppo necessario e sostenibile.
Per attuare questa trasformazione, la generazione
diffusa svolge un ruolo chiave per il potenziamento
delle infrastrutture elettriche che dovranno essere
sempre più evolute e funzionali per garantire i nuovi
fabbisogni energetici. Dpe è l’occasione per presentare
soluzioni tecnologiche avanzate
volte al raggiungimento degli obiettivi
della transizione energetica, sotto la
spinta di vincoli ambientali sempre più
crescenti. Tale processo è complesso e
richiede il coinvolgimento di governi,
industrie, comunità e individui. È una
risposta cruciale alle sfide ambientali e
climatiche del nostro tempo e rappresenta
una via verso un futuro più sostenibile
ed ecocompatibile. Dpe, inoltre,
riunisce per la prima volta i protagonisti
dell’intera filiera divenendo quindi
un appuntamento di riferimento non
solo per i nostri soci ma, in generale,
per l’intero settore».
Un gruppo
motorizzato dal
Cursor 9 Stage V
di Fpt Industrial
durante l’edizione
del 2019.
A sinistra, un
momento della
fase introduttiva
del seminario
tenutosi al Dpe nel
2023. Al microfono
il presidente di
Generazione
Distribuita, Marco
Monsurrò.
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telescopici. Con la spina
ECO DEL
SOLLEVAMENTO
I modelli 100% elettrici si fanno
strada anche tra i sollevatori
telescopici. In sintesi, le proposte
dei principali costruttori: la sfida
per ora si gioca sui modelli
compatti ma la tecnologia è pronta
per le classi superiori. Si tratta
dell’applicazione più congeniale
e matura, sulla scorta dei “muletti”
In questa panoramica trovate lo stato dell’arte
dei sollevatori telescopici a trazione elettrica.
Un’avanguardia dell’elettrificazione nel settore
agricolo e nel construction.
FARESIN
Faresin ha presentato ad Hannover la serie FS
Middle, con bracci estensibili che vanno da 7 a
10 metri di altezza con portate da 3,5 a 4 tonnellate.
Quattro modelli disponibili in 6 versioni
mossi dal 4 cilindri Deutz Stage V con potenze
di 75, 102, 115 e 136 cavalli.
La gamma Full Electric comprende già da tempo
il modello compatto 6.26, e addirittura tre modelterra
CLAAS
La gamma di telescopici Scorpion è realizzata da
Liebherr. Ad Agritechnica Claas ha presentato il
suo primo modello elettrico a batteria, costruito
sul telaio del più piccolo dei modelli Scorpion
endotermici. Lo Scorpion 732e utilizza due motori
elettrici indipendenti da 90 kW, una batteria
modulare da 64 kWh per un utilizzo fino a 4 ore
e un caricabatterie di bordo da 22 kW per offrire
una potenza di trazione massima di 53 kN
e una velocità massima di 30 km/h. Raggiunge
un’altezza massima di sollevamento di 6.930 millimetri
e ha una portata massima di 3.200 chili.
Le dimensioni sono quelle dell’omologo modello
endotermico, quindi non propriamente compatte,
con una larghezza di 2.380 millimetri e un’altezza
di 2.465.
DIECI
Dopo il lancio dell’Agri Farmer Hybrid, mosso
dall’ibrido Kubota, Dieci ha sfoderato il Mini
Agri-e, sollevatore telescopico di dimensioni
compatte full electric, dotato di un pacco batteria
espandibile anche in after market, per adattare
le caratteristiche della macchina alle esigenze
operative. Il Mini Agri-e può in pratica essere
equipaggiato con una o due batterie al litio inseribili
anche sul cantiere di lavoro, per una potenza
massima fino a 44 kWh sufficienti per un’intera
giornata di lavoro con una singola ricarica. L’altezza
massima di sollevamento è di 5.680 millimetri
e la portata massima è di 2.600 chili.
Liebherr, l’originale...
Si è detto dei sollevatori Class,
su base Liebherr. Perché
non parlarvi degli originali,
focalizzati soprattutto sulla
movimentazione dinamica
negli impianti industriali, nel
settore delle biomasse e nel
riciclo? Ad Intermat 2024 sarà
presente con un sollevatore
telescopico T 33-10 alimentato
a batteria. La soluzione a zero
emissioni locali per i sollevatori
telescopici Liebherr si basa su
un concetto di batteria modulare
ad alta tensione accoppiata
con un azionamento elettrico.
Una soluzione che può anche
essere adattata alle esigenze
del cliente i base all’impiego
operativo previsto. Dotata di un
dispositivo di ricarica elettronica
di bordo, questo azionamento
è particolarmente adatto per
lavori indoor come, ad esempio,
il riciclo. Generando inoltre
basse emissioni acustiche e
minori vibrazioni consente di
avere un comfort superiore
per l’operatore. Ovviamente
il passaggio ad un mezzo da
lavoro elettrificato richiede
una differente organizzazione
operativa che deve tenere conto
dei tempi di ricarica. I vantaggi
però possono essere molteplici
soprattutto laddove vi siano
impianti che autoproducono
la corrente elettrica. Liebherr
prevede anche un sistema
ibrido plug-in che garantisce
autonomia di lavoro. Consente
infatti il funzionamento anche
senza batteria. Fondamentale,
in questa soluzione, la capacità
di recuperare energia durante
la frenata e l’abbassamento
del braccio permettendo
un risparmio di carburante
superiore al 20% rispetto alla
classica soluzione con motore
endotermico.
Tra i pionieri
c’è Merlo, con
l’e-worker (qui
sopra, al lavoro in
una stalla).
26
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li Big Range 14.42, 17.40 e 17.45, quindi con altezze
di sollevamento fino a 17 metri destinati al
settore edile. Le sigle dicono tutto: il 6.26 solleva
2.600 chili a 6 metri, gli altri tre rispettivamente
4.200, 4.000 e 4.500 chili fino a 14 e 17 metri. Il
6.26 (2.600 chili di capacità e 5,9 metri di altezza
di sollevamento) è stato il primo sollevatore
telescopico Full Electric ad essere prodotto in
serie, e funziona grazie a una batteria da 80 V e
capacità di 24 kWh, ma è disponibile in optional
anche con batterie da 32 o 43 kWh. Dispone di 5
sistemi di ricarica: integrato (standard), integrato
rapido, esterno, esterno rapido e esterno trifase,
per tempi di ricarica minimi di 3 ore con caricatore
integrato rapido e autonomia fino a 10 ore
con batteria maggiorata con ciclo interrotto. La
trasmissione con motore elettrico da 30 chilowatt
permette trasferimenti a velocità massima di 12
km/h, mentre il sistema idraulico si avvale di una
pompa a ingranaggi da 80 l/min.
terra
JCB
L’azienda di Lord Bamford è da tempo impegnata
nello sviluppo di soluzioni a impatto zero, e
se per le macchine di maggiore potenza ha messo
a punto un motore a idrogeno, per i modelli
compatti punta decisamente sull’elettrico. A
fianco del telescopico 525-60E, modello da 2,5
tonnellate di portata e 6 metri di altezza massima,
Jcb affianca il piccolo carrello elevatore a
braccio telescopico Teletruk 30-19E al quale ora
si aggiunge il 35-22E, presentato ad Agritechnica.
Alimentato da una batteria agli ioni di litio
da 24 kWh, sufficiente per una intera giornata
di lavoro, il 525-60E ha capacità di ricarica da
110 V, 230 V e 415 V ed è compatibile con la
ricarica rapida. Dotato anche di sistema telematico
LiveLink che sfrutta la tecnologia satellitare
per fornire in tempo reale dati su posizione,
prestazioni, utilizzo, sicurezza ed esigenze di
manutenzione, dispone di controllo adattativo
del carico che impedisce automaticamente il ribaltamento
in avanti del mezzo.
I teletruk sono azionati tramite una batteria al
piombo acido heavy-duty e possono raggiungere
l’altezza massima di sollevamento di 4 metri. La
capacità di sollevamento massima è rispettivamente
di 3.000 e 3.500 chili. Per guadagnare in
autonomia, l’accelerazione della macchina può
SFIDA ELETTRIZZANTE TRA COMPATTI
Marca Claas Dieci Feresin JCB Kramer Manitou Merlo
Modello Scorpion 732e Mini Agri e 26.6 6.26 Full Electric 525-60e KT 144e MT 625e EW 25.5-90
Portata massima kg 3.200 2.600 2.600 2.500 1.450 2.500 2.500
Altezza massima di sollevamento mm 6.930 5.680 5.900 6.000 4.301 5.850 4.800
Sbraccio massimo mm 4.100 3.200 3.200 3.300 2.289 3.400 2.600
Potenza batteria kWh 64 22 - 44 24 - 32 - 43 24 18 - 28 25 74
Lunghezza al portaforche mm 4.752 4.125 4.035 4.000 2.997 3.830 3.320
Larghezza mm 2.380 1.840 1.890 1.840 1.564 1.810 1.540
Altezza mm 2.465 1.915 1.935 1.890 1.995 1.920 1.975
Passo mm 2.750 2.350 2.525 2.390 1.992 2.300 2.100
Peso kg 7.585 5.100 4.800 5.145 3.050 4.800 4.950
essere ridotta del 10, 20 o 30% agendo su un
apposito pulsante “eco” in cabina.
KRAMER
Anche Kramer, di fatto “braccio” di John Deere,
ha approfittato di Agritechnica per introdurre a
listino il modello compatto KT144e, dotato di
una batteria agli ioni di litio da 96 volt e 18 o
28 kWh, che in base all’allestimento consente
un’autonomia fino a 4 ore senza ricarica intermedia.
Il caricabatterie a bordo da 6 kW consente
la ricarica rapida. Con un’altezza inferiore a
2 metri e una larghezza di poco meno di 1,60
metri, è uno dei modelli meno ingombranti a
disposizione, con un carico utile di 1.450 chili
e la possibilità di arrivare a 4,3 metri d’altezza.
Il sistema idraulico si avvale di una pompa da
42 l/min, mentre la velocità di spostamento può
arrivare a 25 km/h.
MANITOU
Manitou ha scelto Agribex, che si è svolta dal
6 al 10 dicembre 2023 a Bruxelles, per l’anteprima
del primo sollevatore elettrico del gruppo
destinato al mercato agricolo. Si tratta dell’Mlt
625e, anch’esso nella categoria dei mezzi compatti
con una capacità massima di 2,5 tonnellate
e un’altezza massima di 6 metri. La batteria agli
ioni di litio ha una potenza di 25 kWh e grazie
a un caricatore integrato da 9 kW si ricarica in
soli tre ore da una presa a 380 V. La macchina
si adatta anche alle infrastrutture elettriche
esistenti e può essere ricaricata utilizzando una
presa di corrente domestica standard. La durata
in modalità standard è di circa 4 ore di utilizzo
continuo. Un sistema di rigenerazione si attiva
quando si rilascia il pedale dell’acceleratore per
In queste pagine,
Dieci, a sinistra.
Qui sopra, Faresin.
In basso, a sinistra,
Jcb.
28
29

ecuperare energia durante la decelerazione in
modo da aumentare l’autonomia della macchina.
Una modalità “boost” disponibile di serie e
attivabile con un pulsante sul cruscotto consente
movimenti idraulici più veloci e di raggiungere
la massima velocità di spostamento (16 km/h) in
tempi molto brevi.
Qui trovate ancora
Jcb, con un carrello
elevatore, oltre
alla Scorpion E di
Class e alla pala di
Kramer al lavoro.
MERLO
Annovera un concept, per ora solo un esercizio di
stile, creato per studiare e sviluppare al meglio la
futura gamma elettrica. Si tratta del modello TFe
43.7, dunque derivato dalla gamma Turbofarmer,
con capacità di sollevamento che si evince dalla
sigla di 4.300 chili e 7 metri di altezza raggiungibile.
Nell’attuale listino Merlo sono già presenti gli e-
Worker, due modelli con pacco batterie al piombo
acido a 2 o 4 ruote motrici. Il 25.5-90 a 4 ruote
motrici è quello dedicato al settore agricolo, con
una portata massima di 2.500 chili e un’altezza
massima di 4,8 metri. La sterzatura dell’e-Worker
avviene unicamente sulle ruote posteriori con un
angolo di sterzo che arriva fino a 85°, in maniera
analoga a quanto avviene nei forklift, caratteristica
che conferisce una eccezionale manovrabilità.
La macchina è allestita con una pompa a
ingranaggi elicoidali da 42 l/min, alimentata da
un motore elettrico e comandata da joystick elettronico
capacitivo in grado di assicurare fino a
tre movimenti simultanei. La velocità massima di
trasferimento raggiunge i 25 km/h, e per aumentare
l’efficienza della macchina i motori elettrici
sulle ruote sono in grado di recuperare e stoccare
l’energia di frenata.
terra
Bobcat RogueX2
Non ci sono solamente i sollevatori telescopici
nella terra di mezzo tra le applicazioni
squisitamente construction e l’altra anima dell’offhighway,
il mondo agricolo. Bobcat si presenterà
all’Intermat con una vigorosa sterzata elettrica.
Nelle corde del costruttore americano, in orbita
Hyundai, ci sono anche le mini-pale che, alla
pari dei mini-escavatori, presidiano la zona di
confine degli ecosistemi applicativi dell’off-road.
Bobcat è stato il primo costruttore, con il suo
T7X, a presentare una macchina completamente
elettrica (e non semplicemente elettrificata) nel
corso del 2022. Un mezzo molto interessante
e dalle prestazioni decisamente convincenti
che avevamo anche avuto modo di testare in
campo nel Centro Sviluppo Prodotto di Dobris,
in Repubblica Ceca. Macchina che ha dato
origine a diversi nuovi concept come il RogueX
e il nuovo RogueX2, che vedremo ad Intermat.
Un modo nuovo di intendere queste macchine
che apre una visione sul futuro del movimento
terra e non solo. La mini-pala RogueX2 è stata
infatti sviluppata sulla base del concept RogueX
presentato alla fiera Conexpo di Las Vegas
quasi un anno fa. Siamo quindi già alla seconda
release di un mezzo che indica chiaramente le
prossime frontiere applicative dove la tecnologia
sarà sempre più importante anche nei cantieri di
movimento terra. Si tratta quindi di un concept
di macchina autonoma completamente elettrica.
Oltre ad avere emissioni locali zero, è alimentata
da batterie agli ioni di litio. Il sistema di trazione,
cinematica di sollevamento e azionamento benna
è completamente elettrico. Impiega infatti degli
attuatori e non utilizza un impianto idraulico.
L’unico liquido presente a bordo è impiegato
nel sistema di raffreddamento dell’elettronica di
potenza. Il RogueX2 e RogueX nascono senza
cabina per evidenziare la loro origine di macchine
autonome. L’obiettivo è di trovare una soluzione
per risolvere la carenza di operatori. Sono quindi
anche un modello di come potrebbero essere
le macchine da lavoro del futuro grazie anche
all’implementazione di nuove tecnologie come
l’uso dell’intelligenza artificiale.
Sulla RogueX2 il motore a combustione interna
è sostituito da un gruppo propulsore elettrico
per migliorare potenza e trazione. Questa
macchina elimina al 100% l’impianto idraulico,
inclusi connettori, flessibili, tubazioni e raccordi.
Elementi che spesso causano guasti. L’assenza
di circuiti idraulici e fluidi non solo riduce le
emissioni ma minimizza anche l’inquinamento
acustico e quello ambientale. La prima versione
della RogueX è stata progettata con i cingoli
e con una cinematica avanzata del gruppo di
lavoro. Questo per offrire una funzionalità unica
combinando le capacità di sollevamento verticale,
radiale e variabile in una sola macchina. La
RogueX2 è invece una macchina gommata per
ottimizzare l’autonomia della batteria elettrica.
È inoltre dotata di motori a flusso assiale che
offrono un’elevata forza di trazione. La macchina
garantisce quindi una potenza maggiore per
applicazioni dure. Fra queste vi sono sicuramente
il livellamento, lo scavo e l’alimentazione di
accessori per impieghi gravosi. Con i costruttori
di queste attrezzature che iniziano a sviluppare
azionamenti elettrici.
Le due macchine hanno permesso a Bobcat
di depositare numerosi brevetti in corso di
registrazione. Joel Honeyman, Doosan
Bobcat Vice President of Global Innovation, ha
sottolineato che «questi brevetti rappresentano
molto più che nuove funzionalità di una
macchina. Sono infatti la prova di una svolta
totale nella definizione di una nuova esperienza
di lavoro».
30
31

saim. Tra 2023 e 2024
CON IL
SEGNO PIÙ
Fatturato in crescita rispetto al 2022. Le previsioni
sull’anno in corso confermano lo stato di salute di
Saim, nonostante l’annunciata stabilizzazione dei
volumi. Il marino fa la voce grossa, “timbrando” i due
terzi del fatturato. Aria di novità nell’industriale: non
solo il microibrido. In arrivo motori fino a 500 kW
terra & mare
A
metà dell’anno scorso, Massimo Donà ci annunciò
«alcune novità che stiamo definendo
nel nuovo reparto R&D integrated solutions
in merito all’orientamento di Saim sulla sostenibilità,
in particolare l’ibrido. Stiamo sviluppando
soluzioni per l’ibridizzazione della proposta motoristica
di Kubota, rivolta a particolari applicazioni
di nicchia». In autunno, puntualmente, è emerso il
primo motore a marchio Saim Industrial, un ibrido
in configurazione P2 che abbina un motore elettrico,
progettato internamente, a un Kubota D902-K, 3 cilindri
da 18,5 kW, a controllo elettronico. Abbiamo
chiesto a Saim di fare il punto sull’anno alle spalle
e su quello in corso. Proprio Massimo Donà ci ha
rassicurati sull’andamento del 2023. «Con 53 milioni
di euro, abbiamo superato il fatturato del 2022.
La quota prevalente spetta al marino, col 60-65%.
L’azienda sta vivendo un buon momento, il mercato
ci segue e noi lo seguiamo altrettanto bene. Nel
2024 ci attendiamo una stabilizzazione dei volumi.
Saremo così in grado di programmare la crescita e
di porre l’accento sui prodotti nuovi, sulla meccatronica,
sull’intelligenza artificiale, sia nel marino
che nell’industriale. Saim compirà un ulteriore e
deciso passo verso lo sviluppo nei cinque anni che
abbiamo di fronte». Quando Massimo Donà associa
il concetto di novità al segmento industriale,
esplodono i fuochi d’artificio: «Dal prossimo anno
prevediamo di affiancare a Kubota un motorista,
che non sarà in sovrapposizione, dal momento che
integrerà la nostra proposta sulle taglie più grandi,
da 170 a 500 chilowatt. Proseguiremo inoltre nello
sviluppo dell’ibrido, che sarà lanciato all’Eima ed
entrerà in produzione nel 2025. Il primo prototipo
è in fase di test meccanico e strutturale, siamo in
attesa del software per programmare i protocolli.
A quel punto lo proveremo completo di controllo
elettronico. La roadmap prevede test sul campo con
un paio di Oem da giugno a fine anno, le preserie
nel primo trimestre 2025. Quindi, svolgeremo altre
prove, per completare l’iter nel corso del 2025. La
pianificazione è in linea con le nostre previsioni».
Con Marco Donà si passa al marino. «Kohler Marine
e Saim, e Atlantis Marine nel Regno Unito,
hanno dimostrato affidabilità nella relazione col
cliente, in un momento in cui l’affidabilità è un requisito
imprescindibile. Stiamo recuperando fette
di mercato che erano state polverizzate, per motivi
legati alla supply chain. Spinti dalla contingenza,
i cantieri hanno fatto stock. Negli ultimi mesi del
2023, esaurite le scorte, i grandi cantieri si sono
rivolti ai fornitori che dispongono di una efficiente
rete di servizio, diretta e indiretta.
Pensare positivo (e i numeri confermano)
Pur in una congiuntura di flessione, i numeri di
Saim non accennano a diminuire. Anche al Boot
Show di Düsseldorf le cose non sono andate male.
Eravamo presenti con Exalto, il nostro distributore
olandese. Mi riaggancio con un esempio al criterio
dell’affidabilità. Mi sono recato tre giorni in
fiera per incontrare il responsabile acquisti di un
grosso cantiere europeo, che intende concentrarsi
su fornitori strutturati, con una rete di vendita e
assistenza mondiale, che li possa accompagnare
nella transizione. I distributori, tipicamente, sono
aziende familiari di media entità, con una storicità
di almeno 50 anni. Saim svolge una miriade
di attività collaterali al prodotto. Il pre-sales è
fondamentale». Marco Donà prosegue con alcune
citazioni di prodotto. «Abbiamo introdotto lo “shipto-shore”,
un sistema di controllo per collegare lo
yacht alla corrente di banchina senza spegnere
il gruppo e creare un blackout, che può produrre
danni al sistema di bordo. Il progetto è stato
sviluppato da Saim insieme alla ComAp. A firma
Exilator c’è ExiLencer, filtro antiparticolato con
brevetto del blocco ceramico, spendibile sia sul
primo equipaggiamento che come retrofit. Il dispositivo
risponde all’esigenza degli armatori, sempre
più sensibili agli incombusti in acqua e al fumo.
Polveri sottili e monossido di carbonio sono pressoché
azzerati (99%-98%), il rumore è tagliato di
35 dB. Lo forniamo in primo equipaggiamento a
mega yacht di Tankoa e OverMarine. Infine, una
citazione per Hydromaster. I pod azimutali olandesi
sopportano potenze elevate, fino a 1.000 kW. Sono
diffusi su traghetti e pilotine ad Amsterdam e nel
porto di Rotterdam. In Italia abbiamo ricevuto da
Sisgen il primo ordine per dei pontoni galleggianti.
È un mercato finora inesplorato da Saim. Stiamo
lavorando a un sistema IoT di monitoraggio attivo
dei sistemi di bordo, in primis i gruppi elettrogeni.
Coadiuverà la manutenzione preventiva. Il sistema
pianifica l’intervento, in modo da programmare la
manutenzione secondo le esigenze dell’armatore.
La versione base è ormai pronta. Quando avremo
raccolto una quantità significativa di dati, saremo
nelle condizioni di implementare l’intelligenza artificiale».
E le vostre “propaggini” estere? «Va decisamente
bene nel Regno Unito, dove in un anno
abbiamo raddoppiato il fatturato per la semplice
presenza di Saim, senza avere messo mano alla
struttura. Sunseeker e Princess ci stanno seguendo.
Ad Hong Kong collaboriamo con Msa (Marine
service Asia) e negli Emirati Arabi con la Yacht
Controller Fzc che coordina le attività commerciali
e di service sul territorio per diversi dei nostri
prodotti». Con Massimo Donà facciamo ritorno a
terra. «Da un paio di anni, Incofin gestisce sistemi
di prevenzione delle collisioni basati sui più recenti
progressi nell’intelligenza artificiale e nella tecnologia
della visione stereoscopica (3D), tramite videocamere
multi-obiettivo che funzionano anche a 50
metri ed in visione notturna. Rilevano veicoli, esseri
viventi e oggetti inanimati, inviando all’operatore
un segnale acustico, che identifica e segnala il tipo
di ostacolo da evitare.
Un occhio vigile
Questi sistemi sono adattabili su svariate macchine
da lavoro, soprattutto nel trattamento dei rifiuti
e nella cantieristica pesante. Collaboriamo con i
principali produttori mondiali di tali innovativi sistemi
di sicurezza. Queste telecamere sono applicabili
anche agli yacht, per misurare la distanza tra
barche, banchina e poppa/prua, durante le manovre
in porto e l’ormeggio, secondo i protocolli dell’intelligenza
artificiale. Per quanto riguarda Kubota,
ci sono nuove applicazioni agricole, che vedrete
all’Eima, sotto i 55 chilowatt. Piace il D902-K a
controllo elettronico, che consente di evitare i trasduttori;
arriva direttamente in centralina, da cui
esce con i segnali, per un controllo più economico
e diretto. Si presta particolarmente alle piattaforme
aeree. L’idrogeno è la tecnologia dove Kubota sta
investendo risorse, alla pari del micro-ibrido».
Sala prove, aree
di test, controlli
sul campo.
A Buccinasco si
sono attrezzati
per seguire,
accompagnare
e verificare
l’ingegnerizzazione
e le verifiche
empiriche. Nella
foto qui sopra,
l’Hydromaster
Series D High
Speed.
32
33

BIMOTOR
VADO AL
MASSIMO
Il ricordo del 2023 è affidato ai
numeri: 11.400 motori venduti,
fatturato a 115 milioni di euro,
in crescita del 15/16%. Una
performance ascrivibile sia al marino
che all’industriale, con picchi
abbastanza omogenei tra area iberica
e mercato francese. Il progetto
australiano guadagna consensi,
la collaborazione con Valdinoci
e Scania procede bene. Grandi
soddisfazioni anche dallo sprinkler
Qui, lo stand a
quattro mani con
Valdinoci. Comune
denominatore
Raywin e la
filosofia d’impresa.
Di Raywin, Yuchai
e Fpt Industrial le
motorizzazioni degli
impianti sprinkler.
Sono 1.400 i motori
per l’antincendio
venduti nel corso
del 2023.
terra e mare
Alla Bimotor una ne fanno e cento ne pensano.
Li abbiamo seguiti, fisicamente o collegati in
remoto, nell’insediamento e nella penetrazione
commerciale del continente australiano. Nell’avventura
delle applicazioni antincendio. Nella personalizzazione
dei Powerpack e nell’arricchimento
dell’offerta motoristica nelle declinazioni nautiche.
Ab ovo, nel potenziamento dello stoccaggio motori
a Ciriè, che si è rivelata una carta vincente, soprattutto
nell’affannata rincorsa degli Oem di unità
pronta consegna, nella sciagurata congiuntura dello
“shortage”. Ci siamo recati proprio a Ciriè, per discutere
del recente passato e del presente di Bimotor.
Seduti con noi, Filippo Brunero, Ceo, e Rinaldo
Marengo, Sales & Purchase General Manager.
Come è stato il 2023 della Bimotor?
«Il 2023 di Bimotor si è chiuso con un fatturato
complessivo di 115 milioni di euro, con una crescita
che si aggira intorno al 15-16% rispetto al 2022 e
con 11.400 motori venduti in totale. Tra i settori
trainanti vi è certamente il marino, che ha registrato
un +28%, con una forte richiesta in tutte le aree
di prodotto. Il segmento dei motori da gruppo elettrogeno
con i suoi 6.500 motori impiegati anche in
applicazioni industriali speciali, si conferma forte,
con un graduale incremento dei volumi dello Stage
V a discapito dei motori non emissionati. Come
avevamo pensato, gli sprinkler hanno beneficiato di
un’autentica “esplosione”, principalmente ascrivibile
alla volontà di fornire un prodotto completo,
sia per le applicazioni UL/FM che per quelle non
listate. Abbiamo fornito ai nostri clienti circa 1.400
unità per applicazioni antincendio nell’anno. Queste
soluzioni sono motorizzate da unità Fpt Industrial,
Raywin e Yuchai, tutte quante trasformate internamente
per omologarle allo specifico utilizzo. Passando
in rassegna i motori industriali, a velocità variabile,
per applicazioni mobili e stazionarie, siamo
intorno ai 3.000 esemplari nel 2023. Anche qui si
è visto un significativo incremento delle vendite dei
motori Stage V, registrando un importante +13%».
A livello di aree, cosa può essere evidenziato?
«Abbiamo registrato un anno da incorniciare nella
penisola iberica, dove un exploit nella power generation
ha guidato il +35% complessivo. Decisamente
apprezzabile anche la performance nel mercato
francese, uno dei più complessi attualmente gestiti,
dove una sostanziosa crescita dell’off-road ha permesso
di conseguire un +15%. Possiamo certamente
affermare, in generale, che l’off-road e la power
generation Stage V sono per noi settori di focus,
vista la complessità delle soluzioni richieste, che ci
consente di dare, come Bimotor, un importante valore
aggiunto. L’Italia rimane il nostro mercato di
riferimento con il 55% delle vendite complessive,
mentre Croazia e Slovenia hanno avuto un impulso
significativo, in tutti i nostri campi di applicazione.
Andando nel Down Under, il progetto Australia comincia
a dare i suoi frutti (+40% rispetto al 2022)».
Quindi possiamo dire che la sfida Australia può
essere dichiarata vinta?
«Andiamoci piano: è un progetto complesso sia dal
punto di vista culturale sia organizzativo, ma ci stiamo
progressivamente calando in quel contesto. Il
mercato è sensibilmente diverso da quello europeo,
sebbene le richieste siano simili: supporto tecnico,
risposte veloci, disponibilità di prodotto e flessibilità.
Il costituendo network Fpt Industrial sul territorio
ci sta mettendo alla prova per verificare la bontà
delle nostre proposte, sia sui nuovi prodotti sia in
quelli dedicati al replacement, dove la conoscenza
del prodotto diventa fondamentale. In sostanza, offriamo
motori e ricambi con tutti i servizi connessi,
dalle configurazioni più semplici a quelle più complesse,
destinate al replacement, spesso consegnate
“pronte all’uso” per via aerea.
Non ultimo, in collaborazione con il nostro collega
Tht, basato a Perth, abbiamo installato i primi mo-
tori Fpt Industrial Stage V nel territorio australiano
per applicazione off-road in un impianto di betonaggio
situato a Melbourne. Il nostro obiettivo è quello
di arrivare a fornire lì lo stesso servizio che forniamo
in Europa, per il quale Fpt ci ha recentemente
valutati a un livello pari a 94 su 100.
In Australia, ancor più che in Europa per ragioni
geografiche e culturali, non si “segna in contropiede”
ma si arriva al goal impostando dalla difesa,
verso il centrocampo e lanciando l’attacco.
Il feedback riscontrato finora è assolutamente positivo,
come avvalorato recentemente da una survey
lanciata “in field”: stiamo trovando le chiavi per
instaurare una collaborazione stabile ed è un’operazione
di semina che ci ha assorbiti in questi anni
e che proseguirà. Con questo obiettivo per il 2024,
come negli altri due anni precedenti, parteciperemo
direttamente al salone Scibs di Sanctuary Cove,
a fianco di Fpt Industrial. Da non dimenticare che
un grande impulso al lancio di BePower Solutions
Australia, così si chiama la filiale australiana, proviene
dalla stretta collaborazione con Linz Electric,
produttore italiano di macchine elettriche di altissima
qualità».
Concentrandoci ora sul prodotto, i presupposti
che vi hanno stimolati a raccogliere la sfida sprin-
34
35

terra e mare
kler si sono quindi rivelati corretti?
«Senza dubbio la scommessa sui motori sprinkler ci
sta regalando grosse soddisfazioni e i numeri crescenti
dello sprinkler ci hanno indotti a creare un
reparto produttivo per l’antincendio, con una vera
e propria linea di allestimento di piccole serie. Attualmente,
questo segmento è presidiato da gamme
a base Fpt Industrial e John Deere, e da alcuni produttori
cinesi. Il nostro completamento della gamma
Fpt Industrial è realizzato grazie alla sinergia con il
marchio cinese premium, Yuchai, sulla gamma alta,
e a Raywin, sulla gamma bassa di potenza. Queste
collaborazioni ci consentono di soddisfare la richiesta
da 36 a 370 kW, attraverso una proposta con
iniezione meccanica. La parte bassa è coperta da
Raywin (da 36 a 48 kW), mentre l’estremità più alta
del range, da 280 a 370 kW, è coperta dalla gamma
Yuchai. Nello specifico, stiamo introducendo un nuovo
motore, basato su un Yuchai meccanico da 7 l, 4
valvole per cilindro, da 280 kW, che verrà denominato
B7. Tale motore, che sostituisce il N60 di Fpt,
andato in phase-out, è l’anello di congiunzione con
lo Yuchai 10,3 l da 370 kW, totalmente meccanico,
ben conosciuto dagli addetti ai lavori sotto la denominazione
B10. Oltre alla fornitura dei motori, una
parte importante è la gestione della ricambistica:
per questo tipo di attività ci appoggiamo al nostro
network o direttamente al costruttore, interessato ai
piani manutentivi dell’impianto, nella sua interezza.
Non meno importante è l’aspetto legato alla formazione
sia agli installatori sia alle aziende produttrici,
mediante seminari in presenza e da remoto».
Quindi Bimotor crede fermamente che la formazione
sia un aspetto fondamentale per la promozione
del proprio prodotto sul mercato?
«I corsi di formazione vengono sempre più richiesti
e ciò ha portato l’azienda ad assumere un secondo
trainer, per assicurarne la fornitura e assecondare
le richieste del cliente. Qualche esempio eclatante?
Partiamo da Wilo, azienda tedesca, con filiali in tutto
il mondo. Ci ha chiesto una giornata di training
per i suoi service, via webinar. In quell’occasione
si sono collegati 114 siti, dall’Indonesia al Cile.
Volevano una panoramica accurata del portafoglio
prodotti su base Fpt Industrial. Qualcuno si è svegliato
nel cuore della notte, qualcun’altro non ha
proprio dormito. E le domande non sono certamente
mancate! Ne vuole un altro? Alle 6 della mattina,
ora italiana e, talvolta, anche prima, ci occupiamo
del training agli australiani. Si varia dalle questioni
apparentemente più semplici, passando ai sistemi di
diagnosi e ai tool di software particolari».
In questo contesto così diversificato, quale strada
intraprende Bimotor, nel tortuoso percorso della
transizione energetica?
«Sicuramente lavoriamo all’elettrificazione, on demand,
su progetti mirati. Esistono progetti in ambito
marino, dove la competenza è richiesta soprattutto
nell’ambito dell’elettronica di potenza, tipo alcuni
progetti di vaporetti che stiamo seguendo. Fpt Industrial
ha sviluppato lo Stage V per applicazioni marine
senza post-trattamento, ideale nelle zone sensibili
dal punto di vista ambientale (vedi Eca e oasi
marine, ndr). Avremmo a disposizione le competenze
e le risorse per estendere un approccio “alternativo”
anche all’industriale, ma non riscontriamo una
richiesta così forte, forse perché siamo legati maggiormente
al mondo agricolo e a mondi in stretta
connessione con l’endotermico. Parliamoci chiaro:
allo stato attuale, tra le applicazioni mobili industriali,
l’elettrico non può avvalersi delle adeguate
infrastrutture per la ricarica. Sì, può funzionare con
macchine statiche come i caricatori, ma non con
tante altre. Pensi che ci hanno chiesto se fossimo
competitor di Avl, visto che spingiamo molto sullo
sviluppo di prodotto. La risposta, da parte nostra,
non può che essere negativa, perché il contesto nel
quale operiamo è completamente diverso. Il nostro
orizzonte è quello del miglioramento dell’efficienza,
per risolvere le reali necessità del cliente, “hic
et nunc”. Non siamo direttamente impegnati sulla
frontiera della tecnologia. Abbiamo le potenzialità
per sviluppare prototipi ibridi, con una macchina
elettrica a fungere da range extender, con un endotermico
compatto, da 2,8 e 3,6 litri. Esistono incentivi
statali che supporterebbero questa strategia.
Attualmente, però, li riteniamo esercizi di stile. Se
investiremo tempo e risorse in questa direzione, sarà
perché il mercato avrà manifestato un interesse concreto».
Parliamo di biocombustibili?
«Su questo tema, seguiamo fedelmente le indicazioni
di Fpt. L’Hvo è diffusamente accettato, dimostra
vantaggi strabilianti nella stabilità del prodotto nel
tempo e riduce i danni al sistema di iniezione dovuti
alla stagnazione del combustibile. Ci chiediamo,
però, se il gioco valga la candela. Stiamo svolgendo
un’indagine tra i nostri clienti, in collaborazione
con Fpt, per capire cosa intende il mercato per Hvo.
In realtà racchiude un universo complesso e articolato.
Non tutti gli oli idrogenati si rivelano idonei
alle applicazioni che trattiamo».
Quale sarà il prossimo filone di mercato che aggredirete?
«Quello degli onboard genset da 10 a 600 kVA. Da
10 a 40 kVA con prodotti Raywin; fino a 250 kVA
con la gamma Fpt Industrial, da 300 a 600 kVA col
prodotto Scania, anche in Imo III».
Potete descrivere come sta evolvendo la collaborazione
con l’azienda svedese?
«La collaborazione con Scania si sviluppa in linea
di integrazione con la gamma marina attuale, a
complemento di quella di Fpt Industrial. Con gli
svedesi ci stiamo focalizzando su una limitata porzione
della nostra offerta nel marino, con potenze
superiori a quelle precedentemente a listino. Siamo
orgogliosi di affermare che il 30% di motori marini
venduti in più nel 2023, rispetto al 2022, è stato
integralmente marchiato Fpt Industrial. Gli Scania
sono unità interessanti per un determinato segmento
del marino e per i gruppi di bordo, perché dispongono
di tantissime certificazioni su scala mondiale
per applicazioni ausiliare e a velocità costante. Il
rapporto con Italscania è aperto e collaborativo.
Gli obiettivi si definiscono insieme. C’è la volontà
di collaborare a una crescita sostenibile. Siamo visti
come un aiuto alla loro struttura per lo sviluppo della
rete, in termini di network e di cultura nello specifico
approccio sistemico. Nella relazione tecnicocommerciale
con Italscania, Bimotor contribuisce a
fornire valore aggiunto nella crescita delle vendite
dei motori in Italia. Per quanto riguarda i gruppi
di bordo, siamo a tutti gli effetti un Oem, in grado
di confrontarsi con la catena di fornitura dei grandi
cantieri. Il 2024 è l’anno in cui implementeremo le
azioni strategiche, volte al coinvolgimento della rete
di assistenza nella formazione dei propri tecnici».
Siamo ritornati al tema della formazione. Ritenete
che debba avere una ricaduta anche a livello
sociale?
Investiamo molto nella formazione delle entità a noi
collegate, anche quelle esterne, come le scuole. È il
caso dell’Istituto Tecnico Pininfarina di Moncalieri,
che supportiamo nella formazione in ambito motoristico.
Queste attività sono volte a formare i tecnici
del domani e siamo orgogliosi di farlo, senza alcuno
scopo di lucro.
Siete veramente una fucina di idee e di attività.
C’è qualcosa che vorreste ancora sottolineare in
conclusione?
«Vorremmo sottolineare l’ottima sinergia che abbiamo
con Valdinoci SpA per la distribuzione dei
motori Raywin in Italia. La collaborazione con Gigi,
Manuela e Marina Valdinoci si sta ampliando, attraverso
un continuo scambio reciproco di competenze.
Per questo, saremo nuovamente insieme al Dpe -
International Electricity Expo, dove porteremo una
gamma simile a quella dell’anno scorso, quando
eravamo appena partiti, che si è rivelata assolutamente
rispondente ai bisogni del mercato. Anche
la scelta dei motori raffreddati ad aria si è rivelata
vincente. I nostri mondi di riferimento richiedono
quel tipo di motori, ovviamente omologati Stage V.
Altre aziende li hanno abbandonati a se stessi, eliminandoli
dal catalogo; noi, invece, stiamo creando
una gamma ad hoc. Ci relazioniamo con il mercato
come se fossimo un’azienda unica e questa è veramente
un’unicità virtuosa. Stiamo cooperando molto
bene con i partner cinesi, riuscendo nell’intento di
rendere un prodotto cinese in linea con le richieste
del mercato europeo. In tale ambito siamo lieti di
annunciare che, al Middle East Energy di Dubai,
Raywin presenterà un nuovo motore, fortemente voluto
sia da Bimotor sia da Valdinoci, per aggredire
il mercato delle torri faro e fare concorrenza a Kubota,
Yanmar e Kohler. In quella taglia (15 kVA),
certificata Stage V, l’assorbimento del mercato italiano
è stimata sugli 8.000 pezzi/anno. In America i
volumi salgono addirittura in misura vertiginosa».
All’inizio dell’articolo avevamo affermato che in
Bimotor una ne fanno e cento ne pensano. Dopo
tutto ciò che ci è stato presentato possiamo solo applaudire
lo sforzo di diversificazione fatto a livello
di prodotto, di mercato e di servizi, sperando che la
crescita sostenibile, indicata negli anni scorsi da Ettore
Brunero, Presidente e anima dell’azienda, possa
continuare nei prossimi anni.
ELETTRICI
«Se investiremo
tempo e risorse in
questa direzione,
sarà perché il
mercato avrà
manifestato
un interesse
concreto».
36
37

LA VIE EN ROSE. Marianna Benetti
PROGRESSO
E AMBIENTE
Non una opposizione binaria ma uno slancio
biunivoco, nell’ottica che il progresso
tecnologico deve conciliarsi anche con
l’ecosistema antropico. In altri termini, con la
dignità umana. Queste premesse sintetizzano
la prospettiva femminile di Marianna Benetti.
Ingegnera, donna in carriera e fortemente
coinvolta nella promozione delle discipline
Stem tra la frazione studentesca femminile
INTERVISTA
Chiamatelo dirigente, capo, amministratore, la
declinazione risulterà comunque al maschile.
Pigrizia inerziale della lingua italiana o derivazioni
semantiche di quel modello gerarchico
chiamato patriarcato? Marianna Benetti, quarantacinque
anni, ingegnere, anzi ingegnera, sposata,
madre di tre figli. Quel che si dice una donna in
carriera che non ha abdicato dall’esercitare la naturale
inclinazione femminile, anche nei modi e
nelle forme tradizionalmente consacrati all’altra
metà del cielo (da manuale non scritto, la maternità
e il ruolo di “angelo del focolare”). Di quale
cielo stiamo parlando? Il firmamento della meccanica
e dell’energia è dominio territoriale e culturale
della frazione maschile. Marianna Benetti, come
le è venuto in mente di ritagliarsi un trompe-l’oeil
rosa in un monocromo azzurro?
«Tutto ha avuto origine in ragione del sussidiario
di seconda elementare. In copertina era riprodotta
una diga in montagna, con la centrale idroelettrica
e le casine illuminate nel fondo valle: mi colpì
profondamente il connubio tra lavoro della natura
e lavoro umano. Questo è l’imprinting».
Di lei potremmo citare, per coniugare al presente
questa narrazione, il percorso curricolare all’Università
di Padova e alla Technische Universität
di Berlino. Oppure i primi passi con Nuvera e le
celle a combustibile, il passaggio alla Man prima,
Ets poi, nelle vesti di responsabile tecnica e
supervisore dei motori industriali, inizialmente
solo stazionari, successivamente anche per macchine
off-highway. Da quasi undici anni è la mente
ingegneristica di Veil, di cui è co-fondatrice e
amministratrice delegata. Dovremmo citare le tre
lingue di cui dispone fluentemente? Torniamo a
quel sussidiario di seconda elementare. «Onestamente,
mi sento intrisa di questo imprinting, che
mi ha sempre influenzata. Nella mia visione è centrale
un aspetto: esiste un progresso tecnologico e
scientifico che si deve fare carico del rispetto per
l’ambiente. Bisogna alimentare la fame di utilizzi
energetici ma riducendo la richiesta di energia,
in modi tecnicamente efficienti ed eticamente adeguati».
Il valore aggiunto del femminile
«A mio avviso l’intelligenza maschile e quella femminile
hanno degli aspetti divergenti. Il maschio è
più analitico, sviscera gli argomenti e li affronta
nel dettaglio. L’approccio mentale femminile è invece
più incline alla sintesi, coglie l’insieme. Questi
due tipi di visione sono ugualmente necessari,
tanto che devono essere equilibrati e compresenti.
Quindi servirebbe la parità tra i sessi in tutte le
materie e in tutti i lavori per garantire una trattazione
corretta! In ambito ingegneristico purtroppo
non è stato così. Pensiamo all’energia: è un
elemento di sussistenza degli esseri umani sulla
Terra, e dato che questi sono ormai 8 miliardi va
considerata con un approccio olistico. Non ci si
può limitare ai meri aspetti tecnologici, dobbiamo
stimolare una visione globale e tenere ben presente
che ci si deve fare carico di tutelare la specie».
Torniamo alla Marianna Benetti adolescente.
«Mi piacevano tutte le materie ma, nel passaggio
dall’adolescenza all’età adulta, mi sono interrogata
su cosa fare “da grande”. Di fronte a questo
dilemma, devo ringraziare i miei bravi mentori,
quale fu ad esempio l’insegnante di fisica al liceo
scientifico, che mi hanno consentito di ponderare
consapevolmente le mie inclinazioni. Decisi
pertanto di iscrivermi alla facoltà di ingegneria.
Non mi interessava la meccanica “fredda”, anche
a 19 anni ero stimolata dall’ingegneria energetica,
un percorso di studi che all’epoca non esisteva.
C’erano solo studenti maschi, di donne manco
l’ombra. Mi sentivo la classica mosca bianca e
avvertivo la solitudine della mia esperienza di
studentessa di ingegneria. In un’aula grande, di
sicuro, non passavo inosservata». Aneddoti? «Ne
avrei da raccontare…», risponde, con un sorriso
eloquente. «Ho vissuto una miriade di siparietti.
Alla prima lezione di sistemi propulsivi, ero entrata
in aula in anticipo. In attesa dell’inizio della
lezione, il docente si è rivolto a me: “Signorina,
cosa fa, aspetta il fidanzato?”. “No, professore,
mi trovo qui per seguire la lezione e prepararmi a
sostenere l’esame”. Rimase sorpreso dalla mia risposta
e dalla conseguente presa di coscienza che
una donna poteva essere interessata alla materia.
In effetti, sono stata la sua prima studentessa e
ne è diventato fiero. È capitato che, in occasione
Marianna Benetti:
«Nel lavoro in sé
e per sé quello
che conta è la
competenza e
l’autostima che
ne deriva. A
maggior ragione
per superare gli
stereotipi»
38
39

INTERVISTA
di una mia assenza, abbia sospeso la lezione e
mandato tutti a casa».
Infine, l’ingegner Benetti entrò nel mondo del lavoro.
Quale fu l’impatto? «Ottimo, fortunatamente,
nell’azienda eravamo un gruppo eterogeneo e misto,
dove veniva data priorità al merito e il genere
veniva in secondo piano. Naturalmente sono capitati
e capitano episodi in cui si viene sottovalutati:
potrebbe sembrare umiliante, di primo acchito, ma
alla fine rappresenta un vantaggio. Disponi di una
informazione che l’interlocutore non conosce e te
la puoi giocare al momento opportuno, magari in
una fase di trattativa, quando sono richiesti tatto e
diplomazia. Durante una discussione professionale,
un tecnico di laboratorio mi ha apostrofato così:
“Cosa fai lì, giochi con le bambole?”». Come ha
reagito? «Per indole non mi arrabbio, preferisco
buttarla sull’ironia: se in una e-mail uno sconosciuto
mi si rivolge con il nome di battesimo rispondo
anche io facendo lo stesso. D’altronde ormai siamo
abituati all’understatement anglosassone…».
Da diversi anni sono attivi dei network di donne
impegnate nelle discipline Stem (Science, technology,
engineering e mathematics, ndr). Sono promotrice
di “Whats’s next fab lab”. L’associazione
si occupa di eventi di orientamento scolastico, sia
per le scuole medie che superiori. Nello statuto
è previsto il supporto alle ragazze interessate a
intraprendere percorsi Stem, che rischiano di farsi
condizionare dal retaggio familiare e dai freni
sociali. I modelli di ruolo femminili che caldeggiamo
si riferiscono a modelli approcciabili,
non necessariamente quello della Montalcini o di
AstroSamantha. Incontriamo studentesse universitarie,
altre agli inizi della loro attività lavorativa,
e si cerca di “buttargliela lì”, come si dice. In un
liceo, parteciparono al nostro incontro tantissime
ragazze. Una di loro espresse l’intenzione di
studiare lingua e letteratura spagnola. Nulla da
eccepire, ma quando precisò di essere al livello
C2, replicai: “Perché continuare a studiare spagnolo?”.
O ti interessa estendere all’università la
zona di comfort del liceo, oppure la prospettiva di
insegnare quella lingua. Altrimenti questa è un’abilità
di cui già disponi. Come insegna l’adagio
popolare, “impara l’arte e mettila da parte” e applicati
a qualcos’altro.
Una brava insegnante di matematica delle scuole
medie mi confessò che tuttora le famiglie considerano
molto importante la sua materia, e sono pronte
a prendere provvedimenti se il figlio maschio ha
un basso rendimento. Purtroppo, accade anche che
nel caso di una femmina, la reazione della madre
sia stata la rassegnazione: “Anch’io andavo male
in matematica”. C’è un evidente riflesso culturale
che spiega anche come mai tante ragazze dimostrino
profitto negli studi matematici fino a 12 o
13 anni, per subire successivamente una flessione.
Sicuramente non sono stimolate a proseguire. Il primo
nucleo di apprendimento e autovalorizzazione è
la famiglia. Si discute spesso del fatto che le donne
guadagnano meno degli uomini. Una ragione per
orientare le ragazze alle discipline Stem è anche
il fatto che si guadagni bene, e questo rappresenta
un aspetto tutt’altro che trascurabile. Però, mi
lasci dire, “povere Stem!”: quale sarebbe il livello
evolutivo di queste discipline se più donne avessero
fornito storicamente il loro contributo a fisica, biologia
e alle discipline Stem nel loro complesso? Secondo
alcune ricerche, le coppie più longeve sono
quelle in cui entrambi lavorano. Anche mio marito,
come molti uomini, concorda sul dover conciliare
la carriera di entrambi con il desiderio e gli oneri
che comporta farsi una famiglia: purtroppo, spesso
è l’elemento femminile della coppia che sacrifica
i traguardi professionali sull’altare dei doveri coniugali.
Il 70% dei lavori domestici è appannaggio
delle sole donne».
E in quali ambiti Stem potrebbe trovare terreno
fertile l’intelligenza femminile? «Per esempio, nel
campo aerospaziale, che sarà sempre più in auge.
Mi conceda una citazione. Amalia Ercoli Finzi, la
cosiddetta “signora delle comete”, è stata la prima
donna laureata in ingegneria aerospaziale in Italia.
Nella sua vita ha conciliato la carriera accademica
con la progettazione di diversi sistemi per la missione
Rosetta e le consulenze a Nasa, Asi ed Esa.
Nonostante questo, ha messo al mondo e cresciuto
cinque figli».
La regola dei tre metalli
Cosa si nasconde dietro una donna ingegnere che,
come lei, riesce a coltivare interessi, dedicarsi ad
una carriera eccezionale e seguire la famiglia? Lei
risponde che «vale sicuramente la regola dei tre
metalli: salute di ferro, carattere d’acciaio, marito
d’oro!». Prosegue: «C’è un aneddoto che riguarda
la ex first lady Michelle Obama. Presenziava a un
ricevimento un ex fidanzato di Michelle, che di mestiere
è chef. Obama pungolò la moglie facendole
notare che con lui sarebbe diventata la moglie di
uno chef. Lei, per tutta risposta, gli fece notare
che, al contrario, il suo ex probabilmente avrebbe
fatto il presidente. Occupandomi direttamente
di efficienza energetica, mi sento di caldeggiarla
all’utenza femminile, perché in questo ambito servono
sia l’approccio analitico che quello sintetico.
Alla Veil fatichiamo a trovare risorse femminili.
Alla richiesta di profili tecnici rispondono esclusivamente
candidati maschi».
Qualche esempio pratico degli effetti dell’egemonia
maschile nella tecnica? «Pensi alla progettazione
delle cinture di sicurezza. Gli incidenti stradali
mietono vittime tanto tra maschi che tra femmine,
adulti e bambini. Eppure, furono ricalibrate
perché, nella fase pionieristica del loro sviluppo,
concepite e testate da maschi, che semplicemente
non considerarono le differenze anatomiche tra un
maschio adulto, donne e bambini. L’Italia conserva
sacche di arretratezza, sotto questo punto di
vista, ma nella mia esperienza professionale non
ho mai ammirato “un gran splendore” nemmeno
negli Stati Uniti e in Germania. Anche in quei Paesi
è attuale il tema della disparità di genere. In
Germania la situazione è molta cambiata nel corso
degli ultimi anni. Lo dimostrano provvedimenti
come l’applicazione del diritto alla paternità fino a
quando i figli raggiungono l’età di tre anni. Devo
riconoscere che qualcosa si muove anche in Italia.
La mia parrucchiera, per esempio, vive in Veneto,
con il marito, che ha un contratto di lavoro dipendente,
mentre lei è lavoratrice autonoma. È convenuto
dunque al padre assumersi questa responsabilità,
e hanno così potuto crescere due bambini in
condivisione dei compiti e delle gioie annesse. Nel
recente passato questa scelta sarebbe stata oggetto
di stigma sociale per il papà. Sono esperienze
come questa che incidono sul cambio di mentalità.
Per concludere la parentesi sull’ecosistema culturale
italiano, mi conceda di spezzare una lancia
in favore dei colleghi con cui ho finora lavorato».
Cosa ne pensa delle quote rosa? «Tendenzialmente
sono contraria, perché credo nella meritocrazia.
Penso, però, che possano servire per ampliare la
possibilità di accesso delle donne a quegli ambienti
tuttora egemonizzati da uomini. Probabilmente è
un “male necessario”. Organizziamo corsi di digitalizzazione
e robotica, alle elementari, e “minacciamo”
di imporre le quote rosa ai genitori, per
attrarre le scolare».
«Il 24 maggio del
2022 abbiamo
festeggiato i primi
dieci anni di Veil.
Siamo verticali
al principio
dell’efficienza
energetica, che
trova le più svariate
applicazoni».
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41

VADO E TORNO EDIZIONI www.vadoetorno.com ISSN 0042 2096 Poste Italiane s.p.a. - SPED. IN A. P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, LO/MI
Vadoetorno
network
guarda
ho preso
l’Aero
-STY
ECCO I VINCITORI PER IL 2024 ● ANTEPRIME VOLVO FH AERO
IVECO DAILY/E-DAILY - FORD TRANSIT COURIER - I VAN DI STELLANTIS
RIPARTONO DA ATESSA ● PROVA NISSAN TOWNSTAR EV ● DAKAR
IL TRIONFO DEGLI IVECO ● POLITICA DA SUEZ SCACCO MATTO
ALL’ITALIA ● INFRASTRUTTURE QUELL’ENIGMA DEL TERZO VALICO
FEBBRAIO
2024
MENSILE
€ 3,00
Prima immissione:
8 febbraio 2024
2
VADO E TORNO EDIZIONI
www.vadoetorno.com - ISSN 0042 - Poste
Italiane s.p.a. - Sped. in a. p. - D.L. 353/2003 (conv.
in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, LO/MI
FEBBRAIO N. 2 - 2024
ANNO 33°- euro 5,00
IN QUESTO NUMERO
MINIBUS, MIDIBUS E FILOBUS: TUTTI I
DATI (POSITIVI) DEL MERCATO ITALIA
2023, 12 METRI ELETTRICI CONSIP A
CONFRONTO, RIVOLUZIONE ADAS,
AYATS HORIZON
Sinfonia
di
pianoforti
da Vadoetorno n. 2/2024 da AUTOBUS n. 2/2024
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VADO E TORNO EDIZIONI - www.vadoetorno.com - ISSN 1720-3503 - Poste Italiane s.p.a. - Sped. in a. p. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, LO/ MI - EURO 3,50
Tuttofare
N.2 - 2024 ANNO 29°
FEBBRAIO
MERCATO: UN CALO ANNUNCIATO. LE IMMATRICOLAZIONI DEL 2023
FIERAGRICOLA: RIPARTE LA STAGIONE DELLE FIERE. TOUR TRA I PADIGLIONI
da TRATTORI n. 2/2024
La rivista VADO E TORNO
affonda le radici nel 1962.
Praticamente rappresenta
l’antologia del camion dal
boom economico ai nostri
giorni. Le riviste AUTOBUS
e TRATTORI affiancarono
successivamente VADO E
TORNO nella descrizione
incalzante a aggiornata
di quanto avviene nel
trasporto persone e nella
meccanizzazione agricola.
Mondi che rappresentano,
per noi di POWERTRAIN,
gli scenari di quelle che su
queste pagine chiamiamo
applicazioni. Ad ogni uscita
proporremo la sintesi di
un articolo pubblicato sui
numeri precedenti delle
riviste di VADO E TORNO
EDIZIONI, la nostra casa
comune. Senza timore di
smentita possiamo parlare
di “filiera corta”: la catena
cinematica e le macchine
che la sostanziano.
42
43

VADO E TORNO EDIZIONI www.vadoetorno.com ISSN 0042 2096 Poste Italiane s.p.a. - SPED. IN A. P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, LO/MI
guarda
ho preso
l’Aero
Estratto da ‘Vado e Torno’ n. 2, 2024
-STY
ECCO I VINCITORI PER IL 2024 ● ANTEPRIME VOLVO FH AERO
IVECO DAILY/E-DAILY - FORD TRANSIT COURIER - I VAN DI STELLANTIS
RIPARTONO DA ATESSA ● PROVA NISSAN TOWNSTAR EV ● DAKAR
IL TRIONFO DEGLI IVECO ● POLITICA DA SUEZ SCACCO MATTO
ALL’ITALIA ● INFRASTRUTTURE QUELL’ENIGMA DEL TERZO VALICO
FEBBRAIO
2024
MENSILE
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Prima immissione:
8 febbraio 2024
2
Riparte da Atessa,
dal più grande
stabilimento
europeo di light
vehicle nel quale
sono stati prodotti
in 40 anni ben
7,3 milioni di
van, la strategia
di Stellantis
che punta a
raddoppiare
i ricavi dalle
vendite di veicoli
commerciali entro
il 2030
Un evento del tutto particolare,
quello organizzato
da Stellantis ad
Atessa, la località abruzzese in
provincia di Chieti dove ha sede
il più grande impianto europeo
per la produzione di veicoli
Atessa, dove nascono i light vehicle Stellantis
La storia
siamo noi
commerciali leggeri. Incentrato
sulla visita allo storico sito in
Val di Sangro, a margine della
quale c’è stata la “sorpresa” di
una prima fuggevole occhiata
alla nuova generazione, prodotta
proprio qui, dei light com-
mercial vehicle del Gruppo, ha
infatti avuto il suo momento
centrale (e più atteso) nel breve
incontro stampa col Ceo di
Stellantis, il portoghese Carlos
Tavares. E com’era fin troppo
facile prevedere, l’oretta scarsa
di botta e risposta del numero
uno del Gruppo con i giornalisti
ha finito per mettere all’angolo
il resto del programma.
Detto a evento concluso, un
vero peccato. Peccato che sia
finita in secondo piano la visita,
peraltro risultata molto interessante,
a quello che attualmente
è appunto il più grande
impianto europeo dedicato ai
veicoli commerciali, creato nel
1979 nell’ambito della jointventure
tra Fiat e i francesi di
Psa (Citroën-Peugeot). E dove
dall’inaugurazione, avvenuta
nel 1981, sono stati prodotti
7,3 milioni di veicoli, venduti
in più di 75 paesi nel mondo.
Esportato l’85 per cento
della produzione
L’impianto Sevel in Val di Sangro,
che si estende su una superficie di
oltre 1,2 milioni di metri quadrati,
vanta una capacità produttiva fino a
1.200 veicoli al giorno e occupa attualmente
circa 5 mila dipendenti, è
centrale nell’ambito della strategia
Pro One messa a punto da Stellantis
per i sei marchi del Gruppo
(oltre a Citroën, Fiat Professional,
Opel e Peugeot, ci sono infatti anche
Ram e Vauxhall), attraverso la
quale raggiungere gli obiettivi fissati
dal Dare forward 2030, il piano
con il quale, ha sottolineato Tavares,
«puntiamo a diventare leader
nel mercato dei veicoli commerciali
leggeri a livello mondiale».
Traguardo ambizioso ma certamente
non impossibile per il
Gruppo, la cui quota mercato in
Europa è attualmente superiore al
30 per cento, e per il quale già
oggi i veicoli commerciali rappresentano
un terzo dei ricavi
netti, con 1,72 milioni di veicoli
venduti nel 2023 (...)
Prosegue a pag. 46 di
Vado e Torno Febbraio 2024.
Inquadra il QRcode e leggi
l’articolo integrale.
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Italiane s.p.a. - Sped. in a. p. - D.L. 353/2003 (conv.
in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, LO/MI
FEBBRAIO N. 2 - 2024
ANNO 33°- euro 5,00
VADO E TORNO EDIZIONI
www.vadoetorno.com - ISSN 0042 - Poste
Estratto da ‘Autobus’ n. 2, 2024
IN QUESTO NUMERO
MINIBUS, MIDIBUS E FILOBUS: TUTTI I
DATI (POSITIVI) DEL MERCATO ITALIA
2023, 12 METRI ELETTRICI CONSIP A
CONFRONTO, RIVOLUZIONE ADAS,
AYATS HORIZON
Sinfonia
di
pianoforti
Sotto i 9,99
metri, sotto le 8
tonnellate: nel
micro-mondo
degli autobus,
o meglio dei
mini e midibus,
più di qualcosa
si muove.
immatricolazioni
nel 2023 hanno
sfondato il tetto
del migliaio: 1.097
le targhe dei
leggeri
D
opo avervi parlato di come
è andato il mercato
dell’autobus italiano sopra
le otto tonnellate sul numero
della rivista di gennaio (con
un approfondimento speciale di
6 pagine), perché non andare a
Mercato Italia 2023 sotto le 8 tonnellate
Quanto pesano
i leggeri!
vedere cosa è successo sotto le
8 ton, ovvero nella galassia dei
mini e midibus?
Se i “fratelli” maggiori in questo
2023 che abbiamo da poco salutato
hanno registrato un +72 per
cento sul 2022, con 4.043 nuove
targhe (dal 2004 non si sforava
il tetto delle 4.000 immatricolazioni),
anche i corti possono
ritenersi soddisfatti dei risultati
portati a casa.
Infatti, stando alla banca dati
Anfia, il mercato del bus italiano
sotto le 8 tonnellate segna 1.097
nuove targhe, +22,6 per cento sul
2022 (quando il pallottoliere si
fermò “in collina”, a 895 unità).
Leader e classifica
Il 68,2 per cento delle 1.097 immatricolazioni
2023 è appannaggio
di Iveco Bus, forte di 748
pezzi (135 sono Mobi-Indcar).
Anche in questo segmento, Iveco
Bus, è market leader. L’anno
scorso il costruttore si era fermato
a quota 586.
Seconda piazza per Daimler Buses:
Mercedes-Benz ha confermato
i 189 veicoli del 2022, pari a
una fetta del 17,2 per cento. Terzo
gradino per Fiat: 58 mezzi (erano
25 l’anno scorso), che valgono il
5,3 per cento del totale.
Medaglia di legno per un’altra
“F”, quella di Ford, che porta da
27 a 38 le macchine (3,5 per cento
è la quota di mercato).
Quinto posto per Volkswagen, che
perde oltre il cinquanta per cento
(il 51,2 per cento per l’esattezza):
sono 21 i mezzi immatricolati nel
2023 (erano stati 43 nel 2022).
Dieci, tutti elettrici, i dieci pezzi
di Karsan: la casa di Bursa (Turchia),
ne aveva immatricolato
appena uno l’anno precedente. A
quota dieci anche Peugeot, che
migliora di tre unità il risultato
ottenuto nel 2022.
Sotto le dieci unità Maxus: 6 veicoli
e quota di mercato pari allo
0,5 per cento. Sei pezzi anche per
Suzhou Eagle (che ne cede due
rispetto ai 12 mesi scorsi). Bene
Tecnobus, che si riprende dallo
zero in casella dell’anno scorso e
ne immatricola 4. Stesso discorso,
ma a quota 3, Tekne, poi Isuzu (2)
e Renault (1).
(...)
Prosegue a pag. 12 di
Autobus Febbraio 2024.
Inquadra il QRcode e leggi
l’articolo integrale.
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ioioni
N.2 - 2024 ANNO 29°
FEBBRAIO
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Tuttofare
Estratto da ‘Trattori’ n. 2, 2024
MERCATO: UN CALO ANNUNCIATO. LE IMMATRICOLAZIONI DEL 2023
FIERAGRICOLA: RIPARTE LA STAGIONE DELLE FIERE. TOUR TRA I PADIGLIONI
Il mercato trattori
perde il 13
per cento che
equivale a una
caduta delle
immatricolazioni
di oltre 2.500
unità rispetto allo
scorso anno. Se
a livello generale
pesano il crescere
dell’inflazione e
l’instabilità dei
mercati causata
dai conflitti in
corso, in Italia
gran parte e del
calo è causato dal
venir meno delle
agevolazioni 4.0
Dopo la sbornia del 2021 e
un 2022 comunque sopra
le righe, la tanto temuta
quanto attesa contrazione è arrivata.
Le immatricolazioni di trattori
dello scorso anno sono infatti diminuite
del 12,8 per cento con un
Mercato Italia 2023
Tutto da
rifare
calo dell’asticella a 17.614 unità,
2.592 in meno rispetto al 2022.
La situazione si inserisce in un
contesto generale che un po’ in
tutto il globo deve fare i conti col
segno meno. Nei primi 11 mesi
del 2023 le immatricolazioni di
trattori hanno infatti registrato
una caduta dell’8,4% negli Stati
Uniti, del 10,4% in Canada e del
21% in Cina mentre, sempre in
Asia, si sono mossi controcorrente
il mercato indiano, che ha evidenziato
una sostanziale tenuta, e
quello turco, in crescita del 24%.
A livello Europeo la flessione
complessiva è del 4,9 per cento,
ma il contesto è più variegato, se
in Spagna si registra un crollo del
15 per cento ecco che invece la
Germania chiude sugli stessi valori
del 2022 e fanno anche meglio
Francia e Regno Unito con incrementi
rispettivamente del 3 e del
2 per cento.
«I fattori che maggiormente incidono
sul mercato delle macchine
agricole – ha spiegato Mariateresa
Maschio, Presidente di
FederUnacoma – sono quelli
relativi all’incertezza economica,
determinata in buona parte
dalla guerra fra Russia e Ucraina
e dalle conseguenti black list
e sanzioni commerciali, ed ora
aggravata dal nuovo conflitto in
Medioriente. Ma un peso determinante
sta avendo l’inflazione
che ha comportato soprattutto in
Europa un sensibile aumento dei
costi di produzione e quindi del
prezzo finale dei macchinari e soprattutto
l’aumento dei tassi d’interesse,
praticato in primo luogo
dalle banche centrali europea e
statunitense». Dall’analisi delle
vendite marchio per marchio nel
bel Paese si evidenzia un sostanziale
arretramento di tutti i principali
brand mentre balza all’occhio
la crescita dei marchi cosiddetti
outsider nella fascia dei compatti
sotto i 50 cavalli che innalzano
la voce “altri” dalle 381 unità del
2022 alle 624 del 2023. In tale
contesto, agevolato anche da una
recente modifica del Codice della
Strada, che (spiega l’associazione
dei costruttori) ha consentito agli
operatori non professionali di immatricolare
macchine agricole, va
segnalato
(...)
Prosegue a pag. 12 di
Trattori di Febbraio 2024.
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l’articolo integrale.
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Hitachi e Abb
GROSSO
E SMART
C’è il pantografo per
la salita e la frenata
rigenerativa per la
discesa. Alla prova in
una miniera in Zambia
oem&motori
Vi raccontiamo un altro tentativo
di affrancare i mega
dumper dalla dipendenza
dal gasolio. Dopo il dumper da
miniera a trazione elettrica con
fuel cell, 930E di Komatsu, pubblicato
sul numero di Gennaio-
Febbraio, è la volta di Hitachi
Construction Machinery, in sinergia
con la divisione Traction
di Abb. Il prototipo, reduce dai
test in fabbrica, è stato spedito
il 20 gennaio 2024 nella miniera
di rame e oro di Kansanshi,
in Zambia, dove la fase dimostrativa
e di test finale verranno
eseguite al più tardi a metà del
2024. Il progetto di sviluppo del
prototipo è iniziato nel 2021. Il
sistema elettrico di bordo trae
energia da un pantografo, per alimentare
direttamente il motore e
caricare un sistema di accumulo
dell’energia a batterie. Durante
la guida in discesa, il sistema
di frenata rigenerativa carica la
batteria, riducendo la potenza di
ricarica quando il camion è collegato
col pantografo. Questo
permette all’autocarro con cassone
ribaltabile di rimanere in
funzionamento continuo senza
interruzioni di ricarica, mantenendo
così un’elevata produttività,
mentre un sofisticato sistema
di gestione termica ed energetica
della batteria ne massimizza la
durata. Quando è in movimento
sui terreni pianeggianti, l’autocarro
elettrico funzionerà con
la batteria interna. Durante il
percorso in salita, invece, trarrà
energia dall’alimentazione esterna
dal pantografo. Viaggiando
in discesa, il camion utilizzerà
l’energia recuperata dalla frenata
rigenerativa per ricaricare la
batteria. La conversione da diesel
ad elettrico è stata resa possibile
grazie alle batterie di Abb
e ai convertitori DC/DC ad alta
efficienza.
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e mercato del motore diesel.
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