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Foxe_Il_Libro_dei_Martiri

Il mistero della storia non è completamente oscuro, poiché è un velo che nasconde solo parzialmente l'attività creativa e le forze spirituali e il funzionamento delle leggi spirituali. È un luogo comune dire che il sangue dei martiri è il seme della Chiesa, eppure quello che stiamo affermando è semplicemente che gli atti individuali di decisione spirituale portano frutti sociali... Perché i grandi cambiamenti culturali e le rivoluzioni storiche che decidono il destino delle nazioni o il carattere di un'epoca sono il risultato cumulativo di una serie di decisioni spirituali... la fede e l'intuizione, o il rifiuto e la cecità, di individui. Nessuno può mettere il dito sull'ultimo atto spirituale che fa pendere l'equilibrio e fa assumere una nuova forma all'ordine esterno della società… La persecuzione, impotente a distruggere non solo, ma a smuovere questa novella società, altro non fece che darle coscienza della sua possa, e condurla a formare una comunione più unita.

Il mistero della storia non è completamente oscuro, poiché è un velo che nasconde solo parzialmente l'attività creativa e le forze spirituali e il funzionamento delle leggi spirituali. È un luogo comune dire che il sangue dei martiri è il seme della Chiesa, eppure quello che stiamo affermando è semplicemente che gli atti individuali di decisione spirituale portano frutti sociali... Perché i grandi cambiamenti culturali e le rivoluzioni storiche che decidono il destino delle nazioni o il carattere di un'epoca sono il risultato cumulativo di una serie di decisioni spirituali... la fede e l'intuizione, o il rifiuto e la cecità, di individui. Nessuno può mettere il dito sull'ultimo atto spirituale che fa pendere l'equilibrio e fa assumere una nuova forma all'ordine esterno della società… La persecuzione, impotente a distruggere non solo, ma a smuovere questa novella società, altro non fece che darle coscienza della sua possa, e condurla a formare una comunione più unita.

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New Covenant Publications International Ltd. Italian

Copyright © 2020. Pubblicazioni Internazionali della Nuova Alleanza

Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con

qualsiasi mezzo, elettronico o meccanico, incluso le fotocopie, la trasmissione facsimile,

la registrazione, il riadattamento o l'uso di qualsiasi sistema di immagazinamento e

recupero di informazioni, senza il permesso scritto della società editrice, tranne nel caso

di brevi citazioni incorporate in articoli e recensioni critici. Per qualsiasi domanda,

consultare l'editore.

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di brevi citazioni incorporate in articoli e recensioni critici, da pubblicare su una rivista o

un giornale, senza il permesso scritto dell'autore o dell'editore.

ISBN: 359-2-85933-609-1

ISBN: 359-2-85933-609-1

Curato e Disegnato da: Gruppo Internazionale della Nuova Alleanza

Stampato nel Regno Unito.

Prima stampa il 26 Maggio 2020

Pubblicato dalla Pubblicazione Internazionale della Nuova Alleanza

New Covenant Publications International Ltd.,

Kemp House, 160 City Road, London, EC1V 2NX

Visita il sito: www.newcovenant.co.uk


DI FOXE

JOHN FOXE


Se dobbiamo morire – che non sia come maiali

Braccati e rinchiusi in un angolo senza gloria,

Mentre intorno a noi ringhiano cani rabbiosi e famelici,

che si fanno beffe del nostro destino maledetto.

Se dobbiamo morire – oh, che sia nobilmente,

Così che il nostro sangue prezioso non sia versato

Invano; allora anche i mostri che sfidiamo

Saranno costretti a onorarci nella nostra morte!

Oh, Fratelli! Dobbiamo affrontare il nemico comune;

Anche se in pochi contro molti, mostriamoci coraggiosi,

E per mille dei loro colpi assestiamone uno mortale!

Che importa se ci aspetta la tomba?

Da uomini affrontiamo il vile branco assassino,

Con le spalle al muro, morendo, ma combattendo!

Se Dobbiamo Morire, 1919

Claude McKay


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New Covenant Publications

International Inc.

Libri Riformati, Menti Trasformati

Alt-Heerdt 104, 40549 Düsseldorf, Germany

Tel : +49 211 399 435 234

Email: newcovenantpublicationsintl@gmail.com


Riconoscimento

Dedicato a Dio.


Prefazione

New Covenant Publications International mette in contatto il lettore con il piano

divino legando cielo e terra, e rafforzando la perpetuità della legge dell'amore. Il

logo, l'Arca dell'Alleanza rappresenta il rapporto intimo tra Cristo Gesù e il suo

popolo e la centralità della legge di Dio. Come è scritto, “Ma questo è il patto che

stabilirò con la casa d'Israele dopo quei giorni» dice l'Eterno: «Metterò la mia

legge nella loro mente e la scriverò sul loro cuore, e io sarò il loro Dio ed essi

saranno il mio popolo.” (Geremia 31: 31-33; Ebrei 8: 8-10). In effetti, la nuova

alleanza attesta una redenzione, nata dal conflitto implacabile e sigillata dal

sangue.

Per innumerevoli secoli, molti hanno sopportato la più acuta afflizione e

l'oppressione incomprensibile, calcolati per eliminare la verità. Soprattutto durante

l'Età Oscura, questa luce era stata molto distrutta e oscurata dalle tradizioni umane

e dall'ignoranza diffusa, perché gli abitanti del mondo avevano disprezzato la

sapienza. Essi hanno trasgredito l'alleanza. La maledizione del compromesso con

mali proliferanti provocò un tale flagello di degenerazione sfrenata e diabolica

disumanità, che molte vite furono sacrificate ingiustamente, rifiutando di cedere la

libertà di coscienza. Tuttavia, è stata ripristinata una conoscenza perduta, in

particolare durante il tempo della Riforma.

Il periodo della Riforma del XVI secolo ha scatenato un momento di verità,

cambiamenti fondamentali e le conseguenti turbolenze, come si evince dalla

Controriforma. Tuttavia, attraverso questo volume, si riscopre il significato

innegabile di questa singolare rivoluzione, principalmente dalle prospettive dei

Riformatori e di altri coraggiosi pionieri. Dalle loro testimonianze scritte, si

possono capire le devastanti battaglie, i motivi alla base di tale resistenza

fenomenale e interventi soprannaturali.

Il nostro tema: “Libri Riformati, Menti Trasformate” sottolinea il distinto genere di

letteratura, composto in un'epoca critica e il suo impatto. I capitoli esprimono

profondamente anche l'urgenza della riforma personale, della rinascita e della

trasformazione. Mentre la macchina da stampa di Gutenberg, unita all'agenzia di

traduzione, diffondeva i principi della fede riformata, circa 500 anni fa, la stampa

digitalizzata e i media elettronici comunicheranno in ogni lingua la luce della

verità in questi ultimi giorni.


Il Libro dei Martiri di Foxe

1


Il Libro dei Martiri di Foxe

Sommario

Capitolo I - Storia dei Martiri Cristiani fino alle Prime Persecuzioni Generali .................. 4

Capitolo II - Le Dieci Persecuzioni Primitive ..................................................................... 9

Capitolo III - Persecuzioni dei Cristiani in Persia ............................................................. 37

Capitolo IV - Le Persecuzioni Papali ................................................................................ 47

Capitolo V - Un Resoconto dell'Inquisizione .................................................................... 64

Capitolo VI - Un Resoconto delle Persecuzioni in Italia sotto il P33apato ...................... 91

Capitolo VII - Un Resoconto della Vita e delle Persecuzioni di Giovanni Wickliffe .... 139

Capitolo VIII - Un Resoconto delle Persecuzioni in Boemia sotto il Papato ................. 144

Capitolo IX - Un Resoconto della Vita e delle Persecuzioni di Martin Lutero .............. 163

Capitolo X - Persecuzioni Generali in Germania ............................................................ 170

Capitolo XI - Un Resoconto delle Persecuzioni nei Paesi Bassi ..................................... 177

Capitolo XII - La Vita e la Storia del Vero Servo e Martire di Dio ................................ 181

Capitolo XIII - Un Resoconto della Vita di Giovanni Calvino ....................................... 189

Capitolo XIV - Un Resoconto delle Persecuzioni in Gran Bretagna e Irlanda ............... 193

Capitolo XV - Il Complotto della Polvere da Sparo ....................................................... 207

Capitolo XVI - Un Resoconto delle Persecuzioni Scozzesi sotto Enrico VIII ............... 213

Capitolo XVII - Persecuzioni in Inghilterra durante il Regno della Regina Maria ......... 222

Capitolo XVIII - Protestantesimo in Irlanda e Massacro del 1641 ................................. 313

Capitolo XIX - La Crescita, il Progresso, le Persecuzioni dei Quaccheri ....................... 330

Capitolo XX - Un Resoconto della Vita e delle Persecuzioni di Giovanni Bunyan ....... 342

Capitolo XXI - Un Resoconto della Vita di Giovanni Wesley ....................................... 345

Capitolo XXII - La Rivoluzione Francese del 1789 e le Sue Persecuzioni .................... 348

Capitolo XXIII - Le Persecuzioni dei Protestanti Francesi in Francia 1814-1820 ......... 375

Capitolo XXIF - L'Inizio delle Missioni Estere Americane ............................................ 392

Gli Inizi Missionari .......................................................................................................... 412

Epilogo dell'Edizione Originale ...................................................................................... 413

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Il Libro dei Martiri di Foxe

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Capitolo I - Storia dei Martiri Cristiani fino alle Prime

Persecuzioni Generali

Sotto Nerone

Cristo nostro Salvatore, nel Vangelo di S. Matteo, sentendo la confessione di Simon

Pietro, che, prima di tutti gli altri, lo riconobbe apertamente come Figlio di Dio, e avendo

percepito la mano segreta del Padre, Egli chiamò (alludendo al suo nome) una pietra, sulla

quale pietra Egli avrebbe costruito la Sua Chiesa, così forte che le porte dell'inferno non

potessero prevalere su di essa. In queste parole si notano tre cose: primo, che vi sarà in

questo mondo una Chiesa di Cristo. In secondo luogo, che la stessa Chiesa sarebbe stata

ferocemente messa in dubbio, non solo dal mondo, ma anche dalle immense potenze

infernali. E, in terzo luogo, che la stessa Chiesa, nonostante lo sforzo assoluto del diavolo

e tutta la sua malignità, sarebbe proseguita.

La quale profezia di Cristo vediamo prodigiosamente debba essere confermata, a tal

punto che l'intero corso della Chiesa fino ad oggi può sembrare nient'altro che una verifica

della predetta profezia. Primo, che Cristo abbia istituito una Chiesa non ha bisogno di

alcuna riaffermazione. In secondo luogo, quale forza di principi, re, monarchi, governatori

e governanti di questo mondo, con i loro sudditi, pubblicamente e privatamente, con tutta

la loro forza e astuzia, si siano scagliati contro questa Chiesa! E in terzo luogo, come la

suddetta Chiesa, nonostante tutto, abbia tuttavia resistito e mantenuto il suo posto! Quali

bufere e tempeste essa ha superato, è da ribadire con meraviglia: al cui più esplicito

annunzio, ho indirizzato questo racconto, al fine, in primo luogo, che le opere meravigliose

di Dio nella sua Chiesa possano disvelarsi alla gloria di Lui; ma anche che la continuità e

gli atti della Chiesa, di tanto in tanto, essendo propalati, possano con ciò rinnovellare

conoscenza ed esperienza, a beneficio del lettore e a edificazione della fede Cristiana.

Poiché non è nostra intenzione dilungarci sulla storia del nostro Salvatore, né prima

né dopo la Sua crocifissione, riteniamo solo necessario ricordare ai nostri lettori il disagio

degli Ebrei verso la Sua successiva risurrezione. Anche se un apostolo l'aveva tradito, un

altro l'aveva rinnegato, e pure sotto il vincolo solenne del giuramento; e anche se gli altri

lo avevano abbandonato, pur potendo togliere da tal numero "il discepolo noto al sommo

sacerdote"; la storia della Sua risurrezione diede una nuova inclinazione ai loro cuori e, per

intercessione dello Spirito Santo, impartì nuova fiducia alle loro menti. Le energie delle

quali furono resi pieni li rafforzarono a proclamare il Suo nome, per la confusione dei

governanti Ebrei e lo stupore dei proseliti Gentili.

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Il Libro dei Martiri di Foxe

1. S. Stefano

Santo Stefano fu il seguente a patire. La sua morte fu causata dal modo fedele in cui

predicava il Vangelo ai traditori e assassini di Cristo. A tal grado di follia questi erano

eccitati, che lo cacciarono dalla città e lo lapidarono a morte. Il tempo in cui vi fu sottoposto

si crede generalmente essere stato alla pasqua ebraica (pesach) che succedette a quella della

crocifissione di Nostro Signore e nel tempo della Sua ascensione, nella primavera

successiva.

A quel tempo una grande persecuzione fu sollevata contro tutti coloro che

professavano la loro fede in Cristo chiamandolo il Messia, o il profeta. Ci viene detto da S.

Luca, che "c’era una grande persecuzione contro la Chiesa come quella scatenata a

Gerusalemme"; e che "venivano tutti dispersi altrove per le regioni di Giudea e Samaria,

all’infuori degli apostoli". Circa duemila cristiani, con Nicànore, uno dei sette diaconi,

subirono il martirio durante la "persecuzione che sorse a cagione di Stefano".

2. Giacomo Maggiore

Il martire successivo in cui ci imbattiamo, secondo S. Luca, negli Atti degli Apostoli,

era Giacomo figlio di Zebedeo, fratello maggiore di Giovanni, e imparentato con nostro

Signore; poiché sua madre Salomè era cugina germana della Vergine Maria. Fu solo dieci

anni dopo la morte di Stefano che ebbe luogo il secondo martirio; poiché non appena Erode

Agrippa fu nominato [dai Romani, N.d.T.] governatore della Giudea, per entrare nelle loro

grazie, suscitò una forte persecuzione contro i Cristiani, decidendo che attaccare i loro capi

sarebbe stato un colpo efficace. Il racconto di prima mano datoci da un eminente notista,

Clemente Alessandrino, non dovrebbe essere trascurato; egli scrive che, come Giacomo fu

condotto al luogo del martirio, il suo accusatore fu indotto a pentirsi della sua condotta per

lo straordinario coraggio e la risolutezza dell'apostolo, e cadde ai suoi piedi per chiedere

perdono, professandosi cristiano, e decidendo che Giacomo non dovesse ricevere da solo

la corona del martirio. Quindi furono entrambi decapitati nello stesso momento. Così il

primo martire apostolico ricevette con gioia e risolutezza quel calice che aveva detto al

nostro Salvatore di essere pronto a bere. Timone e Parmenàs subirono il martirio quasi

contemporaneamente: quegli a Filippi e l'altro in Macedonia. Questi eventi avvennero nel

44 D.C.

3. Filippo

Nato a Betsaida in Galilea, dapprima chiamato semplicemente discepolo. Operò con

diligenza nell'Asia superiore e patì il martirio a Heliopolis in Frigia. Fu flagellato, gettato

in prigione, e poi crocifisso, nel 54 D.C.

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Il Libro dei Martiri di Foxe

4. Matteo

La cui occupazione fu quella di esattore delle tasse, nacque a Nazaret. Scrisse il suo

vangelo in ebraico, che fu poi tradotto in greco da Giacomo Minore. I luoghi delle sue

opere furono la Partia e l'Etiopia, e in quest’ultimo paese subì il martirio, ucciso con una

lancia nella città di Nadabah, nel 60 D.C.

5. Giacomo Minore

Si suppone da alcuni essere stato il fratello di nostro Signore, nato da una precedente

moglie di Giuseppe. Questo è assai dubbio, e concorda troppo con la superstizione cattolica

che Maria non abbia mai avuto altri figli se non il nostro Salvatore. Fu eletto alla

sorveglianza delle chiese di Gerusalemme; e fu autore dell'Epistola attribuita a Giacomo

nel sacro canone. All'età di novantaquattro anni fu picchiato e lapidato dai Giudei; e infine

gli fecero schizzare fuori il cervello con una mazza ferrata.

6. Mattia

Di cui meno si sa che della maggior parte degli altri discepoli, fu eletto per riempire

il posto vacante di Giuda. Fu lapidato a Gerusalemme e poi decapitato.

7. Andrea

Era il fratello di Pietro. Egli predicò il vangelo a molte nazioni asiatiche; ma al suo

arrivo a Edessa fu preso e affisso a una croce, le cui due estremità erano fissate

trasversalmente in terra. Da qui la derivazione del termine croce di Sant’Andrea.

8. S. Marco

Nato da genitori ebrei della tribù di Levi. Si suppone che fu convertito al cristianesimo

da Pietro, che egli servì come amanuense, e sotto il cui vaglio scrisse il proprio Vangelo in

lingua greca. Marco fu fatto a brani dalla gente di Alessandria, le cui mani spietate posero

fine alla sua vita, alla grande solennità di Serapide loro idolo.

9. Pietro

Tra molti altri santi, il beato apostolo Pietro fu condannato a morte e crocifisso, come

scrivono alcuni, a Roma; anche se altri, e non senza motivo, ne dubitano. Egesippo dice

che Nerone cercava prove contro Pietro per metterlo a morte; tal che, quando la gente

percepì ciò, implorarono Pietro con grande ardore affinché lasciasse la città. Pietro, per la

loro insistenza fatto persuaso, si preparò ad andarsene. Ma, diretto alla porta, vide il

Signore Cristo venirgli incontro, al quale egli, con reverenza, disse: "Signore, in quale

luogo ti rechi?" Al che Egli rispose dicendo: "Sono tornato per essere crocifisso". Con

questo, Pietro, intuendo che la sua sofferenza doveva essere compresa, ritornò in città.

Gerolamo dice che fu crocifisso, con la testa in basso e i piedi levati in alto, egli stesso

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Il Libro dei Martiri di Foxe

avendolo preteso, perché egli era (disse lui) indegno di essere crocifisso secondo la stessa

forma e la stessa maniera in cui il Signore lo era stato.

10. Paolo

Paolo, l'apostolo che prima si chiamava Saul, dopo il suo grande travaglio e le sue

indicibili fatiche nella promozione del Vangelo di Cristo, sofferse anche in questa stessa

prima persecuzione, sotto Nerone. Abdia afferma che, durante il suo regno, Nerone inviò

due dei suoi cavalieri, Ferega e Partemio, perché gli riferirissero della sua (di Paolo, N.d.T.)

morte. Essi, recandosi da Paolo che istruiva il popolo, lo implorarono di pregare per loro,

acciocché credessero; ed egli disse che di lì a poco avrebbero creduto e sarebbero stati

battezzati presso il Suo (di Gesù, N.d.T.) sepolcro. Fatto questo, i soldati vennero e lo

condussero fuori dalla città al luogo dell'esecuzione, dove egli, dette le sue preghiere, porse

il collo alla spada.

11. Giuda (Taddeo)

Fratello di Giacomo, comunemente detto Taddeo. Fu crocifisso a Edessa, nel 72 D.C.

12. Bartolomeo

Predicò in svariati paesi, e avendo tradotto il Vangelo di Matteo nella lingua dell’India,

lo diffuse in quel paese. Alla lunga fu picchiato crudelmente e poi crocifisso dagli

impazienti idolatri.

13. Tommaso

Chiamato Didimo, predicò il Vangelo in Partia e in India, dove, avendo suscitato la

rabbia dei preti pagani, fu martirizzato essendo trapassato con una lancia.

14. Luca

Evangelista, autore del Vangelo noto col suo nome. Viaggiò con Paolo attraverso vari

paesi e si ritiene che sia stato impiccato a un olivo dai preti idolatri di Grecia.

15. Simone

Detto Zelota, predicò il Vangelo in Mauritania, Africa e persino in Britannia, nel cui

ultimo paese fu crocifisso nel 74 D.C.

16. Giovanni

Il “discepolo più amato” era il fratello di Giacomo Maggiore. Le Chiese di Smirne,

Pergamo, Sardi, Filadelfia (di Lidia), Laodicea e Tiatira furono fondate da lui. Da Efeso

giunse l’ordine di essere inviato a Roma, dove si sostiene che fu gettato in un calderone di

olio bollente. Sfuggì per miracolo, senza danno. In seguito, Domiziano lo esiliò sull’Isola

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Il Libro dei Martiri di Foxe

di Patmos, dove scrisse il Libro della Rivelazione. Nerva, succeduto a Domiziano, lo

richiamò. Fu l’unico apostolo sfuggito alla morte violenta.

17. Barnaba

Era cipriota, ma di discendenza ebraica; la sua morte viene ritenuta essere avvenuta

attorno al 73 D.C. E tuttavia, nonostante tutte queste continue persecuzioni e terribili

castighi, la Chiesa diuturnamente si accrebbe, radicata nel profondo nella dottrina degli

apostoli e dei coadiutori apostolici, e bagnata in abbondanza dal sangue dei santi.

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Capitolo II - Le Dieci Persecuzioni Primitive

La Prima Persecuzione, Sotto Nerone, d.C. 67

La prima persecuzione della Chiesa avvenne nell'anno 67, sotto Nerone, il sesto

imperatore di Roma. Questo monarca regnò per il periodo di cinque anni, con moderato

credito nei suoi confronti, ma poi si abbandonò alla più grande stravaganza di carattere, e

alle più atroci barbarie. Tra gli altri capricci diabolici, ordinò che la città di Roma fosse

data alle fiamme, ordine che fu eseguito dai suoi ufficiali, guardie e servi. Mentre la città

imperiale era in fiamme, salì sulla torre di Macaenas, suonò la sua arpa, cantò la canzone

dell'incendio di Troia e dichiarò apertamente che "desiderava la rovina di tutte le cose

prima della sua morte". Oltre al nobile mucchio, chiamato il Circo, molti altri palazzi e

case furono consumati; diverse migliaia di persone morirono tra le fiamme, furono

soffocate dal fumo o sepolte sotto le rovine.

Questa spaventosa conflagrazione continuò per nove giorni; quando Nerone, sapendo

che la sua condotta era stata molto denunciata e che gli era stato gettato addosso un grave

odio, decise di dare la colpa ai cristiani, per giustificarsi subito e per soddisfare i suoi occhi

con abbondanti e nuove crudeltà. Questa fu l'occasione della prima persecuzione; e le

barbarie esercitate contro i cristiani erano così grossolane da suscitare persino la

commiserazione degli stessi romani. Nerone si perfezionò persino nella crudeltà, ed

escogitò ogni sorta di punizioni per i cristiani che l'immaginazione più infernale potesse

progettare. In particolare, ne fece cucire alcuni in pelli di bestie selvatiche, e poi li fece

dilaniare dai cani fino a farli morire; e altri vestiti con camicie rese rigide con la cera, fissati

a pali d'ascia e dati alle fiamme nei suoi giardini, per illuminarli. Questa persecuzione fu

generale in tutto l'impero romano, ma aumentò piuttosto che diminuire lo spirito del

cristianesimo. Nel corso di essa, San Paolo e San Pietro furono martirizzati.

Ai loro nomi si possono aggiungere Erasto, camerlengo di Corinto; Aristarco, il

Macedone, e Trofimo, un Efesino, convertito da San Paolo, e compagno di lavoro con lui,

Giuseppe, comunemente chiamato Barsaba, e Anania, vescovo di Damasco; ognuno dei

Settanta.

La Seconda Persecuzione, Sotto Domiziano, d.C. 81.

L'imperatore Domiziano, che era naturalmente incline alla crudeltà, prima uccise suo

fratello, e poi scatenò la seconda persecuzione contro i cristiani. Nella sua rabbia mise a

morte alcuni senatori romani, alcuni per cattiveria, altri per confiscare i loro beni. Poi

ordinò che tutta la stirpe di Davide fosse messa a morte.

Tra i numerosi martiri che soffrirono durante questa persecuzione c'era Simeone,

vescovo di Gerusalemme, che fu crocifisso, e San Giovanni, che fu bollito nell'olio e poi

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Il Libro dei Martiri di Foxe

esiliato a Patmos. Anche Flavia, la figlia di un senatore romano, fu esiliata nel Ponto; e fu

fatta una legge: "Che nessun cristiano, una volta convocato in tribunale, fosse esentato dalla

punizione senza rinunciare alla sua religione".

Durante il suo regno, una moltitudine di menzogne furono fabbricate per ferire i

cristiani. Tale era l'infatuazione dei pagani che, se carestie, pestilenze o terremoti

affliggevano qualche provincia romana, la colpa era dei cristiani. Queste persecuzioni tra i

cristiani aumentarono il numero degli informatori e molte persone, per amore di guadagno,

sotto giuramento, testimoniarono contro la vita degli innocenti.

Un'altra grande difficoltà era che, quando qualche cristiano veniva chiamato dai

magistrati, veniva proposto un giuramento di prova, che, se si rifiutavano di accettare,

veniva pronunciata la morte contro di loro; e se si confessavano cristiani, la sentenza era la

stessa. Tra i numerosi martiri che soffrirono durante questa persecuzione, i più notevoli

furono i seguenti.

Dionigi, l'Areopagita, era un ateniese di nascita, educato in tutta la letteratura utile e

ornamentale della Grecia. Si recò poi in Egitto per studiare astronomia, e fece osservazioni

molto particolari sulla grande e soprannaturale eclissi, che avvenne al tempo della

crocifissione del nostro Salvatore.

La santità della sua conversazione e la purezza dei suoi modi lo raccomandarono così

fortemente ai cristiani in generale, che fu nominato vescovo di Atene. Nicodemo, un

cristiano benevolo di una certa distinzione, soffrì a Roma durante la furia della

persecuzione di Domiziano.

Protasio e Gervasio furono martirizzati a Milano.

Timoteo fu il celebre discepolo di San Paolo e vescovo di Efeso, dove governò con

zelo la Chiesa fino al 97 d.C. In questo periodo, mentre i pagani stavano per celebrare una

festa chiamata Catagogion, Timoteo, incontrando la processione, li rimproverò

severamente per la loro ridicola idolatria, il che esasperò così tanto la gente che gli cadde

addosso con le loro mazze e lo picchiarono in modo così terribile che morì per le ferite due

giorni dopo.

La Terza Persecuzione, Sotto Traiano, d.C. 108

Nella terza persecuzione Plinio II, uomo colto e famoso, vedendo il deplorevole

massacro dei cristiani, e mosso a pietà, scrisse a Traiano, certificandogli che c'erano molte

migliaia di loro messi a morte quotidianamente, dei quali nessuno faceva nulla di contrario

alle leggi romane degno di persecuzione. "L'intero resoconto che essi davano del loro

crimine o errore (comunque lo si voglia chiamare) ammontava solo a questo (cioè ) che

avevano l'abitudine, in un giorno stabilito, di riunirsi prima della luce del giorno e di

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Il Libro dei Martiri di Foxe

ripetere insieme una forma prestabilita di preghiera a Cristo come Dio, e di legarsi con

delle leggi; non certo di commettere malvagità, ma, al contrario, di non commettere mai

furti, rapine o adulteri, di non falsificare la loro parola, di non frodare nessuno; dopo di che

era loro abitudine separarsi e riunirsi per mangiare in comune un pasto innocuo".

In questa persecuzione soffrì il beato martire Ignazio, che è tenuto in famosa

venerazione da moltissimi. Questo Ignazio fu nominato alla sede vescovile di Antiochia

dopo Pietro, in successione. Alcuni dicono che, essendo stato mandato dalla Siria a Roma,

perché professava Cristo, fu dato alle bestie selvatiche per essere divorato. Si dice anche

di lui che, quando passò attraverso l'Asia, essendo sotto la più stretta custodia dei suoi

guardiani, rafforzò e confermò le chiese in tutte le città dove andava, sia con le sue

esortazioni che con la predicazione della Parola di Dio. Perciò, giunto a Smirne, scrisse

alla Chiesa di Roma, esortandola a non usare mezzi per la sua liberazione dal martirio, per

non privarlo di ciò che più desiderava e sperava.

"Ora comincio ad essere un discepolo. Non mi preoccupo di nulla, né delle cose

visibili né di quelle invisibili, affinché io non vinca Cristo. Che il fuoco e la croce, che le

compagnie di bestie selvagge, che la rottura delle ossa e la lacerazione delle membra, che

la macinazione di tutto il corpo e tutta la malizia del diavolo mi colpiscano; sia così, solo

che io possa vincere Cristo Gesù!" E anche quando fu condannato ad essere gettato alle

belve, tale era il desiderio ardente che aveva di soffrire, che parlava, quando sentiva il

ruggito dei leoni, dicendo: "Io sono il grano di Cristo: Sto per essere macinato con i denti

delle bestie selvatiche, per diventare pane puro".

A Traiano successe Adriano, il quale continuò questa terza persecuzione con la stessa

severità del suo predecessore. Più o meno in questo periodo Alessandro, vescovo di Roma,

con i suoi due diaconi, furono martirizzati; oltre a Quirino ed Hernes, con le loro famiglie;

Zenon, un nobile romano, e circa diecimila altri cristiani.

Sul monte Ararat, molti cristiani furono crocifissi, coronati di spine e con lance

conficcate nei fianchi, a imitazione della passione di Cristo. Eustachio, un comandante

romano coraggioso e di successo, fu ordinato dall'imperatore di partecipare a un sacrificio

idolatrico per celebrare alcune delle sue vittorie; ma la sua fede (essendo un cristiano nel

suo cuore) era così grande della sua vanità, che rifiutò nobilmente. Infuriato per il rifiuto,

l'imperatore ingrato dimenticò il servizio di questo abile comandante, e ordinò che lui e

tutta la sua famiglia fossero martirizzati.

Al martirio di Faustines e Jovita, fratelli e cittadini di Brescia, i loro tormenti furono

così numerosi e la loro pazienza così grande, che Calocerio, un pagano, vedendoli, fu

colpito da ammirazione, ed esclamò in una sorta di estasi: "Grande è il Dio dei cristiani!"

per cui fu arrestato, e subì una sorte simile.

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Molte altre crudeltà e rigori simili furono esercitati contro i cristiani, finché Quadrato,

vescovo di Atene, fece una dotta apologia in loro favore davanti all'imperatore, che si

trovava lì per caso, e Aristide, un filosofo della stessa città, scrisse un'elegante epistola, che

indusse Adriano a rilassarsi nelle sue severità e a cedere in loro favore.

Adriano morì nel 138 d.C. e gli successe Antonino Pio, uno dei monarchi più amabili

che abbiano mai regnato e che fermò le persecuzioni contro i cristiani.

La Quarta Persecuzione, Sotto Marco Aurelio Antonino, d.C. 162

Marco Aurelio seguì, verso l'anno del Signore 161, un uomo di natura più severa e

severa; e, sebbene nello studio della filosofia e nel governo civile non meno lodevole,

tuttavia, nei confronti dei cristiani era tagliente e feroce; da lui fu mossa la quarta

persecuzione.

Le crudeltà usate in questa persecuzione furono tali che molti spettatori rabbrividirono

di orrore alla vista, e si stupirono dell'intrepidezza dei sofferenti. Alcuni dei martiri furono

obbligati (con i loro piedi già feriti) a camminare su spine, chiodi, conchiglie appuntite,

ecc. sulle loro punte. Altre persone furono flagellate fino a che i loro tendini e le loro vene

furono esposti, e dopo aver sofferto le torture più strazianti che si potessero escogitare,

furono distrutti dalle morti più terribili.

Germanico, un giovane uomo, ma un vero cristiano, essendo consegnato alle bestie

selvagge a causa della sua fede, si comportò con un coraggio così sorprendente che diversi

pagani si convertirono alla fede che ispirava un tale coraggio.

Policarpo, il venerabile vescovo di Smirne, capendo che delle persone lo cercavano,

scappò, ma fu scoperto da un bambino. Dopo aver dato una lauta cena alle guardie che lo

avevano catturato, egli desiderò un'ora di preghiera, che gli fu concessa, e pregò con tale

fervore che le sue guardie si pentirono di aver contribuito a prenderlo. Tuttavia, fu catturato

e portato dal proconsole, condannato e bruciato nella piazza del mercato.

Il proconsole allora lo esortò, dicendo: "Giura, e ti libererò; rimprovera Cristo".

Policarpo rispose: Ottantasei anni l'ho servito e non mi ha mai fatto un torto; come

potrei allora bestemmiare il mio re, che mi ha salvato? Al rogo, al quale era solo legato,

ma non inchiodato come al solito, perché aveva assicurato che sarebbe rimasto immobile,

le fiamme, accendendo i tizzoni, circondarono il suo corpo, come un arco, senza toccarlo.

E al boia, vedendo questo, fu ordinato di trafiggerlo con una spada. Quando uscì una

quantità di sangue così grande da spegnere il fuoco. Ma il suo corpo, su istigazione dei

nemici del Vangelo, soprattutto ebrei, fu ordinato di essere consumato nel mucchio, e la

richiesta dei suoi amici, che volevano dargli una sepoltura cristiana, fu respinta. Essi

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Il Libro dei Martiri di Foxe

tuttavia raccolsero le sue ossa e quanto più possibile dei suoi resti, e li fecero seppellire

decentemente.

Metrodoro, un ministro che predicava coraggiosamente, e Pionius, che fece alcune

eccellenti scuse per la fede cristiana, furono ugualmente bruciati. Carpus e Papilus, due

degni cristiani, e Agatonica, una pia donna, subirono il martirio a Pergamopolis, in Asia.

Felicitatis, un'illustre signora romana, di notevole famiglia e dalle virtù più brillanti,

era una cristiana devota. Aveva sette figli, che aveva educato con la pietà più esemplare.

Januario, il maggiore, fu flagellato e schiacciato a morte con dei pesi; Felix e Philip, i

due successivi, ebbero il cervello spappolato con delle mazze; Silvario, il quarto, fu ucciso

gettandolo da un ripido precipizio; e i tre figli minori, Alexander, Vitalis e Martial, furono

decapitati. La madre fu decapitata con la stessa spada degli ultimi tre.

Giustino, il celebre filosofo, cadde martire in questa persecuzione. Era nativo di

Neapolis, in Samaria, ed era nato nel 103 d.C. Giustino era un grande amante della verità

e uno studioso universale; studiò la filosofia stoica e peripatetica, e tentò quella pitagorica;

ma il comportamento dei professori lo disgustava. Si applicò alla filosofia platonica, nella

quale si dilettò molto. Verso l'anno 133 d.C., quando aveva trent'anni, si convertì al

cristianesimo, e allora, per la prima volta, percepì la vera natura della verità.

Scrisse un'elegante epistola ai gentili, e impiegò i suoi talenti nel convincere gli ebrei

della verità delle cerimonie cristiane; passò molto tempo a viaggiare, finché non prese la

sua dimora a Roma, e fissò la sua residenza sul monte Viminale.

Mantenne una scuola pubblica, insegnò a molti studenti che in seguito divennero

grandi uomini, e scrisse un trattato per distruggere le eresie di ogni tipo. Quando i pagani

cominciarono a trattare i cristiani con grande severità, Giustino scrisse la sua prima

apologia in loro favore. Quest'opera scritta mostra grande apprendimento e genio, e fece sì

che l'imperatore pubblicasse un editto a favore dei cristiani.

Poco dopo, entrò in frequenti dispute con Crescens, una persona dalla vita e dalla

conversazione viziosa, ma un celebre filosofo cinico; e i suoi argomenti apparivano così

potenti, ma disgustosi per il cinico, che il suo avversario decise la sua definitiva distruzione,

nel seguito compiuto.

La seconda apologia di Giustino, su certe severità, diede a Crescens il cinico

l'opportunità di mettere l'imperatore contro il suo autore; per cui Giustino e sei dei suoi

compagni furono arrestati. Avendo ricevuto l'ordine di sacrificare agli idoli pagani,

rifiutarono, e furono condannati ad essere flagellati e poi decapitati; la sentenza fu eseguita

con tutta la severità immaginabile.

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Molti furono decapitati per aver rifiutato di sacrificare all'immagine di Giove; in

particolare, Concordus, un diacono della città di Spolito.

Poiché alcune delle irrequiete nazioni del nord erano insorte in armi contro Roma,

l'imperatore marciò per incontrarli. Tuttavia, fu condotto in un'imboscata e temette la

perdita di tutto il suo esercito. Avvolto dalle montagne, circondato da nemici e morente di

sete, le divinità pagane furono invocate invano. Agli uomini della Legio XII Fulminata, o

legione del tuono, che erano tutti cristiani, fu ordinato di invocare il loro Dio per avere

aiuto. Ne seguì immediatamente una liberazione miracolosa; cadde una quantità prodigiosa

di pioggia, che, catturata dagli uomini, e riempiendo le loro dighe, diede un sollievo

improvviso e sorprendente. Sembra che la tempesta che miracolosamente balenò in faccia

ai nemici li intimidì così tanto, che una parte dell'esercito disertò per l'esercito romano; il

resto fu sconfitto, e le province in rivolta furono interamente recuperate.

Questo fatto fece sì che la persecuzione si placasse per qualche tempo, almeno in

quelle parti immediatamente sotto l'ispezione dell'imperatore; ma troviamo che subito dopo

infuriò in Francia, in particolare a Lione, dove le torture a cui furono sottoposti molti

cristiani superano quasi la capacità di descrizione.

I principali di questi martiri furono Vetius Agathus, un giovane uomo; Blandina, una

donna cristiana, di debole costituzione; Sanctus, un diacono di Vienna; lastre di ottone

rovente furono poste sulle parti più tenere del suo corpo; Biblias, una donna debole, un

tempo apostata. Attalo, di Pergamo; e Potino, il venerabile vescovo di Lione, che aveva

novant'anni. Blandina, il giorno in cui lei e gli altri tre campioni furono portati per la prima

volta nell'anfiteatro, fu sospesa su un pezzo di legno infisso nel terreno ed esposta come

cibo per le bestie selvatiche; in quel momento, con le sue ardenti preghiere, incoraggiava

gli altri. Ma nessuna delle bestie selvatiche la toccò, così che fu rinviata in prigione.

Quando fu nuovamente presentata per la terza e ultima volta, era accompagnata da Pontico,

un giovane di quindici anni, e la costanza della loro fede fece così infuriare la folla che né

il sesso dell'uno né la giovinezza dell'altro furono rispettati, essendo esposti a ogni sorta di

punizioni e torture. Rafforzato da Blandina, perseverò fino alla morte; ed ella, dopo aver

sopportato tutti i tormenti di cui sopra, fu infine uccisa con la spada.

Quando i cristiani, in queste occasioni, ricevevano il martirio, erano ornati e incoronati

con ghirlande di fiori; per questo, in cielo, ricevevano corone eterne di gloria.

È stato detto che la vita dei primi cristiani consisteva in "persecuzione in alto e

preghiera in basso". La loro vita è espressa dal Colosseo e dalle catacombe. Sotto Roma ci

sono gli scavi che noi chiamiamo catacombe, che erano allo stesso tempo templi e tombe.

La Chiesa primitiva di Roma potrebbe essere chiamata la Chiesa delle catacombe. Ci sono

circa sessanta catacombe vicino a Roma, nelle quali sono state tracciate circa seicento

miglia di gallerie, e queste non sono tutte. Queste gallerie sono alte circa otto piedi e larghe

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Il Libro dei Martiri di Foxe

da tre a cinque piedi, e contengono su entrambi i lati diverse file di lunghe e basse nicchie

orizzontali, una sopra l'altra come le cuccette di una nave. In queste, i corpi morti erano

collocati e la parte anteriore era chiusa, o da una singola lastra di marmo o da diverse grandi

piastrelle coperte di malta (cementate). Su queste lastre o piastrelle, gli epitaffi o i simboli

sono incisi o dipinti. Sia i pagani che i cristiani seppellivano i loro morti in queste

catacombe. Quando le tombe cristiane sono state aperte, gli scheletri raccontano la loro

terribile storia. Le teste vengono trovate mozzate dal corpo, le costole e le scapole sono

rotte, le ossa sono spesso calcinate dal fuoco. Ma nonostante la terribile storia di

persecuzione che possiamo leggere qui, le iscrizioni emanano pace, gioia e trionfo. Eccone

alcune:

"Qui giace Marcia, messa a riposare in un sogno di pace."

"Lorenzo al suo dolcissimo figlio, portato via dagli angeli".

"Vittorioso nella pace e in Cristo".

"Chiamato via, se ne andò in pace".

Ricordate, quando leggete queste iscrizioni, la storia che gli scheletri raccontano di

persecuzioni, di torture e di fuoco. Ma la piena forza di questi epitaffi si vede quando li

contrastiamo con gli epitaffi pagani, come:

"Vivi per l'ora presente, poiché non siamo sicuri di nient'altro".

"Alzo le mani contro gli dei che mi hanno catturato a vent'anni

Anche se non avevo fatto nulla di male."

"Una volta non ero. Ora non lo sono. Non ne so nulla;

E non mi riguarda."

"Viaggiatore, non maledirmi mentre passi,

Perché sono nelle tenebre e non posso rispondere."

I simboli cristiani più frequenti sui muri delle catacombe sono: il buon pastore con

l'agnello sulla spalla, una nave a vele spiegate, arpe, ancore, corone, viti e soprattutto pesci.

La Quinta Persecuzione, a partire da Severo, 192 d.C.

Severo, essendo stato guarito da una grave malattia da un cristiano, divenne un grande

amico dei cristiani in generale; ma il pregiudizio e il furore della moltitudine ignorante

prevalendo, leggi obsolete furono applicate contro i cristiani. Il progresso del cristianesimo

allarmò i pagani, e questi fecero rivivere la vecchia calunnia di attribuire le disgrazie

accidentali ai suoi professori cristiani, d.C. 192.

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Ma, anche se la malizia persecutoria infuriava, il Vangelo brillava con splendore; e,

saldo come una roccia inespugnabile, resisteva con successo agli attacchi dei suoi chiassosi

nemici. Tertulliano, vissuto in quest'epoca, ci informa che se i cristiani si fossero ritirati

collettivamente dai territori romani, l'impero si sarebbe notevolmente spopolato.

Vittore, vescovo di Roma, subì il martirio nel primo anno del terzo secolo, d.C. 201.

Leonidus, il padre del celebre Origene, fu decapitato per essere cristiano. Anche molti

uditori di Origene subirono il martirio; in particolare due fratelli, chiamati Plutarco e

Sereno; un altro Sereno, Erone ed Eraclide, furono decapitati. Rhais si fece versare sulla

testa della pece bollita e fu poi bruciata, così come Marcella sua madre. Potainiena, la

sorella di Re, fu giustiziata nello stesso modo di Re, ma Basilide, un ufficiale dell'esercito

che aveva ricevuto l'ordine di assistere alla sua esecuzione, si convertì.

Essendo Basilide, come ufficiale, tenuto a prestare un certo giuramento, rifiutò,

dicendo che non poteva giurare sugli idoli romani, essendo cristiano. Colpito dalla sorpresa,

il popolo non poteva, in un primo momento, credere a ciò che aveva sentito; ma egli non

aveva appena confermato lo stesso, che fu trascinato davanti al giudice, messo in prigione,

e subito dopo decapitato.

Ireneo, vescovo di Lione, nacque in Grecia e ricevette un'educazione educativa e

cristiana. Si suppone generalmente che il resoconto delle persecuzioni a Lione sia stato

scritto da lui stesso. Succedette al martire Potino come vescovo di Lione, e governò la sua

diocesi con grande correttezza; fu uno zelante oppositore delle eresie in generale, e, verso

il 187, scrisse un celebre trattato contro l'eresia. Victor, il vescovo di Roma, volendo

imporre la celebrazione della Pasqua lì, a preferenza di altri luoghi, provocò alcuni

disordini tra i cristiani. In particolare, Ireneo gli scrisse un'epistola sinodale, a nome delle

chiese galliche. Questo zelo, in favore del cristianesimo, lo indicò come oggetto di

risentimento all'imperatore; e nel 202 d.C. fu decapitato.

Le persecuzioni si estendevano ora all'Africa, molti furono martirizzati in quella parte

del globo; i più particolari dei quali citeremo.

Perpetua, una donna sposata, di circa ventidue anni. Quelli che soffrirono con lei

furono Felicitas, una donna sposata, grande e incinta al momento della sua cattura, e

Revocatus, catecumeno di Cartagine e schiavo. I nomi degli altri prigionieri, destinati a

soffrire in questa occasione, erano Saturnino, Secundulo e Satur. Il giorno stabilito per la

loro esecuzione, furono condotti nell'anfiteatro. Satur, Saturnino e Revocato ebbero

l'ordine di correre il guanto di sfida tra i cacciatori o coloro che si occupavano delle bestie

selvatiche. Essendo i cacciatori disposti in due file, essi correvano in mezzo e venivano

severamente frustati al loro passaggio. Felicitas e Perpetua furono spogliate, per essere

gettate a un toro impazzito, che attaccò prima Perpetua e la stordì; poi si scagliò su Felicitas

e la incornò terribilmente; ma non uccidendole, il boia lo fece con una spada. Revocato e

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Satur furono distrutti dalle bestie selvatiche; Saturnino fu decapitato e Secundulo morì in

prigione. Queste esecuzioni avvennero nel 205, l'ottavo giorno di marzo.

Anche Speratus e altri dodici furono decapitati, così come Andocle in Francia.

Asclepiade, vescovo di Antiochia, soffrì molte torture, ma la sua vita fu risparmiata.

Cecilia, una giovane donna di buona famiglia a Roma, era sposata con un signore di

nome Valeriano. Convertì suo marito e suo fratello, che furono decapitati; e il massimo, o

ufficiale, che li condusse all'esecuzione, convertendosi, subì la stessa sorte. La signora fu

messa nuda in un bagno bollente, e dopo avervi trascorso un tempo considerevole, la sua

testa fu colpita con una spada, d.C. 222.

Calisto, vescovo di Roma, fu martirizzato nel 224 d.C., ma le modalità della sua morte

non sono registrate; e Urbano, vescovo di Roma, incontrò la stessa sorte nel 232 d.C.

La Sesta Persecuzione, Sotto Massimo, 235 d.C.

d.C. 235, fu al tempo di Massimino. In Cappadocia, il presidente Seremiano fece di

tutto per sterminare i cristiani di quella provincia.

Le principali persone che perirono sotto questo regno furono Ponziano, vescovo di

Roma; Anteros, un greco, suo successore, che offese il governo raccogliendo gli atti dei

martiri, Pammachio e Quirito, senatori romani, con tutte le loro famiglie, e molti altri

cristiani; Simplicius, senatore;

Calepodio, un ministro cristiano, gettato nel Tevere; Martina, una nobile e bella

vergine; e Ippolito, un prelato cristiano, legato a un cavallo selvaggio, e trascinato fino

all'estinzione.

Durante questa persecuzione, scatenata da Massimino, numerosi cristiani furono

uccisi senza processo e sepolti indiscriminatamente in mucchi, a volte cinquanta o sessanta

furono gettati insieme in una fossa, senza la minima decenza.

Al tiranno Massimino, morto nel 238 d.C., successe Gordiano, durante il cui regno, e

quello del suo successore Filippo, la Chiesa fu libera da persecuzioni per più di dieci anni;

ma nel 249 d.C. scoppiò una violenta persecuzione ad Alessandria, su istigazione di un

prete pagano, all'insaputa dell'imperatore.

La Settima Persecuzione, Sotto Decio, 249 d.C.

Questa fu causata in parte dall'odio che egli nutriva verso il suo predecessore Filippo,

che era considerato un cristiano, e in parte dalla sua gelosia per il sorprendente aumento

del cristianesimo; infatti i templi pagani cominciarono ad essere abbandonati e le chiese

cristiane affollate.

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Queste ragioni spinsero Decio a tentare l'eliminazione stessa del nome di cristiano; e

fu una sfortuna per il Vangelo, che intorno a questo periodo, molti errori entrarono

tranquillamente nella Chiesa: I cristiani si opponevano gli uni agli altri; l'interesse

personale divideva coloro che l'amore fraterno avrebbe dovuto unire; e la virulenza

dell'orgoglio provocava una varietà di fazioni.

I pagani in generale avevano l'ambizione di far rispettare i decreti imperiali in questa

occasione, e consideravano l'omicidio di un cristiano come un merito per se stessi. I martiri,

in questa occasione, furono innumerevoli; ma dei principali daremo conto.

Fabiano, il vescovo di Roma, fu la prima persona di spicco che sentì la severità di

questa persecuzione. Il defunto imperatore Filippo, per la sua integrità, aveva affidato il

suo tesoro alle cure di questo buon uomo. Ma Decio, non trovando quanto la sua avarizia

gli faceva prevedere, decise di vendicarsi del buon prelato. Di conseguenza fu catturato e

il 20 gennaio del 250 d.C. fu decapitato.

Giuliano, nativo della Cilicia, come ci informa San Crisostomo, fu catturato perché

cristiano. Fu messo in una borsa di cuoio, insieme a un certo numero di serpenti e scorpioni,

e in quella condizione, fu gettato in mare.

Pietro, un giovane uomo, amabile per le qualità superiori del suo corpo e della sua

mente, fu decapitato per aver rifiutato di sacrificare a Venere. Egli disse: "Sono stupito che

voi sacrifichiate ad una donna infame, di cui persino i vostri storici registrano le

dissolutezze, e la cui vita consisteva in azioni che le vostre leggi punirebbero. No, offrirò

al vero Dio il sacrificio accettabile di lodi e preghiere". Optimus, il proconsole d'Asia,

sentendo questo, ordinò che il prigioniero fosse messo su una ruota, con la quale gli furono

spezzate tutte le ossa, e poi fu mandato ad essere decapitato.

Nichomachus, portato davanti al proconsole come cristiano, fu ordinato di sacrificare

agli idoli pagani. Nichomachus rispose: "Non posso portare ai diavoli quel rispetto che è

dovuto solo all'Onnipotente". Questo discorso fece talmente infuriare il proconsole che

Nichomachus fu messo alla ruota. Dopo aver sopportato i tormenti per un po' di tempo,

ritrattò; ma appena ebbe dato questa prova della sua fragilità, cadde nelle più grandi agonie,

cadde a terra e spirò immediatamente.

Denisa, una giovane donna di soli sedici anni, che assisteva a questo terribile giudizio,

improvvisamente esclamò: O infelice, perché vuoi comprare un momento di tranquillità a

spese di una miserabile eternità? Optimus, sentendo questo, la chiamò, e Denisa,

dichiarandosi cristiana, fu decapitata, per suo ordine, poco dopo.

Andrea e Paolo, due compagni di Nichomachus, il martire, d.C. 251, subirono il

martirio per lapidazione, e morirono invocando il nome del loro benedetto Redentore..

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Alessandro ed Epimaco, di Alessandria, furono arrestati per essere cristiani; e,

confessando l'accusa, furono picchiati con bastoni, strappati con uncini, e infine bruciati

nel fuoco; e siamo informati, in un frammento conservato da Eusebio, che quattro martiri

donne soffrirono lo stesso giorno e nello stesso luogo, ma non nello stesso modo; perché

queste persone furono decapitate.

Luciano e Marciano, due malvagi pagani, sebbene abili maghi, convertendosi al

cristianesimo, per fare ammenda dei loro precedenti errori, vissero come eremiti e si

nutrirono solo di pane e acqua. Dopo un po' di tempo trascorso in questo modo, divennero

zelanti predicatori e fecero molti convertiti. Tuttavia, a causa della persecuzione che

imperversava in quel periodo, furono catturati e portati davanti a Sabino, il governatore

della Bitinia. Quando gli fu chiesto con quale autorità predicassero, Luciano rispose: "Che

le leggi della carità e dell'umanità obbligavano tutti gli uomini a sforzarsi di convertire i

loro vicini e a fare tutto ciò che era in loro potere per salvarli dalle insidie del diavolo".

Avendo Lucian risposto in questo modo, Marciano disse: "La loro conversione fu per

la stessa grazia che fu data a San Paolo, il quale, da zelante persecutore della Chiesa,

divenne un predicatore del Vangelo".

Il proconsole, trovando che non riusciva a convincerli a rinunciare alla loro fede, li

condannò ad essere bruciati vivi, sentenza che fu eseguita poco dopo.

Trifone e Respicio, due uomini eminenti, furono presi come cristiani e imprigionati a

Nizza. I loro piedi furono trafitti con chiodi; furono trascinati per le strade, flagellati,

strappati con ganci di ferro, bruciati con torce accese, e infine decapitati, il 1° febbraio del

251 d.C.

Agata, una donna siciliana, non era più notevole per le sue doti personali e acquisite,

che per la sua pietà; la sua bellezza era tale, che Quintiano, governatore della Sicilia, si

innamorò di lei, e fece molti tentativi sulla sua castità senza successo. Per gratificare le sue

passioni con maggiore comodità, mise la virtuosa signora nelle mani di Afrodica, una

donna molto infame e licenziosa. Questa miserabile donna tentò ogni artificio per

conquistarla alla desiderata prostituzione; ma trovò vani tutti i suoi sforzi, perché la sua

castità era inespugnabile, e lei sapeva bene che solo la virtù poteva procurare la vera felicità.

Afrodica informò Quintiano dell'inefficacia dei suoi tentativi, il quale, arrabbiato di essere

sventato nei suoi disegni, mutò la sua brama in risentimento. Quando lei confessò di essere

cristiana, egli decise di appagare la sua vendetta, come non poteva fare la sua passione.

Seguendo i suoi ordini, fu flagellata, bruciata con ferri arroventati e lacerata con uncini

affilati. Avendo sofferto questi tormenti con ammirevole forza d'animo, fu stesa nuda su

carboni ardenti, mescolati a vetro, e poi riportata in prigione, dove morì il 5 febbraio 251.

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Cirillo, vescovo di Gortyna, fu sequestrato per ordine di Lucio, il governatore di quel

luogo, il quale, tuttavia, lo esortò a obbedire al mandato imperiale, a compiere i sacrifici e

a salvare la sua venerabile persona dalla distruzione, poiché aveva ormai ottantaquattro

anni. Il buon prelato rispose che, avendo a lungo insegnato agli altri a salvare le loro anime,

ora doveva pensare solo alla propria salvezza. Il degno prelato ascoltò la sua infuocata

sentenza senza emozione, camminò allegramente verso il luogo dell'esecuzione, e soffrì il

suo martirio con grande forza d'animo.

La Persecuzione infuriava soprattutto nell'isola di Creta, poiché il governatore era

estremamente attivo nell'esecuzione dei decreti imperiali. In quel luogo fu versato molto

sangue pio.

Babylas, un cristiano di educazione liberale, divenne vescovo di Antiochia, nel 237

d.C., alla morte di Zebino. Egli agì con uno zelo inimitabile e governò la Chiesa con

ammirevole prudenza durante i tempi più tempestosi.

La prima disgrazia che accadde ad Antiochia durante la sua missione, fu l'assedio di

Sapor, re di Persia; il quale, avendo invaso tutta la Siria, prese e saccheggiò questa città tra

le altre, e usò gli abitanti cristiani con maggiore severità degli altri, ma fu presto totalmente

sconfitto da Gordiano.

Dopo la morte di Gordiano, sotto il regno di Decio, quell'imperatore venne ad

Antiochia, dove, avendo il desiderio di visitare un'assemblea di cristiani, Babylas si oppose

e rifiutò assolutamente di farlo entrare. L'imperatore dissimulò la sua rabbia in quel

momento; ma mandando subito a chiamare il vescovo, lo rimproverò aspramente per la sua

insolenza, e poi gli ordinò di sacrificare alle divinità pagane come espiazione della sua

offesa. Essendo stato rifiutato, fu messo in prigione, caricato con catene, trattato con grande

severità e poi decapitato, insieme a tre giovani che erano stati suoi allievi. d.C. 251.

Alessandro, vescovo di Gerusalemme, in questo periodo fu messo in prigione a causa

della sua religione, dove morì a causa della severità della sua reclusione.

Giuliano, un vecchio, zoppo per la malattia (gotta), e Crono, un altro cristiano, furono

legati sul dorso di cammelli, severamente flagellati, e poi gettati in un fuoco e consumati.

Anche quaranta vergini, ad Antiochia, dopo essere state imprigionate e flagellate, furono

bruciate.

Nell'anno del Signore 251, l'imperatore Decio, avendo eretto un tempio pagano a

Efeso, ordinò a tutti coloro che erano in quella città di sacrificare agli idoli. Quest'ordine

fu nobilmente rifiutato da sette dei suoi soldati, cioè Massimiano, Marziano, Joannes,

Malco, Dionisio, Seraion e Costantino. L'imperatore desiderava che questi soldati

rinunciassero alla loro fede con le sue suppliche e la sua indulgenza. Diede loro una

considerevole tregua fino al suo ritorno da una spedizione. Durante l'assenza

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Il Libro dei Martiri di Foxe

dell'imperatore, essi fuggirono e si nascosero in una caverna. Al suo ritorno, l'imperatore

fu informato e la bocca della caverna fu chiusa. Morirono tutti di fame.

Teodora, una bella ragazza di Antiochia, rifiutando di sacrificare agli idoli romani, fu

condannata a un bordello, perché la sua virtù fosse sacrificata alla brutalità della lussuria.

Didimo, un cristiano, si travestì con gli abiti di un soldato romano, andò alla casa, informò

Teodora di chi fosse e le consigliò di fuggire con i suoi vestiti. Il piano fu messo in atto; e

trovato un uomo nel bordello al posto di una bella signora, Didimo fu portato davanti al

presidente, al quale confessando la verità e ammettendo di essere cristiano fu subito

pronunciata contro di lui la sentenza di morte. Teodora, sentendo che il suo liberatore

rischiava di soffrire, andò dal giudice, si gettò ai suoi piedi e supplicò che la sentenza

cadesse su di lei come colpevole; ma, sordo alle grida degli innocenti e insensibile ai

richiami della giustizia, l'inflessibile giudice condannò entrambi; furono quindi giustiziati,

prima decapitati e poi i loro corpi bruciati.

Secundiario, essendo stato accusato come cristiano, fu trasportato in prigione da alcuni

soldati. Durante il tragitto, Veriano e Marcellino dissero: Dove state portando l'innocente?

Questo interrogatorio li fece sequestrare, e tutti e tre, dopo essere stati torturati, furono

impiccati e decapitati.

Origene, il celebre presbitero e catechista di Alessandria, all'età di sessantaquattro

anni, fu catturato, gettato in una prigione ripugnante, caricato di catene, i suoi piedi messi

alla gogna e le sue gambe estese al massimo per diversi giorni successivi. Fu minacciato

con il fuoco e tormentato con tutti i mezzi che l'immaginazione più infernale poteva

suggerire. Durante questo crudele periodo, l'imperatore Decio morì, e Gallo, che gli

succedette, impegnandosi in una guerra con i Goti, i cristiani incontrarono un periodo di

tregua. In questo intervallo, Origene ottenne il suo ampliamento e, ritirandosi a Tiro, vi

rimase fino alla sua morte, che avvenne quando era nel sessantanovesimo anno della sua

età.

Gallus, l'imperatore, avendo concluso le sue guerre, una peste scoppiò nell'impero.

L'imperatore ordinò sacrifici alle divinità pagane, e le persecuzioni si diffusero dall'interno

di Roma alle parti estreme dell'impero, e molti caddero martiri per l'irruenza della plebaglia,

così come per il pregiudizio dei magistrati. Tra questi c'erano Cornelio, il vescovo cristiano

di Roma, e Lucio, il suo successore, nel 253.

La maggior parte degli errori che si insinuarono tranquillamente nella Chiesa in questo

periodo emersero dal mettere la ragione umana in competizione con la rivelazione divina.

Ma la fallacia di tali argomenti fu confermata dai più forti difensori, e le opinioni erronee

svanirono come le stelle davanti al sole.

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Il Libro dei Martiri di Foxe

L'Ottava Persecuzione, Sotto Valeriano, 257 d.C.

Iniziò sotto Valeriano, nel mese di aprile del 257, e continuò per tre anni e sei mesi. I

martiri che caddero in questa persecuzione furono innumerevoli, e le loro torture e morti

altrettanto varie e dolorose. Sebbene non si tenesse conto né del rango, né del sesso, né

dell'età, i martiri più eminenti furono i seguenti:

Rufina e Secunda erano due belle e abili signore, figlie di Asterius, un signore di

eminenza a Roma. Rufina, la maggiore, era destinata in matrimonio ad Armentari, un

giovane nobile; Secunda, la minore, a Verinio, una persona di rango e opulenza. I

pretendenti, al momento dell'inizio della persecuzione, erano entrambi cristiani; ma quando

apparve il pericolo, per salvare le loro fortune, rinunciarono alla loro fede. Si diedero molto

da fare per convincere le signore a fare lo stesso, ma, delusi nel loro intento, gli amanti

furono abbastanza vili da denunciare le signore, che, arrestate come cristiane, furono

portate davanti a Giunio Donato, governatore di Roma, dove, nel 257 d.C., sigillarono il

loro martirio con il loro sangue.

Stefano, vescovo di Roma, fu decapitato nello stesso anno, e più o meno in quel

periodo Saturnino, il pio vescovo ortodosso di Tolosa, rifiutando di sacrificare agli idoli,

fu trattato con tutte le indegnità barbare immaginabili, e legato per i piedi alla coda di un

toro. Ad un segnale dato, l'animale infuriato fu spinto giù per i gradini del tempio, e il

cervello del degno martire fu spappolato.

Sesto succedette a Stefano come vescovo di Roma. Si suppone che fosse un greco di

nascita o di estrazione, e che avesse servito per qualche tempo in qualità di diacono sotto

Stefano. La sua grande fedeltà, la singolare saggezza e il non comune coraggio lo distinsero

in molte occasioni; e la felice conclusione di una controversia con alcuni eretici è

generalmente attribuita alla sua pietà e prudenza. Nell'anno 258, Marciario, che aveva

gestito gli affari per il governo romano, procurò all'imperatore Valeriano l'ordine di mettere

a morte tutto il clero cristiano a Roma, e così il vescovo con sei dei suoi diaconi subì il

martirio nel 258.

Avviciniamoci al fuoco del martire Lorenzo, affinché i nostri freddi cuori possano

essere riscaldati. Lo spietato tiranno, comprendendo che non era solo un ministro dei

sacramenti, ma anche un distributore delle ricchezze della Chiesa, promise a se stesso un

doppio guadagno, attraverso l'apprensione di un'anima. In primo luogo, con il rastrello

dell'avarizia per accumulare a sé il tesoro dei poveri cristiani. In secondo luogo, con la

forchetta infuocata della tirannia, per sballottarli e tormentarli, affinché si stancassero della

loro professione di fede e rinunciassero. Con volto furioso ed espressione crudele, l'avido

lupo chiese dove questo Lorenzo avesse riposto la sostanza della Chiesa; il quale,

chiedendo tre giorni di tregua, promise di dichiarare dove si potesse avere il tesoro. Nel

frattempo, fece radunare un buon numero di poveri cristiani. Così, quando giunse il giorno

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Il Libro dei Martiri di Foxe

della sua risposta, il persecutore lo incaricò severamente di onorare il suo giuramento.

Allora il valoroso Lorenzo, stendendo le braccia sui poveri, disse: Questi sono il tesoro

prezioso della Chiesa; questi sono davvero il tesoro in cui regna la fede di Cristo, in cui

Gesù Cristo ha la sua dimora. Quali gioielli più preziosi può avere Cristo, se non quelli in

cui ha promesso di dimorare?

Perché così sta scritto: "Poiché ebbi fame e mi deste da mangiare, ebbi sete e mi deste

da bere; fui forestiero e mi accoglieste". E ancora: "In verità vi dico: tutte le volte che

l'avete fatto ad uno di questi miei minimi fratelli, l'avete fatto a me."

Quali maggiori ricchezze può possedere Cristo nostro Maestro, se non i poveri in cui

ama farsi vedere?

Oh, quale lingua può esprimere il furore e la follia del cuore del tiranno! Ora timbrava,

fissava, eruttava, si infuriava, agiva come uno fuori di testa. I suoi occhi come fuoco

brillavano, la sua bocca si formava come un cinghiale violento, i suoi denti si stringevano

e ghignavano come un segugio infernale. Ora, non essendo un uomo ragionevole, potrebbe

essere chiamato un leone ruggente.

"Accendi il fuoco (gridò). Non risparmiare nessuna legna. Questo cattivo ha ingannato

l'imperatore? Portatelo via! Portatelo via! Frustatelo con i flagelli! Trafiggetelo con le

verghe. Schiacciatelo con i pugni, spappolategli il cervello con le mazze. Questo traditore

si fa beffe dell'imperatore? Pizzicatelo con pinze infuocate, vestitelo con piastre infuocate,

prendete le catene più robuste, e i fuochi d'artificio, e il letto di ferro grattugiato: sul fuoco

con esso. Legate il ribelle mani e piedi; e quando il letto è bollente, mettetecelo sopra.

Arrostitelo, cuocetelo al forno, gettatelo, giratelo: pena il nostro alto dispiacere, fate

ognuno il suo dovere, o tormentatori".

Non appena fu pronunciata la parola, tutto fu fatto. Dopo molte crudeli manipolazioni,

questo mite agnello fu deposto [non dirò sul suo ardente letto di ferro] piuttosto sul suo

morbido letto di piume. Dio operò così potentemente con il suo martire Lorenzo, così

miracolosamente Dio temperò il suo elemento, il fuoco, che non divenne un letto di dolore

logorante, ma un giaciglio di nutriente riposo.

In Africa la persecuzione infuriò con particolare violenza; molte migliaia di persone

ricevettero la corona del martirio, tra cui i seguenti furono i personaggi più illustri:

Cipriano, vescovo di Cartagine, un prelato eminente e un pio ornamento della Chiesa.

La brillantezza del suo genio era temperata dalla solidità del suo giudizio; e con tutte le

capacità del gentiluomo, egli fondeva le virtù di un cristiano. Le sue dottrine erano

ortodosse e pure; il suo linguaggio facile ed elegante e le sue maniere graziose e accattivanti:

in definitiva, era sia il predicatore pio che quello educato. Nella sua giovinezza fu educato

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Il Libro dei Martiri di Foxe

nei principi del gentilismo, e avendo una fortuna considerevole, visse nella stravaganza

dello splendore e in tutta la dignità del fasto.

Verso l'anno 246, Coecilio, un ministro cristiano di Cartagine, divenne il felice

strumento della conversione di Cipriano: per questo motivo, e per il grande amore che in

seguito portò sempre all'autore della sua conversione, fu chiamato Coecilio Cipriano.

Prima del suo battesimo, studiò con cura le Scritture ed essendo colpito dalla bellezza delle

verità che contenevano, decise di praticare le virtù in esse raccomandate. Dopo il suo

battesimo, vendette la sua proprietà, distribuì il denaro tra i poveri, si vestì in modo

semplice e iniziò una vita di austerità. Poco dopo fu fatto presbitero e, essendo molto

ammirato per le sue virtù e le sue opere, alla morte di Donato, nel 248 d.C., fu eletto quasi

all'unanimità vescovo di Cartagine.

La cura di Cipriano non si estese solo a Cartagine, ma anche alla Numidia e alla

Mauritania. In tutte le sue transazioni ebbe grande cura di chiedere il parere del suo clero,

sapendo che solo l'unanimità poteva essere utile alla Chiesa, essendo questa una delle sue

massime: "Il vescovo era nella chiesa e la chiesa nel vescovo; così che l'unità può essere

preservata solo da uno stretto legame tra il pastore e il suo gregge".

Nel 250 d.C., Cipriano fu pubblicamente proscritto dall'imperatore Decio, con

l'appellativo di Coecilio Cipriano, vescovo dei Cristiani; e il grido universale dei pagani fu:

"Cipriano ai leoni, Cipriano alle bestie". Il vescovo, tuttavia, si ritirò dalla furia del popolo,

e tutti i suoi beni furono immediatamente confiscati. Durante il suo ritiro, scrisse trenta

lettere pie ed eleganti al suo gregge; ma diversi scismi che allora si insinuarono nella Chiesa,

gli diedero grande preoccupazione. Il rigore della persecuzione si attenuò, egli tornò a

Cartagine e fece tutto ciò che era in suo potere per espellere le opinioni erronee. Una

terribile pestilenza scoppiata a Cartagine fu, come al solito, addebitata ai cristiani; e i

magistrati cominciarono a perseguitare di conseguenza, il che provocò una loro epistola a

Cipriano, in risposta alla quale egli rivendicava la causa del cristianesimo. Nel 257 d.C.

Cipriano fu portato davanti al proconsole Aspasio Paturnus, che lo esiliò in una piccola

città sul Mar Libico. Alla morte di questo proconsole, tornò a Cartagine, ma fu subito dopo

catturato e portato davanti al nuovo governatore, che lo condannò ad essere decapitato; la

sentenza fu eseguita il 14 settembre del 258.

I discepoli di Cipriano, martirizzati in questa persecuzione, furono Lucio, Flavio,

Victorico, Remo, Montano, Giuliano, Primelo e Donatiano.

A Utica, accadde una tragedia terribile: per ordine del proconsole, trecento cristiani

furono collocati intorno a una calce ardente. Preparato un tegame di carbone e incenso, fu

ordinato loro di sacrificare a Giove o di essere gettati nella fornace ardente. Rifiutando

all'unanimità, saltarono coraggiosamente nella fossa, e furono immediatamente soffocati.

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Fructuosus, vescovo di Tarragon, in Spagna, e i suoi due diaconi, Augurius ed

Eulogius, furono bruciati perché erano cristiani.

Alessandro, Malco e Prisco, tre cristiani della Palestina, con una donna dello stesso

luogo, si accusarono volontariamente di essere cristiani; per questo furono condannati ad

essere divorati dalle tigri, e la sentenza fu eseguita.

Maxima, Donatilla e Secunda, tre vergini di Tuburga, ebbero da bere fiele e aceto,

furono poi severamente flagellate, tormentate su un patibolo, strofinate con calce, bruciate

su una graticola, dilaniate da bestie selvatiche e infine decapitate.

È qui opportuno prendere nota del singolare ma miserabile destino dell'imperatore

Valeriano, che aveva così a lungo e terribilmente perseguitato i cristiani. Questo tiranno,

con uno stratagemma, fu fatto prigioniero da Sapor, l'imperatore di Persia, che lo portò nel

suo paese e lo trattò con le più ineguagliabili indegnità, facendolo inginocchiare come il

più meschino degli schiavi e calpestandolo come uno sgabello quando montava a cavallo.

Dopo averlo trattenuto per sette anni in questo abietto stato di schiavitù, gli fece cavare gli

occhi, sebbene avesse allora ottantatré anni. Questa crudeltà non saziava il suo desiderio di

vendetta, e poco dopo ordinò che il suo corpo fosse scuoiato vivo e strofinato con il sale,

sotto i quali tormenti morì; e così cadde uno dei più tirannici imperatori di Roma, e uno dei

più grandi persecutori dei cristiani.

Nel 260 d.C. gli successe Gallieno, figlio di Valeriano, e durante il suo regno (tranne

alcuni martiri) la Chiesa godette della pace per alcuni anni.

La Nona Persecuzione Sotto Aureliano, 274 d.C.

Le principali vittime furono: Felice, vescovo di Roma. Questo prelato fu avanzato alla

sede romana nel 274. Fu il primo martire della petulanza di Aureliano, essendo decapitato

il ventidue dicembre dello stesso anno.

Agapeto, un giovane gentiluomo che aveva venduto la sua proprietà e aveva dato il

denaro ai poveri, fu catturato come cristiano, torturato e poi decapitato a Praeneste, una

città a un giorno di viaggio da Roma.

Questi sono gli unici martiri lasciati a testimonianza durante questo regno, poiché esso

fu presto interrotto dall'assassinio dell'imperatore da parte dei suoi stessi domestici, a

Bisanzio.

Aureliano fu succeduto da Tacito, che fu seguito da Probo, come quest'ultimo da Cario:

questo imperatore fu ucciso da una tempesta, i suoi figli, Carnious e Numerian, gli

succedettero, e durante tutti questi regni la Chiesa ebbe pace.

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Diocleziano salì sul trono imperiale, nel 284 d.C.; all'inizio mostrò grande favore ai

cristiani. Nell'anno 286, associò a lui Massimiano nell'impero; e alcuni cristiani furono

messi a morte prima che scoppiasse una persecuzione generale. Tra questi c'erano Felician

e Primus, due fratelli.

Marcus e Marcelliario erano gemelli, nativi di Roma e di nobile discendenza. I loro

genitori erano pagani, ma i precettori, ai quali era affidata l'educazione dei bambini, li

educarono come cristiani. La loro costanza alla fine sottomise coloro che volevano che

diventassero pagani, e i loro genitori e tutta la famiglia si convertirono ad una fede che

prima avevano riprovato. Furono martirizzati, legati a dei pali e con i piedi trafitti da chiodi.

Dopo essere rimasti in questa situazione per un giorno e una notte, le loro sofferenze furono

messe fine con l'infissione di lance nei loro corpi.

Anche Zoe, la moglie del carceriere, che aveva la cura dei martiri di cui sopra, fu

convertita da loro, e appesa ad un albero, con un fuoco di paglia acceso sotto di lei. Quando

il suo corpo fu tirato giù, fu gettato in un fiume, con una grande pietra legata ad esso, per

farlo affondare.

Nell'anno del Signore 286, si verificò un fatto straordinario: una legione di soldati,

composta da seimilaseicentosessantasei uomini, non conteneva che cristiani. Questa

legione fu chiamata legione Tebea, perché gli uomini erano stati allevati a Tebe. Il loro

quartier generale era di stanza in Oriente fino a quando l'imperatore Massimiano ordinò

loro di marciare verso la Gallia, per assisterlo contro i ribelli della Borgogna. Passarono le

Alpi in Gallia, sotto il comando di Maurizio, Candido ed Exupernis, i loro degni

comandanti, e alla fine raggiunsero l'imperatore. Massimiano, in quel periodo, ordinò un

sacrificio generale, al quale tutto l'esercito doveva assistere; inoltre ordinò che essi

prestassero giuramento di fedeltà e giurassero, allo stesso tempo, di contribuire

all'estirpazione del cristianesimo in Gallia. Allarmato da questi ordini, ogni individuo della

legione tebana si rifiutò assolutamente di sacrificare o di prestare i giuramenti prescritti.

Questo fece infuriare così tanto Massimiano, che ordinò che la legione fosse decimata, cioè

che ogni decimo uomo fosse scelto tra gli altri e messo a morte. Dopo l'esecuzione di questo

ordine sanguinoso, coloro che erano rimasti in vita erano ancora inflessibili, quando ebbe

luogo una seconda decimazione, e ogni decimo uomo dei vivi fu messo a morte. Questa

seconda severità non fece più impressione della prima. I soldati conservarono la loro forza

d'animo e i loro principi, ma su consiglio dei loro ufficiali redassero una sincera e leale

protesta all'imperatore. Questo, si poteva presumere, avrebbe ammorbidito l'imperatore,

ma ebbe l'effetto contrario: infatti, infuriato per la loro perseveranza e unanimità, ordinò

che l'intera legione di soldati fosse messa a morte, cosa che fu eseguita dalle altre truppe,

che li fecero a pezzi con le loro spade, il 22 settembre 286.

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Alban, da cui San Alban's, nell'Hertfordshire, ricevette il suo nome, fu il primo martire

britannico. La Gran Bretagna aveva ricevuto il Vangelo di Cristo da Lucio, il primo re

cristiano, ma non soffrì della furia della persecuzione per molti anni dopo. Era

originariamente un pagano, ma convertito da un ecclesiastico cristiano, chiamato

Amphibalus, a cui diede rifugio a causa della sua religione. I nemici di Amphibalus, avendo

notizia del luogo in cui era nascosto, si recarono nella casa di Albano; per facilitare la sua

fuga, quando arrivarono i soldati, si offrì come la persona che stavano cercando. Essendo

stato scoperto l'inganno, il governatore ordinò che fosse flagellato, e poi fu condannato ad

essere decapitato, il 22 giugno del 287.

Il venerabile Beda ci assicura che, in questa occasione, il boia si convertì

improvvisamente al cristianesimo e chiese il permesso di morire per Albano o con lui.

Ottenuta quest'ultima richiesta, furono decapitati da un soldato, che aveva volontariamente

intrapreso il compito di boia. Questo accadde il ventidue giugno del 287 d.C., a Verulam,

ora San Alban's, nell'Hertfordshire, dove una magnifica chiesa fu eretta in sua memoria al

tempo di Costantino il Grande. L'edificio, distrutto durante le guerre sassoni, fu ricostruito

da Offa, re di Mercia, e fu eretto un monastero adiacente, alcuni resti del quale sono ancora

visibili, e la chiesa è una nobile struttura gotica.

Faith, una donna cristiana di Acquitain, in Francia, fu ordinato di essere arrostita su

una graticola e poi decapitata; d.C. 287.

Quintin era cristiano e nativo di Roma, ma deciso a tentare la propagazione del

Vangelo in Gallia, con un certo Luciano, predicarono insieme ad Amiens; dopo di che

Luciano andò a Beaumaris, dove fu martirizzato. Quintin rimase in Piccardia e fu molto

zelante nel suo ministero. Essendo stato catturato come cristiano, fu teso con gli strappados

(strappado/ rastrelliera) fino a che le sue articolazioni furono slogate; il suo corpo fu poi

lacerato con flagelli di filo metallico, e olio bollente e pece furono versati sul suo corpo

nudo; torce accese furono applicate ai suoi fianchi e alle sue ascelle; e dopo che fu stato

così torturato, fu rimandato in prigione, e morì per le barbarie che aveva sofferto, il 31

ottobre d.C. 287. Il suo corpo fu sommerso nel fiume Somme.

La Decima Persecuzione, Sotto Diocleziano, 303 d.C.

Sotto gli imperatori romani, comunemente chiamati, l'Era dei Martiri fu causata in

parte dal crescente numero e lusso dei cristiani, e dall'odio di Galerio, il figlio adottivo di

Diocleziano, che, istigato da sua madre, una pagana bigotta, non cessò di persuadere

l'imperatore a iniziare la persecuzione, finché non ebbe raggiunto il suo scopo.

Il giorno fatale stabilito per iniziare l'opera sanguinosa fu il ventitré febbraio dell'anno

303, essendo quello il giorno in cui si celebravano i Terminalia e in cui, come si vantavano

i crudeli pagani, speravano di porre fine al cristianesimo. Il giorno stabilito, la persecuzione

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Il Libro dei Martiri di Foxe

iniziò a Nicomedia, la mattina in cui il prefetto di quella città si recò con un gran numero

di ufficiali e assistenti alla chiesa dei cristiani, dove, dopo aver forzato le porte, si

impadronirono di tutti i libri sacri e li diedero alle fiamme.

L'intera operazione avvenne in presenza di Diocleziano e Galerio, i quali, non contenti

di bruciare i libri, fecero radere al suolo la chiesa. Questo fu seguito da un severo editto

che ordinava la distruzione di tutte le altre chiese e libri cristiani; e presto seguì un ordine

che stigmatizzava i cristiani di ogni denominazione come fuorilegge.

La pubblicazione di questo editto provocò un martirio immediato, poiché un audace

cristiano non solo lo strappò dal luogo in cui era stato affisso, ma esecrò il nome

dell'imperatore per la sua ingiustizia. Una provocazione come questa era sufficiente a far

scendere la vendetta pagana sulla sua testa; fu quindi catturato, duramente torturato e poi

bruciato vivo.

Tutti i cristiani furono arrestati e imprigionati; e Galerio ordinò privatamente di

incendiare il palazzo imperiale, in modo che i cristiani potessero essere accusati di essere

gli incendiari e avessero un pretesto plausibile per portare avanti la persecuzione con

maggiore severità. Si iniziò un sacrificio generale che provocò vari martiri. Non fu fatta

alcuna distinzione di età o di sesso; il nome di cristiano era così odioso per i pagani che

tutti indistintamente cadevano in sacrificio alle loro opinioni. Molte case furono incendiate

e intere famiglie cristiane perirono tra le fiamme; ad altre furono messe al collo delle pietre

e, legate insieme, furono gettate in mare. La Persecuzione divenne generale in tutte le

province romane, ma più particolarmente nell'est; e poiché durò dieci anni. È impossibile

accertare il numero dei martiri, o enumerare i vari modi di martirio.

Rastrelliere, flagelli, spade, pugnali, croci, veleno e carestia furono impiegati in varie

parti per annientare i cristiani. E si esaurirono le invenzioni per escogitare torture contro

coloro che non avevano commesso alcun crimine, se non quello di pensare diversamente

dai fanatici della superstizione popolare.

Una città della Frigia, composta interamente da cristiani, fu bruciata, e tutti gli abitanti

perirono tra le fiamme.

Stanchi del massacro, alla fine, diversi governatori di province rappresentarono alla

corte imperiale la scorrettezza di tale condotta. Perciò molte città furono esentate

dall'esecuzione, ma, anche se questi cristiani non furono messi a morte, fu fatto tutto il

possibile per rendere la loro vita miserabile, molti di loro ebbero le orecchie tagliate, i nasi

tagliati, gli occhi destri spenti, le membra rese inutili da terribili dislocazioni e la loro carne

bruciata in punti cospicui con ferri arroventati.

È necessario ora fare una precisazione sulle persone di spicco che sacrificarono la loro

vita nel martirio in questa sanguinosa persecuzione.

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Sebastiano, celebre martire, nacque a Narbonne, in Gallia, fu istruito nei principi del

cristianesimo a Milano, e in seguito divenne ufficiale della guardia dell'imperatore a Roma.

Rimase un vero cristiano in mezzo all'idolatria; non attratto dagli splendori di una corte,

incontaminato da cattivi esempi, e non contaminato dalle speranze di grandezza. Poiché si

rifiutava di essere un pagano, l'imperatore ordinò che fosse portato in un campo vicino alla

città, chiamato Campo Marzio, e che fosse colpito a morte con frecce; la sentenza fu

eseguita di conseguenza. Alcuni pii cristiani, giunti sul luogo dell'esecuzione per

seppellirlo, percepirono in lui segni di vita. Immediatamente lo trasferirono in un luogo

sicuro, e in breve tempo lo rianimarono e lo prepararono per un secondo martirio. Non

appena fu in grado di camminare di nuovo, si mise intenzionalmente sulla strada

dell'imperatore mentre entrava in uno dei templi pagani, e lo rimproverò per le sue varie

crudeltà e irragionevoli pregiudizi contro il cristianesimo. Non appena Diocleziano ebbe

superato la sua sorpresa, ordinò che Sebastiano fosse catturato, trasportato in un luogo

vicino al palazzo e picchiato a morte; e, impedendo ai cristiani di accedere al suo corpo per

il restauro o la sepoltura, ordinò che fosse gettato nella fogna comune. Tuttavia, una donna

cristiana di nome Lucina, trovò il modo di toglierlo dalla fogna e di seppellirlo nelle

catacombe, o i depositi dei morti.

I cristiani, in quest'epoca, consideravano illegale portare armi sotto un imperatore

pagano. Massimiliano, il figlio di Fabius Victor, fu il primo ad essere decapitato in base a

questo regolamento. Vito, un siciliano di notevole famiglia, fu allevato come cristiano; le

sue virtù aumentarono con gli anni, la sua costanza lo sostenne sotto tutte le afflizioni, e la

sua fede fu superiore ai pericoli più pericolosi. Suo padre, Hylas, che era pagano, ricevette

la notizia che Vito era stato istruito nei principi del cristianesimo dalla nutrice che si

prendeva cura di lui. Usò tutti i suoi sforzi per riconvertire suo figlio al paganesimo, e alla

fine sacrificò suo figlio agli idoli, il 14 giugno del 303.

Victor era un cristiano di buona famiglia a Marsiglia, in Francia; passava gran parte

della notte a visitare gli afflitti e a confermare i deboli, lavoro pio che non poteva,

compatibilmente con la sua sicurezza, svolgere di giorno; e la sua fortuna la spendeva per

alleviare le sofferenze dei poveri cristiani. Alla fine, però, fu catturato per decreto

dell'imperatore Massimiano, il quale ordinò che fosse legato e trascinato per le strade.

Durante l'esecuzione di questo ordine, fu trattato con ogni sorta di crudeltà e indignazione

dal popolo infuriato. Rimanendo ancora inflessibile, il suo coraggio fu considerato

ostinazione. Steso per ordine sulla rastrelliera, volse gli occhi al cielo e pregò Dio di dotarlo

di pazienza, dopo di che sopportò le torture con la più ammirevole forza d'animo. Dopo

che i carnefici si furono stancati di affliggerlo, fu trasportato in una prigione. Durante la

sua reclusione, convertì i suoi carcerieri, chiamati Alessandro, Feliciano e Longino. Questi

fatti giunsero all'orecchio dell'imperatore, che ordinò che fossero immediatamente messi a

morte, e gli ufficiali della prigione furono decapitati. Vittorio fu di nuovo messo alla ruota,

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Il Libro dei Martiri di Foxe

picchiato senza pietà con pesanti manganelli e di nuovo mandato in prigione. Per la terza

volta, fu esaminato riguardo alla sua religione, ed egli perseverò nei suoi principi. Gli fu

ordinato di offrire immediatamente l'incenso su un piccolo altare. Bruciando di

indignazione alla richiesta, si fece coraggiosamente avanti, e con il suo piede rovesciò sia

l'altare che l'idolo. Questo atto fece così infuriare l'imperatore Massimiano, che era presente,

che ordinò che il piede con cui aveva colpito l'altare fosse immediatamente amputato; e

Victor fu gettato in un mulino e fatto a pezzi con le pietre, d.C. 303.

Massimo, governatore della Cilicia, mentre era a Tarso, tre cristiani furono portati

davanti a lui; i loro nomi erano Taraco, un uomo anziano, Probo e Andronico. Dopo ripetute

torture ed esortazioni all'abiura, alla fine fu ordinata la loro esecuzione.

Nell'anfiteatro, furono liberate diverse bestie su di loro, ma nessuno degli animali,

sebbene affamato, li toccò. Il guardiano delle bestie portò un grande orso, che quello stesso

giorno aveva distrutto tre uomini; ma questa creatura vorace e un'altra leonessa feroce

rifiutarono entrambe di toccare i prigionieri cristiani. Osservando gli inefficaci tentativi di

ucciderli con le bestie selvatiche, Massimo ordinò che fossero uccisi con la spada, l'11

ottobre 303.

Romario, originario della Palestina, era diacono della chiesa di Cesarea al tempo

dell'inizio della persecuzione di Diocleziano. Condannato per la sua fede ad Antiochia, fu

flagellato, messo alla ruota, il suo corpo lacerato con uncini, la sua carne tagliata con

coltelli, il suo viso sfregiato, i suoi denti battuti dalle loro cavità e i suoi capelli strappati

dalle radici. Poco dopo fu ordinato di strangolarlo, il 17 novembre del 303 d.C.

Susanna, la nipote di Caio, vescovo di Roma, fu pressata dall'imperatore Diocleziano

a sposare un nobile pagano, che era quasi imparentato con lui. Rifiutando l'onore a lei

destinato, fu decapitata per ordine dell'imperatore.

Doroteo, l'alto ciambellano della casa di Diocleziano, era un cristiano e si sforzava di

fare delle conversioni. Nelle sue fatiche religiose, fu affiancato da Gorgonio, un altro

cristiano, appartenente al palazzo. Furono prima torturati e poi strangolati.

Pietro, un eunuco dell'imperatore, era un cristiano di singolare modestia e umiltà. Fu

posto su una graticola e arrostito a fuoco lento finché non morì.

Cipriano, conosciuto con il titolo di mago, per distinguerlo da Cipriano, vescovo di

Cartagine, era originario di Natioch. Ricevette un'educazione liberale in gioventù, e si

applicò particolarmente all'astrologia; dopo di che viaggiò per migliorare attraverso la

Grecia, l'Egitto, l'India, ecc. Nel corso del tempo fece conoscenza con Giustina, una

giovane donna di Antiochia, la cui nascita, bellezza e abilità la rendevano l'ammirazione di

tutti coloro che la conoscevano. Un gentiluomo pagano chiese a Cipriano di corteggiare la

bella Giustina. Egli iniziò questa impresa, ma ben presto egli stesso si convertì, bruciò i

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Il Libro dei Martiri di Foxe

suoi libri di astrologia e magia, ricevette il battesimo e si sentì animato da un potente spirito

di grazia. La conversione di Cipriano ebbe un grande effetto sul gentiluomo pagano che

fece delle avances romantiche a Giustina, ed egli in breve tempo abbracciò il cristianesimo.

Durante le persecuzioni di Diocleziano, Cipriano e Giustina furono presi come cristiani, il

primo fu lacerato con le tenaglie, la seconda fu castigata e, dopo aver subito altri tormenti,

entrambi furono decapitati.

Eulalia, una signora spagnola di famiglia cristiana, era notevole nella sua giovinezza

per la dolcezza del carattere e la solidità di comprensione che raramente si trova nella

capricciosità degli anni giovanili. Arrestata come cristiana, il magistrato tentò con i mezzi

più miti di convertirla al paganesimo, ma lei ridicolizzò le divinità pagane con tale asprezza,

che il giudice, molto arrabbiato per il suo comportamento, ordinò che fosse torturata. I suoi

fianchi vennero quindi strappati con degli uncini, e i suoi seni vennero bruciati nel modo

più scioccante, finché non morì per la violenza delle fiamme, nel dicembre del 303.

Nell'anno 304, quando la persecuzione raggiunse la Spagna, Daciano, il governatore

di Terragona, ordinò che Valerio, il vescovo, e Vincenzo, il diacono, fossero sequestrati,

caricati con i ferri e imprigionati. I prigionieri, fermi nella loro risoluzione, Valerio fu

bandito, e Vincenzo fu messo alla ruota, le sue membra slogate, la sua carne strappata con

uncini, e fu messo su una graticola, che aveva non solo un fuoco posto sotto di essa, ma

punte in cima, che si infilavano nella sua carne. Questi tormenti non lo distrussero, né

cambiarono i suoi propositi, fu mandato in prigione, e confinato in una piccola, disgustosa,

buia prigione, cosparsa di selci taglienti e pezzi di vetro rotto, dove morì il 22 gennaio 304.

Il suo corpo fu gettato nel fiume.

La Persecuzione di Diocleziano cominciò ad infuriare particolarmente nel 304 d.C.,

quando molti cristiani furono torturati crudelmente con le morti più dolorose e ignominiose;

i più eminenti e particolari dei quali elencheremo.

Saturnino, un sacerdote di Albitina, una città dell'Africa, dopo essere stato torturato,

fu messo in prigione e lì morì di fame. I suoi quattro figli, dopo essere stati variamente

tormentati, condivisero lo stesso destino del padre.

Dativas, un nobile senatore romano; Thelico, un pio cristiano;

Vittoria, una giovane donna di notevole famiglia e fortuna, con alcuni altri di minore

considerazione, tutti uditori di Saturnino, furono torturati in modo simile, e perirono con

gli stessi mezzi.

Agrape, Chionia e Irene, tre sorelle, furono catturate a Tessalonica, quando la

persecuzione di Diocleziano raggiunse la Grecia. Furono bruciate e ricevettero la corona

del martirio tra le fiamme, il 25 marzo del 304. Il governatore, rendendosi conto che non

poteva fare alcuna impressione su Irene, ordinò che fosse esposta nuda per le strade, e dopo

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Il Libro dei Martiri di Foxe

aver eseguito questo vergognoso ordine, fu acceso un fuoco vicino alle mura della città, in

mezzo alle cui fiamme il suo spirito salì oltre la portata della crudeltà dell'uomo.

Agatone, un uomo di animo pio, con Cassice, Filippa ed Eutychia, furono martirizzati

più o meno nello stesso periodo; ma i particolari non ci sono stati trasmessi.

Marcellino, vescovo di Roma, succeduto a Caio in quella sede, fortemente contrario a

concedere onori divini a Diocleziano, subì il martirio, con una varietà di torture, nell'anno

324, confortando la sua anima fino all'estinzione con la prospettiva di queste gloriose

ricompense che avrebbe ricevuto dalle torture subite nel corpo.

Victorius, Carpophorus, Severo, e Severiario, erano fratelli, e tutti e quattro impiegati

in posti di grande fiducia e onore nella città di Roma. Avendo esclamato contro il culto

degli idoli, furono arrestati e flagellati con le plumbetae, [o flagelli], alle cui estremità erano

fissate palle di piombo. Questa punizione era esercitata con tale eccesso di crudeltà che i

fratelli pii caddero martirizzati per la sua severità.

Timoteo, diacono della Mauritania, e Maura, sua moglie, erano uniti in matrimonio

da non più di tre settimane, quando furono separati dalla persecuzione. Timoteo, arrestato

in quanto cristiano, fu portato al cospetto di Arriano, il governatore di Tebaide, il quale,

sapendo che aveva la custodia delle Sacre Scritture, gli ordinò di consegnarle per essere

bruciate; al che egli rispose: "Se avessi dei figli, farei prima a consegnarli per essere

sacrificati, che separarmi dalla Parola di Dio". Il governatore, molto furioso per questa

risposta, ordinò che gli venissero cavati gli occhi, con ferri arroventati, dicendo: "I libri

saranno almeno inutili per te, perché non vedrai per leggerli". La sua pazienza sotto

l'operazione fu tale che il governatore si esasperò ancora di più; perciò, per vincere, se

possibile, la sua forza d'animo, ordinò che fosse appeso per i piedi, con un peso legato al

collo e un bavaglio in bocca. In questo stato, Maura, sua moglie, lo esortò teneramente per

il suo bene ad abiurare; ma, quando gli fu tolto il bavaglio dalla bocca, invece di

acconsentire alle suppliche della moglie, egli biasimò fortemente il suo amore sbagliato, e

dichiarò la sua decisione di morire per la fede. La conseguenza fu che Maura decise di

imitare il suo coraggio e la sua fedeltà e di accompagnarlo o seguirlo nella gloria. Il

governatore, dopo aver tentato invano di modificare la sua risoluzione, ordinò che fosse

torturata, cosa che fu eseguita con grande severità. Dopo questo, Timoteo e Maura furono

crocifissi uno vicino all'altro, d.C. 304.

Sabino, vescovo di Assisium, rifiutando di sacrificare a Giove, e spingendo l'idolo da

lui, ebbe la mano tagliata per ordine del governatore della Toscana. Mentre era in prigione,

convertì il governatore e la sua famiglia, che subirono tutti il martirio per la fede. Poco

dopo la loro esecuzione, Sabino stesso fu flagellato a morte, nel dicembre del 304.

32


Il Libro dei Martiri di Foxe

Stanco della farsa dello stato e degli affari pubblici, l'imperatore Diocleziano rinunciò

al diadema imperiale e gli succedettero Costanzo e Galerio; il primo un principe di indole

molto mite e umana, il secondo altrettanto notevole per la sua crudeltà e tirannia. Questi

divisero l'impero in due governi uguali, Galerio che governava a est e Costanzo a ovest; e

i popoli dei due governi sentivano gli effetti delle disposizioni dei due imperatori; perché

quelli a ovest erano governati nel modo più mite, ma quelli che risiedevano a est sentivano

tutte le miserie dell'oppressione e delle torture più lunghe.

Tra i molti martirizzati per ordine di Galerio, elencheremo i più eminenti.

Anfiano era un gentiluomo di eminenza in Lucia, e uno studioso di Eusebio; Giulietta,

una liconese di discendenza reale, ma più celebrata per le sue virtù che per il sangue nobile.

Mentre era sulla ruota, suo figlio fu ucciso davanti ai suoi occhi. Julitta, di Cappadocia, era

una signora di capacità distinte, di grande virtù e di coraggio non comune. Per completare

l'esecuzione, Julitta ebbe dell'asfalto bollente versato sui suoi piedi, i suoi fianchi lacerati

con degli uncini, e ricevette la conclusione del suo martirio, per decapitazione, il 16 aprile

del 305. Ermolao, un venerabile e pio cristiano, di grande età e intimo conoscente di

Panteleone, subì il martirio per la fede nello stesso giorno e nello stesso modo di Panteleone.

Eustratius, segretario del governatore di Armina, fu gettato in una fornace ardente per

aver esortato alcuni cristiani che erano stati arrestati, a perseverare nella loro fede.

Nicandro e Marciano, due eminenti ufficiali militari romani, furono arrestati a causa

della loro fede. Poiché erano entrambi uomini di grande abilità nella loro professione,

furono usati tutti i mezzi possibili per indurli a rinunciare al cristianesimo; ma questi

tentativi furono inefficaci. Furono decapitati.

Nel regno di Napoli avvennero diversi martiri, in particolare, Januaries, vescovo di

Benevento; Sosius, diacono di Misene; Proculus, un altro diacono; Eutyches e Acutius, due

laici; Festus, un diacono; e Desiderius, un lettore; tutti, a causa di essere cristiani, furono

condannati dal governatore della Campania ad essere divorati dalle belve. Gli animali

selvaggi, però, non li toccarono, e così furono decapitati.

Quirino, vescovo di Siscia, portato davanti a Matenio, il governatore, fu ordinato di

sacrificare alle divinità pagane, secondo gli editti di vari imperatori romani. Il governatore,

vedendo la sua costanza, ordinò di imprigionarlo e di incatenarlo pesantemente con il ferro,

lusingandosi che i disagi di una prigione, alcune torture occasionali e il peso dei ferri,

potessero vincere la sua risoluzione. Essendo deciso nei suoi principi, fu mandato da

Amantius, il principale governatore della Pannonia, ora Ungheria, che lo caricò di catene

e lo portò attraverso le principali città del Danubio, esposto al ridicolo ovunque andasse.

Arrivato infine a Sabaria, e constatando che Quirino non voleva rinunciare alla sua fede,

ordinò che fosse gettato in un fiume, con una pietra legata al collo. Questa sentenza fu

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Il Libro dei Martiri di Foxe

eseguita, Quirino galleggiò per qualche tempo e, esortando il popolo nei termini più pii,

concluse le sue ammonizioni con questa preghiera: "Non è una novità, o Gesù onnipotente,

che tu possa fermare il corso dei fiumi o far camminare un uomo sulle acque, come hai

fatto con il tuo servo Pietro; il popolo ha già visto la prova del tuo potere in me; concedimi

ora di dare la mia vita per te, o mio Dio". Pronunciando le ultime parole, affondò

immediatamente e morì il 4 giugno del 308. Il suo cadavere fu poi recuperato e sepolto da

alcuni pii cristiani.

Pamphilus, un nativo della Fenicia, di una famiglia considerevole, era un uomo di così

vasta cultura che fu chiamato un secondo Origene. Fu ricevuto nel corpo del clero a Cesarea,

dove fondò una biblioteca pubblica e trascorse il suo tempo nella pratica di ogni virtù

cristiana. Copiò di suo pugno la maggior parte delle opere di Origene e, assistito da Eusebio,

diede una copia corretta dell'Antico Testamento, che aveva sofferto molto per l'ignoranza

o la negligenza dei precedenti trascrittori. Nell'anno 307 fu arrestato e subì la tortura e il

martirio.

Marcello, vescovo di Roma, essendo stato esiliato a causa della sua fede, fu

martirizzato a causa delle miserie sofferte in esilio, il 16 gennaio 310.

Pietro, sedicesimo vescovo di Alessandria, fu martirizzato il 25 novembre 311, per

ordine di Massimo Cesare, che regnava in Oriente.

Agnese, una vergine di soli tredici anni, fu decapitata per essere cristiana; così come

Serena, l'imperatrice di Diocleziano. Valentino, un sacerdote, subì la stessa sorte a Roma;

ed Erasmo, un vescovo, fu martirizzato in Campania.

Poco dopo, la persecuzione cessò nelle parti centrali dell'impero, così come nell'ovest;

e la Provvidenza cominciò finalmente a manifestare la sua vendetta sui persecutori.

Massimiano cercò di corrompere sua figlia Fausta per assassinare Costantino suo marito;

cosa che lei scoprì, e Costantino lo costrinse a scegliere la propria morte, quando preferì la

morte ignominiosa dell'impiccagione dopo essere stato imperatore quasi vent'anni.

Costantino era il figlio buono e virtuoso di un padre buono e virtuoso, nato in Britannia.

Sua madre si chiamava Elena, figlia del re Coilo. Era un principe molto generoso e grazioso,

avendo il desiderio di nutrire il sapere e le buone arti, e spesso usava leggere, scrivere e

studiare lui stesso. Ebbe meravigliosi e buoni successi e prosperi risultati in tutte le cose

che prendeva in mano, cosa che allora si supponeva (ed è vero) che derivasse da questo,

perché era un così grande amico della fede cristiana. La quale fede, una volta abbracciata,

fu da lui sempre più devotamente e religiosamente riverita.

Così Costantino, sufficientemente nominato con la forza degli uomini ma soprattutto

con la forza di Dio, intraprese il suo viaggio verso l'Italia, che era circa l'ultimo anno della

persecuzione, il 313 d.C. Massenzio, sapendo della venuta di Costantino, e confidando più

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Il Libro dei Martiri di Foxe

nella sua diabolica arte della magia che nella buona volontà dei suoi sudditi, che non

meritava, non osò lasciare la città fortificata, né lo incontrò in campo aperto, ma con

guarnigioni private lo attese lungo la strada in diversi stretti, man mano che sarebbe arrivato;

con i quali Costantino ebbe diverse schermaglie, e per la potenza del Signore li sconfisse e

li mise in fuga.

Ciononostante, Costantino non si trovava ancora in grande agio, ma in grande ansia e

timore nella sua mente (avvicinandosi ormai a Roma) per i magici incantesimi e stregonerie

di Massenzio, con cui aveva sconfitto prima Severo, inviato da Galerio contro di lui. Perciò,

essendo in grande dubbio e perplessità in se stesso, e ruotando molte cose nella sua mente,

quale aiuto potesse avere contro le operazioni del suo incantatore, Costantino, nel suo

viaggio che si avvicinava alla città, e alzando più volte gli occhi al cielo, nella parte sud,

verso il tramonto del sole, vide un grande splendore nel cielo, che appariva in somiglianza

di una croce, dando questa iscrizione, [IN HOC VINCE - latino], cioè, "In questo superato".

Eusebio Pamphilus testimoniò di aver sentito lo stesso Costantino riferire più volte, e

anche di giurare che questo era vero e certo, cosa che vide con i suoi occhi in cielo, e anche

i suoi soldati intorno a lui. Alla vista di ciò, mentre era molto stupito e si consultava con i

suoi uomini sul significato di ciò, ecco che nella notte, durante il sonno, Cristo gli apparve

con il segno della stessa croce che aveva visto prima, comandandogli di farne la figura e di

portarla nelle sue guerre davanti a lui e ai suoi eserciti, e così avrebbe avuto la vittoria.

Costantino stabilì così la pace della Chiesa che per lo spazio di mille anni non abbiamo

letto di alcuna persecuzione fissa contro i cristiani, fino al tempo di Giovanni Wickliffe.

Così felice, così gloriosa fu questa vittoria di Costantino, chiamato il Grande! Per la

gioia e l'allegria di ciò, i cittadini che l'avevano mandato a chiamare prima, con grande

trionfo lo portarono nella città di Roma, dove fu ricevuto con grande onore, e festeggiato

per sette giorni insieme; avendo, inoltre, nella piazza del mercato, la sua immagine posta,

tenendo nella mano destra il segno della croce, con questa iscrizione:

"Con questo segno salutare, vero segno di fortezza, ho salvato e liberato la nostra città

dal giogo del tiranno".

Concluderemo il nostro racconto della decima e ultima persecuzione generale con la

morte di San Giorgio, il santo titolare e patrono d'Inghilterra. San Giorgio era nato in

Cappadocia, da genitori cristiani; e dando prova del suo coraggio, fu promosso nell'esercito

dell'imperatore Diocleziano. Durante la persecuzione, San Giorgio si dimise dall'esercito,

andò coraggiosamente alla Camera del Senato e si confessò cristiano, cogliendo allo stesso

tempo l'occasione per protestare contro il paganesimo e sottolineare l'assurdità del culto

degli idoli. Questa libertà provocò così tanto il senato che San Giorgio fu ordinato di essere

torturato, e per ordine dell'imperatore fu trascinato per le strade e decapitato il giorno dopo.

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Il Libro dei Martiri di Foxe

La leggenda del drago, che è associata a questo martire, è solitamente illustrata

rappresentando San Giorgio seduto su un cavallo che carica e che trafigge il mostro con la

sua lancia. Questo drago infuocato simboleggia il diavolo, che fu sconfitto dalla ferma fede

di San Giorgio in Cristo, che rimase irremovibile, salda nonostante la tortura e la morte.

..

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Capitolo III - Persecuzioni dei Cristiani in Persia

Il Vangelo si diffuse in Persia. I sacerdoti pagani, che adoravano il sole, erano molto

allarmati e temevano di perdere l'influenza che avevano esercitato in precedenza sulle

menti e sulle proprietà del popolo. Per questo motivo ritennero opportuno lamentarsi con

l'imperatore che i cristiani erano nemici dello Stato. Essi intrattenevano una corrispondenza

traditrice con i Romani, i grandi nemici della Persia.

L'imperatore Sapores, naturalmente avverso al cristianesimo, credette facilmente alle

accuse contro i cristiani e diede ordine di perseguitarli in tutte le parti del suo impero. A

causa di questo mandato, molti personaggi eminenti della Chiesa e dello Stato divennero

martiri dell'ignoranza e della ferocia dei pagani.

Costantino il Grande, informato delle persecuzioni in Persia, scrisse una lunga lettera

al monarca persiano, in cui raccontava la vendetta che si era abbattuta sui persecutori e il

grande successo che aveva riscosso chi si era astenuto dal perseguitare i cristiani.

Parlando delle sue vittorie sugli imperatori rivali del suo tempo, Costantino disse: Li

ho sottomessi solo grazie alla fede in Cristo; per questo Dio mi ha aiutato, dandomi la

vittoria in battaglia e facendomi trionfare sui miei nemici. Egli mi ha anche allargato i

confini dell'Impero Romano, che si estende dall'Oceano Occidentale fin quasi all'estremità

dell'Oriente. Per questo dominio non ho offerto sacrifici alle antiche divinità, né ho fatto

uso di incantesimi o divinazione. Ho solo offerto preghiere al Dio onnipotente e ho seguito

la croce di Cristo. Mi rallegrerei se anche il trono di Persia trovasse gloria, abbracciando i

cristiani: così voi con me, ed essi con voi, potrete godere di tutta la felicità.

In seguito a questo appello, la persecuzione cessò per il momento, ma si rinnovò negli

anni successivi, quando un altro re succedette al trono di Persia.

Le Persecuzioni sotto gli eretici ariani

L'autore dell'eresia ariana fu Ario, originario della Libia e sacerdote di Alessandria,

che nel 318 d.C. iniziò a pubblicare i suoi errori. Fu condannato da un concilio di vescovi

libici ed egiziani e la sentenza fu confermata dal Concilio di Nizza del 325 d.C.. Dopo la

morte di Costantino il Grande, gli ariani trovarono il modo di ingraziarsi il favore

dell'imperatore Costantino, suo figlio e successore in Oriente. Si scatenò quindi una

persecuzione contro i vescovi e il clero ortodosso. Il celebre Atanasio e altri vescovi furono

banditi e le loro sedi vacanti furono occupate da ariani.

In Egitto e in Libia furono martirizzati trenta vescovi e molti altri cristiani furono

crudelmente tormentati. Nel 386, Giorgio, vescovo ariano di Alessandria, sotto l'autorità

dell'imperatore, iniziò una persecuzione in quella città e nei suoi dintorni e la portò avanti

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Il Libro dei Martiri di Foxe

con la massima severità infernale. Nella sua diabolica malvagità fu assistito da Catofonio,

governatore dell'Egitto, e da Sebastiano, generale delle forze egiziane; Faustino, il tesoriere.

Eraclio, ufficiale romano.

Le persecuzioni infuriarono a tal punto che il clero fu cacciato da Alessandria, le

chiese vennero chiuse e i rigori praticati dagli eretici ariani furono pari a quelli praticati

dagli idolatri pagani. Se un cristiano accusato riusciva a fuggire, tutta la sua famiglia veniva

massacrata e i suoi beni confiscati.

Persecuzione sotto Giuliano l'Apostata

Questo imperatore era figlio di Giulio Costanzo e nipote di Costantino il Grande.

Studiò i rudimenti della grammatica sotto la guida di Mardonio, un eunuco e un pagano di

Costantinopoli. Suo padre lo mandò qualche tempo dopo a Nicomedia, per essere istruito

nella religione cristiana dal vescovo di Eusebio, suo parente. Ma i suoi principi furono

corrotti dalle perniciose dottrine del retore Ecebolius e del mago Maximus.

Morto Costanzo nel 361, gli successe Giuliano, che non appena raggiunse la dignità

imperiale rinunciò al cristianesimo e abbracciò il paganesimo, che da qualche anno era

caduto in grande disgrazia. Pur ripristinando il culto idolatrico, non emanò alcun editto

pubblico contro il cristianesimo. Richiamò tutti i pagani banditi, permise il libero esercizio

della religione a ogni setta, ma privò tutti i cristiani di cariche a corte, nella magistratura o

nell'esercito. Era casto, temperato, vigile, laborioso e pio; tuttavia proibì a qualsiasi

cristiano di tenere una scuola o un seminario pubblico di apprendimento e privò tutto il

clero cristiano dei privilegi concessi loro da Costantino il Grande.

Il vescovo Basilio si rese famoso per la sua opposizione all'arianesimo, che provocò

una dura ritorsione da parte del vescovo ariano di Costantinopoli. Si oppose anche al

paganesimo. Gli agenti dell'imperatore tentarono invano di manipolare Basilio con

promesse, minacce e bastonate; egli rimase saldo nella fede e rimase in prigione per subire

altre sofferenze, quando l'imperatore giunse casualmente ad Ancyra. Giuliano decise di

esaminare di persona Basilio, quando il santo uomo gli fu portato davanti, l'imperatore fece

di tutto per dissuaderlo dal perseverare nella fede. Basilio non solo rimase fermo come

sempre, ma, con spirito profetico, predisse la morte dell'imperatore e che sarebbe stato

tormentato nell'altra vita. Infuriato per quanto udito, Giuliano ordinò che il corpo di Basilio

fosse straziato ogni giorno in sette parti diverse, finché la sua pelle e la sua carne non

fossero completamente maciullate. Questa sentenza disumana fu eseguita con rigore e il

martire morì sotto i suoi colpi il 28 giugno 362 d.C..

Nello stesso periodo soffrirono Donatus, vescovo di Arezzo, e Hilarinus, un eremita;

anche Gordian, un magistrato romano. Artemio, comandante in capo delle forze romane in

Egitto, essendo cristiano, fu privato del suo incarico, poi dei suoi beni e infine della testa.

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Il Libro dei Martiri di Foxe

La Persecuzione infuriò terribilmente verso la fine dell'anno 363. Ma, poiché molti

particolari non ci sono stati tramandati, è necessario ricordare in generale che in Palestina

molti furono bruciati vivi, altri furono trascinati per i piedi per le strade, nudi, finché non

spirarono; alcuni furono scottati a morte, molti lapidati e un gran numero di persone fu

colpito al cervello con delle mazze. Ad Alessandria, innumerevoli furono i martiri che

subirono la spada, il rogo, la crocifissione e la lapidazione. Ad Aretusa, molti furono

squartati e, dopo aver messo del grano nelle loro pance, vi furono portati dei maiali che,

divorando il grano, divorarono anche le viscere dei martiri; in Tracia, Emiliano fu bruciato

su un rogo. Domizio fu ucciso in una grotta, dove si era rifugiato.

L'imperatore Giuliano l'apostata morì per una ferita riportata nella spedizione persiana,

nel 363 d.C.. Anche mentre stava per morire, pronunciò le più orribili bestemmie. Gli

successe Gioviano, che riportò la pace nella Chiesa.

Dopo la morte di Gioviano, Valentiniano succedette all'impero e associò a sé Valente,

che aveva il comando in Oriente. Era ariano e di indole implacabile e persecutoria.

Persecuzione dei cristiani da parte di Goti e Vandali.

Molti Goti della Scizia abbracciarono il cristianesimo all'epoca di Costantino il

Grande. La luce del Vangelo si diffuse notevolmente in Scizia, anche se i due re che

governavano quel Paese e la maggior parte del popolo continuavano a essere pagani.

Fritegern, re dei Goti occidentali, era alleato dei Romani, ma Athanarich, re dei Goti

orientali, era in guerra con loro. I cristiani, nei domini del primo, vivevano indisturbati, ma

il secondo, sconfitto dai Romani, si vendicò sui suoi sudditi cristiani, dando inizio alle sue

ingiunzioni pagane nell'anno 370.

Per quanto riguarda la religione, i Goti erano ariani e si definivano cristiani; per questo

distrussero tutte le statue e i templi degli dei pagani, ma non arrecarono alcun danno alle

chiese cristiane ortodosse. Alarico aveva tutte le qualità di un grande generale. Al selvaggio

coraggio del barbaro gotico, aggiunse il coraggio e l'abilità del soldato romano. Guidò le

sue forze attraverso le Alpi in Italia. Sebbene sia stato respinto per il momento, tornò in

seguito con una forza irresistibile.

L'ultimo "trionfo" romano

Dopo questa fortunata vittoria sui Goti fu celebrato a Roma un "trionfo", come veniva

chiamato. Per centinaia di anni, i generali di successo avevano ricevuto questo grande

onore al ritorno da una campagna vittoriosa. In queste occasioni la città veniva lasciata per

giorni alla marcia delle truppe cariche di bottino, che trascinavano con sé i prigionieri di

guerra, tra cui spesso re prigionieri e generali conquistati. Questo fu l'ultimo trionfo romano,

perché celebrava l'ultima vittoria romana. Sebbene fosse stata conquistata dal generale

Stilicone, fu l'imperatore bambino, Onorio, a prendersene il merito, entrando a Roma con

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Il Libro dei Martiri di Foxe

la macchina della vittoria e dirigendosi verso il Campidoglio tra le grida del popolo. In

seguito, come era consuetudine in queste occasioni, ci furono sanguinosi combattimenti

nel Colosseo, dove i gladiatori, armati di spade e lance, si scontrarono furiosamente come

se fossero sul campo di battaglia.

La prima parte del sanguinoso spettacolo era terminata; i corpi dei morti furono

trascinati via con dei ganci e la sabbia arrossata fu ricoperta da uno strato fresco e pulito.

Dopo aver fatto questo, i cancelli del muro dell'arena furono aperti e un certo numero di

uomini alti e ben formati, nel fiore della giovinezza e della forza, si fecero avanti. Alcuni

portavano spade, altri lance a tre punte e reti. Marciarono una volta intorno alle mura e,

fermandosi davanti all'imperatore, tennero le armi a distanza di sicurezza e con una sola

voce lanciarono il loro saluto: Ave, Caesar, morituri te salutant!. - "Ave, Cesare, coloro

che stanno per morire ti salutano!".

I combattimenti ricominciarono; i gladiatori con le reti cercavano di impigliare quelli

con le spade e, quando ci riuscivano, trafiggevano a morte i loro antagonisti con la lancia

a tre punte. Quando un gladiatore aveva ferito il suo avversario e giaceva inerme ai suoi

piedi, guardava le facce impazienti degli spettatori e gridava "Hoc habet! "Ce l'ha! e

attendeva il piacere del pubblico per uccidere o risparmiare.

Se gli spettatori tendevano le mani verso di lui, con i pollici rivolti verso l'alto, lo

sconfitto veniva portato via, per riprendersi, se possibile, dalle ferite. Ma se veniva dato il

segnale fatale dei "pollici rivolti verso il basso", il vinto doveva essere ucciso. Se mostrava

una qualche riluttanza a presentare il collo per il colpo di grazia, dalle gallerie si levava un

grido sprezzante: Recipe ferrum! "Ricevi il ferro!". Le persone privilegiate tra il pubblico

scendevano addirittura nell'arena, per assistere meglio alle agonie di morte di qualche

vittima insolitamente coraggiosa, prima che il suo cadavere fosse trascinato fuori dalla

porta della morte.

Lo spettacolo andò avanti; molti erano stati uccisi e il popolo, follemente eccitato dal

disperato coraggio di coloro che continuavano a combattere, gridava il suo applauso. Ma

all'improvviso ci fu un'interruzione. Una figura vestita in modo sgarbato e in tunica apparve

per un attimo tra il pubblico, poi balzò coraggiosamente nell'arena. Si trattava di un uomo

dalla presenza rozza ma imponente, con la testa nuda e il volto abbronzato. Senza esitare

un istante, si avvicinò a due gladiatori impegnati in una lotta tra la vita e la morte e, posando

la mano su uno di loro, lo rimproverò severamente per aver versato sangue innocente; poi,

voltandosi verso le migliaia di volti arrabbiati schierati intorno a lui, li chiamò con una

voce solenne e profonda che risuonò nel profondo recinto. Queste le sue parole: "Non

ripagate la misericordia di Dio che ha allontanato le spade dei vostri nemici uccidendovi a

vicenda!".

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Urla e grida rabbiose affogarono subito la sua voce: "Questo non è un posto per

predicare! - Le vecchie usanze di Roma devono essere rispettate! - Avanti, gladiatori!".

Spingendo via lo straniero, i gladiatori avrebbero voluto attaccarsi di nuovo, ma l'uomo si

mise in mezzo, tenendoli separati e cercando invano di farsi sentire. "Sedizione! Sedizione!

Abbasso lui!" fu il grido. I gladiatori, infuriati per l'interferenza di un estraneo nella loro

vocazione, lo pugnalarono subito a morte. Anche le pietre, o qualsiasi altro missile a portata

di mano, piovvero su di lui dal popolo furioso, e così morì, in mezzo all'arena.

Il suo abbigliamento mostrava che era uno degli eremiti che si erano votati a una vita

santa di preghiera e abnegazione, e che erano venerati anche dai romani sconsiderati e

amanti della lotta. I pochi che lo conoscevano raccontavano che era venuto dalle terre

selvagge dell'Asia in pellegrinaggio, per visitare le chiese e festeggiare il Natale a Roma;

sapevano che era un uomo santo e che il suo nome era Telemaco, non di più. Il suo spirito

era stato scosso dalla vista di migliaia di persone che si accalcavano per vedere gli uomini

massacrarsi l'un l'altro, e nel suo zelo semplice aveva cercato di convincerli della crudeltà

e della malvagità della loro condotta. Era morto, ma non invano. La sua opera fu compiuta

nel momento in cui fu abbattuto, perché lo shock di una tale morte davanti ai loro occhi

trasformò i cuori del popolo: videro gli aspetti orribili del vizio preferito a cui si erano

ciecamente abbandonati. Dal giorno in cui Telemaco cadde morto nel Colosseo, nessun

altro combattimento di gladiatori vi si tenne più.

Le Persecuzioni dalla metà del quinto secolo circa alla fine del settimo secolo

Proterio fu nominato sacerdote da Cirillo, vescovo di Alessandria, che ne conosceva bene

le virtù, prima di affidargli la predicazione. Alla morte di Cirillo, la sede di Alessandria fu

occupata da Discoro, un nemico inveterato della memoria e della famiglia del suo

predecessore. Essendo stato condannato dal concilio di Calcedonia per aver abbracciato gli

errori di Eutiche, fu deposto e a ricoprire la sede vacante fu scelto Proterio, approvato

dall'imperatore. Ciò provocò una pericolosa insurrezione, poiché la città di Alessandria si

divise in due fazioni: una che sposava la causa del vecchio e l'altra del nuovo prelato. In

uno dei tumulti, gli Eutichiani decisero di vendicarsi di Proterio, che si era rifugiato in

chiesa per trovare rifugio; ma il Venerdì Santo, nel 457 d.C., un gran numero di loro si

precipitò in chiesa e uccise barbaramente il prelato; poi trascinarono il corpo per le strade,

lo insultarono, lo fecero a pezzi, lo bruciarono e ne sparsero le ceneri in aria.

Ermengildo, principe gotico, era il figlio maggiore di Leovigildo, re dei Goti in

Spagna. Questo principe, originariamente ariano, si convertì alla fede ortodossa grazie alla

moglie Ingonda. Quando il re seppe che il figlio aveva cambiato i suoi sentimenti religiosi,

lo privò del comando di Siviglia, dove era governatore, e minacciò di metterlo a morte se

non avesse rinunciato alla fede che aveva appena abbracciato. Il principe, per impedire

l'esecuzione delle minacce del padre, cominciò a mettersi in posizione di difesa. Molti

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Il Libro dei Martiri di Foxe

ortodossi in Spagna si dichiararono a suo favore. Il re, esasperato da questo atto di

ribellione, iniziò a punire tutti i cristiani ortodossi che potevano essere catturati dalle sue

truppe, dando così inizio a una durissima persecuzione; inoltre marciò contro il figlio alla

testa di un esercito molto potente. Il principe si rifugiò a Siviglia, da cui fuggì, per poi

essere assediato e catturato ad Asieta. Caricato di catene, fu inviato a Siviglia e, in

occasione della festa di Pasqua, rifiutandosi di ricevere l'Eucaristia da un vescovo ariano,

il re infuriato ordinò alle sue guardie di tagliare a pezzi il principe, cosa che puntualmente

fecero, il 13 aprile 586.

Martino, vescovo di Roma, nacque a Todi, in Italia. Era naturalmente portato alla virtù

e i suoi genitori gli impartirono un'educazione ammirevole. Si oppose agli eretici chiamati

Monoteliti, che erano patrocinati dall'imperatore Eraclio. Martino fu condannato a

Costantinopoli, dove fu esposto nei luoghi più pubblici al dileggio del popolo, privato di

tutti i segni di distinzione episcopale e trattato con il massimo disprezzo e severità. Dopo

aver trascorso alcuni mesi in prigione, Martino fu inviato in un'isola lontana e lì fatto a

pezzi, nel 655 d.C..

Giovanni, vescovo di Bergamo, in Lombardia, era un uomo colto e un buon cristiano.

Si impegnò al massimo per ripulire la Chiesa dagli errori dell'arianesimo e, unendosi in

questa santa opera a Giovanni, vescovo di Milano, ottenne un grande successo contro gli

eretici, per cui fu assassinato l'11 luglio del 683.

Killien nacque in Irlanda e ricevette dai genitori un'educazione pia e cristiana. Ottenne

dal pontefice romano la licenza di predicare ai pagani in Franconia, in Germania. A

Wurtzburg convertì Gozbert, il governatore, il cui esempio fu seguito dalla maggior parte

del popolo nei due anni successivi. Persuadendo Gozbert che il suo matrimonio con la

vedova di suo fratello era peccaminoso, quest'ultimo lo fece decapitare, nel 689 d.C..

Persecuzioni dalla prima parte dell'ottavo fino alla conclusione del decimo secolo

Bonifacio, arcivescovo di Mentz e padre della Chiesa tedesca, era inglese e, nella

storia ecclesiastica, è considerato uno degli ornamenti più brillanti di questa nazione.

Originariamente il suo nome era Winfred, o Winfrith, e nacque a Kirton, nel Devonshire,

all'epoca parte del regno West-Saxon. Quando aveva circa sei anni, cominciò a scoprire

una propensione alla riflessione e sembrava desideroso di ottenere informazioni su

argomenti religiosi. L'abate Wolfrad, constatando che possedeva un genio brillante e una

forte inclinazione allo studio, lo fece trasferire a Nutscelle, un seminario di studi nella

diocesi di Winchester, dove avrebbe avuto maggiori possibilità di migliorare rispetto a

Exeter.

Dopo i dovuti studi, l'abate, vedendolo qualificato per il sacerdozio, lo obbligò a

ricevere quell'ordine sacro quando aveva circa trent'anni. Da quel momento iniziò a

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Il Libro dei Martiri di Foxe

predicare e a lavorare per la salvezza dei suoi simili; fu rilasciato per partecipare a un

sinodo di vescovi nel regno dei Sassoni occidentali. In seguito, nel 719, si recò a Roma,

dove Gregorio II, che allora sedeva sulla cattedra di Pietro, lo accolse con grande amicizia

e, trovandolo pieno di tutte le virtù che compongono il carattere di un missionario

apostolico, lo congedò senza incarico in libertà per predicare il Vangelo ai pagani ovunque

li trovasse. Passando per la Lombardia e la Baviera, giunse in Turingia, paese che non

aveva ancora ricevuto la luce del Vangelo; visitò poi Utrecht e proseguì per la Sassonia,

dove convertì al cristianesimo alcune migliaia di persone.

Durante il ministero di questo mite prelato, Pipino fu dichiarato re di Francia.

L'ambizione di quel principe era quella di essere incoronato dal più santo prelato che

potesse trovare, e Bonifacio fu incaricato di celebrare tale cerimonia, che avvenne a

Soissons, nel 752. L'anno successivo, la sua grande età e le sue numerose infermità gli

pesarono talmente tanto che, con il consenso del nuovo re e dei vescovi della sua diocesi,

consacrò Lullo, suo conterraneo e fedele discepolo, e lo insediò nella sede di Mentz. Dopo

essersi liberato del suo incarico, raccomandò la chiesa di Mentz alle cure del nuovo

vescovo con parole molto forti, augurandogli di finire la chiesa di Fuld e di vederlo sepolto

in essa, poiché la sua fine era vicina.

Lasciati questi ordini, si imbarcò sul Reno e si recò in Frisia, dove convertì e battezzò

diverse migliaia di indigeni barbari, demolì i templi e innalzò chiese sulle rovine di quelle

strutture superstiziose. Essendo stato fissato un giorno per confermare un gran numero di

nuovi convertiti, ordinò loro di riunirsi in una nuova pianura aperta, vicino al fiume Bourde.

Lì era tornato il giorno prima. Piantata una tenda, decise di rimanere sul posto tutta la notte,

per essere pronto al mattino presto. Alcuni pagani, suoi acerrimi nemici, venuti a

conoscenza di ciò, piombarono su di lui e sui compagni di missione durante la notte e

uccisero lui e cinquantadue dei suoi compagni e assistenti il 5 giugno 755 d.C.. Così cadde

il grande padre della Chiesa germanica, l'onore dell'Inghilterra e la gloria dell'epoca in cui

visse.

Quarantadue persone di Armorian, nell'Alta Frigia, furono martirizzate nell'anno 845

dai Saraceni, le cui circostanze sono le seguenti:

Durante il regno di Teofilo, i Saraceni devastarono molte parti dell'impero d'Oriente,

ottennero diversi vantaggi considerevoli sui cristiani, presero la città di Armoriano e molti

subirono il martirio.

Flora e Maria, due signore di spicco, subirono il martirio nello stesso momento.

Perfectus nacque a Corduba, in Spagna, e fu allevato nella fede cristiana. Dotato di un

ingegno rapido, si impadronì di tutta la letteratura utile e cortese di quell'epoca. Allo stesso

tempo non era più celebrato per le sue capacità che ammirato per la sua pietà. Alla fine

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Il Libro dei Martiri di Foxe

prese gli ordini sacerdotali e svolse i doveri del suo ufficio con grande assiduità e puntualità.

Dichiarando pubblicamente Mahomet un impostore, fu condannato alla decapitazione e fu

quindi giustiziato nell'850 d.C.; dopodiché il suo corpo fu onorevolmente inumato dai

cristiani.

Adalberto, vescovo di Praga, boemo di nascita, dopo essere stato coinvolto in molti

problemi, cominciò a pensare alla conversione degli infedeli; a tal fine tornò a Dantzic,

dove convertì e battezzò molti, cosa che fece infuriare a tal punto i sacerdoti pagani, che

gli caddero addosso e lo colpirono con i dardi, il 23 aprile 997.

Le Persecuzioni nell'XI secolo

Alphage, arcivescovo di Canterbury, discendeva da una considerevole famiglia del

Gloucestershire e ricevette un'educazione adeguata alla sua illustre nascita. I suoi genitori

erano degni cristiani e Alphage sembrava aver ereditato le loro virtù.

Essendo la sede di Winchester vacante per la morte di Ethelwold, Dunstan,

arcivescovo di Canterbury, in qualità di primate di tutta l'Inghilterra, consacrò Alphage al

vescovato vacante, con generale soddisfazione di tutti gli interessati della diocesi.

Dustain aveva una straordinaria venerazione per Alfago e, quando fu in punto di morte,

chiese ardentemente a Dio di potergli succedere nella sede di Canterbury; cosa che avvenne,

anche se non prima di circa diciotto anni dopo la morte di Dunstan, nel 1006.

Dopo che Alphage aveva governato la sede di Canterbury per circa quattro anni, con

grande reputazione per sé e beneficio per il suo popolo, i danesi fecero un'incursione in

Inghilterra e posero l'assedio a Canterbury. Quando si seppe del progetto di attaccare questa

città, molti dei principali abitanti fuggirono da essa e avrebbero convinto Alfonso a seguire

il loro esempio. Ma egli, da buon pastore, non volle ascoltare tale proposta. Mentre era

impegnato ad assistere e incoraggiare il popolo, Canterbury fu presa d'assalto; il nemico si

riversò nella città e distrusse con il fuoco e la spada tutto ciò che incontrava. Egli ebbe il

coraggio di rivolgersi ai nemici e di offrirsi alle loro spade, in quanto più degno della loro

rabbia che del popolo: implorò che fossero salvati e che scaricassero su di lui tutta la loro

furia. Lo afferrarono, gli legarono le mani, lo insultarono e lo maltrattarono in modo rude

e barbaro. Lo costrinsero a rimanere sul posto finché la sua chiesa non fu bruciata e i

monaci massacrati. Poi decimarono tutti gli abitanti, sia ecclesiastici che laici, lasciando in

vita solo una persona su dieci; così che misero a morte 7236 persone e lasciarono in vita

solo quattro monaci e 800 laici, dopodiché confinarono l'arcivescovo in una prigione, dove

lo tennero prigioniero per diversi mesi.

Durante la sua prigionia, gli proposero di riscattare la sua libertà con la somma di

3.000 sterline e di convincere il re a comprare la loro partenza dal regno con un'ulteriore

somma di

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Il Libro dei Martiri di Foxe

10.000 sterline. Poiché le condizioni di Alphage non gli consentivano di soddisfare

l'esorbitante richiesta, lo legarono e lo sottoposero a gravi tormenti per obbligarlo a scoprire

il tesoro della chiesa; a questo punto gli assicurarono la vita e la libertà, ma il prelato si

ostinò a rifiutare di darne conto ai pagani. Lo rinviarono di nuovo in prigione, lo

confinarono per altri sei giorni e poi, portandolo prigioniero a Greenwich, lo processarono

lì. Egli rimase ancora inflessibile riguardo al tesoro della chiesa. Ma li esortò ad

abbandonare l'idolatria e ad abbracciare il cristianesimo. Ciò incitò talmente i danesi che i

soldati lo trascinarono fuori dall'accampamento e lo picchiarono senza pietà.

Uno dei soldati, che era stato convertito da lui, sapendo che le sue pene sarebbero state

lunghe, dato che la sua morte era decisa, mosso da una sorta di barbara compassione, gli

tagliò la testa, dando così il colpo di grazia al suo martirio, il 19 aprile d.C. 1012. Questa

operazione avvenne proprio nel luogo in cui oggi sorge la chiesa di Greenwich, a lui

dedicata. Dopo la sua morte, il suo corpo fu gettato nel Tamigi, ma, essendo stato ritrovato

il giorno dopo, fu sepolto nella cattedrale di San Paolo dai vescovi di Londra e Lincoln; da

lì, nel 1023, fu portato a Canterbury da Ethelmoth, arcivescovo di quella provincia.

Gerardo, veneziano, si dedicò al servizio di Dio fin dalla più tenera età: entrò in una

casa religiosa per qualche tempo, poi decise di visitare la Terra Santa. Recatosi in Ungheria,

fece conoscenza con Stefano, re di quel Paese, che lo nominò vescovo di Chonad.

Ouvo e Pietro, successori di Stefano, erano stati deposti, e Andrea, figlio di Ladislao,

cugino- tedesco di Stefano, si era fatto offrire la corona a condizione di impiegare la sua

autorità per estirpare la religione cristiana dall'Ungheria. L'ambizioso principe

accondiscese alla proposta, ma Gerardo, informato dell'empio accordo, ritenne suo dovere

rimostrare l'enormità del crimine di Andrea e persuaderlo a ritirare la promessa. A tal fine

si impegnò a recarsi da quel principe, accompagnato da tre prelati, pieni di altrettanto zelo

per la religione. Il nuovo re si trovava ad Alba Regalis, ma, mentre i quattro vescovi stavano

per attraversare il Danubio, furono fermati da un gruppo di soldati appostati lì.

Sopportarono pazientemente l'attacco di una pioggia di pietre, quando i soldati li

picchiarono senza pietà e alla fine li uccisero con le lance. Il loro martirio avvenne nell'anno

1045.

Stanislao, vescovo di Cracovia, discendeva da un'illustre famiglia polacca. La pietà

dei suoi genitori era pari alla loro opulenza, e quest'ultima veniva asservita a tutti gli scopi

di carità e benevolenza. Stanislao rimase per qualche tempo indeciso se abbracciare la vita

monastica o impegnarsi nel clero secolare. Alla fine fu convinto da Lamberto Zula, vescovo

di Cracovia, che gli diede gli ordini sacri e lo fece canonico della sua cattedrale. Lamberto

morì il 25 novembre 1071, quando tutti gli interessati alla scelta di un successore si

pronunciarono a favore di Stanislao, il quale succedette nella prelatura.

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Bolislao, il secondo re di Polonia, aveva, per natura, molte buone qualità, ma

lasciandosi andare alle sue passioni, incappò in molte enormità e alla fine gli fu affibbiato

l'appellativo di Crudele. Solo Stanislao ebbe il coraggio di parlargli delle sue colpe, quando,

cogliendo un'occasione privata, gli espose liberamente le enormità dei suoi crimini. Il re,

molto esasperato per le sue ripetute libertà, decise infine di avere la meglio su un prelato

così estremamente fedele. Avendo saputo un giorno che il vescovo si trovava da solo nella

cappella di San Michele, a poca distanza dalla città, inviò alcuni soldati per ucciderlo. I

soldati intrapresero prontamente il sanguinoso compito. Ma, quando si trovarono al

cospetto di Stanislao, l'aspetto venerabile del prelato li colpì con una tale soggezione che

non riuscirono a compiere ciò che avevano promesso. Al loro ritorno, il re, vedendo che

non avevano obbedito ai suoi ordini, si scagliò violentemente contro di loro, strappò un

pugnale a uno di loro e corse furioso verso la cappella, dove, trovando Stanislao sull'altare,

gli conficcò l'arma nel cuore. Il prelato spirò immediatamente l8 maggio 1079..

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Capitolo IV - Le Persecuzioni Papali

Finora la nostra storia delle persecuzioni si è limitata principalmente al mondo pagano.

Arriviamo ora a un periodo in cui la persecuzione, sotto l'apparenza del cristianesimo, ha

commesso più enormità di quante ne abbiano mai disonorate gli annali del paganesimo.

Trascurando le massime e lo spirito del Vangelo, la Chiesa papale, armandosi del potere

della spada, ha infastidito la Chiesa di Dio e l'ha devastata per diversi secoli, un periodo

che la storia definisce nel modo più appropriato "secoli bui". I re della terra cedettero il

loro potere alla "Bestia" e si sottomisero a essere calpestati da quei miserabili parassiti che

spesso occupavano la cattedra papale, come nel caso di Enrico, imperatore di Germania.

La tempesta della persecuzione papale si abbatté per la prima volta sui Valdesi in Francia.

La Persecuzione dei Valdesi in Francia

Avendo il papato portato diverse innovazioni nella Chiesa e disseminato il mondo

cristiano di tenebre e superstizioni, alcuni pochi, che avevano chiaramente percepito la

tendenza perniciosa di tali errori, decisero di mostrare la luce del Vangelo nella sua reale

purezza e di disperdere le nubi che abili sacerdoti avevano sollevato intorno ad essa per

accecare il popolo e oscurare il suo reale splendore.

Il principale tra questi fu Berengario che, intorno all'anno 1000, predicò con coraggio

le verità evangeliche, secondo la loro primitiva purezza. Molti, convinti, aderirono alla sua

dottrina e per questo furono chiamati Berengari. A Berengario successe Peer Bruis, che

predicò a Tolosa, sotto la protezione di un conte di nome Hildephonsus; e l'intera dottrina

dei riformatori, con le ragioni della loro separazione dalla Chiesa di Roma, fu pubblicata

in un libro scritto da Bruis, sotto il titolo di "Antichrist".

Nell'anno di Cristo 1140, il numero dei riformati era molto grande e la probabilità che

aumentasse allarmò il Papa, che scrisse a diversi principi di bandirli dai loro domini e

impiegò molti uomini dotti per scrivere contro le loro dottrine.

Nel 1147, a causa di Enrico di Tolosa, ritenuto il loro più eminente predicatore,

vennero chiamati henerici; e poiché non ammettevano alcuna prova relativa alla religione,

se non quella che si poteva dedurre dalle stesse Scritture, i papisti diedero loro il nome di

apostolici. Alla fine, Pietro Waldo, o Valdo, nativo di Lione, eminente per la sua pietà e la

sua cultura, divenne uno strenuo oppositore del papismo; da lui i riformati, a quel tempo,

ricevettero l'appellativo di Valdesi o Waldoy.

Papa Alessandro III, informato dal vescovo di Lione di queste operazioni, scomunicò

Waldo e i suoi aderenti e ordinò al vescovo di sterminarli, se possibile, dalla faccia della

terra; da qui iniziarono le persecuzioni papali contro i Valdesi.

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Le azioni di Waldo e dei riformati provocarono la prima nascita degli inquisitori; Papa

Innocenzo III autorizzò alcuni monaci come inquisitori a ricercare e consegnare i riformati

al potere secolare. Il processo era breve, poiché l'accusa era ritenuta sufficiente per la

colpevolezza e non veniva mai concesso un processo sincero all'accusato.

Il papa, constatando che questi mezzi crudeli non avevano sortito l'effetto desiderato,

inviò alcuni monaci dotti a predicare tra i valdesi e a cercare di farli desistere dalle loro

opinioni. Tra questi monaci c'era un certo Domenico, che sembrava estremamente zelante

nella causa del papismo. Questo Domenico istituì un ordine che, da lui, prese il nome di

ordine dei frati domenicani, i cui membri sono da allora i principali inquisitori nelle varie

inquisizioni del mondo. Il potere degli inquisitori era illimitato; procedevano contro chi

volevano, senza alcuna considerazione di età, sesso o rango. Anche se gli accusatori erano

infami, l'accusa era considerata valida; e persino le informazioni anonime, inviate per

lettera, erano considerate prove sufficienti. Essere ricchi era un crimine pari all'eresia;

perciò molti di coloro che avevano denaro erano accusati di eresia o di essere favoreggiatori

di eretici, affinché fossero costretti a pagare per le loro opinioni.

Gli amici più cari o i parenti più prossimi non potevano, senza pericolo, servire chi

era imprigionato a causa della religione. Portare ai confinati un po' di paglia o dare loro

una tazza d'acqua si chiamava favorire gli eretici e si veniva perseguiti di conseguenza.

Nessun avvocato osava difendere il proprio fratello e la loro malvagità si estendeva persino

oltre la tomba; per questo le ossa di molti venivano dissotterrate e bruciate, come esempio

per i vivi. Se un uomo in punto di morte veniva accusato di essere un seguace di Waldo, i

suoi beni venivano confiscati e l'erede defraudato della sua eredità; alcuni venivano

mandati in Terra Santa, mentre i domenicani si impadronivano delle loro case e proprietà

e, quando i proprietari tornavano, spesso fingevano di non conoscerli. Queste persecuzioni

continuarono per diversi secoli sotto diversi papi e altri grandi dignitari della Chiesa

cattolica.

Persecuzioni degli Albigesi

Gli Albigesi erano un popolo di religione riformata che abitava il paese di Albi.

Furono condannati per motivi religiosi nel Concilio Lateranense, per ordine di Papa

Alessandro III. Ciononostante, si moltiplicarono così tanto che molte città erano abitate

solo da persone del loro credo e diversi eminenti nobili abbracciarono le loro dottrine. Tra

questi ultimi c'erano Raimondo, conte di Tolosa, Raimondo, conte di Foix, il conte di

Beziers, ecc.

Essendo stato ucciso un frate, di nome Pietro, nei domini del conte di Tolosa, il papa

fece dell'omicidio un pretesto per perseguitare quel nobile e i suoi sudditi. A tal fine, inviò

persone in tutta Europa per raccogliere forze che agissero coercitivamente contro gli

Albigesi e promise il paradiso a tutti coloro che sarebbero accorsi a questa guerra, che

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Il Libro dei Martiri di Foxe

chiamò guerra santa, e avrebbero portato le armi per quaranta giorni. Le stesse indulgenze

vennero concesse a tutti coloro che si fossero presentati allo scopo e a coloro che si fossero

impegnati nelle crociate in Terra Santa. Il coraggioso conte difese Tolosa e altri luoghi con

il più eroico coraggio e con vari successi contro i legati del papa e Simone, conte di

Montfort, un nobile cattolico bigotto. Non riuscendo a sottomettere apertamente il conte di

Tolosa, il re di Francia, la regina madre e tre arcivescovi radunarono un altro formidabile

esercito ed ebbero l'arte di persuadere il conte di Tolosa a venire a un convegno, quando fu

preso a tradimento, fatto prigioniero, costretto a comparire scalzo e a capo scoperto davanti

ai suoi nemici e costretto a sottoscrivere un'abietta ritrattazione. Seguì una severa

persecuzione contro gli Albigesi e l'ordine esplicito di non permettere ai laici di leggere le

Sacre Scritture. Anche nell'anno 1620 la persecuzione contro gli Albigesi fu molto dura.

Nel 1648 una pesante persecuzione infuriò in tutta la Lituania e la Polonia. La crudeltà dei

cosacchi era così eccessiva che gli stessi Tartari si vergognavano delle loro barbarie. Tra

gli altri che soffrirono c'era il reverendo Adrian Chalinski, che fu arrostito vivo a fuoco

lento, e le cui sofferenze e modalità di morte possono descrivere gli orrori che i professori

del cristianesimo hanno sopportato dai nemici del Redentore.

La riforma dell'errore papistico fu progettata molto presto in Francia; nel III secolo,

infatti, a Parigi fu ordinato di bruciare un uomo colto, di nome Almerico, e sei dei suoi

discepoli, per aver affermato che Dio non era presente nel pane sacramentale in modo

diverso da qualsiasi altro pane; che era idolatria costruire altari o santuari ai santi e che era

ridicolo offrire loro incenso.

Il martirio di Almerico e dei suoi allievi non impedì tuttavia a molti di riconoscere la

giustezza delle sue idee e di vedere la purezza della religione riformata, cosicché la fede in

Cristo aumentò continuamente e col tempo non solo si diffuse in molte parti della Francia,

ma diffuse la luce del Vangelo in vari altri Paesi.

Nell'anno 1524, in una città francese chiamata Melden, un certo Giovanni Clark

affisse alla porta della chiesa un manifesto in cui chiamava il Papa Anticristo. Per questa

offesa fu ripetutamente frustato e poi marchiato sulla fronte. Recatosi poi a Mentz, in

Lorena, demolì alcune immagini, per cui gli furono tagliati la mano destra e il naso, e gli

furono strappate le braccia e il petto con delle tenaglie. Sopportò queste crudeltà con

sorprendente forza d'animo e fu persino abbastanza freddo da cantare il centoquindicesimo

Salmo, che proibisce espressamente l'idolatria; dopodiché fu gettato nel fuoco e ridotto in

cenere. In questo periodo molte persone di convinzione riformata furono picchiate,

torturate, flagellate e bruciate a morte in diverse parti della Francia, ma soprattutto a Parigi,

Malda e Limosin.

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Un nativo di Malda fu bruciato a fuoco lento per aver detto che la Messa era una chiara

negazione della morte e della passione di Cristo. A Limosin, Giovanni de Cadurco, un

ecclesiastico della religione riformata, fu arrestato e fu ordinato il rogo.

A Francesco Bribard, segretario del cardinale de Pellay, per aver parlato a favore dei

riformati, fu tagliata la lingua e poi bruciato, nel 1545. Giacomo Cobard, maestro di scuola

nella città di San Michele, fu bruciato, nel 1545, per aver detto che "la Messa era inutile e

assurda"; nello stesso periodo, quattordici uomini furono bruciati a Malda, e le loro mogli

furono costrette ad assistere all'esecuzione.

Nel 1546, Pietro Chapot portò in Francia un certo numero di Bibbie in lingua francese

e le vendette pubblicamente; per questo fu processato, condannato e giustiziato pochi giorni

dopo. Poco dopo, uno storpio di Meaux, un maestro di scuola di Fera, di nome Stephen

Poliot, e un uomo di nome Giovanni English, furono bruciati per la fede.

Monsieur Blondel, un ricco gioielliere, fu arrestato a Lione nel 1548 e inviato a Parigi;

lì fu bruciato per la fede per ordine del tribunale, nel 1549. Herbert, un giovane di

diciannove anni, fu condannato alle fiamme a Digione; così come Florent Venote nello

stesso anno.

Nell'anno 1554, due uomini di religione riformata, con il figlio e la figlia di uno di

loro, furono arrestati e rinchiusi nel castello di Niverne. Dopo essere stati esaminati,

confessarono la loro fede e fu ordinata l'esecuzione; spalmati di grasso, zolfo e polvere da

sparo, gridarono: "Sale, sale su questa carne peccaminosa e putrida". Fu quindi tagliata loro

la lingua e in seguito furono affidati alle fiamme, che li consumarono in breve tempo, grazie

alla materia combustibile con cui erano stati imbrattati.

Il Massacro di Bartolomeo a Parigi, ecc.

Il ventidue agosto 1572 ebbe inizio questo diabolico atto di sanguinaria brutalità.

L'intento era quello di distruggere in un colpo solo la radice dell'albero protestante, che

prima aveva sofferto solo parzialmente nei suoi rami. Il re di Francia aveva proposto ad

arte un matrimonio tra sua sorella e il principe di Navarra, capitano e principe dei

protestanti. Questo imprudente matrimonio fu celebrato pubblicamente a Parigi, il 18

agosto, dal cardinale di Borbone, su un alto palco eretto allo scopo. I due hanno cenato in

pompa magna con il vescovo e hanno cenato con il re a Parigi. Quattro giorni dopo, il

principe (Coligny), mentre tornava dal Concilio, fu colpito da un proiettile a entrambe le

braccia; allora disse a Maure, il ministro della madre defunta: "O fratello mio, ora capisco

che sono davvero amato dal mio Dio, dal momento che per il Suo santissimo amore sono

ferito". Sebbene il Vidam gli avesse consigliato di fuggire, egli rimase a Parigi e poco dopo

fu ucciso da Bemjus, che in seguito dichiarò di non aver mai visto un uomo andare incontro

alla morte più valorosamente dell'ammiraglio.

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Ad un certo segnale i soldati furono incaricati di scatenare il massacro in tutte le parti

della città. Quando ebbero ucciso l'ammiraglio, lo gettarono da una finestra in strada, dove

la sua testa fu tagliata e inviata al papa. I selvaggi papisti, ancora infuriati contro di lui, gli

tagliarono le braccia e le parti intime e, dopo averlo trascinato per tre giorni per le strade,

lo appesero per i talloni fuori città. Dopo di lui uccisero molte persone importanti e

onorevoli che erano protestanti, come il conte Rochfoucault, Telinio, genero

dell'ammiraglio, Antonius, Clarimontus, marchese di Ravely, Lewes Bussius, Bandineus,

Pluvialius, Burneius, ecc. e, cadendo sulla gente comune, continuarono il massacro per

molti giorni; nei primi tre ne uccisero di tutti i gradi e di tutte le condizioni per un numero

di diecimila. I corpi venivano gettati nei fiumi e il sangue scorreva per le strade con una

forte corrente e il fiume appariva subito come un torrente di sangue. La loro furia infernale

fu tale che uccisero tutti i papisti che sospettavano non fossero molto fedeli alla loro

religione diabolica. Da Parigi la distruzione si diffuse in tutte le regioni del regno.

A Orleans furono uccisi mille uomini, donne e bambini, e seimila a Rouen. A Meldith,

duecento persone furono messe in prigione e poi portate fuori da unità e crudelmente uccise.

A Lione, ottocento persone furono massacrate. Qui i bambini che si stringono ai

genitori e i genitori che abbracciano affettuosamente i loro figli sono il cibo ideale per le

spade e le menti sanguinarie di coloro che si definiscono Chiesa cattolica. Qui trecento

persone furono uccise nella casa del vescovo e gli empi monaci non permisero che nessuno

fosse sepolto.

Ad Augustobona, quando il popolo seppe del massacro di Parigi, chiuse le porte

affinché nessun protestante potesse fuggire e, cercando diligentemente ogni individuo della

Chiesa riformata, lo imprigionò e poi lo uccise barbaramente. La stessa cura praticarono

ad Avaricum, a Troys, a Tolosa, a Rouen e in molti altri luoghi, passando di città in città,

paesi e villaggi per tutto il regno.

A conferma di questa orrenda carneficina, in questa sede appare, con particolare

appropriatezza, la seguente interessante narrazione, scritta da un sensibile e dotto cattolico

romano.

"Le nozze del giovane re di Navarra con la sorella del re di Francia furono solennizzate

in pompa magna e tutte le attenzioni, le assicurazioni di amicizia e i giuramenti sacri agli

uomini furono profusi da Caterina, la regina madre, e dal re, mentre il resto della corte non

pensava ad altro che a festeggiamenti, spettacoli e mascherate. Finalmente, alle dodici di

sera, la vigilia di San Bartolomeo, fu dato il segnale. Immediatamente tutte le case dei

protestanti furono aperte a forza. L'ammiraglio Coligny, allarmato dal frastuono, saltò giù

dal letto, quando una compagnia di assassini si precipitò nella sua camera. Alla loro testa

c'era un certo Besme, che era stato allevato come domestico nella famiglia dei Guises.

Questo disgraziato conficcò la sua spada nel petto dell'ammiraglio e lo colpì anche al volto.

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Besme era un tedesco e, essendo stato in seguito catturato dai protestanti, i Rochellers

avrebbero voluto portarlo con sé per impiccarlo e squartarlo, ma fu ucciso da un certo

Bretanville. Enrico, il giovane duca di Guisa, che in seguito costituì la lega cattolica e fu

assassinato a Blois, stando sulla porta fino a quando l'orribile massacro non fu completato,

chiamò ad alta voce: "Besme! È fatta?". Subito dopo, gli sgherri gettarono il corpo dalla

finestra e Coligny spirò ai piedi di Guisa.

"Anche il conte de Teligny cadde in sacrificio. Aveva sposato, circa dieci mesi prima,

la figlia di Coligny. Il suo volto era così accattivante che gli sgherri, quando avanzarono

per ucciderlo, furono colpiti da compassione; ma altri, più barbari, si precipitarono su di

lui e lo uccisero.

"Nel frattempo, tutti gli amici di Coligny vennero assassinati in tutta Parigi; uomini,

donne e bambini vennero massacrati a ripetizione e ogni strada era disseminata di corpi in

fin di vita. Alcuni sacerdoti, tenendo un crocifisso in una mano e un pugnale nell'altra,

corsero dai capi degli assassini e li esortarono caldamente a non risparmiare né parenti né

amici.

Tavannes, maresciallo di Francia, un soldato ignorante e superstizioso, che univa il

furore della religione a quello del partito, cavalcava per le strade di Parigi gridando ai suoi

uomini: "Sangue! Sangue! Il sangue è salutare in agosto come in maggio". Nelle memorie

della vita di questo entusiasta, scritte dal figlio, si racconta che il padre, sul letto di morte,

mentre faceva una confessione generale delle sue azioni, il sacerdote gli disse, con sorpresa:

"Come! Nessun accenno al massacro di San Bartolomeo?", al che Tavannes rispose: "Lo

considero un'azione meritoria, che laverà tutti i miei peccati". Che sentimenti orribili può

ispirare un falso spirito religioso!

"Il palazzo del re fu una delle scene principali del massacro; il re di Navarra aveva i

suoi alloggi al Louvre e tutti i suoi domestici erano protestanti. Molti di questi furono uccisi

a letto con le loro mogli; altri, fuggendo nudi, furono inseguiti dai soldati attraverso le varie

stanze del palazzo, fino all'anticamera del re. La giovane moglie di Enrico di Navarra,

svegliata dal terribile frastuono, temendo per il suo consorte e per la sua stessa vita, presa

dall'orrore e mezza morta, fuggì dal suo letto per gettarsi ai piedi del re suo fratello. Ma

non aveva ancora aperto la porta della sua camera, quando alcuni domestici protestanti si

precipitarono dentro per rifugiarsi. I soldati li seguirono immediatamente, li inseguirono

alla vista della principessa e ne uccisero uno che si era nascosto sotto il suo letto. Altri due,

feriti con le alabarde, caddero ai piedi della regina, che fu così ricoperta di sangue.

"Il conte de la Rochefoucault, un giovane nobile che godeva di grande favore presso

il re per la sua aria avvenente, la sua cortesia e una certa particolare allegria nella

conversazione, aveva trascorso la serata fino alle undici con il monarca, in piacevole

familiarità, e aveva dato libero sfogo, con la massima allegria, alla sua fantasia. Il monarca

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Il Libro dei Martiri di Foxe

provò un certo rimorso e, toccato da una sorta di compassione, lo invitò due o tre volte a

non tornare a casa, ma a rimanere al Louvre. Il conte disse che doveva andare da sua moglie;

al che il re non lo spinse oltre, ma disse: "Lasciatelo andare! Vedo che Dio ha decretato la

sua morte". E dopo due ore fu assassinato.

"Pochissimi protestanti sfuggirono alla furia dei loro entusiasti persecutori. Tra questi

c'era il giovane La Force (in seguito il famoso Maresciallo de la Force), un bambino di

circa dieci anni, la cui liberazione fu estremamente notevole. Suo padre, suo fratello

maggiore e lui stesso furono catturati insieme dalla soldataglia del Duca d'Angiò. Questi

assassini si avventarono su tutti e tre e li colpirono a caso, quando caddero tutti e tre uno

sull'altro. Il più giovane non ricevette nemmeno un colpo, ma sembrando morto, riuscì a

fuggire il giorno dopo; e la sua vita, così meravigliosamente conservata, durò quattro e

cinque anni.

"Molte delle disgraziate vittime fuggirono in riva al mare e alcune attraversarono a

nuoto la Senna fino ai sobborghi di San Germaine. Il re li vide dalla sua finestra, che dava

sul fiume, e sparò su di loro con una carabina che era stata caricata a tale scopo da uno dei

suoi paggi; mentre la regina madre, indisturbata e serena in mezzo al massacro, guardando

da un balcone, incoraggiava gli assassini e rideva dei gemiti agonizzanti dei massacrati.

Questa regina barbara era animata da un'ambizione irrefrenabile e cambiava continuamente

partito per saziarla.

"Alcuni giorni dopo questa orrenda operazione, la corte francese cercò di attenuarla

con delle forme di legge. Fingevano di giustificare il massacro con una calunnia e

accusavano l'ammiraglio di una cospirazione, alla quale nessuno credeva. Il Parlamento fu

invitato a procedere contro la memoria di Coligny e il suo cadavere fu appeso in catene

alla forca di Montfaucon. Il re stesso andò a vedere questo spettacolo sconvolgente. Uno

dei suoi cortigiani gli consigliò di ritirarsi e, lamentandosi del fetore del cadavere, rispose:

"Un nemico morto ha un buon odore". I massacri del giorno di San Bartolomeo sono dipinti

nel salone reale del Vaticano a Roma, con la seguente iscrizione: Pontifex, Coligny necem

probat", cioè "Il Papa approva la morte di Coligny".

"Il giovane re di Navarra fu risparmiato dalla politica, più che dalla pietà della regina

madre, che lo tenne prigioniero fino alla morte del re, affinché fosse una garanzia e un

pegno per la sottomissione dei protestanti che fossero riusciti a fuggire.

"Questo orrendo massacro non si limitò alla sola città di Parigi. Ordini analoghi furono

impartiti dalla corte ai governatori di tutte le province della Francia; così, nel giro di una

settimana, circa centomila protestanti furono fatti a pezzi in diverse parti del regno! Solo

due o tre governatori si rifiutarono di obbedire agli ordini del re. Uno di questi, di nome

Montmorrin, governatore dell'Alvernia, scrisse al re la seguente lettera, che merita di essere

trasmessa agli ultimi posteri.

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Il Libro dei Martiri di Foxe

"SIGNORE: Ho ricevuto l'ordine, sotto il sigillo di Vostra Maestà, di mettere a morte

tutti i protestanti della mia provincia. Ho troppo rispetto per Vostra Maestà per non credere

che la lettera sia un falso; ma se (cosa che Dio non voglia) l'ordine fosse autentico, ho

troppo rispetto per Vostra Maestà per obbedire".

A Roma l'orrenda gioia fu così grande che si stabilì un giorno di grande festa e di

giubileo, con grande indulgenza per tutti coloro che l'avessero osservato e che avessero

mostrato ogni espressione di gioia che potessero escogitare! Anche il re ordinò che il giorno

fosse celebrato con ogni manifestazione di gioia, ritenendo ormai estinta l'intera razza degli

ugonotti.

Molti di coloro che avevano dato grandi somme di denaro per il loro riscatto furono

subito dopo uccisi; e diverse città, che avevano ricevuto dal re la promessa di protezione e

sicurezza, furono tagliate fuori non appena si consegnarono ai suoi generali o capitani.

A Bordeaux, su istigazione di un monaco malvagio che nelle sue prediche incitava i

papisti al massacro, ne furono crudelmente uccisi duecentosessantaquattro, alcuni dei quali

senatori. Un altro della stessa pia confraternita produsse un massacro simile ad Agendicum,

nel Maine, dove la popolazione, su suggerimento satanico dei santi inquisitori, si avventò

sui protestanti, li uccise, saccheggiò le loro case e abbatté la loro chiesa.

Il duca di Guisa, entrando a Blois, lasciò che i suoi soldati si avventassero sul bottino

e uccidessero o annegassero tutti i protestanti che trovavano. In questo modo non

risparmiarono né l'età né il sesso, profanando le donne e poi uccidendole; da lì si recò a

Mere e commise gli stessi oltraggi per molti giorni di seguito. Qui trovarono un ministro

di nome Cassebonius e lo gettarono nel fiume.

Ad Anjou uccisero Albiacus, un ministro; e lì furono profanate e uccise molte donne,

tra cui due sorelle, maltrattate davanti al padre, che gli assassini legarono a un muro perché

le vedessero, e poi uccisero loro e lui.

Il presidente di Torino, dopo aver dato una grossa somma per la sua vita, fu

crudelmente picchiato con mazze, spogliato dei suoi vestiti e appeso con i piedi all'insù,

con la testa e il petto nel fiume; prima che fosse morto, gli aprirono il ventre, gli strapparono

le viscere e le gettarono nel fiume; poi portarono il suo cuore in giro per la città su una

lancia.

A Barre si usava una grande crudeltà, anche nei confronti dei bambini piccoli, che

venivano squartati, strappati dalle viscere e che, per la rabbia, rosicchiavano con i denti.

Quelli che erano fuggiti al castello, quando si arrendevano, venivano quasi impiccati. Così

facevano anche nella città di Matiscon; consideravano uno sport tagliare loro braccia e

gambe e poi ucciderli; e per divertire i loro visitatori, spesso gettavano i protestanti da un

alto ponte nel fiume, dicendo: "Avete mai visto uomini saltare così bene?".

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Il Libro dei Martiri di Foxe

A Penna, dopo aver promesso loro la salvezza, ne furono massacrati in modo

disumano trecento; e cinque e quaranta ad Albia, nel giorno del Signore. A Nonne, pur

avendo ceduto a condizioni di salvaguardia, si assistette agli spettacoli più orrendi. Persone

di entrambi i sessi e di tutte le condizioni furono uccise indiscriminatamente; le strade

risuonavano di grida dolorose e scorrevano di sangue e le case erano infuocate dal fuoco

che i soldati abbandonati avevano gettato dentro. Una donna, trascinata fuori dal suo

nascondiglio con il marito, fu prima maltrattata dai brutali soldati e poi, con una spada che

le ordinarono di estrarre, la conficcarono nelle viscere del marito mentre era nelle sue mani.

A Samarobridge uccisero più di cento protestanti, dopo aver promesso loro la pace; e

ad Antsidor ne uccisero cento, gettandoli in parte in una fossa e in parte in un fiume. Cento

persone messe in prigione a Orleans furono distrutte dalla folla inferocita.

I protestanti di Rochelle, che erano miracolosamente sfuggiti alla furia dell'inferno e

si erano rifugiati lì, vedendo come se la passavano male coloro che si sottomettevano a

quei santi diavoli, si misero a difendere le loro vite; e alcune altre città, incoraggiate da ciò,

fecero lo stesso. Contro Rochelle, il re inviò quasi tutta la potenza francese, che la assediò

per sette mesi; anche se con i loro assalti fecero pochissima carneficina sugli abitanti,

tuttavia con la carestia ne distrussero diciottomila su duecentoventi. I morti, troppo

numerosi perché i vivi potessero seppellirli, divennero cibo per parassiti e uccelli carnivori.

Molti portarono le loro bare nel cortile della chiesa, vi si sdraiarono e spirarono. La loro

dieta era stata a lungo quella che fa rabbrividire le menti dei ricchi; persino la carne umana,

le interiora, lo sterco e le cose più disgustose divennero infine l'unico cibo di quei campioni

della verità e della libertà, di cui il mondo non era degno. Ad ogni attacco, gli assedianti

ricevettero un'accoglienza così intrepida da lasciare sul campo centotrentadue capitani e un

numero proporzionale di uomini. L'assedio fu infine interrotto su richiesta del duca d'Angiò,

fratello del re, che era stato proclamato re di Polonia; il re, stremato, si adeguò facilmente

e gli furono concesse condizioni onorevoli.

È una notevole interferenza della Provvidenza che, in tutto questo terribile massacro,

non siano stati coinvolti più di due ministri del Vangelo.

Le tragiche sofferenze dei protestanti sono troppo numerose per essere descritte nei

dettagli; ma il trattamento riservato a Philip de Deux darà un'idea del resto. Dopo che i

malviventi ebbero ucciso questo martire nel suo letto, si recarono da sua moglie, che era

allora assistita dalla levatrice e si aspettava ogni momento di essere partorita. La levatrice

li pregò di sospendere l'omicidio, almeno fino alla nascita del bambino, che era il ventesimo.

Nonostante ciò, essi conficcarono un pugnale fino all'elsa nella povera donna. Ansiosa di

essere liberata, la donna corse in un granaio; ma essi la inseguirono, la pugnalarono al

ventre e poi la gettarono in strada. Nella caduta, il bambino si staccò dalla madre morente

e, afferrato da uno degli sgherri cattolici, lo pugnalò e lo gettò nel fiume.

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Dalla revoca dell'Editto di Nantes alla Rivoluzione francese del 1789

Le persecuzioni causate dalla revoca dell'editto di Nantes ebbero luogo sotto Luigi

XIV. Questo editto fu emanato da Enrico il Grande di Francia nel 1598 e assicurava ai

protestanti un diritto uguale in ogni aspetto, sia civile che religioso, a quello degli altri

sudditi del regno. Tutti questi privilegi Luigi XIV li confermò ai protestanti con un altro

statuto, chiamato editto di Nismes, e li mantenne inviolabilmente fino alla fine del suo

regno.

Al momento dell'ascesa al trono di Luigi XIV, il regno era quasi rovinato dalle guerre

civili.

In questo momento critico, i protestanti, incuranti dell'ammonizione di Nostro Signore:

"Coloro che prendono la spada periranno di spada", presero una parte così attiva a favore

del re, che egli fu costretto a riconoscersi debitore delle loro armi per il suo insediamento

sul trono. Invece di sostenere e ricompensare il partito che aveva combattuto per lui, pensò

che lo stesso potere che lo aveva protetto avrebbe potuto rovesciarlo e, ascoltando le

macchinazioni dei papi, iniziò a emanare proibizioni e restrizioni, indicative della sua

definitiva determinazione. Rochelle si trovò in breve tempo circondata da un numero

incredibile di denunce. Montauban e Millau furono saccheggiate dai soldati. Furono

nominati dei commissari papali per presiedere agli affari dei protestanti e non era possibile

fare appello alle loro ordinanze, se non al Consiglio del re. Questo provvedimento colpiva

alla radice i loro esercizi civili e religiosi e impediva loro, in quanto protestanti, di citare

in giudizio un cattolico in qualsiasi tribunale. Seguì un'altra ingiunzione, che prevedeva

un'inchiesta in tutte le parrocchie su qualsiasi cosa i protestanti avessero detto o fatto negli

ultimi vent'anni. Questo riempì le prigioni di vittime innocenti e ne condannò altre alle

galere o al bando...

I protestanti furono espulsi da tutti gli uffici, i mestieri, i privilegi e gli impieghi,

privandoli così dei mezzi per procurarsi il pane; e si arrivò a un tale eccesso di brutalità

che non permisero nemmeno alle levatrici di officiare, ma costrinsero le loro donne a

sottomettersi in quella crisi della natura ai loro nemici, i brutali cattolici. I loro figli

venivano portati via per essere educati dai cattolici e a sette anni venivano costretti ad

abbracciare il papismo. Ai riformati fu proibito di assistere i propri malati o i poveri, di

praticare qualsiasi culto privato e il servizio divino doveva essere celebrato in presenza di

un sacerdote popista. Per evitare che le sfortunate vittime lasciassero il regno, tutti i

passaggi alle frontiere erano strettamente sorvegliati; tuttavia, per la buona mano di Dio,

circa 150.000 sfuggirono alla loro vigilanza ed emigrarono in diversi Paesi per raccontare

la triste storia.

Tutto ciò che è stato raccontato fino ad ora non era che una violazione della loro carta

costituzionale, l'editto di Nantes. Alla fine la diabolica revoca di quell'editto fu approvata

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Il Libro dei Martiri di Foxe

il diciotto ottobre 1685 e registrata il ventidue, contrariamente a ogni forma di legge.

Immediatamente i dragoni si accanirono sui protestanti in tutto il regno e riempirono tutta

la Francia con la notizia che il re non avrebbe più tollerato la presenza di ugonotti nel suo

regno e che quindi essi dovevano decidere di cambiare religione. A questo punto gli

intendenti di ogni parrocchia (che erano i governatori e le spie papali che controllavano i

protestanti) radunarono gli abitanti riformati e dissero loro che dovevano diventare cattolici

senza indugio, liberamente o con la forza. I protestanti risposero che erano "pronti a

sacrificare le loro vite e i loro beni al re, ma che la loro coscienza, essendo quella di Dio,

non poteva disporne".

Immediatamente le truppe si impadronirono delle porte e dei viali delle città e,

piazzando guardie in tutti i passaggi, entrarono con la spada in mano gridando: "Morite o

sarete cattolici!". In breve, praticarono ogni malvagità e orrore che potevano escogitare per

costringerli a cambiare religione.

Impiccavano uomini e donne per i capelli o per i piedi e li affumicavano con il fieno

fino a quando non erano quasi morti; e se si rifiutavano ancora di firmare una ritrattazione,

li appendevano di nuovo e ripetevano le loro barbarie, finché, stremati da tormenti senza

morte, costrinsero molti a cedere.

Ad altri, con delle tenaglie, strappavano tutti i capelli e le barbe. Altri ancora,

accendevano grandi fuochi e li tiravano fuori di nuovo, ripetendo il tutto fino a estorcere la

promessa di ritrattare.

Altri, invece, strappavano loro tutti i capelli e le barbe con delle tenaglie. Altri ancora,

li gettavano su grandi fuochi e li tiravano fuori di nuovo, ripetendo l'operazione fino a

estorcere loro la promessa di ritrattare.

Alcuni li spogliavano nudi e, dopo avergli rivolto gli insulti più infami, li infilzavano

con spilli dalla testa ai piedi e li punzecchiavano con coltelli; a volte, con tenaglie roventi,

li trascinavano per il naso finché non promettevano di ritrattare. A volte legavano padri e

mariti, mentre violentavano le loro mogli e figlie sotto i loro occhi. Moltissimi li

imprigionavano nelle prigioni più rumorose, dove praticavano ogni sorta di tormenti in

segreto. Le loro mogli e i loro figli li rinchiudevano nei monasteri.

Quelli che tentavano di fuggire erano inseguiti nei boschi, braccati nei campi e presi

a fucilate come bestie selvagge; nessuna condizione o qualità li metteva al riparo dalla

ferocia di questi dragoni infernali: persino ai membri del Parlamento e agli ufficiali militari,

sebbene in servizio effettivo, fu ordinato di abbandonare i loro posti e di recarsi

direttamente alle loro case per subire la stessa tempesta. Quelli che si lamentavano con il

re venivano mandati al Bastile, dove bevevano la stessa coppa. I vescovi e gli intendenti

marciarono alla testa dei dragoni, con un drappello di missionari, monaci e altri

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Il Libro dei Martiri di Foxe

ecclesiastici per animare i soldati a un'esecuzione così gradita alla loro Santa Chiesa e così

gloriosa al loro dio demoniaco e al loro re tiranno.

Nel formare l'editto per abrogare l'editto di Nantes, il consiglio era diviso: alcuni

volevano che tutti i ministri fossero detenuti e costretti al papismo, così come i laici; altri

erano per l'esilio, perché la loro presenza avrebbe rafforzato i protestanti nella perseveranza;

e se fossero stati costretti a convertirsi, sarebbero sempre stati nemici segreti e potenti nel

seno della Chiesa, per la loro grande conoscenza ed esperienza nelle questioni controverse.

Per questo motivo furono condannati al bando e solo quindici giorni furono concessi loro

per lasciare il regno.

Lo stesso giorno in cui fu pubblicato l'editto di revoca della carta dei protestanti,

demolirono le loro chiese e bandirono i loro ministri, ai quali concessero solo ventiquattro

ore per lasciare Parigi. I papisti non permisero loro di disfarsi dei loro beni e posero ogni

ostacolo per ritardare la fuga fino allo scadere del tempo limitato che li sottoponeva alla

condanna a vita sulle galee. Le guardie furono raddoppiate nei porti marittimi e le prigioni

si riempirono di vittime, che sopportarono tormenti e sofferenze che fanno rabbrividire la

natura umana.

Le sofferenze dei ministri e degli altri inviati sulle galee sembravano essere superiori

a tutte. Incatenati al remo, erano esposti all'aria aperta notte e giorno, in ogni stagione e

con ogni tempo; e quando per debolezza di corpo svenivano sotto il remo, invece di un

cordiale per rianimarli o di cibo per rinfrescarli, ricevevano solo le frustate di un flagello o

i colpi di una canna o di una corda. Per la mancanza di abiti sufficienti e della necessaria

pulizia, erano tormentati dai parassiti e crudelmente pizzicati dal freddo, che di notte

allontanava i carnefici che li picchiavano e li tormentavano di giorno. Al posto del letto,

malati o sani che fossero, potevano dormire solo su una tavola dura, larga diciotto

centimetri, senza alcuna copertura se non il loro misero abbigliamento: una camicia di tela

grossolana, una piccola giacca di serge rosse, tagliata su ogni lato fino al giromanica, con

maniche aperte che non arrivavano al gomito; una volta ogni tre anni avevano una veste

grossolana e un berretto per coprire le teste, che venivano sempre tenute rasate come segno

della loro infamia. Le provviste erano esigue come i sentimenti di coloro che li

condannavano a tali miserie, e il loro trattamento quando erano malati è troppo scioccante

per essere raccontato: condannati a morire sulle assi di una stiva buia, coperti di parassiti e

senza la minima comodità per i richiami della natura. Tra gli orrori che sopportavano non

c'era nemmeno il fatto che, in quanto ministri di Cristo e uomini onesti, fossero incatenati

fianco a fianco con criminali e i più esecrabili furfanti, le cui lingue blasfeme non stavano

mai ferme.

Se si rifiutavano di ascoltare la Messa, venivano condannati al bastinado, di cui si

descrive di seguito la terribile punizione. Per prepararlo, vengono tolte le catene e le vittime

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Il Libro dei Martiri di Foxe

vengono consegnate nelle mani dei Turchi che presiedono ai remi, i quali le denudano

completamente e, tendendole su un grande cannone, le tengono in modo che non possano

muoversi; durante questo periodo regna un terribile silenzio in tutta la galea. Il turco che

viene nominato boia, e che ritiene il sacrificio accettabile per il suo profeta Maometto,

percuote crudelmente la misera vittima con un rude randello o con un capo di corda nodoso,

finché la pelle non viene scorticata dalle ossa e la vittima è sul punto di morire; poi le

applicano una mistura tormentosa di aceto e sale e la consegnano a quell'ospedale

intollerabile dove migliaia di persone sono morte sotto la loro crudeltà.

Martirio di Giovanni Calas

Sorvoliamo su molti altri martiri individuali per inserire quello di Giovanni Calas,

avvenuto nel 1761, che è una prova inconfutabile del bigottismo del papato e dimostra che

né l'esperienza né il miglioramento possono estirpare i pregiudizi inveterati dei cattolici

romani, né renderli meno crudeli o inesorabili nei confronti dei protestanti.

Giovanni Calas era un mercante della città di Tolosa, dove si era stabilito, viveva in

buona reputazione e aveva sposato una donna inglese di origine francese. Calas e sua

moglie erano protestanti ed ebbero cinque figli, che educarono alla stessa religione; ma

Lewis, uno dei figli, divenne cattolico romano, essendo stato convertito da una serva che

aveva vissuto in famiglia per circa trent'anni. Il padre, tuttavia, non espresse alcun

risentimento o rancore per l'occasione, ma mantenne la domestica in famiglia e stabilì una

rendita per il figlio. Nell'ottobre del 1761, la famiglia era composta da Giovanni Calas e

sua moglie, una donna di servizio, Marco Antonio Calas, il figlio maggiore, e Pietro Calas,

il secondo figlio. Marco Antonio era stato educato all'avvocatura, ma non poté essere

ammesso all'esercizio della professione perché protestante; perciò divenne malinconico,

lesse tutti i libri che riuscì a procurarsi sul suicidio e sembrava deciso a distruggersi. A ciò

si aggiunga che conduceva una vita dissipata, era molto dedito al gioco d'azzardo e faceva

tutto ciò che poteva costituire il carattere di un libertino; per questo motivo il padre lo

rimproverava spesso e a volte con termini severi, che accrescevano notevolmente la

tristezza che sembrava opprimerlo.

Il 13 ottobre 1761, il signor Gober la Vaisse, un giovane gentiluomo di circa 19 anni,

figlio di La Vaisse, un celebre avvocato di Tolosa, verso le cinque di sera, fu incontrato da

Giovanni Calas, il padre, e dal figlio maggiore Marco Antonio, che era suo amico. Il padre

Calas lo invitò a cena e la famiglia e l'ospite si sedettero in una stanza in cima a un paio di

scale; l'intera compagnia era composta dal padre Calas e dalla moglie, dai figli Antony e

Pietro Calas e dall'ospite La Vaisse, mentre in casa non c'era nessun'altra persona, a parte

la serva di cui si è già parlato.

Erano ormai le sette circa. La cena non fu lunga, ma prima che finisse Antonio lasciò

la tavola e andò in cucina, che si trovava sullo stesso piano, come era solito fare. La

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Il Libro dei Martiri di Foxe

cameriera gli chiese se avesse freddo. Lui rispose: "Al contrario, brucio"; e poi la lasciò.

Nel frattempo il suo amico e la sua famiglia lasciarono la stanza in cui avevano cenato e

andarono in una camera da letto; il padre e La Vaisse si sedettero insieme su un divano, il

figlio minore Pietro su una sedia a gomito e la madre su un'altra sedia; e, senza fare alcuna

domanda su Antonio, continuarono a conversare insieme fino alle nove-dieci, quando La

Vaisse si congedò e Pietro, che si era addormentato, fu svegliato per accenderlo.

Al piano terra della casa di Calas c'erano un negozio e un magazzino, quest'ultimo

diviso dal negozio da un paio di porte a soffietto. Quando Pietro Calas e La Vaisse scesero

nel negozio, rimasero estremamente scioccati nel vedere Antonio appeso con la camicia a

una sbarra che aveva posto sopra le due porte a soffietto, avendole aperte a metà. Alla

scoperta di questo orribile spettacolo, lanciarono un urlo che fece cadere Calas, il padre,

mentre la madre fu colta da un tale terrore che la fece rimanere tremante nel passaggio

superiore. Quando la cameriera scoprì l'accaduto, rimase di sotto, sia perché temeva di

raccontarlo alla sua padrona, sia perché si occupava di fare un buon servizio al suo padrone,

che stava abbracciando il corpo del figlio e lo bagnava con le sue lacrime. La madre,

dunque, lasciata sola, scese e si mescolò alla scena già descritta, con le emozioni che essa

doveva naturalmente produrre. Nel frattempo Pietro era stato mandato a chiamare La Moire,

un chirurgo del quartiere. La Moire non era in casa, ma il suo apprendista, il signor Grosle,

arrivò immediatamente. A quel punto una folla di papisti si era radunata intorno alla casa

e, avendo saputo che Antonio Calas era morto all'improvviso e che il chirurgo che aveva

esaminato il corpo aveva dichiarato che era stato strangolato, pensarono che fosse stato

assassinato e, poiché la famiglia era protestante, pensarono subito che il giovane stesse per

cambiare religione e che fosse stato messo a morte per questo motivo.

Il povero padre, sopraffatto dal dolore per la perdita del figlio, fu consigliato dai suoi

amici di mandare a chiamare gli ufficiali di giustizia per evitare di essere fatto a pezzi dalla

folla cattolica, che pensava avesse ucciso il figlio. David, il magistrato capo, prese in

custodia il padre, Pietro, il figlio, la madre, La Vaisse e la cameriera e li mise sotto

sorveglianza. Mandò a chiamare il medico M. de la Tour e i chirurghi M. la Marque e M.

Perronet, che esaminarono il corpo alla ricerca di segni di violenza, ma non ne trovarono

alcuno, tranne il segno della legatura sul collo; trovarono anche i capelli del defunto

acconciati nel modo consueto, perfettamente lisci e senza il minimo disordine; anche i suoi

abiti erano regolarmente piegati e posati sul bancone, né la camicia era strappata o

sbottonata.

Nonostante queste apparenze innocenti, il Campidoglio pensò di assecondare

l'opinione della folla e si mise in testa che il vecchio Calas aveva mandato a chiamare La

Vaisse, dicendogli che aveva un figlio da impiccare; che La Vaisse era venuto per svolgere

l'ufficio di boia e che aveva ricevuto l'assistenza del padre e del fratello.

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Poiché non era possibile ottenere alcuna prova del fatto ipotizzato, il Campidoglio

ricorse a un monito, o informazione generale, in cui il crimine veniva dato per scontato e

le persone erano tenute a fornire la testimonianza contraria che erano in grado di fornire.

In esso si legge che La Vaisse era stato incaricato dai protestanti di essere il loro boia

ordinario, quando qualcuno dei loro figli doveva essere impiccato per aver cambiato

religione; si legge anche che, quando i protestanti impiccano i loro figli, li costringono a

inginocchiarsi, e uno degli interrogatori era se qualcuno avesse visto Antony Calas

inginocchiarsi davanti a suo padre mentre lo strangolava; si legge anche che Antony morì

da cattolico romano, e si richiede una prova del suo cattolicesimo.

Ma prima che questo monito fosse pubblicato, la folla aveva intuito che Antonio Calas

sarebbe entrato il giorno dopo nella confraternita dei Penitenti Bianchi. Il Campidoglio

fece quindi seppellire il suo corpo nel mezzo della chiesa di Santo Stefano. Pochi giorni

dopo l'inumazione del defunto, i Penitenti Bianchi celebrarono per lui una funzione solenne

nella loro cappella; la chiesa fu tappezzata di bianco e al centro fu innalzato un sepolcro,

sulla cui sommità fu posto uno scheletro umano che teneva in una mano un foglio su cui

era scritto "Abiura dell'eresia" e nell'altra una palma, emblema del martirio. Il giorno

successivo i francescani celebrarono per lui una funzione dello stesso tipo.

Il Campidoglio continuò la persecuzione con implacabile severità e, senza la minima

prova, pensò bene di condannare al supplizio l'infelice padre, la madre, il fratello, l'amico

e il servo, mettendoli tutti ai ferri il 18 novembre.

Da questi terribili procedimenti i malcapitati si appellarono al Parlamento, che prese

immediatamente conoscenza della vicenda e annullò la sentenza del Campidoglio in quanto

irregolare, ma continuarono l'azione giudiziaria e, dopo che il boia ebbe dichiarato che era

impossibile che Antonio si impiccasse come si pretendeva, la maggioranza del Parlamento

fu dell'opinione che i prigionieri fossero colpevoli e ordinò quindi che fossero giudicati dal

tribunale penale di Tolosa. Uno lo votò innocente, ma dopo lunghi dibattiti la maggioranza

si espresse per la tortura e la ruota, e probabilmente condannò il padre a titolo di

esperimento, che fosse colpevole o meno, sperando che nell'agonia confessasse il crimine

e accusasse gli altri prigionieri, la cui sorte fu quindi sospesa.

Il povero Calas, tuttavia, un vecchio di sessantotto anni, fu condannato da solo a questa

terribile pena. Sopportò la tortura con grande costanza e fu condotto all'esecuzione in uno

stato d'animo che suscitò l'ammirazione di tutti coloro che lo videro, e in particolare dei

due domenicani (padre Bourges e padre Coldagues) che lo assistettero nei suoi ultimi istanti

e dichiararono di ritenerlo non solo innocente del crimine imputatogli, ma anche un

esempio esemplare di vera pazienza, fortezza e carità cristiana. Quando vide il boia pronto

a dargli l'ultimo colpo, fece una nuova dichiarazione a padre Bourges, ma mentre le parole

erano ancora in bocca, il capitano, l'autore di questa catastrofe, salito sul patibolo solo per

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Il Libro dei Martiri di Foxe

appagare il suo desiderio di essere testimone della sua punizione e della sua morte, gli corse

incontro e gridò: "Disgraziato, ci sono le fascine che ridurranno il tuo corpo in cenere! Di'

la verità. M. Calas non rispose, ma girò la testa un po' in disparte e in quel momento il boia

fece il suo dovere.

L'indignazione popolare contro questa famiglia fu così violenta in Linguadoca, che

tutti si aspettavano di vedere i figli di Calas rotti sulla ruota e la madre bruciata viva.

Al giovane Donat Calas fu consigliato di recarsi in Svizzera: vi andò e trovò un signore

che, in un primo momento, non poté che compatirlo e sollevarlo, senza osare giudicare il

rigore esercitato contro il padre, la madre e i fratelli. Poco dopo, uno dei fratelli, che era

stato solo bandito, si gettò anch'egli tra le braccia della stessa persona che, per più di un

mese, prese tutte le precauzioni possibili per assicurarsi dell'innocenza della famiglia. Una

volta convinto, si ritenne obbligato, in coscienza, a impiegare i suoi amici, la sua borsa, la

sua penna e il suo credito per riparare al fatale errore dei sette giudici di Tolosa e far

rivedere il procedimento dal consiglio del re. Questa revisione durò tre anni, ed è noto

l'onore che i signori de Grosne e Bacquancourt acquisirono indagando su questa causa

memorabile. Cinquanta maestri del Tribunale delle Richieste dichiararono all'unanimità

l'innocenza dell'intera famiglia di Calas e la raccomandarono alla benevola giustizia di Sua

Maestà. Il duca di Choiseul, che non si lasciava sfuggire l'occasione di mettere in evidenza

la grandezza del suo carattere, non solo aiutò questa sfortunata famiglia con del denaro, ma

ottenne per loro una mancia di 36.000 livres dal re.

Il 9 marzo 1765 fu firmato l'arretrato che giustificava la famiglia di Calas e ne

cambiava il destino. Il 9 marzo 1762 era il giorno stesso in cui il padre innocente e virtuoso

di quella famiglia era stato giustiziato. Tutta Parigi accorse in folla per vederli uscire dalla

prigione e batté le mani per la gioia, mentre le lacrime sgorgavano dagli occhi.

Questo terribile esempio di bigottismo ha fatto sì che la penna di Voltaire si sia

impegnata a deprecare gli orrori della superstizione; e sebbene egli stesso fosse un infedele,

il suo saggio sulla tolleranza fa onore alla sua penna ed è stato un mezzo benedetto per

ridurre il rigore delle persecuzioni nella maggior parte degli Stati europei. La purezza del

Vangelo rifuggirà ugualmente dalla superstizione e dalla crudeltà, poiché la mitezza dei

principi di Cristo insegna solo a confortare in questo mondo e a procurare la salvezza

nell'altro. Perseguitare perché si è di opinione diversa è assurdo come perseguitare perché

si ha un volto diverso: se onoriamo Dio, manteniamo sacre le dottrine pure di Cristo,

riponiamo piena fiducia nelle promesse contenute nelle Sacre Scritture e obbediamo alle

leggi politiche dello Stato in cui risiediamo, abbiamo un indubbio diritto alla protezione

invece che alla persecuzione, e a servire il cielo come la nostra coscienza, regolata dalle

norme evangeliche, ci suggerisce.

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Il Libro dei Martiri di Foxe

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Capitolo V - Un Resoconto dell'Inquisizione

Quando la religione riformata iniziò a diffondere la luce del Vangelo in tutta Europa,

Papa Innocenzo III ebbe un grande timore per la Chiesa romanica. Per questo motivo istituì

una serie di inquisitori, ovvero persone che dovevano indagare, arrestare e punire gli eretici,

come venivano chiamati i riformati dai papisti.

A capo di questi inquisitori c'era un certo Domenico, che era stato canonizzato dal

Papa per rendere la sua autorità più rispettabile. Domenico e gli altri inquisitori si diffusero

in vari Paesi cattolici e trattarono i protestanti con la massima severità. Col tempo, il papa,

non trovando questi inquisitori itineranti così utili come aveva immaginato, decise di

istituire dei tribunali dell'Inquisizione fissi e regolari. Dopo l'ordinazione di questi tribunali

regolari, il primo ufficio dell'Inquisizione fu istituito nella città di Tolosa e Domenico

divenne il primo inquisitore regolare, come prima era stato il primo inquisitore itinerante.

Tribunali dell'Inquisizione furono eretti in diversi Paesi. Ma l'Inquisizione spagnola

divenne la più potente e la più temuta di tutte. Persino gli stessi re di Spagna, pur essendo

arbitrari in tutti gli altri aspetti, furono educati a temere il potere dei signori

dell'Inquisizione. Le orribili crudeltà che esercitavano costringevano moltitudini di persone

che differivano dalle opinioni dei cattolici romani a nascondere accuratamente i loro

sentimenti.

I più zelanti tra tutti i monaci papali, e quelli che più obbedivano alla Chiesa di Roma,

erano i Domenicani e i Francescani; a questi il Papa pensò di affidare il diritto esclusivo di

presiedere i diversi tribunali dell'Inquisizione e di conferire loro i poteri più illimitati, in

quanto giudici da lui delegati e che rappresentavano immediatamente la sua persona:

potevano scomunicare o condannare a morte chi ritenevano opportuno, sulla base di una

minima notizia di eresia. Avevano il permesso di indire crociate contro tutti coloro che

ritenevano eretici e di stipulare leghe con i principi sovrani per unire le loro crociate alle

loro forze.

Nel 1244, il loro potere fu ulteriormente accresciuto dall'imperatore Federico II, che

si dichiarò protettore e amico di tutti gli inquisitori e pubblicò i seguenti crudeli editti: 1.

Bruciare tutti gli eretici che continuavano ad ostinarsi. 2. Che tutti gli eretici pentiti fossero

imprigionati a vita.

Questo zelo dell'imperatore nei confronti degli inquisitori di fede cattolica nasce da

una notizia diffusa in tutta Europa, secondo la quale egli intendeva rinunciare al

cristianesimo e diventare musulmano; l'imperatore cercò quindi, con il massimo del

bigottismo, di smentire questa notizia e di dimostrare con la crudeltà il suo attaccamento

al papato.

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Gli ufficiali dell'Inquisizione sono tre inquisitori, o giudici, un procuratore fiscale, due

segretari, un magistrato, un messaggero, un ricevitore, un carceriere, un agente dei beni

confiscati; diversi assessori, consiglieri, boia, medici, chirurghi, portieri, familiari e

visitatori, che hanno giurato di mantenere il segreto.

L'accusa principale contro coloro che sono sottoposti a questo tribunale è l'eresia, che

comprende tutto ciò che viene detto o scritto contro uno qualsiasi degli articoli del credo o

delle tradizioni della Chiesa romana. L'inquisizione si occupa anche di coloro che sono

accusati di essere maghi e di leggere la Bibbia nella lingua comune, il Talmud degli ebrei

o l'Alcorano dei musulmani.

In ogni occasione gli inquisitori portano avanti i loro processi con la massima severità

e puniscono coloro che li offendono con la più grande crudeltà. Un protestante raramente

ha pietà e un ebreo che si converte al cristianesimo è tutt'altro che al sicuro.

La difesa presso l'Inquisizione è di scarsa utilità per il prigioniero, poiché il solo

sospetto è considerato una causa sufficiente per la condanna, e maggiore è la sua ricchezza,

maggiore è il pericolo. La maggior parte delle crudeltà degli inquisitori è dovuta alla loro

rapacità: distruggono la vita per possedere la proprietà. Con il pretesto dello zelo,

saccheggiano ogni individuo che si rende colpevole.

Al prigioniero dell'Inquisizione non è mai permesso di vedere il volto del suo

accusatore o dei testimoni a suo carico, ma si adottano tutti i metodi, con minacce e torture,

per costringerlo ad autoaccusarsi e a corroborare così le loro prove. Se la giurisdizione

dell'Inquisizione non è pienamente accettata, viene denunciata la vendetta contro coloro

che la mettono in discussione; se qualcuno dei suoi funzionari si oppone, coloro che si

oppongono sono quasi certi di soffrire per la loro temerarietà; la massima dell'Inquisizione

è incutere terrore e intimorire coloro che sono oggetto del suo potere. L'alta nascita, il rango

distinto, la grande dignità o gli incarichi eminenti non proteggono dalla sua severità. I più

bassi ufficiali dell'Inquisizione possono far tremare i più alti personaggi.

Quando la persona accusata viene condannata, viene frustata duramente, torturata

violentemente, mandata in galera o condannata a morte. In entrambi i casi gli effetti

personali vengono confiscati. Dopo la sentenza, viene eseguita una processione verso il

luogo dell'esecuzione, cerimonia che viene chiamata auto da fe, o atto di fede.

Di seguito è riportato il resoconto di un'auto da fe, eseguita a Madrid nell'anno 1682.

Gli ufficiali dell'Inquisizione, preceduti da trombe, timpani e dal loro stendardo, il 30

maggio marciarono in cavalcata fino al palazzo della grande piazza, dove dichiararono con

un proclama che il 30 giugno sarebbe stata eseguita la sentenza dei prigionieri.

Di questi prigionieri, venti uomini e donne, con un musulmano rinnegato, furono

condannati al rogo; cinquanta ebrei e giudei, che non erano mai stati imprigionati prima e

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Il Libro dei Martiri di Foxe

che si erano pentiti dei loro crimini, furono condannati a una lunga reclusione e a portare

un berretto giallo. L'intera corte di Spagna era presente in questa occasione. Il seggio del

Grande Inquisitore era collocato in una sorta di tribunale molto al di sopra di quello del re.

Tra coloro che dovevano soffrire, c'era una giovane ebrea di squisita bellezza e di soli

diciassette anni. Trovandosi dalla stessa parte del patibolo dove era seduta la regina, le si

rivolse, nella speranza di ottenere il perdono, con il seguente patetico discorso: "Grande

regina, la vostra presenza regale non mi sarà di qualche utilità nella mia miserabile

condizione? Abbiate riguardo per la mia giovinezza. Oh! Considerate che sto per morire

per aver professato una religione acquisita fin dalla prima infanzia!". Sua Maestà sembrò

molto impietosita dalla sua angoscia, ma distolse lo sguardo, non osando pronunciare una

parola a favore di una persona che era stata dichiarata eretica.

Ora iniziò la Messa, durante la quale il sacerdote scese dall'altare, si mise vicino al

patibolo e si sedette su una sedia preparata a tale scopo.

L'Inquisitore capo scese quindi dall'anfiteatro, vestito con il piviale e con la mitra

in testa.

Dopo essersi inchinato all'altare, si avvicinò al balcone del re e vi salì, accompagnato

da alcuni suoi ufficiali, portando una croce e i Vangeli, con un libro contenente il

giuramento con cui i re di Spagna si obbligano a proteggere la fede cattolica, a estirpare gli

eretici e a sostenere con tutto il loro potere e la loro forza i procedimenti e i decreti

dell'Inquisizione; un giuramento simile fu somministrato ai consiglieri e all'intera

assemblea. La Messa fu iniziata verso le dodici e non terminò prima delle nove di sera,

essendo stata prolungata dalla proclamazione delle sentenze dei vari criminali, che erano

già state recitate separatamente ad alta voce una dopo l'altra.

Seguirono i roghi dei ventuno uomini e donne, la cui intrepidezza nel subire

quell'orribile morte fu davvero sorprendente. La vicinanza del re ai criminali gli rendeva

udibili i loro gemiti agonizzanti; non poteva tuttavia assentarsi da questa terribile scena,

considerata religiosa. Il suo giuramento di incoronazione lo obbligava a sancire con la sua

presenza tutti gli atti del tribunale.

Quanto abbiamo già detto può essere applicato alle inquisizioni in generale e a quella

spagnola in particolare. L'Inquisizione portoghese è esattamente su un piano simile a quella

spagnola, essendo stata istituita più o meno nello stesso periodo e sottoposta alle stesse

regole. Gli inquisitori permettono che la tortura venga usata solo tre volte, ma durante

queste viene inflitta così severamente che il prigioniero o muore sotto di essa, o rimane

sempre zoppo e soffre i dolori più forti a ogni cambiamento di tempo. Daremo un'ampia

descrizione dei gravi tormenti provocati dalla tortura, grazie al racconto di uno che l'ha

subita per tre volte, ma che è fortunatamente sopravvissuto alle crudeltà subite.

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Al momento della prima tortura, sei boia entrarono, lo spogliarono fino alle mutande

e lo posero supino su una specie di cavalletto, sollevato di qualche metro dal pavimento.

L'operazione iniziò mettendogli un collare di ferro al collo e un anello a ciascun piede, che

lo fissava al cavalletto. Dopo aver disteso le sue membra, gli avvolsero due corde intorno

a ciascuna coscia; le corde, passate sotto l'impalcatura attraverso dei fori fatti a tale scopo,

furono tutte tirate nello stesso istante da quattro uomini, a un segnale dato.

È facile immaginare che i dolori che seguirono immediatamente furono intollerabili;

le corde, che erano di piccole dimensioni, tagliarono la carne del prigioniero fino all'osso,

facendo sgorgare il sangue in otto diversi punti così legati alla volta. Poiché il prigioniero

si ostinava a non fare alcuna confessione su quanto richiesto dagli inquisitori, le corde

furono tirate in questo modo per quattro volte consecutive.

Il modo di infliggere la seconda tortura era il seguente: gli costrinsero le braccia

all'indietro in modo che i palmi delle mani fossero rivolti verso l'esterno dietro di lui. A

questo punto, per mezzo di una corda che le legava insieme ai polsi e che veniva fatta girare

da un motore, le avvicinavano gradualmente l'una all'altra. Questo gesto fu tale che il dorso

di ogni mano si toccò e rimase esattamente parallelo l'uno all'altro. A causa di questa

violenta contorsione, entrambe le spalle si slogarono e dalla bocca uscì una notevole

quantità di sangue. Questa tortura fu ripetuta tre volte, dopodiché fu portato di nuovo nelle

prigioni e il chirurgo sistemò le ossa slogate.

Due mesi dopo la seconda tortura, il prigioniero, un po' ristabilitosi, fu nuovamente

ordinato di recarsi nella sala delle torture e lì, per l'ultima volta, fu sottoposto a un altro

tipo di punizione, che fu inflitta due volte senza alcun intervallo. I carnefici gli fissarono

intorno al corpo una spessa catena di ferro che, attraversando il petto, terminava ai polsi.

Poi lo misero con la schiena contro una spessa tavola, alle cui estremità c'era una carrucola.

Attraverso questa carrucola c'era una corda che agganciava l'estremità della catena ai suoi

polsi. Il boia poi, tendendo l'estremità della corda per mezzo di un rullo, posto a una certa

distanza dietro di lui, gli premeva o ammaccava lo stomaco in proporzione alle estremità

delle catene. Lo torturarono in questo modo a tal punto che i suoi polsi e le sue spalle

furono completamente slogati. Tuttavia, i chirurghi li rimisero presto a posto. Ma i barbari,

non ancora soddisfatti di questa crudeltà, gli fecero subire subito una seconda volta la stessa

tortura, che egli sopportò (anche se, se possibile, con dolori più acuti) con uguale costanza

e determinazione. Dopo di che, fu nuovamente rinchiuso in prigione, assistito dal chirurgo

per medicare i lividi e sistemare la parte slogata, e qui rimase fino alla loro persecuzione o

all'auto da fe, o consegna della prigione, quando fu dimesso, storpio e malato a vita.

Un Resoconto del rogo di Nicholas Burton, un mercante inglese, in Spagna

Il quinto giorno di novembre, verso l'anno del Signore 1560, il signor Nicholas Burton,

cittadino di Londra e mercante, residente nella parrocchia di Little St. Bartholomew,

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Il Libro dei Martiri di Foxe

pacificamente e tranquillamente, seguendo il suo commercio di merci, e trovandosi nella

città di Cadice, nella parte dell'Andalusia, in Spagna, entrò nel suo alloggio un Giuda, o,

come li chiamano, un familiare dei padri dell'Inquisizione; il quale, chiedendo del suddetto

Nicholas Burton, finse di avere una lettera da consegnare nelle proprie mani; con questo

mezzo gli parlò immediatamente. Non avendo alcuna lettera da consegnargli, il suddetto

promotore o familiare, su suggerimento del diavolo suo padrone, di cui era messaggero,

inventò un'altra menzogna e disse che avrebbe preso a bordo per Londra le navi che il

suddetto Nicholas Burton aveva caricato a bordo, se ne avesse lasciata qualcuna; Questo

in parte per sapere dove avesse caricato le sue merci, in modo da poterle sequestrare, e

soprattutto per prolungare il tempo fino a quando il sergente dell'Inquisizione sarebbe

venuto a catturare il corpo del suddetto Nicholas Burton; cosa che fecero in modo

incontrollato.

Egli allora, rendendosi conto che non erano in grado di accusarlo di aver scritto,

parlato o fatto qualcosa in quel paese contro le leggi ecclesiastiche o temporali del regno,

chiese con coraggio che cosa avessero da imputargli per arrestarlo e li invitò a dichiararne

la causa e lui avrebbe risposto. Tuttavia, essi non risposero, ma gli ordinarono con parole

minacciose di tacere e di non rivolgere loro una sola parola.

E così lo portarono nella sudicia prigione comune della città di Cadice, dove rimase

ai ferri per quattordici giorni tra i ladri.

Per tutto il tempo istruì così tanto i poveri prigionieri nella Parola di Dio, secondo il

buon talento che Dio gli aveva dato in tal senso, e anche nella lingua spagnola per

pronunciarla, che in quel breve lasso di tempo aveva ben recuperato diversi di quegli

spagnoli superstiziosi e ignoranti ad abbracciare la Parola di Dio e a rifiutare le loro

tradizioni popiste.

Saputo questo fatto, gli ufficiali dell'Inquisizione lo trasportarono carico di ferri in una

città chiamata Siviglia, in una prigione più crudele e disumana chiamata Triana. I suddetti

padri dell'Inquisizione procedettero contro di lui segretamente secondo la loro consueta e

crudele tirannia, tanto che mai più gli fu concesso di scrivere o parlare con qualcuno della

sua nazione; così che a tutt'oggi non si sa chi sia stato il suo accusatore.

Successivamente, il 20 dicembre, fecero entrare il detto Nicholas Burton, con un gran

numero di altri prigionieri, per aver professato la vera religione cristiana, nella città di

Siviglia, in un luogo in cui i detti inquisitori sedevano per giudicare, che chiamavano auto,

con un mantello di tela, su cui in diverse parti era dipinta la figura di un enorme diavolo,

che tormentava un'anima in una fiamma di fuoco, e sulla testa una cisterna della stessa

opera.

Gli fu tolta la lingua dalla bocca con un bastone appuntito, affinché non pronunciasse

la sua coscienza e la sua fede al popolo, e così fu messo, insieme a un altro inglese di

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Southampton e a diversi altri condannati per motivi religiosi, sia francesi che spagnoli, su

un patibolo di fronte alla suddetta Inquisizione, dove furono lette e pronunciate le sentenze

contro di loro.

E subito dopo aver pronunciato le suddette sentenze, furono portati da lì al luogo di

esecuzione fuori città, dove li bruciarono crudelmente, per la cui costante fede Dio è lodato.

Questo Nicola Burton, lungo la strada e tra le fiamme del fuoco, aveva un volto così

allegro, abbracciando la morte con tutta la pazienza e la gioia, che i tormentatori e i nemici

che stavano lì vicino dissero che il diavolo aveva la sua anima prima che arrivasse al fuoco.

Perciò dissero che i suoi sensi di sensibilità gli erano passati.

Dopo l'arresto del suddetto Nicholas Burton, tutti i beni e le merci che egli portava

con sé in Spagna attraverso il traffico furono immediatamente sequestrati (secondo l'uso

comune) e portati in sequestro; tra questi, furono arrotolati anche molti beni appartenenti a

un altro mercante inglese, con il quale era accreditato come fattore. Non appena il mercante

venne a conoscenza dell'imprigionamento del suo fattore e dell'arresto delle sue merci,

inviò in Spagna il suo avvocato, con l'autorità di reclamare le sue merci e di richiederle; il

suo nome era John Fronton, cittadino di Bristol.

Quando il suo avvocato fu sbarcato a Siviglia, e aveva mostrato tutte le sue lettere e i

suoi scritti alla Santa Casa, chiedendo che tali beni fossero consegnati in suo possesso, gli

fu risposto che doveva intentare una causa per mezzo di una cambiale e di un avvocato (ma

senza dubbio tutto ciò serviva a ritardarlo),) ed essi, per cortesia, gli assegnarono uno che

preparasse le sue suppliche e altri atti di petizione che doveva presentare al loro tribunale

sacro, esigendo per ogni atto otto sterline, sebbene non lo avessero messo in condizioni

migliori che se non ne avesse presentato affatto. E per tre o quattro mesi questo tizio non

mancò di recarsi ogni mattina e pomeriggio al palazzo degli inquisitori, chiedendo in

ginocchio che gli venisse consegnato il bottino, e in particolare al vescovo di Tarracon, che

in quel momento era a capo dell'Inquisizione di Siviglia, che con la sua assoluta autorità

ordinasse di restituirlo. Ma il bottino era così buono e grande che fu molto difficile

recuperarlo.

Alla fine, dopo aver trascorso quattro mesi interi in cause e richieste, per di più senza

alcun risultato, ricevette da loro la risposta che doveva mostrare prove migliori e portare

dall'Inghilterra certificati più sufficienti di quelli che aveva già presentato alla corte. Allora

il partito si recò immediatamente a Londra e, con la massima sollecitudine, tornò a Siviglia

con lettere testimoniali e certificati più ampi e più grandi, secondo le loro richieste, e li

esibì alla corte.

Nonostante ciò, gli inquisitori lo scansarono ancora, giustificandosi con la mancanza

di tempo libero e con il fatto che erano occupati in affari più importanti, e con tali risposte

lo rimandarono a quattro mesi dopo.

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Alla fine, quando il partito aveva quasi speso tutto il suo denaro, e quindi chiedeva

con maggiore insistenza il suo invio, affidarono la questione interamente al vescovo, il

quale, quando tornò da lui, rispose: "Che per se stesso sapeva quello che doveva fare, anche

se era solo un uomo, e la decisione spettava agli altri commissari come a lui"; e così,

inviando e passando da uno all'altro, il partito non riuscì a ottenere la fine della sua causa.

Tuttavia, per la sua importunità, si decisero a spedirlo e così fu: uno degli inquisitori,

chiamato Gasco, un uomo molto esperto in queste pratiche, volle che la parte ricorresse a

lui dopo cena.

L'amico, felice di sentire questa notizia e supponendo che i suoi beni gli venissero

restituiti e che fosse stato chiamato a tal fine per parlare con l'altro detenuto per discutere

dei loro conti, per un piccolo malinteso, sentendo gli inquisitori dire che era necessario che

parlasse con il prigioniero, si convinse per più di metà che alla fine erano in buona fede e

tornò lì verso sera. Subito dopo il suo arrivo, il carceriere fu incaricato di rinchiuderlo in

una prigione dove l'avevano designato.

Il partito, che all'inizio sperava di essere stato chiamato per qualche altra questione e

che, contrariamente alle sue aspettative, si vide gettato in un'oscura prigione, si rese conto

che il mondo era andato con lui molto diversamente da come aveva supposto.

Ma dopo due o tre giorni fu portato in tribunale, dove cominciò a chiedere i suoi beni;

e poiché era un espediente che serviva bene al loro turno senza altre circostanze, gli fecero

dire la sua Ave Maria: "Ave Maria, gratia plena, Dominus tecum, benedicta tu in mulieribus,

et benedictus fructus ventris tui Jesus Amen".

La stessa cosa fu scritta parola per parola così come l'aveva pronunciata, e senza più

parlare di reclamare i suoi beni, perché era inutile, lo mandarono di nuovo in prigione e

intentarono un'azione contro di lui come eretico, perché non aveva detto la sua Ave Maria

alla maniera dei romani, ma l'aveva conclusa in modo molto sospetto, perché avrebbe

dovuto aggiungere; "Sancta Maria mater Dei, ora pro nobis peccatoribus" Abbreviandola,

però, era abbastanza evidente (dicevano) che non ammetteva la mediazione dei santi.

Così, per trattenerlo più a lungo in prigione, lo fecero uscire sul loro palcoscenico

travestito alla loro maniera, dove fu pronunciata la sentenza che avrebbe dovuto perdere

tutti i beni per i quali aveva fatto causa, anche se non erano suoi, e inoltre avrebbe dovuto

subire un anno di carcere.

Marco Brughes, inglese, comandante di una nave inglese chiamata Minion, fu bruciato

in una città del Portogallo.

William Hoker, un giovane inglese di circa sedici anni, fu lapidato da alcuni giovani

nella città di Siviglia per la stessa giusta causa. Quando, all'inizio di questo secolo, la

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Il Libro dei Martiri di Foxe

corona di Spagna fu contesa da due principi che pretendevano ugualmente alla sovranità,

la Francia sposò la causa di un concorrente e l'Inghilterra quella dell'altro.

Il duca di Berwick, figlio naturale di Giacomo II che aveva abdicato all'Inghilterra,

comandò le forze spagnole e francesi e sconfisse gli inglesi nella celebre battaglia di

Almanza. L'esercito fu quindi diviso in due parti; quella composta da spagnoli e francesi,

guidata dal duca di Berwick, avanzò verso la Catalogna; l'altro corpo, composto da sole

truppe francesi, comandato dal duca d'Orléans, procedette alla conquista dell'Arragona.

Quando le truppe si avvicinarono alla città di Arragona, i magistrati vennero a offrire

le chiavi al duca d'Orléans. Ma egli rispose loro altezzosamente che erano ribelli e che non

avrebbe accettato le chiavi, perché aveva l'ordine di entrare in città attraverso una breccia.

Di conseguenza, fece una breccia nelle mura con i suoi cannoni e poi entrò in città

attraverso di essa, insieme a tutto il suo esercito. Dopo aver preso tutte le misure necessarie,

partì per sottomettere altri luoghi, lasciando subito una forte guarnigione a presidiare e

difendere, sotto il comando del suo luogotenente generale M. De Legal. Questo signore,

pur essendo cresciuto come cattolico romano, era totalmente libero dalla superstizione;

univa grandi talenti a grande coraggio. Era un ufficiale abile e un gentiluomo completo.

Il duca, prima della sua partenza, aveva ordinato di imporre pesanti contributi alla città

nel modo seguente:

1. Che i magistrati e i principali abitanti paghino mille corone al mese per la tavola del

duca.

2. Che ogni casa dovrebbe pagare una pistola, il che ammonterebbe mensilmente a

18.000 pistole.

3. Che ogni convento e monastero paghi un donativo, proporzionale alle sue ricchezze

e rendite.

Gli ultimi due contributi saranno destinati al mantenimento dell'esercito.

Il denaro imposto ai magistrati e ai principali abitanti, e a ogni casa, veniva pagato

non appena richiesto. Ma quando le persone si rivolsero ai capi dei conventi e dei monasteri,

scoprirono che gli ecclesiastici non erano così disposti, come gli altri, a separarsi dal denaro.

Dei donativi che il clero deve raccogliere: Il Collegio dei Gesuiti pagherà - 2000

pistole.

• Agostini, - 1000

• Domenicani, - 1000

• Carmelitani, - 1000

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Il Libro dei Martiri di Foxe

M. De Legal inviò ai gesuiti l'ordine perentorio di pagare immediatamente il denaro.

Il superiore dei gesuiti rispose che il pagamento di denaro per l'esercito da parte del clero

era contrario a tutte le immunità ecclesiastiche. Che non conosceva alcun argomento che

potesse autorizzare una simile procedura. M. De Legal inviò allora quattro compagnie di

dragoni per acquartierarsi nel collegio, con questo messaggio sarcastico. Per convincervi

della necessità di pagare il denaro, ho inviato al vostro collegio quattro argomenti

sostanziali, tratti dal sistema della logica militare. Spero quindi che non abbiate bisogno di

ulteriori ammonimenti per dirigere la vostra condotta.

Questi fatti lasciarono molto perplessi i gesuiti, che inviarono un espresso a corte al

confessore del re, che era del loro ordine. Ma i dragoni furono molto più veloci a

saccheggiare e a fare danni di quanto non lo fosse il corriere nel suo viaggio, cosicché i

gesuiti, vedendo che tutto andava in rovina, pensarono bene di risolvere la questione in

modo amichevole e pagarono il denaro prima del ritorno del loro messaggero. Gli

agostiniani e i carmelitani, avvertiti da ciò che era accaduto ai gesuiti, andarono

prudentemente a pagare il denaro, sottraendosi così allo studio di argomenti militari e

all'insegnamento della logica da parte dei dragoni.

Ma i domenicani, che erano tutti familiari o agenti dipendenti dall'Inquisizione,

pensavano che proprio questa circostanza sarebbe stata la loro protezione. Ma si

sbagliavano, perché M. De Legal non temeva né rispettava l'Inquisizione. Il capo dei

domenicani mandò a dire al comandante militare che il suo ordine era povero e non aveva

denaro per pagare il donativo; infatti, disse, "l'intera ricchezza dei domenicani consiste solo

nelle immagini d'argento degli apostoli e dei santi, grandi come una vita, che sono collocate

nella nostra chiesa e che sarebbe un sacrilegio rimuovere".

Questa insinuazione aveva lo scopo di terrorizzare il comandante francese, che

secondo gli inquisitori non avrebbe osato essere così profano da desiderare il possesso dei

preziosi idoli.

Egli, tuttavia, fece sapere che le immagini d'argento sarebbero state un mirabile

sostituto del denaro e che avrebbero avuto più carattere nel suo possesso che in quello dei

domenicani stessi: "Perché [disse] mentre le possedete nel modo in cui le possedete

attualmente, stanno in nicchie, inutili e immobili, senza essere di alcun beneficio per

l'umanità in generale, o anche per voi stessi. Ma quando saranno in mio possesso, saranno

utili; li metterò in movimento, perché intendo farli coniare, quando potranno viaggiare

come gli apostoli, essere utili in vari luoghi e circolare per il servizio universale

dell'umanità".

Gli inquisitori si stupirono di questo trattamento, che non si sarebbero mai aspettati di

ricevere, nemmeno dalle teste coronate; decisero quindi di consegnare le loro preziose

immagini in una solenne processione, per eccitare il popolo all'insurrezione. Ai frati

72


Il Libro dei Martiri di Foxe

domenicani fu quindi ordinato di marciare verso la casa del de Legal, con gli apostoli e i

santi d'argento, in modo mesto, avendo con sé ceri accesi e gridando amaramente per tutto

il tragitto "eresia, eresia".

M. De Legal, sentendo questi fatti, ordinò a quattro compagnie di granatieri di

schierarsi lungo la strada che portava a casa sua; a ogni granatiere fu ordinato di tenere in

una mano la sua spoletta carica e nell'altra un cero acceso, in modo che le truppe potessero

respingere la forza con la forza o rendere onore alla farsesca solennità.

I frati fecero di tutto per sollevare il tumulto, ma la gente comune aveva troppa paura

delle truppe in armi per obbedire loro; le immagini d'argento furono quindi

necessariamente consegnate a M. De Legal, che le inviò alla zecca e ordinò di coniarle

immediatamente.

Fallito il progetto di sollevare un'insurrezione, gli inquisitori decisero di scomunicare

M. De Legal, a meno che non rilasciasse i loro preziosi santi d'argento dalla prigione della

zecca, prima che venissero fusi o altrimenti mutilati. Il comandante francese rifiutò

categoricamente di rilasciare le immagini, ma disse che avrebbero dovuto viaggiare e fare

del bene; a questo punto gli inquisitori redassero il modulo di scomunica e ordinarono al

loro segretario di andare a leggerlo a M. De Legal.

Il segretario eseguì puntualmente il suo incarico e lesse la scomunica in modo

deliberato e distinto. Il comandante francese l'ascoltò con grande pazienza e disse

gentilmente al segretario che avrebbe risposto il giorno dopo.

Quando il segretario dell'Inquisizione se ne andò, M. De Legal ordinò al proprio

segretario di preparare un modulo di scomunica, esattamente come quello inviato

dall'Inquisizione. Ma di apportare questa modifica, inserendo al posto del suo nome quello

degli inquisitori.

Il mattino seguente ordinò di mettere sotto le armi quattro reggimenti, ordinando loro

di accompagnare il suo segretario e di agire secondo le sue istruzioni.

Il segretario si recò all'Inquisizione e insistette per essere ammesso, cosa che gli fu

concessa dopo molte discussioni. Appena entrato, lesse a voce alta la scomunica inviata da

M. De Legal contro gli inquisitori. Gli inquisitori erano tutti presenti e l'ascoltarono con

stupore, non avendo mai incontrato prima un individuo che osasse comportarsi in modo

così audace. Gridarono a gran voce contro De Legal, come eretico. Dissero: "Questo è stato

un insulto molto audace contro la fede cattolica". Ma per sorprenderli ancora di più, il

segretario francese disse loro che dovevano lasciare i loro attuali alloggi, perché il

comandante francese voleva acquartierare le truppe nell'Inquisizione, che era il luogo più

comodo di tutta la città.

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Gli inquisitori esclamarono a gran voce in quell'occasione, quando il segretario li mise

sotto forte sorveglianza e li mandò in un luogo designato da M. De Legal per riceverli. Gli

inquisitori, constatando l'andamento delle cose, chiesero di poter prendere le loro proprietà

private, cosa che fu concessa. Partirono immediatamente per Madrid, dove presentarono le

più aspre lamentele al re. Ma il monarca disse loro che non poteva concedere alcun

risarcimento, poiché le ferite ricevute provenivano dalle truppe di suo nonno, il re di

Francia, con il cui solo aiuto poteva stabilirsi saldamente nel suo regno. "Se si fosse trattato

delle mie truppe, li avrei puniti. Ma così com'è, non posso pretendere di esercitare alcuna

autorità".

Nel frattempo, il segretario di M. De Legal aprì tutte le porte dell'Inquisizione e liberò

i prigionieri, che erano in tutto quattrocento. Tra questi c'erano sessanta belle giovani donne,

che sembravano formare un serraglio per i tre inquisitori principali.

Questa scoperta, che metteva in luce l'enormità degli inquisitori, allarmò molto

l'arcivescovo, che chiese a M. De Legal di mandare le donne nel suo palazzo, e lui si

sarebbe preso cura di loro. Contemporaneamente pubblicò una censura ecclesiastica contro

tutti coloro che avrebbero messo in ridicolo o biasimato il santo ufficio dell'Inquisizione.

Il comandante francese mandò a dire all'arcivescovo che i prigionieri erano fuggiti o

erano stati nascosti in modo così sicuro dai loro amici, o addirittura dai suoi stessi ufficiali,

che era impossibile per lui rimandarli indietro. Pertanto, l'Inquisizione, avendo commesso

azioni così atroci, doveva ora affrontare la propria esposizione.

Qualcuno potrebbe suggerire che è strano che teste coronate ed eminenti nobili non

abbiano tentato di schiacciare il potere dell'Inquisizione e di ridurre l'autorità di quei tiranni

ecclesiastici, dalle cui zanne spietate non erano al sicuro né le loro famiglie né loro stessi.

Ma, per quanto sorprendente, in questo caso la superstizione ha sempre vinto sul buon

senso e la consuetudine ha operato contro la ragione. Un principe, in effetti, intendeva

abolire l'Inquisizione, ma perse la vita prima di diventare re e, di conseguenza, prima di

avere il potere di farlo; infatti, la sola intimazione del suo progetto gli procurò la distruzione.

Si tratta dell'amabile principe Don Carlos, figlio di Filippo II, re di Spagna, e nipote

del celebre imperatore Carlo V. Don Carlos possedeva tutte le buone qualità del nonno,

senza nessuna di quelle cattive del padre. Era un principe di grande vivacità, di ammirevole

cultura e di carattere amabile. Aveva abbastanza buon senso da vedere gli errori del papato

e aborriva il nome stesso dell'Inquisizione. Inveì pubblicamente contro l'istituzione,

ridicolizzò l'affettata pietà degli inquisitori, fece di tutto per smascherare le loro atroci

azioni e dichiarò persino che, se mai fosse salito alla corona, avrebbe abolito l'Inquisizione

e sterminato i suoi agenti.

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Questi fatti furono sufficienti per irritare gli inquisitori contro il principe: essi, di

conseguenza, piegarono le loro menti alla vendetta e decisero di distruggerlo.

Gli inquisitori impiegarono ora tutti i loro agenti ed emissari per diffondere le più abili

insinuazioni contro il principe. Alla fine si sollevò un tale spirito di malcontento tra il

popolo che il re fu costretto ad allontanare Don Carlos dalla corte. Non contenti di questo,

perseguirono anche i suoi amici e costrinsero il re a bandire anche don Giovanni, duca

d'Austria, suo fratello e quindi zio del principe, e il principe di Parma, nipote del re e cugino

del principe, perché sapevano bene che sia il duca d'Austria che il principe di Parma

avevano un attaccamento sincero e inviolabile per don Carlos.

Qualche anno dopo, avendo il principe mostrato grande indulgenza e favore verso i

protestanti dei Paesi Bassi, l'Inquisizione si scagliò a gran voce contro di lui, dichiarando

che, poiché le persone in questione erano eretiche, il principe stesso doveva

necessariamente esserlo, dal momento che dava loro ascolto. In breve, essi ottennero un

ascendente così grande sulla mente del re, che era assolutamente schiavo della

superstizione, che, cosa sconvolgente da raccontare, sacrificò i sentimenti della natura alla

forza del bigottismo e, per paura di incorrere nell'ira dell'Inquisizione, rinunciò al suo unico

figlio, emettendo lui stesso la sentenza di morte.

Il principe, infatti, ebbe quella che fu definita un'indulgenza, cioè gli fu permesso di

scegliere il modo della sua morte. Come un romano, lo sfortunato giovane eroe scelse il

sanguinamento e il bagno caldo; quando le vene delle braccia e delle gambe furono aperte,

spirò gradualmente, cadendo come un martire della cattiveria degli inquisitori e dello

stupido bigottismo di suo padre.

La Persecuzione del dottor Egidio

Il dottor Egidio fu educato all'università di Alcala, dove conseguì le varie lauree e si

dedicò in particolare allo studio delle Sacre Scritture e della divinità scolastica. Quando il

professore di teologia morì, fu eletto al suo posto e si comportò in modo così soddisfacente

per tutti che la sua reputazione di erudizione e pietà fu diffusa in tutta Europa.

Egidio, tuttavia, aveva dei nemici, che lo denunciarono agli inquisitori, i quali gli

inviarono una citazione e, quando si presentò, lo gettarono in una prigione. Poiché la

maggior parte degli appartenenti alla chiesa cattedrale di Siviglia e molte persone

appartenenti al vescovato di Dortois approvavano le dottrine di Egidio, che ritenevano

perfettamente in linea con la vera religione, presentarono una petizione all'imperatore in

suo favore. Sebbene il monarca fosse stato educato come cattolico romano, aveva troppo

buon senso per essere un bigotto, e quindi inviò un ordine immediato per il suo

ampliamento.

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Subito dopo visitò la chiesa di Valladolid e fece tutto il possibile per promuovere la

causa della religione. Tornato a casa, si ammalò poco dopo e morì in estrema vecchiaia.

Gli inquisitori, non essendo riusciti ad appagare la loro cattiveria contro di lui in vita,

decisero (dato che i pensieri dell'imperatore erano tutti presi da una spedizione militare) di

vendicarsi su di lui da morto. Per questo motivo, subito dopo la sua sepoltura, ordinarono

che i suoi resti venissero estratti dalla tomba. In seguito a un processo legale, furono

condannati a essere bruciati, cosa che fu eseguita di conseguenza.

La Persecuzione del dottor Costantino

Il dottor Costantino, intimo conoscente del già citato dottor Egidio, era un uomo di

non comuni doti naturali e di profonda cultura; oltre a diverse lingue moderne, conosceva

il latino, il greco e l'ebraico, e conosceva perfettamente non solo le scienze dette astruse,

ma anche quelle arti che vanno sotto la denominazione di letteratura cortese.

La sua eloquenza lo rendeva piacevole e la solidità delle sue dottrine un predicatore

proficuo. Era così popolare che non predicava mai se non davanti a un pubblico affollato.

Ebbe molte opportunità di ascesa nella Chiesa, ma non ne approfittò mai; infatti, se gli

veniva offerta una vita di valore superiore alla sua, la rifiutava dicendo: "Mi accontento di

quello che ho". Spesso predicava con tanta forza contro la simonia, che molti dei suoi

superiori, che non erano così delicati sull'argomento, si indignavano per le sue dottrine in

merito.

Dopo essere stato pienamente confermato nel protestantesimo dal dottor Egidio,

predicò con coraggio solo le dottrine conformi alla purezza del Vangelo e non contaminate

dagli errori che si erano insinuati in vari momenti nella Chiesa romana. Per queste ragioni

aveva molti nemici tra i cattolici romani, e alcuni di loro erano pienamente decisi a

distruggerlo.

Un degno gentiluomo di nome Scobaria, avendo eretto una scuola per le lezioni di

divinità, nominò il dottor Costantino lettore della stessa. Egli intraprese subito l'incarico e

lesse lezioni, per parti, sui Proverbi, sull'Ecclesiaste e sui Cantici. Stava iniziando a esporre

il Libro di Giobbe, quando fu catturato dagli inquisitori.

Portato all'esame, rispose con tale precauzione che non riuscirono a trovare alcuna

accusa esplicita contro di lui, ma rimasero in dubbio su come procedere, quando si

verificarono le seguenti circostanze che li determinarono.

Il dottor Constantine aveva depositato presso una donna di nome Isabella Martin

diversi libri, che per lui erano molto preziosi, ma che sapeva, agli occhi dell'Inquisizione,

essere eccezionali.

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Questa donna, che era stata denunciata come protestante, fu arrestata e, dopo un

piccolo processo, fu ordinata la confisca dei suoi beni. Tuttavia, prima che gli ufficiali

arrivassero a casa sua, il figlio della donna aveva portato via diverse casse piene di articoli

di grande valore; tra questi c'erano i libri del dottor Constantine.

Un servo infido ne diede notizia agli inquisitori e un ufficiale si recò dal figlio per

chiedere i forzieri. Il figlio, pensando che l'ufficiale fosse venuto solo per i libri di

Costantino, disse: "So per cosa siete venuto e ve li porterò immediatamente". Il figlio andò

a prendere i libri e le carte del dottor Constantine, quando l'ufficiale fu molto sorpreso di

trovare ciò che non aveva cercato. Egli, tuttavia, disse al giovane che era contento che quei

libri e quei documenti fossero stati esibiti, ma che comunque doveva adempiere al fine del

suo incarico, che era quello di portare lui e i beni che aveva sottratto davanti agli inquisitori,

cosa che fece di conseguenza; poiché il giovane sapeva che sarebbe stato inutile discutere

o opporre resistenza, e quindi si sottomise tranquillamente al suo destino.

Gli inquisitori, in possesso dei libri e degli scritti di Costantino, trovarono ora

materiale sufficiente per formulare accuse contro di lui. Quando fu sottoposto a un nuovo

esame, gli presentarono uno dei suoi documenti e gli chiesero se conoscesse la calligrafia.

Avendo capito che era la sua, indovinò l'intera faccenda, confessò lo scritto e giustificò la

dottrina che conteneva, dicendo: "In quello e in tutti gli altri miei scritti non mi sono mai

allontanato dalla verità del Vangelo, ma ho sempre tenuto presenti i puri precetti di Cristo,

così come li ha consegnati agli uomini".

Dopo essere stato detenuto per più di due anni in prigione, il dottor Costantino fu colto

da un flusso sanguinoso, che pose fine alle sue sofferenze nel mondo. Il processo, tuttavia,

fu portato avanti contro il suo corpo che, in occasione della successiva persecuzione o auto

da fe, fu bruciato pubblicamente.

La Vita di William Gardiner

William Gardiner nacque a Bristol, ricevette una discreta istruzione e, in età adeguata,

fu affidato alle cure di un mercante di nome Paget.

All'età di ventisei anni, il suo padrone lo mandò a Lisbona come fattore. Qui si dedicò

allo studio della lingua portoghese, svolse i suoi affari con assiduità e sollecitudine e si

comportò con la più accattivante affabilità con tutte le persone con cui aveva un minimo di

interesse. Conversava privatamente con alcuni, che sapeva essere protestanti zelanti. Allo

stesso tempo, evitò con cautela di recare la minima offesa a chi era cattolico romano;

tuttavia, non si era mai recato in precedenza in nessuna delle chiese papali.

Essendo stato contratto un matrimonio tra il figlio del re del Portogallo e l'Infanta di

Spagna, il giorno delle nozze lo sposo, la sposa e l'intera corte si recarono nella chiesa

cattedrale, con la partecipazione di moltitudini di persone di tutti i ranghi, tra cui William

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Gardiner, che rimase durante l'intera cerimonia e rimase molto scioccato dalle superstizioni

che vide.

L'erroneo culto che aveva visto gli era rimasto impresso nella mente; gli dispiaceva

vedere un intero Paese sprofondato in una simile idolatria, quando la verità del Vangelo

poteva essere ottenuta così facilmente. Si mise quindi in testa il progetto sconsiderato,

anche se lodevole, di fare una riforma in Portogallo o di morire nel tentativo. Decise di

sacrificare la sua prudenza al suo zelo, anche se in quell'occasione divenne un martire.

A tal fine, sistemò tutti i suoi affari mondani, pagò i debiti, chiuse i libri e consegnò

le sue merci. La domenica successiva si recò di nuovo nella chiesa cattedrale, con un Nuovo

Testamento in mano, e si mise vicino all'altare.

Il re e la corte apparvero subito e un cardinale iniziò la Messa, nella parte della

cerimonia in cui il popolo adora l'ostia. Gardiner non riuscì più a resistere, ma balzando

verso il cardinale gli strappò l'ostia e gliela calpestò sotto i piedi.

Questa azione stupì l'intera congregazione e una persona, estraendo un pugnale, ferì

Gardiner alla spalla e, ripetendo il colpo, lo avrebbe finito, se il re non lo avesse invitato a

desistere.

Gardiner, portato al cospetto del re, il monarca gli chiese di che nazione fosse: al che

egli rispose: "Sono inglese di nascita, protestante di religione e mercante di professione.

Quello che ho fatto non è per disprezzo verso la vostra persona reale, Dio non voglia, ma

per un'onesta indignazione nel vedere le ridicole superstizioni e le grossolane idolatrie

praticate qui".

Il re, pensando che fosse stato stimolato da qualche altra persona ad agire come aveva

fatto, chiese chi fosse il suo mandante, al che egli rispose: "Solo la mia coscienza. Non

rischierei quello che ho fatto per nessun uomo vivente, ma devo questo e tutti gli altri

servigi a Dio".

Gardiner fu mandato in prigione e fu emanato un ordine generale di catturare tutti gli

inglesi a Lisbona. Quest'ordine fu in gran parte eseguito (alcuni riuscirono a sfuggire) e

molte persone innocenti furono torturate per far loro confessare se fossero a conoscenza di

qualcosa; in particolare, una persona che risiedeva nella stessa casa di Gardiner fu trattata

con una barbarie senza pari per fargli confessare qualcosa che potesse gettare luce sulla

vicenda.

Gardiner stesso fu poi tormentato nel modo più atroce. Ma in mezzo a tutti i suoi

tormenti si gloriò dell'azione. Quando fu ordinata la morte, fu acceso un grande fuoco

vicino a una gogna, Gardiner fu tirato su alla gogna con delle carrucole e poi fatto scendere

vicino al fuoco, ma non così vicino da toccarlo, perché lo bruciarono o meglio lo

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Il Libro dei Martiri di Foxe

arrostirono lentamente. Tuttavia, sopportò pazientemente le sue sofferenze e rassegnò

allegramente la sua anima al Signore.

Si può osservare che alcune scintille dell'incendio (che consumò Gardiner) verso il

porto bruciarono una delle navi da guerra del re. Il fuoco causò altri danni considerevoli.

Poco dopo la morte di Gardiner, gli inglesi che furono salvati in questa occasione furono

tutti congedati, tranne la persona che risiedeva nella stessa casa con lui, che fu trattenuta

due anni prima di potersi procurare la libertà.

Un Resoconto della Vita e delle sofferenze del signor William Lithgow, nativo

della Scozia

Questo gentiluomo discendeva da una buona famiglia e, avendo una naturale

propensione ai viaggi, da giovanissimo percorse le isole settentrionali e occidentali, per poi

visitare Francia, Germania, Svizzera e Spagna. Si mise in viaggio nel mese di marzo del

1609 e il primo luogo in cui si recò fu Parigi, dove rimase per qualche tempo. Proseguì poi

il suo viaggio attraverso la Germania e altre parti, per arrivare infine a Malaga, in Spagna,

sede di tutte le sue sventure.

Durante la sua permanenza qui, contrattò con il capitano di una nave francese il

passaggio per Alessandria, ma fu impedito dalle seguenti circostanze. La sera del 17 ottobre

1620, la flotta inglese, in quel momento in crociera contro i predoni algerini, gettò l'ancora

davanti a Malaga, gettando gli abitanti della città nella più grande costernazione, poiché li

credevano turchi. La mattina, tuttavia, si scoprì l'errore e il governatore di Malaga, vedendo

la croce d'Inghilterra nei loro colori, salì a bordo della nave di Sir Robert Mansel, che

comandava quella spedizione, e dopo aver soggiornato per qualche tempo tornò e mise a

tacere i timori della gente.

Il giorno successivo scesero a terra molte persone che si trovavano a bordo della flotta.

Tra queste c'erano alcune persone conosciute da Mr. Lithgow che, dopo essersi

reciprocamente complimentate, trascorsero insieme alcuni giorni di festa e di svago in città.

Invitarono quindi il signor Lithgow a salire a bordo e a porgere i suoi omaggi

all'ammiraglio. Il signor Lithgow accettò l'invito, fu ricevuto gentilmente e trattenuto fino

al giorno successivo, quando la flotta salpò. L'ammiraglio avrebbe volentieri portato il

signor Lithgow con sé ad Algeri. Ma avendo stipulato un contratto per il suo passaggio ad

Alessandria e avendo i suoi bagagli, ecc. in città, non poté accettare l'offerta.

Appena sbarcato, il signor Lithgow si diresse verso il suo alloggio per una via privata

(dovendosi imbarcare la sera stessa per Alessandria) quando, passando per una stretta

strada disabitata, si trovò improvvisamente circondato da nove sergenti o ufficiali che gli

gettarono addosso un mantello nero e lo condussero con la forza a casa del governatore.

Dopo un po' di tempo il governatore apparve, quando il signor Lithgow pregò vivamente

di essere informato della causa di un trattamento così violento. Il governatore rispose solo

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Il Libro dei Martiri di Foxe

scuotendo la testa e diede ordine di sorvegliare rigorosamente il prigioniero finché non

fosse tornato dalle sue devozioni, disponendo al contempo che il capitano della città,

l'alcade maggiore e il notaio della città fossero convocati per assistere al suo esame e che

tutto ciò fosse fatto con la massima segretezza, per evitare che la notizia giungesse alle

orecchie dei mercanti inglesi che risiedevano in città.

Questi ordini furono rigorosamente eseguiti e, al ritorno del governatore, egli e gli

ufficiali si sedettero e il signor Lithgow fu portato davanti a loro per essere esaminato. Il

governatore ha iniziato ponendo diverse domande: di che paese fosse, dove fosse diretto e

da quanto tempo si trovasse in Spagna. Il prigioniero, dopo aver risposto a queste e ad altre

domande, è stato condotto in uno stanzino, dove, in breve tempo, ha ricevuto la visita del

capitano della città, che gli ha chiesto se fosse mai stato a Siviglia o se fosse arrivato di

recente da lì. Accarezzandogli le guance con aria amichevole, lo esortò a dire la verità:

"Perché (disse) il vostro stesso volto mostra che c'è qualche questione nascosta nella vostra

mente, che la prudenza dovrebbe farvi rivelare". Tuttavia, non riuscendo a estorcere nulla

al prigioniero, lo lasciò e riferì il tutto al governatore e agli altri ufficiali; a quel punto il

signor Lithgow fu nuovamente portato davanti a loro, gli fu rivolta un'accusa generale e fu

costretto a giurare che avrebbe risposto fedelmente alle domande che gli sarebbero state

poste.

Il governatore procedette a chiedere le qualità del comandante inglese e l'opinione del

prigioniero su quali fossero i motivi che gli impedivano di accettare il suo invito a scendere

a terra. Chiese, inoltre, i nomi dei capitani inglesi della squadra e che cosa sapesse

dell'imbarco o dei preparativi prima della sua partenza dall'Inghilterra. Le risposte date alle

varie domande furono messe per iscritto dal notaio. Ma il consiglio sembrò sorpreso dal

fatto che negasse di essere a conoscenza dell'allestimento della flotta, in particolare il

governatore disse che mentiva, che era un traditore e una spia, venuto direttamente

dall'Inghilterra per favorire e aiutare i disegni che erano stati progettati contro la Spagna, e

che era stato a questo scopo nove mesi a Siviglia, per procurarsi informazioni sul momento

in cui la marina spagnola era attesa dalle Indie. Esclamarono la sua familiarità con gli

ufficiali della flotta e con molti altri gentiluomini inglesi, tra i quali, a loro dire, erano

intercorsi rapporti insoliti, ma tutte queste transazioni erano state accuratamente notate.

Per riassumere il tutto e mettere la verità al di là di ogni dubbio, dissero che proveniva

da un consiglio di guerra, tenutosi quella mattina a bordo della nave dell'ammiraglio, per

dare esecuzione agli ordini assegnatigli. Lo accusarono di essere complice dell'incendio

dell'isola di San Tommaso, nelle Indie Occidentali. "Perciò (dissero) questi luterani, figli

del diavolo, non dovrebbero avere alcun credito in ciò che dicono o giurano".

Invano il signor Lithgow cercò di smentire tutte le accuse mosse contro di lui e di

ottenere la fiducia dei suoi giudici prevenuti. Chiese il permesso di mandare a prendere la

borsa del mantello che conteneva i suoi documenti e che poteva servire a dimostrare la sua

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Il Libro dei Martiri di Foxe

innocenza. La richiesta fu accolta, pensando che avrebbe permesso di scoprire cose di cui

non erano a conoscenza. La borsa del mantello fu portata e, aperta, vi si trovò, tra le altre

cose, una licenza di re Giacomo I, sotto il segno del manuale, che dichiarava l'intenzione

del portatore di recarsi in Egitto; tale documento fu trattato dagli spagnoli con grande

disprezzo. Gli altri documenti consistevano in passaporti, testimonianze, ecc. di persone di

qualità. Tutte queste credenziali, tuttavia, sembravano piuttosto confermare che attenuare

i sospetti di questi giudici prevenuti che, dopo aver sequestrato tutti i documenti del

prigioniero, gli ordinarono di ritirarsi.

Nel frattempo, si consultarono per stabilire il luogo in cui il prigioniero avrebbe

dovuto essere rinchiuso. L'alcade, o giudice capo, era favorevole a metterlo nella prigione

della città. Ma il Corregidor si oppose, in particolare dicendo in spagnolo: "Per evitare che

la notizia della sua detenzione giunga ai suoi compatrioti, mi assumerò io stesso la

responsabilità delle conseguenze"; si decise quindi di confinarlo nella casa del governatore

con la massima segretezza.

Una volta deciso, uno dei sergenti si recò dal signor Lithgow e chiese il suo denaro,

con la libertà di perquisirlo. Poiché era inutile opporre resistenza, il prigioniero si adeguò

tranquillamente, quando il sergente (dopo avergli frugato nelle tasche undici ducati o

monete d'argento) lo spogliò fino alla camicia. Frugando nei suoi pantaloni trovò, racchiusi

nella zona della vita, due sacchetti di tela, contenenti centotrentasette pezzi d'oro. Il

sergente portò immediatamente il denaro al Corregidor, il quale, dopo averne parlato, gli

ordinò di rivestire il prigioniero e di chiuderlo in casa fino a dopo cena.

Verso mezzanotte, il sergente e due schiavi turchi liberarono il signor Lithgow dalla

sua prigionia di allora, ma fu per introdurlo in una molto più orribile. Lo condussero,

attraverso diversi passaggi, in una camera in una parte remota del palazzo, verso il giardino,

dove lo caricarono di ferri e gli allungarono le gambe per mezzo di una sbarra di ferro lunga

più di un metro, il cui peso era tale che non poteva né stare in piedi né sedersi, ma era

costretto a stare continuamente sdraiato sulla schiena. Lo lasciarono in queste condizioni

per un po' di tempo, quando tornarono con un rinfresco consistente in una libbra di montone

bollito e una pagnotta, insieme a una piccola quantità di vino; non solo era il primo, ma

anche il migliore e l'ultimo del genere, durante la sua permanenza in questo luogo. Dopo

aver consegnato questi articoli, il sergente chiuse la porta e lasciò il signor Lithgow alle

sue riflessioni private.

Il giorno dopo ricevette la visita del governatore, che gli promise la libertà e molti altri

vantaggi se avesse confessato di essere una spia. Ma quando protestò di essere del tutto

innocente, il governatore lo lasciò in preda all'ira, dicendo: "Non lo vedrà più finché

ulteriori tormenti non lo costringeranno a confessare"; ordinò al custode, a cui era stato

affidato, di non permettere a nessuno di avere accesso a lui o di comunicare con lui; che il

suo sostentamento non doveva superare tre once di pane ammuffito e una pinta d'acqua

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Il Libro dei Martiri di Foxe

ogni due giorni; che non gli sarebbe stato concesso né letto, né cuscino, né coperta.

"Chiudete la finestra della sua stanza con calce e pietra, tappate i buchi della porta con

stuoie doppie: non gli sia concesso nulla che assomigli a una comodità". Questi e altri

ordini di analoga severità furono impartiti per rendere impossibile che la sua condizione

fosse conosciuta dagli inglesi.

In questo stato misero e malinconico, il povero Lithgow continuò a non vedere

nessuno per diversi giorni. Durante questo periodo, il governatore ricevette da Madrid una

risposta a una sua lettera relativa al prigioniero. Seguendo le istruzioni impartitegli, iniziò

a mettere in pratica le crudeltà escogitate, che furono affrettate dall'avvicinarsi delle

festività natalizie, essendo allora il quarantasettesimo giorno dalla sua prigionia.

Verso le due del mattino sentì il rumore di una carrozza nella strada e poco dopo sentì

l'apertura delle porte della prigione, non avendo dormito per due notti; la fame, il dolore e

le riflessioni malinconiche gli avevano impedito di riposare.

Poco dopo l'apertura delle porte della prigione, i nove sergenti che lo avevano

catturato per primi entrarono nel luogo in cui giaceva e, senza dire una parola, lo

condussero con i ferri attraverso la casa fino alla strada, dove lo attendeva una carrozza,

nella quale lo deposero supino, non potendo sedersi. Due dei sergenti lo accompagnarono,

mentre gli altri camminavano a fianco della carrozza, ma tutti osservarono il più profondo

silenzio. Lo condussero a un torchio, a circa una lega dalla città, dove era stata trasportata

privatamente una rastrelliera. Qui lo rinchiusero per quella notte.

All'alba del giorno successivo arrivarono il governatore e l'alcade, alla cui presenza il

signor Lithgow fu immediatamente condotto per essere sottoposto a un nuovo esame. Il

prigioniero desiderava avere un interprete, come consentito agli stranieri dalle leggi di quel

Paese, ma gli fu rifiutato, né gli fu permesso di appellarsi a Madrid, la corte giudiziaria

superiore. Dopo un lungo esame, durato dalla mattina alla sera, tutte le sue risposte

apparvero così esattamente conformi a quanto aveva detto in precedenza, che dichiararono

che le aveva imparate a memoria, senza che vi fosse la minima prevaricazione. Il

governatore aggiunse: "Siete ancora in mio potere; posso liberarvi se vi adeguerete,

altrimenti dovrò consegnarvi all'alcade". Continuando a sostenere la sua innocenza, il

governatore ordinò al notaio di redigere un mandato per consegnarlo all'alcade per essere

torturato.

Di conseguenza, i sergenti lo condussero all'estremità di una galleria di pietra, dove

fu collocata la rastrelliera. L'encarouador, o boia, gli tolse immediatamente i ferri,

facendolo soffrire molto. I catenacci erano così strettamente fissati che il martello gli

strappò mezzo pollice di tallone nel forzare il catenaccio; l'angoscia di ciò, insieme alla sua

debole condizione (non avendo avuto il minimo nutrimento per tre giorni) lo fece gemere

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Il Libro dei Martiri di Foxe

amaramente. Lo spietato alcade disse: "Scellerato, traditore, questo è solo l'anticipo di ciò

che dovrai sopportare".

Quando gli furono tolti i ferri, cadde in ginocchio, pronunciando una breve preghiera,

affinché Dio si compiacesse di permettergli di essere saldo e di affrontare con coraggio la

dura prova che doveva affrontare. L'alcade e il notaio si misero a sedere, lui fu spogliato

nudo e fissato alla rastrelliera, il cui compito era quello di testimoniare e registrare le

confessioni e le torture subite dal delinquente.

È impossibile descrivere tutte le varie torture inflittegli. Basti dire che rimase sulla

graticola per più di cinque ore, durante le quali ricevette più di sessanta torture diverse della

natura più infernale. Se le avessero protratte per qualche minuto in più, sarebbe

inevitabilmente morto. Soddisfatti per il momento questi crudeli persecutori, il prigioniero

fu tolto dalla rastrelliera e, rimessi i ferri, fu condotto nella sua vecchia prigione, senza aver

ricevuto altro nutrimento che un po' di vino caldo, che gli fu dato più per evitare che morisse

e riservarlo per le punizioni future, che per un principio di carità o compassione.

A conferma di ciò, fu dato ordine che una carrozza passasse ogni mattina prima del

giorno davanti alla prigione, affinché il rumore prodotto da essa desse nuovo terrore e

allarme all'infelice prigioniero, privandolo di ogni possibilità di ottenere il minimo riposo.

Continuò in questa orribile situazione, quasi affamato per la mancanza dei comuni

beni di prima necessità per mantenere la sua misera esistenza, fino al giorno di Natale,

quando ricevette - un po' di sollievo da Mariane, cameriera della signora del governatore.

Questa donna, avendo ottenuto il permesso di fargli visita, portò con sé alcuni rinfreschi,

consistenti in miele, zucchero, uva passa e altri articoli. La donna fu così colpita nel vedere

la sua situazione che pianse amaramente e, al momento di andarsene, espresse la più grande

preoccupazione per non essere in grado di fornirgli ulteriore assistenza.

Il povero signor Lithgow è stato tenuto in questa detestabile prigione fino a quando

non è stato quasi divorato dai parassiti. Gli strisciavano sulla barba, sulle labbra, sulle

sopracciglia, ecc. tanto che a stento riusciva ad aprire gli occhi. La sua mortificazione fu

accresciuta dal fatto che non aveva l'uso delle mani o delle gambe per difendersi, essendo

così miseramente mutilato dalle torture. Il governatore era così crudele che ordinò persino

di spazzare i parassiti su di lui due volte ogni otto giorni. Tuttavia, ottenne una piccola

attenuazione di questa parte della sua punizione grazie all'umanità di uno schiavo turco che

lo assisteva, il quale, quando poteva farlo con sicurezza, distruggeva i parassiti e gli forniva

tutto il ristoro possibile.

Da questo schiavo il signor Lithgow ricevette infine informazioni che gli davano

poche speranze di essere liberato, ma, al contrario, di finire la sua vita sotto nuove torture.

La sostanza di queste informazioni era che un prete del seminario inglese e un bottaio

scozzese erano stati assunti dal governatore per tradurre dall'inglese allo spagnolo tutti i

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Il Libro dei Martiri di Foxe

suoi libri e le sue osservazioni. Nella casa del governatore si diceva comunemente che fosse

un arci-eretico.

Questa informazione lo allarmò molto e cominciò, non senza ragione, a temere che lo

avrebbero presto finito, tanto più che non potevano né con la tortura né con altri mezzi

indurlo a cambiare ciò che aveva sempre detto nei vari esami.

Due giorni dopo aver ricevuto le informazioni di cui sopra, il governatore, un

inquisitore e un sacerdote canonico, accompagnati da due gesuiti, entrarono nella sua

prigione e, una volta seduti, dopo varie domande inutili, l'inquisitore chiese al signor

Lithgow se fosse un cattolico romano e riconoscesse la supremazia del papa. Egli rispose

che non era né l'uno né l'altro, aggiungendo che era sorpreso di essere stato sottoposto a

tali domande, dal momento che gli articoli di pace tra l'Inghilterra e la Spagna stabilivano

espressamente che nessuno dei sudditi inglesi avrebbe dovuto essere soggetto

all'Inquisizione, o in alcun modo molestato da essa a causa della diversità di religione, ecc.

Nell'amarezza del suo animo usò alcune espressioni calde e non adatte alla sua situazione:

"Come mi avete quasi assassinato (disse) per finto tradimento, così ora intendete fare di

me un martire per la mia religione". Inoltre, si confrontò con il governatore sul cattivo

ritorno che aveva fatto al re d'Inghilterra, di cui era suddito, per l'umanità principesca

esercitata nei confronti degli spagnoli nel 1588, quando la loro armata naufragò sulla costa

scozzese e migliaia di spagnoli trovarono soccorso, che altrimenti sarebbero miseramente

morti.

Il governatore ammise la verità di quanto detto dal signor Lithgow, ma rispose con

aria altezzosa che il re, che allora governava solo la Scozia, era mosso più dalla paura che

dall'amore, e quindi non meritava alcun ringraziamento. Uno dei gesuiti disse che non c'era

fede da mantenere con gli eretici. L'inquisitore, alzandosi, si rivolse al signor Lithgow con

le seguenti parole: Siete stato preso come spia, accusato di tradimento e torturato, come

riconosciamo, in modo innocente (come risulta dal resoconto ricevuto di recente da Madrid

sulle intenzioni degli inglesi); tuttavia è stata la potenza divina a far ricadere questi giudizi

su di voi, per aver presuntuosamente trattato in modo ridicolo il benedetto miracolo di

Loretto e per esservi espresso nei vostri scritti in modo irriverente nei confronti di Sua

Santità, il grande agente e vicario di Cristo sulla terra; pertanto siete giustamente caduto

nelle nostre mani per loro speciale incarico: i tuoi libri e i tuoi documenti sono

miracolosamente tradotti con l'aiuto della Provvidenza che influenza i tuoi stessi

compatrioti.

Terminata questa messinscena, diedero al prigioniero otto giorni di tempo per

riflettere e decidere se volesse convertirsi alla loro religione; durante questo periodo

l'inquisitore gli disse che sarebbe intervenuto, insieme ad altri ordini religiosi, per dargli

l'assistenza che desiderava. Uno dei gesuiti disse (facendosi prima il segno della croce sul

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Il Libro dei Martiri di Foxe

petto): "Figlio mio, ecco, tu meriti di essere bruciato vivo. Ma per la grazia di nostra

Signora di Loretto, che tu hai bestemmiato, ti salveremo l'anima e il corpo".

Al mattino tornò l'inquisitore, con altri tre ecclesiastici, quando il primo chiese al

prigioniero quali difficoltà avesse sulla coscienza che ritardavano la sua conversione; al

che egli rispose che "non aveva alcun dubbio nella sua mente, essendo fiducioso nelle

promesse di Cristo e credendo con certezza alla sua volontà rivelata e significata nei

Vangeli, come professato nella Chiesa cattolica riformata, essendo confermato dalla grazia

e avendo così la certezza infallibile della fede cristiana". A queste parole l'inquisitore

rispose: "Tu non sei un cristiano, ma un eretico assurdo, e senza conversione un membro

della perdizione". Il prigioniero gli disse allora che non era coerente con la natura e

l'essenza della religione e della carità convincere con discorsi opprimenti, con le torture e

i tormenti, ma con argomenti dedotti dalle Scritture. Che tutti gli altri metodi sarebbero

stati totalmente inefficaci con lui.

L'inquisitore si infuriò a tal punto per le risposte date dal prigioniero, che lo colpì sul

viso, usò molti discorsi ingiuriosi e tentò di pugnalarlo, cosa che avrebbe certamente fatto

se non fosse stato impedito dai gesuiti. Da quel momento non fece più visita al prigioniero.

Il giorno successivo i due gesuiti tornarono e, assumendo un'aria molto grave e

superciliosa, il superiore gli chiese quale risoluzione avesse preso. Al che il signor Lithgow

rispose che era già deciso, a meno che non potesse mostrare ragioni sostanziali per fargli

cambiare opinione. Il superiore, dopo una pedante esposizione dei loro sette sacramenti,

dell'intercessione dei santi, della transustanziazione, ecc. si vantò molto della loro Chiesa,

della sua antichità, universalità e uniformità; tutte cose che il signor Lithgow negava:

"Perché (disse) la professione di fede che io sostengo esiste fin dai primi giorni degli

apostoli, e Cristo ha sempre avuto la sua Chiesa (per quanto oscura) nel tempo più grande

delle vostre tenebre".

I gesuiti, constatando che le loro argomentazioni non avevano sortito l'effetto

desiderato, che i tormenti non riuscivano a scuotere la sua costanza e nemmeno la paura

della crudele sentenza che aveva ragione di aspettarsi sarebbe stata pronunciata ed eseguita

su di lui, dopo gravi minacce, lo lasciarono. L'ottavo giorno successivo, l'ultimo della loro

Inquisizione, quando viene pronunciata la sentenza, tornarono di nuovo, ma

completamente cambiati sia nelle parole che nel comportamento, dopo aver ripetuto gran

parte degli stessi argomenti di prima, con le lacrime agli occhi, finsero di essere dispiaciuti

di cuore che fosse costretto a subire una morte terribile, ma soprattutto per la perdita della

sua preziosissima anima. Cadendo in ginocchio, gridarono: "Convertiti, convertiti, o caro

fratello, per amore della nostra benedetta Signora convertiti!". Al che egli rispose: "Non

temo né la morte né il fuoco, essendo preparato a entrambi".

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Il Libro dei Martiri di Foxe

I primi effetti che il signor Lithgow provò della decisione di questo sanguinoso

tribunale furono la condanna a subire quella notte undici diversi supplizi, e se non fosse

morto durante l'esecuzione di questi (cosa che ci si poteva ragionevolmente aspettare dalle

condizioni di menomazione e disarticolazione in cui si trovava) sarebbe stato trasportato a

Grenada, dopo le festività pasquali, e lì ridotto in cenere. La prima parte di questa sentenza

fu eseguita con grande barbarie quella notte. Piacque a Dio dargli forza sia di corpo che di

mente, per rimanere saldo alla verità e sopravvivere alle orribili punizioni inflittegli.

Dopo che questi barbari si furono saziati per il momento di esercitare sull'infelice

prigioniero le più grandi crudeltà, gli misero di nuovo i ferri e lo trasportarono nella sua

vecchia prigione. Il mattino seguente ricevette un po' di conforto dallo schiavo turco prima

menzionato, che gli portò di nascosto, nella manica della camicia, dell'uva passa e dei fichi,

che egli leccò con la lingua nel modo migliore che le sue forze gli permisero. Il signor

Lithgow attribuisce a questo schiavo il merito di essere sopravvissuto così a lungo in una

situazione così miserabile, poiché trovava il modo di portargli alcuni di questi frutti due

volte alla settimana. È davvero straordinario, e degno di nota, che questo povero schiavo,

cresciuto fin dall'infanzia, secondo le massime del suo profeta e dei suoi genitori, nel più

grande disprezzo per i cristiani, sia rimasto così colpito dalla misera situazione del signor

Lithgow da ammalarsi e continuare a farlo per più di quaranta giorni. Durante questo

periodo, il signor Lithgow fu assistito da una donna negra, una schiava, che trovò i mezzi

per fornirgli un rinfresco ancora più abbondante di quello del turco, essendo a conoscenza

della casa e della famiglia. Ogni giorno gli portava un po' di cibo e un po' di vino in bottiglia.

Il tempo era ormai trascorso e l'orribile situazione era così disgustosa che il signor

Lithgow attese con ansia il giorno che, ponendo fine alla sua vita, avrebbe posto fine anche

ai suoi tormenti. Ma le sue malinconiche aspettative furono felicemente abortite

dall'interposizione della Provvidenza e la sua liberazione fu ottenuta grazie alle seguenti

circostanze.

Da Grenada giunse a Malaga un gentiluomo spagnolo di qualità che, invitato a un

ricevimento dal governatore, lo informò di ciò che era accaduto al signor Lithgow dal

momento in cui era stato arrestato come spia e gli descrisse le varie sofferenze che aveva

patito. Gli disse anche che, dopo aver saputo che il prigioniero era innocente, si era

preoccupato molto. Per questo motivo avrebbe volentieri voluto rilasciarlo, restituirgli il

denaro e i documenti e fare un po' di ammenda per le offese ricevute, ma, dopo un'ispezione

dei suoi scritti, ne sono stati trovati alcuni di natura molto blasfema, che si riflettevano

fortemente sulla loro religione; al suo rifiuto di abiurare queste opinioni eretiche, è stato

consegnato all'Inquisizione, da cui è stato infine condannato.

Mentre il governatore raccontava questa tragica storia, un giovane fiammingo

(servitore del gentiluomo spagnolo) che serviva a tavola, fu colpito dallo stupore e dalla

pietà per le sofferenze dello straniero descritto. Tornato all'alloggio del suo padrone,

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Il Libro dei Martiri di Foxe

cominciò a rielaborare nella sua mente ciò che aveva sentito, che lo impressionò a tal punto

da non riuscire a riposare nel suo letto. Nel breve sonno che fece, la sua immaginazione gli

indicò la persona descritta, sulla graticola e che bruciava nel fuoco. In questa ansia passò

la notte. Al mattino, senza rivelare a nessuno le sue intenzioni, si recò in città e chiese di

un fattore inglese. Fu indirizzato a casa di un certo signor Wild, al quale riferì tutto ciò che

aveva sentito passare la sera precedente tra il suo padrone e il governatore, ma non seppe

dire il nome del signor Lithgow. Mr. Wild, tuttavia, ipotizzò che si trattasse di lui, in quanto

il servo ricordò la circostanza che era un viaggiatore e che aveva fatto conoscenza con lui.

Alla partenza del servitore fiammingo, Mr. Wild mandò subito a chiamare gli altri

fattori inglesi, ai quali riferì tutti i particolari relativi al loro sfortunato connazionale. Dopo

una breve consultazione, si decise di inviare per espresso un resoconto dell'intera vicenda

a Sir Walter Aston, ambasciatore inglese presso il re di Spagna, che si trovava a Madrid.

L'ambasciatore presentò un memoriale al re e al consiglio di Spagna e ottenne un ordine

per l'allargamento del signor Lithgow e la sua consegna al fattore inglese. L'ordine fu

indirizzato al governatore di Malaga. Fu accolto con grande antipatia e sorpresa dall'intera

assemblea della sanguinaria Inquisizione.

Il signor Lithgow fu liberato dalla sua prigionia alla vigilia della domenica di Pasqua,

quando fu portato dalla sua prigione, a dorso dello schiavo che lo aveva assistito, alla casa

di un certo signor Bosbich, dove gli furono offerti tutti i comfort del caso. Fortunatamente

in quel momento si trovava sulla strada uno squadrone di navi inglesi, comandato da Sir

Richard Hawkins, che, informato delle sofferenze passate e della situazione attuale del

signor Lithgow, il giorno dopo scese a terra, con una guardia adeguata, e lo ricevette dai

mercanti. Fu subito trasportato con delle coperte a bordo della Vanguard e tre giorni dopo

fu trasferito su un'altra nave, per ordine del generale Sir Robert Mansel, che ordinò di

prendersi cura di lui. Il fattore gli regalò abiti e tutte le provviste necessarie, oltre a duecento

real in argento. Sir Richard Hawkins gli inviò due pistole doppie.

Prima della sua partenza dalle coste spagnole, Sir Richard Hawkins chiese la consegna

dei suoi documenti, del denaro, dei libri, ecc. ma non riuscì a ottenere alcuna risposta

soddisfacente in merito.

Non possiamo fare a meno di soffermarci a riflettere su quanto la Provvidenza sia

intervenuta a favore di questo pover'uomo, quando era sull'orlo della distruzione; infatti, in

base alla sentenza, alla quale non era possibile appellarsi, sarebbe stato portato in pochi

giorni a Grenada e ridotto in cenere. Che un povero servo comune, che non aveva la minima

conoscenza di lui, né era in alcun modo interessato alla sua conservazione, rischiasse il

dispiacere del suo padrone e la sua stessa vita, per rivelare una cosa di natura così

importante e pericolosa, a uno sconosciuto gentiluomo, dalla cui segretezza dipendeva la

sua stessa esistenza. La Provvidenza interviene spesso con mezzi secondari a favore dei

virtuosi e degli oppressi, e questo ne è un esempio illustre.

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Dopo dodici giorni di navigazione, la nave gettò l'ancora e in circa due mesi arrivò

sana e salva a Deptford. Il mattino seguente, il signor Lithgow fu trasportato su un letto di

piume a Theobalds, nell'Hertfordshire, dove all'epoca si trovavano il re e la famiglia reale.

Quel giorno Sua Maestà era impegnato in una battuta di caccia, ma al suo ritorno, la sera,

il signor Lithgow gli fu presentato e gli raccontò i particolari delle sue sofferenze e del suo

felice parto. Il re fu così colpito da questa storia che espresse la più profonda

preoccupazione e diede ordine di mandarlo a Bath e di provvedere alle sue necessità con

la sua munificenza reale. Con questi mezzi, sotto l'egida di Dio, dopo qualche tempo, il

signor Lithgow fu ristabilito dallo spettacolo più miserabile e recuperò salute e forza. Ma

perse l'uso del braccio sinistro e molte delle ossa più piccole furono così schiacciate e rotte

da essere rese inutilizzabili.

Nonostante tutti gli sforzi compiuti, il signor Lithgow non riuscì mai ad ottenere una

parte del suo denaro o dei suoi effetti, nonostante Sua Maestà e i ministri di Stato si fossero

interessati a suo favore. Gondamore, l'ambasciatore spagnolo, promise che tutti i suoi

effetti sarebbero stati restituiti, con l'aggiunta di 1000 sterline inglesi, come espiazione per

le torture subite, che gli sarebbero state pagate dal governatore di Malaga. Questi impegni,

tuttavia, non erano che semplici promesse. Sebbene il re fosse una sorta di garanzia per il

loro buon adempimento, l'astuto spagnolo trovò il modo di eluderli. Egli aveva, infatti, una

parte troppo grande di influenza nel consiglio inglese durante il periodo di quel regno

pacifico, quando l'Inghilterra si lasciava intimidire dalla maggior parte degli Stati e dei re

d'Europa.

La storia di Galileo

I più eminenti uomini di scienza e di filosofia dell'epoca non sfuggirono all'occhio

vigile di questo crudele dispotismo. Galileo, il principale astronomo e matematico della

sua epoca, fu il primo a utilizzare con successo il telescopio per risolvere i movimenti dei

corpi celesti. Scoprì che il sole è il centro del moto attorno al quale ruotano la terra e i vari

pianeti. Per aver fatto questa grande scoperta, Galileo fu portato davanti all'Inquisizione e

per un po' rischiò di essere messo a morte.

Dopo una lunga e aspra rassegna degli scritti di Galileo, in cui molte delle sue scoperte

più importanti venivano condannate come errori, l'accusa degli inquisitori proseguiva

dichiarando: "Che tu, Galileo, a causa di quelle cose che hai scritto e confessato, ti sei

sottoposto a un forte sospetto di eresia in questo Sant'Uffizio, credendo e ritenendo vera

una dottrina che è falsa, e contraria alle sacre e divine Scritture - cioè, che il sole è il centro

dell'orbita terrestre e non si muove da est a ovest. Che la terra si muove e non è il centro

del mondo".

Per salvarsi la vita. Galileo ammise di essersi sbagliato nel pensare che la terra girasse

intorno al sole e giurò che "per il futuro non dirò mai più, né affermerò mai più, né a parole

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Il Libro dei Martiri di Foxe

né per iscritto, nulla che possa dare occasione a un simile sospetto". Ma subito dopo aver

prestato questo giuramento forzato, si dice che abbia sussurrato a un amico che gli stava

vicino: "La terra si muove, per tutto questo".

Riassunto dell'Inquisizione

Delle moltitudini di persone che sono morte per mano dell'Inquisizione in tutto il

mondo, non è possibile trovare alcuna documentazione autentica. Ma ovunque il papato

avesse potere, c'era il tribunale. Era stato impiantato anche in Oriente e l'Inquisizione

portoghese di Goa è stata, fino a questi pochi anni, alimentata con molte agonie. L'America

del Sud fu suddivisa in province dell'Inquisizione. Con un'orrenda imitazione dei crimini

della madrepatria, gli arrivi dei viceré e le altre celebrazioni popolari erano ritenute

imperfette senza un'auto da fe. I Paesi Bassi furono una scena di massacro fin dall'epoca

del decreto che vi insediò l'Inquisizione. In Spagna il calcolo è più raggiungibile. Ognuno

dei diciassette tribunali per un lungo periodo bruciò ogni anno, in media, dieci miserabili

esseri! Dobbiamo ricordare che questo numero si trovava in un Paese in cui la persecuzione

aveva da sempre abolito tutte le differenze religiose, e dove la difficoltà non era trovare il

rogo, ma l'offerta.

Eppure, anche in Spagna, così ripulita da ogni eresia, l'Inquisizione poteva ancora

gonfiare le sue liste di omicidi fino a trentaduemila! Il numero di persone bruciate in effigie

o condannate alla penitenza, punizioni generalmente equivalenti all'esilio, alla confisca e

alla macchia di sangue, a tutte le rovine tranne la semplice perdita di una vita senza valore,

ammontava a trecentonovemila. Ma le folle che sono morte nelle prigioni della tortura,

della prigionia e dei cuori spezzati, i milioni di vite dipendenti rese completamente

impotenti o affrettate verso la tomba dalla morte delle vittime, sono al di là di ogni

registrazione; o registrati solo davanti a LUI, che ha giurato che "Chi conduce in cattività,

andrà in cattività; chi uccide con la spada deve essere ucciso con la spada".

Tale era l'Inquisizione, dichiarata dallo Spirito di Dio come figlia e immagine del

regno papale. Per percepire la forza della parentela, dobbiamo guardare al tempo. Nel XIII

secolo, il regno papale era al vertice del dominio mortale; era indipendente da tutti i regni;

governava con un grado di influenza mai posseduto prima o dopo da uno scettro umano;

era il sovrano riconosciuto del corpo e dell'anima; a tutti gli effetti terreni, il suo potere era

incommensurabile nel bene e nel male. Avrebbe potuto diffondere la letteratura, la pace, la

libertà e il cristianesimo fino alle estremità dell'Europa o del mondo. Ma la sua natura era

ostile; il suo pieno trionfo rivelava solo il suo pieno male. Per la vergogna della ragione

umana, il terrore e la sofferenza della virtù umana, Roma, nell'ora della sua consumata

grandezza, brulicava della mostruosa e orribile nascita dell'INQUISIZIONE!

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Il Libro dei Martiri di Foxe

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Capitolo VI - Un Resoconto delle Persecuzioni in Italia

sotto il Papato

Ci addentreremo ora in un resoconto delle persecuzioni in Italia, un paese che è stato,

e che è tuttora, un paese:

1. Il centro del papismo.

2. La sede del pontefice.

3. La fonte dei vari errori che si sono diffusi in altri Paesi, illudendo le menti di

migliaia di persone e diffondendo le nubi della superstizione e del bigottismo sulla

comprensione umana.

Nel proseguire la nostra narrazione includeremo le persecuzioni più notevoli che si

sono verificate e le crudeltà che sono state praticate,

1. Per il potere immediato del papa

2. Attraverso il potere dell'Inquisizione.

3. Dal bigottismo dei principi italiani.

Nel XII secolo, le prime persecuzioni sotto il papato iniziarono in Italia, al tempo in

cui era papa Adriano, un inglese, e furono causate dalle seguenti circostanze:

Un dotto ed eccellente oratore bresciano, di nome Arnold, venne a Roma e predicò

con coraggio contro le corruzioni e le innovazioni che si erano insinuate nella Chiesa. I

suoi discorsi erano così chiari e coerenti e sprigionavano un così puro spirito di pietà, che

i senatori e molti del popolo approvarono e ammirarono le sue dottrine.

Ciò fece infuriare a tal punto Adriano che ordinò ad Arnoldo di lasciare

immediatamente la città, in quanto eretico. Arnoldo, però, non si adeguò, perché i senatori

e alcuni dei principali cittadini presero le sue parti e si opposero all'autorità del papa.

Adriano sottopose la città di Roma a un interdetto, che provocò l'intervento di tutto il

clero; alla fine convinse i senatori e il popolo a rinunciare alla questione e a lasciare che

Arnold fosse bandito. Acconsentendo, Arnold ricevette la sentenza di esilio e si ritirò in

Germania, dove continuò a predicare contro il Papa e a denunciare i grossolani errori della

Chiesa di Roma.

Adriano, per questo motivo, aveva sete del suo sangue e fece diversi tentativi per

metterlo nelle sue mani; ma Arnoldo, per molto tempo, evitò ogni insidia che gli veniva

tesa. Alla fine, Federico Barbarossa, giunto alla dignità imperiale, chiese che il Papa lo

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Il Libro dei Martiri di Foxe

incoronasse con la sua stessa mano. Adriano acconsentì e allo stesso tempo chiese

all'imperatore un favore: mettere Arnold nelle sue mani.

L'imperatore consegnò molto prontamente lo sfortunato predicatore, che cadde presto

martire della vendetta di Adriano, venendo impiccato e il suo corpo ridotto in cenere in

Puglia. La stessa sorte toccò a molti dei suoi vecchi amici e compagni.

Encenas, uno spagnolo, fu mandato a Roma per essere educato alla fede cattolica

romana; ma dopo aver conversato con alcuni riformati e aver letto diversi trattati che gli

avevano messo in mano, divenne protestante. Essendo ciò noto, uno dei suoi parenti lo

denunciò e fu bruciato per ordine del Papa e di un conclave di cardinali. Il fratello di

Encenas era stato preso molto tempo prima, perché possedeva un Nuovo Testamento in

lingua spagnola; ma prima del momento stabilito per l'esecuzione, trovò il modo di fuggire

dalla prigione e si ritirò in Germania.

Fanino, un laico erudito, leggendo libri controversi, si avvicinò alla religione riformata.

Essendo stata presentata un'informazione contro di lui al papa, fu arrestato e messo in

prigione. Sua moglie, i suoi figli, i suoi parenti e i suoi amici lo visitarono durante la

prigionia e fecero in modo che rinunciasse alla sua fede e ottenesse la liberazione. Ma non

appena fu libero dalla prigionia, la sua mente sentì la più pesante delle catene: il peso di

una coscienza colpevole. I suoi orrori erano così grandi che li trovò insopportabili, finché

non tornò dalla sua apostasia e si dichiarò pienamente convinto degli errori della Chiesa di

Roma. Per rimediare alla sua caduta, ora fece apertamente e strenuamente tutto il possibile

per far convertire i protestanti, ottenendo un discreto successo. Queste azioni gli causarono

una seconda incarcerazione, ma gli fu offerta la vita se avesse ritrattato. Questa proposta

fu rifiutata con sdegno, dicendo che disprezzava la vita a queste condizioni. Quando gli fu

chiesto perché si ostinasse a mantenere le sue opinioni, lasciando moglie e figli in difficoltà,

rispose: Non li lascerò in difficoltà;

Li ho affidati alle cure di un eccellente amministratore". "Quale fiduciario?", disse la

persona che aveva posto la domanda, con una certa sorpresa; al che Fanino rispose: "Gesù

Cristo è il fiduciario che intendo, e penso che non potrei affidarli alle cure di uno migliore".

Il giorno dell'esecuzione apparve straordinariamente allegro, cosa che uno osservò, dicendo:

"È strano che tu appaia così allegro in un'occasione del genere, quando lo stesso Gesù

Cristo, poco prima di morire, era in tali agonie da sudare sangue e acqua". Al che Fanino

rispose: "Cristo ha sostenuto ogni sorta di pene e conflitti, con l'inferno e la morte, a causa

nostra; e così, con le sue sofferenze, ha liberato dalla paura di esse coloro che credono

veramente in lui. Fu quindi strangolato, il suo corpo fu ridotto in cenere e poi disperso dal

vento.

Dominicus, un soldato colto, dopo aver letto diversi scritti controversi, divenne uno

zelante protestante e, ritiratosi a Placentia, predicò il Vangelo nella sua massima purezza a

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Il Libro dei Martiri di Foxe

una congregazione molto considerevole. Un giorno, alla fine del suo sermone, disse: "Se

la congregazione sarà presente domani, darò loro una descrizione dell'Anticristo e lo

dipingerò con i suoi colori".

Il giorno dopo, il pubblico era molto numeroso, ma proprio mentre Domenico stava

iniziando il suo sermone, un magistrato civile salì sul pulpito e lo prese in custodia. Egli si

sottomise prontamente; ma mentre accompagnava il magistrato, usò questa espressione:

"Mi meraviglio che il diavolo mi abbia lasciato in pace così a lungo". Quando fu portato

all'esame, gli fu posta questa domanda: "Rinuncerete alle vostre dottrine?". Al che rispose:

"Le mie dottrine! Non sostengo dottrine mie; ciò che predico sono le dottrine di Cristo, e

per queste darò il mio sangue e mi riterrò persino felice di soffrire per amore del mio

Redentore". Furono adottati tutti i metodi per indurlo a ritrattare la sua fede e ad abbracciare

gli errori della Chiesa di Roma; ma quando le persuasioni e le minacce risultarono

inefficaci, fu condannato a morte e impiccato nella piazza del mercato.

Galeacio, un gentiluomo protestante che risiedeva nei pressi del castello di

Sant'Angelo, fu arrestato a causa della sua fede. Con grandi sforzi da parte dei suoi amici,

ritrattò e sottoscrisse alcune delle dottrine superstiziose propugnate dalla Chiesa di Roma.

Tuttavia, resosi conto del suo errore, rinunciò pubblicamente alla sua ritrattazione. Per

questo motivo fu arrestato e condannato al rogo e, secondo l'ordine, fu incatenato a un palo,

dove fu lasciato diverse ore prima che il fuoco fosse appiccato alle fascine, affinché la

moglie, i parenti e gli amici che lo circondavano lo inducessero a rinunciare alle sue

opinioni. Galeacio, tuttavia, mantenne la sua costanza d'animo e pregò il boia di dare fuoco

alla legna che lo avrebbe bruciato. Questo fu fatto e Galeacio fu presto consumato dalle

fiamme, che bruciarono con sorprendente rapidità e lo privarono dei sensi in pochi minuti.

Poco dopo la morte di questo signore, un gran numero di protestanti furono messi a

morte in varie parti d'Italia, a causa della loro fede, dando una prova sicura della loro

sincerità nel martirio.

Un Resoconto delle Persecuzioni in Calabria

Nel XIV secolo, molti valdesi di Pragela e Delfinato emigrarono in Calabria e, con il

permesso dei nobili di quel Paese, colonizzarono alcune terre abbandonate e, con la

coltivazione più industriosa, fecero apparire diverse zone selvagge e sterili con tutte le

bellezze del verde e della fertilità.

I signori calabresi erano molto soddisfatti dei loro nuovi sudditi e inquilini, perché

erano onesti, tranquilli e laboriosi; ma i sacerdoti del paese presentarono diverse lamentele

negative contro di loro, perché non potendo accusarli di nulla di male che avessero fatto,

fondarono le accuse su ciò che non avevano fatto, e li accusarono di non essere cattolici

romani. Di non aver fatto diventare sacerdote nessuno dei loro ragazzi. Di non aver fatto

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Il Libro dei Martiri di Foxe

suore le loro ragazze. Di non andare a Messa. Di non dare ceri ai loro sacerdoti come offerta.

Non andando in pellegrinaggio. Non inchinandosi alle immagini.

I signori calabresi, tuttavia, tranquillizzarono i sacerdoti dicendo loro che queste

persone erano estremamente innocue; che non arrecavano alcuna offesa ai cattolici romani

e pagavano allegramente le decime ai sacerdoti, le cui entrate erano notevolmente

aumentate dal loro arrivo nel paese e che, di conseguenza, avrebbero dovuto essere le

ultime persone a lamentarsi di loro.

Le cose andarono bene per alcuni anni, durante i quali i Valdesi si costituirono in due

città corporative, annettendo diversi villaggi alla loro giurisdizione. Alla fine mandarono a

Ginevra due ecclesiastici, uno per predicare in ogni città, poiché erano decisi a fare una

professione pubblica della loro fede. Avvisato di questo fatto il Papa, Pio IV, decise di

sterminarli dalla Calabria.

A tal fine, egli ntò il cardinale Alessandrino, un uomo dal temperamento molto

violento e un bigotto furioso, insieme a due monaci, in Calabria, dove avrebbero agito

come inquisitori. Queste persone autorizzate giunsero a San Xist, una delle città costruite

dai Valdesi, e, radunato il popolo, dissero loro che non avrebbero ricevuto alcun danno, se

avessero accettato i predicatori nominati dal papa; se non l'avessero fatto, sarebbero stati

privati dei loro beni e della loro vita; e affinché le loro intenzioni fossero conosciute, quel

pomeriggio sarebbe stata celebrata pubblicamente una Messa, alla quale fu ordinato di

partecipare.

Gli abitanti di San Xist, invece di partecipare alla Messa, fuggirono nei boschi con le

loro famiglie, deludendo così il cardinale e i suoi coadiutori. Il cardinale si recò quindi a

La Garde, l'altra città appartenente ai Valdesi, dove, per non essere servito come a San Xist,

ordinò di chiudere le porte e di sorvegliare tutti i viali. Agli abitanti di La Garde vennero

quindi fatte le stesse proposte che erano state offerte in precedenza a quelli di San Xist, ma

con questo ulteriore artificio: il cardinale assicurò loro che gli abitanti di San Xist avevano

subito aderito alle sue proposte e concordato che il Papa li avrebbe nominati predicatori.

La falsità ebbe successo, perché gli abitanti di La Garde, pensando che ciò che il cardinale

aveva detto loro fosse la verità, dissero che avrebbero seguito esattamente l'esempio dei

loro confratelli di San Xist.

Il cardinale, dopo aver ottenuto il suo punto di vista illudendo gli abitanti di una città,

mandò a chiamare truppe di soldati con l'obiettivo di uccidere quelli dell'altra. Di

conseguenza, inviò i soldati nei boschi, per dare la caccia agli abitanti di San Xist come

bestie selvagge, e diede loro l'ordine tassativo di non risparmiare né l'età né il sesso, ma di

uccidere chiunque si avvicinasse. Le truppe entrarono nel bosco e molti caddero in preda

alla loro ferocia, prima che i Valdesi fossero informati del loro progetto. Alla fine, però,

decisero di vendere le loro vite al prezzo più caro possibile, quando si verificarono diversi

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Il Libro dei Martiri di Foxe

scontri, in cui i valdesi, armati fino ai denti, compirono prodigi di valore e molti furono

uccisi da entrambe le parti. Poiché la maggior parte delle truppe fu uccisa nei vari scontri,

gli altri furono costretti a ritirarsi, il che fece infuriare a tal punto il cardinale che scrisse al

viceré di Napoli per ottenere rinforzi.

Il viceré ordinò immediatamente di proclamare in tutti i territori napoletani che tutti i

fuorilegge, i disertori e gli altri proscritti sarebbero stati sicuramente graziati per i loro

rispettivi reati, a condizione di fare una campagna contro gli abitanti di San Xist e di

continuare a stare in armi fino a quando quel popolo non fosse stato sterminato.

A questo annuncio accorsero molte persone dalla fortuna disperata che, costituite in

compagnie leggere, vennero mandate a setacciare i boschi e a mettere a morte tutti coloro

che potevano incontrare della religione riformata. Anche il viceré si unì al cardinale, alla

testa di un corpo di forze regolari, e, insieme, fecero tutto il possibile per tormentare la

povera gente nei boschi. Alcuni li catturarono e li appesero agli alberi, ne tagliarono i rami

e li bruciarono, oppure li squarciarono e lasciarono i loro corpi in pasto alle bestie

selvatiche o agli uccelli rapaci. Molti li uccidevano a distanza, ma la maggior parte li

cacciava per sport. Alcuni si nascondevano nelle grotte, ma la carestia li distruggeva nel

loro rifugio; e così tutta questa povera gente moriva, con vari mezzi, per saziare la bigotta

cattiveria dei loro spietati persecutori.

Gli abitanti di San Xist furono sterminati non appena quelli di La Garde attirarono

l'attenzione del cardinale e del viceré. Fu offerto loro che, se avessero abbracciato la fede

cattolica romana, non avrebbero subito danni a se stessi e alle loro famiglie, ma che le loro

case e le loro proprietà sarebbero state restaurate e che a nessuno sarebbe stato permesso

di molestarli; al contrario, se avessero rifiutato questa clemenza, (come fu definita)

sarebbero state usate le estreme conseguenze e le morti più crudeli sarebbero state la

conseguenza certa della loro inadempienza.

Nonostante le promesse da una parte e le minacce dall'altra, queste degne persone si

rifiutarono unanimemente di rinunciare alla loro religione o di abbracciare gli errori del

papismo. Ciò esasperò a tal punto il cardinale e il viceré, che fu ordinato di mettere

immediatamente alla forca trenta di loro, per terrorizzare gli altri.

Quelli che furono messi alla frusta furono trattati con tale severità che molti morirono

sotto le torture; un certo Charlin, in particolare, fu usato in modo così crudele che gli

scoppiò il ventre, gli uscirono le viscere e spirò tra le più grandi agonie. Queste barbarie,

tuttavia, non rispondevano allo scopo per cui erano state concepite; infatti, sia coloro che

erano rimasti vivi dopo il supplizio, sia coloro che non avevano provato il supplizio,

rimasero ugualmente costanti nella loro fede e dichiararono coraggiosamente che nessuna

tortura del corpo o terrore della mente avrebbe mai potuto indurli a rinunciare al loro Dio

o ad adorare immagini.

95


Il Libro dei Martiri di Foxe

Molti furono poi, per ordine del cardinale, spogliati completamente nudi e frustati a

morte con verghe di ferro; altri furono fatti a pezzi con grossi coltelli; altri ancora furono

gettati giù dalla cima di una grande torre e molti furono ricoperti di pece e bruciati vivi.

Uno dei monaci che assistevano il cardinale, di indole naturalmente selvaggia e

crudele, gli chiese di poter versare con le proprie mani un po' del sangue di quella povera

gente; esaudita la sua richiesta, il barbaro prese un grosso coltello affilato e sgozzò

quarantacinque uomini, donne e bambini, con lo stesso pudore con cui un macellaio

avrebbe ucciso tante pecore. A ognuno di questi corpi fu poi ordinato di essere squartato, i

quarti posti su pali e poi fissati in diverse parti del paese, in un raggio di trenta miglia.

I quattro principali uomini di La Garde furono impiccati e l'ecclesiastico fu gettato

dalla cima del campanile della sua chiesa. Fu terribilmente maciullato, ma non del tutto

ucciso dalla caduta; allora il viceré, passando, disse: "Il cane è ancora vivo? Prendetelo e

datelo ai maiali" e, per quanto brutale possa apparire questa frase, fu eseguita di

conseguenza.

Sessanta donne furono torturate così violentemente che le corde trapassarono le loro

braccia e le loro gambe fino all'osso; quando furono rinchiuse in prigione, le loro ferite

morirono nel modo più miserabile. Molti altri furono messi a morte con vari mezzi crudeli;

e se qualche cattolico romano, più compassionevole degli altri, intercedeva per qualcuno

dei riformati, veniva immediatamente arrestato e condivideva la stessa sorte di un

favoreggiatore di eretici.

Poiché il viceré fu costretto a rientrare a Napoli per alcuni affari urgenti che

richiedevano la sua presenza e il cardinale fu richiamato a Roma, il marchese di Butano

ricevette l'ordine di dare il colpo di grazia a ciò che avevano iniziato; cosa che alla fine

riuscì a fare, agendo con un rigore così barbaro che non rimase più una sola persona di

religione riformata in tutta la Calabria.

Così un gran numero di persone inoffensive e innocue furono private dei loro beni,

derubate delle loro proprietà, cacciate dalle loro case e infine uccise con vari mezzi, solo

perché non volevano sacrificare le loro coscienze alle superstizioni altrui, abbracciare

dottrine idolatriche che aborrivano e accettare maestri a cui non potevano credere.

La tirannia è di tre tipi: quella che rende schiava la persona, quella che si impossessa

della proprietà e quella che prescrive e impone alla mente. I primi due tipi possono essere

definiti tirannia civile e sono stati praticati da sovrani arbitrari in tutte le epoche, che si

sono dilettati a tormentare le persone e a rubare le proprietà dei loro infelici sudditi. Ma il

terzo tipo, cioè prescrivere e imporre alla mente, può essere chiamato tirannia ecclesiastica;

e questo è il peggior tipo di tirannia, in quanto include gli altri due tipi; perché il clero

romanesco non solo tortura il corpo e si impadronisce degli effetti di coloro che perseguita,

96


Il Libro dei Martiri di Foxe

ma prende le vite, tormenta le menti e, se possibile, tiranneggia sulle anime delle infelici

vittime.

Racconto delle Persecuzioni nelle valli del Piemonte

Molti valdesi, per evitare le persecuzioni a cui erano continuamente sottoposti in

Francia, andarono a stabilirsi nelle valli del Piemonte, dove aumentarono notevolmente e

fiorirono per un tempo considerevole.

Sebbene fossero innocui nel comportamento, inoffensivi nella conversazione e

pagassero le decime al clero romano, quest'ultimo non poteva accontentarsi, ma desiderava

dare loro una qualche distorsione: per questo motivo si lamentò con l'arcivescovo di Torino

che i Valdesi delle valli piemontesi erano eretici:

1. Che non credevano nelle dottrine della Chiesa di Roma.

2. Che non facevano offerte o preghiere per i morti.

3. Che non sono andati a Messa.

4. Che non si sono confessati e non hanno ricevuto l'assoluzione.

5. Che non credevano nel purgatorio, né pagavano soldi per tirarne fuori le anime dei

loro amici.

In seguito a queste accuse, l'arcivescovo ordinò l'inizio di una persecuzione e molti

caddero martiri per la rabbia superstiziosa di preti e monaci.

A Torino, a uno dei riformati vennero strappate le viscere e messe in un catino davanti

al suo viso, dove rimasero in vista fino alla morte. A Revel, Catelin Girard, mentre era sul

rogo, chiese al boia di dargli una pietra; questi la rifiutò, pensando che volesse lanciarla

contro qualcuno; ma Girard gli assicurò che non aveva tale intenzione, il boia lo accontentò,

quando Girard, guardando seriamente la pietra, disse: "Quando sarà in grado un uomo di

mangiare e digerire questa solida pietra, la religione per cui sto per soffrire avrà fine, e non

prima". Poi gettò la pietra a terra e si sottomise alle fiamme. Molti altri riformati vennero

oppressi o messi a morte con vari mezzi, finché la pazienza dei valdesi si esaurì, e per

difendersi si armarono e si costituirono in corpi regolari.

Esasperato da ciò, il vescovo di Torino si procurò un certo numero di truppe e le inviò

contro di loro; ma nella maggior parte delle scaramucce e degli scontri i Valdesi ebbero

successo, in parte perché conoscevano meglio dei loro avversari i passi delle valli

piemontesi, in parte per la disperazione con cui combattevano; infatti sapevano bene che,

se fossero stati presi, non sarebbero stati considerati prigionieri di guerra, ma torturati a

morte come eretici.

97


Il Libro dei Martiri di Foxe

Alla fine Filippo VII, duca di Savoia e signore supremo del Piemonte, decise di

interporre la sua autorità e di porre fine a queste guerre sanguinose, che disturbavano così

tanto i suoi domini. Non era disposto a disobbedire al Papa o a fare un affronto

all'arcivescovo di Torino; tuttavia, inviò a entrambi dei messaggi, facendo presente che non

poteva più vedere docilmente i suoi domini invasi da truppe che erano dirette da preti

invece che da ufficiali e comandate da prelati invece che da generali; né avrebbe permesso

che il suo Paese fosse spopolato, mentre lui stesso non era stato nemmeno consultato per

l'occasione.

I sacerdoti, scoprendo la decisione del duca, fecero tutto il possibile per metterlo in

guardia contro i valdesi; ma il duca disse loro che, pur non conoscendo i principi religiosi

di questo popolo, li aveva sempre trovati tranquilli, fedeli e obbedienti, e quindi decise che

non dovevano più essere perseguitati.

A questo punto i sacerdoti ricorsero alle più palesi e assurde falsità: assicurarono al

duca che si sbagliava sui Valdesi, perché erano un popolo malvagio, dedito

all'intemperanza, all'impurità, alla bestemmia, all'adulterio, all'incesto e a molti altri

crimini abominevoli; e che erano persino mostri per natura, perché i loro figli nascevano

con la gola nera, con quattro file di denti e con il corpo tutto peloso.

Il duca non era così privo di buon senso da dare credito a ciò che dicevano i sacerdoti,

sebbene essi affermassero nel modo più solenne la verità delle loro affermazioni. Tuttavia,

inviò nelle valli piemontesi dodici gentiluomini molto dotti e assennati, per esaminare il

vero carattere degli abitanti.

Questi signori, dopo aver viaggiato per tutte le città e i villaggi e aver conversato con

persone di ogni rango tra i valdesi, tornarono dal duca e gli fecero il resoconto più

favorevole di questo popolo, affermando, davanti ai preti che li diffamavano, che erano

innocui, inoffensivi, leali, amichevoli, laboriosi e pii: che aborrivano i crimini di cui erano

accusati e che, se un individuo, a causa della sua depravazione, fosse caduto in uno di quei

crimini, sarebbe stato punito dalle loro leggi nel modo più esemplare. "Per quanto riguarda

i bambini", dissero i signori, "i sacerdoti avevano raccontato le più grossolane e ridicole

falsità, perché non erano nati con la gola nera, né con i denti in bocca, né con i peli sul

corpo, ma erano bambini belli da vedere. E per convincere Vostra Altezza di quanto

abbiamo detto (continua uno dei signori) abbiamo portato dodici dei principali abitanti

maschi, che sono venuti a chiedere perdono a nome degli altri, per aver preso le armi senza

il vostro permesso, anche se per difendersi e per preservare le loro vite dai loro spietati

nemici. Abbiamo inoltre portato diverse donne, con bambini di varie età, affinché Vostra

Altezza possa avere l'opportunità di esaminarli personalmente come meglio crede".

Il duca, dopo aver accettato le scuse dei dodici delegati, aver parlato con le donne e

aver esaminato i bambini, li congedò gentilmente. Poi ordinò ai sacerdoti, che avevano

98


Il Libro dei Martiri di Foxe

tentato di ingannarlo, di lasciare immediatamente la corte e diede ordini precisi affinché la

persecuzione cessasse in tutti i suoi domini.

I valdesi avevano goduto della pace per molti anni, quando morì Filippo, settimo duca

di Savoia, e il suo successore era un papista molto bigotto. Nello stesso periodo, alcuni dei

principali valdesi proposero che il loro clero predicasse in pubblico, affinché tutti potessero

conoscere la purezza delle loro dottrine; fino ad allora, infatti, avevano predicato solo in

privato e a congregazioni che sapevano bene essere composte solo da persone di religione

riformata.

Il nuovo duca, esasperato, inviò un considerevole corpo di truppe nelle valli, giurando

che, se la gente non avesse cambiato religione, li avrebbe fatti scorticare vivi. Il

comandante delle truppe si rese subito conto dell'impossibilità di conquistarli con il numero

di uomini che aveva con sé, perciò mandò a dire al duca che l'idea di sottomettere i Valdesi,

con una forza così esigua, era ridicola; che quel popolo conosceva il paese meglio di

chiunque fosse con lui; che si erano assicurati tutti i passi, erano ben armati e decisi a

difendersi; e, per quanto riguardava lo scorticamento vivo, disse che ogni pelle

appartenente a quel popolo gli sarebbe costata la vita di una dozzina di suoi sudditi.

Terrorizzato da questa notizia, il duca ritirò le truppe, decidendo di agire non con la

forza, ma con lo stratagemma. Ordinò quindi delle ricompense per la cattura di tutti i

valdesi che fossero stati trovati ad allontanarsi dai loro luoghi di sicurezza; questi, una volta

presi, venivano scorticati vivi o bruciati.

I valdesi avevano avuto fino ad allora solo il Nuovo Testamento e alcuni libri

dell'Antico in lingua valdese, ma ora volevano avere gli scritti sacri completi nella loro

lingua. Per questo motivo assunsero un tipografo svizzero affinché fornisse loro

un'edizione completa dell'Antico e del Nuovo Testamento in lingua valdese, cosa che egli

fece per il corrispettivo di millecinquecento corone d'oro, pagategli da quel pio popolo.

Papa Paolo III, un papista bigotto, salito sulla cattedra pontificia, sollecitò

immediatamente il parlamento di Torino a perseguitare i Valdesi, come i più perniciosi tra

gli eretici.

Il parlamento acconsentì prontamente, quando alcuni furono improvvisamente

arrestati e bruciati per loro ordine. Tra questi c'era Bartolomeo Ettore, un libraio e cartolaio

di Torino, che era stato educato come cattolico romano, ma che, dopo aver letto alcuni

trattati scritti dal clero riformato, si era pienamente convinto degli errori della Chiesa di

Roma; tuttavia, per qualche tempo, la sua mente vacillò e non sapeva quale persuasione

abbracciare.

Alla fine, però, abbracciò pienamente la religione riformata e fu arrestato, come

abbiamo già detto, e bruciato per ordine del Parlamento di Torino.

99


Il Libro dei Martiri di Foxe

A questo punto si tenne una consultazione da parte del Parlamento di Torino, in cui si

decise di inviare dei deputati nelle valli del Piemonte, con le seguenti proposte:

1. Che se i valdesi fossero entrati a far parte della Chiesa di Roma e avessero

abbracciato la religione cattolica romana, avrebbero potuto godere delle loro case, proprietà

e terre, e vivere con le loro famiglie, senza la minima molestia.

2. Che, per dimostrare la loro obbedienza, inviassero a Torino dodici delle loro persone

principali, con tutti i loro ministri e maestri di scuola, per essere trattati a discrezione.

3. Che il Papa, il Re di Francia e il Duca di Savoia hanno approvato e autorizzato le

procedure del Parlamento di Torino in questa occasione.

4. Che se i valdesi delle valli piemontesi si fossero rifiutati di aderire a queste proposte,

sarebbero stati perseguitati e sarebbero stati condannati a morte.

A ciascuna di queste proposizioni i Valdesi risposero nobilmente nel modo seguente,

rispondendo rispettivamente:

1. Che nessuna considerazione li spinga a rinunciare alla loro religione.

2. Che non avrebbero mai accettato di affidare i loro migliori e più rispettabili amici

alla custodia e alla discrezione dei loro peggiori e più inveterati nemici.

3. Che apprezzavano l'approvazione del Re dei re, che regna in cielo, più di qualsiasi

autorità temporale.

4. Che le loro anime erano più preziose dei loro corpi.

Queste risposte puntuali e animate esasperarono molto il parlamento di Torino; essi

continuarono, con più avidità che mai, a rapire i valdesi che non agivano con le dovute

precauzioni, i quali erano sicuri di subire le morti più crudeli. Tra questi, purtroppo, si

impadronirono di Jeffery Varnagle, ministro di Angrogne, che mandarono alle fiamme

come eretico.

Allora sollecitarono un considerevole corpo di truppe al re di Francia, per sterminare

completamente i riformati dalle valli del Piemonte; ma proprio mentre le truppe stavano

per marciare, i principi protestanti di Germania si interposero e minacciarono di inviare

truppe in aiuto dei Valdesi, se fossero stati attaccati. Il re di Francia, non volendo entrare

in guerra, rimandò le truppe e mandò a dire al parlamento di Torino che al momento non

poteva risparmiare truppe per agire in Piemonte. I deputati si irritarono molto per questa

delusione e la persecuzione cessò gradualmente, perché, potendo mettere a morte solo i

riformati colti per caso e poiché i valdesi diventavano ogni giorno più cauti, la loro crudeltà

fu costretta a diminuire, per mancanza di oggetti su cui esercitarla.

100


Il Libro dei Martiri di Foxe

Dopo che i valdesi ebbero goduto di qualche anno di tranquillità, furono nuovamente

turbati dal seguente fatto: il nunzio del papa, recatosi a Torino dal duca di Savoia per affari,

disse a quel principe che si meravigliava che non avesse ancora sradicato del tutto i valdesi

dalle valli del Piemonte, né li avesse costretti a entrare nel seno della Chiesa di Roma. Che

non poteva fare a meno di guardare a tale condotta con occhio sospettoso e che lo riteneva

davvero un favoreggiatore di quegli eretici, e che avrebbe dovuto riferire l'accaduto a Sua

Santità il Papa.

Colpito da questa riflessione e non volendo essere travisato dal Papa, il duca decise di

agire con la massima severità, per dimostrare il suo zelo e riparare alla precedente

negligenza con la futura crudeltà. Di conseguenza, diede ordine esplicito a tutti i valdesi di

partecipare regolarmente alla Messa, pena la morte. Al che egli entrò nelle valli piemontesi,

con un formidabile corpo di truppe, e iniziò una persecuzione furibonda, in cui un gran

numero di persone furono impiccate, annegate, squartate, legate agli alberi e trafitte con

pungoli, gettate da precipizi, bruciate, pugnalate, straziate a morte, crocifisse con la testa

all'ingiù, fatte morire dai cani, ecc.

Chi fuggiva veniva depredato dei suoi beni e le sue case venivano rase al suolo; erano

particolarmente crudeli quando catturavano un ministro o un maestro di scuola, che

sottoponevano a torture così squisite, quasi incredibili da concepire. Se qualcuno di quelli

che prendevano sembrava vacillare nella fede, non lo mettevano a morte, ma lo mandavano

sulle galee, perché si convertisse a forza di stenti.

In questa occasione i persecutori più crudeli che assistettero il duca furono tre: 1.

Tommaso Incomel, un apostata, poiché era stato allevato nella religione riformata, ma

rinunciò alla sua fede, abbracciò gli errori del papismo e si fece monaco. Tommaso Incomel,

un apostata, poiché era stato allevato nella religione riformata, ma rinunciò alla sua fede,

abbracciò gli errori del papato e si fece monaco. Era un grande libertino, dedito a crimini

innaturali e sordidamente desideroso di depredare i Valdesi. 2. Corbis, un uomo di natura

molto feroce e crudele, il cui compito era quello di esaminare i prigionieri. 3. Il prevosto

di giustizia, che era molto ansioso di giustiziare i valdesi, perché ogni esecuzione gli

procurava denaro.

Queste tre persone erano spietate fino all'ultimo grado e, ovunque arrivassero, il

sangue degli innocenti scorreva a fiumi. Oltre alle crudeltà esercitate dal duca, da queste

tre persone e dall'esercito nelle loro diverse marce, furono commesse molte barbarie locali.

A Pignerol, una città nelle valli, c'era un monastero, i cui monaci, ritenendo di poter ferire

impunemente i riformati, iniziarono a saccheggiare le case e ad abbattere le chiese dei

Valdesi. Non incontrando alcuna opposizione, si avventarono sulle persone di quegli

infelici, uccidendo gli uomini, confinando le donne e affidando i bambini alle nutrici

cattoliche.

101


Il Libro dei Martiri di Foxe

Gli abitanti cattolici della valle di San Martino, inoltre, fecero di tutto per tormentare

i vicini valdesi: distrussero le loro chiese, bruciarono le loro case, si impadronirono delle

loro proprietà, rubarono il loro bestiame, convertirono le loro terre a proprio uso e consumo,

diedero alle fiamme i loro ministri e spinsero i valdesi nelle foreste, dove non avevano di

che vivere se non di frutti selvatici, radici, cortecce di alberi, ecc.

Alcuni sgherri cattolici catturati da un ministro mentre si accingeva a predicare,

decisero di portarlo in un luogo adatto e di bruciarlo. I suoi parrocchiani, venuti a

conoscenza dell'accaduto, si armarono, inseguirono gli sgherri e sembrarono decisi a

salvare il loro ministro; gli sgherri se ne accorsero subito dopo aver pugnalato il povero

gentiluomo e, lasciandolo grondante di sangue, si ritirarono precipitosamente. Gli attoniti

parrocchiani fecero tutto il possibile per recuperarlo, ma invano: l'arma aveva toccato le

parti vitali ed egli spirò mentre lo stavano portando a casa.

I monaci di Pignerol, desiderosi di prendere in loro potere il ministro di una città delle

valli, chiamata San Germain, assoldarono una banda di furfanti allo scopo di catturarlo.

Questi uomini erano guidati da una persona infida, che in passato era stata serva

dell'ecclesiastico e che conosceva perfettamente una strada segreta per raggiungere la casa,

attraverso la quale poteva condurli senza allarmare il vicinato. La guida bussò alla porta e,

alla domanda su chi fosse, rispose a suo nome.

L'ecclesiastico, non aspettandosi alcun danno da una persona a cui aveva elargito

favori, aprì immediatamente la porta; ma vedendo gli sgherri, indietreggiò e fuggì verso

una porta secondaria; ma questi si precipitarono dentro, lo seguirono e lo catturarono. Dopo

aver ucciso tutta la sua famiglia, lo fecero procedere verso Pignerol, incalzandolo con

picche, lance, spade, ecc. Fu tenuto in prigione per un bel po' di tempo e poi fu legato al

rogo per essere bruciato; quando a due donne valdesi, che avevano rinunciato alla loro

religione per salvarsi la vita, fu ordinato di portare delle fascine al rogo per bruciarlo e,

mentre le posavano, di dirgli: "Prendi queste, malvagio eretico, come ricompensa per le

perniciose dottrine che ci hai insegnato". Entrambi gli ripeterono queste parole, alle quali

egli rispose con calma: "In passato vi ho insegnato bene, ma da allora avete imparato male".

Il fuoco fu allora appiccato alle braci ed egli si consumò rapidamente, invocando il nome

del Signore finché la sua voce lo permise.

Dato che le truppe di furfanti, appartenenti ai monaci, facevano grandi danni nella

città di San Germain, uccidendo e saccheggiando molti abitanti, i riformati di Lucerna e

Angrogne inviarono alcune bande di uomini armati in aiuto dei loro confratelli di San

Germain. Questi corpi di uomini armati attaccarono spesso i furfanti e spesso li misero in

fuga, il che terrorizzò a tal punto i monaci che lasciarono il monastero di Pignerol per

qualche tempo, fino a quando non riuscirono a procurarsi un corpo di truppe regolari per

sorvegliarli.

102


Il Libro dei Martiri di Foxe

Il duca, non ritenendo di avere un successo così grande come aveva immaginato

all'inizio, aumentò notevolmente le sue forze; ordinò alle bande di furfanti che

appartenevano ai monaci di unirsi a lui e ordinò che si procedesse a una liberazione

generale delle carceri, a patto che le persone rilasciate portassero le armi e si costituissero

in compagnie leggere, per contribuire allo sterminio dei valdesi.

I Valdesi, informati del procedimento, misero al sicuro quanto più potevano i loro beni

e abbandonarono le valli, ritirandosi tra le rocce e le grotte delle Alpi; si deve infatti

intendere che le valli del Piemonte sono situate ai piedi di quelle prodigiose montagne

chiamate Alpi, o colli alpini.

L'esercito cominciò a saccheggiare e bruciare le città e i villaggi ovunque si trovasse;

ma le truppe non riuscirono a forzare i passi verso le Alpi, che erano difesi valorosamente

dai Valdesi, che respingevano sempre i loro nemici; ma se qualcuno cadeva nelle mani

delle truppe, era sicuro di essere trattato con la più barbara severità.

Un soldato, dopo aver catturato uno dei Valdesi, gli staccò a morsi l'orecchio destro,

dicendo: "Porterò questo membro di quel malvagio eretico con me nel mio Paese, e lo

conserverò come una rarità". Poi accoltellò l'uomo e lo gettò in un fosso.

Una parte delle truppe trovò in una grotta un uomo venerabile, di oltre cento anni,

insieme a sua nipote, una fanciulla di circa diciotto anni. Macellarono il povero vecchio

nel modo più disumano e poi tentarono di violentare la ragazza, che si allontanò e fuggì da

loro; ma, inseguita, si gettò da un precipizio e morì.

I valdesi, per poter respingere più efficacemente la forza con la forza, stipularono una

lega con le potenze protestanti della Germania e con i riformati di Dauphiny e Pragela. I

valdesi, una volta rinforzati, decisero di abbandonare le montagne delle Alpi (dove

sarebbero presto morti, dato che l'inverno era alle porte) e di costringere l'esercito del duca

a evacuare le loro valli.

Il duca di Savoia era ormai stanco della guerra, che gli era costata grande fatica e ansia

mentale, un gran numero di uomini e somme di denaro molto considerevoli. Era stata molto

più noiosa e sanguinosa di quanto si aspettasse, oltre che più costosa di quanto potesse

immaginare all'inizio, perché pensava che il bottino avrebbe compensato le spese della

spedizione; ma in questo si sbagliava, perché il nunzio del papa, i vescovi, i monaci e gli

altri ecclesiastici, che assistevano l'esercito e incoraggiavano la guerra, affondarono la

maggior parte delle ricchezze prese con vari pretesti. Per questi motivi e per la morte della

duchessa, di cui aveva appena ricevuto notizia, e temendo che i Valdesi, con i trattati

stipulati, sarebbero diventati più potenti che mai, decise di tornare a Torino con il suo

esercito e di fare pace con i Valdesi.

103


Il Libro dei Martiri di Foxe

Questa risoluzione fu attuata, anche se molto contro la volontà degli ecclesiastici, che

erano i principali beneficiari e i più soddisfatti della vendetta. Prima che gli articoli di pace

potessero essere ratificati, il duca stesso morì, poco dopo il suo ritorno a Torino; ma sul

letto di morte ingiunse severamente al figlio di eseguire ciò che intendeva fare e di essere

il più favorevole possibile ai Valdesi.

Il figlio del duca, Carlo Emanuele, succeduto ai domini della Savoia, ratificò

pienamente la pace con i Valdesi, secondo le ultime ingiunzioni del padre, nonostante gli

ecclesiastici facessero di tutto per convincerlo del contrario.

Un Resoconto delle Persecuzioni a Venezia

Mentre lo stato di Venezia era libero da inquisitori, un gran numero di protestanti vi

fissò la propria residenza e molti si convertirono grazie alla purezza delle dottrine che

professavano e all'inoffensività della conversazione che usavano.

Il Papa, informato del grande aumento del protestantesimo, nell'anno 1542 inviò degli

inquisitori a Venezia per fare un'inchiesta sulla questione e arrestare coloro che ritenevano

sospetti. Iniziò così una severa persecuzione e molte persone degne di fede furono

martirizzate per aver servito Dio con purezza e disprezzando gli orpelli dell'idolatria.

Varie erano le modalità con cui i protestanti venivano privati della vita; ma un metodo

particolare, inventato per la prima volta in questa occasione, lo descriveremo: non appena

la sentenza veniva emessa, al prigioniero veniva fissata al corpo una catena di ferro che

passava attraverso una grande pietra. Poi veniva adagiato su un'asse, con la faccia rivolta

verso l'alto, e veniva remato tra due barche fino a una certa distanza in mare, quando le due

barche si separavano ed egli veniva affondato sul fondo dal peso della pietra.

Se qualcuno negava la giurisdizione degli inquisitori a Venezia, veniva inviato a Roma,

dove, essendo stato rinchiuso di proposito in prigioni umide e mai convocato per

un'udienza, la sua carne si mortificava e moriva miseramente in prigione.

Un cittadino di Venezia, Antonio Ricetti, arrestato come protestante, fu condannato

ad essere annegato nel modo che abbiamo già descritto. Pochi giorni prima dell'ora fissata

per l'esecuzione, il figlio andò a trovarlo e lo pregò di ritrattare, affinché la sua vita fosse

salva e lui non rimanesse orfano di padre. Al che il padre rispose: "Un buon cristiano è

tenuto a rinunciare non solo ai beni e ai figli, ma alla vita stessa, per la gloria del suo

Redentore; perciò sono deciso a sacrificare ogni cosa in questo mondo transitorio, per

amore della salvezza in un mondo che durerà fino all'eternità".

I signori di Venezia gli fecero sapere che, se avesse abbracciato la religione cattolica

romana, non solo gli avrebbero dato la vita, ma avrebbero anche riscattato una

considerevole proprietà che aveva ipotecato e gliela avrebbero consegnata gratuitamente.

104


Il Libro dei Martiri di Foxe

Tuttavia, egli rifiutò assolutamente di ottemperare, facendo sapere ai nobili che teneva alla

sua anima al di là di ogni altra considerazione; e quando gli fu detto che un compagno di

prigionia, di nome Francesco Sega, aveva ritrattato, rispose: "Se ha abbandonato Dio, lo

compatisco; ma continuerò a essere fermo nel mio dovere". Poiché tutti i tentativi di

persuaderlo a rinunciare alla sua fede furono inefficaci, fu giustiziato secondo la sentenza,

morendo allegramente e raccomandando la sua anima all'Onnipotente.

Quello che era stato detto a Ricetti sull'apostasia di Francesco Sega era assolutamente

falso, perché egli non si era mai offerto di ritrattare, ma persisteva fermamente nella sua

fede, e fu giustiziato, pochi giorni dopo Ricetti, nello stesso modo.

Francesco Spinola, un gentiluomo protestante di grande cultura, arrestato per ordine

degli inquisitori, fu portato davanti al loro tribunale. Gli fu messo in mano un trattato sulla

Cena del Signore e gli fu chiesto se ne conoscesse l'autore. Al che rispose: "Confesso di

esserne l'autore e allo stesso tempo affermo solennemente che non c'è una riga in esso se

non quella autorizzata dalle Sacre Scritture e in accordo con esse". In seguito a questa

confessione fu rinchiuso in una prigione per diversi giorni.

Portato a un secondo esame, accusò il legato del papa e gli inquisitori di essere dei

barbari senza pietà, e poi rappresentò le superstizioni e le idolatrie praticate dalla Chiesa di

Roma in una luce così lampante che, non potendo confutare le sue argomentazioni, lo

rimandarono nella sua prigione, per farlo pentire di ciò che aveva detto.

Al terzo esame gli chiesero se volesse ritrattare il suo errore. Al che egli rispose che

le dottrine che sosteneva non erano erronee, essendo puramente identiche a quelle che

Cristo e i suoi apostoli avevano insegnato e che ci sono state tramandate nelle sacre scritture.

Gli inquisitori lo condannarono allora all'annegamento, che fu eseguito nel modo già

descritto. Andò incontro alla morte con la massima serenità, sembrando desiderare la

dissoluzione e dichiarando che il prolungamento della sua vita non faceva altro che

ritardare quella vera felicità che ci si poteva aspettare solo nel mondo a venire.

Un Resoconto di Diversi Individui degni di nota Martirizzati in Italia

Giovanni Mollius nacque a Roma da genitori rispettabili. All'età di dodici anni fu

accolto nel monastero dei Frati Grigi, dove fece progressi così rapidi nelle arti, nelle scienze

e nelle lingue che a diciotto anni gli fu permesso di prendere gli ordini sacerdotali.

Fu quindi inviato a Ferrara, dove, dopo aver proseguito gli studi per altri sei anni, fu

nominato lettore di teologia nell'università di quella città. A questo punto, purtroppo,

esercitò il suo grande talento per mascherare le verità evangeliche e per rivestire di vernice

gli errori della Chiesa di Roma. Dopo alcuni anni di permanenza a Ferrara, si trasferì

all'università di Behonia, dove divenne professore. Dopo aver letto alcuni trattati scritti da

105


Il Libro dei Martiri di Foxe

ministri della religione riformata, si rese conto degli errori del papato e divenne presto un

protestante zelante.

Ora decise di esporre, secondo la purezza del Vangelo, l'Epistola di San Paolo ai

Romani, in un corso regolare di sermoni. L'affluenza di gente che assisteva continuamente

alla sua predicazione era sorprendente, ma quando i sacerdoti si accorsero del tenore delle

sue dottrine, inviarono un resoconto della vicenda a Roma; allora il papa inviò a Bononia

un monaco, di nome Cornelio, per esporre la stessa epistola, secondo i principi della Chiesa

di Roma. Il popolo, tuttavia, trovò una tale disparità tra i due predicatori che il pubblico di

Mollius aumentò e Cornelius fu costretto a predicare a banchi vuoti.

Cornelio scrisse un resoconto del suo cattivo successo al papa, il quale inviò

immediatamente un ordine di cattura di Mollius, che fu catturato e tenuto in stretto

isolamento. Il vescovo di Bononia gli inviò l'ordine di ritrattare o di essere bruciato; ma

egli si appellò a Roma, dove fu trasferito.

A Roma chiese di avere un processo pubblico, ma il papa glielo negò assolutamente e

gli ordinò di rendere conto delle sue opinioni per iscritto, cosa che fece sotto i seguenti

titoli:

Il peccato originale. Il libero arbitrio. L'infallibilità della Chiesa di Roma.

L'infallibilità del Papa. Giustificazione per fede. Il purgatorio. Transustanziazione. La

messa. Confessione auricolare. Preghiere per i morti. L'ostia. Preghiere per i santi. Andare

in pellegrinaggio. Estrema unzione. Celebrazione di funzioni in una lingua sconosciuta,

ecc.

Tutte queste affermazioni furono confermate dall'autorità delle Scritture. Il Papa, in

questa occasione, per ragioni politiche, lo risparmiò per il momento, ma poco dopo lo fece

arrestare e mettere a morte: prima fu impiccato e il suo corpo fu ridotto in cenere, nel 1553.

L'anno successivo, Francesco Gamba, un lombardo di fede protestante, fu arrestato e

condannato a morte dal Senato di Milano. Nel luogo dell'esecuzione, un monaco gli

presentò una croce, alla quale egli disse: "La mia mente è così piena dei veri meriti e della

bontà di Cristo che non voglio che un pezzo di bastone insensato mi faccia pensare a Lui".

Per questa espressione gli fu trapassata la lingua e in seguito fu bruciato.

Nel 1555, Algerius, studente dell'università di Padova e uomo di grande cultura,

avendo abbracciato la religione riformata, si prodigò per convertire gli altri. Per queste

azioni fu accusato di eresia dal Papa e, arrestato, fu rinchiuso nel carcere di Venezia.

Il Papa, informato della grande cultura e delle sorprendenti capacità naturali di

Algerino, pensò che sarebbe stato di infinito aiuto alla Chiesa di Roma se fosse riuscito a

indurlo ad abbandonare la causa protestante. Lo mandò quindi a chiamare a Roma e cercò,

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Il Libro dei Martiri di Foxe

con le promesse più profane, di convincerlo al suo scopo. Ma, ritenendo inefficaci i suoi

tentativi, ordinò di bruciarlo e la sentenza fu eseguita di conseguenza.

Nel 1559, Giovanni Alloysius, inviato da Ginevra a predicare in Calabria, fu arrestato

come protestante, portato a Roma e bruciato per ordine del Papa; e Giacomo Bovelio, per

lo stesso motivo, fu bruciato a Messina.

Nel 1560, Papa Pio IV ordinò che tutti i protestanti fossero severamente perseguitati

in tutti gli Stati italiani, quando un gran numero di persone di ogni età, sesso e condizione

subirono il martirio. A proposito delle crudeltà praticate in questa occasione, un dotto e

umano cattolico romano ne parlò così, in una lettera a un nobile signore: Non posso, mio

signore, esimermi dal rivelare i miei sentimenti riguardo alla persecuzione in corso: La

ritengo crudele e inutile; tremo per il modo in cui vengono messi a morte, poiché assomiglia

più al massacro di vitelli e pecore che all'esecuzione di esseri umani.

Racconterò a Vostra Signoria una scena terribile, di cui sono stato testimone oculare:

settanta protestanti erano rinchiusi insieme in una lurida prigione; il boia entrò in mezzo a

loro, ne scelse uno tra gli altri, lo bendò, lo condusse in un luogo aperto davanti alla

prigione e gli tagliò la gola con la massima compostezza. Poi, con calma, entrò di nuovo

nella prigione, insanguinato, e con il coltello in mano ne scelse un altro e lo sgozzò allo

stesso modo; e questo, mio signore, lo ripeté fino a quando l'intero numero fu messo a

morte. Lascio ai sentimenti di Vostra Signoria il compito di giudicare le mie sensazioni in

questa occasione; le mie lacrime lavano ora la carta su cui vi riporto il resoconto. Un'altra

cosa che devo menzionare è la pazienza con cui affrontarono la morte: sembravano tutti

rassegnati e pii, pregando ardentemente Dio e affrontando allegramente il loro destino. Non

posso riflettere senza rabbrividire sul modo in cui il boia teneva il coltello insanguinato tra

i denti; che figura spaventosa appariva, tutta coperta di sangue, e con quale noncuranza

eseguiva il suo barbaro ufficio.

Un giovane inglese, che si trovava a Roma, passava un giorno davanti a una chiesa,

quando stava uscendo la processione dell'ostia. Un vescovo portava l'ostia e il giovane se

ne accorse, gliela strappò, la gettò a terra e la calpestò, gridando: "Miseri idolatri, che

trascurate il vero Dio per adorare un pezzo di pane". Questo gesto provocò a tal punto il

popolo che lo avrebbe fatto a pezzi sul posto; ma i sacerdoti li convinsero a lasciare che si

attenesse alla sentenza del papa.

Quando la vicenda fu rappresentata al papa, questi si esasperò a tal punto da ordinare

che il prigioniero fosse bruciato immediatamente; ma un cardinale lo dissuase da questa

sentenza affrettata, dicendo che era meglio punirlo per gradi e torturarlo, in modo da

scoprire se fosse stato istigato da qualche persona in particolare a commettere un atto così

atroce.

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Avendo ottenuto l'approvazione, fu torturato con la più esemplare severità, nonostante

ciò riuscirono a ottenere da lui solo queste parole: "Era volontà di Dio che io facessi ciò

che ho fatto".

Il Papa gli ha quindi inflitto questa sentenza.

1. Che fosse condotto dal boia, nudo fino a metà, per le strade di Roma.

2. Che portasse sul capo l'immagine del diavolo.

3. Che i suoi calzoni siano dipinti con la rappresentazione di fiamme.

4. Che gli venga tagliata la mano destra.

5. Che, dopo essere stato portato in processione, venisse bruciato.

Quando sentì pronunciare questa sentenza, implorò Dio di dargli la forza e la fortezza

per sopportarla. Mentre passava per le strade fu molto deriso dal popolo, al quale disse

alcune cose severe riguardo alla superstizione romanica. Ma un cardinale, che assisteva

alla processione, sentendolo, ordinò di imbavagliarlo.

Quando arrivò alla porta della chiesa, dove calpestò l'ostia, il boia gli tagliò la mano

destra e la fissò a un palo. Poi due aguzzini, con torce infuocate, gli bruciarono e

ustionarono le carni per tutto il resto del percorso. Nel luogo dell'esecuzione baciò le catene

che lo avrebbero legato al palo. Un monaco gli presentò la figura di un santo, ma lui la

scansò; poi, incatenato al palo, fu dato fuoco alle fascine e fu presto ridotto in cenere.

Poco dopo l'ultima esecuzione, un venerabile vecchio, che era stato a lungo

prigioniero dell'Inquisizione, fu condannato al rogo e portato fuori per l'esecuzione.

Quando fu fissato al palo, un sacerdote gli porse un crocifisso, sul quale egli disse: "Se non

togliete quell'idolo dalla mia vista, mi costringerete a sputarci sopra". Il sacerdote lo

rimproverò con grande severità, ma lo invitò a ricordare il primo e il secondo

comandamento e ad astenersi dall'idolatria, come Dio stesso aveva ordinato. Fu quindi

imbavagliato, affinché non parlasse più, e, dato fuoco alle fascine, subì il martirio tra le

fiamme.

Un Resoconto delle Persecuzioni nel Marchesato di Saluces

Il Marchesato di Saluces, sul versante meridionale delle valli piemontesi, nel 1561 era

abitato principalmente da protestanti, quando il marchese, che ne era proprietario, iniziò

una persecuzione contro di loro su istigazione del Papa. Iniziò col bandire i ministri e, se

qualcuno di loro si rifiutava di lasciare i propri greggi, veniva sicuramente imprigionato e

duramente torturato; tuttavia, non arrivò a mettere a morte nessuno.

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Poco dopo il marchesato entrò in possesso del duca di Savoia, il quale inviò lettere

circolari a tutte le città e i villaggi per comunicare che si aspettava che il popolo si

uniformasse per andare a Messa. Gli abitanti di Saluces, dopo aver ricevuto questa lettera,

risposero con un'epistola generale.

Il duca, dopo aver letto la lettera, non interruppe i protestanti per qualche tempo; ma,

alla fine, mandò loro a dire che dovevano conformarsi alla Messa o lasciare i suoi domini

entro quindici giorni. I Protestanti, a seguito di questo inaspettato editto, inviarono un

deputato al duca per ottenerne la revoca o almeno per moderarlo. Ma le loro proteste furono

vane e fu fatto capire loro che l'editto era assoluto.

Alcuni furono abbastanza deboli da andare a Messa, per evitare il bando e conservare

i loro beni; altri se ne andarono, con tutti i loro effetti, in diversi paesi; e molti trascurarono

il tempo così a lungo da essere costretti ad abbandonare tutto ciò che valevano e a lasciare

il marchesato in fretta e furia. Coloro che sfortunatamente rimasero, furono sequestrati,

saccheggiati e messi a morte.

Un Resoconto delle Persecuzioni nelle valli del Piemonte, nel 17 secolo

Papa Clemente VIII inviò dei missionari nelle valli del Piemonte per indurre i

protestanti a rinunciare alla loro religione; questi missionari, avendo eretto dei monasteri

in diverse parti delle valli, divennero estremamente fastidiosi per i riformati, dove i

monasteri apparivano non solo come fortezze da arginare, ma anche come santuari in cui

rifugiarsi per chiunque li avesse in qualche modo danneggiati.

I protestanti presentarono un'istanza al duca di Savoia contro questi missionari, la cui

insolenza e il cui malcostume erano diventati intollerabili; ma invece di ottenere un

qualsiasi rimedio, l'interesse dei missionari prevalse a tal punto che il duca pubblicò un

decreto in cui dichiarava che un solo testimone sarebbe stato sufficiente in tribunale contro

un protestante e che qualsiasi testimone che avesse condannato un protestante per qualsiasi

crimine avrebbe avuto diritto a cento corone.

Si può facilmente immaginare che, alla pubblicazione di un decreto di questa natura,

molti protestanti caddero martiri dello spergiuro e dell'avarizia; infatti, molti papisti

scellerati giuravano qualsiasi cosa contro i protestanti pur di ottenere una ricompensa, e

poi si rivolgevano ai loro stessi sacerdoti per ottenere l'assoluzione dai loro falsi giuramenti.

Se qualche cattolico romano, con più coscienza degli altri, rimproverava questi individui

per i loro atroci crimini, rischiava di essere informato e punito come sostenitore degli eretici.

I missionari fecero di tutto per mettere nelle loro mani i libri dei protestanti per

bruciarli; quando i protestanti fecero di tutto per nascondere i loro libri, i missionari

scrissero al duca di Savoia, il quale, per l'atroce crimine di non aver consegnato le Bibbie,

i libri di preghiera e i trattati religiosi, inviò un certo numero di truppe per acquartierarle.

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Questi militari fecero grandi danni nelle case dei protestanti e distrussero una tale quantità

di provviste che molte famiglie furono rovinate.

Per incoraggiare il più possibile l'apostasia dei protestanti, il duca di Savoia pubblicò

un proclama in cui diceva: "Per incoraggiare gli eretici a convertirsi in cattolici, è nostra

volontà e piacere, e con la presente comandiamo espressamente, che tutti coloro che

abbracceranno la santa fede cattolica romana, godranno di un'esenzione da tutte le tasse

per lo spazio di cinque anni, a partire dal giorno della loro conversione". Il duca di Savoia

istituì anche un tribunale, chiamato Consiglio per l'estirpazione degli eretici. Questo

tribunale doveva indagare sugli antichi privilegi delle chiese protestanti e sui decreti che di

volta in volta erano stati emanati a favore dei protestanti. Ma l'indagine su queste cose fu

condotta con la più evidente parzialità; le vecchie carte furono strappate a un senso

sbagliato e furono usati sofismi per pervertire il significato di tutto ciò che tendeva a

favorire i riformati.

Come se queste severità non fossero sufficienti, il duca, poco dopo, pubblicò un altro

editto, in cui ordinava severamente che nessun protestante avrebbe dovuto fare il maestro

di scuola o il precettore, sia in pubblico che in privato, o osare insegnare qualsiasi arte,

scienza o lingua, direttamente o indirettamente, a persone di qualsiasi convinzione.

A questo editto ne seguì subito un altro, che stabiliva che nessun protestante avrebbe

dovuto ricoprire alcun posto di profitto, fiducia o onore; e per concludere il tutto, il segno

certo di una persecuzione imminente si manifestò in un editto finale, con il quale si

ordinava che tutti i protestanti avrebbero dovuto assistere diligentemente alla Messa.

La pubblicazione di un editto contenente una simile ingiunzione può essere paragonata

al dispiegamento di una bandiera insanguinata, perché sicuramente seguiranno omicidi e

stupri. Uno dei primi oggetti che attirarono l'attenzione dei papisti fu il signor Sebastian

Basan, uno zelante protestante, che fu catturato dai missionari, confinato, tormentato per

quindici mesi e poi bruciato.

Prima della persecuzione, i missionari si servivano di rapitori per sottrarre i figli dei

protestanti, affinché venissero educati privatamente come cattolici romani; ora invece

portavano via i bambini con la forza e, se incontravano resistenza, uccidevano i genitori.

Per dare maggior vigore alla persecuzione, il duca di Savoia convocò un'assemblea

generale della nobiltà e dell'aristocrazia romano-cattolica, quando fu pubblicato un editto

solenne contro i riformati, contenente numerosi capi e comprendente diverse ragioni per

estirpare i protestanti, tra cui le seguenti:

1. Per la conservazione dell'autorità papale.

2. Affinché le chiese viventi siano tutte sotto un unico modo di governo.

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Il Libro dei Martiri di Foxe

3. Per creare un'unione tra tutte le parti.

4. In onore di tutti i santi e delle cerimonie della Chiesa di Roma.

A questo severo editto seguì un'ordinanza molto crudele, pubblicata il 25 gennaio

1655, sotto l'approvazione del duca, da Andrea Gastaldo, dottore in leggi civili.

Quest'ordine stabiliva: "Che ogni capofamiglia, con gli individui di quella famiglia, di

religione riformata, di qualsiasi rango, grado o condizione, nessuno escluso, che abitano e

possiedono proprietà a Lucerna, San Giovanni, Bibiana, Campiglione, San Secondo,

Lucernetta, La Torre, San Giovanni, San Giovanni, San Giovanni e San Secondo". Secondo,

Lucernetta, La Torre, Fenile e Bricherassio, entro tre giorni dalla pubblicazione, si ritirino

e partano, e siano ritirati dai suddetti luoghi e tradotti nei luoghi e nei limiti tollerati da Sua

Altezza durante il suo piacere; in particolare Bobbio, Angrogne, Vilario, Rorata e la contea

di Bonetti.

"E tutto questo sotto pena di morte e di confisca della casa e dei beni, a meno che

entro un tempo limitato non si trasformassero in cattolici romani". Una fuga così rapida,

nel bel mezzo dell'inverno, non può essere considerata un compito piacevole, soprattutto

in un paese quasi circondato da montagne. L'ordine improvviso colpì tutti, e cose che in un

altro momento sarebbero state scarsamente notate, ora apparivano nella luce più evidente.

Le donne con bambini o quelle che si erano appena coricate non furono oggetto di pietà

per questo ordine di allontanamento improvviso, perché tutti erano inclusi nel comando; e

purtroppo accadde che l'inverno fu notevolmente rigido e rigoroso.

I papisti, tuttavia, scacciarono la popolazione dalle loro abitazioni al momento

stabilito, senza nemmeno permettere loro di avere abiti sufficienti per coprirsi; e molti

morirono sulle montagne a causa del clima rigido o per mancanza di cibo. Alcuni, tuttavia,

che rimasero indietro dopo la pubblicazione del decreto, subirono il trattamento più duro,

venendo uccisi dai popolani o fucilati dalle truppe acquartierate nelle valli. Una descrizione

particolare di queste crudeltà è riportata in una lettera scritta da un protestante che si

trovava sul posto e che è fortunatamente sfuggito alla carneficina. L'esercito (dice), avendo

preso piede, divenne molto numeroso, con l'aggiunta di una moltitudine di abitanti popolani

vicini, i quali, vedendo che eravamo la preda destinata dei accheggiatori, si avventarono su

di noi con una furia impetuosa. Oltre alle truppe del duca di Savoia e ai popolani, c'erano

diversi reggimenti di ausiliari francesi, alcune compagnie appartenenti alle brigate irlandesi

e diverse bande formate da fuorilegge, contrabbandieri e prigionieri, ai quali era stato

promesso il perdono e la libertà in questo mondo e l'assoluzione nell'altro, per aver

contribuito allo sterminio dei protestanti dal Piemonte.

"Questa moltitudine armata, incoraggiata dai vescovi e dai monaci cattolici, si scagliò

contro i protestanti in modo furioso. Ormai non si vedeva altro che il volto dell'orrore e

della disperazione, il sangue macchiava i pavimenti delle case, i cadaveri riempivano le

111


Il Libro dei Martiri di Foxe

strade, si sentivano gemiti e grida da ogni parte. Alcuni si armarono e si scontrarono con

le truppe; molti, con le loro famiglie, fuggirono sulle montagne. In un villaggio, dopo aver

messo in fuga gli uomini, tormentarono crudelmente centocinquanta donne e bambini,

decapitando le donne e strappando il cervello ai bambini. Nelle città di Vilario e Bobbio,

la maggior parte di coloro che si rifiutavano di andare a Messa, che avevano più di quindici

anni, furono crocifissi con la testa rivolta verso il basso; e il maggior numero di quelli che

avevano meno di quell'età furono strangolati".

Sarah Ratignole des Vignes, una donna di sessant'anni, fu catturata da alcuni soldati,

che le ordinarono di recitare una preghiera ad alcuni santi; al suo rifiuto, le conficcarono

un falcetto nel ventre, la squartarono e poi le tagliarono la testa.

Marta Costantino, una bella giovane donna, fu trattata con grande indecenza e crudeltà

da alcune truppe, che prima la violentarono e poi la uccisero tagliandole i seni. Queste

furono fritte e messe davanti ad alcuni dei loro compagni, che le mangiarono senza sapere

cosa fossero. Quando questi ebbero finito di mangiare, gli altri dissero loro di cosa avevano

fatto una cena, per cui nacque una lite, furono sguainate le spade e ci fu una battaglia. Nella

mischia rimasero uccisi molti, la maggior parte dei quali erano quelli coinvolti nell'orribile

massacro della donna e che avevano praticato un inganno così disumano ai loro compagni.

Alcuni soldati afferrarono un uomo di Thrassiniere e gli conficcarono le punte delle

loro spade nelle orecchie e nei piedi. Poi gli strapparono le unghie delle dita delle mani e

dei piedi con tenaglie roventi, lo legarono alla coda di un asino e lo trascinarono per le

strade; infine gli legarono una corda intorno alla testa, che attorcigliarono con un bastone

in modo così violento da strapparla dal corpo.

Pietro Symonds, un protestante di circa ottant'anni, fu legato al collo e ai talloni e poi

gettato giù da un precipizio. Nella caduta, il ramo di un albero si impadronì delle corde che

lo legavano e lo sospese a metà strada, cosicché languì per diversi giorni e alla fine morì

miseramente di fame.

Esay Garcino, rifiutandosi di rinunciare alla sua religione, fu fatto a pezzettini; i

soldati, per scherno, dissero che lo avevano tritato. A una donna, di nome Armand, furono

separati tutti gli arti e le rispettive parti furono appese a una siepe. Due donne anziane

furono squartate e poi lasciate nei campi sulla neve, dove morirono; a una donna molto

vecchia, che era deforme, furono tagliati il naso e le mani e fu lasciata morire dissanguata

in quel modo.

Un gran numero di uomini, donne e bambini furono gettati dalle rocce e fatti a pezzi.

Maddalena Bertino, una donna protestante di La Torre, fu spogliata completamente nuda,

con la testa legata tra le gambe, e gettata giù da uno dei precipizi; a Maria Raymondet,

della stessa città, fu tagliata la carne dalle ossa finché non morì.

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Maddalena Pilota, di Vilario, fu fatta a pezzi nella grotta di Castolus; ad Ann

Charboniere fu conficcata un'estremità di un palo nel corpo e l'altra fu conficcata nel

terreno, e fu lasciata così a morire; Jacob Perrin il più anziano, della chiesa di Vilario, e

David, suo fratello, furono scorticati vivi.

Un abitante di La Torre, di nome Giovanni Andrea Michialm, fu arrestato con quattro

dei suoi figli, tre dei quali furono fatti a pezzi davanti a lui, i soldati gli chiesero, alla morte

di ogni bambino, se volesse rinunciare alla sua religione; egli rifiutò costantemente. Uno

dei soldati prese allora l'ultimo e il più piccolo per le gambe e, ponendo la stessa domanda

al padre, questi rispose come prima, quando il bruto disumano gli strappò le cervella. Il

padre, tuttavia, nello stesso momento si staccò da loro e fuggì; i soldati gli spararono dietro,

ma lo mancarono; ed egli, grazie alla rapidità dei suoi tacchi, fuggì e si nascose nelle Alpi.

Ulteriori Persecuzioni nelle valli del Piemonte, nel XVII secolo

Giovanni Pelanchion, per essersi rifiutato di diventare papista, fu legato per una

gamba alla coda di un mulo e trascinato per le strade di Lucerna, tra le acclamazioni di una

folla disumana, che continuava a lapidarlo e a gridare: "È posseduto dal diavolo, per cui né

la lapidazione né il trascinamento per le strade lo uccideranno, perché il diavolo lo tiene in

vita". Poi lo portarono sulla riva del fiume, gli tagliarono la testa e lasciarono quella e il

suo corpo senza sepoltura, sulla riva del torrente.

Maddalena, figlia di Pietro Fontaine, una bella bambina di dieci anni, fu violentata e

uccisa dai soldati. Un'altra ragazza della stessa età fu arrostita viva a Villa Nova; e una

povera donna, sentendo che i soldati si stavano avvicinando alla sua casa, prese la culla in

cui dormiva il figlio e fuggì verso il bosco. I soldati, tuttavia, la videro e la inseguirono;

quando lei si alleggerì mettendo a terra la culla e il bambino, i soldati non tardarono ad

arrivare e uccisero il bambino, e continuando l'inseguimento trovarono la madre in una

grotta, dove prima la violentarono e poi la fecero a pezzi.

Giacobbe Michelino, anziano della chiesa di Bobbio, e diversi altri protestanti furono

impiccati con ganci fissati nel ventre e lasciati morire tra le più atroci torture.

A Giovanni Rostagnal, un venerabile protestante di oltre quattrocento anni, sono stati

tagliati il naso e le orecchie e tagliate le parti carnose del corpo fino alla morte per

dissanguamento.

Sette persone, cioè Daniele Seleagio e sua moglie, Giovanni Durant, Lodwich Durant,

Bartholomew Durant, Daniele Revel e Paolo Reynaud, hanno avuto la bocca riempita di

polvere da sparo, a cui è stato dato fuoco e la testa è stata fatta a pezzi.

Giacobbe Birone, maestro di scuola di Rorata, per essersi rifiutato di cambiare

religione, fu spogliato completamente nudo; e dopo essere stato esposto in modo molto

113


Il Libro dei Martiri di Foxe

indecente, gli furono strappate le unghie delle dita dei piedi e delle mani con tenaglie

roventi, e gli furono praticati dei fori nelle mani con la punta di un pugnale. Poi gli fu legata

una corda intorno al centro e fu condotto per le strade con un soldato a ogni lato. A ogni

svolta il soldato alla sua destra gli incideva uno squarcio nella carne e quello alla sua

sinistra lo colpiva con una clava, dicendo entrambi, nello stesso istante: "Andrai a Messa?

Andrai a Messa?". Egli rispose ancora negativamente a queste domande e, portato sul ponte,

gli tagliarono la testa sulle balaustre e gettarono sia quella che il corpo nel fiume.

A Paolo Garnier, un protestante molto pio, furono cavati gli occhi, fu poi scorticato

vivo e, diviso in quattro parti, i suoi alloggi furono collocati su quattro delle principali case

di Lucerna. Sopportò tutte le sue sofferenze con la più esemplare pazienza, lodò Dio finché

poté parlare e dimostrò chiaramente quale fiducia e rassegnazione può ispirare una buona

coscienza.

Daniele Cardon, di Rocappiata, fu catturato da alcuni soldati che gli tagliarono la testa

e, dopo avergli fritto le cervella, le mangiarono. Due povere vecchie cieche di San Giovanni

furono bruciate vive; e una vedova di La Torre, con la figlia, furono spinte nel fiume e lì

lapidate a morte.

Paolo Giles, nel tentativo di scappare da alcuni soldati, fu colpito al collo: gli

tagliarono il naso, il mento, lo pugnalarono e diedero la sua carcassa ai cani.

Alcune truppe irlandesi, dopo aver fatto prigionieri undici uomini di Garcigliana,

fecero ardere una fornace e li costrinsero a spingersi l'uno con l'altro fino all'ultimo uomo,

che essi stessi spinsero dentro.

Michele Gonet, un uomo di novant'anni, fu bruciato a morte; Baptista Oudri, un altro

vecchio, fu pugnalato; a Bartolomeo Frasche furono fatti dei buchi nei talloni, attraverso i

quali furono messe delle corde; poi fu trascinato da loro fino alla prigione, dove le ferite lo

mortificarono e lo uccisero.

Maddalena de la Piere, inseguita da alcuni soldati e presa, fu gettata in un precipizio

e fatta a pezzi. Margherita Revella e Maria Pravillerin, due donne molto anziane, furono

bruciate vive; Michele Bellino e Ann Bochardno furono decapitati.

Il figlio e la figlia di un consigliere di Giovanni furono fatti rotolare insieme giù per

una ripida collina e lasciati morire in una profonda fossa sul fondo. La famiglia di un

commerciante, cioè lui stesso, la moglie e un bambino in braccio, furono gettati da una

roccia e fatti a pezzi; Joseph Chairet e Paolo Carniero furono scorticati vivi.

A Cipriano Bustia fu chiesto se volesse rinunciare alla sua religione e diventare

cattolico romano, e rispose: "Preferirei rinunciare alla vita o diventare un cane"; al che un

prete rispose: "Per questa espressione dovrai rinunciare alla vita ed essere dato ai cani". Lo

114


Il Libro dei Martiri di Foxe

trascinarono quindi in prigione, dove rimase per molto tempo senza cibo, finché non morì

di fame; dopodiché gettarono il suo cadavere nella strada davanti alla prigione, che fu

divorato dai cani nel modo più scioccante.

Margherita Saretta fu lapidata e poi gettata nel fiume;

Ad Antonio Bartina è stata spaccata la testa e a Joseph Pont è stato inferto un taglio in

mezzo al corpo.

Poiché Danielee Maria e tutta la sua famiglia erano ammalati di febbre, alcuni sgherri

papisti fecero irruzione in casa sua, dicendogli che erano medici pratici e che avrebbero

dato a tutti loro un po' di sollievo, cosa che fecero dando una botta in testa a tutta la famiglia.

Tre bambini di un protestante, di nome Pietro Fine, furono coperti di neve e soffocati;

un'anziana vedova, di nome Giuditta, fu decapitata e una bella giovane donna fu spogliata

e le fu conficcato un paletto nel corpo, per cui morì.

Lucia, moglie di Pietro Besson, una donna molto avanti con la gravidanza, che viveva

in uno dei villaggi delle valli piemontesi, decise, se possibile, di fuggire da quelle scene

terribili che la circondavano ovunque: prese quindi due bambini piccoli, uno per mano, e

partì verso le Alpi. Ma al terzo giorno di viaggio fu colta dalle doglie tra le montagne e

partorì un neonato, che morì a causa dell'estrema inclemenza del tempo, così come gli altri

due bambini; infatti tutti e tre furono trovati morti da lei, e lei stessa appena spirante, dalla

persona a cui raccontò i particolari sopra citati.

A Francesco Gros, figlio di un ecclesiastico, fu tagliata lentamente la carne dal corpo

in piccoli pezzi e messa in un piatto davanti a lui; due dei suoi figli furono tritati davanti

alla sua vista e la moglie fu legata a un palo, affinché potesse vedere tutte queste crudeltà

praticate sul marito e sulla prole. Alla fine, stanchi di esercitare le loro crudeltà, gli aguzzini

tagliarono le teste del marito e della moglie e poi diedero la carne di tutta la famiglia ai

cani.

Il signore Tommaso Margher si rifugiò in una grotta, quando i soldati gli chiusero la

bocca e morì di fame. Giuditta Revelin e sette figli furono barbaramente uccisi nei loro

letti; una vedova di quasi quattrocento anni fu fatta a pezzi dai soldati.

A Jacob Roseno fu ordinato di pregare i santi, cosa che si rifiutò categoricamente di

fare: alcuni soldati lo picchiarono violentemente con dei randelli per costringerlo ad

obbedire, ma lui continuò a rifiutarsi, e alcuni di loro gli spararono contro, conficcandogli

molte palle nel corpo. Mentre stava per morire, gli gridarono: "Invocherai i santi?

Pregherete i santi?". Al che egli rispose "No! No! No!", quando uno dei soldati, con uno

spadone, gli tagliò la testa e pose fine alle sue sofferenze in questo mondo, per le quali

senza dubbio sarà gloriosamente ricompensato nell'altro.

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Un soldato, nel tentativo di violentare una giovane donna, di nome Susanna Gacquin,

oppose una strenua resistenza e nella lotta lo spinse in un precipizio, quando la caduta lo

ridusse in pezzi. I suoi compagni, invece di ammirare la virtù della giovane donna e di

applaudirla per aver difeso così nobilmente la sua castità, le caddero addosso con le loro

spade e la fecero a pezzi.

Giovanni Pulhus, un povero contadino di La Torre, essendo stato fermato come

protestante dai soldati, fu ordinato dal marchese di Pianesta di essere giustiziato in un luogo

vicino al convento. Quando si avvicinò al patibolo, alcuni monaci lo assistettero e fecero

di tutto per convincerlo a rinunciare alla sua religione. Ma egli disse che non avrebbe mai

abbracciato l'idolatria e che era felice di essere ritenuto degno di soffrire per il nome di

Cristo. Gli fecero allora pensare a cosa avrebbero sofferto sua moglie e i suoi figli, che

dipendevano dal suo lavoro, dopo la sua morte; al che egli rispose: "Vorrei che mia moglie

e i miei figli, così come me stesso, considerassero le loro anime più dei loro corpi, e l'altro

mondo prima di questo; e per quanto riguarda l'angoscia in cui potrei lasciarli, Dio è

misericordioso e provvederà a loro finché saranno degni della sua protezione". Vista

l'inflessibilità di questo pover'uomo, i monaci gridarono: "Spegnetelo! Spegnetelo!", cosa

che il boia fece quasi subito e il corpo, tagliato, fu gettato nel fiume.

Paolo Clemente, un anziano della chiesa di Rossana, essendo stato fermato dai monaci

di un monastero vicino, fu portato nella piazza del mercato di quella città, dove alcuni

protestanti erano stati appena giustiziati dai soldati. Gli furono mostrati i cadaveri, affinché

la vista lo intimidisse. Alla vista di quei soggetti sconvolgenti, disse con calma: "Potete

uccidere il corpo, ma non potete pregiudicare l'anima di un vero credente; ma per quanto

riguarda i terribili spettacoli che mi avete mostrato, potete stare certi che la vendetta di Dio

colpirà gli assassini di quella povera gente e li punirà per il sangue innocente che hanno

versato". I monaci furono così esasperati da questa risposta che ordinarono di impiccarlo

subito; e mentre era appeso, i soldati si divertivano a stare a distanza e a sparare al corpo

come a un bersaglio.

Daniele Rambaut, di Vilario, padre di una numerosa famiglia, fu arrestato e, con molte

altre persone, messo in prigione, nel carcere di Paysana. Qui fu visitato da diversi sacerdoti,

che con continue pressioni fecero di tutto per convincerlo a rinunciare alla religione

protestante e a diventare papista; ma egli rifiutò perentoriamente e i sacerdoti, constatata

la sua decisione, finsero di compatire la sua numerosa famiglia e gli dissero che avrebbe

potuto avere ancora la vita, se avesse sottoscritto la fede nei seguenti articoli:

1. La presenza reale dell'ospite.

2. Transustanziazione.

3. Purgatorio.

116


Il Libro dei Martiri di Foxe

4. L'infallibilità del Papa.

5. Che le messe dette per i defunti liberino le anime dal purgatorio.

6. Che pregare i santi procura la remissione dei peccati.

M. Rambaut disse ai sacerdoti che né la sua religione, né la sua comprensione, né il

suo coscienza, non gli permetterebbe di sottoscrivere nessuno degli articoli, per le seguenti

ragioni:

1. Credere alla presenza reale nell'ostia è un'unione sconvolgente di blasfemia e

idolatria.

2. Che immaginare che le parole della consacrazione compiano ciò che i papisti

chiamano transustanziazione, convertendo l'ostia e il vino nel vero e identico corpo e

sangue di Cristo, che è stato crocifisso e che poi è asceso al cielo, è un'assurdità troppo

grossolana per essere creduta anche da un bambino che abbia raggiunto il minimo barlume

di ragione; e che nient'altro che la più cieca superstizione potrebbe indurre i cattolici romani

a riporre fiducia in qualcosa di così completamente ridicolo.

3. Che la dottrina del purgatorio era più incoerente e assurda di una favola.

4. L'infallibilità del papa era impossibile e il papa rivendicava con arroganza ciò che

poteva appartenere solo a Dio, in quanto essere perfetto.

5. Che dire messe per i morti era ridicolo, e significava solo mantenere la credenza

nella favola del purgatorio, in quanto il destino di tutti è deciso alla fine, alla partenza

dell'anima dal corpo.

6. Che pregare i santi per la remissione dei peccati è un'adorazione fuori luogo, poiché

i santi stessi hanno la possibilità di avere un intercessore in Cristo. Pertanto, poiché solo

Dio può perdonare i nostri errori, dovremmo chiedere perdono solo a lui.

The priests were so highly offended at M. Rambaut alle risposte di quest'ultimo agli

articoli che avrebbero voluto fargli sottoscrivere, che decisero di scuotere la sua risoluzione

con il metodo più crudele che si possa immaginare: ordinarono che gli venisse tagliata una

giuntura del dito ogni giorno, finché tutte le dita non fossero scomparse: Poi procedettero

allo stesso modo con le dita dei piedi; infine gli tagliarono alternativamente, ogni giorno,

una mano e un piede; ma vedendo che sopportava le sue sofferenze con la più ammirevole

pazienza, aumentava sia in fortezza che in rassegnazione, e manteneva la sua fede con

ferma risoluzione e incrollabile costanza, lo trafissero al cuore, e poi diedero il suo corpo

in pasto ai cani.

Pietro Gabriola, un gentiluomo protestante di notevole importanza, fu catturato da un

drappello di soldati che, rifiutandosi di rinunciare alla sua religione, gli appesero intorno

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Il Libro dei Martiri di Foxe

al corpo un gran numero di sacchetti di polvere da sparo e, dandogli fuoco, lo fecero saltare

in aria.

Antonio, figlio di Samuele Catieris, un povero ragazzo muto ed estremamente

inoffensivo, fu fatto a pezzi da una parte delle truppe; poco dopo gli stessi sgherri entrarono

nella casa di Pietro Moniriat e tagliarono le gambe a tutta la famiglia, lasciandoli morire

dissanguati, poiché non erano in grado di aiutarsi né di soccorrersi a vicenda.

A Daniele Benech, arrestato, fu tagliato il naso e le orecchie, poi fu diviso in quarti e

ogni quarto fu appeso a un albero, mentre a Maria Monino furono rotte le ossa della

mascella e fu lasciata a soffrire fino alla fame.

Maria Pelanchion, una bella vedova, appartenente alla città di Vilario, è stata catturata

da una parte delle brigate irlandesi, che dopo averla picchiata crudelmente e violentata,

l'hanno trascinata su un alto ponte che attraversava il fiume, l'hanno spogliata in modo

indecente, l'hanno appesa per le gambe al ponte, con la testa rivolta verso l'acqua, e poi,

salendo su delle barche, hanno sparato contro di lei fino a farla morire.

Maria Nigrino e sua figlia, che era un'idiota, furono fatte a pezzi nel bosco e i loro

corpi lasciati alle bestie selvatiche: Susanna Bales, una vedova di Vilario, fu immiserita

finché non morì di fame; e Susanna Calvio, fuggendo da alcuni soldati e nascondendosi in

un fienile, diede fuoco alla paglia e fu bruciata.

Paolo Armand fu fatto a pezzi; un bambino di nome Daniele Bertino fu bruciato; a

Daniele Michialino fu strappata la lingua e fu lasciato morire in quelle condizioni; Andreo

Bertino, un uomo molto vecchio e zoppo, fu maciullato in modo sconvolgente e alla fine

gli fu squarciato il ventre e le sue viscere furono trasportate sulla punta di un'alabarda.

A Costanza Bellione, una signora protestante, arrestata a causa della sua fede, fu

chiesto da un sacerdote se volesse rinunciare al diavolo e andare a Messa; al che lei rispose:

"Sono stata educata in una religione che mi ha sempre insegnato a rinunciare al diavolo;

ma se assecondassi il vostro desiderio e andassi a Messa, sarei sicura di incontrarlo lì sotto

varie forme". Il sacerdote fu molto indignato per le sue parole e le disse di ritrattare,

altrimenti avrebbe sofferto crudelmente. La signora, però, rispose con coraggio che non

teneva in alcun conto le sofferenze che lui avrebbe potuto infliggere e che, nonostante tutti

i tormenti che lui avrebbe potuto inventare, avrebbe mantenuto pura la sua coscienza e

inviolata la sua fede. Il sacerdote ordinò allora che le venissero tagliate fette di carne da

diverse parti del corpo, crudeltà che ella sopportò con la più singolare pazienza, dicendo

solo al sacerdote: "Quali orribili e duraturi tormenti soffrirai all'inferno, per le pene

insignificanti e temporanee che ora sopporto". Esasperato da questa espressione e

desideroso di fermare la sua lingua, il sacerdote ordinò a una schiera di moschettieri di

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Il Libro dei Martiri di Foxe

prepararsi e di sparare contro di lei, che fu presto eliminata e sigillò il suo martirio con il

suo sangue.

Una giovane donna di nome Giuditta Mandon, per essersi rifiutata di cambiare

religione e di abbracciare il papismo, fu legata a un palo e le vennero lanciati dei bastoni

da lontano, proprio come la barbara usanza che veniva praticata in passato il martedì grasso,

ovvero quella di far paura ai sassi, come veniva definita. Con questo procedimento

disumano, le membra della povera creatura vennero percosse e maciullate in modo terribile,

e alla fine le vennero strappate le cervella da uno dei randelli.

David Paglia e Paolo Genre, tentando di fuggire verso le Alpi, con ciascuno il proprio

figlio, furono inseguiti e sorpresi dai soldati in una grande pianura. Qui li braccarono per

distrarli, incitandoli con le loro spade e facendoli correre finché non caddero a terra dalla

fatica. Quando si accorsero che i loro spiriti erano completamente esausti e che non

potevano permettersi un altro barbaro divertimento correndo, i soldati li fecero a pezzi e

lasciarono i loro corpi maciullati sul posto.

Un giovane di Bobbio, di nome Michael Greve, fu arrestato nella città di La Torre e,

condotto al ponte, fu gettato nel fiume. Poiché sapeva nuotare molto bene, nuotò lungo il

torrente, pensando di fuggire, ma i soldati e la folla lo seguirono su entrambe le sponde del

fiume e continuarono a lapidarlo, finché, ricevendo un colpo su una tempia, rimase stordito

e di conseguenza affondò e morì annegato.

A David Armand fu ordinato di appoggiare la testa su un blocco, quando un soldato,

con un grosso martello, gli strappò il cervello. David Baridona, arrestato a Vilario, fu

portato a La Torre, dove, rifiutandosi di rinunciare alla sua religione, fu tormentato con

fiammiferi di zolfo legati tra le dita delle mani e dei piedi e dati alle fiamme; Giovanni

Barolina, con la moglie, furono gettati in una pozza d'acqua stagnante e costretti, con

forconi e pietre, a abbassare la testa fino a soffocare.

Alcuni soldati si recarono a casa di Joseph Garniero e, prima di entrare, spararono alla

finestra per avvisare del loro avvicinamento. Una palla di moschetto entrò in uno dei seni

della signora Garniero, mentre con l'altro allattava un neonato. Quando si accorse delle loro

intenzioni, implorò con forza che risparmiassero la vita del bambino, cosa che promisero

di fare, mandandolo immediatamente da una balia cattolica. Poi presero il marito e lo

impiccarono alla sua stessa porta, e dopo aver sparato alla moglie in testa, lasciarono il suo

corpo a grondare di sangue e il marito appeso alla forca.

Isaiah Mondon, un uomo anziano e un pio protestante, fuggì dagli spietati persecutori

in una fenditura della roccia, dove soffrì le più terribili privazioni; infatti, in pieno inverno

fu costretto a giacere sulla nuda pietra, senza alcuna copertura; il suo cibo era costituito

dalle radici che riusciva a racimolare nei pressi della sua misera dimora; e l'unico modo per

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Il Libro dei Martiri di Foxe

procurarsi da bere era quello di mettere la neve in bocca finché non si scioglieva. Qui, però,

alcuni soldati disumani lo trovarono e, dopo averlo picchiato senza pietà, lo spinsero verso

Lucerna, incitandolo con le punte delle loro spade. Essendo molto indebolito dal suo modo

di vivere e il suo spirito esaurito dai colpi ricevuti, cadde per strada. Lo picchiarono di

nuovo per costringerlo ad andare avanti; in ginocchio, li implorò di porre fine alla sua

miseria, eliminandolo. Alla fine accettarono di farlo e uno di loro, avvicinandosi a lui, gli

sparò un colpo di pistola in testa, dicendo: "Ecco, eretico, prendi la tua richiesta".

Maria Revol, una degna protestante, ricevette un colpo di pistola alla schiena mentre

camminava per strada. Cadde a terra per la ferita, ma, recuperate le forze, si sollevò sulle

ginocchia e, alzando le mani verso il cielo, pregò con grande fervore l'Onnipotente, quando

alcuni soldati, che si trovavano nelle vicinanze, spararono contro di lei un'intera raffica di

colpi, molti dei quali ebbero effetto e posero fine alle sue sofferenze in un istante.

Diversi uomini, donne e bambini si erano nascosti in una grande grotta, dove rimasero

al sicuro per alcune settimane. Era consuetudine che due degli uomini andassero, quando

era necessario, a procurarsi furtivamente le provviste. Un giorno, però, questi furono

osservati, per cui la grotta fu scoperta e, poco dopo, vi si presentò un drappello di cattolici

romani. I papisti che si riunirono in questa occasione erano vicini e conoscenti intimi dei

protestanti che si trovavano nella grotta, e alcuni erano persino imparentati tra loro. I

protestanti, quindi, uscirono e li implorarono, in virtù dei legami di ospitalità, di sangue e

in quanto vecchi conoscenti e vicini, di non ucciderli.

Ma la superstizione supera ogni sentimento della natura e dell'umanità; così i papisti,

accecati dal bigottismo, dissero loro che non potevano avere pietà degli eretici e, pertanto,

li invitarono a prepararsi a morire. Sentendo ciò e conoscendo la fatale ostinazione dei

cattolici romani, i protestanti si prostrarono tutti, alzarono le mani e i cuori al cielo,

pregarono con grande sincerità e fervore, poi si prostrarono, avvicinarono il viso al suolo

e attesero pazientemente la loro sorte, che fu presto decisa, poiché i papisti si abbatterono

su di loro con furia incessante e, dopo averli fatti a pezzi, lasciarono i corpi e le membra

maciullati nella grotta.

Giovanni Salvagiot, passando davanti a una chiesa cattolica romana e non togliendosi

il cappello, fu seguito da alcuni fedeli, che lo assalirono e lo uccisero; Jacob Barrel e sua

moglie, presi prigionieri dal conte di San Secondo, uno degli ufficiali del duca di Savoia,

li consegnò ai soldati, che tagliarono i seni alla donna e il naso all'uomo, e poi spararono a

entrambi in testa.

Antonio Guigo, protestante, di indole vacillante, si recò a Periero, con l'intenzione di

rinunciare alla sua religione e di abbracciare il papato. Questo progetto fu comunicato ad

alcuni sacerdoti, che lo lodarono molto, e fu fissato un giorno per la sua pubblica

ritrattazione. Nel frattempo, Antonio si rese pienamente conto della sua perfidia e la sua

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Il Libro dei Martiri di Foxe

coscienza lo tormentò così tanto notte e giorno che decise di non ritrattare, ma di fuggire.

Questo avvenne, ma presto fu raggiunto e inseguito e fu catturato. Le truppe lungo la strada

fecero tutto il possibile per riportarlo al suo proposito di ritrattare; ma, vedendo i loro sforzi

inefficaci, lo picchiarono violentemente lungo la strada. Quando si avvicinò a un precipizio,

colse l'occasione per buttarsi giù e fu fatto a pezzi.

Un gentiluomo protestante, di notevole fortuna, a Bobbio, essendo stato provocato

nottetempo dall'insolenza di un sacerdote, replicò con grande severità e, tra le altre cose,

disse che il papa era Anticristo, la messa un'idolatria, il purgatorio una farsa e l'assoluzione

un imbroglio. Per vendicarsi, il sacerdote assunse cinque disperati che, la sera stessa, fecero

irruzione nella casa del signore e lo aggredirono in modo violento. Il gentiluomo,

terribilmente spaventato, cadde in ginocchio e implorò pietà; ma i disperati sgherri lo

eliminarono senza la minima esitazione.

Narrazione della guerra piemontese

I massacri e gli omicidi già menzionati, commessi nelle valli del Piemonte, avevano

quasi spopolato la maggior parte delle città e dei villaggi. Solo un luogo non era stato

assalito, e ciò era dovuto alla difficoltà di avvicinarlo; si trattava del piccolo comune di

Roras, situato su una roccia.

Mentre l'opera di sangue si allentava in altri lacci, il conte di Cristopoli, uno degli

ufficiali del duca di Savoia, decise, se possibile, di farsene padrone e, a tal fine, distaccò

trecento uomini per sorprenderlo di nascosto.

Gli abitanti di Roras, tuttavia, ebbero notizia dell'avvicinamento di queste truppe,

quando il capitano Joshua Gianavel, un coraggioso ufficiale protestante, si mise alla testa

di un piccolo corpo di cittadini, e attese in un'imboscata per attaccare il nemico in un

piccolo cunicolo.

Quando le truppe apparvero e si addentrarono nel fossato, che era l'unico punto da cui

ci si poteva avvicinare alla città, i Protestanti mantennero un fuoco intenso e ben diretto

contro di loro, continuando a nascondersi dietro i cespugli alla vista del nemico. Un gran

numero di soldati fu ucciso, mentre i restanti, che continuavano a sparare e non vedevano

nessuno a cui potessero rispondere, pensarono bene di ritirarsi.

I membri di questa piccola comunità inviarono allora un memoriale al marchese di

Pianessa, uno degli ufficiali generali del duca, in cui esponevano: Che erano dispiaciuti, in

qualsiasi occasione, di trovarsi nella necessità di prendere le armi; ma che l'avvicinamento

segreto di un corpo di truppe, senza alcuna ragione, né alcun avviso precedente sullo scopo

della loro venuta, li aveva fortemente allarmati; che, poiché era loro abitudine non

permettere mai a nessuno dei militari di entrare nella loro piccola comunità, avevano

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Il Libro dei Martiri di Foxe

respinto la forza con la forza e avrebbero dovuto farlo ancora; ma in tutti gli altri aspetti,

si professavano sudditi doverosi, obbedienti e leali al loro sovrano, il duca di Savoia.'

Il marchese di Pianessa, per avere l'occasione migliore di ingannare e sorprendere i

protestanti di Roras, mandò loro a dire, in risposta, che era perfettamente soddisfatto del

loro comportamento, perché avevano agito bene e reso persino un servizio al loro Paese,

dato che gli uomini che avevano tentato di passare il fossato non erano le sue truppe, né

erano stati mandati da lui, ma una banda di disperati briganti, che da tempo infestavano

quelle zone e incutevano terrore al Paese vicino. Per dare maggior risalto al suo tradimento,

pubblicò poi un ambiguo proclama apparentemente favorevole agli abitanti.

Eppure, proprio il giorno successivo a questo plausibile annuncio e a questa condotta

pretestuosa, il marchese inviò cinquecento uomini per impadronirsi di Roras, mentre il

popolo, come pensava, era cullato in perfetta sicurezza dal suo comportamento pretestuoso.

Il capitano Gianavel, tuttavia, non si lasciò ingannare così facilmente: tese

un'imboscata a questo corpo di truppe, come aveva fatto con il precedente, e le costrinse a

ritirarsi con perdite considerevoli.

Benché sventato in questi due tentativi, il marchese di Pianessa decise di farne un

terzo, ancora più temibile; ma prima pubblicò imprudentemente un altro proclama,

disconoscendo ogni conoscenza del secondo tentativo.

Poco dopo furono inviati in spedizione settecento uomini scelti che, nonostante il

fuoco dei protestanti, forzarono il fossato, entrarono a Roras e cominciarono a uccidere

ogni persona che incontravano, senza distinzione di età o di sesso. Il capitano protestante

Gianavel, alla testa di un piccolo corpo, pur avendo perso il passaggio, decise di contendere

loro il passaggio attraverso un passo fortificato che conduceva alla parte più ricca e

migliore della città. Qui ebbe successo, mantenendo un fuoco continuo e grazie al fatto che

i suoi uomini erano tutti ottimi tiratori. Il comandante cattolico romano fu molto

sconcertato da questa opposizione, poiché pensava di aver superato tutte le difficoltà.

Tuttavia, si sforzò di forzare il passo, ma potendo portare davanti solo dodici uomini alla

volta, e dato che i protestanti erano protetti da un bastione, si accorse che sarebbe stato

sconfitto dal manipolo di uomini che gli si opponeva.

Infuriato per la perdita di così tante truppe e temendo di cadere in disgrazia se avesse

continuato a tentare un'impresa così impraticabile, pensò che la cosa più saggia fosse

ritirarsi. Non volendo, però, ritirare i suoi uomini per il vallo da cui era entrato, a causa

della difficoltà e del pericolo dell'impresa, decise di ritirarsi verso Vilario, attraverso un

altro passo chiamato Piampra, che, pur essendo di difficile accesso, era di facile discesa.

Ma la sua scelta fu deludente, perché il capitano Gianavel, che si era appostato qui con la

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Il Libro dei Martiri di Foxe

sua piccola banda, infastidì molto le truppe al loro passaggio e le inseguì fino a quando non

entrarono in aperta campagna.

Il marchese di Pianessa, constatando che tutti i suoi tentativi erano stati vanificati e

che ogni artificio da lui usato era solo un segnale d'allarme per gli abitanti di Roras, decise

di agire apertamente e quindi proclamò che sarebbero state date ampie ricompense a

chiunque avesse portato le armi contro gli ostinati eretici di Roras, come li chiamava lui, e

che ogni ufficiale che li avesse sterminati sarebbe stato ricompensato in modo principesco.

Per intraprendere l'impresa, il capitano Mario, un cattolico romano bigotto e un

disperato ruffiano, ottenne l'autorizzazione a costituire un reggimento nelle sei città

seguenti. Egli ottenne quindi il permesso di costituire un reggimento nelle seguenti sei città:

Lucerna, Borges, Famolas, Bobbio, Begnal e Cavos.

Completato il suo reggimento, composto da mille uomini, stabilì il suo piano di non

passare per i valichi o i passi, ma di tentare di raggiungere la cima di una roccia, da dove

pensava di poter riversare le sue truppe in città senza troppe difficoltà o opposizioni.

I protestanti lasciarono che le truppe cattoliche guadagnassero quasi la cima della

roccia, senza opporre alcuna resistenza e senza mai apparire alla loro vista; ma quando

furono quasi arrivati in cima li attaccarono furiosamente, una parte mantenendo un fuoco

ben diretto e costante e un'altra facendo cadere enormi pietre.

Questo fermò la carriera delle truppe papiste: molti furono uccisi dalle moschettiere e

altri dalle pietre che li sbattevano giù per i precipizi. Molti furono sacrificati dalla fretta,

perché tentando una ritirata precipitosa caddero e furono fatti a pezzi; lo stesso capitano

Mario scampò per poco alla vita, perché cadde da un punto scosceso in un fiume che

bagnava i piedi della roccia. Fu portato su privo di sensi, ma in seguito si riprese, anche se

rimase a lungo malato a causa delle contusioni; infine, cadde in declino a Lucerna, dove

morì.

Dall'accampamento di Vilario fu ordinato a un altro corpo di truppe di tentare l'assalto

a Roras; ma anche queste furono sconfitte, grazie a un'imboscata dei protestanti, e costrette

a ritirarsi di nuovo nell'accampamento di Vilario.

Dopo ognuna di queste importanti vittorie, il capitano Gianavel fece un discorso

appropriato ai suoi uomini, invitandoli a inginocchiarsi e a ringraziare l'Onnipotente per la

sua provvidenziale protezione; di solito concludeva con l'undicesimo Salmo, dove il tema

è la fiducia in Dio.

Il marchese di Pianessa si infuriò molto per essere stato così ostacolato dai pochi

abitanti di Roras: decise quindi di tentare la loro espulsione in un modo che difficilmente

avrebbe potuto fallire.

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Il Libro dei Martiri di Foxe

A tal fine ordinò di radunare e disciplinare tutte le milizie cattoliche del Piemonte.

Quando questi ordini furono completati, unì alle milizie ottomila uomini delle truppe

regolari e, dividendo il tutto in tre corpi distinti, progettò di sferrare tre formidabili attacchi

contemporaneamente, a meno che gli abitanti di Roras, ai quali inviò un resoconto dei suoi

grandi preparativi, non rispettassero le seguenti condizioni:

(1). Chiedere perdono per aver preso le armi.

(2). Pagare le spese di tutte le spedizioni inviate contro di loro.

(3). Riconoscere l'infallibilità del Papa.

(4). Andare a Messa.

(5). Pregare i santi.

(6). Portare la barba.

(7). Consegnare i loro ministri.

(8). Consegnare i loro maestri di scuola.

(9). Andare a confessarsi.

(10). Per pagare i prestiti per la consegna delle anime dal purgatorio.

(11). Rinunciare al Capitano Gianavel a discrezione.

(12). Rinunciare agli anziani della propria chiesa a discrezione.

Gli abitanti di Roras, venuti a conoscenza di queste condizioni, si sentirono

onestamente indignati e, per tutta risposta, fecero sapere al marchese che prima di

rispettarle avrebbero subito tre cose che, tra tutte, erano le più odiose per l'umanità, vale a

dire

* 1. I loro beni devono essere confiscati.

* 2. Le loro case saranno bruciate.

* 3. Si sono uccisi da soli.

Avrete la vostra richiesta, perché le truppe inviate contro di voi hanno l'ordine

tassativo di saccheggiare, bruciare e uccidere. PIANESSA.

Esasperato da questo messaggio, il marchese inviò loro questa laconica epistola:

Agli ostinati eretici che abitano Roras:

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Il Libro dei Martiri di Foxe

I tre eserciti furono quindi messi in movimento e gli attacchi furono ordinati in questo

modo: il primo dalle rocce di Vilario, il secondo dal passo di Bagnol e il terzo dalla gola di

Lucerna. Le truppe si fecero strada grazie alla superiorità numerica e, dopo aver

conquistato le rocce, il passo e la gola, cominciarono a compiere le più orribili depravazioni

e a esercitare le più grandi crudeltà. Gli uomini furono impiccati, bruciati, straziati a morte

o fatti a pezzi; le donne furono squartate, crocifisse, annegate o gettate dai precipizi; i

bambini furono gettati con le lance, sminuzzati, sgozzati o privati del cervello.

Centoventisei persone soffrirono in questo modo il primo giorno in cui conquistarono la

città.

In accordo con gli ordini del marchese di Pianessa, saccheggiarono anche le proprietà

e bruciarono le case del popolo. Alcuni protestanti, tuttavia, riuscirono a fuggire sotto la

guida del capitano Gianavel, la cui moglie e i cui figli furono purtroppo fatti prigionieri e

inviati a Torino sotto stretta sorveglianza.

Il marchese di Pianessa scrisse una lettera al capitano Gianavel e rilasciò un

prigioniero protestante perché la portasse con sé. Il contenuto era: se il capitano avesse

abbracciato la religione cattolica romana, sarebbe stato indennizzato per tutte le perdite

subite dall'inizio della guerra; sua moglie e i suoi figli sarebbero stati immediatamente

rilasciati e lui stesso sarebbe stato promosso con onore nell'esercito del duca di Savoia; ma

se si fosse rifiutato di aderire alle proposte fattegli, sua moglie e i suoi figli sarebbero stati

messi a morte; e sarebbe stata data una ricompensa così alta per catturarlo, vivo o morto,

che persino alcuni dei suoi amici confidenti sarebbero stati tentati di tradirlo, per l'entità

della somma.

A questa epistola, il coraggioso Gianavel inviò la seguente risposta.

Mio Signore Marchese,

Non c'è tormento così grande o morte così crudele, se non quella che preferirei

all'abiura della mia religione: così che le promesse perdono i loro effetti e le minacce mi

rafforzano solo nella mia fede. Per quanto riguarda mia moglie e i miei figli, mio signore,

non c'è nulla che mi affligga di più del pensiero della loro prigionia, o che sia più terribile

per la mia immaginazione che subiscano una morte violenta e crudele. Provo tutti i

sentimenti di tenerezza di un marito e di un genitore; il mio cuore è pieno di ogni

sentimento di umanità; soffrirei qualsiasi tormento per salvarli dal pericolo; morirei per

preservarli.

Ma detto questo, mio signore, vi assicuro che l'acquisto delle loro vite non deve essere

il prezzo della mia salvezza. Li avete in vostro potere, è vero; ma la mia consolazione è che

il vostro potere è solo un'autorità temporanea sui loro corpi: potete distruggere la parte

mortale, ma le loro anime immortali sono fuori dalla vostra portata e vivranno in seguito

125


Il Libro dei Martiri di Foxe

per testimoniare contro di voi le vostre crudeltà. Perciò raccomando loro e me stesso a Dio

e prego per una riforma del vostro cuore. -- GIOSHUA GIANAVEL.

Questo coraggioso ufficiale protestante, dopo aver scritto la lettera di cui sopra, si

ritirò sulle Alpi con i suoi seguaci e, raggiunto da un gran numero di altri protestanti

fuggitivi, tormentò il nemico con continue scaramucce.

Un giorno, incontrando un corpo di truppe papiste nei pressi di Bibiana, pur essendo

inferiore di numero, le attaccò con grande accanimento e le mise in fuga senza perdere un

uomo, sebbene egli stesso fosse stato colpito da una pallottola alla gamba da un soldato

che si era nascosto dietro un albero; ma Gianavel, percependo la provenienza della

pallottola, puntò il suo fucile sul posto e fece fuori la persona che lo aveva ferito.

Il capitano Gianavel, sapendo che un capitano Jahier aveva raccolto un considerevole

corpo di protestanti, gli scrisse una lettera, proponendogli di unire le loro forze. Il capitano

Jahier accettò immediatamente la proposta e marciò direttamente verso Gianavel.

Formata la congiunzione, fu proposto di attaccare una città (abitata da cattolici romani)

chiamata Garcigliana. L'assalto fu dato con grande spirito, ma essendo da poco entrato in

città un rinforzo a cavallo e a piedi, di cui i protestanti non sapevano nulla, furono respinti;

tuttavia si ritirarono magistralmente e persero solo un uomo nell'azione.

Il tentativo successivo delle forze protestanti fu quello di assaltare San Secondo, che

attaccarono con grande vigore, ma incontrarono una forte resistenza da parte delle truppe

cattoliche romane, che avevano fortificato le strade e si erano piazzate nelle case, da cui

lanciavano palle di moschetto in quantità prodigiosa. I protestanti, tuttavia, avanzarono al

riparo di un gran numero di tavole, che alcuni tenevano sopra le loro teste per proteggersi

dai colpi del nemico provenienti dalle case, mentre altri mantenevano un fuoco ben diretto;

così le case e i trinceramenti furono presto forzati e la città fu presa.

Nella città trovarono una quantità prodigiosa di bottino, che era stato sottratto ai

protestanti in tempi e luoghi diversi, e che era conservato nei magazzini, nelle chiese, nelle

case di abitazione, ecc. Questo bottino fu portato in un luogo sicuro, per essere distribuito,

con la massima giustizia possibile, tra i sofferenti.

L'attacco fu condotto con tale abilità e spirito che costò pochissimo alla parte

conquistatrice: i protestanti ebbero solo diciassette morti e ventisei feriti, mentre i papisti

subirono una perdita di ben quattrocentocinquanta morti e cinquecentoundici feriti.

Cinque ufficiali protestanti, Gianavel, Jahier, Laurentio, Genolet e Benet, stabilirono

un piano per sorprendere Biqueras. A questo scopo marciarono in cinque corpi rispettivi e,

di comune accordo, dovevano attaccare nello stesso momento. I capitani, Jahier e Laurentio,

passarono attraverso due cunicoli nel bosco e giunsero sul posto in sicurezza, sotto

126


Il Libro dei Martiri di Foxe

copertura; gli altri tre corpi, invece, si avvicinarono attraverso la campagna aperta e, di

conseguenza, erano più esposti a un attacco.

I cattolici romani, preso l'allarme, inviarono un gran numero di truppe in soccorso di

Biqueras da Cavors, Bibiana, Feline, Campiglione e altri luoghi vicini. Una volta riunite,

queste truppe decisero di attaccare i tre partiti protestanti che marciavano in aperta

campagna.

Gli ufficiali protestanti, percependo le intenzioni del nemico e non trovandosi a grande

distanza l'uno dall'altro, unirono le forze con la massima rapidità e si disposero in ordine

di battaglia.

Nel frattempo, i capitani Jahier e Laurentio avevano assaltato la città di Biqueras e

bruciato tutte le case esterne, per potersi avvicinare con maggiore facilità; ma non avendo

ricevuto l'appoggio che si aspettavano dagli altri tre capitani protestanti, inviarono un

messaggero, su un cavallo veloce, verso l'aperta campagna, per chiederne il motivo. Il

messaggero tornò subito e li informò che i tre capitani protestanti non erano in grado di

sostenere le loro azioni, poiché erano stati attaccati da una forza molto superiore nella

pianura e non potevano sostenere l'impari conflitto.

I capitani Jahier e Laurentio, dopo aver ricevuto questa notizia, decisero di

interrompere l'assalto a Biqueras e di procedere, con tutta la rapidità possibile, in soccorso

dei loro amici della pianura. Questo progetto si rivelò di estrema utilità, perché proprio

quando arrivarono nel punto in cui i due eserciti erano impegnati, le truppe papiste

cominciarono a prevalere e furono sul punto di affiancare l'ala sinistra, comandata dal

capitano Gianavel. L'arrivo di queste truppe fece pendere la bilancia a favore dei protestanti

e le forze papiste, pur combattendo con la più ostinata intrepidezza, furono totalmente

sconfitte. I protestanti si aggiudicarono un gran numero di morti e feriti, da entrambe le

parti, e i bagagli, i depositi militari e così via, furono molto ingenti.

Il capitano Gianavel, avendo notizia che trecento nemici stavano trasportando una

grande quantità di provviste, magazzini, ecc. da La Torre al castello di Mirabac, decise di

attaccarli lungo la strada. Di conseguenza, iniziò l'assalto a Malbec, anche se con forze

molto insufficienti. La lotta fu lunga e sanguinosa, ma alla fine i protestanti dovettero

cedere alla superiorità numerica e furono costretti a ritirarsi, cosa che fecero con grande

regolarità e poche perdite.

Il capitano Gianavel avanzò fino a un posto vantaggioso, situato vicino alla città di

Vilario, e inviò le seguenti informazioni e ordini agli abitanti.

1. Che avrebbe dovuto attaccare la città entro ventiquattro ore.

127


Il Libro dei Martiri di Foxe

2. Che nei confronti dei cattolici romani che avevano portato le armi, sia che

appartenessero all'esercito o meno, avrebbe dovuto agire secondo la legge della

rappresaglia e metterli a morte, per le numerose depredazioni e i molti crudeli omicidi che

avevano commesso.

3. Che tutte le donne e i bambini, indipendentemente dalla loro religione, siano al

sicuro.

4. Che ordinò a tutti i protestanti maschi di lasciare la città e di unirsi a lui.

5. Che tutti gli apostati, che per debolezza avevano abiurato la loro religione, dovevano

essere considerati nemici, a meno che non avessero rinunciato alla loro abiura.

6. Che tutti coloro che tornano ai loro doveri verso Dio e verso se stessi siano accolti

come amici.

I protestanti, in generale, lasciarono immediatamente la città e si unirono al capitano

Gianavel con grande soddisfazione, e i pochi che per debolezza o paura avevano abiurato

la loro fede, ritrattarono la loro abiura e furono accolti nel seno della Chiesa. Poiché il

marchese di Pianessa aveva allontanato l'esercito e si era accampato in tutt'altra parte del

paese, i cattolici romani di Vilario pensarono che sarebbe stato folle tentare di difendere il

luogo con le poche forze che avevano. Pertanto, fuggirono con la massima precipitazione,

lasciando la città e la maggior parte dei loro beni alla discrezione dei protestanti.

I comandanti protestanti, dopo aver convocato un consiglio di guerra, decisero di

attaccare la città di La Torre.

I papisti, informati del progetto, distaccarono alcune truppe a difesa di un ciglio,

attraverso il quale i protestanti dovevano avvicinarsi; ma queste furono sconfitte, costrette

ad abbandonare il passo e costrette a ritirarsi a La Torre.

I protestanti proseguirono la loro marcia e le truppe di La Torre, al loro avvicinarsi, si

lanciarono in una furiosa sortita, ma furono respinte con gravi perdite e costrette a rifugiarsi

in città. Il governatore pensava ormai solo a difendere il luogo, che i protestanti

cominciarono ad attaccare in forma; ma dopo molti coraggiosi tentativi e furiosi assalti, i

comandanti decisero di abbandonare l'impresa per diversi motivi, in particolare perché

trovarono il luogo stesso troppo forte, il loro numero troppo debole e i loro cannoni non

adeguati al compito di abbattere le mura.

Presa questa decisione, i comandanti protestanti iniziarono una ritirata magistrale e la

condussero con tale regolarità che il nemico non decise di inseguirli o di infastidire le loro

retrovie, cosa che avrebbe potuto fare, mentre passavano i fossati.

128


Il Libro dei Martiri di Foxe

Il giorno successivo si radunarono, passarono in rassegna l'esercito e constatarono che

l'insieme ammontava a quattrocentonovantacinque uomini. Tennero quindi un consiglio di

guerra e progettarono un'impresa più facile: attaccare la comune di Crusol, un luogo abitato

da alcuni tra i più bigotti cattolici romani, che durante le persecuzioni avevano esercitato

sui protestanti le più inaudite crudeltà.

Gli abitanti di Crusol, venuti a conoscenza del disegno contro di loro, si rifugiarono

in una fortezza vicina, situata su una roccia, dove i protestanti non potevano raggiungerli,

poiché pochi uomini potevano renderla inaccessibile a un esercito numeroso. In questo

modo misero al sicuro le loro persone, ma si affrettarono troppo a mettere al sicuro i loro

beni, la maggior parte dei quali, in effetti, era stata saccheggiata dai protestanti e ora

fortunatamente era tornata in possesso dei legittimi proprietari. Si trattava di molti oggetti

ricchi e preziosi e di ciò che, a quel tempo, era molto più importante, cioè una grande

quantità di provviste militari.

Il giorno dopo la partenza dei protestanti con il loro bottino, ottocento truppe giunsero

in aiuto degli abitanti di Crusol, inviate da Lucerna, Biqueras, Cavors, ecc. Ma, accortisi

di essere arrivati troppo tardi e che l'inseguimento sarebbe stato vano, per non tornare a

mani vuote, cominciarono a saccheggiare i villaggi vicini, anche se quello che presero era

dei loro amici. Dopo aver raccolto un bottino accettabile, cominciarono a dividerlo, ma non

essendo d'accordo sulle diverse parti, passarono dalle parole alle botte, fecero un sacco di

guai e poi si depredarono a vicenda.

Lo stesso giorno in cui i protestanti ottennero un tale successo a Crusol, alcuni papisti

si misero in marcia con l'intenzione di saccheggiare e bruciare il piccolo villaggio

protestante di Rocappiatta, ma per strada incontrarono le forze protestanti dei capitani

Jahier e Laurentio, che erano appostati sulla collina di Angrogne. Ne seguì un banale

scontro, perché i cattolici, al primo attacco, si ritirarono in gran confusione e furono

inseguiti con grande massacro. Al termine dell'inseguimento, alcune truppe papiste

sbandate incontrarono un povero contadino protestante e gli legarono una corda intorno

alla testa, tirandola fino a schiacciargli il cranio.

Il capitano Gianavel e il capitano Jahier concertarono un progetto per attaccare

Lucerna; ma il capitano Jahier non riuscì a portare le sue forze all'ora stabilita e il capitano

Gianavel decise di tentare l'impresa da solo.

Pertanto, con una marcia forzata, procedette verso quel luogo per tutto il tempo e vi

fu vicino all'alba. La sua prima preoccupazione fu quella di tagliare le condutture che

portavano l'acqua in città e poi di abbattere il ponte, dal quale potevano entrare solo le

provviste provenienti dalla campagna. Poi assaltò il luogo e si impadronì rapidamente di

due avamposti; ma, non riuscendo a impadronirsi del luogo, si ritirò prudentemente con

poche perdite, incolpando tuttavia il capitano Jahier per il fallimento dell'impresa.

129


Il Libro dei Martiri di Foxe

I papisti, informati che il capitano Gianavel si trovava ad Angrogne con la sua sola

compagnia, decisero, se possibile, di sorprenderlo. A questo scopo, un gran numero di

truppe fu distaccato da La Torre e da altri luoghi: una parte di queste salì sulla cima di una

montagna, sotto la quale era appostato, mentre l'altra parte intendeva impossessarsi della

porta di San Bartolomeo.

I papisti si ritenevano sicuri di prendere il capitano Gianavel e tutti i suoi uomini, dato

che erano solo trecento, mentre le loro forze erano duemilacinquecento. Il loro disegno,

tuttavia, fu provvidenzialmente frustrato, poiché uno dei soldati papisti suonò

imprudentemente una tromba prima che fosse dato il segnale d'attacco, il capitano Gianavel

prese l'allarme e appostò la sua piccola compagnia in modo così vantaggioso presso la porta

di San Bartolomeo e presso il sentiero per il quale il nemico doveva scendere dalle

montagne, che le truppe cattoliche romane fallirono in entrambi gli attacchi e furono

respinte con perdite molto considerevoli.

Poco dopo, il capitano Jahier giunse ad Angrogne e unì le sue forze a quelle del

capitano Gianavel, adducendo motivi sufficienti per giustificare il suo fallimento di cui

sopra. Il capitano Jahier compì ora diverse escursioni segrete con grande successo,

scegliendo sempre le truppe più attive, appartenenti sia a Gianavel che a lui stesso. Un

giorno si era messo alla testa di quarantaquattro uomini per procedere a una spedizione,

quando, entrando in una pianura vicino a Ossac, fu improvvisamente circondato da un

grosso corpo di cavalli. Il capitano Jahier e i suoi uomini combatterono disperatamente,

anche se in condizioni di svantaggio, e uccisero il comandante in capo, tre capitani e

cinquantasette uomini semplici del nemico. Ma il capitano Jahier stesso fu ucciso, con

trentacinque dei suoi uomini, e gli altri si arresero. Uno dei soldati tagliò la testa del

capitano Jahier e, portandola a Torino, la presentò al duca di Savoia, che lo ricompensò

con seicento ducati.

La morte di questo gentiluomo è stata una grave perdita per i protestanti, poiché era

un vero amico e compagno della Chiesa riformata. Possedeva uno spirito molto

imperterrito, tanto che nessuna difficoltà poteva dissuaderlo dall'intraprendere un'impresa,

o nessun pericolo poteva terrorizzarlo durante la sua esecuzione. Era pio senza affettazione

e umano senza debolezza; audace sul campo, mite nella vita domestica, di ingegno

penetrante, attivo nello spirito e risoluto in tutte le sue imprese.

Ad accrescere l'afflizione dei protestanti, poco dopo il capitano Gianavel fu ferito in

modo tale da essere costretto a rimanere a letto. I protestanti, tuttavia, trassero nuovo

coraggio dalle disgrazie e, decidendo di non lasciarsi abbattere, attaccarono con grande

intrepidezza un corpo di truppe papali; i protestanti erano molto inferiori di numero, ma

combatterono con più determinazione dei papisti e alla fine li sbaragliarono con un

notevole massacro. Durante l'azione, un sergente di nome Michele Bertino rimase ucciso;

130


Il Libro dei Martiri di Foxe

il figlio, che gli era vicino, balzò al suo posto e disse: "Ho perso mio padre; ma coraggio,

compagni, Dio è un padre per tutti noi".

Si verificarono anche diverse scaramucce tra le truppe di La Torre e Tagliaretto e le

forze protestanti, che in generale si conclusero a favore di queste ultime.

Un gentiluomo protestante, di nome Andrion, mise in piedi un reggimento di cavalli

e ne assunse il comando. Il sieur Giovanni Leger convinse un gran numero di protestanti a

costituirsi in compagnie di volontari e un eccellente ufficiale, di nome Michelin, istituì

diverse bande di truppe leggere. Questi, uniti ai resti delle truppe protestanti veterane

(poiché un gran numero di soldati era andato perduto nelle varie battaglie, scaramucce,

assedi, ecc.

I comandanti romano-cattolici, allarmati dal formidabile aspetto e dalla maggiore

forza delle forze protestanti, decisero, se possibile, di sloggiarle dal loro accampamento. A

tal fine misero insieme una grande forza, composta dalla maggior parte delle guarnigioni

delle città cattoliche, dai soldati delle brigate irlandesi, da un gran numero di regolari inviati

dal marchese di Pianessa, dalle truppe ausiliarie e dalle compagnie indipendenti.

Questi, dopo aver formato un'unione, si accamparono vicino ai protestanti e passarono

diversi giorni a convocare consigli di guerra e a discutere sul modo più opportuno di

procedere. Alcuni erano favorevoli a saccheggiare il paese per attirare i protestanti dal loro

accampamento; altri erano favorevoli ad aspettare pazientemente di essere attaccati; un

terzo gruppo era favorevole ad assaltare l'accampamento protestante e a cercare di

diventare padrone di tutto ciò che vi si trovava.

L'ultima di esse prevalse e la mattina successiva alla decisione fu fissata la data per la

sua esecuzione. Le truppe cattoliche romane furono quindi separate in quattro divisioni, tre

delle quali dovevano attaccare in luoghi diversi, mentre la quarta doveva rimanere come

corpo di riserva per agire secondo le necessità. Uno degli ufficiali cattolici romani, prima

dell'attacco, ha così arringato i suoi uomini:

"Compagni soldati, state per intraprendere una grande azione, che vi porterà fama e

ricchezza. I motivi che vi spingono ad agire con spirito sono anch'essi della massima

importanza: l'onore di dimostrare la vostra lealtà al vostro sovrano, il piacere di spargere

sangue eretico e la prospettiva di saccheggiare il campo protestante. Quindi, miei valorosi

compagni, attaccate, non date tregua, uccidete tutti quelli che incontrate e prendete tutti

quelli che vi capitano a tiro".

Dopo questo discorso disumano iniziò l'ingaggio e il campo protestante fu attaccato

in tre punti con una furia inconcepibile. Il combattimento fu mantenuto con grande

ostinazione e perseveranza da entrambe le parti, continuando senza interruzione per quattro

131


Il Libro dei Martiri di Foxe

ore: le diverse compagnie di entrambi gli schieramenti si davano alternativamente il

cambio, mantenendo così un fuoco continuo durante tutta l'azione.

Durante l'ingaggio delle armate principali, un distaccamento fu inviato dal corpo di

riserva per attaccare la postazione di Castelas, che, se i papisti avessero conquistato,

avrebbe dato loro il comando delle valli di Perosa, San Martino e Lucerna; ma furono

respinti con gravi perdite e costretti a tornare al corpo di riserva, da cui erano stati distaccati.

Poco dopo il ritorno di questo distaccamento, le truppe romano-cattoliche, essendo

duramente pressate nella battaglia principale, mandarono a chiamare il corpo di riserva

perché venisse in loro aiuto. Queste marciarono immediatamente in loro aiuto e per un po'

di tempo rimasero in dubbio, ma alla fine il valore dei protestanti prevalse e i papisti furono

completamente sconfitti, con una perdita di circa trecento uomini uccisi e molti altri feriti.

Quando il sindaco di Lucerna, che era sì papista, ma non bigotto, vide il gran numero

di feriti portati in città, esclamò: "Ah! Pensavo che i lupi divorassero gli eretici, ma ora

vedo che gli eretici mangiano i lupi". Questa espressione fu riferita a M. Marolles, il

comandante in capo dei cattolici romani a Lucerna, che inviò una lettera molto severa e

minacciosa al sindaco, il quale fu talmente terrorizzato che lo spavento lo gettò nella febbre

e morì in pochi giorni.

Questa grande battaglia fu combattuta poco prima del raccolto, quando i papisti,

esasperati per la disgrazia subita e decisi a qualsiasi tipo di vendetta, si sparpagliarono di

notte in gruppi distaccati sui migliori campi di grano dei protestanti e li incendiarono in

vari punti. Alcuni di questi gruppi di sbandati, tuttavia, soffrirono per la loro condotta; i

protestanti, infatti, allarmati durante la notte dal divampare del fuoco tra il grano,

inseguirono i fuggitivi la mattina presto e, sorpassandone molti, li misero a morte. Anche

il capitano protestante Bellin, per rappresaglia, si recò con un corpo di truppe leggere e

bruciò i sobborghi di La Torre, ritirandosi poi con poche perdite.

Pochi giorni dopo, il capitano Bellin, con un corpo di truppe molto più forte, attaccò

la stessa città di La Torre e, aperta una breccia nel muro del convento, i suoi uomini

entrarono, spingendo la guarnigione nella cittadella e bruciando sia la città che il convento.

Dopo aver fatto questo, si ritirarono regolarmente, non potendo ridurre la cittadella per

mancanza di cannoni.

Un Resoconto delle Persecuzioni di Michele de Molinos, nativo della Spagna

Michele de Molinos, spagnolo di ricca e onorata famiglia, entrò da giovane negli

ordini sacerdotali, ma non volle accettare alcuna preferenza nella Chiesa. Possedeva grandi

capacità naturali, che dedicò al servizio dei suoi simili, senza alcuna prospettiva di

guadagno per sé. Il suo corso di vita fu pio e uniforme; non esercitò nemmeno quelle

austerità che sono comuni tra gli ordini religiosi della Chiesa di Roma.

132


Il Libro dei Martiri di Foxe

Essendo di indole contemplativa, seguì la strada dei divinatori mistici e, dopo aver

acquisito una grande reputazione in Spagna, desideroso di propagare il suo sublime modo

di devozione, lasciò il suo Paese e si stabilì a Roma. Qui si legò ben presto ad alcuni dei

più illustri letterati, che approvarono a tal punto le sue massime religiose da contribuire ad

aiutarlo a diffonderle; e, in breve tempo, ottenne un gran numero di seguaci che, per il

modo sublime della loro religione, si distinsero con il nome di Quietisti.

Nel 1675 Molinos pubblicò un libro intitolato "La Guida Spirituale", a cui erano

allegate lettere di raccomandazione di diversi grandi personaggi. Una di queste era

dell'arcivescovo di Reggio, una seconda del generale dei francescani e una terza di padre

Martin de Esparsa, gesuita, che era stato professore di divinità sia a Salamanca che a Roma.

Non appena il libro fu pubblicato, fu molto letto e molto apprezzato, sia in Italia che

in Spagna, e questo accrebbe talmente la reputazione dell'autore che la sua conoscenza era

ambita dai personaggi più rispettabili. Numerose persone gli scrissero lettere, così che si

stabilì una corrispondenza tra lui e coloro che approvavano il suo metodo in diverse parti

d'Europa. Alcuni sacerdoti secolari, sia a Roma che a Napoli, si dichiararono apertamente

favorevoli e lo consultarono, come una sorta di oracolo, in molte occasioni. Ma quelli che

si legarono a lui con maggiore sincerità furono alcuni dei padri dell'Oratorio, in particolare

tre dei più eminenti: Caloredi, Ciceri e Petrucci.

Anche molti cardinali corteggiavano la sua conoscenza e si ritenevano felici di essere

annoverati tra i suoi amici. Il più illustre di loro fu il cardinale d'Estrees, uomo di grande

cultura, che apprezzò così tanto le massime di Molinos da entrare in stretta relazione con

lui. I due conversavano quotidianamente e, nonostante la diffidenza che uno spagnolo ha

naturalmente nei confronti di un francese, Molinos, sincero nei suoi principi, aprì la sua

mente senza riserve al cardinale; in questo modo si stabilì una corrispondenza tra Molinos

e alcuni personaggi illustri in Francia.

Mentre Molinos si adoperava per propagare il suo modo di fare religione, padre

Petrucci scrisse diversi trattati relativi alla vita contemplativa; ma vi mescolò così tante

regole per le devozioni della Chiesa romanica, da mitigare la censura in cui sarebbe potuto

incorrere altrimenti. Furono scritti principalmente per l'uso delle monache, e quindi il senso

era espresso nello stile più facile e familiare.

Molinos aveva ormai acquisito una tale reputazione che i gesuiti e i domenicani

cominciarono ad essere molto allarmati e decisero di porre fine al progresso di questo

metodo. Per farlo, era necessario denunciare l'autore; e poiché l'eresia è un'imputazione

che fa più impressione a Roma, Molinos e i suoi seguaci vennero additati come eretici.

Alcuni gesuiti scrissero anche dei libri contro Molinos e il suo metodo, ma a tutti Molinos

rispose con spirito.

133


Il Libro dei Martiri di Foxe

Queste dispute provocarono un tale turbamento a Roma che l'intera vicenda fu presa

in considerazione dall'Inquisizione. Molinos e il suo libro, e padre Petrucci, con i suoi

trattati e le sue lettere, furono sottoposti a un severo esame; e i gesuiti furono considerati

come gli accusatori. Uno della società aveva approvato il libro di Molinos, ma gli altri si

preoccuparono di non farlo più vedere a Roma. Nel corso dell'esame sia Molinos che

Petrucci si comportarono così bene che i loro libri furono nuovamente approvati, mentre le

risposte che i gesuiti avevano scritto furono censurate come scandalose.

La condotta di Petrucci in questa occasione fu talmente approvata da accrescere non

solo il credito della causa, ma anche il suo stesso emolumento; infatti, poco dopo fu

nominato vescovo di Jesis, il che rappresentò una nuova dichiarazione del papa in loro

favore. I loro libri erano ora più stimati che mai, il loro metodo era più seguito, e la novità,

con la nuova approvazione data dopo un'accusa così vigorosa da parte dei gesuiti, tutto

contribuì ad aumentare il credito e il numero del partito.

Il comportamento di padre Petrucci nella sua nuova dignità contribuì notevolmente ad

accrescere la sua reputazione, tanto che i suoi nemici non erano disposti a dargli ulteriore

disturbo; e, in effetti, i suoi scritti offrirono meno occasioni di censura di quelli di Molinos.

Alcuni passaggi di quest'ultimo non erano espressi con la stessa cautela, ma c'era spazio

per fare delle eccezioni; mentre, d'altro canto, Petrucci si spiegava così bene da eliminare

facilmente le obiezioni mosse ad alcune parti della sua lettera.

La grande fama acquisita da Molinos e Petrucci fece aumentare ogni giorno i quietisti.

Tutti coloro che erano ritenuti sinceramente devoti, o che almeno ne avevano la reputazione,

venivano annoverati tra questi. Se si osservava che queste persone diventavano più rigorose

nella loro vita e nelle loro devozioni mentali, tuttavia appariva meno zelo nel loro

comportamento complessivo nelle parti esteriori delle cerimonie della Chiesa. Non erano

così assidui nella celebrazione della Messa, né così impegnati nel procurare Messe per i

loro amici; né erano così frequenti nella confessione o nelle processioni.

Sebbene la nuova approvazione data dall'Inquisizione al libro di Molinos avesse

frenato l'azione dei suoi nemici, essi erano ancora inveterati contro di lui e decisi, se

possibile, a rovinarlo. Insinuavano che egli avesse cattivi disegni e che fosse, in cuor suo,

nemico della religione cristiana: che, con la scusa di elevare gli uomini a una sublime

devozione, intendesse cancellare dalle loro menti il senso dei misteri del cristianesimo. E

poiché era uno spagnolo, si disse che discendeva da una razza ebraica o maomettana, e che

poteva portare nel sangue o nella sua prima educazione qualche germe di quelle religioni

che poi aveva coltivato con arte e zelo. Quest'ultima calunnia ottenne poco credito a Roma,

anche se si dice che fu inviato un ordine di esaminare i registri del luogo in cui Molinos fu

battezzato.

134


Il Libro dei Martiri di Foxe

Molinos, trovandosi attaccato con grande vigore e con la più implacabile cattiveria,

prese tutte le precauzioni necessarie per evitare che queste imputazioni venissero

accreditate. Scrisse un trattato intitolato "Comunione frequente e quotidiana", che fu

approvato anche da alcuni dei più dotti del clero romanista. Questo fu stampato insieme

alla sua Guida Spirituale, nell'anno 1675; nella prefazione dichiarò di non averlo scritto

con l'intenzione di impegnarsi in questioni di controversia, ma che gli era stato suggerito

dalle accorate sollecitazioni di molte persone pie.

I gesuiti, falliti i tentativi di schiacciare il potere di Molinos a Roma, si rivolsero alla

corte di Francia, dove, in breve tempo, riuscirono a tal punto da inviare un ordine al

cardinale d'Estrees, ordinandogli di perseguire Molinos con tutto il rigore possibile. Il

cardinale, pur essendo così fortemente legato a Molinos, decise di sacrificare tutto ciò che

è sacro nell'amicizia alla volontà del suo padrone. Tuttavia, poiché non c'era materia

sufficiente per un'accusa contro di lui, decise di colmare lui stesso questa lacuna. Si recò

quindi dagli inquisitori e li informò di diversi particolari, non solo relativi a Molinos, ma

anche a Petrucci, i quali, insieme a diversi loro amici, furono messi nell'Inquisizione.

Quando furono portati davanti agli inquisitori (era l'inizio dell'anno 1684), Petrucci

rispose alle rispettive domande con tanto giudizio e temperamento che fu presto congedato;

e sebbene l'esame di Molinos fosse stato molto più lungo, ci si aspettava che sarebbe stato

anch'egli congedato: ma così non fu. Sebbene gli inquisitori non avessero alcuna accusa

giusta contro di lui, tuttavia si sforzarono di trovarlo colpevole di eresia. In primo luogo

gli contestarono di aver tenuto una corrispondenza in diverse parti d'Europa; ma di questo

fu assolto, poiché la materia di quella corrispondenza non poteva essere considerata

criminale. In seguito, si concentrarono su alcune carte sospette trovate nella sua camera,

ma Molinos spiegò così chiaramente il loro significato che non si poté fare nulla a suo

discapito.

Alla fine il cardinale d'Estrees, dopo aver esibito l'ordine inviatogli dal re di Francia

di perseguire Molinos, disse di poter provare contro di lui più di quanto fosse necessario

per convincerli che era colpevole di eresia. Per fare ciò, ha travisato il significato di alcuni

passaggi dei libri e dei documenti di Molinos e ha raccontato molte circostanze false e

aggravanti relative al prigioniero. Riconosceva di aver vissuto con lui sotto l'apparenza di

un'amicizia, ma solo per scoprire i suoi principi e le sue intenzioni: aveva scoperto che

erano di cattiva natura e che ne sarebbero derivate conseguenze pericolose; ma per fare una

scoperta completa, aveva acconsentito a diverse cose che, in cuor suo, detestava; e che, con

questi mezzi, aveva visto i segreti di Molinos, ma aveva deciso di non prenderne atto, fino

a quando non si fosse presentata l'occasione giusta per schiacciare lui e i suoi seguaci.

In seguito alla testimonianza di d'Estree, Molinos fu confinato dall'Inquisizione, dove

rimase per qualche tempo, durante il quale tutto era tranquillo e i suoi seguaci continuavano

135


Il Libro dei Martiri di Foxe

la loro attività senza interruzioni. Ma all'improvviso i gesuiti decisero di estirparli e la

tempesta si scatenò con la massima veemenza.

Il conte Vespiniani e la sua signora, don Paoloo Rocchi, confessore del principe

Borghese, e alcuni della sua famiglia, con diverse altre persone, (in tutto settanta) furono

sottoposti all'Inquisizione, tra cui molti erano molto stimati per la loro cultura e pietà.

L'accusa rivolta al clero era di aver trascurato di recitare il breviario, mentre gli altri erano

accusati di andare alla Comunione senza essersi prima confessati. In una parola, si diceva

che trascuravano tutte le parti esteriori della religione e si dedicavano completamente alla

solitudine e alla preghiera interiore.

La contessa Vespiniani si impegnò in modo molto particolare durante l'esame davanti

agli inquisitori. Disse che non aveva mai rivelato il suo metodo di devozione a nessun altro

mortale se non al suo confessore, e che era impossibile che lo conoscessero senza che lui

ne scoprisse il segreto; che, quindi, era tempo di rinunciare a confessarsi, se i sacerdoti

facevano questo uso, per scoprire i pensieri più segreti a loro affidati; e che, per il futuro,

si sarebbe confessata solo a Dio.

In seguito a questo discorso animato e al grande rumore provocato dalla situazione

della contessa, gli inquisitori ritennero più prudente congedare sia lei che il marito, per

evitare che il popolo si incattivisse e che le sue parole diminuissero il credito della

confessione. Furono quindi entrambi congedati, ma con l'obbligo di presentarsi ogni volta

che sarebbero stati chiamat i.

Oltre a quelli già citati, tale fu l'inveteratezza dei gesuiti contro i quietisti che, nel giro

di un mese, più di duecento persone furono messe sotto inquisizione; e quel metodo di

devozione che era passato in Italia come il più elevato a cui i mortali potessero aspirare, fu

ritenuto eretico e i suoi principali promotori confinati in una misera prigione.

Al fine di estirpare, se possibile, il Quietismo, gli inquisitori inviarono una lettera

circolare al cardinale Cibo, in qualità di ministro capo, per disperderlo in tutta Italia. La

lettera, indirizzata a tutti i prelati, li informava che, poiché in varie parti d'Italia erano state

istituite molte scuole e confraternite in cui alcune persone, con la scusa di condurre le

persone nelle vie dello Spirito e alla preghiera della quiete, inculcavano loro molte

abominevoli eresie, era stato dato l'ordine di sciogliere tutte quelle società e di obbligare le

guide spirituali a percorrere le vie conosciute; e, in particolare, di fare in modo che nessuno

di quella specie fosse autorizzato ad avere la direzione dei conventi. Fu dato anche l'ordine

di procedere, secondo giustizia, contro coloro che si fossero resi colpevoli di questi

abominevoli errori.

In seguito fu condotta un'inchiesta rigorosa in tutti i conventi di Roma, quando si

scoprì che la maggior parte dei direttori e dei confessori era dedita a questo nuovo metodo.

136


Il Libro dei Martiri di Foxe

Si scoprì che le Carmelitane, le monache della Concezione e quelle di molti altri conventi

erano completamente dedite all'orazione e alla contemplazione e che, invece di usare le

loro perline e le altre devozioni ai santi o alle immagini, erano molto sole e spesso in

preghiera mentale; quando si chiedeva loro perché avessero abbandonato l'uso delle perline

e delle loro antiche forme, la risposta era che i loro direttori avevano consigliato loro di

farlo. Informata di ciò l'Inquisizione inviò l'ordine che tutti i libri scritti nella stessa linea

di quelli di Molinos e Petrucci venissero loro tolti e che fossero costretti a ritornare alla

loro forma originale di devozione.

La lettera circolare inviata al cardinale Cibo non produsse grandi effetti, poiché la

maggior parte dei vescovi italiani era incline al metodo di Molinos. Era previsto che questa,

così come tutti gli altri ordini degli inquisitori, fossero tenuti segreti; ma nonostante tutte

le loro attenzioni, ne furono stampate delle copie, che furono disperse nella maggior parte

delle principali città d'Italia. Questo fatto mise in grande agitazione gli inquisitori, che

usarono tutti i metodi possibili per nascondere le loro azioni alla conoscenza del mondo.

Essi incolparono il cardinale e lo accusarono di esserne la causa; ma egli replicò loro e il

suo segretario addossò la colpa a entrambi.

Durante queste operazioni, Molinos subì grandi indignazioni da parte degli ufficiali

dell'Inquisizione; e l'unico conforto che ricevette fu quello di essere talvolta visitato da

padre Petrucci.

Sebbene avesse vissuto per alcuni anni nella più alta reputazione a Roma, ora era tanto

disprezzato quanto ammirato, essendo generalmente considerato come uno dei peggiori

eretici.

La maggior parte dei seguaci di Molinos, che erano stati messi nell'Inquisizione,

avendo abiurato il suo modo, furono allontanati; ma un destino più duro attendeva Molinos,

il loro capo.

Dopo aver trascorso un periodo di tempo considerevole in prigione, fu infine condotto

di nuovo davanti agli inquisitori per rispondere a una serie di articoli esposti contro di lui

a partire dai suoi scritti. Non appena si presentò in tribunale, gli fu messa una catena intorno

al corpo e un lume di cera in mano, quando due frati lessero ad alta voce gli articoli di

accusa. Molinos rispose a ciascuno di essi con grande fermezza e risolutezza; e nonostante

le sue argomentazioni avessero sconfitto completamente la forza di tutti, fu dichiarato

colpevole di eresia e condannato al carcere a vita.

Quando lasciò la corte fu assistito da un sacerdote, che lo aveva portato il massimo

rispetto. Arrivato in prigione, entrò nella cella destinata alla sua reclusione con grande

tranquillità e, congedandosi dal sacerdote, gli si rivolse in questo modo: "Addio, padre, ci

137


Il Libro dei Martiri di Foxe

incontreremo di nuovo nel giorno del giudizio e allora si vedrà da che parte sta la verità, se

dalla mia o dalla tua".

Durante la sua prigionia, fu più volte torturato nel modo più crudele, finché, alla fine,

la severità delle punizioni sopraffece le sue forze e pose fine alla sua esistenza.

La morte di Molinos colpì talmente i suoi seguaci che la maggior parte di loro abiurò

presto il suo modo di fare; e grazie all'assiduità dei gesuiti, il quietismo fu totalmente

estirpato in tutto il Paese.

138


Il Libro dei Martiri di Foxe

Capitolo VII - Un Resoconto della Vita e delle

Persecuzioni di Giovanni Wickliffe

Non sarà inopportuno dedicare alcune pagine di questo lavoro a un breve dettaglio

della vita di alcuni di quegli uomini che per primi si fecero avanti, incuranti del potere

bigotto che si opponeva a ogni riforma, per arginare il tempo della corruzione papale e per

sigillare con il loro sangue le pure dottrine del Vangelo.

Tra questi, la Gran Bretagna ha l'onore di prendere l'iniziativa e di mantenere per

prima quella libertà nelle controversie religiose che ha stupito l'Europa e che ha dimostrato

che la libertà politica e quella religiosa sono ugualmente la crescita di quell'isola favorita.

Tra i primi di questi eminenti personaggi c'è stato

Giovanni Wickliffe

Questo celebre riformatore, chiamato "Stella del mattino della Riforma", nacque

intorno all'anno 1324, sotto il regno di Edoardo II. Delle sue origini non si hanno notizie

certe. I suoi genitori, che lo volevano educare alla Chiesa, lo mandarono al Queen's College

di Oxford, fondato in quel periodo da Roberto Eaglesfield, confessore della regina Filippi.

Ma non trovando in quella casa di nuova fondazione i vantaggi di studio che si aspettava,

si trasferì al Merton College, che allora era considerato una delle società più dotte d'Europa.

Il primo evento degno di nota che lo portò alla ribalta pubblica fu la sua difesa

dell'università contro i frati mendicanti che, da quando si erano stabiliti a Oxford nel 1230,

erano diventati fastidiosi vicini dell'università. Le lotte erano continuamente fomentate: i

frati si appellavano al Papa, gli studiosi al potere civile; e a volte prevaleva una parte, a

volte l'altra. I frati si appassionarono all'idea che Cristo fosse un comune mendicante, che

anche i suoi discepoli fossero mendicanti e che la mendicità fosse un'istituzione del

Vangelo. Questa dottrina veniva esortata dal pulpito e ovunque avessero accesso.

Wickliffe aveva a lungo disprezzato questi frati religiosi per la pigrizia della loro vita,

e aveva ora una buona occasione per smascherarli. Pubblicò un trattato contro la mendicità,

in cui sferzava i frati e dimostrava che non erano solo un rimprovero alla religione, ma

anche alla società umana. L'università cominciò a considerarlo uno dei suoi primi campioni,

e fu presto promosso alla direzione del Baliol College.

In questo periodo, l'arcivescovo Islip fondò la Canterbury Hall, a Oxford, dove stabilì

un direttore e undici studiosi. A questo incarico Wickliffe fu eletto dall'arcivescovo, ma

alla sua morte fu sostituito dal suo successore, Stephen Langham, vescovo di Ely. Poiché

la vicenda presentava un certo grado di palese ingiustizia, Wickliffe si appellò al papa, che

in seguito lo condannò per la seguente causa: Edoardo III, allora re d'Inghilterra, aveva

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Il Libro dei Martiri di Foxe

ritirato il tributo, che dai tempi di re Giovanni era stato versato al papa. Il papa minacciò;

Edoardo convocò un parlamento. Il parlamento decise che re Giovanni aveva fatto una cosa

illegale, rinunciando ai diritti della nazione, e consigliò al re di non sottomettersi,

qualunque fossero le conseguenze.

Il clero cominciò a scrivere a favore del papa e un monaco colto pubblicò un trattato

spiritoso e plausibile, che ebbe molti sostenitori. Wickliffe, irritato nel vedere una causa

così cattiva così ben difesa, si oppose al monaco, e lo fece in modo così magistrale che non

fu più considerato inattaccabile. La sua causa a Roma fu immediatamente decisa contro di

lui; e nessuno dubitava che la sua opposizione al papa, in un periodo così critico, fosse la

vera causa della sua mancata causa a Roma.

Wickliffe fu poi eletto alla cattedra di divinità e, ormai pienamente convinto degli

errori della Chiesa romanica e delle nefandezze dei suoi agenti monastici, decise di

smascherarli. In conferenze pubbliche sferzò i loro vizi e si oppose alle loro follie. Svelò

una varietà di abusi coperti dalle tenebre della superstizione. All'inizio cominciò a

sciogliere i pregiudizi del volgo, procedendo lentamente; alle disquisizioni metafisiche

dell'epoca mescolò opinioni sulla divinità apparentemente nuove. Le usurpazioni della

corte di Roma erano l'argomento preferito. Su questi argomenti analizzò ed espose con

tutta l'acutezza dell'argomentazione, unita al ragionamento logico. Questo gli procurò ben

presto il clamore del clero che, con l'arcivescovo di Canterbury, lo privò della sua carica.

In quel periodo l'amministrazione degli affari era nelle mani del duca di Lancaster,

ben noto con il nome di Giovanni di Gaunt. Questo principe aveva una concezione molto

libera della religione ed era inimicato con il clero. Poiché le esazioni della corte di Roma

erano diventate molto onerose, decise di inviare il vescovo di Bangor e Wickliffe per

protestare contro questi abusi e fu concordato che il papa non avrebbe più dovuto disporre

di alcun beneficio appartenente alla Chiesa d'Inghilterra. In questa ambasciata, la mente

attenta di Wickliffe penetrò nella costituzione e nella politica di Roma, e tornò più che mai

deciso a smascherarne l'avarizia e l'ambizione.

Dopo aver recuperato la sua situazione precedente, nelle sue conferenze si scagliò

contro il papa, la sua usurpazione, la sua infallibilità, il suo orgoglio, la sua avarizia e la

sua tirannia. Fu il primo a definire il papa Anticristo. Dal papa passava allo sfarzo, al lusso

e agli orpelli dei vescovi, confrontandoli con la semplicità dei vescovi primitivi. Le loro

superstizioni e i loro inganni erano argomenti che egli affrontava con energia mentale e

precisione logica.

Grazie al patrocinio del duca di Lancaster, Wickliffe ricevette un buon beneficio; ma

non appena si fu stabilito nella sua parrocchia, i suoi nemici e i vescovi cominciarono a

perseguitarlo con rinnovato vigore. Il duca di Lancaster era suo amico in questa

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Il Libro dei Martiri di Foxe

persecuzione e, con la sua presenza e quella di Signor Percy, conte maresciallo d'Inghilterra,

dominò a tal punto il processo che tutto finì in disordine.

Alla morte di Edoardo III successe il nipote Riccardo II, all'undicesimo anno di età.

Non ottenendo il duca di Lancaster di essere l'unico reggente, come si aspettava, il suo

potere cominciò a declinare e i nemici di Wickliffe, approfittando della circostanza,

rinnovarono i loro articoli di accusa contro di lui. Di conseguenza, il papa inviò cinque

bolle al re e ad alcuni vescovi, ma la reggenza e il popolo manifestarono uno spirito di

disprezzo per l'altezzosità del pontefice, e il primo, non avendo denaro per opporsi alla

prevista invasione dei francesi, propose di destinare a tale scopo una grossa somma raccolta

per uso del papa. La questione fu sottoposta alla decisione di Wickliffe. I vescovi, tuttavia,

sostenuti dall'autorità papale, insistettero per processare Wickliffe, che stava per essere

esaminato a Lambet, quando, a causa del comportamento tumultuoso della popolazione, e

intimoriti dall'ordine di Signor Lewis Clifford, un gentiluomo di corte, di non procedere ad

alcuna sentenza definitiva, conclusero l'intera faccenda con la proibizione a Wickliffe di

predicare quelle dottrine che erano odiose al Papa; Ma questo fu deriso dal nostro

riformatore che, andando in giro a piedi nudi e con un lungo abito a fregio, predicò con più

veemenza di prima.

Nell'anno 1378 sorse una contesa tra due papi, Urbano VI e Clemente VII, per stabilire

quale fosse il papa legittimo e vero vicegerente di Dio. Questo fu un periodo favorevole

per l'esercizio dei talenti di Wicliffe: egli produsse presto un trattato contro il papato, che

fu letto avidamente da ogni genere di persone.

Verso la fine dell'anno, Wickliffe fu colto da un violento malore che si temeva potesse

essergli fatale. I frati mendicanti, accompagnati da quattro dei più eminenti cittadini di

Oxford, entrarono nella sua camera da letto e lo pregarono di ritrattare, per il bene della

sua anima, le cose ingiuste che aveva affermato sul loro ordine. Wickliffe, sorpreso dal

solenne messaggio, si sollevò dal letto e con un volto severo rispose: "Non morirò, ma

vivrò per dichiarare le malefatte dei frati".

Quando Wickliffe si riprese, intraprese un'opera importantissima, la traduzione della

Bibbia in inglese. Prima che quest'opera apparisse, pubblicò un trattato in cui ne dimostrava

la necessità. Lo zelo dei vescovi per sopprimere le Scritture ne favorì notevolmente la

vendita, e coloro che non erano in grado di acquistare copie, si procuravano trascrizioni di

particolari Vangeli o Epistole. In seguito, quando la Lollardia aumentava e le fiamme

divampavano, era pratica comune legare al collo dell'eretico condannato gli stralci di

Scrittura che si trovavano in suo possesso e che in genere condividevano la sua sorte.

Subito dopo questa operazione, Wickliffe fece un ulteriore passo in avanti, e toccò la

dottrina della transustanziazione. Questa strana opinione era stata inventata da Paschade

Radbert e affermata con sorprendente audacia. Wickliffe, nella sua conferenza davanti

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Il Libro dei Martiri di Foxe

all'Università di Oxford, nel 1381, attaccò questa dottrina e pubblicò un trattato

sull'argomento. Il dottor Barton, all'epoca vice-cancelliere di Oxford, riunendo i capi

dell'università, condannò le dottrine di Wickliffe come eretiche e minacciò il loro autore di

scomunica. Wickliffe non poteva più contare sul sostegno del duca di Lancaster e, invitato

a comparire davanti al suo vecchio avversario, Guillermo Courteney, ora arcivescovo di

Canterbury, si riparò sostenendo che, in quanto membro dell'università, era esente dalla

giurisdizione episcopale. L'argomentazione fu accolta, poiché l'università era decisa a

sostenere il proprio membro.

La corte si riunì all'ora stabilita, decisa almeno a giudicare le sue opinioni, e alcune le

condannò come erronee, altre come eretiche. Alla pubblicazione su questo argomento

rispose immediatamente Wickliffe, che era diventato oggetto della decisa cattiveria

dell'arcivescovo. Il re, sollecitato dall'arcivescovo, concesse la licenza di imprigionare

l'insegnante di eresia, ma i comitati fecero revocare al re l'atto in quanto illegale. Il primate,

tuttavia, ottenne dal re una lettera che ordinava al capo dell'Università di Oxford di cercare

tutte le eresie e i libri pubblicati da Wickliffe; in seguito a quest'ordine, l'università divenne

teatro di tumulti. Si suppone che Wickliffe si sia ritirato dalla tempesta in una zona oscura

del regno. I semi, tuttavia, si dispersero e le opinioni di Wickliffe erano così diffuse che si

diceva che se si incontravano due persone per strada, si poteva essere certi che una era un

Lollardo. In questo periodo continuarono le dispute tra i due papi. Urbano pubblicò una

bolla in cui invitava caldamente tutti coloro che avevano un minimo di riguardo per la

religione a impegnarsi per la sua causa e a prendere le armi contro Clemente e i suoi seguaci

per difendere la Santa Sede.

Una guerra, in cui il nome della religione era così vilmente prostituito, suscitò

l'inclinazione di Wickliffe, anche in età avanzata. Prese di nuovo la penna e scrisse contro

di essa con la massima acrimonia. Si confronta con il Papa in modo molto libero e gli

chiede con coraggio: "Come ha potuto fare del segno di Cristo sulla croce (che è il segno

della pace, della misericordia e della carità) un vessillo per indurci a uccidere uomini

cristiani, per amore di due falsi sacerdoti, e a opprimere la cristianità peggio di quanto

Cristo e i suoi apostoli siano stati oppressi dagli ebrei? Quando", disse, "l'orgoglioso

sacerdote di Roma concederà indulgenze agli uomini per vivere in pace e carità, come ora

fa per combattere e uccidersi l'un l'altro?".

Questa grave ferita gli attirò il risentimento di Urbano e avrebbe potuto coinvolgerlo

in problemi più grandi di quelli che aveva vissuto prima, ma provvidenzialmente fu liberato

dalle loro mani. Fu colpito dalla paralisi e, sebbene vivesse ancora per qualche tempo, fu

in modo tale che i suoi nemici lo considerarono una persona al di sotto del loro risentimento.

Wickliffe tornò in breve tempo, o dal suo esilio o da qualche altro luogo dove era

tenuto segretamente, nella sua parrocchia di Lutterworth, dove era parroco; e lì, lasciando

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Il Libro dei Martiri di Foxe

tranquillamente questa vita mortale, si addormentò in pace nel Signore, alla fine dell'anno

1384, nel giorno di San Silvestro. Sembra che fosse ben maturo prima di andarsene, "e che

la stessa cosa gli piacesse nella sua vecchiaia, che gli piaceva da giovane".

Wickliffe ebbe motivo di ringraziarli perché lo risparmiarono almeno fino alla morte

e gli diedero anche una tregua così lunga dopo la sua morte, quarantuno anni per riposare

nel suo sepolcro prima che lo sventrassero e lo trasformassero da terra in cenere, cenere

che presero e gettarono nel fiume. E così lo ridussero in tre elementi, terra, fuoco e acqua,

pensando così di estinguere e abolire per sempre sia il nome che la dottrina di Wickliffe.

Un esempio non molto diverso da quello dei vecchi farisei e cavalieri del sepolcro che,

dopo aver portato il Signore nella tomba, pensavano di fare in modo che non risorgesse

mai più. Ma costoro e tutti gli altri devono sapere che, come non c'è consiglio contro il

Signore, così non c'è freno alla verità, ma che essa spunterà e nascerà dalla polvere e dalla

cenere, come è apparso bene in quest'uomo; infatti, anche se hanno dissotterrato il suo

corpo, bruciato le sue ossa e affogato le sue ceneri, non hanno potuto bruciare la Parola di

Dio e la verità della sua dottrina, con il suo frutto e il suo successo.

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Capitolo VIII - Un Resoconto delle Persecuzioni in

Boemia sotto il Papato

I pontefici romani, avendo usurpato il potere su diverse chiese, furono particolarmente

severi con i boemi, il che li spinse a inviare a Roma, nell'anno 977, due ministri e quattro

fratelli laici per ottenere una riparazione dal papa. Dopo un po' di tempo, la loro richiesta

fu accolta e le loro rimostranze furono soddisfatte. Due cose in particolare furono loro

concesse: di far celebrare il servizio divino nella loro lingua e di dare il calice ai laici nel

sacramento.

Le dispute, tuttavia, scoppiarono presto di nuovo, con i papi che si succedettero che

esercitavano tutto il loro potere per imporre le menti dei boemi, e questi ultimi che, con

grande spirito, miravano a preservare le loro libertà religiose.

Nel 1375, alcuni zelanti amici del Vangelo chiesero a Carlo, re di Boemia, di

convocare un Concilio ecumenico per indagare sugli abusi che si erano insinuati nella

Chiesa e per operare una piena e completa riforma. Il re, non sapendo come procedere, si

rivolse al papa per avere indicazioni su come agire; ma il pontefice era talmente incattivito

da questa vicenda che la sua unica risposta fu: "Punisci severamente quegli eretici avventati

e profani". Il monarca, di conseguenza, bandì tutti coloro che erano stati coinvolti nella

richiesta e, per obbligare il papa, pose un gran numero di ulteriori restrizioni alle libertà

religiose del popolo.

Le vittime della persecuzione, tuttavia, non furono così numerose in Boemia fino al

rogo di Giovanni Huss e Girolamo di Praga. Questi due eminenti riformatori furono

condannati e giustiziati su istigazione del Papa e dei suoi emissari, come il lettore potrà

notare dai seguenti brevi schizzi delle loro vite.

Persecuzione di Giovanni Huss

Giovanni Huss nacque a Hussenitz, un villaggio della Boemia, intorno all'anno 1380.

I suoi genitori gli impartirono la migliore educazione che le loro condizioni potessero

consentire; dopo aver acquisito una discreta conoscenza dei classici in una scuola privata,

fu trasferito all'università di Praga, dove diede ben presto prova delle sue capacità mentali

e si distinse per la diligenza e l'impegno nello studio.

Nel 1398, Huss iniziò la laurea in divinità e fu successivamente scelto come pastore

della Chiesa di Betlemme, a Praga, e come decano e rettore dell'università. In questi

incarichi svolse le sue mansioni con grande fedeltà e si fece notare per la sua predicazione,

conforme alle dottrine di Wickliffe, tanto da non poter sfuggire a lungo all'attenzione del

Papa e dei suoi seguaci, contro i quali inveiva con non poca asprezza.

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Il riformista inglese Wickliffe aveva acceso la luce della riforma, che cominciò a

illuminare gli angoli più bui del papismo e dell'ignoranza. Le sue dottrine si diffusero in

Boemia e furono ben accolte da un gran numero di persone, ma da nessuno in particolare

come Giovanni Huss e il suo zelante amico e compagno di martirio, Girolamo di Praga.

L'arcivescovo di Praga, vedendo che i riformisti aumentavano di giorno in giorno,

emanò un decreto per sopprimere l'ulteriore diffusione degli scritti di Wickliffe; ma questo

ebbe un effetto del tutto diverso da quello che si aspettava, perché stimolò gli amici di

quelle dottrine a un maggiore zelo, e quasi tutta l'università si unì per propagarle.

Essendo fortemente legato alle dottrine di Wickliffe, Huss si oppose al decreto

dell'arcivescovo, il quale, però, alla fine ottenne dal papa una bolla che lo incaricava di

impedire la pubblicazione delle dottrine di Wickliffe nella sua provincia. In virtù di questa

bolla, l'arcivescovo condannò gli scritti di Wickliffe; procedette anche contro quattro

dottori, che non avevano consegnato le copie di quel divino, e vietò loro, nonostante i loro

privilegi, di predicare a qualsiasi congregazione. Il dottor Huss, insieme ad altri membri

dell'università, protestò contro questi procedimenti e presentò un appello contro la sentenza

dell'arcivescovo.

Il Papa, informato della vicenda, concesse al cardinale Colonna l'incarico di citare

Giovanni Huss a comparire personalmente alla corte di Roma per rispondere alle accuse

mosse contro di lui di predicare errori ed eresie. Il dottor Huss desiderava essere esonerato

da una comparizione personale e godeva di un grande favore in Boemia, tanto che il re

Winceslao, la regina, la nobiltà e l'università desideravano che il papa si esimesse da tale

comparizione, e che non permettesse al regno di Boemia di trovarsi sotto l'accusa di eresia,

ma che permettesse loro di predicare il Vangelo con libertà nei loro luoghi di culto.

Tre procuratori sono comparsi per il Dr. Huss davanti al Cardinale Colonna. Si

sforzarono di giustificare la sua assenza e si dissero pronti a rispondere in suo favore. Ma

il cardinale dichiarò Huss contumace e lo scomunicò di conseguenza. I procuratori si

appellarono al Papa, che nominò quattro cardinali per esaminare il processo: questi

commissari confermarono la sentenza precedente ed estesero la scomunica non solo a Huss

ma anche a tutti i suoi amici e seguaci.

Da questa ingiusta sentenza Huss si appellò a un futuro Concilio, ma senza successo;

e, nonostante un decreto così severo e la conseguente espulsione dalla sua chiesa di Praga,

si ritirò a Hussenitz, suo luogo natale, dove continuò a promulgare la sua nuova dottrina,

sia dal pulpito che con la penna.

Le lettere che scrisse in questo periodo furono molto numerose e compilò un trattato

in cui sosteneva che la lettura dei libri dei protestanti non poteva essere assolutamente

proibita. Scrisse in difesa del libro di Wickliffe sulla Trinità e dichiarò coraggiosamente

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Il Libro dei Martiri di Foxe

contro i vizi del papa, dei cardinali e del clero di quei tempi corrotti. Scrisse anche molti

altri libri, tutti scritti con una forza di argomentazione che facilitò notevolmente la

diffusione delle sue dottrine.

Nel mese di novembre del 1414 si riunì un Concilio generale a Costanza, in Germania,

al solo scopo di risolvere una controversia in corso tra tre persone che si contendevano il

papato, ma il vero motivo era quello di stroncare i progressi della Riforma.

Giovanni Huss fu chiamato a comparire in questo Concilio e, per incoraggiarlo,

l'imperatore gli inviò un salvacondotto: la civiltà e persino la riverenza che Huss incontrò

durante il suo viaggio erano al di là di ogni immaginazione. Le strade, e a volte anche le

vie stesse, erano fiancheggiate da persone che il rispetto, più che la curiosità, aveva riunito.

Fu accolto in città con grandi acclamazioni e si può dire che attraversò la Germania in

una sorta di trionfo. Non poté fare a meno di esprimere la sua sorpresa per il trattamento

ricevuto: "Pensavo (disse) di essere un emarginato. Ora vedo che i miei peggiori amici

sono in Boemia".

Appena arrivato a Costanza, Huss prese subito alloggio in una zona isolata della città.

Poco tempo dopo il suo arrivo, arrivò uno Stefano Paletz, che era stato assunto dal clero di

Praga per gestire il processo che si voleva intentare contro di lui. A Paletz si unì poi Michele

di Cassis, da parte della corte di Roma. Questi due si dichiararono suoi accusatori e

redassero una serie di articoli contro di lui, che presentarono al Papa e ai prelati del Concilio.

Quando si seppe che si trovava in città, fu immediatamente arrestato e rinchiuso in

una camera del palazzo. Questa violazione del diritto comune e della giustizia fu

particolarmente notata da uno degli amici di Huss, che sollecitò il salvacondotto imperiale;

ma il Papa rispose che non aveva mai concesso alcun salvacondotto, né era vincolato da

quello dell'imperatore.

Mentre Huss era al confino, il Consiglio si comportò come un inquisitore.

Condannarono le dottrine di Wickliffe e ordinarono persino che i suoi resti venissero

scavati e ridotti in cenere; gli ordini furono rigorosamente eseguiti. Nel frattempo, la

nobiltà della Boemia e della Polonia intercedeva con forza per Huss, tanto da impedire la

sua condanna inascoltata, decisa dai commissari incaricati di processarlo.

Quando fu portato davanti al Concilio, furono letti gli articoli esposti contro di lui:

erano più di quaranta, e principalmente estratti dai suoi scritti.

La risposta di Giovanni Huss fu la seguente: "Mi appellai al papa; il quale, essendo

morto e rimanendo indeterminata la causa del mio problema, mi appellai anche al suo

successore Giovanni XXIII; davanti al quale, quando per due anni non potei essere

ammesso dai miei difensori a difendere la mia causa, mi appellai al sommo giudice Cristo".

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Quando Giovanni Huss ebbe pronunciato queste parole, gli fu chiesto se avesse

ricevuto o meno l'assoluzione dal Papa. Rispose: "No". Poi ancora, se fosse lecito per lui

appellarsi a Cristo o no? Al che Giovanni Huss rispose: "In verità affermo qui, davanti a

tutti voi, che non c'è appello più giusto o più efficace di quello che viene fatto a Cristo,

poiché la legge stabilisce che appellarsi non è altro che, in una causa di dolore o di torto

commesso da un giudice inferiore, implorare e richiedere l'aiuto di un giudice superiore.

Chi è dunque un giudice superiore a Cristo? Chi, dico, può conoscere o giudicare la

questione più giustamente, o con più equità? Quando in Lui non si trova inganno, né può

essere ingannato; oppure, chi può aiutare meglio di Lui i miserabili e gli oppressi?". Mentre

Giovanni Huss, con un volto devoto e sobrio, parlava e pronunciava queste parole, veniva

deriso e schernito da tutto il Consiglio.

Queste eccellenti sentenze furono considerate come altrettante espressioni di

tradimento e tendevano a infiammare i suoi avversari. Di conseguenza, i vescovi nominati

dal Concilio lo spogliarono degli abiti sacerdotali, lo degradarono, gli misero in testa una

mitra di carta, su cui erano dipinti dei diavoli, con questa iscrizione: "Un capobanda di

eretici". Quando lo vide, disse: "Il mio Signore Gesù Cristo, per amore mio, indossò una

corona di spine; perché allora non dovrei io, per amore suo, indossare di nuovo questa

corona leggera, anche se così ignominiosa? In verità lo farò, e di buon grado". Quando gli

fu posta sul capo, il vescovo disse: "Ora affidiamo la tua anima al diavolo". "Ma io", disse

Giovanni Huss, alzando gli occhi al cielo, "affido nelle Tue mani, o Signore Gesù Cristo,

il mio spirito che Tu hai redento".

Quando la catena gli fu messa al collo sul rogo, disse, con un volto sorridente: "Il mio

Signore Gesù Cristo fu legato con una catena più dura di questa per amor mio, e perché

allora dovrei vergognarmi di questa arrugginita?".

Quando le fascine furono ammucchiate fino al collo, il duca di Baviera fu così

offensivo da chiedergli di abiurare. "No, (disse Huss) non ho mai predicato alcuna dottrina

di tendenza malvagia; e ciò che ho insegnato con le mie labbra ora lo sigillo con il mio

sangue". Poi disse al boia: "Ora brucerai un'oca (Huss significa oca nella lingua boema),

ma tra un secolo avrai un cigno che non potrai né arrostire né bollire". Se era profetico,

doveva riferirsi a Martin Lutero, che brillò circa cento anni dopo, e che aveva un cigno al

posto delle braccia.

Le fiamme erano ora applicate alle fascine, quando il nostro martire cantò un inno con

voce così alta e allegra da essere udito attraverso tutti i crepitii dei combustibili e il rumore

della folla. Alla fine la sua voce fu interrotta dalla severità delle fiamme, che ben presto gli

chiusero l'esistenza.

Poi, con grande diligenza, raccogliendo le ceneri, le gettarono nel fiume Reno,

affinché non rimanesse sulla terra il minimo residuo di quell'uomo, il cui ricordo, tuttavia,

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Il Libro dei Martiri di Foxe

non può essere eliminato dalla mente dei santi, né con il fuoco, né con l'acqua, né con alcun

tipo di tormento.

Persecuzione di Girolamo da Praga

Questo riformatore, che fu compagno del dottor Huss e può essere definito un comartire

con lui, nacque a Praga e fu educato in quell'università, dove si distinse

particolarmente per le sue grandi capacità e per l'apprendimento. Visitò anche diversi altri

seminari dotti in Europa, in particolare le università di Parigi, Heidelburg, Colonia e

Oxford. In quest'ultimo luogo conobbe le opere di Wickliffe e, essendo una persona di

grande applicazione, ne tradusse molte nella sua lingua madre, dopo essersi impadronito,

con grandi sforzi, della lingua inglese.

Al suo ritorno a Praga, si professò un aperto sostenitore di Wickliffe e, constatando

che le sue dottrine avevano fatto notevoli progressi in Boemia e che Huss ne era il

principale promotore, divenne suo assistente nella grande opera di riforma.

Il 4 aprile 1415 Girolamo arrivò a Costanza, circa tre mesi prima della morte di Huss.

Entrò in città privatamente e, consultandosi con alcuni dei capi del suo partito che trovò lì,

si convinse facilmente di non poter essere utile ai suoi amici.

Scoprendo che il suo arrivo a Costanza era noto a tutti e che il Consiglio intendeva

catturarlo, pensò che fosse più prudente ritirarsi. Di conseguenza, il giorno dopo si recò a

Iberling, una città imperiale a circa un miglio da Costanza. Da qui scrisse all'imperatore,

proponendogli di comparire davanti al Concilio, se questi gli avesse concesso un

salvacondotto, ma gli fu rifiutato. Si rivolse allora al Concilio, ma ricevette una risposta

non meno sfavorevole di quella dell'imperatore.

Dopo di che si mise in viaggio per tornare in Boemia. Ebbe la precauzione di portare

con sé un certificato, firmato da diversi nobili boemi, che si trovavano a Costanza, che

attestava che aveva usato tutti i mezzi prudenti in suo potere per ottenere un'udienza.

Girolamo, tuttavia, non riuscì a fuggire. Fu catturato a Hirsaw da un ufficiale del duca

di Sultsbach, il quale, pur non essendo autorizzato a farlo, non dubitava di ottenere i

ringraziamenti del Consiglio per un servizio così gradito.

Il duca di Sultsbach, con Gerolamo in suo possesso, scrisse al Consiglio per avere

indicazioni su come procedere. Il Consiglio, dopo aver espresso i propri obblighi al duca,

gli chiese di inviare immediatamente il prigioniero a Costanza. L'elettore palatino lo

incontrò lungo la strada e lo condusse in città, lui stesso a cavallo, con un numeroso seguito,

che condusse Girolamo in catene con una lunga catena; subito dopo il suo arrivo fu

rinchiuso in un'orrenda prigione.

148


Il Libro dei Martiri di Foxe

Gerolamo fu trattato quasi allo stesso modo di Huss, solo che fu confinato molto più

a lungo e spostato da una prigione all'altra. Alla fine, condotto davanti al Consiglio, chiese

di poter perorare la propria causa e discolparsi; poiché gli fu rifiutato, proruppe nella

seguente esclamazione:

Che barbarie è questa! Da trecentoquaranta giorni sono rinchiuso in diverse prigioni.

Non c'è miseria, non c'è mancanza che io non abbia sperimentato. Ai miei nemici avete

concesso il più ampio margine di accusa: a me negate la minima opportunità di difesa. Non

un'ora mi concederete di prepararmi al processo. Avete ingoiato le calunnie più nere contro

di me. Mi avete rappresentato come eretico, senza conoscere la mia dottrina; come nemico

della fede, prima di sapere quale fede professassi; come persecutore dei sacerdoti, prima di

avere l'opportunità di comprendere i miei sentimenti al riguardo. Voi siete un Concilio

Generale: in voi si concentra tutto ciò che questo mondo può comunicare di gravità,

saggezza e santità; ma siete comunque uomini, e gli uomini sono seducibili dalle apparenze.

Quanto più elevato è il vostro carattere di saggezza, tanto maggiore deve essere la vostra

attenzione a non deviare nella follia. La causa che ora sostengo non è la mia causa personale:

è la causa degli uomini, è la causa dei cristiani; è una causa che deve incidere sui diritti dei

posteri, anche se l'esperimento deve essere fatto nella mia persona".

Questo discorso non ebbe il minimo effetto; Girolamo fu costretto ad ascoltare la

lettura dell'accusa, che si riduceva ai seguenti capi:

1. Che egli era un beffardo della dignità papale.

2. Un oppositore del papa.

3. Un nemico dei cardinali.

4. Un persecutore dei prelati.

5. Un odiatore della religione cristiana.

Il processo a Girolamo fu celebrato il terzo giorno dopo l'accusa e furono esaminati i

testimoni a sostegno dell'accusa. Il prigioniero fu preparato per la sua difesa, che appare

quasi incredibile, se si considera che era stato rinchiuso per trecentoquaranta giorni in

prigioni orribili, privato della luce del giorno e quasi affamato per mancanza di beni di

prima necessità. Ma il suo spirito si elevò al di sopra di questi inconvenienti, sotto i quali

un uomo meno animato sarebbe sprofondato; né gli mancarono le citazioni dei padri e degli

autori antichi più che se avesse avuto a disposizione la migliore biblioteca.

I più bigotti dell'assemblea non volevano che fosse ascoltato, sapendo che effetto fa

l'eloquenza sulle menti dei più prevenuti. Alla fine, però, la maggioranza decise di

concedergli la libertà di procedere alla sua difesa, che egli iniziò con un'eloquenza così

esaltata e commovente che il cuore dell'ostinato zelo si sciolse e la mente della

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Il Libro dei Martiri di Foxe

superstizione sembrò ammettere un raggio di convinzione. Fece un'ammirevole distinzione

tra le prove basate sui fatti e quelle sostenute da malizia e calunnia. Espose all'assemblea

l'intero tenore della sua vita e della sua condotta. Osservò che gli uomini più grandi e più

santi erano noti per divergere su punti di speculazione, al fine di distinguere la verità, non

per tenerla nascosta. Espresse un nobile disprezzo per tutti i suoi nemici, che avrebbero

voluto indurlo a ritrattare la causa della virtù e della verità. Si lanciò in un alto elogio di

Huss e dichiarò di essere pronto a seguirlo nel glorioso compito del martirio. Si soffermò

poi sulle dottrine più difendibili di Wickliffe e concluse osservando che non era sua

intenzione avanzare nulla contro lo stato della Chiesa di Dio; che si lamentava solo degli

abusi del clero; e che non poteva fare a meno di dire che era certamente empio che il

patrimonio della Chiesa, originariamente destinato alla carità e alla benevolenza universale,

venisse prostituito all'orgoglio dell'occhio, in feste, paramenti sgargianti e altri rimproveri

al nome e alla professione del cristianesimo.

Terminato il processo, Girolamo ricevette la stessa condanna che era stata inflitta al

suo connazionale martire. In conseguenza di ciò, fu consegnato al potere civile, nel

consueto stile di affettazione papale, ma poiché era un laico, non dovette sottoporsi alla

cerimonia di degradazione. Avevano preparato un berretto di carta dipinto con diavoli rossi,

che gli fu messo in testa e lui disse: "Nostro Signore Gesù Cristo, quando soffrì la morte

per me, miserabile peccatore, portò una corona di spine sul suo capo, e per amor suo porterò

questo berretto".

Gli furono concessi due giorni nella speranza che si ritrattasse; nel frattempo il

cardinale di Firenze fece il possibile per farlo tornare. Ma tutti si rivelarono inefficaci.

Girolamo era deciso a sigillare la dottrina con il suo sangue; e subì la morte con la più

distinta magnanimità.

Mentre si recava al luogo dell'esecuzione cantò diversi inni e quando giunse sul posto,

che era lo stesso dove era stato bruciato Huss, si inginocchiò e pregò con fervore.

Abbracciò il rogo con grande allegria e quando andarono dietro di lui per dare fuoco alle

fascine, disse: "Venite qui e accendetelo davanti ai miei occhi, perché se ne avessi avuto

paura, non sarei venuto in questo luogo". Acceso il fuoco, cantò un inno, ma fu subito

interrotto dalle fiamme; le ultime parole che si sentirono pronunciare furono: "Quest'anima

in fiamme la offro a Te, Cristo".

L'elegante Pogge, colto gentiluomo di Firenze, segretario di due papi e cattolico

zelante ma liberale, in una lettera a Leonard Arotin, diede ampia testimonianza degli

straordinari poteri e delle virtù di Girolamo, che definì enfaticamente: "Un uomo

prodigioso!

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Il Libro dei Martiri di Foxe

La Persecuzione di Zisca

Il vero nome di questo zelante servitore di Cristo era Giovanni di Trocznow, mentre

Zisca è una parola boema che significa guercio, poiché aveva perso un occhio. Era

originario della Boemia, di buona famiglia, e lasciò la corte di Winceslao per entrare al

servizio del re di Polonia contro i cavalieri teutonici. Dopo aver ottenuto un distintivo

d'onore e una borsa di ducati per il suo valore, alla fine della guerra tornò alla corte di

Winceslao, al quale dichiarò con coraggio il suo profondo interesse per il sanguinoso

affronto offerto ai sudditi di Sua Maestà a Costanza nell'affare di Huss. Winceslaus si

rammaricò che non fosse in suo potere vendicarlo; e da questo momento si dice che Zisca

abbia maturato l'idea di affermare le libertà religiose del suo Paese.

Nell'anno 1418 il Consiglio fu sciolto, avendo fatto più male che bene, e nell'estate di

quell'anno si tenne un'assemblea generale degli amici della riforma religiosa nel castello di

Wisgrade, i quali, guidati da Zisca, si presentarono all'imperatore con le armi in pugno e si

offrirono di difenderlo dai suoi nemici. Il re li invitò a usare le armi in modo appropriato e

questo colpo di politica assicurò per la prima volta a Zisca la fiducia del suo partito.

A Winceslao successe Sigismondo, suo fratello, che si rese odioso ai riformatori e

rimosse tutti coloro che erano ostili al suo governo. Zisca e i suoi amici, a seguito di questo

fatto, si precipitarono immediatamente in armi, dichiararono guerra all'imperatore e al papa

e posero l'assedio a Pilsen con uomini. Ben presto divennero padroni della fortezza e in

breve tempo tutta la parte sud- occidentale della Boemia si sottomise, il che aumentò

notevolmente l'esercito dei riformatori. Avendo questi ultimi conquistato il passo di

Muldaw, dopo un duro conflitto durato cinque giorni e cinque notti, l'imperatore si allarmò

e ritirò le sue truppe dai confini della Turchia per farle marciare in Boemia. A Berna, in

Moravia, si fermò e inviò delle missive per trattare la pace, come preliminare alla quale

Zisca rinunciò a Pilsen e a tutte le fortezze che aveva preso. Sigismondo, agendo in un

modo che dimostrava chiaramente che agiva secondo la dottrina romana, secondo cui non

si doveva mantenere la fede con gli eretici, e trattando con severità alcuni degli autori degli

ultimi disordini, fece suonare il campanello d'allarme della rivolta da un capo all'altro della

Boemia. Zisca prese il castello di Praga con la forza del denaro e il 19 agosto 1420 sconfisse

il piccolo esercito che l'imperatore aveva frettolosamente radunato per opporsi. Poi prese

d'assalto Ausea e distrusse la città con una barbarie che disonorava la causa per cui

combatteva.

Con l'avvicinarsi dell'inverno, Zisca fortificò il suo accampamento su una forte collina

a circa quaranta miglia da Praga, che chiamò Monte Tabor, da dove sorprese a mezzanotte

un corpo di cavalli e fece prigionieri un migliaio di uomini. Poco dopo, l'imperatore ottenne

il possesso della forte fortezza di Praga, con gli stessi mezzi di Zisca: quest'ultimo la bloccò

e cominciò a minacciare l'imperatore, che vide la necessità di ritirarsi.

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Deciso a compiere uno sforzo disperato, Sigismondo attaccò il campo fortificato di

Zisca sul Monte Tabor e lo conquistò con un grande massacro. Caddero anche molte altre

fortezze e Zisca si ritirò su una collina scoscesa, che fortificò fortemente e da cui infastidì

a tal punto l'imperatore nei suoi approcci contro la città di Praga, da fargli capire che doveva

abbandonare l'assedio o sconfiggere il suo nemico. Il marchese di Misnia fu incaricato di

farlo con un grande corpo di truppe, ma l'evento fu fatale agli imperiali: furono sconfitti e

l'imperatore, avendo perso quasi un terzo del suo esercito, si ritirò dall'assedio di Praga,

tormentato alle spalle dal nemico.

Nella primavera del 1421, Zisca iniziò la campagna, come in precedenza,

distruggendo tutti i monasteri sul suo cammino. Assediò il castello di Wisgrade, e

l'imperatore, venuto a sollevarlo, cadde in una trappola, fu sconfitto con un terribile

massacro e questa importante fortezza fu presa. Il nostro generale aveva ora il tempo di

occuparsi dell'opera di riforma, ma era molto disgustato dalla grossolana ignoranza e

superstizione del clero boemo, che si rendeva spregevole agli occhi dell'intero esercito.

Quando vedeva qualche sintomo di malessere nell'accampamento, diffondeva l'allarme per

distoglierlo e richiamare i suoi uomini all'azione. In una di queste spedizioni, si accampò

davanti alla città di Rubi e, mentre indicava il luogo per un assalto, una freccia scagliata

dalle mura lo colpì all'occhio. A Praga fu estratta, ma, essendo spinata, gli strappò l'occhio.

Gli venne la febbre e la sua vita fu conservata con difficoltà. Era ormai completamente

cieco, ma desiderava ancora partecipare all'esercito. L'imperatore, dopo aver convocato gli

Stati dell'impero per assisterlo, decise, con il loro aiuto, di attaccare Zisca in inverno,

quando molte delle sue truppe partirono fino al ritorno della primavera.

I principi confederati intrapresero l'assedio di Soisin, ma al solo avvicinarsi del

generale boemo si ritirarono. Sigismondo avanzò comunque con il suo formidabile esercito,

composto da 15.000 cavalli ungheresi e 25.000 fanti, ben equipaggiati per una campagna

invernale. Questo esercito seminò il terrore in tutta la Boemia orientale. Ovunque

Sigismondo marciasse, i magistrati deponevano le loro chiavi ai suoi piedi e venivano

trattati con severità o favore, a seconda dei loro meriti nella sua causa. Zisca, tuttavia, si

avvicinava con marce veloci e l'imperatore decise di tentare ancora una volta la fortuna con

quell'invincibile capo.

Il 13 gennaio 1422 i due eserciti si incontrarono in un'ampia pianura vicino a Kremnitz.

Zisca si presentò al centro della sua prima linea, sorvegliato, o meglio condotto, da un

cavaliere per lato, armato di ascia. Dopo aver cantato un inno, le sue truppe sguainarono le

spade e attesero un segnale. Quando i suoi ufficiali lo informarono che i ranghi erano ben

serrati, agitò la sciabola intorno alla testa, segno di battaglia.

Questa battaglia è descritta come uno spettacolo terribile. L'estensione della pianura

era una continua scena di disordine. L'esercito imperiale fuggiva verso i confini della

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Moravia, mentre i Taboriti, senza interruzione, gli facevano da retrovia. Il fiume Igla, allora

ghiacciato, si opponeva alla loro fuga. Il nemico incalzava furiosamente, molti della

fanteria e in un certo senso l'intero corpo della cavalleria, tentarono il fiume. Il ghiaccio

cedette e non meno di duemila uomini furono inghiottiti dall'acqua. Zisca tornò a Tabor,

carico di tutto il bottino e dei trofei che la vittoria più completa poteva dare.

Zisca ricominciò a prestare attenzione alla Riforma; proibì tutte le preghiere per i

morti, le immagini, i paramenti sacerdotali, i digiuni e le feste. I sacerdoti dovevano essere

preferiti in base ai loro meriti e nessuno doveva essere perseguitato per le sue opinioni

religiose. In ogni cosa Zisca consultava i liberali e non faceva nulla senza il consenso

generale. A Praga sorse un'allarmante controversia tra i magistrati calixtani, ovvero coloro

che ricevevano i sacramenti in entrambe le forme, e i taboriti, nove dei quali furono accusati

privatamente e messi a morte. La popolazione, infuriata, sacrificò i magistrati e la vicenda

si concluse senza particolari conseguenze. Essendo i Calixtani sprofondati nel disprezzo,

Zisca fu sollecitato ad assumere la corona di Boemia; ma rifiutò nobilmente e si preparò

per la campagna successiva, nella quale Sigismondo decise di compiere il suo ultimo sforzo.

Mentre il marchese di Misnia penetrava nell'Alta Sassonia, l'imperatore propose di entrare

in Moravia, dalla parte dell'Ungheria. Prima che il marchese scendesse in campo, Zisca si

pose davanti alla forte città di Aussig, situata sull'Elba. Il marchese accorse in suo soccorso

con un esercito superiore e, dopo un ostinato combattimento, fu completamente sconfitto

e Aussig capitolò. Zisca andò allora in aiuto di Procop, un giovane generale che aveva

incaricato di tenere sotto controllo Sigismondo e che aveva costretto ad abbandonare

l'assedio di Pernitz, dopo averla preceduta di otto settimane.

Zisca, desideroso di concedere alle sue truppe un po' di tregua dalla fatica, entrò a

Praga, sperando che la sua presenza avrebbe placato l'inquietudine che poteva essere

rimasta dopo gli ultimi disordini; ma fu improvvisamente attaccato dal popolo e, dopo aver

sconfitto i cittadini con le sue truppe, si ritirò presso il suo esercito, che mise al corrente

dell'infida condotta dei Calixtani. Fu necessario ogni sforzo per placare la loro vendicativa

animosità e, di notte, in un colloquio privato tra Roquesan, un ecclesiastico di grande

rilievo a Praga, e Zisca, questi ultimi si riconciliarono e le ostilità furono eliminate.

Stanco della guerra, Sigismondo si rivolse a Zisca, chiedendogli di riporre la spada e

di indicare le sue condizioni. Essendo stato fissato un luogo per il congresso, Zisca, con i

suoi principali ufficiali, si mise in viaggio per incontrare l'imperatore. Costretto ad

attraversare una parte del Paese in cui imperversava la peste, ne fu colpito presso il castello

di Briscaw e lasciò questa vita il 6 ottobre 1424. Come Mosè, morì in vista del

completamento delle sue opere e fu sepolto nella grande chiesa di Czaslow, in Boemia,

dove è stato eretto un monumento alla sua memoria, con questa iscrizione: "Qui giace

Giovanni Zisca, che, dopo aver difeso il suo Paese contro le invasioni della tirannia papale,

riposa in questo luogo consacrato, a dispetto del Papa".

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Dopo la morte di Zisca, Procopio fu sconfitto e cadde con le libertà del suo Paese.

Dopo la morte di Huss e di Girolamo, il papa, in collaborazione con il Concilio di

Costanza, ordinò al clero romano di scomunicare ovunque coloro che avessero adottato le

loro opinioni o che avessero commiserato la loro sorte.

Questi ordini provocarono grandi contrasti tra papisti e boemi riformati, che furono

causa di una violenta persecuzione contro questi ultimi. A Praga, la persecuzione fu

estremamente severa, finché, spinti dalla disperazione, i riformati si armarono, attaccarono

il senato e gettarono dalle finestre del senato dodici senatori con l'oratore, i cui corpi

caddero su lance che altri riformati tenevano in strada per riceverli.

Informato di questi procedimenti, il papa si recò a Firenze e scomunicò pubblicamente

i boemi riformati, esortando l'imperatore di Germania e tutti i re, principi, duchi, ecc. a

prendere le armi per estirpare l'intera razza e promettendo, come incoraggiamento, la piena

remissione di tutti i peccati alla persona più malvagia, se avesse ucciso un solo protestante

boemo.

Ciò provocò una guerra sanguinosa, poiché diversi principi papisti intrapresero

l'estirpazione, o almeno l'espulsione, del popolo proscritto; e i boemi, armandosi, si

prepararono a respingere la forza con la forza, nel modo più vigoroso ed efficace. L'esercito

papale prevalse sulle forze protestanti nella battaglia di Cuttenburgh, e i prigionieri dei

riformati furono portati in tre profonde miniere vicino a quella città, e diverse centinaia

furono crudelmente gettati in ognuna di esse, dove morirono miseramente.

Un mercante di Praga, che si recava a Breslau, in Slesia, si trovò ad alloggiare nella

stessa locanda con alcuni sacerdoti. Entrando in conversazione sull'argomento della

controversia religiosa, fece molti encomi al martire Giovanni Huss e alle sue dottrine. I

sacerdoti, indignati per questo, la mattina seguente lo denunciarono e fu messo in prigione

come eretico. Furono fatti molti tentativi per convincerlo ad abbracciare la fede cattolica

romana, ma egli rimase fermo alle pure dottrine della Chiesa riformata. Poco dopo la sua

incarcerazione, uno studente dell'università fu rinchiuso nella stessa prigione; quando gli

fu permesso di conversare con il mercante, si confortarono a vicenda. Il giorno stabilito per

l'esecuzione, quando il carceriere iniziò a legare ai loro piedi le corde con cui sarebbero

stati trascinati per le strade, lo studente apparve piuttosto terrorizzato e si offrì di abiurare

la sua fede e di diventare cattolico romano se avesse voluto essere salvato. L'offerta fu

accettata, la sua abiura fu raccolta da un sacerdote e fu rimesso in libertà. Al sacerdote che

chiedeva al mercante di seguire l'esempio dello studente, egli disse nobilmente: "Non

perdete tempo a sperare in una mia abiura, le vostre aspettative saranno vane; ho

sinceramente pietà di quel povero disgraziato, che ha miseramente sacrificato la sua anima

per qualche altro anno incerto di una vita fastidiosa; e, lungi dall'avere la minima idea di

seguire il suo esempio, mi glorio al solo pensiero di morire per amore di Cristo". All'udire

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Il Libro dei Martiri di Foxe

queste parole, il sacerdote ordinò al boia di procedere, e il mercante, trascinato per la città,

fu portato sul luogo dell'esecuzione e lì bruciato.

Pichel, un magistrato popista bigotto, arrestò ventiquattro protestanti, tra cui il marito

di sua figlia. Poiché tutti dichiaravano di essere di religione riformata, li condannò

indiscriminatamente ad essere annegati nel fiume Abbis. Il giorno stabilito per l'esecuzione,

si presentò un gran numero di persone, tra cui la figlia di Pichel. Questa degna moglie si

gettò ai piedi del padre, li bagnò di lacrime e, nel modo più patetico possibile, lo implorò

di compensare il suo dolore e di perdonare il marito. L'ostinato magistrato rispose

severamente: "Non intercedere per lui, figliola, è un eretico, un vile eretico". Al che lei

rispose nobilmente: "Qualunque siano le sue colpe, o per quanto le sue opinioni possano

differire dalle vostre, è sempre mio marito, un nome che, in un momento come questo,

dovrebbe da solo occupare tutta la mia considerazione". Pichel si infiammò violentemente

e disse: "Siete pazza! Non potete, dopo la morte di questo, avere un marito molto più

degno?".

"No, signore, (rispose lei) i miei affetti sono fissati su questo, e la morte stessa non

scioglierà la mia promessa di matrimonio". Pichel, tuttavia, continuò ad essere inflessibile

e ordinò di legare i prigionieri con le mani e i piedi dietro di loro e di gettarli nel fiume.

Non appena questa disposizione fu eseguita, la giovane donna colse l'occasione, si gettò

tra le onde e, abbracciando il corpo del marito, sprofondò insieme in una tomba d'acqua.

Un caso insolito di amore coniugale in una moglie, di attaccamento inviolabile e di affetto

personale per il marito.

L'imperatore Ferdinando, il cui odio per i protestanti boemi era senza limiti, non

ritenendo di averli sufficientemente oppressi, istituì un alto tribunale di riformatori, sul

modello dell'Inquisizione, con la differenza che i riformatori dovevano spostarsi da un

luogo all'altro ed essere sempre accompagnati da un corpo di truppe. Questi riformatori

erano costituiti principalmente da gesuiti e dalle loro decisioni non c'era possibilità di

appello, il che fa facilmente supporre che si trattasse di un tribunale davvero terribile.

Questo sanguinario tribunale, accompagnato da un corpo di truppe, fece il giro della

Boemia, durante il quale raramente esaminarono o videro un prigioniero, lasciando che i

soldati uccidessero i protestanti a loro piacimento, per poi fare un resoconto della questione.

La prima vittima della loro crudeltà fu un anziano ministro, che uccisero mentre

giaceva malato nel suo letto; il giorno dopo ne derubarono e uccisero un altro, e poco dopo

ne uccisero un terzo, mentre stava predicando sul suo pulpito.

Un nobile e un ecclesiastico, che risiedevano in un villaggio protestante, sentendo

l'avvicinarsi dell'alta corte dei riformatori e delle truppe, fuggirono dal luogo e si nascosero.

I soldati, però, al loro arrivo, si avventarono su un maestro di scuola e gli chiesero dove

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Il Libro dei Martiri di Foxe

fossero nascosti il signore del luogo e il ministro e dove avessero nascosto i loro tesori. Il

maestro rispose che non sapeva rispondere a nessuna delle due domande. Allora lo

spogliarono, lo legarono con delle corde e lo picchiarono senza pietà con dei randelli. Non

riuscendo ad estorcergli alcuna confessione, lo bruciarono in varie parti del corpo; allora,

per ottenere una tregua dai suoi tormenti, promise di mostrare loro dove erano nascosti i

tesori. I soldati lo ascoltarono con piacere e il maestro li condusse in un fosso pieno di

pietre, dicendo: "Sotto queste pietre ci sono i tesori che cercate". Desiderosi di denaro, si

misero al lavoro e presto rimossero quelle pietre, ma non trovando ciò che cercavano,

picchiarono a morte il maestro, lo seppellirono nel fosso e lo ricoprirono con le stesse pietre

che aveva fatto rimuovere loro.

Alcuni soldati violentarono le figlie di un degno protestante davanti a lui e poi lo

torturarono a morte. Un ministro e sua moglie furono legati schiena contro schiena e

bruciati. Un altro ministro fu appeso a una trave trasversale e, accendendo un fuoco sotto

di lui, fu arrostito fino alla morte. Fecero a pezzi un gentiluomo e riempirono la bocca di

un giovane con polvere da sparo e, dandogli fuoco, gli fecero saltare la testa.

Poiché la loro rabbia principale era diretta contro il clero, presero un pio ministro

protestante e lo tormentarono quotidianamente per un mese insieme, nel modo seguente,

rendendo la loro crudeltà regolare, sistematica e progressiva.

Lo misero in mezzo a loro e lo fecero oggetto delle loro derisioni e scherno per

un'intera giornata, cercando di esaurire la sua pazienza, ma invano, perché sopportò il tutto

con vera fortezza cristiana. Gli sputarono in faccia, gli tirarono il naso e lo pizzicarono in

molte parti del corpo. Lo braccarono come una bestia selvatica, finché non fu pronto a

morire per la fatica. Gli fecero correre il guanto di sfida tra due file di loro, ognuna delle

quali lo colpiva con un ramoscello. Lo picchiavano con i pugni. Lo picchiarono con le

corde. Lo flagellarono con fili di ferro. Lo picchiavano con i randelli. Lo legarono per i

talloni con la testa rivolta verso il basso, finché il sangue non gli uscì dal naso, dalla bocca,

ecc. Lo appesero per il braccio destro fino a slogarlo e poi lo fecero sistemare. La stessa

cosa fu ripetuta con il braccio sinistro. Tra le dita delle mani e dei piedi gli sono state messe

delle carte infuocate immerse nell'olio. La sua carne fu strappata con tenaglie roventi. Fu

messo alla rastrelliera. Gli strapparono le unghie della mano destra.

Lo stesso fecero con la mano sinistra. Gli furono imbastiti i piedi. Gli fu praticata una

fessura nell'orecchio destro. La stessa cosa fu ripetuta all'orecchio sinistro. Gli fu tagliato

il naso. Lo frustarono per tutta la città su un asino. Gli fecero diverse incisioni nella carne.

Gli strapparono le unghie del piede destro. Lo stesso fecero con il piede sinistro. Lo

legarono per i lombi e lo tennero sospeso per un tempo considerevole. Gli furono strappati

i denti della mascella superiore. Lo stesso fu ripetuto con la mascella inferiore. Gli fu

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Il Libro dei Martiri di Foxe

versato del piombo bollente sulle dita. Lo stesso fu ripetuto con le dita dei piedi. Una corda

annodata fu attorcigliata alla sua fronte in modo tale da fargli uscire gli occhi.

Durante tutte queste orribili crudeltà, fu posta particolare attenzione affinché le ferite

non morissero e non lo ferissero mortalmente fino all'ultimo giorno, quando la forzatura

degli occhi ne decretò la morte.

Innumerevoli furono gli altri omicidi e le depredazioni commessi da quei bruti

insensibili e sconvolgenti per l'umanità le crudeltà che inflissero ai poveri protestanti boemi.

Essendo però l'inverno ormai avanzato, l'alta corte dei riformatori, con la loro infernale

banda di militari sgherri, pensò bene di tornare a Praga; ma sulla loro strada, incontrando

un pastore protestante, non poterono resistere alla tentazione di deliziare i loro occhi

barbari con un nuovo tipo di crudeltà, che si era appena suggerito alla diabolica

immaginazione di uno dei soldati. Si trattava di spogliare il ministro e di ricoprirlo

alternativamente di ghiaccio e di carboni ardenti. Questo nuovo modo di tormentare una

creatura fu immediatamente messo in pratica e l'infelice vittima spirò sotto i tormenti che

sembravano deliziare i suoi disumani persecutori.

Poco dopo l'imperatore emanò un ordine segreto per arrestare tutti i nobili e i

gentiluomini che si erano adoperati per sostenere la causa protestante e per nominare

Federico, elettore palatino del Reno, re di Boemia. Questi, in numero di cinquanta, furono

arrestati in una notte e in un'ora e portati dai luoghi in cui erano stati presi al castello di

Praga; i beni di coloro che erano assenti dal regno furono confiscati, essi stessi furono

dichiarati fuorilegge e i loro nomi furono affissi su una forca, come segno di pubblica

ignominia.

L'alta corte dei riformatori procedette quindi a processare i cinquanta arrestati e due

protestanti apostati furono incaricati di esaminarli. Questi esaminatori fecero un gran

numero di domande inutili e impertinenti, che esasperarono a tal punto uno dei nobili, che

era naturalmente di temperamento caldo, che esclamò, aprendosi contemporaneamente il

petto: "Tagliate qui, frugate nel mio cuore, non troverete altro che l'amore per la religione

e la libertà; questi erano i motivi per cui ho sguainato la spada e per questi sono disposto a

soffrire la morte".

Poiché nessuno dei prigionieri volle cambiare religione o riconoscere di essere stato

in errore, furono tutti dichiarati colpevoli; ma la sentenza fu rimessa all'imperatore. Quando

il monarca ebbe letto i loro nomi e un resoconto delle rispettive accuse contro di loro, emise

un giudizio su tutti, ma in modo diverso, poiché le sue sentenze erano di quattro tipi: morte,

esilio, carcere a vita e carcere di piacere.

A venti di loro fu ordinata l'esecuzione, e furono informati che potevano inviare

gesuiti, monaci o frati per prepararsi al terribile cambiamento che avrebbero dovuto subire,

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Il Libro dei Martiri di Foxe

ma che a nessun protestante sarebbe stato permesso di avvicinarsi a loro. Questa proposta

fu rifiutata e si sforzarono di confortarsi e rincuorarsi a vicenda in questa solenne occasione.

La mattina del giorno stabilito per l'esecuzione, fu sparato un colpo di cannone come

segnale per portare i prigionieri dal castello alla piazza principale del mercato, dove furono

eretti i patiboli e fu allestito un corpo di truppe per assistere alla tragica scena.

I prigionieri lasciarono il castello con la stessa allegria con cui sarebbero andati a un

piacevole intrattenimento, invece che a una morte violenta. Oltre ai soldati, ai gesuiti, ai

sacerdoti, ai boia, agli assistenti e così via, una folla prodigiosa ha assistito all'uscita di

questi devoti martiri, che sono stati giustiziati nell'ordine seguente.

Signor Schilik aveva circa cinquant'anni ed era dotato di grandi capacità naturali e

acquisite. Quando gli fu detto che sarebbe stato squartato e che le sue parti sarebbero state

sparse in diversi luoghi, sorrise con grande serenità, dicendo: "La perdita di un sepolcro

non è che una considerazione insignificante". A un gentiluomo che si trovava lì vicino, che

gridava: "Coraggio, mio signore!", egli rispose: "Ho il favore di Dio, che è sufficiente a

infondere coraggio a chiunque: la paura della morte non mi turba; in passato l'ho affrontata

nei campi di battaglia per oppormi all'Anticristo, e ora oso affrontarla su un patibolo, per

amore di Cristo". Dopo aver recitato una breve preghiera, disse al boia che era pronto.

Questi gli tagliò la mano destra e la testa e poi lo squartò. La sua mano e la sua testa furono

poste sulla torre alta di Praga e i suoi quartieri furono distribuiti in diverse parti della città.

Il visconte Winceslaus, che aveva raggiunto l'età di settant'anni, era ugualmente

rispettabile per la sua cultura, la sua pietà e la sua ospitalità. Il suo temperamento era così

straordinariamente paziente che quando la sua casa fu aperta, i suoi beni sequestrati e le

sue proprietà confiscate, egli si limitò a dire, con grande compostezza: "Il Signore ha dato

e il Signore ha tolto". Quando gli fu chiesto perché avesse potuto impegnarsi in una causa

così pericolosa come quella di sostenere l'elettore palatino Federico contro il potere

dell'imperatore, rispose: "Ho agito rigorosamente secondo i dettami della mia coscienza e,

ancora oggi, lo considero il mio re. Sono ormai in là con gli anni e desidero togliermi la

vita, per non essere testimone degli ulteriori mali che colpiranno il mio Paese. Avete a

lungo avuto sete del mio sangue, prendetelo, perché Dio sarà il mio vendicatore". Poi,

avvicinandosi al blocco, gli toccò la lunga barba grigia e disse: "Venerabili capelli, ora vi

spetta un onore più grande: la corona del martirio è la vostra parte". Poi, deposta la testa,

questa fu staccata dal corpo in un sol colpo e posta su un palo in un punto ben visibile della

città.

Signor Harant era un uomo di buon senso, di grande pietà e di grande esperienza

acquisita con i viaggi, avendo visitato i principali luoghi d'Europa, Asia e Africa. Era quindi

libero da pregiudizi nazionali e aveva raccolto molte conoscenze.

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Le accuse contro questo nobile erano di essere protestante e di aver prestato

giuramento di fedeltà a Federico, elettore palatino del Reno, come re di Boemia. Quando

salì sul patibolo disse: "Ho viaggiato per molti paesi e attraversato varie nazioni barbare,

ma non ho mai trovato tanta crudeltà come in patria. Sono sfuggito a innumerevoli pericoli

sia per mare che per terra, e ho superato difficoltà inconcepibili, per soffrire

innocentemente nel mio luogo natale. Il mio sangue è ricercato anche da coloro per i quali

io e i miei antenati abbiamo rischiato i nostri beni; ma, Dio onnipotente, perdonali, perché

non sanno quello che fanno". Poi si avvicinò al blocco, si inginocchiò ed esclamò con

grande energia: "Nelle tue mani, o Signore! affido il mio spirito; in Te ho sempre confidato;

accoglimi, dunque, mio benedetto Redentore". Il colpo fatale fu quindi inferto e si pose

fine ai dolori temporanei di questa vita.

Federico di Bile soffrì in quanto protestante e promotore dell'ultima guerra; affrontò

il suo destino con serenità e si limitò a dire che augurava ogni bene agli amici che lasciava,

perdonava i nemici che avevano causato la sua morte, negava l'autorità dell'imperatore in

quel Paese, riconosceva Federico come l'unico vero re di Boemia e sperava nella salvezza

nei meriti del suo benedetto Redentore.

Enrico Ottone, quando salì per la prima volta sul patibolo, sembrò molto confuso e

disse, con una certa asprezza, come se si rivolgesse all'imperatore: "Tu, tiranno Ferdinando,

il tuo trono è fondato sul sangue; ma se ucciderai il mio corpo e disperderai le mie membra,

esse si leveranno ancora in giudizio contro di te". Poi tacque e, dopo aver camminato per

qualche tempo, sembrò recuperare la sua forza d'animo e, calmandosi, disse a un

gentiluomo che gli stava vicino: "Da qualche minuto ero molto abbattuto, ma ora sento il

mio spirito rinvigorirsi; Dio sia lodato per avermi dato un tale conforto; la morte non appare

più come il re dei terrori, ma sembra invitarmi a partecipare a gioie sconosciute".

Inginocchiandosi davanti al ceppo, disse: "Dio onnipotente, a Te raccomando la mia

anima, la ricevo per amore di Cristo e la ammetto alla gloria della Tua presenza". Il boia

fece soffrire molto questo nobile, dando diversi colpi prima di staccare la testa dal corpo.

Il conte di Rugenia si distinse per le sue capacità superiori e per la sua pietà

incondizionata. Sul patibolo disse: "Noi che abbiamo sguainato le nostre spade abbiamo

combattuto solo per preservare le libertà del popolo e per mantenere sacre le nostre

coscienze; poiché siamo stati vinti, sono più contento della sentenza di morte, che se

l'imperatore mi avesse dato la vita; perché trovo che sia gradito a Dio che la sua verità sia

difesa non dalle nostre spade, ma dal nostro sangue". Si avviò quindi con coraggio verso il

blocco, dicendo: "Ora sarò presto con Cristo", e ricevette la corona del martirio con grande

coraggio.

Signor Gaspar Kaplitz aveva ottantasei anni. Quando arrivò al luogo dell'esecuzione,

si rivolse all'ufficiale principale in questo modo: "Ecco un miserabile uomo antico, che ha

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Il Libro dei Martiri di Foxe

spesso supplicato Dio di portarlo via da questo mondo malvagio, ma non ha potuto finora

ottenere il suo desiderio, perché Dio mi ha riservato fino a questi anni per essere uno

spettacolo per il mondo e un sacrificio a se stesso; perciò sia fatta la volontà di Dio". Uno

degli ufficiali gli disse, in considerazione della sua grande età, che se solo avesse chiesto

la grazia, l'avrebbe ricevuta immediatamente. "Chiederò perdono, (esclamò) chiederò

perdono a Dio, che ho offeso spesso; ma non all'imperatore, al quale non ho mai recato

alcuna offesa; se chiedessi perdono, si potrebbe giustamente sospettare che ho commesso

qualche crimine per il quale ho meritato questa condanna. No, no, poiché muoio innocente

e con la coscienza pulita, non voglio essere separato da questa nobile compagnia di martiri";

così dicendo, rassegnò allegramente il suo collo al blocco.

Procopio Dorzecki, sul patibolo, disse: "Ora siamo sotto il giudizio dell'imperatore;

ma a suo tempo sarà giudicato e noi compariremo come testimoni contro di lui". Poi,

prendendosi una medaglia d'oro dal collo, che era stata coniata quando l'elettore Federico

era stato incoronato re di Boemia, la presentò a uno degli ufficiali, pronunciando al

contempo queste parole: "Come moribondo, vi chiedo, se mai il re Federico sarà restaurato

sul trono di Boemia, di dargli questa medaglia. Ditegli che, per il suo bene, l'ho indossata

fino alla morte e che ora depongo volentieri la mia vita per Dio e per il mio re". A quel

punto posò allegramente il capo e si sottopose al colpo fatale.

Dionigi Servio era stato educato come cattolico romano, ma da qualche anno aveva

abbracciato la religione riformata. Quando fu messo al patibolo, i gesuiti fecero il possibile

per farlo abiurare e tornare alla sua precedente fede, ma egli non prestò la minima

attenzione alle loro esortazioni. Inginocchiandosi disse: "Possono distruggere il mio corpo,

ma non possono ferire la mia anima, che affido al mio Redentore"; e poi si sottopose

pazientemente al martirio, avendo allora cinquantasei anni.

Valentine Cockan era una persona di notevole fortuna ed eminenza, perfettamente pio

e onesto, ma di scarse capacità; tuttavia la sua immaginazione sembrava accendersi e le

sue facoltà migliorare all'avvicinarsi della morte, come se il pericolo imminente affinasse

la comprensione. Poco prima di essere decapitato, si espresse con un'eloquenza, un'energia

e una precisione tali da stupire coloro che conoscevano la sua precedente carenza di

capacità.

Tobias Steffick era notevole per la sua affabilità e serenità di carattere.

Era perfettamente rassegnato al suo destino e pochi minuti prima della sua morte parlò

in questo modo singolare: "Ho ricevuto, durante l'intero corso della mia vita, molti favori

da Dio; non dovrei quindi prendere allegramente un calice amaro, quando Egli ritiene

opportuno presentarlo? O piuttosto, non dovrei rallegrarmi del fatto che è sua volontà che

io rinunci a una vita corrotta per quella immortale!".

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Il dottor Jessenius, esperto studente di fisica, fu accusato di aver pronunciato parole

irrispettose nei confronti dell'imperatore, di tradimento per aver giurato fedeltà all'elettore

Federico e di eresia per essere protestante. Per la prima accusa gli fu tagliata la lingua; per

la seconda fu decapitato; per la terza, e ultima, fu squartato e le rispettive parti esposte su

pali.

Cristoforo Chober, appena salito sul patibolo, disse: "Vengo in nome di Dio, per

morire per la Sua gloria; ho combattuto la buona battaglia e ho terminato il mio corso;

quindi, boia, fai il tuo dovere". Il boia obbedì ed egli ricevette immediatamente la corona

del martirio.

Nessuna persona è mai vissuta in modo più rispettato o è morta in modo più triste di

Giovanni Shultis. Le uniche parole che pronunciò, prima di ricevere il colpo fatale, furono:

"I giusti sembrano morire agli occhi degli sciocchi, ma vanno solo a riposare. Signore Gesù!

Tu hai promesso che coloro che vengono a Te non saranno scartati. Ecco, io sono venuto;

guardami, abbi pietà di me, perdona i miei peccati e accogli la mia anima".

Massimiliano Hostialick era famoso per la sua cultura, pietà e umanità. Quando salì

per la prima volta sul patibolo, sembrava estremamente terrorizzato dall'avvicinarsi della

morte. L'ufficiale, notando la sua agitazione, disse: "Ah, signore, ora i peccati della mia

giovinezza si affollano nella mia mente, ma spero che Dio mi illumini, per evitare che io

dorma il sonno della morte e che i miei nemici dicano che abbiamo prevalso". Subito dopo

ha detto: "Spero che il mio pentimento sia sincero e che venga accettato, nel qual caso il

sangue di Cristo mi laverà dai miei crimini". Poi disse all'ufficiale che avrebbe dovuto

ripetere il Cantico di Simeone, al termine del quale il boia avrebbe potuto fare il suo dovere.

E così disse: "Signore, lascia che il tuo servo se ne vada in pace, secondo la tua parola:

Perché i miei occhi hanno visto la Tua salvezza"; a queste parole la sua testa fu colpita con

un solo colpo.

Quando Giovanni Kutnaur giunse sul luogo dell'esecuzione, un gesuita gli disse:

"Abbraccia la fede cattolica romana, che sola può salvarti e armarti contro i terrori della

morte". Al che egli rispose: "La vostra fede superstiziosa la aborro, porta alla perdizione,

e non desidero altre armi contro i terrori della morte che una buona coscienza". Il gesuita

si allontanò, dicendo con sarcasmo: "I protestanti sono rocce impenetrabili". "Vi sbagliate",

disse Kutnaur, "è Cristo la roccia e noi siamo saldamente ancorati a Lui".

A questa persona, che non era nata indipendente, ma aveva acquisito una fortuna con

un lavoro meccanico, fu ordinata l'impiccagione. Prima di essere impiccato, disse: "Muoio

non per aver commesso un crimine, ma per aver seguito i dettami della mia coscienza e per

aver difeso il mio Paese e la mia religione".

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Simeone Sussickey era il suocero di Kutnaur e, come lui, gli fu ordinato di essere

giustiziato su una forca. Andò allegramente incontro alla morte e sembrò impaziente di

essere giustiziato, dicendo: "Ogni momento mi ritarda dall'entrare nel Regno di Cristo".

Nathaniel Wodnianskey fu impiccato per aver sostenuto la causa protestante e

l'elezione di Federico alla corona di Boemia. Al patibolo, i gesuiti fecero di tutto per indurlo

a rinunciare alla sua fede. Vedendo i loro sforzi inefficaci, uno di loro disse: "Se non vuoi

confessare la tua eresia, almeno pentiti della tua ribellione?". Al che Wodnianskey rispose:

"Ci togliete la vita con la scusa della ribellione e, non contenti di questo, cercate di

distruggere le nostre anime; riempitevi di sangue e siate soddisfatti, ma non toccate le

nostre coscienze".

Il figlio di Wodnianskey si avvicinò allora al patibolo e disse a suo padre: "Signore,

se la vita ti viene offerta a condizione di apostatare, ti prego di ricordarti di Cristo e di

respingere queste perniciose offerte". Il padre rispose: "È molto gradito, figlio mio, essere

esortato alla costanza da te; ma non sospettare di me; sforzati piuttosto di confermare nella

fede i tuoi fratelli, le tue sorelle e i tuoi figli, e insegna loro a imitare quella costanza di cui

lascerò loro un esempio". Non aveva ancora concluso queste parole che fu spento,

ricevendo la corona del martirio con grande forza d'animo.

Winceslaus Gisbitzkey, durante tutta la sua prigionia, ebbe grandi speranze di vita,

che fecero temere i suoi amici per la sicurezza della sua anima. Egli, tuttavia, rimase saldo

nella sua fede, pregò con fervore sul patibolo e andò incontro al suo destino con singolare

rassegnazione.

Martin Foster era un antico storpio, accusato di essere stato caritatevole con gli eretici

e di aver prestato denaro all'elettore Federico. La sua grande ricchezza, tuttavia, sembra

essere stata il suo crimine principale; e il fatto che potesse essere depredato dei suoi tesori

fu l'occasione per essere inserito in questa illustre lista di martiri.

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Capitolo IX - Un Resoconto della Vita e delle

Persecuzioni di Martin Lutero

Questo illustre divino tedesco, riformatore della Chiesa, era figlio di Giovanni Lutero

e Margherita Ziegler e nacque a Isleben, una città della Sassonia, nella contea di Mansfield,

il 10 novembre 1483. Il padre aveva un'estrazione e una condizione di vita piuttosto

modeste, e la sua occupazione era quella di minatore; è probabile, tuttavia, che con la sua

applicazione e il suo impegno abbia migliorato le sorti della sua famiglia, dato che in

seguito divenne un magistrato di rango e dignità. Lutero fu presto iniziato alle lettere e

all'età di tredici anni fu mandato a scuola a Magdeburgo e poi a Eisenach, in Turingia, dove

rimase quattro anni, dando i primi segni della sua futura eminenza.

Nel 1501 fu mandato all'Università di Erfurt, dove seguì i consueti corsi di logica e

filosofia. A vent'anni conseguì la laurea magistrale e tenne lezioni sulla fisica di Aristotele,

sull'etica e su altre materie filosofiche. In seguito, su istigazione dei genitori, si dedicò al

diritto civile, con l'intento di diventare avvocato, ma fu distolto da questa attività dal

seguente incidente. Un giorno, mentre camminava per i campi, fu colpito da un fulmine

che lo fece cadere a terra, mentre un compagno rimase ucciso al suo fianco; questo lo colpì

così tanto che, senza comunicare il suo proposito a nessuno dei suoi amici, si ritirò dal

mondo e si ritirò nell'ordine degli eremiti di Sant'Agostino.

Qui si dedicò alla lettura di Sant'Agostino e degli scolastici; ma, sfogliando le pagine

della biblioteca, trovò per caso una copia della Bibbia latina, che non aveva mai visto prima.

La sua curiosità aumentò a dismisura: la lesse avidamente e rimase stupito nel constatare

che una piccola parte delle Scritture veniva recitata al popolo.

Fece la professione nel monastero di Erfurt, dopo essere stato novizio un anno; prese

gli ordini sacerdotali e celebrò la sua prima Messa nel 1507. L'anno successivo fu trasferito

dal convento di Erfurt all'Università di Wittenberg; poiché questa università era appena

stata fondata, si pensava che nulla potesse portarla immediatamente alla ribalta e al credito,

se non l'autorità e la presenza di un uomo così famoso, per le sue grandi doti e la sua cultura,

come Lutero.

In questa università di Erfurt, c'era un certo uomo anziano nel convento degli

Agostiniani con il quale Lutero, essendo allora dello stesso ordine, frate Agostino, ebbe

una conferenza su diverse cose, in particolare sulla remissione dei peccati; il quale articolo

il suddetto padre anziano aprì a Lutero, dichiarando che l'espresso comandamento di Dio è

che ogni uomo deve credere in modo particolare che i suoi peccati gli siano perdonati in

Cristo; e disse inoltre che questa interpretazione era confermata da san Bernardo: Questa è

la testimonianza che lo Spirito Santo ti dà nel tuo cuore, dicendo: i tuoi peccati sono

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Il Libro dei Martiri di Foxe

perdonati". Bernardo: "Questa è la testimonianza che lo Spirito Santo ti dà nel tuo cuore,

dicendoti che i tuoi peccati ti sono perdonati". Perché questa è l'opinione dell'apostolo, che

l'uomo è liberamente giustificato dalla fede".

Con queste parole Lutero non solo fu rafforzato, ma fu anche istruito sul pieno

significato di San Paolo, che ripete tante volte questa frase: "Siamo giustificati per fede".

E avendo letto le esposizioni di molti su questo luogo, percepì, sia dal discorso del vecchio,

sia dal conforto che ricevette nel suo spirito, la vanità di quelle interpretazioni, che aveva

letto prima, degli scolari. E così, leggendo e confrontando a poco a poco i detti e gli esempi

dei profeti e degli apostoli, con la continua invocazione di Dio e l'eccitazione della fede a

forza di preghiere, percepì quella dottrina con la massima evidenza. Così continuò il suo

studio a Erfurt per quattro anni nel convento degli Agostiniani.

Nel 1512, sette conventi del suo ordine avevano litigato con il loro vicario generale,

Lutero fu scelto per andare a Roma a sostenere la loro causa. A Roma vide il Papa e la

corte, ed ebbe modo di osservare anche i modi del clero, di cui ha notato con severità il

modo frettoloso, superficiale ed empio di celebrare la Messa. Non appena ebbe risolto la

controversia che costituiva l'oggetto del suo viaggio, tornò a Wittenberg e fu creato dottore

in divinità a spese di Federico, elettore di Sassonia, che lo aveva spesso sentito predicare,

conosceva perfettamente i suoi meriti e lo stimava molto.

Continuò a frequentare l'Università di Wittenberg, dove, come professore di divinità,

si dedicò agli affari della sua vocazione. Qui iniziò a leggere seriamente le lezioni sui libri

sacri: spiegò l'Epistola ai Romani e i Salmi, che chiarì e illustrò in un modo così nuovo e

così diverso da quello perseguito dai commentatori precedenti, che "dopo una lunga e

oscura notte, sembrò sorgere un nuovo giorno, a giudizio di tutti gli uomini pii e prudenti".

Lutero ha diligentemente ridotto le menti degli uomini al Figlio di Dio: come Giovanni

Battista dimostrò l'Agnello di Dio che toglieva i peccati del mondo, così Lutero,

risplendendo nella Chiesa come la luce del giorno dopo una notte lunga e buia, mostrò

espressamente che i peccati sono liberamente rimessi per amore del Figlio di Dio, e che

dobbiamo fedelmente accogliere questo dono generoso.

La sua vita corrispondeva alla sua professione, e appariva chiaramente che le sue

parole non erano parole di circostanza, ma provenivano dal cuore. L'ammirazione per la

sua vita santa allettava molto i cuori dei suoi uditori.

Per meglio qualificarsi per il compito che aveva intrapreso, si era applicato con

attenzione alle lingue greca ed ebraica; e in questo modo fu impiegato quando furono

pubblicate le indulgenze generali nel 1517.

Leone X, succeduto a Giulio II nel marzo del 1513, aveva in mente di costruire la

magnifica chiesa di San Pietro a Roma, che era già stata iniziata da Giulio, ma che

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Il Libro dei Martiri di Foxe

richiedeva ancora ingenti somme per essere terminata. Leone, quindi, nel 1517 pubblicò in

tutta Europa indulgenze generali a favore di coloro che avessero contribuito con qualsiasi

somma alla costruzione di San Pietro; e nominò persone in diversi Paesi per predicare

queste indulgenze e ricevere denaro per esse. Questi strani procedimenti suscitarono grande

indignazione a Wittenberg e accesero in modo particolare il pio zelo di Lutero, il quale, per

natura caloroso e attivo, e in questo caso incapace di contenersi, era deciso a dichiararsi

contrario a ogni avventura.

Alla vigilia di Ognissanti, quindi, nel 1517, espose pubblicamente, nella chiesa

adiacente al castello di quella città, una tesi sulle indulgenze, all'inizio della quale sfidò

chiunque a opporsi per iscritto o con una disputa. Le proposte di Lutero sulle indulgenze

non erano ancora state pubblicate, che Tetzel, frate domenicano e incaricato di venderle,

sostenne e pubblicò a Frankfort una tesi contenente una serie di proposizioni direttamente

contrarie ad esse. Fece di più: sobillò il clero del suo ordine contro Lutero, lo anatematizzò

dal pulpito come un maledetto eretico e bruciò pubblicamente la sua tesi a Frankfort. Anche

la tesi di Tetzel fu bruciata, a sua volta, dai luterani a Wittenberg; ma Lutero stesso negò

di aver avuto un ruolo in questa procedura.

Nel 1518 Lutero, benché dissuaso dai suoi amici, per dimostrare obbedienza

all'autorità, si recò nel monastero di Sant'Agostino, a Heidelberg, mentre si teneva il

Capitolo; e qui tenne, il 26 aprile, una disputa sulla "giustificazione per fede"; Bucer, che

era presente, la mise per iscritto e la comunicò in seguito a Beatus Rhenario, non senza i

più alti apprezzamenti.

Nel frattempo, lo zelo dei suoi avversari si faceva ogni giorno più attivo contro di lui;

e alla fine fu accusato da Leone X come eretico. Appena tornato da Heidelberg, scrisse una

lettera a quel papa, nei termini più sottomessi, e gli inviò, allo stesso tempo, una

spiegazione delle sue proposte sulle indulgenze. Questa lettera è datata la domenica di

Trinità del 1518 ed era accompagnata da una protesta in cui dichiarava di non pretendere

di avanzare o difendere nulla di contrario alle Sacre Scritture o alla dottrina dei padri,

ricevuta e osservata dalla Chiesa di Roma, o ai canoni e alle decretali dei papi; tuttavia,

riteneva di avere la libertà di approvare o disapprovare le opinioni di San Tommaso,

Bonaventura e altri scolari e canonisti, che non sono fondate su alcun testo.

L'imperatore Massimiliano era altrettanto preoccupato, insieme al papa, di porre fine

alla propagazione delle opinioni di Lutero in Sassonia, fastidiose sia per la Chiesa che per

l'impero. Massimiliano si rivolse quindi a Leone, con una lettera datata 5 agosto 1518,

pregandolo di proibire, con la sua autorità, queste dispute inutili, avventate e pericolose;

gli assicurò inoltre che avrebbe eseguito rigorosamente nell'impero tutto ciò che Sua

Santità avrebbe imposto.

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Nel frattempo Lutero, non appena capì cosa stava accadendo a Roma, usò tutti i mezzi

possibili per impedire che fosse portato lì e per ottenere un'udienza per la sua causa in

Germania. Anche l'elettore era contrario a che Lutero si recasse a Roma e chiese al

cardinale Cajetan di essere ascoltato davanti a lui, in quanto legato del papa in Germania.

In seguito a queste richieste, il Papa acconsentì a che la causa fosse discussa davanti al

cardinale Cajetan, al quale aveva dato il potere di decidere.

Lutero, quindi, partì immediatamente per Augusta, portando con sé le lettere

dell'elettore. Arrivò qui nell'ottobre del 1518 e, dietro assicurazione della sua sicurezza, fu

ammesso alla presenza del cardinale. Ma Lutero si convinse ben presto che aveva più da

temere dal potere del cardinale che da dispute di qualsiasi tipo; perciò, temendo di essere

catturato se non si fosse sottomesso, si ritirò da Augusta il giorno 20. Prima di partire, però,

pubblicò una lettera in cui si impegnava a non lasciare la città. Prima di partire, però,

pubblicò un appello formale al Papa e, trovandosi protetto dall'elettore, continuò a

insegnare le stesse dottrine a Wittenberg e lanciò una sfida a tutti gli inquisitori affinché

venissero a discutere con lui.

Per quanto riguarda Lutero, Miltizio, il camerlengo del papa, aveva l'ordine di

chiedere all'elettore di obbligarlo a ritrattare, o di negargli la sua protezione; ma le cose

non potevano essere portate avanti con una mano così alta, dato che il credito di Lutero era

troppo solido. Inoltre, il 12 di questo mese morì l'imperatore Massimiliano, la cui morte

cambiò notevolmente la situazione e rese l'elettore più capace di determinare il destino di

Lutero. Miltizio pensò quindi che fosse meglio tentare di fare qualcosa con mezzi giusti e

gentili, e a tal fine si mise d'accordo con Lutero.

Durante tutti questi trattati, la dottrina di Lutero si diffuse e prevalse notevolmente;

egli stesso ricevette un grande incoraggiamento in patria e all'estero. I boemi, in questo

periodo, gli inviarono un libro del celebre Giovanni Huss, caduto martire nell'opera di

riforma, e anche lettere in cui lo esortavano alla costanza e alla perseveranza, riconoscendo

che la divinità che insegnava era quella pura, sana e ortodossa. Molti uomini grandi e dotti

si erano uniti a lui.

Nel 1519 ebbe una famosa disputa a Leipsic con Giovanni Eccius. Ma questa disputa

si concluse a lungo come tutte le altre, non essendo le parti più vicine nelle opinioni, ma

più inimicate l'una con l'altra.

Verso la fine di quest'anno, Lutero pubblicò un libro in cui sosteneva che la

Comunione fosse celebrata in entrambi i tipi; il libro fu condannato dal vescovo di Misnia

il 24 gennaio 1520.

Mentre Lutero si affannava a giustificarsi con il nuovo imperatore e con i vescovi della

Germania, Eccius si era recato a Roma per sollecitare la sua condanna che, come è facile

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Il Libro dei Martiri di Foxe

intuire, non era ormai difficile da ottenere. Infatti, le continue pressioni degli avversari di

Lutero presso Leone lo indussero a pubblicare una condanna formale nei suoi confronti,

cosa che avvenne con una bolla del 15 giugno 1520. Questa fu portata in Germania e

pubblicata da Eccius, che l'aveva sollecitata a Roma e che, insieme a Girolamo Alessandro,

persona eminente per cultura ed eloquenza, fu incaricato dal papa di eseguirla. Nel

frattempo, Carlo V di Spagna, dopo aver sistemato le cose nei Paesi Bassi, si recò in

Germania e fu incoronato imperatore il 21 ottobre a Aix-la-Chapelle.

Martin Lutero, dopo essere stato accusato per la prima volta a Roma il giovedì di

domenica con la censura del papa, poco dopo Pasqua si mise in viaggio verso Worms, dove

il suddetto Lutero, presentandosi davanti all'imperatore e a tutti gli Stati della Germania, si

attenne costantemente alla verità, si difese e rispose ai suoi avversari.

Lutero fu ospitato, ben intrattenuto e visitato da molti conti, baroni, cavalieri

dell'ordine, gentiluomini, sacerdoti e popolani, che frequentarono il suo alloggio fino a

notte. Egli venne, contrariamente alle aspettative di molti, sia da avversari che da altri. I

suoi amici deliberarono insieme e molti lo persuasero a non avventurarsi in un pericolo

così presente, considerando come questi iniziali non rispondevano alla fede della promessa

fatta. Il quale, dopo aver ascoltato tutta la loro persuasione e i loro consigli, rispose in

questo modo: "Per quanto riguarda me, dal momento che sono stato mandato a chiamare,

sono deciso e certamente determinato a entrare a Worms, nel nome di nostro Signore Gesù

Cristo; sì, anche se sapevo che c'erano tanti diavoli a resistermi quante sono le tegole per

coprire le case di Worms".

Il giorno dopo, l'araldo lo condusse dal suo alloggio alla corte dell'imperatore, dove

rimase fino alle sei, perché i principi erano occupati in gravi consultazioni; restando lì, fu

circondato da un gran numero di persone e quasi soffocato per la stampa che c'era. Poi,

quando i principi si furono accomodati e Lutero entrò, Eccius, il funzionario, parlò in

questo modo: "Rispondi ora alla richiesta dell'imperatore. Vuoi mantenere tutti i tuoi libri

che hai riconosciuto, o revocarne una parte e sottometterti?".

Martin Lutero rispose con modestia e umiltà, e tuttavia non senza una certa fermezza

di stomaco e costanza cristiana. "Considerando che la vostra sovrana maestà e i vostri onori

richiedono una risposta chiara; dico e professo il più risolutamente possibile, senza dubbi

o sofismi, che se non sono convinto dalle testimonianze delle Scritture (perché non credo

al papa, né ai suoi concili generali, che hanno sbagliato molte volte e sono stati contrari a

se stessi), la mia coscienza è così legata e catturata da queste Scritture e dalla Parola di Dio,

che non voglio, né posso revocare alcunché; considerando che non è pio né lecito fare

qualcosa contro la coscienza. Qui mi fermo e mi riposo: Non ho altro da dire. Dio abbia

pietà di me!".

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Il Libro dei Martiri di Foxe

I principi si consultarono insieme sulla risposta data da Lutero e, dopo averla

esaminata diligentemente, il prolucutore cominciò a respingerlo in questo modo:

"La Maestà dell'Imperatore esige da te una semplice risposta, negativa o affermativa,

se intendi difendere tutte le tue opere come cristiane, o no?".

Allora Lutero, rivolgendosi all'imperatore e ai nobili, li pregò di non forzarlo o

costringerlo a cedere contro la sua coscienza, confermata dalle Sacre Scritture, senza

evidenti argomentazioni contrarie addotte dai suoi avversari. "Sono legato dalle Scritture".

Prima che la Dieta di Worms fosse sciolta, Carlo V fece redigere un editto, datato 8

maggio, in cui si stabiliva che Martin Lutero, secondo la sentenza del papa, sarebbe stato

d'ora in poi considerato un membro separato dalla Chiesa, uno scismatico e un eretico

ostinato e noto. Mentre la bolla di Leone X eseguita da Carlo V rimbombava in tutto

l'impero, Lutero si era rinchiuso al sicuro nel castello di Wittenberg; ma stanco del suo

ritiro, il 6 marzo 1522 apparve di nuovo pubblicamente a Wittenberg, dopo essere stato

assente per circa dieci mesi.

A questo punto Lutero fece guerra aperta al papa e ai vescovi e, per indurre il popolo

a disprezzare il più possibile la loro autorità, scrisse un libro contro la bolla del papa e un

altro contro l'ordine falsamente chiamato "Ordine dei vescovi". Pubblicò anche una

traduzione del Nuovo Testamento in lingua tedesca, che fu poi corretta da lui stesso e da

Melantone.

Gli affari erano ormai in grande confusione in Germania; e non lo erano di meno in

Italia, perché era sorta una disputa tra il papa e l'imperatore, durante la quale Roma fu presa

due volte e il papa imprigionato. Mentre i principi erano impegnati a litigare tra loro, Lutero

continuava a portare avanti l'opera della Riforma, sia opponendosi ai papisti, sia

combattendo gli anabattisti e altre sette fanatiche che, approfittando della sua contesa con

la Chiesa di Roma, erano sorte e si erano stabilite in diversi luoghi.

Nel 1527 Lutero fu improvvisamente colto da una coagulazione del sangue intorno al

cuore, che avrebbe dovuto porre fine alla sua vita. Poiché i problemi della Germania non

sembravano destinati a finire, l'imperatore fu costretto a convocare una dieta a Spires, nel

1529, per richiedere l'assistenza dei principi dell'impero contro i turchi. Quattordici città,

cioè Strassburg, Norimberga, Ulm, Costanza, Retlingen, Windsheim, Memmingen,

Lindow, Kempten, Hailbron, Isny, Weissemburg, Nortlingen, S. Gal, si unirono contro il

decreto di protesta della Dieta, che fu messo per iscritto e pubblicato nell'aprile del 1529.

Questa fu la famosa protesta che diede il nome di "protestanti" ai riformatori in Germania.

Dopo di ciò, i principi protestanti si sforzarono di stringere una solida lega e

ingiunsero all'elettore di Sassonia e ai suoi alleati di approvare ciò che la Dieta aveva fatto;

ma i deputati redassero un appello e i protestanti presentarono in seguito un'apologia della

168


Il Libro dei Martiri di Foxe

loro "Confessione", quella famosa confessione che era stata redatta dal temperato

Melantone, e anche l'apologia. Queste furono firmate da diversi principi e Lutero non ebbe

altro da fare che sedersi e contemplare l'opera poderosa che aveva portato a termine: infatti,

il fatto che un solo monaco fosse in grado di dare alla Chiesa di Roma un colpo così brusco,

che non ne sarebbe servito un altro per abbatterla, può essere considerato un'opera poderosa.

Nel 1533 Lutero scrisse un'epistola consolatoria ai cittadini di Oschatz, che avevano

sofferto alcune difficoltà per aver aderito alla confessione di fede di Augusta; nel 1534 fu

stampata per la prima volta la Bibbia da lui tradotta in tedesco, come dimostra l'antico

privilegio, datato a Bibliopolis, di mano dell'elettore stesso, e fu pubblicata l'anno

successivo. In questo anno pubblicò anche un libro "Contro le messe e la consacrazione

dei sacerdoti".

Nel febbraio del 1537 si tenne a Smalkald un'assemblea su questioni religiose, alla

quale furono chiamati Lutero e Melantone. Durante questa riunione Lutero fu colto da una

malattia così grave che non c'era speranza di guarigione. Mentre veniva trasportato, fece il

suo testamento, in cui lasciava in eredità ai suoi amici e fratelli la sua detestazione del

papato. In questo modo si impegnò fino alla sua morte, avvenuta nel 1546.

In quell'anno, accompagnato da Melantone, si recò in visita al suo Paese, che non

vedeva da molti anni, e ne tornò sano e salvo. Poco dopo, però, fu nuovamente chiamato

dai conti di Manfelt per risolvere alcune divergenze sorte sui loro confini, dove fu ricevuto

da cento cavalieri o più e condotto in modo molto onorevole, ma allo stesso tempo era così

malato che si temeva potesse morire. Disse che questi attacchi di malattia lo coglievano

spesso quando doveva affrontare grandi affari. Tuttavia, non si riprese, ma morì il 18

febbraio, nel suo sessantatreesimo anno di età. Poco prima di spirare, ammonì coloro che

gli stavano vicino a pregare Dio per la propagazione del Vangelo, "perché", disse, "il

Concilio di Trento, che si era stabilito una o due volte, e il Papa, escogiteranno strane cose

contro di esso". Sentendo avvicinarsi l'ora fatale, prima delle nove del mattino, si

raccomandò a Dio con questa devota preghiera:

"Padre mio celeste, Dio eterno e misericordioso! Tu mi hai manifestato il Tuo caro

Figlio, nostro Signore Gesù Cristo. L'ho istruito, l'ho conosciuto; lo amo come la mia vita,

la mia salute e la mia redenzione; Colui che gli empi hanno perseguitato, calunniato e

afflitto con ferite. Attira la mia anima a Te".

Dopo di che disse, come segue, tre volte: "Affido il mio spirito nelle Tue mani, Tu mi

hai redento, o Dio della Verità! Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito

perché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia la vita eterna". Dopo aver ripetuto più

volte le sue preghiere, fu chiamato a Dio. Così pregando, il suo fantasma innocente si

separò pacificamente dal corpo terreno.

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Capitolo X - Persecuzioni Generali in Germania

Le persecuzioni generali in Germania furono incitate principalmente dalle dottrine e

dal ministero di Martin Lutero. Infatti, il papa era così terrorizzato dal successo di quel

coraggioso riformatore, che decise di coinvolgere l'imperatore Carlo V nel progetto di

tentare la loro estirpazione.

A tal fine

1. Egli diede all'imperatore duecentomila corone in denaro pronto.

2. Promise di mantenere dodicimila fanti e cinquemila cavalli per sei mesi o durante

una campagna.

3. Permise all'imperatore di ricevere metà delle entrate del clero dell'impero durante la

guerra.

4. Permise all'imperatore di impegnare le terre dell'abbazia per cinquecentomila

corone, per contribuire alle ostilità contro i protestanti.

Così spinto e sostenuto, l'imperatore intraprese l'annientamento dei protestanti, contro

i quali era anzi particolarmente infuriato. A questo scopo, un formidabile esercito fu

impiegato in Germania, Spagna e Italia.

I principi protestanti, nel frattempo, formarono una potente confederazione per

respingere il colpo imminente. Fu radunato un grande esercito e il comando fu affidato

all'elettore di Sassonia e al langravio d'Assia. Le forze imperiali erano comandate

dall'imperatore di Germania in persona e gli occhi di tutta Europa erano puntati sull'evento

bellico.

Alla fine gli eserciti si scontrarono l'uno contro l'altro e ne seguì un disperato

combattimento in cui i protestanti furono sconfitti e l'elettore di Sassonia e il langravio

d'Assia furono entrambi fatti prigionieri. A questo colpo mortale seguì un'orribile

persecuzione. La severità era tale che l'esilio poteva essere considerato un destino mite e il

nascondersi in un bosco lugubre una felicità. In questi tempi, una grotta è un palazzo, una

roccia un letto di piume e le radici selvatiche delle prelibatezze.

Coloro che furono catturati sperimentarono le torture più crudeli che l'immaginazione

infernale potesse inventare. La loro costanza dimostrò che un vero cristiano può superare

ogni difficoltà e, nonostante ogni pericolo, acquisire la corona del martirio.

170


Il Libro dei Martiri di Foxe

Henry Voes e John Esch, arrestati come protestanti, sono stati portati all'esame. Voes,

rispondendo per sé e per l'altro, ha dato le seguenti risposte ad alcune domande poste da un

sacerdote, che li ha esaminati per ordine della magistratura.

Sacerdote. Non eravate entrambi, qualche anno fa, frati agostiniani?

Voes. Sì.

Sacerdote. Come mai ha lasciato il seno della Chiesa di Roma?

Voes. A causa dei suoi abomini.

Sacerdote. In che cosa crede?

Voes. Nell'Antico e nel Nuovo Testamento.

Sacerdote. Credete negli scritti dei padri e nei decreti dei concili?

Voes. Sì, se sono in accordo con le Scritture.

Sacerdote. Martin Lutero non vi ha sedotto entrambi?

Voes. Ci ha sedotto anche nello stesso modo in cui Cristo sedusse gli apostoli; cioè ci

ha fatto capire la fragilità del nostro corpo e il valore della nostra anima.

Questo esame fu sufficiente. Entrambi furono condannati alle fiamme, e subito dopo

soffrirono con quella virile fortezza che diventa cristiana quando si riceve la corona del

martirio.

Henry Sutphen, un predicatore eloquente e pio, fu tirato giù dal suo letto nel cuore

della notte e costretto a camminare a piedi nudi per un tratto considerevole, tanto che i suoi

piedi furono terribilmente tagliati. Voleva un cavallo, ma i suoi conduttori dissero, con

scherno: "Un cavallo per un eretico! No, no, gli eretici possono andare a piedi nudi".

Quando arrivò al luogo di destinazione, fu condannato al rogo. Ma, durante l'esecuzione,

gli furono offerti molti oltraggi, poiché i suoi prigionieri non si accontentarono di ciò che

aveva sofferto tra le fiamme. Lo tagliarono e lo sgozzarono in modo terribile.

Molti furono uccisi ad Halle; a Middleburg, presa d'assalto, tutti i protestanti furono

messi a ferro e fuoco e a Vienna ne furono bruciati moltissimi.

Un ufficiale, inviato per mettere a morte un ministro, quando arrivò a casa

dell'ecclesiastico finse che le sue intenzioni erano solo quelle di fargli visita. Il ministro,

non sospettando la crudeltà che intendeva compiere, intrattenne il suo presunto ospite in

modo molto cordiale. Appena terminata la cena, l'ufficiale disse ad alcuni dei suoi

attendenti: "Prendete questo ecclesiastico e impiccatelo". Gli stessi inservienti furono così

scioccati dalla civiltà che avevano visto, che esitarono a eseguire gli ordini del loro padrone.

171


Il Libro dei Martiri di Foxe

Il ministro disse: "Pensate a quale pungolo vi rimarrà sulla coscienza per aver violato le

leggi dell'ospitalità". L'ufficiale, tuttavia, insistette per essere obbedito e gli attendenti, con

riluttanza, eseguirono l'esecrabile ufficio di boia.

Peter Spengler, un pio divo della città di Schalet, fu gettato nel fiume e annegato.

Prima di essere portato sulle rive del torrente che sarebbe diventato la sua tomba, lo

condussero alla piazza del mercato perché fossero proclamati i suoi crimini: non andare a

Messa, non confessarsi e non credere nella transustanziazione. Dopo aver terminato questa

cerimonia, fece un discorso eccellente al popolo e concluse con un inno toccante, di natura

molto edificante.

A un gentiluomo protestante fu ordinata la decapitazione per non aver rinunciato alla

sua religione,

e si recò allegramente al luogo dell'esecuzione. Un frate gli si avvicinò e gli disse a

bassa voce queste parole: "Poiché siete molto restio ad abiurare pubblicamente la vostra

fede, sussurratemi all'orecchio la vostra confessione e io assolverò i vostri peccati". Al che

il gentiluomo rispose a gran voce: "Non mi disturbate, frate, ho confessato i miei peccati a

Dio e ho ottenuto l'assoluzione per i meriti di Gesù Cristo". Poi, rivolgendosi al boia, disse:

"Non mi disturbare con questi uomini, ma esegui il tuo dovere", al che la sua testa fu colpita

con un solo colpo.

Wolfgang Scuch e John Huglin, due validi ministri, furono bruciati, così come

Leonard Keyser, uno studente dell'Università di Wertembergh; George Carpenter, un

bavarese, fu impiccato per aver rifiutato di abiurare il protestantesimo.

Le persecuzioni in Germania si placarono per molti anni, ma scoppiarono nuovamente

nel 1630, a causa della guerra tra l'imperatore e il re di Svezia, poiché quest'ultimo era un

principe protestante. Di conseguenza, i protestanti della Germania sposarono la sua causa,

il che esasperò notevolmente l'imperatore contro di loro.

Gli imperiali, dopo aver assediato la città di Passewalk (difesa dagli svedesi), la

presero d'assalto e per l'occasione commisero le più orribili crudeltà. Abbatterono le chiese,

bruciarono le case, saccheggiarono le proprietà, massacrarono i ministri, misero a ferro e

fuoco la guarnigione, impiccarono i cittadini, violentarono le donne, soffocarono i bambini,

ecc.

Una tragedia sanguinosa si verificò a Magdeburgo nel 1631. I generali Tilly e

Pappenheim assediarono e conquistarono la città protestante con un assalto, più di

ventimila persone, senza distinzione di rango, sesso o età, furono uccise durante la

carneficina e seimila annegarono nel tentativo di fuggire attraverso il fiume Elba. Dopo

che la furia si fu placata, gli abitanti rimasti furono denudati, duramente flagellati, fu loro

tagliato l'orecchio e, incatenati come buoi, furono mandati alla deriva.

172


Il Libro dei Martiri di Foxe

La città di Hoxter fu conquistata e catturata dall'esercito papale, e tutti gli abitanti e la

guarnigione furono messi a ferro e fuoco; anche le case furono incendiate e i corpi

consumati dalle fiamme.

A Griphenberg, quando le forze imperiali prevalsero, rinchiusero i senatori nella sala

del Senato e, circondandola di paglia accesa, li soffocarono.

La Franhendal si arrese in base agli articoli di capitolazione, ma gli abitanti furono

usati con la stessa crudeltà di altri luoghi; a Heidelberg molti furono rinchiusi in prigione

e fatti morire di fame.

Le crudeltà usate dalle truppe imperiali, sotto il Conte Tilly in Sassonia, sono così

elencate:

Mezzo strangolamento e recupero ripetuto delle persone. Rotolamento di ruote affilate

sulle dita delle mani e dei piedi. Stringere i pollici in una morsa. Forzando in gola le cose

più sporche, molti sono rimasti soffocati. Legando corde intorno alla testa in modo così

stretto che il sangue sgorgava dagli occhi, dal naso, dalle orecchie e dalla bocca. Fissare

fiammiferi ardenti alle dita delle mani e dei piedi, alle orecchie, alle braccia, alle gambe e

persino alla lingua. Mettere della polvere da sparo in bocca e darle fuoco, per cui la testa

veniva fatta a pezzi. Legare sacchetti di polvere da sparo a tutte le parti del corpo, per far

saltare in aria la persona. Tracciare corde avanti e indietro attraverso le parti carnose.

Incidere la pelle con pugnali e coltelli. Passare fili nel naso, nelle orecchie, nelle labbra,

ecc. Appendere i protestanti per le gambe, con la testa sopra un fuoco che li asciugava dal

fumo. Appesi per un braccio fino a slogarlo. Appesi a ganci per le costole. Costringendo le

persone a bere fino a scoppiare. Cuocere molti in forni roventi. Fissare pesi ai piedi e tirarne

su molti con carrucole. Impiccare, soffocare, arrostire, pugnalare, friggere, torchiare,

squartare, rompere le ossa, strappare la carne, strappare con cavalli selvaggi, annegare,

strangolare, bruciare, cuocere, crocifiggere, immolare, avvelenare, tagliare la lingua, il

naso, le orecchie, etc., segare le membra, fare a pezzi e trascinare per i talloni per le strade.

Le enormi crudeltà saranno una macchia perenne sulla memoria del conte Tilly, che

non solo le commise, ma addirittura comandò le truppe per metterle in pratica. Ovunque

arrivasse, le barbarie più orribili e le depredazioni più crudeli si susseguivano: la carestia e

la conflagrazione segnavano i suoi progressi, poiché distruggeva tutte le provviste che non

poteva portare con sé e bruciava tutte le città prima di lasciarle, cosicché il risultato

completo delle sue conquiste fu l'omicidio, la povertà e la desolazione.

Spogliarono un uomo anziano e pio, lo legarono supino su un tavolo e gli legarono al

ventre un grosso e feroce gatto. Poi lo punzecchiarono e lo tormentarono in modo tale che

la creatura, in preda alla rabbia, gli squarciò il ventre e gli rosicchiò le viscere.

173


Il Libro dei Martiri di Foxe

Un altro ministro e la sua famiglia furono catturati da questi mostri inumani. Hanno

violentato la moglie e la figlia davanti a lui, hanno infilzato il figlio neonato con la punta

di una lancia e poi lo hanno circondato con tutta la sua biblioteca di libri. Gli diedero fuoco

e lui si consumò in mezzo alle fiamme.

In Assia-Cassel alcune truppe entrarono in un ospedale, in cui c'erano soprattutto

donne pazze, e spogliando tutte le povere disgraziate, le fecero correre per le strade per

distrarle e poi le misero tutte a morte.

In Pomerania, alcune truppe imperiali entrarono in una piccola città e si

impadronirono di tutte le giovani donne e le ragazze di più di dieci anni; poi, mettendo i

genitori in cerchio, ordinarono loro di cantare i salmi mentre violentavano i loro figli,

altrimenti giurarono che li avrebbero fatti a pezzi in seguito. Poi presero tutte le donne

sposate che avevano figli piccoli e minacciarono, se non avessero acconsentito

all'appagamento dei loro desideri, di bruciare i loro figli davanti a loro in un grande fuoco

che avevano acceso a tale scopo.

Una banda di soldati del conte Tilly, incontrando una compagnia di mercanti di

Basilea che tornavano dal grande mercato di Strassburg, tentò di circondarli; tutti

riuscirono a fuggire, tranne dieci, lasciando le loro proprietà. I dieci catturati implorarono

a gran voce la loro vita, ma i soldati li uccisero dicendo: "Dovete morire perché siete eretici

e non avete denaro".

Gli stessi soldati incontrarono due contesse che, insieme ad alcune giovani donne,

figlie di una di loro, stavano prendendo una boccata d'aria in una carrozza trainata da cavalli.

I soldati risparmiarono loro la vita, ma le trattarono con la massima indecenza e, dopo

averle spogliate tutte, chiesero al cocchiere di proseguire.

Con i mezzi e la mediazione della Gran Bretagna, la pace fu finalmente ristabilita in

Germania e i protestanti rimasero indisturbati per diversi anni, fino a quando non

scoppiarono nuovi disordini nel Palatinato, che furono così provocati:

La grande chiesa dello Spirito Santo, a Heidelberg, per molti anni è stata condivisa in

parti uguali dai protestanti e dai cattolici romani in questo modo: i protestanti celebravano

il servizio divino nella navata o nel corpo della chiesa, mentre i cattolici romani

celebravano la Messa nel coro. Sebbene questa fosse l'usanza da tempo immemorabile,

l'elettore del Palatinato si mise in testa di non tollerarla più. Dichiarò che, essendo

Heidelberg il luogo della sua residenza e la Chiesa dello Spirito Santo la cattedrale della

sua città principale, il servizio divino doveva essere celebrato solo secondo i riti della

Chiesa cattolica di cui era membro. Vietò quindi ai protestanti di entrare nella chiesa e mise

i papisti in possesso dell'intera struttura.

174


Il Libro dei Martiri di Foxe

Il popolo danneggiato si rivolse alle potenze protestanti per ottenere riparazione, cosa

che esasperò a tal punto l'elettore da indurlo a sopprimere il catechismo di Heidelberg. Le

potenze protestanti, tuttavia, convennero unanimemente di chiedere soddisfazione, poiché

l'elettore, con questa condotta, aveva violato un articolo del trattato di Westfalia; e le corti

di Gran Bretagna, Prussia, Olanda, ecc. inviarono deputati all'elettore per rappresentargli

l'ingiustizia del suo comportamento e per minacciare, se non avesse cambiato il suo

comportamento nei confronti dei protestanti del Palatinato, che avrebbero trattato i loro

sudditi cattolici con la massima severità. Tra le potenze protestanti e quelle dell'elettore si

verificarono numerose e violente dispute, che furono notevolmente accresciute dal

seguente incidente: La carrozza del ministro olandese era ferma davanti alla porta del

residente inviato dal principe d'Assia. Il cocchiere, per caso, stava trasportando un malato;

il cocchiere non se ne curò minimamente, e quelli che assistevano l'ospite lo tirarono fuori

dalla sua carrozza e lo costrinsero a inginocchiarsi. Questa violenza nei confronti di un

ministro pubblico fu molto risentita da tutti i deputati protestanti; e per accentuare

ulteriormente le divergenze, i protestanti presentarono ai deputati tre ulteriori articoli di

reclamo.

1. Che furono ordinate esecuzioni militari contro tutti i calzolai protestanti che si

fossero rifiutati di contribuire alle Messe di San Crispino.

2. Che ai protestanti fu proibito di lavorare nei giorni festivi papali, anche in tempo di

raccolto, con pene molto pesanti, che causavano grandi disagi e pregiudicavano

notevolmente gli affari pubblici.

3. Che diversi ministri protestanti erano stati espropriati delle loro chiese, con il

pretesto che erano state originariamente fondate e costruite da cattolici romani.

I deputati protestanti presero l'offesa così seriamente da accennare all'elettore che la

forza delle armi avrebbe dovuto costringerlo a rendere giustizia alle loro richieste. Questa

minaccia lo fece ragionare, poiché conosceva bene l'impossibilità di portare avanti una

guerra contro i potenti Stati che lo minacciavano. Accettò quindi che il corpo della Chiesa

dello Spirito Santo fosse restituito ai protestanti. Ripristinò il catechismo di Heidelberg,

rimise i ministri protestanti in possesso delle chiese di cui erano stati spossessati, permise

ai protestanti di lavorare nei giorni festivi papali e ordinò che nessuno fosse molestato per

non essersi inginocchiato al passaggio dell'ostia.

Queste cose le fece per paura. Ma per mostrare il suo risentimento ai sudditi protestanti,

in altre circostanze in cui gli Stati protestanti non avevano il diritto di interferire,

abbandonò completamente Heidelberg, trasferendo tutte le corti di giustizia a Mannheim,

che era interamente abitata da cattolici romani. Vi costruì anche un nuovo palazzo,

facendone il suo luogo di residenza; e, seguendo i cattolici romani di Heidelberg,

Mannheim divenne un luogo fiorente.

175


Il Libro dei Martiri di Foxe

Nel frattempo, i protestanti di Heidelberg sprofondarono nella povertà e molti di loro

si afflissero a tal punto da lasciare il loro Paese natale e cercare asilo negli Stati protestanti.

Un gran numero di questi protestanti emigrò in Inghilterra, al tempo della regina Anna, e

vi furono accolti cordialmente. Furono accolti con un'assistenza umanissima, sia con

donazioni pubbliche che private.

Nel 1732, più di trentamila protestanti furono esiliati dall'arcivescovado di Salisburgo,

contrariamente al trattato di Westfalia. Fuggirono nel pieno dell'inverno, con abiti a

malapena sufficienti a coprirli e senza provviste, non avendo il permesso di portare con sé

nulla. Poiché la causa di questa povera gente non era stata sposata pubblicamente dagli

Stati che potevano ottenere un risarcimento, essi emigrarono in vari Paesi protestanti e si

stabilirono in luoghi in cui potevano godere del libero esercizio della loro religione, senza

ferire le loro coscienze, e vivere liberi dai vincoli della superstizione papale e della

tirannia ..

176


Il Libro dei Martiri di Foxe

Capitolo XI - Un Resoconto delle Persecuzioni nei Paesi

Bassi

La luce del Vangelo si diffuse con successo nei Paesi Bassi. Il Papa istigò l'imperatore

a iniziare una persecuzione contro i protestanti. Di conseguenza, molte migliaia di persone

caddero come martiri a causa della superstiziosa malizia e del barbaro bigottismo, tra cui i

più importanti furono i seguenti:

Wendelinuta, una pia vedova protestante, fu arrestata a causa della sua religione.

Diversi monaci, senza successo, cercarono di convincerla ad abiurare. Poiché non

riuscirono a prevalere, una signora cattolica romana di sua conoscenza desiderò essere

ammessa nella prigione in cui era rinchiusa. Promise di impegnarsi al massimo per indurre

la prigioniera ad abbandonare la religione riformata. Quando le fu permesso di entrare nella

prigione, fece del suo meglio per svolgere il compito, ma i suoi sforzi furono infruttuosi.

Disse: "Cara Wendelinuta, se non vuoi abbracciare la nostra fede, tieni almeno segrete nel

tuo seno le cose che professi e cerca di prolungare la tua vita". Al che la vedova rispose:

"Signora, non sapete quello che dite; perché con il cuore si crede alla giustizia, ma con la

lingua si confessa la salvezza". Poiché rifiutava decisamente di ritrattare, i suoi beni furono

confiscati e lei fu condannata al rogo. Sul luogo dell'esecuzione un monaco le porse una

croce e le ordinò di baciarla e di adorare Dio. Al che lei rispose: "Non adoro nessun dio di

legno, ma il Dio eterno che è nei cieli". Fu quindi giustiziata, ma grazie alla già citata

signora cattolica romana, le fu concesso il favore di essere strangolata prima di essere

bruciata sulle fascine.

Due ecclesiastici protestanti furono bruciati a Colen; un commerciante di Anversa, di

nome Nicholas, fu legato in un sacco, gettato nel fiume e annegato. Pistorius, uno studente

erudito, fu trasportato al mercato di un villaggio olandese con un cappotto da sciocco e

consegnato alle fiamme.

A sedici protestanti, condannati alla decapitazione, fu ordinato di assistere

all'esecuzione con un ministro protestante. Questo signore svolse la funzione del suo

ufficio con grande correttezza, li esortò al pentimento e li confortò nella misericordia del

loro Redentore. Non appena i sedici furono decapitati, il magistrato gridò al boia: "Manca

ancora un altro colpo; dovete decapitare il ministro; non potrà mai morire in un momento

migliore che con dei precetti così eccellenti in bocca e degli esempi così lodevoli davanti

a lui". Fu quindi decapitato, anche se molti dei cattolici romani stessi rimproverarono

questa crudeltà infida e inutile.

George Scherter, un ministro di Salisburgo, fu arrestato e messo in prigione per aver

istruito il suo gregge nella conoscenza del Vangelo. Mentre era in prigione scrisse una

confessione della sua fede; subito dopo fu condannato, prima ad essere decapitato e poi ad

177


Il Libro dei Martiri di Foxe

essere ridotto in cenere. Mentre si recava al luogo dell'esecuzione, disse agli spettatori:

"Affinché sappiate che muoio da vero cristiano, vi darò un segno". Ciò si verificò in modo

del tutto singolare: dopo che gli fu tagliata la testa, il corpo rimase per un breve periodo

con il ventre a terra e improvvisamente si girò sulla schiena, quando il piede destro passò

sopra il sinistro, così come il braccio destro sopra il sinistro; e così rimase finché non fu

affidato alle fiamme.

In Louviana, un uomo colto, di nome Percinal, fu assassinato in prigione. Justus

Insparg fu decapitato perché in possesso dei sermoni di Lutero.

Giles Tilleman, un coltellinaio di Bruxelles, era un uomo di grande umanità e pietà.

Tra l'altro, fu arrestato come protestante e i monaci fecero molti tentativi per convincerlo

ad abiurare. Una volta, per caso, ebbe la possibilità di fuggire dalla prigione e gli fu chiesto

perché non ne avesse approfittato. Rispose: "Non avrei fatto tanto male ai custodi, che

avrebbero dovuto rispondere della mia assenza, se me ne fossi andato". Quando fu

condannato al rogo, ringraziò ardentemente Dio per avergli concesso l'opportunità di

glorificare il Suo nome attraverso il martirio. Vedendo, nel luogo dell'esecuzione, una

grande quantità di fascine, desiderò che la parte principale di esse fosse data ai poveri,

dicendo: "Una piccola quantità basterà a consumarmi". Il boia si offrì di strangolarlo prima

che il fuoco fosse acceso. Il boia si offrì di strangolarlo prima che venisse acceso il fuoco,

ma lui non volle acconsentire, dicendogli che aveva sfidato le fiamme; si arrese con una

tale compostezza che sembrava quasi non accorgersi dei loro effetti.

Negli anni 1543 e 1544, la persecuzione infuriò in tutte le Fiandre in modo

violentissimo e crudele. Alcuni furono condannati al carcere perpetuo, altri al bando

perpetuo; ma la maggior parte fu messa a morte per impiccagione, annegamento, confino,

rogo, seppellimento vivo o tortura sulla graticola.

Giovanni de Boscane, uno zelante protestante, fu arrestato a causa della sua fede nella

città di Anversa. Durante il processo, egli si professò fermamente di religione riformata, il

che causò la sua immediata condanna. Il magistrato, tuttavia, temeva di metterlo a morte

pubblicamente, poiché era popolare per la sua grande generosità e quasi universalmente

amato per la sua vita inoffensiva e la sua pietà esemplare. Essendo decisa un'esecuzione

privata, fu dato l'ordine di annegarlo in prigione. Il boia, di conseguenza, lo mise in una

grande vasca; ma Boscane si dimenò e riuscì a mettere la testa fuori dall'acqua, il boia lo

trafisse con un pugnale in diversi punti, finché non spirò.

Nello stesso periodo, Giovanni de Buisons, un altro protestante, fu arrestato

segretamente e giustiziato privatamente ad Anversa. I protestanti erano numerosi in quella

città. Poiché il prigioniero era molto rispettato, i magistrati temevano un'insurrezione e per

questo motivo ordinarono che fosse decapitato in prigione.

178


Il Libro dei Martiri di Foxe

Nel 1568, ad Anversa, furono arrestate tre persone di nome Scoblant, Hues e Coomans.

Durante la loro prigionia si comportarono con grande fortezza e allegria, confessando che

la mano di Dio era apparsa in ciò che era loro capitato e inchinandosi davanti al trono della

sua provvidenza. In un'epistola ad alcuni degni protestanti, si espressero con le seguenti

parole: "Poiché è volontà dell'Onnipotente che noi soffriamo per il suo nome e siamo

perseguitati per amore del suo Vangelo, ci sottomettiamo pazientemente. In questa

occasione, siamo gioiosi; anche se la carne può ribellarsi allo spirito e ascoltare il consiglio

del vecchio serpente, tuttavia le verità del Vangelo impediranno tale consiglio. Cristo

schiaccerà la testa del serpente. Non siamo privi di conforto nella reclusione, perché

abbiamo fede. Non temiamo le afflizioni, perché abbiamo la speranza; e perdoniamo i

nostri nemici, perché abbiamo la carità. Non siate preoccupati per noi, perché siamo felici

nella reclusione grazie alle promesse di Dio. Ci gloriamo dei nostri legami ed esultiamo

per essere degni di soffrire per amore di Cristo. Non desideriamo essere liberati, ma essere

benedetti con la fortezza. Non chiediamo la libertà, ma la forza della perseveranza; e non

desideriamo alcun cambiamento nella nostra condizione, se non quello che pone sul nostro

capo una corona di martirio".

Scoblant fu chiamato per primo al processo; persistendo nella professione di fede, fu

condannato a morte. Tornato in prigione, chiese con insistenza al carceriere di non

permettere ad alcun frate di avvicinarsi a lui, dicendo: "Non possono farmi del bene, ma

potrebbero disturbarmi molto. Spero che la mia salvezza sia già sigillata in cielo e che il

sangue di Cristo, nel quale ripongo fermamente la mia fiducia, mi abbia lavato dalle mie

iniquità. Ora, sto per gettare questo manto di argilla, per essere rivestito di abiti di gloria

eterna, dal cui celeste splendore sarò liberato da ogni errore. Spero di essere l'ultimo martire

della tirannia papale, e che il sangue già versato sia sufficiente a placare la sete della

crudeltà papale; che la Chiesa di Cristo possa riposare qui, come i suoi servi faranno in

seguito". Il giorno dell'esecuzione, si congedò pateticamente dai suoi compagni di prigionia.

Sul rogo recitò con fervore il Padre Nostro e cantò il Quarantesimo Salmo. Infine,

raccomandò la sua anima a Dio. Fu bruciato vivo.

Hues, poco dopo, morì in prigione; in quell'occasione Coomans scrisse così ai suoi

amici: "Sono ora privato dei miei amici e compagni; Scoblant è martirizzato e Hues è morto.

Per la visita del Signore; tuttavia non sono solo, ho con me il Dio di Abramo, di Isacco e

di Giacobbe; Egli è il mio conforto e sarà la mia ricompensa. Pregate Dio di rafforzarmi

fino alla fine, poiché aspetto ogni ora di essere liberato da questa dimora di argilla".

Durante il processo, si è confessato liberamente della religione riformata, ha risposto

con virile fortezza a tutte le accuse contro di lui e ha provato la parte scritturale delle sue

risposte dal Vangelo. Il giudice gli disse che le uniche alternative erano la ritrattazione o la

morte; e concluse chiedendo: "Morirai per la fede che professi?". Al che Coomans rispose:

"Non solo sono disposto a morire, ma anche a soffrire i tormenti più atroci per essa; dopo

179


Il Libro dei Martiri di Foxe

di che la mia anima riceverà la conferma da Dio stesso, nel mezzo della gloria eterna".

Condannato, si recò allegramente al luogo dell'esecuzione e morì con la più virile fortezza

e rassegnazione cristiana.

Guglielmo di Nassau fu sacrificato al tradimento, assassinato nel cinquantunesimo

anno di età da Beltazar Gerard, nativo di Ranche Compte, nella provincia di Borgogna.

Questo assassino, nella speranza di ottenere una ricompensa qui e in futuro, per aver ucciso

un nemico del re di Spagna e un nemico della religione cattolica, si impegnò a distruggere

il Principe d'Orange. Procuratosi delle armi da fuoco, lo osservò mentre attraversava la

grande sala del suo palazzo per andare a cena e gli chiese un passaporto. La Principessa

d'Orange, osservando che l'assassino parlava con voce vuota e confusa, chiese la sua

identità, dicendo che non le piaceva il suo aspetto. Il principe rispose che era uno che

chiedeva un passaporto, che avrebbe avuto di lì a poco.

Non accadde più nulla prima della cena, ma al ritorno del principe e della principessa

attraverso la stessa sala, dopo la fine della cena, l'assassino, stando nascosto il più possibile

da uno dei pilastri, sparò al principe, il proiettile entrò dal lato sinistro e passò attraverso il

destro, ferendo nel loro passaggio lo stomaco e gli organi vitali. Nel ricevere le ferite, il

principe disse solo: "Signore, abbi pietà della mia anima e di questa povera gente", e poi

spirò immediatamente.

Le lamentele in tutte le Province Unite erano generali, a causa della morte del Principe

d'Orange; e l'assassino, che fu immediatamente preso, ricevette la sentenza di essere messo

a morte nel modo più esemplare. Tuttavia, il suo entusiasmo o la sua follia furono tali che,

quando le sue carni furono strappate da tenaglie roventi, disse freddamente: "Se fossi libero,

commetterei di nuovo un'azione simile".

I funerali del principe d'Orange furono i più grandiosi mai visti nei Paesi Bassi, e forse

il dolore per la sua morte fu il più sincero, poiché lasciò dietro di sé il personaggio che

onestamente meritava, cioè quello di padre del suo popolo. Per concludere, moltitudini di

persone furono uccise in diverse parti delle Fiandre; nella città di Valence, in particolare,

cinquantasette dei principali abitanti furono massacrati in un solo giorno, per essersi

rifiutati di abbracciare le superstizioni di Roma. Un gran numero di persone fu lasciato

languire in prigione, finché non morirono per l'inclemenza delle loro prigioni.

180


Il Libro dei Martiri di Foxe

Capitolo XII - La Vita e la Storia del Vero Servo e

Martire di Dio

Guillermo Tyndale

Dobbiamo ora entrare nella storia del buon martire di Dio, Guglielmo Tyndale; Come

Guglielmo Tyndale era un organo speciale del Signore, e come il bastone di Dio per

scuotere le radici interne e le fondamenta dell'orgogliosa prelatura del Papa, così il grande

principe delle tenebre, con i suoi empi folletti, avendo una speciale malignità contro di lui,

non lasciò intentato alcun modo per intrappolarlo, tradirlo falsamente e spargere

maliziosamente la sua vita, come può apparire dal processo della sua storia che segue.

Guglielmo Tyndale, fedele ministro di Cristo, nacque nei pressi dei confini del Galles

e fu allevato fin da bambino nell'Università di Oxford, dove, grazie a una lunga permanenza,

aumentò sia la conoscenza delle lingue e delle altre arti liberali, sia soprattutto la

conoscenza delle Scritture, alle quali la sua mente era particolarmente dedita; al punto che

egli, trovandosi allora nella Magdalen Hall, lesse in privato ad alcuni studenti e compagni

del Magdalen College alcuni brani di divinità, istruendoli sulla conoscenza e sulla verità

delle Scritture. I suoi modi e la sua conversazione erano tali che tutti coloro che lo

conoscevano lo ritenevano un uomo dall'indole virtuosa e dalla vita irreprensibile.

Così, nell'Università di Oxford, crescendo sempre più nell'apprendimento e

procedendo nei gradi delle scuole, trascorrendo il suo tempo, si trasferì da lì all'Università

di Cambridge, dove anche lui risiedette per un certo periodo. Essendo ormai maturato nella

conoscenza della Parola di Dio, lasciata l'università, si rivolse a un certo maestro Welch,

cavaliere del Gloucestershire, e lì fu maestro dei suoi figli e godeva del favore del suo

padrone. Poiché questo gentiluomo teneva comunemente alla sua tavola un buon ordinario,

si rivolgevano a lui molte volte diversi abati, decani, arcidiacono, con diversi altri dottori

e grandi uomini benefici; i quali, insieme al maestro Tyndale che sedeva alla stessa tavola,

usavano molte volte entrare in comunicazione e parlare di uomini dotti, come di Lutero e

di Erasmo; anche di diverse altre controversie e questioni sulla Scrittura.

Allora il maestro Tyndale, poiché era colto e ben esperto nelle cose di Dio, non

risparmiava di mostrare loro in modo semplice e chiaro il suo giudizio e, quando in qualche

momento essi si discostavano da Tyndale nelle opinioni, egli li mostrava nel Libro e

metteva davanti a loro i luoghi aperti e manifesti delle Scritture, per confutare i loro errori

e confermare le sue affermazioni. E così continuarono per un certo periodo di tempo,

ragionando e discutendo insieme diverse volte, finché alla fine si stancarono e covarono un

segreto rancore nei loro cuori contro di lui.

181


Il Libro dei Martiri di Foxe

Mentre la situazione si aggravava, i sacerdoti del paese, raggruppandosi,

cominciarono a nutrire rancore e a tempestare Tyndale, inveendo contro di lui nelle birrerie

e in altri luoghi, affermando che le sue affermazioni erano eresia; e lo accusarono

segretamente al cancelliere e ad altri ufficiali del vescovo.

Non passò molto tempo che fu convocata una seduta del cancelliere vescovile e fu

dato l'avviso ai sacerdoti di presentarsi, tra i quali fu avvertito anche il maestro Tyndale di

essere presente. Non si sa se le loro minacce lo avessero indotto a dubitare o se gli avessero

fatto capire che gli avrebbero addebitato alcune cose; ma è certo che, come egli stesso

dichiarò, dubitava delle loro accuse private, tanto che, andando avanti, gridò di cuore a Dio

di dargli forza per rimanere saldo nella verità della Sua Parola.

Quando giunse l'ora della sua comparizione davanti al cancelliere, questi lo minacciò

pesantemente, insultandolo e giudicandolo come se fosse stato un cane, e gli imputò molte

cose per le quali non era possibile trovare un accusatore, nonostante fossero presenti i

sacerdoti del paese. Così il maestro Tyndale, sfuggito alle loro mani, se ne andò a casa e

tornò di nuovo dal suo padrone.

Non lontano si trovava un certo dottore, che era stato cancelliere di un vescovo, il

quale era stato di vecchia conoscenza con il maestro Tyndale e lo aveva benvoluto; al quale

il maestro Tyndale andò e gli aprì la mente su diverse questioni della Scrittura, perché a lui

osava rivelare il suo cuore. Al quale il dottore disse: "Non sai che il papa è proprio

l'Anticristo di cui parla la Scrittura? Ma stai attento a quello che dici, perché se ti si fa

notare che sei di questa opinione, ti costerà la vita".

Poco tempo dopo, il maestro Tyndale si trovò in compagnia di un certo divino,

considerato un uomo colto, e, discutendo con lui, lo spinse a tal punto che il suddetto grande

dottore proruppe in queste parole blasfeme: "Era meglio essere senza le leggi di Dio che

quelle del papa". Il maestro Tyndale, udendo ciò, pieno di zelo divino e non sopportando

quel detto blasfemo, rispose: "Sfido il papa e tutte le sue leggi"; e aggiunse: "Se Dio gli

risparmiasse la vita, tra molti anni farebbe sì che un ragazzo che guida l'aratro conosca le

Scritture più di lui".

Il rancore dei sacerdoti aumentava sempre di più nei confronti di Tyndale, e non

smettevano mai di abbaiargli contro e di accusarlo di molte cose, dicendo che era un eretico.

Essendo così molestato e infastidito, fu costretto a lasciare quel Paese e a cercare un altro

luogo; e così, giunto dal maestro Welch, lo pregò, di sua buona volontà, di allontanarsi da

lui, dicendo: "Signore, sento che non mi sarà concesso di rimanere a lungo in questo Paese,

né voi potrete, anche se lo vorrete, tenermi lontano dalle mani della spiritualità; quale

dispiacere vi potrebbe derivare dal trattenermi, Dio solo lo sa; per questo mi dispiacerebbe

molto".

182


Il Libro dei Martiri di Foxe

Così, alla fine, il maestro Tyndale, con la buona volontà del suo padrone, partì e, di lì

a poco, salì a Londra, dove predicò per un po', come aveva fatto in campagna.

Pensando a Cuthbert Tonstal, allora vescovo di Londra, e soprattutto al grande elogio

di Erasmo, che nelle sue annotazioni esalta il suddetto Tonstal per la sua erudizione,

Tyndale si convinse che se fosse riuscito a raggiungere il suo servizio sarebbe stato un

uomo felice. Recatosi da Signor Enrico Guilford, il computista del re, e portando con sé

un'orazione di Isocrate, che aveva tradotto dal greco all'inglese, lo pregò di parlare per lui

al suddetto vescovo di Londra; cosa che fece anche lui; gli chiese inoltre di scrivere

un'epistola al vescovo e di andare lui stesso con lui. Così fece e consegnò l'epistola a un

suo servo, di nome Guillermo Hebilthwait, un uomo di sua vecchia conoscenza. Ma Dio,

che dispone segretamente il corso delle cose, vide che questo non era il meglio per lo scopo

di Tyndale, né per il profitto della Sua Chiesa, e quindi gli fece trovare poco favore presso

il vescovo, il quale rispose che la sua casa era piena; aveva più di quanto potesse trovare;

e gli consigliò di cercare a Londra all'estero, dove, disse, non avrebbe potuto mancare il

servizio.

Avendo ricevuto un rifiuto dal vescovo, si recò da Humphrey Mummuth, consigliere

comunale di Londra, e lo pregò di aiutarlo; questi lo accolse in casa sua, dove il suddetto

Tyndale viveva (come disse Mummuth) come un buon sacerdote, studiando notte e giorno.

Per sua buona volontà, non mangiava che carne soda e non beveva che una piccola birra.

Non fu mai visto in casa indossare biancheria per tutto il tempo in cui vi rimase.

E così il maestro Tyndale rimase a Londra quasi un anno, osservando di persona

l'andamento del mondo, e soprattutto il comportamento dei predicatori, come si vantavano

di sé stessi e si arrogavano la loro autorità; osservando anche lo sfarzo dei prelati, e altre

cose ancora, che gli dispiacevano molto; al punto che capì non solo che non c'era posto

nella casa del vescovo per lui per tradurre il Nuovo Testamento, ma anche che non c'era

posto per farlo in tutta l'Inghilterra.

Perciò, dopo aver ricevuto dalla provvidenza di Dio l'aiuto di Humphrey Mummuth e

di altri bravi uomini, si congedò dal regno e partì per la Germania, dove il buon uomo,

infiammato da una tenera cura e dallo zelo per il suo paese, non rifiutò di impegnarsi e di

impegnarsi con tutti i mezzi possibili per far sì che i suoi fratelli e compatrioti d'Inghilterra

avessero lo stesso gusto e la stessa comprensione della santa Parola e della verità di Dio di

cui il Signore lo aveva dotato. Allora Tyndale, riflettendo e consultando Giovanni Frith,

pensò che non c'era altro modo per raggiungere lo scopo se non quello di tradurre le

Scritture in lingua volgare, in modo che la povera gente potesse leggere e vedere la

semplice Parola di Dio. Egli si rendeva conto che non era possibile stabilire i laici in

nessuna verità, a meno che le Scritture non venissero messe davanti ai loro occhi in modo

così chiaro nella loro lingua madre, in modo che potessero vedere il significato del testo;

183


Il Libro dei Martiri di Foxe

altrimenti, qualsiasi verità venisse loro insegnata, i nemici della verità l'avrebbero soffocata,

o con ragioni di sofismi e tradizioni di loro creazione, fondate senza alcun fondamento

della Scrittura, o giocando con il testo, esponendolo in un senso tale che sarebbe stato

impossibile capire il testo, se se ne fosse visto il giusto significato.

Il maestro Tyndale riteneva che la causa di tutti i mali della Chiesa fosse solo, o

soprattutto, il fatto che le Scritture di Dio fossero nascoste agli occhi del popolo, perché

fino a quel momento le azioni abominevoli e le idolatrie mantenute dal clero farisaico non

potevano essere viste; e quindi tutto il loro lavoro consisteva nell'impedirne la lettura, in

modo che non venisse letta affatto o, se lo fosse stata, ne avrebbero oscurato il senso con

la nebbia dei loro sofismi, intrappolando in tal modo coloro che ripudiavano o

disprezzavano le loro abominazioni; strappando la Scrittura ai loro scopi, contrariamente

al significato del testo, avrebbero così illuso i profani non istruiti, che anche se tu sentissi

in cuor tuo e fossi sicuro che tutto ciò che dicevano era falso, non riusciresti comunque a

risolvere i loro sottili enigmi.

Per queste e altre considerazioni questo brav'uomo fu spinto da Dio a tradurre le

Scritture nella sua lingua madre, a beneficio della gente semplice del suo paese; per prima

cosa mise mano al Nuovo Testamento, che fu stampato verso il 1525. Cuthbert Tonstal,

vescovo di Londra, insieme a Signor Tommaso More, essendo molto contrariati, si chiesero

come distruggere quella traduzione falsa ed erronea, come la chiamavano loro.

Accadde che un certo Augustine Packington, un mercante, si trovava ad Anversa, dove

si trovava il vescovo. Quest'uomo favoriva Tyndale, ma mostrava il contrario al vescovo.

Il vescovo, desideroso di portare a termine il suo proposito, comunicò che avrebbe

comprato volentieri i Nuovi Testamenti. Packington, sentendolo, disse: "Mio signore!

Posso fare di più in questa faccenda della maggior parte dei mercanti che sono qui, se vi fa

piacere; perché conosco gli olandesi e gli stranieri che li hanno portati da Tyndale e li hanno

qui per venderli; così, se la vostra signoria vuole, devo sborsare del denaro per pagarli,

altrimenti non posso averli; e così vi assicuro di avere tutti i libri che sono stampati e

invenduti". Il vescovo, pensando di avere Dio "in pugno", disse: "Fai la tua parte, gentile

maestro Packington! Procurameli e pagherò tutto quello che costano, perché intendo

bruciarli e distruggerli tutti alla Croce di Paolo". Questo Agostino Packington si recò da

Guillermo Tyndale e dichiarò l'intera faccenda; così, in base a un accordo stipulato tra loro,

il vescovo di Londra ebbe i libri, Packington ebbe i ringraziamenti e Tyndale ebbe il denaro.

Dopo di ciò, Tyndale corresse di nuovo gli stessi Nuovi Testamenti e li fece ristampare

di nuovo, cosicché arrivarono fitti e triplicati in Inghilterra. Quando il vescovo se ne

accorse, mandò a chiamare Packington e gli disse: "Come mai ci sono così tanti Nuovi

Testamenti all'estero? Mi avevi promesso che li avresti comprati tutti". Allora Packington

rispose: "Certo, ho comprato tutti quelli che c'erano, ma mi sembra che da allora ne abbiano

184


Il Libro dei Martiri di Foxe

stampati altri. Vedo che non andrà mai meglio finché ci saranno lettere e francobolli; perciò

era meglio che comprassi anche i francobolli, e così sarai sicuro", al che il vescovo sorrise,

e così la questione finì.

Poco tempo dopo, Giorgio Costantino fu arrestato da Signor Tommaso More, allora

cancelliere d'Inghilterra, perché sospettato di alcune eresie. Il maestro More gli chiese,

dicendo: "Costantino! Vorrei che tu fossi chiaro con me in una cosa che ti chiederò; e ti

prometto che ti mostrerò favore in tutte le altre cose di cui sei accusato. Al di là del mare

ci sono Tyndale, Joye e molti di voi: So che non possono vivere senza aiuto. Ci sono alcuni

che li aiutano con il denaro; e tu, essendo uno di loro, ne hai avuto una parte e quindi sai

da dove proviene. Ti prego, dimmi, chi sono coloro che li aiutano in questo modo?". "Mio

signore", disse Costantino, "ve lo dirò sinceramente: è il vescovo di Londra che ci ha aiutati,

perché ha elargito tra noi una grande quantità di denaro per bruciare i Nuovi Testamenti; e

questo è stato, ed è tuttora, il nostro unico aiuto e conforto". "Per la verità", disse More,

"anch'io penso la stessa cosa, perché così ho detto al vescovo prima che se ne occupasse".

Dopo di che, il maestro Tyndale prese in mano la traduzione dell'Antico Testamento,

terminando i cinque libri di Mosè, con vari prologhi molto dotti e divini, degni di essere

letti e riletti da tutti i buoni cristiani. Quando questi libri furono spediti in Inghilterra, non

si può dire quale porta di luce aprirono agli occhi dell'intera nazione inglese, che prima

erano chiusi nelle tenebre.

Alla sua prima partenza dal regno si recò in Germania, dove ebbe un colloquio con

Lutero e altri dotti; dopo essersi trattenuto lì per un certo periodo, scese nei Paesi Bassi e

si stabilì nella città di Anversa.

I libri divini di Tyndale, e in particolare il Nuovo Testamento da lui tradotto, dopo che

cominciarono ad arrivare nelle mani degli uomini e a diffondersi, portarono un grande e

singolare profitto agli empi; ma gli empi (invidiando e disprezzando che la gente fosse più

saggia di loro e temendo che i raggi splendenti della verità potessero far scoprire le loro

opere di tenebra) cominciarono a smentire con non poca fatica.

Quando Tyndale aveva tradotto il Deuteronomio, pensando di stamparlo ad Amburgo,

salpò verso la costa dell'Olanda e subì un naufragio, a causa del quale perse tutti i libri, gli

scritti e le copie, il denaro e il tempo, e fu costretto a ricominciare tutto da capo. Con

un'altra nave giunse ad Amburgo, dove, su suo incarico, il maestro Coverdale si fermò per

lui e lo aiutò a tradurre tutti e cinque i libri di Mosè, da Pasqua fino a dicembre, in casa di

un'adorabile vedova, la signora Margaret Van Emmerson, nel 1529; nello stesso periodo la

città era afflitta da una grande malattia del sudore. Quindi, dopo aver sbrigato i suoi affari

ad Amburgo, tornò ad Anversa.

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Quando la volontà di Dio fu quella di diffondere il Nuovo Testamento nella lingua

comune, Tyndale, il suo traduttore, aggiunse a quest'ultima fine una certa epistola, in cui

chiedeva a coloro che erano istruiti di emendare, se ci fosse stato qualcosa di sbagliato.

Perciò, se c'era stato qualche errore che meritava una correzione, era stato compito della

cortesia e della gentilezza, per gli uomini di cultura e di giudizio, mostrare la loro

conoscenza e correggere ciò che era da correggere. Ma il clero, non volendo far prosperare

quel libro, gridò che in esso c'erano mille eresie e che non doveva essere corretto, ma

assolutamente soppresso. Alcuni dicevano che non era possibile tradurre le Scritture in

inglese; altri che non era lecito per i laici averle nella loro lingua madre; altri ancora che

ciò li avrebbe resi tutti eretici. E per indurre i governanti temporali al loro scopo, dicevano

che il popolo si sarebbe ribellato al re.

Tutto ciò è dichiarato dallo stesso Tyndale nel prologo che precede il primo libro di

Mosè, mostrando inoltre quali grandi sforzi furono compiuti nell'esaminare quella

traduzione e nel confrontarla con la loro stessa immaginazione, tanto che, secondo lui, con

minor fatica avrebbero potuto tradurre gran parte della Bibbia; mostrando inoltre che

scrutarono ed esaminarono ogni titolo e punto in modo tale e così stretto, che non c'era una

sola cosa in essa, ma se mancava una puntura sulla testa, la notavano e la annotavano al

popolo ignorante come un'eresia.

Così grandi furono allora le astuzie del clero inglese (che avrebbe dovuto essere la

guida della luce per il popolo), per allontanare il popolo dalla conoscenza della Scrittura,

che essi stessi non volevano tradurre, né permettevano che fosse tradotta da altri; con

l'intento (come dice Tyndale) di mantenere il mondo nelle tenebre e di sedurre le coscienze

del popolo con vane superstizioni e false dottrine, per soddisfare la loro ambizione e la loro

insaziabile cupidigia e per esaltare il proprio onore al di sopra di re e imperatori.

I vescovi e i prelati non si diedero pace prima di aver convinto il re a dare il loro

consenso; per questo motivo, in tutta fretta, fu elaborato e presentato un proclama sotto

l'autorità pubblica, in cui si intimava che il Testamento della traduzione di Tyndale fosse

inibito, il che avvenne intorno al 1537. E non contenti di ciò, procedettero oltre, per

impigliarlo nelle loro reti e privarlo della vita; il modo in cui lo portarono a termine, ora

rimane da dichiarare.

Nei registri di Londra appare evidente come i vescovi e Signor Tommaso More,

avendo davanti a loro coloro che erano stati ad Anversa, cercavano ed esaminavano con

grande cura tutte le cose che appartenevano a Tyndale, dove e con chi era ospitato, dove si

trovava la casa, qual era la sua statura, con quale abbigliamento andava, quali erano i suoi

luoghi di villeggiatura; tutte cose che, una volta apprese diligentemente, iniziavano a

compiere le loro imprese.

186


Il Libro dei Martiri di Foxe

Guillermo Tyndale, trovandosi nella città di Anversa, era stato ospitato per circa un

anno intero in casa di Tommaso Pointz, un inglese, che teneva una casa di mercanti inglesi.

Venne qui uno dall'Inghilterra, il cui nome era Enrico Philips, suo padre era un cliente di

Poole, un tipo attraente, come se fosse stato un gentiluomo, che aveva con sé un servitore;

ma perché fosse venuto, o per quale scopo fosse stato mandato qui, nessuno poteva dirlo.

Diverse volte il maestro Tyndale fu invitato a cenare e a mangiare tra i mercanti; per

questo Enrico Philips fece conoscenza con lui, tanto che in breve tempo il maestro Tyndale

ebbe una grande fiducia in lui, e lo portò nel suo alloggio, in casa di Tommaso Pointz; e lo

portò con sé una o due volte a cena e a cena, e inoltre strinse con lui una tale amicizia che,

grazie ai suoi appalti, si fermò nella stessa casa del suddetto Pointz, al quale mostrò anche

i suoi libri e altri segreti del suo studio, tanto che Tyndale diffidava poco di questo traditore.

Ma Pointz, non avendo molta fiducia in quell'uomo, chiese al maestro Tyndale come

avesse conosciuto questo Philips. Il maestro Tyndale rispose che si trattava di un uomo

onesto, di buona cultura e molto rispettabile. Pointz, vedendo che gli era così favorevole,

non disse altro, pensando di essere stato messo a conoscenza di lui da qualche suo amico.

Il detto Philips, che si trovava in città da tre o quattro giorni, una volta volle che Pointz lo

accompagnasse fuori dalla città per mostrargli i suoi beni e, passeggiando insieme fuori

dalla città, ebbe modo di parlare di diverse cose e di alcuni affari del re; da questi discorsi

Pointz non sospettava ancora nulla. Ma dopo, quando il tempo fu trascorso, Pointz percepì

che questa era la mente di Philips, per sentire se il suddetto Pointz avrebbe potuto, per lucro,

aiutarlo a raggiungere il suo scopo, poiché prima aveva capito che Philips era ricco e voleva

che Pointz non lo pensasse di meno. Infatti aveva già chiesto a Pointz di aiutarlo in diverse

cose; e quelle che aveva nominato, voleva che fossero le migliori, "perché", disse, "ho

denaro a sufficienza".

Philips si recò da Anversa alla corte di Bruxelles, da cui dista ventiquattro miglia

inglesi, e da lì portò con sé ad Anversa il procuratore generale, che è l'avvocato

dell'imperatore, con alcuni altri ufficiali.

Nel giro di tre o quattro giorni, Pointz si recò nella città di Barois, distante diciotto

miglia inglesi da Anversa, dove aveva degli affari da sbrigare per un mese o sei settimane;

durante la sua assenza, Enrico Philips tornò ad Anversa, nella casa di Pointz, ed entrando

parlò con la moglie, chiedendo se il maestro Tyndale fosse in casa. Poi uscì di nuovo e

mise gli ufficiali che aveva portato con sé da Bruxelles, in strada e davanti alla porta. Verso

mezzogiorno tornò, andò dal maestro Tyndale e gli chiese di prestargli quaranta scellini,

"perché", disse, "ho perso il mio borsellino questa mattina, arrivando al passaggio tra

questa e Mechlin". Così mastro Tyndale gli prese quaranta scellini, che era facile avere da

lui, se li aveva; perché nelle astute sottigliezze di questo mondo era semplice e inesperto.

187


Il Libro dei Martiri di Foxe

Poi Philips disse: "Maestro Tyndale, oggi sarete mio ospite qui". "No", rispose il maestro

Tyndale, "oggi vado a cena e tu verrai con me e sarai mio ospite, dove sarai il benvenuto".

Così, quando fu l'ora di cena, il maestro Tyndale uscì con Philips, e all'uscita della

casa di Pointz c'era un'entrata lunga e stretta, così che due non potevano passare davanti. Il

maestro Tyndale avrebbe voluto mettere Philips davanti a lui, ma Philips non volle

assolutamente mettere davanti il maestro Tyndale, perché pretendeva di mostrare grande

umanità. Così il maestro Tyndale, che non era un uomo di grande statura, lo precedeva, e

dietro di lui seguiva Philips, una persona alta e avvenente, che aveva messo degli ufficiali

ai lati della porta su due sedili, per vedere chi entrava. Philips indicò con il dito la testa del

signor Tyndale, affinché gli ufficiali vedessero che era lui che dovevano prendere. Gli

ufficiali dissero poi a Pointz, quando lo avevano messo in prigione, che avevano pietà di

vedere la sua semplicità. Lo portarono dal procuratore dell'imperatore, dove cenò. Poi il

procuratore generale si recò a casa di Pointz e portò via tutto ciò che c'era del maestro

Tyndale, sia i suoi libri che altre cose; da lì Tyndale fu condotto al castello di Vilvorde, a

diciotto miglia inglesi da Anversa.

A Tyndale, rimasto in prigione, furono offerti un avvocato e un procuratore; egli

rifiutò, dicendo che avrebbe risposto da solo. Aveva predicato così tanto a coloro che lo

tenevano in custodia e a coloro che lo frequentavano nel castello che riferirono di lui che,

se non era un buon cristiano, non sapevano chi avrebbero potuto prendere per tale.

Alla fine, dopo molti ragionamenti, quando la ragione non serviva più, sebbene non

meritasse la morte, fu condannato in virtù del decreto dell'imperatore, emesso

nell'assemblea di Augusta. Portato sul luogo dell'esecuzione, fu legato al palo, strangolato

dal boia e poi consumato dal fuoco, nella città di Vilvorde, nel 1536, gridando sul rogo con

fervente zelo e a gran voce: "Signore, apri gli occhi del re d'Inghilterra".

La forza della sua dottrina e la sincerità della sua vita furono tali che durante la sua

prigionia (che durò un anno e mezzo) convertì, si dice, il suo guardiano, la figlia del

guardiano e altri membri della sua famiglia.

Per quanto riguarda la sua traduzione del Nuovo Testamento, dato che i suoi nemici

l'avevano tanto carpita, sostenendo che fosse piena di eresie, scrisse a Giovanni Frith

quanto segue: "Chiedo a Dio di mettere a verbale, nel giorno in cui compariremo davanti

al nostro Signore Gesù, che non ho mai alterato una sola sillaba della Parola di Dio contro

la mia coscienza, né lo farei oggi, anche se mi venisse dato tutto ciò che c'è sulla terra, che

si tratti di onori, piaceri o ricchezze"

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Capitolo XIII - Un Resoconto della Vita di Giovanni

Calvino

Questo riformatore nacque a Noyon, in Piccardia, il 10 luglio 1509. Fu istruito in

grammatica, imparando a Parigi sotto Maturinio Corderio, e studiò filosofia nel Collegio

di Montaign sotto un professore spagnolo.

Suo padre, che scoprì molti segni della sua precoce pietà, in particolare nella

repressione dei vizi dei suoi compagni, lo destinò inizialmente alla Chiesa e lo fece

presentare, il 21 maggio 1521, alla cappella di Notre Dame de la Gesine, nella chiesa di

Noyon. Nel 1527 fu presentato alla canonica di Marsiglia, che scambiò nel 1529 con la

canonica di Point l'Eveque, vicino a Noyon. Il padre cambiò poi la sua decisione e volle

che studiasse legge; Calvino, che leggendo le Scritture aveva concepito un'avversione per

le superstizioni del papato, acconsentì prontamente e nel 1534 rinunciò alla cappella di

Gesine e alla canonica di Pont l'Eveque. Fece grandi progressi in quella scienza e migliorò

non poco la conoscenza della divinità grazie ai suoi studi privati. A Bourges si applicò alla

lingua greca, sotto la direzione del professor Wolmar...

La morte del padre lo richiamò a Noyon, dove rimase per un breve periodo, per poi

recarsi a Parigi, dove un discorso di Niccolò Cop, rettore dell'Università di Parigi, di cui

Calvino fornì il materiale, avendo fortemente scontentato la Sorbona e il Parlamento,

Calvino, sfuggito per poco alla cattura nel collegio di Forteret, fu costretto a ritirarsi a

Xaintonge, dopo aver avuto l'onore di essere presentato alla regina di Navarra, che aveva

sollevato la prima tempesta contro i protestanti.

Calvino tornò a Parigi nel 1534. In questo anno il riformato subì un trattamento severo

che lo spinse a lasciare la Francia, dopo aver pubblicato un trattato contro coloro che

credevano che le anime defunte fossero in una sorta di sonno. Si ritirò a Basilea, dove

studiò l'ebraico: in questo periodo pubblicò le sue Istituzioni della religione cristiana,

un'opera adatta a diffondere la sua fama, sebbene egli stesso desiderasse vivere nell'oscurità.

L'opera è dedicata al re di Francia, Francesco I. Calvino scrisse poi un'apologia per i

protestanti che erano stati bruciati per la loro religione in Francia. Dopo la pubblicazione

di quest'opera, Calvino si recò in Italia per fare visita alla duchessa di Ferrara, una dama di

eminente pietà, dalla quale fu accolto molto gentilmente.

Dall'Italia tornò in Francia e, dopo aver sistemato i suoi affari privati, si propose di

andare a Strassburg o a Basilea, in compagnia dell'unico fratello sopravvissuto, Antonio

Calvino; ma poiché le strade non erano sicure a causa della guerra, se non attraverso i

territori del duca di Savoia, scelse quella strada. "Questo fu un particolare indirizzo della

Provvidenza", dice Bayle, "era suo destino che si stabilisse a Ginevra, e quando era del

189


Il Libro dei Martiri di Foxe

tutto intenzionato ad andare oltre, si trovò trattenuto da un ordine del cielo, se così posso

dire".

A Ginevra, Calvino fu quindi costretto a rispettare la scelta che il concistoro e i

magistrati fecero di lui, con il consenso del popolo, per essere uno dei loro ministri e

professore di divinità. Voleva assumere solo quest'ultima carica, e non l'altra; ma alla fine

fu costretto ad assumerle entrambe, nell'agosto del 1536. L'anno successivo fece dichiarare

a tutto il popolo, con giuramento, il proprio assenso alla confessione di fede, che conteneva

la rinuncia al papato. Poi comunicò che non poteva sottomettersi a un regolamento che il

Cantone di Berna aveva recentemente emanato. Allora i sindaci di Ginevra convocarono

un'assemblea del popolo e fu ordinato che Calvino, Farel e un altro ministro lasciassero la

città entro pochi giorni, perché si rifiutavano di amministrare il sacramento.

Calvino si ritirò a Strassburg e fondò in quella città una chiesa francese, di cui fu il

primo ministro; fu anche nominato professore di divinità. Nel frattempo i ginevrini lo

pregavano così vivamente di tornare da loro che alla fine acconsentì e arrivò il 13 settembre

1541, con grande soddisfazione sia del popolo che dei magistrati; la prima cosa che fece,

dopo il suo arrivo, fu quella di istituire una forma di disciplina ecclesiastica e una

giurisdizione concistoriale, investita del potere di infliggere censure e pene canoniche, fino

alla scomunica, inclusa.

Da tempo gli infedeli e alcuni cristiani professi, quando vogliono gettare discredito

sulle opinioni di Calvino, si dilettano a fare riferimento al suo intervento nella morte di

Michele Serveto. Questa azione viene usata in tutte le occasioni da coloro che non sono

riusciti ad abbattere le sue opinioni, come argomento conclusivo contro il suo intero

sistema. "Calvino ha bruciato Serveto!" è una buona prova, per una certa classe di

ragionatori, che la dottrina della Trinità non è vera, che la sovranità divina è antiscritturale

e che il cristianesimo è un imbroglio.

Non desideriamo scusare alcun atto di Calvino che sia palesemente sbagliato. Tutte le

sue azioni, in relazione all'infelice vicenda di Serveto, non possono essere difese. Tuttavia,

bisogna ricordare che i veri principi della tolleranza religiosa erano molto poco compresi

al tempo di Calvino. Tutti gli altri riformatori allora in vita approvavano la condotta di

Calvino. Anche il mite e amabile Melantone si espresse in merito a questa vicenda nel

modo seguente. In una lettera indirizzata a Bullinger, dice: "Ho letto la sua dichiarazione

riguardo alla bestemmia di Serveto, e lodo la sua pietà e il suo giudizio; sono convinto che

il Concilio di Ginevra abbia fatto bene a mettere a morte quest'uomo ostinato, che non

avrebbe mai smesso di bestemmiare. Mi stupisce che si possa trovare qualcuno che

disapprovi questa procedura". Farel dice espressamente che "Servetus meritava la pena

capitale". Bucer non esita a dichiarare che "Servetus meritava qualcosa di peggio della

morte".

190


Il Libro dei Martiri di Foxe

La verità è che, sebbene Calvino abbia avuto un ruolo nell'arresto e

nell'imprigionamento di Serveto, non era affatto disposto a farlo bruciare. "Desidero", dice,

"che la severità della pena sia rimandata". "Abbiamo cercato di mitigare il tipo di morte,

ma invano". "Volendo mitigare la severità della pena", dice Farel a Calvino, "voi assolvete

l'ufficio di un amico nei confronti del vostro più grande nemico". "Che Calvino sia stato

l'istigatore dei magistrati affinché Serveto fosse bruciato", dice Turritine, "gli storici non

lo affermano da nessuna parte, né risulta da alcuna considerazione. Anzi, è certo che egli,

con il collegio dei pastori, dissuase da quel tipo di punizione".

È stato spesso affermato che Calvino aveva una tale influenza sui magistrati di

Ginevra che avrebbe potuto ottenere il rilascio di Serveto, se non fosse stato desideroso di

distruggerlo. Questo però non è vero. Non è vero, infatti, che Calvino stesso fu bandito una

volta da Ginevra, proprio da questi magistrati, e spesso si oppose invano alle loro misure

arbitrarie. Calvino era così poco desideroso di procurare la morte di Serveto che lo avvertì

del pericolo e gli permise di rimanere diverse settimane a Ginevra, prima di essere arrestato.

Ma il suo linguaggio, allora considerato blasfemo, fu la causa della sua incarcerazione.

Quando era in prigione, Calvino gli fece visita e usò ogni argomento per convincerlo a

ritrattare le sue orribili bestemmie, senza fare riferimento ai suoi sentimenti particolari.

Questo fu il limite dell'intervento di Calvino in questa infelice vicenda.

Tuttavia, non si può negare che in questo caso Calvino abbia agito contro lo spirito

benevolo del Vangelo. È meglio piangere sull'incoerenza della natura umana e sulle

infermità che non possono essere giustificate. Egli dichiarò di aver agito in coscienza e

giustificò pubblicamente l'atto.

È stata l'opinione che i principi religiosi errati siano punibili dal magistrato civile a

causare il danno, sia a Ginevra, sia in Transilvania, sia in Gran Bretagna; e a questo,

piuttosto che al trinitarismo o all'unitarianismo, dovrebbe essere imputato.

Dopo la morte di Lutero, Calvino esercitò una grande influenza sugli uomini di quel

notevole periodo. Fu influente in Francia, Italia, Germania, Olanda, Inghilterra e Scozia.

Furono organizzate duemilacentocinquanta congregazioni riformate che ricevevano da lui

i loro predicatori.

Calvino, trionfante su tutti i suoi nemici, sentiva che la sua morte si avvicinava.

Eppure continuava a impegnarsi in ogni modo con energia giovanile. Quando stava per

coricarsi per riposare, redasse il suo testamento, dicendo: "Attesto che vivo e intendo

morire in questa fede che Dio mi ha dato attraverso il suo Vangelo, e che non ho altra

dipendenza per la salvezza che la libera scelta che mi è stata fatta da Lui. Con tutto il cuore

accolgo la Sua misericordia, grazie alla quale tutti i miei peccati sono coperti, per amore di

Cristo e per amore della Sua morte e delle Sue sofferenze. Secondo la misura della grazia

che mi è stata concessa, ho insegnato questa Parola pura e semplice, con sermoni, azioni

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Il Libro dei Martiri di Foxe

ed esposizioni di queste Scritture. In tutte le mie battaglie con i nemici della verità non ho

usato sofismi, ma ho combattuto la buona battaglia in modo schietto e diretto".

Il 27 maggio 1564 fu il giorno della sua liberazione e del suo benedetto viaggio di

ritorno. Aveva cinquantacinque anni.

Che un uomo che aveva acquisito una così grande reputazione e una tale autorità, non

avesse che un salario di cento corone, rifiutando di accettarne di più; e che dopo aver

vissuto cinquantacinque anni con la massima frugalità lasciasse ai suoi eredi solo trecento

corone, compreso il valore della sua biblioteca, venduta a caro prezzo, è qualcosa di così

eroico, che bisognava perdere ogni sentimento per non ammirarlo. Quando Calvino si

congedò da Strassburg per tornare a Ginevra, gli vollero mantenere i privilegi di libero

cittadino e le entrate di una prebenda che gli erano state assegnate; accettò i primi, ma

rifiutò assolutamente gli altri. Portò con sé a Ginevra uno dei fratelli, ma non si preoccupò

mai di farlo preferire a un incarico onorevole, come avrebbe fatto qualsiasi altro possessore

del suo credito. Si preoccupò anzi dell'onore della famiglia del fratello, facendolo liberare

da un'adultera e ottenendo il permesso di risposarsi; ma anche i suoi nemici raccontano che

gli fece imparare il mestiere di rilegatore, che seguì per tutta la vita.

Calvino come amico della libertà civile

Il Rev. Dr. Wisner, nel suo recente discorso a Plymouth, in occasione dell'anniversario

dello sbarco dei Pellegrini, ha fatto la seguente affermazione: "Per quanto il nome di

Calvino sia stato deriso e caricato di rimproveri da molti figli della libertà, non c'è una

proposizione storica più suscettibile di una dimostrazione completa di questa: nessun uomo

è vissuto verso il quale il mondo ha maggiori obblighi per la libertà di cui gode ora, di

Giovanni Calvino".

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Capitolo XIV - Un Resoconto delle Persecuzioni in Gran

Bretagna e Irlanda

Prima del regno della regina Maria I

Gildas, il più antico scrittore britannico esistente, vissuto all'incirca nel periodo in cui

i Sassoni lasciarono l'isola di Gran Bretagna, ha tracciato un esempio sconvolgente della

barbarie di quel popolo.

I Sassoni, al loro arrivo, essendo pagani come gli Scozzesi e i Pitti, distrussero le

chiese e uccisero il clero ovunque arrivassero. Ma non riuscirono a distruggere il

cristianesimo, perché coloro che non vollero sottomettersi al giogo sassone andarono a

risiedere oltre il Severn. Non ci sono stati trasmessi nemmeno i nomi dei sofferenti cristiani,

soprattutto quelli del clero.

Il più terribile esempio di barbarie sotto il governo sassone fu il massacro dei monaci

di Bangor, nel 586 d.C.. Questi monaci erano in tutto e per tutto diversi da quelli che oggi

portano lo stesso nome.

Nell'ottavo secolo, i danesi, un gruppo di barbari itineranti, sbarcarono in diverse parti

della Gran Bretagna, sia in Inghilterra che in Scozia.

All'inizio furono respinti, ma nell'857 d.C. una parte di loro sbarcò nei pressi di

Southampton e non solo derubò la popolazione, ma bruciò le chiese e uccise il clero.

Nell'868 d.C., questi barbari penetrarono nel centro dell'Inghilterra ed ereditarono la

regione di Nottingham. Ma i cittadini inglesi, sotto il loro re Ethelred, li cacciarono dalle

loro postazioni e li obbligarono a ritirarsi nel Northumberland.

Nell'870 d.C., un altro corpo di questi barbari sbarcò a Norfolk e ingaggiò una

battaglia con gli inglesi a Hertford. La vittoria fu a favore dei pagani, che imprigionarono

Edmondo, re degli Angli orientali, e dopo averlo trattato con mille indignazioni, gli

trafissero il corpo con le frecce e poi lo decapitarono.

Nel Fifeshire, in Scozia, bruciarono molte chiese e, tra le altre, quella dei Culdees, a

St. Andrews. La pietà di questi uomini li rese oggetto di avversione da parte dei danesi. Le

tribù danesi, ovunque andassero, prendevano di mira i sacerdoti cristiani per distruggerli,

di cui non meno di duecento furono massacrati in Scozia.

Lo stesso accadde in quella parte dell'Irlanda oggi chiamata Leinster, dove i danesi

uccisero e bruciarono vivi i sacerdoti nelle loro chiese. Ovunque andassero, portavano con

sé la distruzione. Non risparmiavano né l'età né il sesso. Ma il clero era il più odioso per

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Il Libro dei Martiri di Foxe

loro, perché ridicolizzava la loro idolatria e convinceva il popolo a non avere nulla a che

fare con loro.

Nel regno di Edoardo III la Chiesa d'Inghilterra era estremamente corrotta da errori e

superstizioni, e la luce del Vangelo di Cristo era notevolmente eclissata e oscurata da

invenzioni umane, cerimonie onerose e grossolana idolatria.

I seguaci di Wickliffe, allora chiamati Lollardi, stavano diventando estremamente

numerosi e il clero era molto irritato nel vederli aumentare. Per quanto potessero avere il

potere o l'influenza di molestarli in modo subdolo, non avevano per legge l'autorità di

metterli a morte. Tuttavia, il clero colse l'occasione favorevole e convinse il re a permettere

che venisse presentato in Parlamento un decreto che prevedeva che tutti i Lollardi ostinati

fossero consegnati al potere secolare e bruciati come eretici. Questa legge, la prima in Gran

Bretagna a prevedere il rogo di persone per i loro sentimenti religiosi, fu approvata

nell'anno 1401 e subito dopo fu messa in esecuzione.

La prima persona che soffrì a causa di questo atto crudele fu William Santree, o

Sawtree, un sacerdote, che fu bruciato a Smithfield.

Poco dopo, Sir John Oldcastle, Lord Cobham, a causa del suo attaccamento alle

dottrine di Wickliffe, fu accusato di eresia e, condannato all'impiccagione e al rogo, fu

giustiziato a Lincoln's Inn Fields, nel 1419. Nella sua difesa scritta Lord Cobham disse

"Per quanto riguarda le immagini, capisco che non sono di fede. Ma che le immagini

sono state ordinate da quando il cristianesimo è stato dato, con il permesso della Chiesa,

per rappresentare e richiamare alla mente la passione di nostro Signore Gesù Cristo, il

martirio e le buone vite degli altri santi. E che chiunque adori le immagini morte con

l'adorazione dovuta a Dio, o riponga in esse la speranza o la fiducia che dovrebbe riporre

in Dio, o si affezioni a una più che a un'altra, in questo atto commette il peccato più grave

dell'adorazione degli idoli.

"Inoltre sono pienamente convinto che ogni uomo su questa terra è un pellegrino verso

la beatitudine o verso il dolore. Colui che non conosce, non lo sapremo - ma osserva i santi

comandamenti di Dio in questa vita qui (anche se va in pellegrinaggio in tutto il mondo, e

muore così), sarà dannato. Invece, chi conosce i santi comandamenti di Dio e li osserva

fino alla fine, sarà salvato, anche se non andrà mai in pellegrinaggio, come si usa ora, a

Canterbury, o a Roma, o in qualsiasi altro luogo".

Il giorno stabilito, Lord Cobham fu trasportato fuori dalla Torre con le braccia legate

dietro di sé, con un'espressione molto allegra. Poi fu deposto su un ostacolo, come se fosse

stato un traditore della corona, e fu trascinato nel campo di San Giles. Quando giunse al

luogo dell'esecuzione e fu tolto dall'ostacolo. Cadde devotamente in ginocchio, pregando

Dio onnipotente di perdonare i suoi nemici. Poi si alzò e guardò la folla, esortandola nel

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Il Libro dei Martiri di Foxe

modo più pio a seguire le leggi di Dio scritte nelle Scritture e a guardarsi da quei maestri

che vedevano contrari a Cristo nella loro conversazione e nel loro stile di vita. Poi fu

impiccato per il mezzo con catene di ferro e quindi consumato vivo nel fuoco, lodando il

nome di Dio, finché durò la sua vita. Gli spettatori mostrarono grande afflizione. E questo

avvenne nel 1418.

Come i sacerdoti si comportarono quella volta, bestemmiando e maledicendo,

imponendo al popolo di non pregare per lui, ma di giudicarlo dannato all'inferno, per il

fatto che non era partito in obbedienza al loro papa, sarebbe troppo lungo da scrivere.

Così riposa questo valoroso cavaliere cristiano, Sir John Oldcastle, sotto l'altare di Dio,

che è Gesù Cristo, tra quella compagnia di pii che, nel regno della pazienza, hanno sofferto

grandi tribolazioni con la morte dei loro corpi, per la sua fedele parola e testimonianza.

Nell'agosto del 1473, un certo Thomas Granter fu arrestato a Londra. Era accusato di

professare le dottrine di Wickliffe, per cui fu condannato come eretico ostinato.

Quest'uomo pio fu chiamato in giudizio nella casa dello sceriffo. La mattina del giorno

stabilito per l'esecuzione, volle rifocillarsi un po' e, dopo aver mangiato un po' di cibo, disse

ai presenti: "Ora mangio molto bene, perché ho uno strano conflitto da affrontare prima di

andare a cena". Dopo aver mangiato, ringraziò Dio per i benefici della Sua provvidenza

onnipotente, chiedendo di essere immediatamente condotto al luogo dell'esecuzione, per

testimoniare la verità dei principi che aveva professato. Fu quindi incatenato a un palo sulla

Tower-hill, dove fu bruciato vivo, professando la verità con il suo ultimo respiro.

Nell'anno 1499, un uomo pio, Badram, fu portato davanti al vescovo di Norwich,

accusato da alcuni sacerdoti di sostenere le dottrine di Wickliffe. Egli confessò di credere

a tutto ciò che gli veniva contestato. Per questo fu condannato come eretico ostinato e fu

concesso un mandato di esecuzione; di conseguenza fu portato al rogo a Norwich, dove

soffrì con grande costanza.

Nel 1506, un uomo pio, William Tilfrey, fu bruciato vivo ad Amersham, in un vicolo

chiamato Stoneyprat, e allo stesso tempo sua figlia, Joan Clarke, una donna sposata, fu

costretta ad accendere i tizzoni che avrebbero bruciato suo padre.

Quest'anno anche un sacerdote, padre Roberts, fu condannato per essere un Lollardo

davanti al vescovo di Lincoln e bruciato vivo a Buckingham.

Nel 1507 un certo Thomas Norris fu bruciato vivo per aver testimoniato la verità del

Vangelo, a Norwich. Quest'uomo era una persona povera, inoffensiva e innocua, ma un

giorno il suo parroco, conversando con lui, ipotizzò che fosse un Lollardo. In seguito a

questa supposizione, egli diede informazioni al vescovo e Norris fu arrestato.

Nel 1508, un certo Lawrence Gaulle, che era stato imprigionato per due anni, fu

bruciato vivo a Salisbury, per aver negato la presenza reale nel Sacramento. Sembra che

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Il Libro dei Martiri di Foxe

quest'uomo gestisse un negozio a Salisbury e ospitasse in casa sua alcuni Lollardi. Per

questo motivo, qualcuno lo denunciò al vescovo; ma egli rimase fedele alla sua prima

testimonianza e fu condannato a soffrire come eretico.

Una pia donna fu bruciata a Chippen Sudburne, per ordine del cancelliere, il dottor

Whittenham. Dopo che fu consumata dalle fiamme e la gente stava tornando a casa, un toro

si liberò da un macellaio. Il toro scelse il cancelliere tra tutti gli altri, lo incise da parte a

parte e con le corna ne portò le viscere. Questo fu visto da tutto il popolo, ed è notevole

che l'animale non si intromise in nessun'altra persona.

Il 18 ottobre 1511, William Succling e John Bannister, che avevano precedentemente

ritrattato, tornarono di nuovo alla professione di fede e furono bruciati vivi a Smithfield.

Nell'anno 1517, un certo John Brown (che aveva già ritrattato nel regno di Enrico VII

e portato una cicca intorno a San Paolo) fu condannato dal dottor Wonhaman, arcivescovo

di Canterbury, e bruciato vivo ad Ashford. Prima di essere incatenato al rogo, l'arcivescovo

Wonhaman e Yester, vescovo di Rochester, fecero bruciare i suoi piedi nel fuoco fino a

quando tutta la carne si staccò, fino alle ossa. Questo fu fatto per indurlo a ritrattare, ma

egli persistette fino all'ultimo nel suo attaccamento alla verità.

Molto più o meno in questo periodo un certo Richard Hunn, un mercante sarto della

città di Londra, fu arrestato per essersi rifiutato di pagare al prete la sua parcella per il

funerale di un bambino. Fu portato nella Torre dei Lollardi, nel palazzo di Lambeth, e fu

ucciso privatamente da alcuni servitori dell'arcivescovo.

Il 24 settembre 1518, John Stilincen, che in precedenza aveva ritrattato, fu arrestato,

portato davanti a Richard Fitz-James, vescovo di Londra, e il 25 ottobre fu condannato

come eretico. Fu incatenato al palo a Smithfield, in mezzo a una grande folla di spettatori,

e sigillò con il suo sangue la testimonianza della verità. Dichiarò di essere un Lollardo e di

aver sempre creduto alle opinioni di Wickliffe; e sebbene fosse stato abbastanza debole da

ritrattare le sue opinioni, ora era disposto a convincere il mondo che era pronto a morire

per la verità.

Nel 1519, Thomas Mann fu bruciato a Londra, così come Robert Celin, un uomo

semplice e onesto, per aver parlato contro il culto delle immagini e i pellegrinaggi.

Intorno a questo periodo, James Brewster fu giustiziato a Smithfield, a Londra. Era

originario di Colchester. I suoi sentimenti erano gli stessi dei Lollardi, o di coloro che

seguivano le dottrine di Wickliffe. Nonostante l'innocenza della sua vita e la regolarità dei

suoi modi, fu costretto a sottostare alla vendetta papale.

In quell'anno, un certo Cristoforo, un calzolaio, fu bruciato vivo a Newbury, nel

Berkshire, per aver negato i suddetti articoli papali. Quest'uomo si era procurato alcuni libri

in inglese, sufficienti a renderlo odioso al clero romanista.

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Robert Silks, che era stato condannato dal tribunale vescovile come eretico, fuggì

dalla prigione. Due anni dopo fu catturato di nuovo e riportato a Coventry, dove fu bruciato

vivo. Gli sceriffi confiscavano sempre i beni dei martiri per il loro uso personale, cosicché

le loro mogli e i loro figli venivano lasciati morire di fame.

Nel 1532, Thomas Harding, con la moglie, era stato accusato di eresia, fu portato in

giudizio davanti al vescovo di Lincoln e condannato per aver negato la presenza reale nel

Sacramento. Fu incatenato a un palo, eretto allo scopo, a Chesham in the Pell, vicino a

Botely. Quando diedero fuoco alle fascine, uno degli spettatori gli spappolò le cervella con

una billetta. I sacerdoti dissero al popolo che chiunque avesse portato delle fascine per

bruciare gli eretici avrebbe avuto l'indulgenza di commettere peccati per quaranta giorni.

Durante la fine di quest'anno, Worham, arcivescovo di Canterbury, arrestò un certo

Hitten, sacerdote di Maidstone; dopo essere stato a lungo torturato in prigione e più volte

esaminato dall'arcivescovo. Fisher, vescovo di Rochester, fu condannato come eretico e

bruciato vivo davanti alla porta della sua chiesa parrocchiale.

Thomas Bilney, professore di diritto civile a Cambridge, è stato convocato davanti al

vescovo di Londra e a diversi altri vescovi nella sala capitolare di Westminster. Più volte

fu minacciato con il rogo e le fiamme. Fu abbastanza debole da ritrattare, ma in seguito si

pentì severamente.

Per questo pentimento, fu convocato una seconda volta davanti al vescovo e

condannato a morte. Prima di andare al rogo confessò la sua adesione alle opinioni di

Martin Lutero. Durante la confessione, sorrise e disse: "Ho avuto molte tempeste in questo

mondo, ma ora il mio vascello sarà presto a riva in cielo". Rimase immobile tra le fiamme,

gridando: "Gesù, io credo"; e queste furono le ultime parole pronunciate.

Poche settimane dopo le sofferenze di Bilney, Richard Byfield fu messo in prigione e

subì alcune frustate per la sua adesione alle dottrine di Lutero. Questo Byfield era stato per

qualche tempo monaco a Barnes, nel Surrey, ma si era convertito leggendo la versione di

Tyndale del Nuovo Testamento. Le sofferenze patite da quest'uomo per la verità furono

così grandi che ci vorrebbe un volume per contenerle. A volte veniva rinchiuso in una

prigione, dove era quasi soffocato dall'odore offensivo e orribile della sporcizia e dell'acqua

stagnante. Altre volte fu legato per le braccia, fino a che quasi tutte le sue articolazioni

furono slogate. Fu frustato più volte a colpi di palo, finché non gli rimase quasi più carne

sulla schiena; e tutto questo fu fatto per indurlo a ritrattare. Fu poi portato nella Torre dei

Lollardi nel palazzo di Lambeth, dove fu incatenato per il collo al muro. E tutti i giorni fu

picchiato nel modo più crudele dai servitori dell'arcivescovo. Infine, fu condannato,

degradato e bruciato a Smithfield.

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Il successivo a soffrire fu John Tewkesbury. Si trattava di un uomo semplice, che non

si era reso colpevole di nessun altro reato contro quella che veniva chiamata la santa Madre

Chiesa, se non quello di aver letto la traduzione di Tyndale del Nuovo Testamento.

All'inizio era abbastanza debole da fare ammenda, ma poi si pentì e riconobbe la verità.

Per questa sua confessione della verità, fu chiamato in giudizio davanti al vescovo di

Londra, che lo condannò come eretico ostinato. Durante la prigionia soffrì molto, tanto che

quando lo portarono fuori per l'esecuzione era quasi morto. Fu condotto al rogo di

Smithfield, dove fu bruciato, dichiarando la sua totale avversione al papismo e professando

la ferma convinzione che la sua causa fosse giusta agli occhi di Dio.

Il successivo personaggio che soffrì in questo regno fu James Baynham, un rispettabile

cittadino di Londra, che aveva sposato la vedova di un gentiluomo del Tempio. Quando fu

incatenato al palo, abbracciò le fascine e disse: "Oh, papisti, guardate! Voi cercate i

miracoli; qui ora potreste vedere un miracolo. In questo fuoco non sento più dolore che se

fossi a letto, perché per me è dolce come un letto di rose". Così rassegnò la sua anima nelle

mani del suo Redentore.

Poco dopo la morte di questo martire, un certo Traxnal, un innocuo compaesano, fu

bruciato vivo a Bradford, nel Wiltshire, perché non voleva riconoscere la presenza reale

nel Sacramento, né ammettere la supremazia papale sulle coscienze degli uomini.

Nell'anno 1533, John Frith, un noto martire, morì per la verità. Portato sul rogo a

Smithfield, abbracciò le fiamme ed esortò un giovane di nome Andrew Hewit, che soffriva

con lui, ad affidare la propria anima a quel Dio che l'aveva redenta. Entrambi i sofferenti

sopportarono molti tormenti, poiché il vento allontanava le fiamme da loro, cosicché

rimasero in agonia per più di due ore prima di spirare.

Nell'anno 1538, un certo Collins, un pazzo, morì con il suo cane a Smithfield. Le

circostanze furono le seguenti: Collins si trovava in chiesa quando il sacerdote elevò l'ostia;

Collins, in segno di scherno per il sacrificio della Messa, sollevò il suo cane sopra la sua

testa. Per questo crimine Collins, che avrebbe dovuto essere mandato in manicomio o

frustato a coda di carro, fu convocato davanti al vescovo di Londra. Sebbene fosse

veramente pazzo, tuttavia la forza del potere papale e la corruzione della Chiesa e dello

Stato erano tali che il povero pazzo e il suo cane furono portati sul rogo di Smithfield, dove

vennero bruciati fino alle ceneri, in mezzo a una grande folla di spettatori.

Nello stesso anno soffrirono altre persone, di cui parleremo nell'ordine in cui si

trovano.

Un certo Cowbridge soffrì a Oxford; e sebbene fosse ritenuto un pazzo, mostrò grandi

segni di pietà quando fu legato al rogo e dopo che le fiamme si accesero intorno a lui.

198


Il Libro dei Martiri di Foxe

Nello stesso periodo un certo Purderve fu messo a morte per aver detto privatamente

a un sacerdote, dopo aver bevuto il vino, "Ha benedetto il popolo affamato con il calice

vuoto".

Nello stesso periodo fu condannato William Letton, un monaco di grande età, nella

contea di Suffolk, che fu bruciato a Norwich per aver denunciato un idolo elevato in

processione e per aver affermato che il Sacramento doveva essere amministrato in entrambi

i tipi.

Qualche tempo prima del rogo di questi uomini, Nicholas Peke fu giustiziato a

Norwich; quando fu acceso il fuoco, fu talmente bruciato da diventare nero come la pece.

Il dottor Reading, in piedi di fronte a lui, con il dottor Hearne e il dottor Spragwell, con

una lunga penna bianca in mano, lo colpì sulla spalla destra e gli disse: "Peke, ritratta e

credi nel Sacramento". Al che egli rispose: "Io disprezzo voi e (il sacramento) anche"; e

con grande violenza sputò sangue, causato dall'angoscia delle sue sofferenze. Il dottor

Reading concesse quaranta giorni di indulgenza al sofferente, affinché potesse ritrattare le

sue opinioni. Ma egli persistette nella sua adesione alla verità, senza badare alla malizia

dei suoi nemici. Fu bruciato vivo, rallegrandosi del fatto che Cristo lo avesse ritenuto degno

di soffrire per amore del suo nome.

Il 28 luglio 1540 o 1541 (la cronologia è diversa) Thomas Cromwell, conte di Essex,

fu portato su un patibolo a Tower-hill, dove fu giustiziato con alcuni casi eclatanti di

crudeltà. Fece un breve discorso al popolo e poi si rassegnò docilmente alla scure.

Riteniamo che questo nobile sia stato annoverato tra i martiri, poiché, sebbene le

accuse mosse contro di lui non riguardassero nulla di religioso, se non fosse stato per il suo

zelo nel demolire il papismo, avrebbe potuto conservare fino all'ultimo il favore del re. A

questo si può aggiungere che i papisti tramavano per la sua distruzione, poiché egli aveva

fatto di più per promuovere la Riforma di qualsiasi altro uomo in quell'epoca, eccetto il

buon dottor Cranmer.

Poco dopo l'esecuzione di Cromwell, il dottor Cuthbert Barnes, Thomas Garnet e

William Jerome furono convocati davanti al tribunale ecclesiastico del vescovo di

Londra e accusati di eresia. Al dottor Barnes fu chiesto, davanti al vescovo di Londra,

se i santi intercedessero per noi. Al che egli rispose che "avrebbe lasciato fare a Dio; ma

(disse) io pregherò per voi".

Il 13 luglio 1541, questi uomini furono portati dalla Torre a Smithfield, dove vennero

tutti incatenati a un palo e lì soffrirono la morte con una costanza che niente di meno di

una ferma fede in Gesù Cristo poteva ispirare.

Un certo Thomas Sommers, un onesto mercante, con altri tre, fu messo in prigione per

aver letto alcuni libri di Lutero. Furono condannati a portare quei libri a un incendio a

199


Il Libro dei Martiri di Foxe

Cheapside. A Cheapside, dovettero gettare i libri luterani nelle fiamme; ma Sommers gettò

il suo, per cui fu rimandato alla Torre, dove fu lapidato.

A Lincoln, sotto il vescovo Longland, vennero portate avanti in questo periodo

terribili persecuzioni. A Buckingham, Thomas Bainard e James Moreton, il primo per il

reato di leggere il Padre Nostro in inglese e il secondo per il reato di leggere le Epistole di

San Giacomo in inglese. Entrambi furono condannati e bruciati vivi.

Il sacerdote Anthony Parsons, insieme ad altre due persone, fu inviato a Windsor per

essere esaminato in merito all'eresia. Furono presentati loro diversi articoli da sottoscrivere,

che rifiutarono. Il procedimento fu condotto dal vescovo di Salisbury, che era il più

violento persecutore di quell'epoca, ad eccezione di Bonner. Quando furono portati al rogo,

Parsons chiese un po' di bevanda, che gli fu portata, e bevve ai suoi compagni di sofferenza,

dicendo: "Siate allegri, fratelli miei, e innalzate i vostri cuori a Dio; perché dopo questa

brusca colazione confido che avremo una buona cena nel Regno di Cristo, nostro Signore

e Redentore". A queste parole Eastwood, uno dei sofferenti, alzò gli occhi e le mani al cielo,

desiderando che il Signore ricevesse il suo spirito. Parsons avvicinò la paglia e disse agli

spettatori: "Questa è l'armatura di Dio e ora sono un soldato cristiano preparato per la

battaglia. Non cerco misericordia se non per i meriti di Cristo; Egli è il mio unico Salvatore,

in Lui confido per la salvezza"; e subito dopo vennero accesi i fuochi, che bruciarono i loro

corpi, ma non poterono ferire le loro anime preziose e immortali. La loro costanza ha

trionfato sulla crudeltà e le loro sofferenze saranno ricordate per sempre.

Così il popolo di Cristo fu tradito in ogni modo e la sua vita fu comprata e venduta.

Infatti, nel suddetto parlamento, il re decretò che questo atto crudele e blasfemo sarebbe

stato una legge per sempre: chiunque avesse letto le Scritture nella lingua madre (che allora

si chiamava "apprendimento di Wickliffe"), avrebbe dovuto perdere terre, bestiame, corpo,

vita e beni dai suoi eredi per sempre. Di conseguenza, sarebbero stati condannati come

eretici a Dio, nemici della corona e traditori estremi della terra.

200


Il Libro dei Martiri di Foxe

Capitolo XV - Il Complotto della Polvere da Sparo

Una cospirazione per la distruzione di Giacomo I, della famiglia reale e di entrambe

le Camere del Parlamento; comunemente nota con il nome di Complotto delle polveri da

sparo.

I papisti (che erano molto numerosi in Inghilterra all'epoca della prevista invasione

spagnola) erano così irritati per il fallimento di quella spedizione che erano decisi, se

possibile, a progettare un piano in patria che potesse rispondere in qualche misura agli

scopi dei loro concorrenti assetati di sangue. La vigorosa amministrazione di Elisabetta,

tuttavia, impedì che portassero a compimento i loro iniqui disegni, anche se fecero molti

tentativi in tal senso. L'inizio del regno del suo successore era destinato ad essere l'epoca

di un complotto la cui barbarie trascende tutto ciò che è stato raccontato nella storia antica

o moderna.

Per schiacciare il papismo nel modo più efficace in questo regno, Giacomo, subito

dopo la sua successione, prese misure adeguate per eclissare il potere dei cattolici romani,

applicando le leggi che erano state fatte contro di loro dai suoi predecessori. Ciò fece

infuriare i papisti a tal punto che alcuni dei principali leader formarono una cospirazione

di natura molto audace ed empia: far saltare in aria il re, la famiglia reale ed entrambe le

camere del Parlamento, mentre erano in piena sessione, e quindi portare la nazione alla

completa e inevitabile rovina.

La cricca che decise di mettere in pratica questo orribile piano era composta dalle

seguenti persone: Enrico Garnet, un inglese che, intorno all'anno 1586, era stato inviato in

Inghilterra come superiore dei gesuiti inglesi; Catesby, un gentiluomo inglese; Tesmond,

un gesuita; Tommaso Wright; due gentiluomini di nome Winter; Tommaso Percy, un

parente stretto del conte di Northumberland; Guido Fawkes, un audace e intraprendente

soldato di ventura; Signor Edoardo Digby; Giovanni Grant, Esq. Francesco Tresham, Esq.;

Roberto Keyes e Tommaso Bates, gentiluomini.

La maggior parte di loro erano uomini di nascita e di fortuna; Catesby, che possedeva

una grande proprietà, aveva già speso duemila sterline in diversi viaggi alla corte di Spagna,

al fine di introdurre un esercito di spagnoli in Inghilterra, per rovesciare il governo

protestante e ripristinare la religione cattolica romana; Ma, deluso da questo progetto di

invasione, colse l'occasione per rivelare a Percy (che era suo intimo amico e che, in un

improvviso impeto di passione, aveva accennato al progetto di assassinare il re) un piano

di tradimento più nobile ed esteso, che avrebbe incluso una sicura esecuzione della vendetta

e, in un colpo solo, avrebbe consegnato alla distruzione tutti i loro nemici.

201


Il Libro dei Martiri di Foxe

Percy acconsentì al progetto proposto da Catesby, e i due decisero di sottoporre la

questione ad altri e, gradualmente, a tutto il resto della loro cricca, vincolando ogni uomo

con un giuramento e con il sacramento (il rito più sacro della loro religione) a non rivelare

la minima sillaba della questione o a ritirarsi dall'associazione senza il consenso di tutte le

persone interessate.[311]

Queste consultazioni si tennero nella primavera e nell'estate del 1604, e fu verso la

fine di quell'anno che iniziarono le loro operazioni, le cui modalità e la cui scoperta saranno

raccontate con la massima brevità possibile.

Era stato concordato che alcuni dei cospiratori avrebbero fatto esplodere una mina

sotto la sala in cui si sarebbe riunito il Parlamento e che avrebbero scelto proprio il

momento in cui il re avrebbe tenuto il suo discorso a entrambe le Camere per far scattare

la mina e così, con un solo colpo, avrebbero tagliato fuori il re, la famiglia reale, i signore,

i comuni e tutti gli altri nemici della religione cattolica proprio nel luogo in cui questa è

stata più oppressa. A questo scopo, Percy, che all'epoca era un gentiluomo pensionato, si

impegnò ad affittare con la massima diligenza una casa adiacente alla Camera alta del

Parlamento. I cospiratori, che si aspettavano che il Parlamento si riunisse il 17 febbraio

successivo, iniziarono l'11 dicembre a scavare nella cantina, attraverso il muro divisorio

spesso tre metri. Erano in sette e si unirono a questo lavoro: entrarono di notte e non si

fecero più vedere, perché, essendosi riforniti di tutte le provviste necessarie, non ebbero

occasione di uscire. In caso di scoperta, si erano muniti di polvere, pallini e armi da fuoco

e avevano deciso di morire piuttosto che essere trattenuti e arrestati.

Il giorno della Candelora, nel 1605, avevano scavato così tanto nel muro da poter

sentire un rumore dall'altra parte: in seguito a questo imprevisto, temendo di essere scoperti,

Guido Fawkes (che impersonava il cameriere di Percy) fu inviato a conoscere l'occasione

e tornò con il rapporto favorevole che il luogo da cui proveniva il rumore era una grande

cantina sotto la Camera alta del Parlamento, piena di carbone marino che era in vendita in

quel momento, e la cantina si offriva in affitto.

In seguito a questa informazione, Percy affittò immediatamente la cantina e comprò

il resto dei carboni; poi fece arrivare dall'Olanda trenta barili di polvere da sparo e, sbarcati

a Lambet, li trasportò gradualmente di notte in questa cantina, dove furono ricoperti di

pietre, sbarre di ferro, un migliaio di billette e cinquecento fascine; tutto questo lo fecero a

loro piacimento, dato che il Parlamento era stato prorogato al 5 novembre.

Fatto questo, i cospiratori si consultarono poi su come assicurarsi il duca di York,[B]

troppo giovane per essere atteso al Parlamento, e sua sorella, la principessa Elisabetta,

educata da Signor Harrington, nel Warwickshire. Fu deciso che Percy e un altro entrassero

nella camera del duca e che un'altra dozzina di persone, opportunamente disposte alle varie

porte, con due o tre a cavallo al cancello di corte per riceverlo, lo portassero via sano e

202


Il Libro dei Martiri di Foxe

salvo non appena il palazzo del parlamento fosse stato fatto saltare in aria; oppure, se ciò

non fosse stato possibile, che lo uccidessero e dichiarassero la principessa Elisabetta regina,

dopo averla assicurata, con la scusa di una partita di caccia, quel giorno.

Diversi congiurati proposero di ottenere aiuti dall'estero prima dell'esecuzione del loro

piano, ma la proposta fu respinta e si decise di chiedere assistenza alla Francia, alla Spagna

e ad altre potenze solo dopo che il complotto fosse stato messo in atto; decisero inoltre di

proclamare la principessa Elisabetta regina e di diffondere la notizia, dopo il colpo, che i

puritani erano gli autori di un'azione così disumana.

Essendo ormai tutto pronto, i congiurati, senza il minimo rimorso di coscienza e con

la massima impazienza, aspettavano il 5 novembre. Ma tutti i loro piani furono mandati

all'aria da una circostanza felice e provvidenziale. Uno dei cospiratori, desideroso di

salvare Guillermo Parker, Signor Monteagle, gli inviò la seguente lettera:

"Mio Signore,

Per l'affetto che nutro nei confronti di alcuni vostri amici, ho a cuore la vostra

salvaguardia; pertanto vi consiglio, visto che tenete alla vostra vita, di escogitare una scusa

per evitare di partecipare a questo parlamento, poiché Dio e gli uomini hanno concordato

di punire la malvagità di questo tempo; e non pensate minimamente a questo annuncio, ma

ritiratevi in campagna, dove potrete aspettarvi l'evento con sicurezza, poiché, anche se non

sembra che ci sia alcuna agitazione, dico che riceveranno un colpo terribile, questo

parlamento, e tuttavia non vedranno chi li ferisce". Questo consiglio non è da ignorare,

perché può farvi bene e non può farvi male, perché il pericolo è passato non appena (o non

appena) brucerete questa lettera; e spero che Dio vi dia la grazia di farne buon uso, alla cui

santa protezione vi affido".

Signor Monteagle rimase per qualche tempo indeciso sul giudizio da dare a questa

lettera, e indeciso se ignorare o meno l'annuncio; pensando che si trattasse di uno

stratagemma dei suoi nemici per spaventarlo e costringerlo ad assentarsi dal Parlamento,

avrebbe optato per la prima soluzione, se fosse stata in gioco solo la sua sicurezza: Ma

temendo che la vita del re potesse essere in pericolo, a mezzanotte portò la lettera al conte

di Salisbury, che era altrettanto perplesso sul suo significato; e sebbene fosse propenso a

pensare che si trattasse solo di un espediente selvaggio e stravagante per allarmare

Monteagle, ritenne comunque opportuno consultarsi con il conte di Suffolk, signore

ciambellano. L'espressione "che il colpo arrivi senza sapere chi li ha colpiti" fece pensare

che non sarebbe stato più opportuno del tempo del parlamento, né di nessun altro modo

che potesse essere tentato se non con la polvere da sparo, mentre il re era riunito in

assemblea: Il Signor Ciambellano ritenne che ciò fosse tanto più probabile in quanto sotto

l'aula del parlamento c'era una grande cantina, come già detto, mai usata per altro che non

fosse legna o carbone, appartenente a Wineyard, il custode del palazzo; e dopo aver

203


Il Libro dei Martiri di Foxe

comunicato la lettera ai conti di Nottingham, Worcester e Northampton, non procedettero

oltre fino a quando il re non arrivò da Royston, il 1° novembre. [313]

Sua Maestà, dopo aver ricevuto la lettera dai conti, che allo stesso tempo lo misero al

corrente dei loro sospetti, ritenne che non si dovesse fare nulla, oppure che fosse sufficiente

a prevenire il pericolo, e che si dovesse iniziare una ricerca diligente il giorno precedente

a quello previsto per l'esecuzione della diabolica impresa.

Di conseguenza, lunedì 4 novembre, nel pomeriggio, il Signor Ciambellano, il cui

compito era quello di controllare che tutto fosse pronto per l'arrivo del re, accompagnato

da Monteagle, si recò a visitare tutti i luoghi intorno al palazzo del Parlamento e, dopo aver

avuto una piccola occasione di vedere la cantina, osservò solo pile di ceppi e fascine, ma

in numero superiore a quello che pensava Wineyard potesse desiderare per il proprio uso.

Quando chiese chi fosse il proprietario della legna e gli fu risposto che apparteneva a

un certo signor Percy, cominciò a nutrire qualche sospetto, sapendo che era un rigido

papista e che si trovava così raramente in città da non avere occasione di procurarsi una

tale quantità di combustibile; Monteagle lo confermò osservando che Percy gli aveva fatto

grandi professioni di amicizia.

Anche se non c'era altro materiale visibile, Suffolk ritenne necessario fare un'ulteriore

ricerca e, al suo ritorno al re, fu deciso che questa venisse effettuata in modo tale da essere

efficace, senza scandalizzare nessuno e senza dare alcun allarme.

A Signor Tommaso Knevet, intendente di Westminster, fu quindi ordinato, con il

pretesto di cercare arazzi rubati in quel luogo e in altre case della zona, di rimuovere il

legno e di verificare se vi fosse qualcosa nascosto sotto. Questo gentiluomo partì a

mezzanotte, con diversi assistenti, arrivò alla cantina e incontrò Fawkes, appena uscito,

con stivali, speroni, un acciarino e tre fiammiferi in tasca. Senza alcuna cerimonia e senza

fargli domande, non appena la rimozione del legno scoprì i barili di polvere da sparo, lo

legò con catene e lo assicurò adeguatamente.

Fawkes, che era un criminale incallito e intrepido, non esitò a confessare il progetto e

che sarebbe stato eseguito il giorno dopo. Fece la stessa ammissione durante l'esame

davanti a una commissione del Consiglio; e sebbene non negasse di avere dei complici in

questa cospirazione, nessuna minaccia di tortura riuscì a fargliene scoprire qualcuno,

dichiarando che "era pronto a morire, e avrebbe preferito subire diecimila morti, piuttosto

che accusare volontariamente il suo padrone o qualsiasi altro".

Tuttavia, grazie a ripetuti esami e alle assicurazioni che il suo padrone sarebbe stato

arrestato, alla fine riconobbe che "mentre era via, Percy aveva tenuto le chiavi della cantina,

era rimasto nella cantina da quando vi era stata depositata la polvere e, in effetti, era uno

dei principali attori della tragedia".

204


Il Libro dei Martiri di Foxe

Nel frattempo si scoprì che Percy era arrivato dal nord la notte di sabato 2 novembre

e aveva cenato il lunedì a Sion-house con il conte di Northumberland; che Fawkes lo aveva

incontrato per strada e che, dopo che il signore ciambellano era stato quella sera in cantina,

si era recato, verso le sei,[314] dal suo padrone, che era fuggito immediatamente, temendo

che il complotto fosse stato scoperto.

La notizia della scoperta si diffuse immediatamente e i cospiratori fuggirono in diversi

modi, ma soprattutto nel Warwickshire, dove Signor Everard Digby aveva organizzato una

partita di caccia, vicino a Dunchurch, per riunire un numero di reclusori sufficiente a

catturare la principessa Elisabetta; Il loro gruppo, composto da un centinaio di persone, si

ritirò a Holbeach, la sede di Signor Stephen Littleton, ai confini dello Staffordshire, dopo

aver aperto le stalle e preso i cavalli da diverse persone nelle contee vicine.

Signor Riccardo Walsh, alto sceriffo del Worcestershire, li inseguì fino a Holbeach,

dove li investì e li invitò ad arrendersi. Mentre si preparavano a difendersi, misero della

polvere umida ad asciugare davanti al fuoco e una scintilla dei carboni la incendiò; alcuni

dei cospiratori rimasero così ustionati al volto, alle cosce e alle braccia da non essere quasi

più in grado di maneggiare le armi. Il loro caso era disperato e non si intravedevano vie di

fuga, a meno che non si facessero strada tra gli assalitori, e a tal fine si lanciarono in un

furioso attacco. Catesby (che per primo propose le modalità del complotto) e Percy furono

entrambi uccisi. Tommaso Winter, Grant, Digby, Rockwood e Bates, presi e portati a

Londra, furono i primi a scoprire la cospirazione. Tresham, che si aggirava per la città e

cambiava spesso alloggio, fu arrestato poco dopo e, dopo aver confessato l'intera faccenda,

morì di strangolamento nella Torre. Il conte di Northumberland, sospettato di essere

imparentato con Tommaso Percy, fu affidato per precauzione alla custodia dell'arcivescovo

di Canterbury, a Lambet; in seguito fu multato di trentamila sterline e mandato alla Torre

per aver ammesso Percy nella banda dei gentiluomini pensionati, senza avergli prestato il

giuramento di supremazia.

Alcuni di loro fuggirono a Calais e, arrivati lì insieme ad altri, fuggiti per evitare una

persecuzione che avevano subito, furono accolti gentilmente dal governatore; ma uno di

loro dichiarò davanti a lui che non era tanto preoccupato per il suo esilio, quanto per il fatto

che il complotto della polvere da sparo non avesse avuto effetto, il governatore fu talmente

incattivito dal fatto che si fosse gloriato di un'iniquità così esecrabile, che, in un improvviso

impulso di indignazione, cercò di gettarlo in mare.

Il 27 gennaio 1606 furono condannati otto cospiratori, tra cui Signor Everard Digby,

l'unico che si dichiarò colpevole dell'accusa, sebbene tutti gli altri avessero già confessato

la loro colpa. Digby fu giustiziato il 30 dello stesso mese, insieme a Roberto Winter, Grant

e Bates, all'estremità occidentale del sagrato di San Paolo; Tommaso Winter, Keyes,

Rockwood e Fawkes furono giustiziati il giorno seguente nel cortile dell'Old Palace.

205


Il Libro dei Martiri di Foxe

Garnet fu processato il 28 marzo "per aver saputo e nascosto la cospirazione; per aver

prestato giuramento di segretezza ai cospiratori, per averli persuasi della liceità del [315]

tradimento e per aver pregato per il successo della grande azione in corso all'inizio del

Parlamento. Riconosciuto colpevole,[c] fu condannato a morte, ma non fu giustiziato fino

al 3 maggio, quando, confessando la propria colpa e l'iniquità dell'impresa, esortò tutti i

cattolici romani ad astenersi in futuro da pratiche simili al tradimento. Gerard e Hall, due

gesuiti, si rifugiarono all'estero; Littleton, con molti altri, fu giustiziato in patria.

Signor Monteagle ottenne un sussidio di duecento sterline all'anno in terreni e una

pensione di cinquecento sterline a vita, come ricompensa per aver scoperto la lettera che

aveva dato il primo indizio della cospirazione; e l'anniversario di questa provvidenziale

liberazione fu ordinato di essere per sempre commemorato con preghiere e ringraziamenti.

In questo modo il diabolico piano fu felicemente abortito e gli autori furono puniti con

la pena che la loro malvagità meritava. In questa vicenda la Provvidenza è intervenuta

palesemente a favore dei protestanti e li ha salvati da quella distruzione che sarebbe

avvenuta se il piano fosse riuscito secondo i desideri di una fazione bigotta, superstiziosa

e assetata di sangue.

206


Il Libro dei Martiri di Foxe

Capitolo XV - Il Complotto della Polvere da Sparo

I gesuiti sacerdoti (che erano numerosi in Inghilterra all'epoca della pretesa invasione

spagnola) erano così irritati dal fallimento di quella spedizione che erano decisi, se

possibile, a proporre un complotto che potesse rispondere in qualche modo agli scopi dei

loro sanguinari concorrenti. La vigorosa amministrazione della regina Isabella, tuttavia,

impedì l'esecuzione dei loro iniqui disegni, anche se fecero molti tentativi in tal senso.

L'inizio del regno del suo successore era destinato ad essere l'epoca di un complotto, la cui

barbarie trascende tutto ciò che è stato raccontato nella storia antica o moderna.

Per schiacciare il papismo nel modo più efficace in questo regno, re Giacomo, subito

dopo la sua successione, prese le misure adatte per eclissare il potere dei cattolici romani,

applicando le leggi che erano state fatte contro di loro dai suoi predecessori. Ciò fece

infuriare i gesuiti a tal punto che alcuni dei principali capi formarono una cospirazione

della più audace ed empia natura: far esplodere il re, la famiglia reale ed entrambe le camere

del parlamento, mentre erano in piena sessione, e così coinvolgere la nazione in una rovina

totale e inevitabile.

La cábala que tomó la resolución de poner en práctica este horrible plan estaba

formada por las siguientes personas: Henry Garnet, un inglés que, hacia el año 1586, había

sido enviado a Inglaterra como superior de los jesuitas ingleses; Catesby, un caballero

inglés; Tesmond, un jesuita; Thomas Wright; dos caballeros de apellido Winter; Thomas

Percy, un pariente cercano del conde de Northumberland; Guido Fawkes, un audaz y

emprendedor soldado de fortuna; Sir Eduardo Digby; John Grant, Esq.Francis Tresham,

Esq.; Robert Keyes y Thomas Bates, caballeros.

La maggior parte di loro erano uomini di nascita e di fortuna; e Catesby, che possedeva

un ingente patrimonio, aveva già speso duemila sterline in diversi viaggi alla corte di

Spagna, allo scopo di introdurre un esercito di spagnoli in Inghilterra, per rovesciare e

abbattere il governo protestante e ripristinare la religione cattolica romana. Ma, deluso da

questo progetto di invasione militare da parte dell'"Armada", colse l'occasione per rivelare

a Percy un piano di tradimento più nobile ed esteso, che avrebbe incluso una certa

esecuzione della vendetta e, in un colpo solo, avrebbe condannato tutti i suoi nemici alla

distruzione. Va ricordato che Percy era suo intimo amico e che, in un improvviso slancio

di passione, aveva accennato al progetto di assassinare il re.

Percy accettò il progetto proposto da Catesby e i due decisero di condividere il

complotto con alcuni altri cospiratori e, gradualmente, con il resto della loro cricca, tutti

vincolati da un giuramento e dal sacramento (il rito più sacro della loro religione) a non

rivelare la minima sillaba dell'affare o a ritirarsi dall'associazione senza il consenso di tutti

gli interessati. [311]

207


Il Libro dei Martiri di Foxe

Si consultarono nella primavera e nell'estate del 1604 e verso la fine di quell'anno

iniziarono le operazioni. Racconteremo il modo in cui lo fecero e la scoperta con la

massima brevità compatibile con la perspicuità.

Era stato deciso che alcuni dei cospiratori avrebbero dovuto posizionare una mina

sotto l'aula in cui si sarebbe riunito il Parlamento, e che avrebbero scelto proprio il

momento in cui il re avrebbe tenuto il suo discorso a entrambe le Camere per far esplodere

la mina. In questo modo, con un solo colpo, avrebbero fatto fuori il re, la famiglia reale, i

signori, i parlamentari e tutti gli altri nemici della religione cattolica proprio nel luogo in

cui questa è stata più oppressa. A tal fine, Percy, che all'epoca era un gentiluomo pensionato,

si impegnò ad affittare con la massima diligenza una casa adiacente alla Camera alta del

Parlamento. Il piano fu portato a termine e i cospiratori, che si aspettavano che il

Parlamento si riunisse il 17 febbraio dell'anno successivo, iniziarono l'11 dicembre a

scavare nella cantina attraverso il muro divisorio, spesso tre metri. Sette persone hanno

assistito a questo lavoro. Entrarono di notte e non si fecero più vedere, perché, essendosi

dotati di tutte le provviste necessarie, non avevano occasione di uscire. In caso di scoperta,

si erano dotati di polvere, pallettoni e armi da fuoco e avevano deciso di morire piuttosto

che essere catturati.

Il giorno della Candelora del 1605, la squadra aveva scavato e penetrato così tanto nel

muro da poter sentire i suoni dall'altra parte. Appreso questo fatto, temevano che qualcuno

li scoprisse. Guido Fawkes (che si spacciava per cameriere di Percy) fu mandato a ricevere

notizie sull'accaduto e tornò con il rapporto favorevole che il luogo da cui provenivano i

rumori era una grande cantina sotto la camera alta del Parlamento britannico, piena di

carbone marino, che era in vendita, e la cantina era offerta in affitto.

Da queste informazioni, Percy prese subito in affitto il magazzino e comprò il resto

del carbone: poi esportò trenta barili di polvere dall'Olanda e, sbarcati a Lambeth, li

trasportò lentamente di notte fino a questo magazzino, dove furono coperti con pietre, barre

di ferro, un migliaio di billette e cinquecento fasci di bastoni per il combustibile. Tutti

questi compiti furono svolti nel tempo libero, dato che il Parlamento era in pausa fino al 5

novembre.

Fatto questo, i cospiratori si consultarono poi su come rapire il duca di York,[B] che

era troppo giovane per essere atteso alla Camera del Parlamento, e sua sorella, la

principessa Elisabetta, educata da Lord Harrington, nel Warwickshire. Fu deciso che Percy

e un altro entrassero nella camera del duca e che un'altra dozzina di uomini armati,

debitamente appostati a diverse porte e due o tre a cavallo alla porta della corte per riceverlo,

lo portassero via sano e salvo non appena la Camera del Parlamento fosse scoppiata; oppure,

se ciò non fosse stato possibile, che lo uccidessero e dichiarassero la principessa Elisabetta,

dopo averla rapita con la scusa di una battuta di caccia, regina quel giorno stesso.

208


Il Libro dei Martiri di Foxe

Molti dei cospiratori proposero di ottenere l'assistenza straniera prima dell'esecuzione

del loro disegno; ma ciò fu disatteso (dalla Provvidenza) e si decise di rivolgersi alla

Francia, alla Spagna e ad altre potenze europee solo dopo che il complotto avesse avuto

effetto. Decisero inoltre di proclamare la principessa Elisabetta regina e di diffondere, dopo

la notizia dell'esplosione, che i Puritani erano gli autori di un atto così disumano.

Essendo tutto pronto, senza il minimo rimorso di coscienza e con la massima

impazienza, attesero il 5 novembre. Ma tutti i loro piani furono rovesciati da una

circostanza felice e provvidenziale. Uno dei cospiratori, volendo salvare William Parker,

Lord Monteagle, gli inviò la seguente lettera:

"Mio Signore,

"Per l'affetto che nutro nei confronti di alcuni vostri amici, ho a cuore la vostra

salvaguardia. Perciò vi consiglio, dato che avete a cuore la vostra vita, di escogitare una

scusa per assentarvi da questo Parlamento, perché Dio e gli uomini hanno concordato di

punire la malvagità di questo tempo. Non prendete alla leggera questo avvertimento, ma

ritiratevi in campagna, dove potrete aspettarvi di ricevere notizie sull'evento con sicurezza,

perché anche se non sembra che ci sia alcuna agitazione. Eppure io dico che riceveranno

un colpo terribile - questo Parlamento, eppure non vedranno chi li ferisce". Questo

consiglio non è da condannare, perché può farvi bene e non può farvi male. Perché il

pericolo è passato non appena (o non appena) brucerai questa lettera. E spero che Dio vi

dia la grazia di farne buon uso, alla cui santa protezione vi affido".

Per qualche tempo Lord Monteagle non seppe che decisione prendere in merito a

questa lettera, non sapendo se prendere alla leggera o meno l'avvertimento e pensando che

fosse un trucco dei suoi nemici per spaventarlo e indurlo ad assentarsi dal Parlamento.

Avrebbe optato per la prima idea, se solo la sua incolumità fosse stata messa in pericolo;

tuttavia, temendo che la vita del re fosse in pericolo, a mezzanotte portò la lettera al conte

di Salisbury, che era altrettanto perplesso sul suo significato. Il conte di Salisbury era

propenso a pensare che non fosse altro che uno stratagemma selvaggio e maligno per

allarmare il suo collega di Monteagle, ma pensò bene di consultare il conte di Suffolk, Lord

Ciambellano. L'espressione "che il colpo arrivi, senza sapere chi li ha feriti" fece pensare

che molto probabilmente si riferiva al periodo del Parlamento e che non c'era altro modo

probabile di attaccare se non con la polvere da sparo, mentre il re era seduto in

quell'assemblea. Il Lord Ciambellano ritenne questa idea molto probabile, perché sotto

l'aula del Parlamento c'era una grande cantina (come già detto) mai usata per altro che non

fosse legna o carbone, appartenente a Wineyard, il custode del palazzo; e dopo aver

comunicato la lettera ai conti di Nottingham, Worcester e Northampton, non procedettero

oltre fino all'arrivo del re da Royston, il 1° novembre.

[313]

209


Il Libro dei Martiri di Foxe

I conti mostrarono la lettera a Sua Maestà il Re e, allo stesso tempo, lo misero al

corrente dei loro sospetti. Erano del parere che non si dovesse fare nulla o che si dovesse

fare abbastanza per prevenire il pericolo e che si dovesse fare una ricerca diligente il giorno

prima di quello stabilito per l'esecuzione dell'impresa diabolica.

Di conseguenza, nel pomeriggio di lunedì 4 novembre 1605, il Lord Ciambellano, che

aveva il compito di organizzare e preparare l'arrivo del Re, accompagnato da Lord

Monteagle, si recò a visitare tutti i luoghi vicini alla Casa del Parlamento. Il Lord

Ciambellano colse l'occasione per vedere la cantina e osservò solo cumuli di billette, legna

da ardere e fasci di bastoni, ma fu testimone di una quantità di gran lunga superiore a quella

che il custode Wineyard avrebbe potuto desiderare per il proprio uso. Quando chiesero il

proprietario della legna, dei bastoni e del combustibile, furono informati che appartenevano

al signor Percy, che cominciò a nutrire alcuni sospetti, sapendo che era un rigido papista.

Il signor Percy era raramente presente, quindi non aveva occasione di disfarsi di una tale

quantità di combustibile. Monteagle lo confermò nelle sue decisioni e osservò che Percy

gli aveva fatto grandi professioni di amicizia.

Sebbene non fossero visibili altri materiali, il conte di Suffolk ritenne necessario

effettuare un'ulteriore ricerca e, al suo ritorno dal re, fu deciso di farlo in modo tale da

essere efficace, senza scioccare nessuno e senza dare alcun allarme.

Sir Thomas Knevet, maggiordomo di Westminster, con il pretesto di cercare arazzi

rubati in quel luogo e in altre case del vicinato, ricevette l'ordine di rimuovere la legna e

vedere se vi fosse qualcosa nascosto sotto. Questo signore uscì a mezzanotte, con diversi

aiutanti, raggiunse la cantina e scoprì Guido Fawkes, che stava cercando di uscire dalla

cantina, con stivali, speroni, una scatola di acciarino e tre fiammiferi in tasca. Lo

arrestarono senza fare domande o cerimonie, non appena rimossero la legna e scoprirono i

barili di polvere da sparo. Knevet lo fece legare e mettere in sicurezza.

Fawkes, che era un criminale incallito e senza paura, non esitò a confessare il piano e

che sarebbe stato giustiziato il giorno dopo. Lo riconobbe nell'interrogatorio davanti a una

commissione del Consiglio e, sebbene non negasse di avere dei complici in questa

cospirazione, nessuna minaccia di tortura riuscì a fargliene scoprire qualcuno. Dichiarò che

"era pronto a morire e che avrebbe preferito subire diecimila morti piuttosto che accusare

volontariamente il suo padrone o chiunque altro".

Tuttavia, dopo ripetuti interrogatori e assicurazioni sull'arresto del suo padrone, alla

fine ammise "che, mentre si trovava all'estero, Percy aveva conservato le chiavi della

cantina, che era stato lì da quando vi era stata depositata la polvere da sparo e, anzi, che

era uno dei principali attori della tragedia pianificata".

Nel frattempo si scoprì che Percy era arrivato per posta dal nord la notte di sabato 2

novembre e aveva cenato il lunedì a Zion House, con il conte di Northumberland; che

210


Il Libro dei Martiri di Foxe

Fawkes lo aveva incontrato lungo la strada e che, dopo che il Lord Ciambellano era stato

quella sera in cantina, si era recato, verso le sei, [314] dal suo padrone, che era subito

fuggito, temendo che qualcuno avesse scoperto il complotto.

La notizia della scoperta si diffuse immediatamente a macchia d'olio. I cospiratori

fuggirono per vie diverse, ma principalmente nel Warwickshire, dove Sir Everard Digby

aveva organizzato una battuta di caccia, nei pressi di Dunchurch, per raccogliere un numero

di reclusi sufficiente a rapire la Principessa Elisabetta; ma questo progetto fu impedito dal

fatto che la Principessa si rifugiò a Coventry; e tutto il gruppo, che contava circa un

centinaio di persone, si ritirò a Holbeach, la sede di Sir Stephen Littleton, ai confini dello

Staffordshire, dopo aver aperto stalle e preso cavalli da diverse persone nelle contee

adiacenti.

Sir Richard Walsh, sceriffo maggiore del Worcestershire, li inseguì fino a Holbeach,

dove li circondò e ordinò loro di arrendersi. Mentre si preparavano a difendersi, misero

della polvere da sparo bagnata sul fuoco per farla asciugare e una scintilla delle braci la

incendiò; alcuni dei cospiratori rimasero così gravemente ustionati sul viso, sulle cosce e

sulle braccia che a stento riuscivano a manovrare le armi. La loro situazione era disperata

e, poiché non c'erano vie di fuga a meno che non avessero forzato la strada attraverso gli

assalitori, fecero un furioso contrattacco a questo scopo. Catesby (il primo a concepire il

complotto) e Percy furono uccisi. Thomas Winter, Grant, Digby, Rockwood e Bates furono

arrestati e portati a Londra. Furono i primi a rivelare completamente la cospirazione.

Tresham, che si aggirava per la città e si muoveva spesso nel suo studio, fu arrestato e

detenuto poco dopo. Confessò l'intero complotto e morì di stranguria (o infezione alla

vescica) nella Torre. Il conte di Northumberland, sospettato per la sua parentela con

Thomas Percy, fu, per precauzione, posto sotto la custodia dell'arcivescovo di Canterbury,

a Lambeth; in seguito fu multato di trentamila sterline e mandato alla Torre, per aver

ammesso Percy nel gruppo dei gentiluomini pensionati, senza prestare il giuramento di

supremazia.

Alcuni fuggirono a Calais e, arrivati lì insieme ad altri che fuggivano per evitare le

persecuzioni che temevano in questa occasione, furono accolti gentilmente dal governatore.

Ma uno di loro dichiarò di non essere tanto preoccupato per il suo esilio quanto deluso dal

fatto che il complotto della polvere da sparo non avesse avuto effetto. Il governatore fu

talmente incattivito dal fatto che si vantassero di un'iniquità così esecrabile che, in un

improvviso impulso di indignazione, tentò di gettarlo in mare.

Il 27 gennaio 1606, otto dei cospiratori comparvero in tribunale e furono condannati,

tra cui Sir Everard Digby, l'unico a dichiararsi colpevole dell'accusa, sebbene tutti gli altri

avessero precedentemente confessato la propria colpevolezza. Digby fu giustiziato il 30

dello stesso mese, insieme a Robert Winter, Grant e Bates, all'estremità occidentale della

211


Il Libro dei Martiri di Foxe

St. Paul's Churchyard; Thomas Winter, Keyes, Rockwood e Fawkes furono giustiziati il

giorno successivo nell'Old Palace Yard.

Garnet fu processato il 28 marzo "per aver saputo e nascosto la cospirazione; per aver

prestato giuramento di segretezza ai cospiratori, per averli persuasi della legalità del [315]

tradimento e per aver pregato per il successo della grande azione in corso all'inizio del

Parlamento". Riconosciuto colpevole,[C] ricevette la sentenza di morte, ma fu eseguita solo

il 3 maggio. Quando confessò la propria colpa e l'iniquità dell'impresa, esortò tutti i cattolici

romani ad astenersi in futuro da simili pratiche infide. Gerard e Hall, due gesuiti, andarono

all'estero; Littleton, con molti altri, fu giustiziato in campagna.

Lord Monteagle ricevette duecento sterline all'anno in terreni e una pensione a vita di

cinquecento sterline come ricompensa per aver scoperto la lettera che forniva il primo

indizio della cospirazione. Fu ordinato che l'anniversario di questa provvidenziale

liberazione fosse sempre commemorato con preghiere e ringraziamenti.

Così questo piano diabolico fallì fortunatamente e i suoi autori ricevettero la punizione

meritata per la loro malvagità. In questa vicenda, la Provvidenza è intervenuta palesemente

a favore dei protestanti, salvandoli dalla distruzione che sarebbe avvenuta se il piano fosse

riuscito secondo i desideri di una setta bigotta, superstiziosa e sanguinaria.

212


Il Libro dei Martiri di Foxe

Capitolo XVI - Un Resoconto delle Persecuzioni Scozzesi sotto

Enrico VIII

Re Enrico VIII

Come non c'era luogo spopolato, né in Germania, né in Italia, né in Francia, in cui non

ci fossero dei rami spuntati da quella fecondissima radice di Lutero, allo stesso modo l'isola

di Britannia non era priva dei suoi frutti e dei suoi rami. Tra questi c'era Patrick Hamilton,

uno scozzese di alto e nobile lignaggio e sangue del re, di ottime qualità, di ventitré anni,

chiamato abate di Ferne. Lasciando il suo Paese con tre compagni per cercare l'istruzione

divina, si recò all'Università di Marburgo, in Germania, appena eretta da Filippo, Langravio

d'Assia.

Durante la sua permanenza in Germania, conobbe intimamente quelle eminenti luci

del Vangelo, Martin Lutero e Filippo Melantone, dai cui scritti e dottrine si legò fortemente

alla religione protestante.

L'arcivescovo di St. Andrews (che era un rigido cattolico), venuto a conoscenza delle

azioni del signor Hamilton, lo fece catturare e portare davanti a sé. Dopo un breve esame

dei suoi principi religiosi, lo fece rinchiudere come prigioniero nel castello, ordinando al

contempo di rinchiuderlo nella zona più detestabile della prigione.

Il mattino seguente il signor Hamilton fu convocato dal vescovo e da altri per essere

esaminato, quando i principali articoli contro di lui furono: la sua pubblica disapprovazione

dei pellegrinaggi, del purgatorio, delle preghiere ai santi, delle preghiere per i morti, ecc.

Il signor Hamilton riconobbe questi articoli come veri, per cui fu immediatamente

condannato al rogo. Affinché la sua condanna avesse maggiore autorità, fecero in modo

che fosse sottoscritta da tutti i presenti di un certo rilievo e, per renderne il numero il più

considerevole possibile, ammisero anche la sottoscrizione di ragazzi figli di nobili.

Questo prelato bigotto e persecutore aveva talmente urgenza di distruggere il signor

Hamilton che ordinò di eseguire la sentenza nel pomeriggio del giorno stesso della

pronuncia.

Di conseguenza, si recò nel luogo designato per l'orrenda tragedia e fu assistito da un

numero impressionante di spettatori. La maggior parte della folla non voleva credere che

si volesse metterlo a morte. Pensavano che la sentenza fosse stata pronunciata solo per

spaventarlo e indurlo così ad abbracciare i principi della religione romana.

Arrivato al rogo, si inginocchiò e per qualche tempo pregò con grande fervore.

Dopodiché fu fissato al palo e gli furono messi intorno i tizzoni. Sotto le sue braccia fu

213


Il Libro dei Martiri di Foxe

posta una quantità di polvere da sparo e gli fu dato fuoco che gli bruciò la mano sinistra e

un lato del viso. Non ha provocato alcun danno materiale, né ha comunicato con le fascine.

In seguito a ciò, fu avanzata altra polvere e materiale combustibile. Il fuoco fu appiccato e

fece effetto. Mentre i tizzoni venivano accesi, egli gridò con voce udibile: "Signore Gesù,

accogli il mio spirito! Fino a quando le tenebre invaderanno questo regno? E per quanto

tempo sopporterai la tirannia di questi uomini?".

Il fuoco che ardeva lentamente lo tormentava molto, ma lo sopportava con cristiana

magnanimità. Ciò che gli procurava maggior dolore era il clamore di alcuni uomini malvagi

istigati dai frati, che spesso gridavano: "Voltati, eretico; invoca la Madonna; di' Salve

Regina, ecc.". Ai quali rispondeva: "Andate via da me e non disturbatemi, messaggeri di

Satana". Un frate di Campbell, che era il capobanda, continuò a interromperlo con un

linguaggio sprezzante. Il giovane Patrick Hamilton gli disse: "Uomo malvagio, Dio ti

perdoni". Dopo di che, impossibilitato a parlare ulteriormente dalla violenza del fumo e

dalla rapidità delle fiamme, rassegnò la sua anima nelle mani di Colui che l'aveva donata.

Questo convinto credente in Cristo subì il martirio nell'anno 1527.

Un certo Henry Forest, giovane e innocuo benedettino, accusato di aver parlato con

rispetto del suddetto Patrick Hamilton, fu gettato in prigione e, confessandosi a un frate,

ammise di ritenere Hamilton un brav'uomo e che gli articoli per i quali era stato condannato

a morte potevano essere difesi. Poiché il frate rivelò i suoi pensieri, ciò fu accolto come

prova e il povero benedettino fu condannato al rogo.

Mentre si tenevano le consultazioni sulle modalità della sua esecuzione, John Lindsay,

uno dei gentiluomini dell'arcivescovo, offrì il suo consiglio di bruciare Frate Foresta in una

qualche cantina: "Perché", disse, "il fumo di Patrick Hamilton ha contagiato tutti coloro su

cui ha soffiato".

Il consiglio fu accettato e la povera vittima fu soffocata piuttosto che bruciata.

I successivi a cadere vittime per aver professato la verità del Vangelo furono David

Stratton e Norman Gourlay.

Giunti nel punto fatale, entrambi si inginocchiarono e pregarono per qualche tempo

con grande fervore. Si alzarono, quando Stratton, rivolgendosi agli spettatori, li esortò a

mettere da parte le loro nozioni superstiziose e idolatriche e a impiegare il loro tempo nella

ricerca della vera luce del Vangelo. Avrebbe voluto dire di più, ma fu impedito dagli

ufficiali presenti.

La loro condanna fu eseguita ed essi rassegnarono allegramente le loro anime a quel

Dio che le aveva donate, sperando, per i meriti del grande Redentore, in una gloriosa

resurrezione alla vita immortale. Soffrirono nell'anno 1534.

214


Il Libro dei Martiri di Foxe

Al martirio delle due persone sopra citate seguì presto quello del signor Thomas Forret,

che per un periodo considerevole era stato decano della Chiesa romanica, di Killor e

Beverage, due fabbri, di Duncan Simson, un sacerdote, e di Robert Forrester, un

gentiluomo. Furono bruciati tutti insieme, sulla collina del castello di Edimburgo, l'ultimo

giorno di febbraio del 1538.

L'anno successivo al martirio delle persone citate, cioè il 1539, furono arrestate altre

due persone sospettate di eresia: Jerome Russell e Alexander Kennedy, un giovane di circa

diciotto anni.

Queste due persone, dopo essere state rinchiuse in prigione, furono portate davanti

all'Arcivescovo per essere esaminate. Nel corso del processo giudiziario, Russell, da uomo

di buon senso, argomentò dottamente contro i suoi accusatori, mentre in cambio usò un

linguaggio molto sprezzante.

Terminato l'esame ed entrambi dichiarati eretici, l'arcivescovo pronunciò la terribile

sentenza di morte. Furono immediatamente consegnati al potere secolare per l'esecuzione.

Il giorno seguente, furono condotti al luogo designato per la tortura; durante il tragitto,

Russell, vedendo il suo compagno di dolore con un aspetto timido nel volto, gli si rivolse

in questo modo: "Fratello, non temere; più grande è Colui che è in noi, di Colui che è nel

mondo. Il dolore che dobbiamo soffrire è breve e sarà leggero. Ma la nostra gioia e la nostra

consolazione non avranno mai fine. Sforziamoci, dunque, di entrare nella gioia del nostro

Maestro e Salvatore, per la stessa via diritta che Egli ha percorso prima di noi. La morte

non può farci del male, perché è già stata distrutta da Colui per il quale stiamo per soffrire".

Arrivati al punto fatale, entrambi si inginocchiarono e pregarono per qualche tempo.

Dopo essere stati fissati al palo e aver acceso la brace, rassegnarono allegramente le loro

anime nelle mani di Colui che le aveva donate, nella piena speranza di una ricompensa

eterna nelle dimore celesti.

Un resoconto della vita, delle sofferenze e della morte del signor George Wishart, che

fu strangolato e poi bruciato, in Scozia, per aver professato la verità del Vangelo

Verso l'anno del Signore 1543, all'Università di Cambridge, c'era un certo Mastro

George Wishart, comunemente chiamato Mastro George del Benet's College, un uomo di

alta statura, con la testa a pollice. Portava un berretto circolare francese della migliore

qualità; giudicato di carnagione malinconica dalla sua fisionomia: capelli neri, barba lunga,

di bella presenza, di buona parlantina come nel suo paese, la Scozia, cortese, umile,

grazioso, contento di insegnare, desideroso di apprendere e di viaggiare; aveva addosso il

suo abbigliamento. Indossava inoltre un abito a fregio fino alle scarpe, una doppietta di

fustagno nero e un semplice cappello nero, camicie di tela ruvida nuova e bande e polsini

bianchi alle mani.

215


Il Libro dei Martiri di Foxe

Era un uomo modesto, temperato, timorato di Dio, che odiava la cupidigia; infatti la

sua carità non aveva mai fine, né notte, né mezzogiorno, né giorno; non consumava un

pasto su tre, un giorno su quattro per lo più, se non qualcosa per consolare la natura. Si

sdraiava su un soffio di paglia e su lenzuola di tela ruvida e nuova che, quando si cambiava,

regalava. Aveva comunemente accanto al letto una tinozza d'acqua, nella quale (con i suoi

a letto, la candela spenta e tutto tranquillo) si lavava. Mi amava teneramente, e io amavo

lui. Insegnava con grande modestia e gravità, tanto che alcuni dei suoi lo ritenevano severo

e avrebbero voluto ucciderlo; ma il Signore era la sua difesa. Ed egli, dopo averli

debitamente corretti per la loro malizia, con una buona esortazione li ha emendati e se ne

è andato per la sua strada. Oh, se il Signore l'avesse lasciato a me, il suo povero ragazzo,

affinché potesse finire ciò che aveva iniziato! Perché andò in Scozia con alcuni nobili,

venuti per un trattato con il re Enrico.

Nel 1543, l'arcivescovo di St. Andrews fece una visita in varie parti della sua diocesi,

dove diverse persone furono denunciate a Perth per eresia. Tra questi, furono condannati a

morte William Anderson, Robert Lamb, James Finlayson, James Hunter, James Raveleson

e Helen Stark.

Le accuse rivolte a queste rispettive persone erano le seguenti: I primi quattro furono

accusati di aver impiccato l'immagine di San Francesco, di avergli inchiodato in testa corna

di ariete e di avergli fissato alla groppa la coda di una mucca; ma il principale motivo di

condanna fu quello di aver banchettato con un'oca in un giorno di digiuno religioso.

James Reveleson fu accusato di aver decorato la sua casa con il diadema di Pietro a

tre corone, intagliato nel legno. L'arcivescovo concepì questo atto come una presa in giro

della sua berretta cardinalizia.

Helen Stark fu accusata di non essersi abituata a pregare la Vergine Maria, soprattutto

durante il periodo del parto.

Sulla base di queste rispettive accuse, furono tutti dichiarati colpevoli e

immediatamente condannati a morte. I quattro uomini, accusati di aver mangiato l'oca,

furono condannati all'impiccagione, James Raveleson al rogo e la donna, con il suo neonato,

fu rinchiusa in un sacco e annegata.

I quattro uomini, con la donna e il bambino, furono uccisi nello stesso momento, ma

James Raveleson fu giustiziato solo alcuni giorni dopo.

I martiri furono condotti al luogo dell'esecuzione da una grande banda di uomini

armati (poiché temevano una ribellione in città se non avessero avuto i loro uomini di

guerra). Questo gesto, comune a tutti i ladri, serviva a far apparire il crimine più odioso al

popolo. Ognuno confortò l'altro e si assicurò che quella sera avrebbero cenato insieme nel

Regno dei Cieli. Si raccomandarono a Dio e morirono costantemente nel Signore.

216


Il Libro dei Martiri di Foxe

La donna desiderava ardentemente morire con il marito, ma non le fu concesso;

tuttavia, seguendolo nel luogo dell'esecuzione, gli diede conforto, esortandolo alla

perseveranza e alla pazienza per amore di Cristo. Separandosi da lui con un bacio, disse:

"Marito, rallegrati, perché abbiamo vissuto insieme molti giorni gioiosi; ma questo giorno,

in cui dobbiamo morire, dovrebbe essere il più gioioso per entrambi, perché dobbiamo

avere la gioia per sempre; perciò non ti darò la buona notte, perché ci incontreremo

improvvisamente con gioia nel Regno dei Cieli". Dopo questa dichiarazione, la donna fu

portata in un luogo per essere annegata e, sebbene avesse un bambino che le succhiava il

seno, questo non smosse i cuori impietosi dei loro nemici. Così, dopo aver raccomandato i

suoi figli ai vicini della città per amore di Dio e aver dato il bambino che succhiava alla

nutrice, sigillò la verità con la sua morte.

Desideroso di propagare il vero Vangelo nel suo Paese, George Wishart lasciò

Cambridge nel 1544 e, giunto in Scozia, predicò prima a Montrose e poi a Dundee. In

quest'ultimo luogo fece un'esposizione pubblica dell'Epistola ai Romani, che predicò con

una grazia e una libertà tali da allarmare notevolmente i papisti.

In seguito a ciò, (su istigazione del cardinale Beaton, arcivescovo di St. Andrews) un

certo Robert Miln, un uomo importante di Dundee, si recò nella chiesa in cui Wishart

predicava. Nel bel mezzo del suo discorso, gli ordinò pubblicamente di non disturbare più

la città, perché era deciso a non subirlo.

Questo improvviso rifiuto sorprese molto Wishart che, dopo una breve pausa,

guardando con dolore l'oratore e il pubblico, disse: "Dio mi è testimone che non mi sono

mai preoccupato dei vostri problemi, ma del vostro benessere. Sì, i vostri problemi sono

più gravi per me che per voi stessi. Ma sono certo che rifiutare la Parola di Dio e cacciare

da voi il Suo messaggero non vi preserverà dai guai, ma vi porterà ad essi. Perché Dio vi

manderà dei ministri che non temeranno né il rogo né il bando, né l'esecuzione né l'esilio.

Vi ho offerto la Parola di salvezza. A rischio della mia vita sono rimasto tra voi; ora voi

stessi mi rifiutate. Devo lasciare che la mia innocenza sia dichiarata dal mio Dio. Se

prosperate per lungo tempo, non sono guidato dallo Spirito di verità; ma se vi vengono

addosso problemi imprevisti, riconoscetene la causa e rivolgetevi a Dio, che è benevolo e

misericordioso. Ma se non vi convertirete al primo avvertimento, Egli vi visiterà con fuoco

e spada". Al termine di questo discorso, lasciò il pulpito e si ritirò.

Dopo questo avvenimento, si recò nella Scozia occidentale, predicò la Parola di Dio e

fu accolto con gioia da molti.

Poco tempo dopo il signor Wishart ricevette la notizia che la peste era scoppiata a

Dundee. Iniziò quattro giorni dopo che gli fu proibito di predicare lì. L'epidemia era così

violenta che era quasi impossibile stabilire quanti fossero i morti nell'arco di ventiquattro

ore. A questa notizia, egli, nonostante le insistenze dei suoi amici per trattenerlo, decise di

217


Il Libro dei Martiri di Foxe

andare lì, dicendo: "Ora sono in difficoltà e hanno bisogno di conforto. Forse questa mano

di Dio li porterà ora a magnificare e a riverire la Parola di Dio, che prima stimavano poco".

Con gioia fu accolto dai santi. Scelse la porta orientale come luogo della sua

predicazione, in modo che i sani fossero dentro e i malati fuori dalla porta. Cita il suo testo

con queste parole: "Mandò la sua parola e li guarì", ecc. In questo sermone, egli si

concentrò principalmente sul vantaggio e sul conforto della Parola di Dio, sui giudizi che

derivano dal disprezzo o dal rifiuto di essa, sulla libertà della grazia di Dio per tutto il Suo

popolo e sulla felicità di coloro che Egli sceglie per Sé da questo mondo miserabile. I cuori

dei suoi uditori erano così rallegrati e ravvivati dalla potenza divina di questo discorso che

non consideravano la morte. Ma quelli che erano stati chiamati erano giudicati più felici,

non sapendo se avrebbe avuto di nuovo con loro un simile conforto.

Dopo di che la peste si attenuò, anche se, nel bel mezzo di essa, Wishart visitò

costantemente coloro che si trovavano in condizioni estreme e li confortò con le sue

esortazioni.

Quando lasciò la gente di Dundee, disse che Dio aveva quasi posto fine a quella piaga

e che ora era chiamato in un altro luogo. Da lì si recò a Montrose, dove a volte predicava,

ma trascorreva la maggior parte del tempo in meditazione e preghiera privata.

Si racconta che prima di lasciare Dundee, e mentre era impegnato nelle opere d'amore

verso i corpi e le anime di quei poveri afflitti, il cardinale Beaton incaricò un disperato

prete cattolico, di nome John Weighton, di ucciderlo. Il tentativo di ucciderlo si svolse

come segue: un giorno, dopo che Wishart ebbe terminato il suo sermone e la gente se ne

andò, un prete rimase in attesa in fondo alle scale, con un pugnale nudo in mano sotto il

camice. Ma il signor Wishart, che aveva un occhio acuto e penetrante, vedendo il prete

mentre scendeva dal pulpito, gli disse: "Amico mio, che cos'hai?" e subito, battendo la

mano sul pugnale, glielo tolse. Il sacerdote, terrorizzato, cadde in ginocchio, confessò la

sua intenzione e chiese perdono. Questo gesto suscitò un rumore. Quando le orecchie di

coloro che erano malati lo udirono, gridarono: "Consegnateci il traditore, lo prenderemo

con la forza". Fecero irruzione dal cancello. Ma Wishart, tenendo il sacerdote tra le braccia,

disse: "Chiunque faccia del male a lui, farà del male a me; perché non mi ha fatto del male,

ma del bene, insegnandomi una maggiore attenzione per il tempo a venire". Con questo

comportamento, placò il popolo e salvò la vita del prete malvagio.

Poco dopo il suo ritorno a Montrose, il cardinale cospirò nuovamente la sua morte,

facendo recapitare una lettera come se provenisse da un suo amico familiare, il proprietario

terriero di Kennier. La comunicazione desiderava che, con tutta la rapidità possibile, si

recasse da lui, poiché era stato colpito da una malattia improvvisa. Nel frattempo, il

cardinale aveva fatto preparare sessanta uomini armati da tenere in agguato nel raggio di

un miglio e mezzo da Montrose, per ucciderlo al suo passaggio.

218


Il Libro dei Martiri di Foxe

La lettera giunse nelle mani di Wishart da un ragazzo, che gli portò anche un cavallo

per il viaggio. Wishart, accompagnato da alcuni uomini onesti, suoi amici, si mise in

cammino. Ma durante il tragitto qualcosa di particolare lo colpì. Tornò indietro, e quelli,

meravigliati, gliene chiesero la causa; ed egli rispose: "Non andrò; Dio me l'ha proibito;

sono sicuro che c'è un tradimento. Che qualcuno di voi vada in quel luogo e mi dica cosa

trova". Quando lo fecero, fecero la scoperta e tornarono in fretta e furia. Informarono il

signor Wishart, il quale disse: "So che finirò la mia vita per mano di quell'uomo assetato

di sangue, ma non sarà in questo modo".

Poco tempo dopo lasciò Montrose e si recò a Edimburgo per propagare il Vangelo in

quella città. Per strada, alloggiò presso un fratello fedele, chiamato James Watson di Inner-

Goury. Nel cuore della notte si svegliò e andò in cortile, e due uomini, sentendolo, lo

seguirono privatamente. Mentre era in cortile, si mise in ginocchio e pregò per un po' di

tempo con grande fervore, dopodiché si alzò e tornò a letto. Quelli che lo assistevano, come

se fossero all'oscuro di tutto, vennero a chiedergli dove fosse stato. Ma egli non volle

rispondere. L'indomani lo sollecitarono a dirglielo, dicendo: "Spiegaci, perché abbiamo

sentito il tuo pianto e visto i tuoi gesti".

A questo commento, egli disse con un'espressione sconsolata: "Avrei preferito che

foste stati nei vostri letti". Ma essi lo pregavano ancora di sapere qualcosa. Egli rispose:

"Ve lo dirò; sono sicuro che la mia guerra è quasi alla fine, e quindi pregate Dio con me,

affinché io non mi ritiri quando la battaglia si fa più feroce".

Poco dopo, il cardinale Beaton, arcivescovo di St. Andrews, informato che il signor

Wishart si trovava a casa del signor Cockburn, di Ormistohn, nell'East Lothian, chiese al

reggente di farlo arrestare; il quale, dopo una grande opera di persuasione e molto contro

la sua volontà, si adeguò.

In conseguenza di ciò, il cardinale procedette immediatamente al processo di Wishart,

contro il quale furono presentati non meno di diciotto articoli. Wishart rispose ai rispettivi

articoli con grande compostezza d'animo e in modo così dotto e chiaro da sorprendere la

maggior parte dei presenti.

Al termine dell'esame, l'arcivescovo cercò di convincere il signor Wishart a ritrattare,

ma egli era troppo fermo nei suoi principi religiosi e troppo illuminato dalla verità del

Vangelo, per essere minimamente smosso.

La mattina dell'esecuzione gli furono inviati dal cardinale due frati, uno dei quali gli

fece indossare un mantello di lino nero e l'altro portò diversi sacchetti di polvere da sparo.

La attaccarono a diverse parti del suo corpo. Non appena arrivò al rogo, il boia gli mise

una corda al collo e una catena alla vita, dopodiché cadde in ginocchio ed esclamò:

219


Il Libro dei Martiri di Foxe

"O Salvatore del mondo, abbi pietà di me! Padre dei cieli, affido il mio spirito alle tue

mani sante".

Dopo questa esclamazione, pregò per i suoi accusatori, dicendo: "Ti supplico, Padre

dei cieli, perdona coloro che, per ignoranza o per mente malvagia, hanno falsificato le mie

parole: Li perdono con tutto il cuore. Supplico Cristo di perdonare coloro che per ignoranza

mi hanno condannato".

Fu poi fissato al palo e le fascine, accese, diedero subito fuoco alla polvere da sparo

che gli era stata apposta, che crebbe in fiamme e fumo.

Il governatore del castello, che si trovava nelle vicinanze, fu bruciato dalle fiamme.

Egli esortò il martire, con poche parole, a stare di buon umore e a chiedere perdono a Dio

per le sue offese. Al che il martire rispose: "Questa fiamma ha causato problemi al mio

corpo, ma non ha affatto spezzato il mio spirito. Ma colui che ora mi guarda con tanto

orgoglio da quell'alto posto (indicando il cardinale), presto sarà ignominiosamente gettato

a terra, come ora si crogiola orgogliosamente a suo agio". La predizione si avverò poco

dopo.

Il boia, che era il suo aguzzino, si sedette in ginocchio e disse: "Signore, vi prego di

perdonarmi, perché non sono colpevole della vostra morte". Al quale rispose: "Vieni qui

da me". Quando fu vicino a lui, gli baciò la guancia e disse: "Ecco il segno che ti perdono.

Cuore mio, fa' il tuo dovere". Poi fu messo sulla gogna, impiccato e bruciato. Quando il

popolo assistette al grande supplizio, non poté trattenersi dal piangere e dal lamentarsi per

l'uccisione di questo agnello innocente.

Non molto tempo dopo il martirio di questo benedetto uomo di Dio, il maestro George

Wishart, messo a morte da David Beaton, il sanguinario arcivescovo e cardinale di Scozia,

il primo marzo dell'anno 1546, il suddetto David Beaton, per la giusta vendetta del potente

giudizio di Dio, fu ucciso nel suo stesso castello di St. Andrews, per mano di un certo

Leslie e di altri cospiratori, sobillati da Lrod. Irruppero nel suo castello all'improvviso e lo

uccisero nel suo letto l'anno in questione, l'ultimo giorno di maggio, gridando: "Ahimè!

Ahimè! Non uccidetemi! Sono un sacerdote!". E così, come un macellaio visse e come un

macellaio morì, e rimase sette mesi e più senza sepoltura, e infine come una carogna fu

sepolto in un letamaio.

L'ultimo a subire il martirio in Scozia, per la causa di Cristo, fu Walter Mill, bruciato

a Edimburgo nel 1558.

Questa persona, in giovane età, aveva viaggiato in Germania e al suo ritorno era stato

insediato come sacerdote della Chiesa di Lunan nell'Angus, ma, in seguito a una notizia di

eresia, al tempo del cardinale Beaton, fu costretto ad abbandonare la carica e a fuggire. Ma

fu presto arrestato e messo in prigione.

220


Il Libro dei Martiri di Foxe

Interrogato da Sir Andrew Oliphant se volesse ritrattare le sue opinioni, rispose

negativamente. Disse che avrebbe "rinunciato a diecimila vite, piuttosto che rinunciare a

una particella di quei principi celesti che aveva ricevuto dalle intercessioni del suo

benedetto Redentore".

In conseguenza di ciò, fu immediatamente emessa una sentenza di condanna e fu

condotto in prigione per l'esecuzione il giorno successivo.

Questo convinto credente in Cristo aveva ottantadue anni ed era molto malato, per cui

si pensava che non potesse essere ascoltato. Tuttavia, quando fu condotto al luogo

dell'esecuzione, espresse i suoi sentimenti religiosi con tale coraggio e compostezza

d'animo da stupire persino i suoi nemici. Non appena fu fissato al palo e le fascine furono

accese, si rivolse agli spettatori come segue: "La causa della mia sofferenza di oggi non è

dovuta ad alcun crimine (anche se mi riconosco un miserabile peccatore), ma solo alla

difesa della verità come è in Gesù Cristo. Lodo Dio che mi ha chiamato, per la sua

misericordia, a sigillare la verità con la mia vita; e come l'ho ricevuta da Lui, così la offro

volentieri e con gioia alla sua gloria. Perciò, se volete sfuggire alla morte eterna, non

lasciatevi più sedurre dalle menzogne del seggio di Anticristo, ma dipendete unicamente

da Gesù Cristo e dalla Sua misericordia, per essere liberati dalla condanna".

Aggiunse poi che confidava di essere l'ultimo a subire la morte in Scozia per motivi

religiosi.

Così questo pio cristiano rinunciò allegramente alla sua vita per difendere la verità del

Vangelo di Cristo, con la certezza di partecipare al suo Regno celeste.

221


Il Libro dei Martiri di Foxe

Capitolo XVII - Persecuzioni in Inghilterra durante il

Regno della Regina Maria

La morte prematura di quel celebre giovane monarca, Edoardo VI, ha provocato gli

eventi più straordinari e meravigliosi, che fossero mai esistiti ai tempi dell'incarnazione

umana del nostro beato Signore e Salvatore. Questo evento malinconico divenne

rapidamente oggetto di generale rammarico. La successione al trono britannico fu presto

oggetto di contesa; e le scene che ne seguirono furono una dimostrazione della grave

afflizione in cui era coinvolto il regno. Mentre la sua perdita verso la nazione si stava

sviluppando sempre più, il ricordo del suo governo era sempre più la base di un ricordo

riconoscente. La terribile prospettiva, che fu presto presentata agli amici

dell'amministrazione di Edoardo, sotto la direzione dei suoi consiglieri e servitori, era una

contemplazione che la mente riflessiva era costretta a considerare con le più allarmanti

apprensioni. I rapidi approcci che furono fatti verso una totale inversione dei lavori del

giovane regno del re, denotarono i progressi che furono rappresentati in tal modo a un'intera

risoluzione nella gestione degli affari pubblici sia in Chiesa che nello Stato.

Allarmato per la condizione in cui il regno era probabilmente coinvolto dalla morte

del re, un tentativo di prevenire le conseguenze, che erano state ma troppo chiaramente

previste, fu produttivo degli effetti più gravi e fatali. Il re, nella sua lunga e persistente

afflizione, fu indotto a fare un testamento, con il quale lasciò in eredità la corona inglese a

Signora Gianna, la figlia del duca di Suffolk, che era stata sposata con Signor Guilford,

figlio del duca di Northumberland, ed era la nipote della seconda sorella di re Enrico, da

Carlo, duca di Suffolk. Con questa volontà, la successione di Maria ed Elisabetta, le sue

due sorelle, fu completamente superata, da un'apprensione del sistema di ritorno dei poveri;

e il consiglio del re, con il capo della nobiltà, il signore-sindaco della città di Londra, e

quasi tutti i giudici e i principali avvocati del regno, sottoscrissero i loro nomi a questo

regolamento, come sanzione alla misura.

Signor Chief Justice Hale, anche se era un vero protestante e un giudice eretto, da solo

rifiutò di unire il suo nome in favore di Signora Gianna, perché aveva già espresso la sua

opinione che Maria era autorizzata ad assumere le redini del governo. Altri si opposero al

fatto che Maria fosse stata posta sul trono, a causa dei loro timori che potesse sposare uno

straniero, portando così la corona in un notevole pericolo. La sua parzialità con popery non

lasciava dubbi sulla mente di nessuno, sul fatto che sarebbe stata indotta a ravvivare gli

interessi dormienti del papa, e a cambiare la religione che era stata usata sia ai tempi di suo

padre, re Enrico, che in quelli di suo fratello Edoardo: perché in tutto il suo tempo aveva

manifestato la più grande caparbietà e inflessibilità di carattere, come deve essere evidente

222


Il Libro dei Martiri di Foxe

dalla sua lettera ai signori del consiglio, con cui ha messo nella sua rivendicazione alla

corona, sul decesso di suo fratello.

Quando ciò accadde, i nobili, che si erano associati per impedire la successione di

Maria, e che erano stati determinanti nel promuovere, e, forse, consigliare le misure di

Edoardo, procedettero rapidamente a proclamare Signora Gianna Grey, regina d'Inghilterra,

nella città di Londra e in varie altre popolose città del regno. Sebbene giovane, possedeva

talenti di natura molto superiore, e i suoi miglioramenti sotto un tutor molto eccellente le

avevano dato molti grandi vantaggi.

Il suo regno durò solo cinque giorni, poiché Maria, essendo riuscita con false promesse

ad ottenere la corona, iniziò rapidamente l'esecuzione della sua dichiarata intenzione di

estirpare e bruciare ogni protestante. Fu incoronata a Westminster nella forma abituale, e

la sua elevazione fu il segnale per l'inizio della sanguinosa persecuzione che seguì.

Avendo ottenuto la spada dell'autorità, non si risparmiò nel suo esercizio. I sostenitori

di Signora Gianna Grey erano destinati a sentire la sua forza. Il duca di Northumberland fu

il primo a sperimentare il suo risentimento selvaggio. Entro un mese dal suo confino nella

Torre, fu condannato, e portato sull'impalcatura, a soffrire come traditore. Dai suoi vari

crimini, derivanti da una sordida e smisurata ambizione, morì senza pietà e senza pietà.

I cambiamenti, che seguirono con rapidità, dichiararono inequivocabilmente che la

regina non era interessata allo stato attuale della religione. La dottoressa Poynet fu spostata

per fare spazio a Gardiner per essere vescovo di Winchester, al quale diede anche

l'importante incarico di signore-cancelliere. Il dottor Ridley fu dimesso dalla sede di

Londra, e Bonne lo presentò. J. Story fu messo fuori dal vescovato di Chichester, per

ammettere che il dottor Day. J. Hooper fu mandato prigioniero nella Flotta, e il dottor Heath

entrò nella sede di Worcestor. Anche Miles Coverdale fu esclusa da Exeter, e il Dr. Vesie

si trasferì in quella diocesi. Il dottor Tonstall fu anche promosso alla sede di Durham.

Queste cose segnate e percepite, la grande pesantezza e il disagio crescevano sempre di più

nei cuori di tutti i buoni; ma agli empi grandi gioie. Quelli che potevano dissimulare non

si preoccupavano molto di come andava la faccenda; ma tali, le cui coscienze si univano

alla verità, percepivano già i carboni accesi, che dopo dovevano essere la distruzione di

molti un vero cristiano.

Le Parole e il Comportamento di Signora Gianna sull'impalcatura

La vittima successiva fu l'amabile Signora Gianna Grey, che, accettando la corona per

le sollecitazioni dei suoi amici, provò l'implacabile risentimento della sanguinosa Maria.

Quando ha montato per la prima volta l'impalcatura, ha parlato agli spettatori in questo

modo: "Brave persone, sono venuta qui per morire, e per una legge sono condannata allo

stesso modo. Il fatto contro l'altezza della regina era illecito, e il consenso da me dato; ma,

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Il Libro dei Martiri di Foxe

toccando l'approvvigionamento e il desiderio di questo da parte mia, o per mio conto, io

me ne lavo le mani in innocenza davanti a Dio, e il volto di voi, buoni cristiani, questo

giorno" e allora lei si strinse le mani, dove aveva il suo libro.

Poi disse: "Prego tutti voi, buoni cristiani, di darmi testimonianza, che io muoia una

buona cristiana, e che io non sembri essere salvata con nessun altro mezzo, ma solo dalla

misericordia di Dio nel sangue del Suo Figlio Unigenito Gesù Cristo; e confesso che

quando ho conosciuto la Parola di Dio, ho trascurato lo stesso, ho amato me stesso e il

mondo, e quindi questa piaga e punizione è felicemente e degnamente accaduta a me per i

miei peccati; eppure ringrazio Dio, che della Sua bontà mi ha così dato un tempo e una

tregua per pentirmi. E ora, brave persone, mentre sono viva, prego voi mi aiutiate con le

vostre preghiere." E poi, inginocchiatasi, si voltò verso Feckenham, dicendo: "Devo dire

questo Salmo?" e lui disse: "Sì". Poi disse il Salmo di Miserere mei Deus, in inglese, in

modo molto devoto fino alla fine; e poi si alzò, e diede la cameriera, la signora Ellen, i

guanti e il fazzoletto, e il suo libro al signor Bruges; e poi slegò il vestito, e il carnefice la

spinse ad aiutarla con esso; ma lei, desiderando che lui la lasciasse sola, si voltò verso le

sue due gentildonne, che la aiutarono con esso, e anche con le sue corna e il suo fazzoletto,

dandole un fazzoletto giusto per mettersi gli gli occhi.

Poi il carnefice si inginocchiò e le chiese perdono, che lei perdonò molto volentieri.

Poi egli desiderava che lei si mettesse a sedere sulla cannuccia, e così facendo, ella vide il

blocco. E lei: "Ti prego, mandami in fretta". Poi si inginocchiò e disse: "Lo toglierai prima

che io mi distenda?" E il carnefice disse: "No, signora". Poi ha legato un fazzoletto ai suoi

occhi, e sentendosi per l'isolato, ha detto, "Cosa devo fare? Dov'è? Dov'è?" Una delle

guardie che la guidavano, appoggiò la testa sull'isolato, e poi allungò il suo corpo, e disse:

"Signore, nelle tue mani raccomando il mio spirito"; e così finì la sua vita, nell'anno di

nostro Signore 1554, il dodicesimo giorno di febbraio, verso il diciassettesimo anno della

sua età.

Così morì Signora Gianna; e lo stesso giorno Signor Guilford, suo marito, uno dei figli

del duca di Northumberland, fu ugualmente decapitato, due innocenti in confronto a quelli

che sedevano sopra di loro. Erano entrambi molto giovani, e accettavano ignorantemente

ciò che gli altri avevano inventato, e per proclamazione aperta acconsentivano a prendere

dagli altri, e dare a loro.

Toccando la condanna di questa pia signora, va notato che il giudice Morgan, che ha

condannato lei, subito dopo averla condannata, si è infuriato, e nel suo rabbia ha gridato

continuamente di fargli portare via la Signora Gianna, e così ha terminato la sua vita.

Il ventunesimo giorno dello stesso mese, Enrico, duca di Suffolk, fu decapitato a

Tower-hill, il quarto giorno dopo la sua condanna: in quel periodo molti signori e yeomen

furono condannati, alcuni dei quali furono giustiziati a Londra, e altri nel paese. Nel

224


Il Libro dei Martiri di Foxe

numero di questi era Signor Tommaso Gray, fratello di detto duca, che fu arrestato non

molto tempo dopo nel Galles del Nord, e giustiziato per lo stesso. Anche Signor Niccolò

Throgmorton, per un pelo scappò.

Giovanni Ruggeros, Vicario di San Sepolcro, e Lettore di San Paolo, Londra

Giovanni Ruggeros fu educato a Cambridge, e fu in seguito cappellano per molti anni

degli avventurieri mercantili ad Anversa nel Brabante. Qui incontrò il celebre martire

Guillermo Tyndale, e Miles Coverdale, entrambi esiliati volontari dal loro paese per la loro

avversione alla superstizione e all'idolatria papista. Erano gli strumenti della sua

conversione; e si unì a loro in quella traduzione della Bibbia in inglese, intitolata "The

Translation of Tommaso Matteo" [La Traduzione di Tommaso Matteo]. Dalle Scritture

sapeva che i voti illegali potevano essere legalmente infranti; quindi si sposò e si trasferì a

Wittenberg in Sassonia, per migliorare l'apprendimento; e lì imparò la lingua olandese, e

ricevette la carica di una congregazione, che eseguì fedelmente per molti anni. All'ascesa

di re Edoardo, lasciò la Sassonia per promuovere l'opera di riforma in Inghilterra; e, dopo

qualche tempo, Niccolò Ridley, allora vescovo di Londra, gli diede una prebenda nella

cattedrale di San Paolo, e il decano e Capitolo lo nominarono lettore della lezione di

divinità. Qui continuò fino alla successione al trono della regina Maria, quando il Vangelo

e la vera religione furono banditi, e l'Anticristo di Roma, con la sua superstizione e idolatria,

introdusse.

La circostanza che il signor Ruggeros abbia predicato alla croce di Paolo, dopo che la

regina Maria è arrivata alla Torre, è già stata dichiarata. Confermò nel suo sermone la vera

dottrina insegnata ai tempi di re Edoardo, ed esortò il popolo a stare attento alla pestilenza

della povertà, dell'idolatria e della superstizione. Per questo è stato chiamato a rendere

conto, ma così abilmente si è difeso che, per quel tempo, è stato licenziato. La

proclamazione della regina, tuttavia, per proibire la vera predicazione, diede ai suoi nemici

una nuova maniglia contro di lui. Fu quindi nuovamente convocato davanti al Concilio e

comandò di tenere la sua casa. Lo fece, anche se poteva scappare; e anche se percepì lo

stato della vera religione come disperato. Sapeva di non poter desiderare di vivere in

Germania, e non poteva dimenticare una moglie e dieci figli, e cercare i mezzi per aiutarli.

Ma tutte queste cose erano insufficienti per indurlo a partire, e, quando una volta chiamato

a rispondere nella causa di Cristo, lo difese fermamente, e mise a rischio la sua vita per

questo scopo.

Dopo una lunga prigionia nella sua casa, l'inquieto Bonner, vescovo di Londra, lo

obbligò a trasferirsi a Newgate, dove fu alloggiato tra ladri e assassini.

Dopo che il signor Ruggeros era stato a lungo e strettamente imprigionato, e alloggiato

a Newgate tra i ladri, spesso esaminati, e molto incaritatevolmente supplicati, e a lungo

ingiustamente e crudelmente condannati da Stephen Gardiner, vescovo di Winchester, il

225


Il Libro dei Martiri di Foxe

quarto giorno di febbraio, nell'anno del nostro Signore 1555, essendo lunedì al mattino, fu

improvvisamente avvertito dal custode della moglie di Newgate, di prepararsi per

l'incendio; che, essendo allora sonno, poteva scarsamente essere svegliato. Essendo stato a

lungo sollevato e svegliato, e cercare di fare fretta, poi ha detto, "Se è così, non ho bisogno

di legare i miei punti." E così fu fatto, prima al vescovo Bonner per essere degradato: cosa

fatta, desiderava di Bonner ma una petizione; e Bonner chiese cosa dovesse essere.

Ruggeros ha risposto che avrebbe potuto parlare con la moglie prima del rogo, ma che non

poteva ottenere questo da lui.

Quando giunse il momento di portarlo fuori da Newgate a Smithfield, luogo della sua

esecuzione, Sig. Woodroofe, uno degli sceriffi, venne per la prima volta da Sig. Ruggeros,

e gli chiese se avrebbe revocato la sua abominevole dottrina e la malvagia opinione del

Sacramento dell'altare. Ruggeros rispose: Ciò che ho predicato io lo sigillerò con il mio

sangue". Poi il signor Woodroofe disse: "Sei un eretico". "Questo sarà noto", citò il signor

Ruggeros, "nel Giorno del Giudizio". "Beh", disse il signor Woodroofe, "Non pregherò

mai per te". "Ma pregherò per te", disse il signor Ruggeros; e così fu portato lo stesso

giorno, il quattro febbraio, dagli sceriffi, verso Smithfield, dicendo il Salmo Miserere, tra

l'altro, tutte le persone meravigliosamente gioiscono della sua costanza; con grandi lodi e

grazie a Dio per lo stesso. E lì, alla presenza del signor Rochester, controllore della casa

della regina, Signor Riccardo Southwell, sia gli sceriffi che un gran numero di persone, fu

bruciato in cenere, lavandosi le mani nella fiamma mentre bruciava. Poco prima del suo

rogo, il suo perdono fu portato, se avesse ritrattato; ma egli rifiutò completamente. Fu il

primo martire di tutta la compagnia benedetta che soffrì ai tempi della regina Maria che

diede la prima avventura sul fuoco. Sua moglie e i suoi figli, undici in numero, dieci in

grado di andare, e uno che succhiava il suo seno, lo incontrarono a proposito, mentre

andava verso Smithfield. Questa dolorosa vista della propria carne e del proprio sangue

non poteva muoverlo, ma che egli costantemente e allegramente prese la sua morte con

meravigliosa pazienza, nella difesa e nella causa del Vangelo di Cristo".

Il reverendo Lorenzo Saunders

Il signor Saunders, dopo aver passato un po' di tempo nella scuola di Eaton, fu scelto

per andare al King's College di Cambridge, dove continuò per tre anni, e approfittò della

conoscenza e dell'apprendimento molto per quel tempo'. Poco dopo lasciò l'università e

andò dai suoi genitori, ma presto tornò di nuovo a Cambridge al suo studio, dove iniziò ad

aggiungere alla conoscenza del latino, lo studio delle lingue greca ed ebraica, e si consegnò

allo studio delle Sacre Scritture, meglio qualificarsi per l'ufficio di predicatore.

All'inizio del regno di re Edoardo, quando fu introdotta la vera religione di Dio, dopo

aver ottenuto la licenza, iniziò a predicare, ed era così benvoluto da coloro che allora

avevano autorità che lo nominarono per leggere una lezione di divinità nel College di

226


Il Libro dei Martiri di Foxe

Forthringham. Il College of Fothringham fu sciolto e fu posto come lettore nel ministro di

Litchfield. Dopo un certo spazio, partì da Litchfield per un beneficio nel Leicestershire,

chiamato Church-langton, dove tenne una residenza, insegnò diligentemente e tenne una

casa liberale. Da qui fu chiamato a trarre beneficio dalla città di Londra, ovvero All-hallows

a Bread-street. Dopo questo predicò a Northhampton, senza intromettersi nello stato, ma

esprimendo con audacia la sua coscienza contro le dottrine papiste che probabilmente

sarebbero sorte di nuovo in Inghilterra, come una giusta piaga per il piccolo amore che la

nazione inglese poi portava alla Beata Parola di Dio, che era stata così abbondantemente

offerta loro.

Il gruppo della regina che era lì, e lo ascoltò, era molto scontento di lui per il suo

sermone, e per questo lo tenne tra loro come prigioniero. Ma in parte per amore dei suoi

fratelli e amici, che erano i principali attori per la regina tra loro, e in parte perché non c'era

alcuna legge infranta dalla predicazione hbis, lo hanno licenziato.

Alcuni dei suoi amici, percependo una tale minaccia temibile, lo consigliarono di

volare fuori dal regno, cosa che lui rifiutò di fare. Ma vedendo che in quel luogo gli

impedivano di fare del bene con la violenza, tornò a Londra, per visitare il suo gregge.

Nel pomeriggio di domenica 15 ottobre 1554, mentre stava leggendo nella sua chiesa

per esortare il suo popolo, il vescovo di Londra lo interruppe, mandando un ufficiale per

lui.

Il suo tradimento e la sua sedizione la carità del vescovo si accontentava di lasciarsi

sfuggire fino a un altro momento, ma un eretico intendeva dimostrarlo, e tutti quelli, disse,

che insegnavano e credevano che l'amministrazione dei Sacramenti, e tutti gli ordini della

Chiesa, sono i più puri, che vengono più vicini all'ordine della Chiesa primitiva.

Dopo molte discussioni su questo argomento, il vescovo desiderava che scrivesse ciò

che credeva della transustanziazione. Lorenzo Saunders lo fece, dicendo: "Mio Signore, tu

cerchi il mio sangue, e lo avrai: Prego Dio che tu possa essere così battezzato in esso che

tu possa, dopo aver detestato il sangue, diventare un uomo migliore." Dopo essere stato

strettamente accusato di contumacia, le severe risposte del signor Saunders al vescovo,

(che aveva prima, per ottenere il favore di Enrico VIII scritto e messo in stampa, un libro

di vera obbedienza, in cui aveva dichiarato apertamente la regina Maria come un bastardo)

lo irritarono così da esclamare, "Portate via questo folle folle folle in prigione."

Dopo che questo martire buono e fedele era stato tenuto in prigione per un anno e un

quarto, i vescovi lo chiamarono a lungo, come fecero i suoi compagni di prigionia,

apertamente per essere esaminato prima del concilio della regina.

227


Il Libro dei Martiri di Foxe

Terminato l'esame, gli ufficiali lo condussero fuori dal luogo, e rimasero fino a quando

il resto dei suoi compagni prigionieri furono ugualmente esaminati, in modo che potessero

condurli tutti insieme in prigione.

Dopo la sua scomunica e la consegna al potere secolare, fu portato dallo sceriffo di

Londra al Compter, una prigione nella sua parrocchia di Bread-street, a cui si rallegrò molto,

sia perché trovò lì un compagno di prigionia, il signor Cardmaker, con il quale ebbe molti

discorsi cristiani e comodi; sia perché fuori dalla prigione, come prima nel suo pulpito,

potrebbe avere l'opportunità di predicare ai suoi parrocchiani. Il 4 febbraio, Bonner,

vescovo di Londra, venne in prigione per degradarlo; il giorno seguente, la mattina

seguente, lo sceriffo di Londra lo consegnò ad alcuni membri della guardia della regina,

incaricati di trasportarlo nella città di Coventry, dove venne bruciato.

Quando erano arrivati a Coventry, un povero calzolaio, che lo serviva con le scarpe,

venne da lui e gli disse: "O mio buon padrone, Dio ti rafforzi e ti conforti". "Buon calzolaio",

rispose il signor Saunders, "Ti auguro di pregare per me, perché sono l'uomo più inadatto

a questo alto incarico, che sia mai stato nominato; ma il mio Dio grazioso e il mio caro

Padre è in grado di rendermi abbastanza forte".

Il giorno successivo, essendo l'8 febbraio 1555, fu condotto al luogo dell'esecuzione,

nel parco, senza la città. Entrò in un vecchio abito e in una camicia, a piedi nudi, e spesso

cadde a terra, e pregò. Quando si avvicinò al luogo, l'ufficiale, incaricato di vedere

l'esecuzione fatta, disse al signor Saunders che era uno di loro che aveva funestato il regno

della regina, ma se avesse ritrattato, ci fu perdono per lui. "Io no", rispose il santo martire,

"ma come voi avete ferito il regno. Il Beato Vangelo di Cristo è ciò che io sostengo, che io

credo, che ho insegnato, e che non revocherò mai!" Il signor Saunders poi lentamente si

mosse verso il fuoco, affondò sulla terra e pregò; poi si alzò, abbracciò il palo, e spesso

disse: "Benvenuta, croce di Cristo! benvenuta vita eterna!" Il fuoco fu poi appiccato ai froci,

e, fu sopraffatto dalle terribili fiamme, e dolcemente dormì nel Signore Gesù.

Storia, prigionia ed esame di Giovanni Hooper, vescovo di Worcester e Gloucester

Giovanni Hooper, studente e laureato all'Università di Oxford, fu agitato con tale

fervente desiderio di amore e conoscenza delle Scritture che fu costretto a trasferirsi da lì,

e fu mantenuto nella casa di Signor Tommaso Arundel, come suo amministratore, fino a

quando Signor Tommaso ebbe intelligenza delle sue opinioni e della sua religione, che non

fece in alcun caso favore, anche se favorì eccessivamente la sua persona e la sua condizione

e desiderava essere suo amico. Il signor Hooper lasciò prudentemente la casa di Signor

Tommaso e arrivò a Parigi, ma in breve tempo tornò in Inghilterra, e fu trattenuto dal signor

Sentlow, fino al momento in cui fu nuovamente molestato e cercato, quando passò

attraverso la Francia nelle zone più alte della Germania; dove, iniziando a conoscere

uomini istruiti, fu da loro libero e amorevolmente intrattenuto, sia a Basilea, sia in

228


Il Libro dei Martiri di Foxe

particolare a Zurigo, dal signor Bullinger, che era il suo amico singolare; qui sposò anche

sua moglie, che era una borgognona, e si applicò molto attentamente alla lingua ebraica.

Alla fine, quando Dio vide bene rimanere nel tempo sanguinoso dei sei articoli, e darci

re Edoardo a regnare su questo regno, con un po' di pace e di riposo alla Chiesa, tra molti

altri esuli inglesi, che poi ripararono a casa, anche il signor Hooper, si mosse in coscienza,

pensò di non assentarsi, ma vedendo un tale tempo e un'occasione, si offrì di aiutare a

portare avanti l'opera del Signore, al massimo della sua capacità.

Quando il signor Hooper aveva preso il suo addio al signor Bullinger, e i suoi amici a

Zurigo, riparò di nuovo in Inghilterra durante il regno di Edoardo VI, e venendo a Londra,

era solito predicare continuamente, il più delle volte due, o almeno una volta al giorno.

Nei suoi sermoni, secondo il suo modo abituale, ha corretto il peccato, e ha fortemente

invaso contro l'iniquità del mondo e gli abusi corrotti della Chiesa. La gente di grandi

greggi e compagnie ogni giorno veniva ad ascoltare la sua voce, come il suono più

melodioso e la melodia dell'arpa di Orfeo, intale, che spesso, quando predicava, la chiesa

era così piena che nessuno poteva entrare più lontano delle sue porte. Nella sua dottrina era

serio, nella lingua eloquente, nelle Scritture perfette, nei dolori infaticabili, nella sua vita

esemplare.

Dopo aver predicato davanti alla maestà del re, fu subito nominato vescovo di

Gloucester. In quell'ufficio continuò per due anni, e si comportò così bene che i suoi nemici

non trovarono alcuna colpa con lui, e dopo di che lo commissionarono come vescovo di

Worcester.

Il dottor Hooper eseguì l'ufficio di un pastore più attento e vigile, per un periodo di

due anni e più, finché lo stato di religione ai tempi di re Edoardo era solido e fiorente.

Dopo essere stato citato per comparire davanti a Bonner e al dottor Heath, fu condotto

al Concilio, accusato falsamente di essere debitore dei soldi della regina, e l'anno

successivo, 1554, scrisse un resoconto del suo trattamento severo durante quasi diciotto

mesi di confinamento nella Flotta, e dopo il suo terzo esame, 28 gennaio 1555, a Santa

Maria Overy's, lui, con il reverendo Sig. Ruggeros, fu condotto al Computer a Southwark,

lì per rimanere fino al giorno successivo alle nove, per vedere se avrebbero receduto. "Vieni,

Fratello Ruggeros", disse il Dottor Hooper, "dobbiamo noi due prendere questa questione

in mano, e cominciare a friggere in questi froci?" "Sì, Dottore," disse il Signor Ruggeros,

"per grazia di Dio." "Dubito no," disse il Dottor Hooper, "ma Dio ci darà forza;" e la gente

ha così applaudito la loro costanza che hanno avuto molto rumore da passare.

Il 29 gennaio, il vescovo Hooper fu degradato e condannato, e il reverendo Ruggeros

fu trattato allo stesso modo. Al buio, il dottor Hooper fu condotto attraverso la città a

229


Il Libro dei Martiri di Foxe

Newgate; nonostante questa segretezza, molte persone vennero alle loro porte con le luci,

e lo salutarono, lodando Dio per la sua costanza.

Durante i pochi giorni in cui si trovava a Newgate, fu frequentemente visitato da

Bonner e da altri, ma senza successo. Come Cristo fu tentato, così lo tentarono, e poi dissero

maliziosamente che aveva ritrattato. Il luogo del suo martirio fissato a Gloucester, egli si

rallegrò molto, alzando gli occhi e le mani verso il cielo, e lodando Dio che vedeva bene

mandarlo tra le persone sulle quali era pastore, là per confermare con la sua morte la verità

che aveva prima insegnato loro.

Il 7 febbraio arrivò a Gloucester, verso le cinque, e si fermò a casa di Ingram. Dopo il

primo sonno, continuò a pregare fino al mattino; e tutto il giorno, tranne un po' di tempo ai

suoi pasti, e quando conversava come la guardia gli permise gentilmente di parlare, passò

in preghiera'.

Signor Anthony Kingston, un tempo buon amico del dottor Hooper, fu incaricato dalle

lettere della regina di partecipare alla sua esecuzione. Appena ha visto il vescovo è

scoppiato in lacrime. Con tenera supplica lo esortò a vivere. "È vero - ha detto il vescovo -

che la morte è amara e la vita è dolce; ma purtroppo! consideriamo che la morte che verrà

è più amara e la vita che verrà è più dolce".

Lo stesso giorno un ragazzo cieco ottenne il permesso per essere portato in presenza

del dottor Hooper. Lo stesso ragazzo, non molto tempo prima, era stato imprigionato a

Gloucester per aver confessato la verità. "Ah! povero ragazzo - disse il vescovo - anche se

Dio ha tolto la tua vista esteriore, per quale motivo egli meglio conosce, ma ha sopportato

la tua anima con l'occhio della conoscenza e della fede. Dio ti dia la grazia di pregare

continuamente Lui, affinché tu non perda quella vista, perché allora saresti davvero cieco

sia nel corpo che nell'anima".

Quando il sindaco lo aspettò preparandosi alla sua esecuzione, espresse la sua perfetta

obbedienza, e chiese solo che un fuoco veloce potesse porre fine ai suoi tormenti. Dopo

essersi alzato la mattina, desiderava che nessun uomo dovesse essere sofferto per entrare

in camera, che potesse essere solitario fino all'ora dell'esecuzione.

Verso le otto del giorno, il 9 febbraio 1555, fu condotto avanti, e molte migliaia di

persone furono raccolte, come era il giorno del mercato. In ogni modo, avendo il diritto di

non parlare, e guardando il popolo, che piangeva amaramente per lui, a volte alzava gli

occhi verso il cielo, e guardava con molto allegro quello che sapeva; e non si sapeva mai,

durante il tempo del suo essere in mezzo a loro, guardare con tanta allegria e rudezza un

volto come faceva allora. Quando giunse nel luogo designato per la sua morte, vide

sorridente la posta e la preparazione fatta per lui, che era vicina al grande olmo contro il

collegio dei sacerdoti, dove predicava.

230


Il Libro dei Martiri di Foxe

Ora, dopo essere entrato in preghiera, fu portata e posta davanti a sé una scatola su

uno sgabello, con il perdono della regina, se si fosse voltato. Alla vista di chi gli aveva

gridato: "Se ami la mia anima, vattene!" La scatola è stata portata via, Signor Chandois ha

detto, "Vedendo che non c'è rimedio; lo spedisca rapidamente."

Fu dato il comando che l'incendio dovesse essere acceso. Ma siccome non c'erano più

froci verdi di quanti ne potessero portare due cavalli, si accese non rapidamente, ed era un

bel po' anche prima che prendesse le canne sui froci. Finalmente si bruciò su di lui, ma il

vento, forte in quel luogo, e, essendo una mattina fredda che si abbassava, gli fece saltare

la fiamma, così che egli era in un modo poco più che toccato dal fuoco.

All'interno di uno spazio dopo, furono portati alcuni froci secchi, e un nuovo fuoco si

accese con i froci, (perché non c'erano più canne) e quelli bruciati nelle parti inferiori, ma

avevano poco potere sopra, a causa del vento, risparmiando che bruciò i suoi capelli e

bruciò un po' la sua pelle. Nel tempo del quale il fuoco, come alla prima fiamma, pregava,

dicendo mite, non molto forte, ma come uno senza dolore: "O Gesù, Figlio di Davide, abbi

pietà di me, e ricevi la mia anima!" Dopo aver speso il secondo incendio, si asciugò

entrambi gli occhi con le mani, e, guardando la gente, disse con voce alta e indifferente:

"Per l'amore di Dio, brava gente, lasciami avere più fuoco!" e tutto questo mentre le sue

parti inferiori bruciavano; ma i froci erano così pochi che la fiamma cantava solo le sue

parti superiori.

Il terzo incendio fu acceso poco dopo, il che fu più estremo degli altri due. In questo

fuoco pregava ad alta voce: "Signore Gesù, abbi pietà di me! Signore Gesù ricevi il mio

spirito!" E queste furono le ultime parole che sentì pronunciare. Ma quando era nero in

bocca, e aveva la lingua gonfia così tanto che non poteva parlare, eppure le labbra andarono

finché non si rimasero ristrette alle gengive, e con le mani bussò al petto finché una delle

braccia non cadde, e poi con l'altra bussò ancora, mentre il grasso, l'acqua e il sangue si

abbassavano alle estremità delle dita, finché, rinnovando il fuoco, la sua forza non c'era più,

e la sua mano si clava velocemente bussando al ferro sul petto. Poi, inchinandosi subito in

avanti, liberò il suo spirito.

Così fu per tre quarti d'ora o più nell'incendio. Anche come agnello, pazientemente

dimorava all'estremità di esso, senza muoversi in avanti, all'indietro, né da nessuna parte;

ma morì tranquillamente come un bambino nel suo letto. E lui ora regna, non dubito, come

un martire benedetto nelle gioie del cielo, preparato per i fedeli in Cristo davanti alle

fondamenta del mondo; per la cui costanza tutti i cristiani sono tenuti a lodare Dio.

La Vita e la Condotta del dottor Rowland Taylor di Hadley

Il dottor Rowland Taylor, vicario di Hadley, nel Suffolk, era un uomo di eminente

apprendimento, ed era stato ammesso al grado di dottore in diritto civile e canonico. Il suo

231


Il Libro dei Martiri di Foxe

attaccamento ai principi puri e non corrotti del cristianesimo lo raccomandò al favore e

all'amicizia del dottor Cranmer, arcivescovo di Canterbury, con il quale visse un

considerevole periodo di tempo, fino a quando, grazie al suo interesse, ottenne il soggiorno

ad Hadley.

Non solo la sua parola era una predicazione a loro, ma tutta la sua vita e la sua

conversazione erano un esempio di vita cristiana non finta e di vera santità. Egli era privo

di ogni orgoglio, umile e mite come ogni bambino; perché nessuno fosse così povero, ma

essi potessero audacemente, come per il padre, ricorrere a lui; né la sua umiltà infantile o

temibile, ma, come l'occasione, il tempo e il luogo richiedevano, egli sarebbe stato forte

nel rimproverare i peccatori e malfattori; perché nessuno fosse così ricco, ma avrebbe detto

loro chiaramente la sua colpa, con tali rimproveri seri e gravi come divenuto un buon curato

e pastore. Era un uomo molto mite, privo di ogni rancore, rancore o malvagità; pronto a

fare del bene a tutti gli uomini; pronto a perdonare i suoi nemici; e mai ha cercato di fare

del male a nessuno.

Ai poveri che erano ciechi, zoppi, malati, costretti a letto, o che avevano molti figli,

egli era un padre, un patrono attento e un operatore diligente, tanto da spingere i

parrocchiani a fare una disposizione generale per loro; e lui stesso (oltre al continuo

sollievo che hanno sempre trovato a casa sua) diede una porzione onesta annualmente alla

cassa comune di elemosina. Sua moglie era anche una matrona onesta, discreta e sobria, e

i suoi figli ben nutriti, cresciuti nella paura di Dio e nel buon apprendimento.

Egli era un buon sale della terra, come sapore, sopprimendo i modi corrotti degli

uomini malvagi; una luce nella casa di Dio, posta su un candelabro per tutti i buoni a imitare

e seguire.

Così continuò questo buon pastore tra il suo gregge, governando e guidandoli

attraverso la natura selvaggia di questo mondo malvagio, tutti i giorni del re più innocente

e santo della memoria benedetta, Edoardo VI. Ma alla sua scomparsa, e alla successione

della regina Maria al trono, non sfuggì alla nuvola che scoppiò su così tanti altri; per due

dei suoi parrocchiani, Foster, un avvocato, e Clark, un commerciante, per cieco zelo,

decisero che la messa doveva essere celebrata, in tutte le sue forme superstiziose, nella

chiesa parrocchiale di Hadley, il lunedì prima di Pasqua. Questo Dottor Taylor, entrando

in chiesa, proibì severamente; ma Clark costrinse il Dottore a uscire dalla chiesa, celebrò

la messa, e immediatamente informò il Signor Cancelliere, vescovo di Winchester del suo

comportamento, che lo convocò per comparire, e rispondere alle lamentele che gli erano

state presentate.

Il dottore, dopo aver ricevuto la convocazione, si preparò allegramente ad obbedire

allo stesso; e rifiutò il consiglio dei suoi amici di volare oltre il mare. Quando Gardiner

vide il dottor Taylor, secondo la sua consuetudine comune, lo insultò. Il dottor Taylor ha

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Il Libro dei Martiri di Foxe

sentito i suoi abusi con pazienza, e quando il vescovo ha detto: "Quanto mi guardi in faccia!

Non sai chi sono?" Il dottor Taylor rispose, "Tu sei il dottor Stephen Gardiner, vescovo di

Winchester, e signore-cancelliere, eppure un uomo mortale. Ma se dovessi avere paura del

tuo sguardo signorile, perché non temere Dio, il Signore di tutti noi? Con quale

atteggiamento apparirete davanti alla sede del giudizio di Cristo, e risponderete al vostro

giuramento fatto prima al re Enrico VIII, e poi al re Edoardo VI, suo figlio?"

Ne seguì una lunga conversazione, in cui il dottor Taylor era così devoto e severo con

il suo antagonista, che esclamò:

"Sei un eretico blasfemo! Tu, infatti, bestemmi il Santissimo Sacramento, (qui ha

staccato il cappello) e parli contro la Santa Messa, che è fatta un sacrificio per i veloci e i

morti". Il vescovo in seguito lo impegnò nella panchina del re.

Quando il dottor Taylor arrivò lì, trovò il virtuoso e vigile predicatore della Parola di

Dio, il signor Bradford; che ringraziò allo stesso modo Dio che gli aveva fornito un

compagno di prigionia così comodo; ed entrambi insieme lodarono Dio, e continuarono

nella preghiera, nella lettura e nell'esortazione l'un l'altro.

Dopo che il dottor Taylor era stato in prigione, fu citato per comparire negli archi della

Bow-church.

Il dottor Taylor fu condannato, e fu affidato al Clink, e i custodi furono accusati di

trattarlo grossolanamente; di notte fu portato al computer del pollame.

Quando il dottor Taylor era rimasto nel computer circa una settimana il 4 febbraio,

Bonner arrivò a degradarlo, portando con sé gli ornamenti che apparivano alla mummia

massiva; ma il Dottore rifiutò questi simboli fino a quando non furono costretti su di lui.

La notte dopo essere stato degradato sua moglie venne con Giovanni Hull, il suo servo,

e suo figlio Tommaso, e furono dalla gentilezza dei custodi autorizzati a fare la zuppa con

lui. Dopo cena, camminando su e giù, ha ringraziato Dio per la Sua grazia, che gli ha dato

la forza di attenersi alla Sua Parola santa. Con le lacrime pregavano insieme e si baciavano.

A suo figlio Tommaso diede un libro latino, contenente i detti notevoli dei vecchi martiri,

e alla fine scrisse il suo testamento:

"Io dico a mia moglie e ai miei figli: Il Signore ti ha dato a me, e il Signore mi ha tolto

da te, e tu da me: benedetto sia il nome del Signore! Credo che siano benedetti che muoiono

nel Signore. Dio si prende cura dei passeri e dei peli delle nostre teste. L'ho mai trovato più

fedele e favorevole, di qualsiasi padre o marito. Abbiate dunque fiducia in Lui per mezzo

dei meriti del nostro caro Salvatore Cristo: credete, amate, temete e ubbidiscete a Lui:

pregate Lui, perché Lui ha promesso di aiutare. Conta me non morto, perché vivrò

certamente, e non morirò mai. Io vado prima, e tu seguirai, nella nostra lunga casa."

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Il Libro dei Martiri di Foxe

L'indomani lo sceriffo di Londra con i suoi ufficiali giunse al computer alle due del

mattino, e portò avanti il dottor Taylor; e senza alcuna luce lo condusse al Woolsack, una

locanda senza Aldgate. La moglie del dottor Taylor, sospettando che il marito avrebbe

dovuto essere portato via quella notte, guardò tutta la notte nella chiesa-portico di San

Botolph accanto ad Aldgate, avendo i suoi due figli, quello di nome Elizabetta, di tredici

anni di età (che, essendo rimasto senza padre o madre, il dottor Taylor aveva allevato di

elemosine da tre anni), l'altro di nome Maria, la figlia del dottor Taylor.

Ora, quando lo sceriffo e la sua compagnia si scontrarono con la chiesa di San Botolfo,

Elisabetta pianse, dicendo: "O mio caro padre! madre, madre, ecco mio padre condotto

via." Poi sua moglie gridò: "Rowland, Rowland, dove sei?" - perché era una mattina molto

buia, quella non poteva vedere l'altra. Il dottor Taylor rispose: "Cara moglie, io sono qui";

e rimase. Gli uomini dello sceriffo lo avrebbero condotto, ma lo sceriffo disse: "Rimanete

un po', padroni, vi prego; e lasciatelo parlare con sua moglie"; e così rimasero.

Poi venne lei da lui, e prese in braccio sua figlia Maria; e lui, sua moglie ed Elisabetta

si inginocchiarono e dissero la preghiera del Signore, a quel punto lo sceriffo si mise a

piangere, e così fecero altri sommozzatori della compagnia. Dopo aver pregato, si alzò e

baciò la moglie, la scosse per la mano e disse: "Addio, mia cara moglie; sii di buon conforto,

perché sono tranquillo nella mia coscienza. Dio susciterà un padre per i miei figli."

Il dottor Taylor era felice e allegro, come uno che si contava di andare ad un banchetto

o matrimonio più piacevole. Parlò molte cose importanti allo sceriffo e agli yeomen della

guardia che lo condusse, e spesso li spinse a piangere, attraverso la sua più fervida

esortazione a pentirsi, e a modificare la loro vita malvagia e malvagia. Spesso li faceva

anche riflettere e gioire, per vederlo così costante e saldo, vuoto di ogni paura, gioioso nel

cuore, felice di morire.

Quando il dottor Taylor era arrivato ad Aldham Common, il luogo dove avrebbe

dovuto soffrire, vedendo una grande moltitudine di persone, chiese: "Che luogo è questo,

e che significato ha che tanta gente è riunita lì?" La risposta fu: "È Aldham Common, il

luogo dove devi soffrire; e la gente è venuta a guardarti." Poi disse: "Grazie a Dio, sono

anche a casa"; e si levò dal cavallo e con entrambe le mani affittò il cappuccio dalla testa.

La sua testa era stata intagliata e tagliata come un uomo avrebbe aggredito uno sciocco;

il che costò il buon vescovo che Bonner gli aveva concesso. Ma quando la gente vide il suo

reverendo e il suo volto antico, con una lunga barba bianca, scoppiarono a piangere lacrime,

e gridarono: "Dio ti salvi, buon dottor Taylor! Gesù Cristo ti rafforza, e ti aiuti! lo Spirito

Santo ti conforta!" con tanti altri come gli auguri.

Quando aveva pregato, si avvicinò al rogo e lo baciò, e si mise in una canna di lancio,

che gli avevano messo in piedi, e si fermò con la schiena dritta contro il rogo, con le mani

234


Il Libro dei Martiri di Foxe

incrociate, e gli occhi verso il cielo, e pregò continuamente. Poi lo legarono con le catene,

e dopo aver messo su i froci, un Warwick crudelmente gli scagliò un frocio, che lo colpì

sulla testa, e gli tagliò la faccia, cosicché il sangue scorresse giù. Allora il Dott. Taylor

disse: "O amico, ho abbastanza danno; cosa ne ha bisogno?"

Signor Giovanni Shelton, mentre stava parlando il dottor Taylor, e mentre diceva il

Salmo Miserere in inglese, lo colpì sulle labbra:

"Fatti furfante", disse, "parla latino: ti farò io". Alla fine accesero il fuoco; e il dottor

Taylor alzò entrambe le mani, invocando Dio, e disse: "Padre misericordioso del cielo! per

Gesù Cristo, santo cielo mio, ricevi la mia anima nelle tue mani!" Così rimase immobile,

senza piangere né muoversi, con le mani incrociate, finché Soyce, con un'alabarda, lo colpì

in testa finché il suo cervello non cadde, e il cadavere cadde nel fuoco.

Così ha reso quest'uomo di Dio la sua anima benedetta nelle mani del Padre

misericordioso, e al suo più caro Salvatore Gesù Cristo, che egli ha più interamente amato,

fedelmente e sinceramente predicato, seguito obbedientemente nel vivere, e costantemente

glorificato nella morte.

Il Martirio di Guillermo Hunter

Guillermo Hunter era stato addestrato alle dottrine della Riforma fin dalla sua prima

giovinezza, essendo disceso da genitori religiosi, che lo istruirono attentamente sui principi

della vera religione.

Hunter, allora diciannove anni, rifiutando di ricevere la comunione durante la messa,

venne minacciato di essere portato davanti al vescovo; al quale questo valoroso giovane

martire fu condotto da un conestabile.

Bonner fece sì che Guillermo venisse portato in una camera, dove iniziò a ragionare

con lui, promettendogli sicurezza e perdono se avrebbe recitato. No, sarebbe stato contento

se fosse andato solo a ricevere e confessare, ma Guglielmo non lo avrebbe fatto per tutto il

mondo.

Su questo il vescovo ordinò ai suoi uomini di mettere Guglielmo nelle scorte della sua

casa d'imbarco, dove sedeva due giorni e due notti, con una crosta di pane marrone e una

tazza d'acqua, che non toccò.

Alla fine dei due giorni, il vescovo si avvicinò a lui e, trovandolo saldamente nella

fede, lo mandò nella prigione del detenuto, e ordinò al custode di mettergli addosso dei

ferri quanti ne poteva sopportare. Continuò in prigione tre quarti dell'anno, durante il quale

era stato davanti al vescovo cinque volte, oltre al momento in cui fu condannato nel

concistoro di San Paolo, il 9 febbraio, quando era presente suo fratello, Roberto Hunter.

235


Il Libro dei Martiri di Foxe

Poi il vescovo, chiamando Guglielmo, gli chiese se avrebbe ritrattato, e trovando che

era immutabile, gli pronunciò una frase, che avrebbe dovuto andare da quel luogo a

Newgate per un tempo, e quindi a Brentwood, lì per essere bruciato.

Circa un mese dopo, Guillermo fu mandato a Brentwood, dove doveva essere

giustiziato. Venendo sul rogo, si inginocchiò e lesse il cinquantunesimo salmo, finché

giunse a queste parole: "I sacrifici di Dio sono uno spirito spezzato; un cuore spezzato e

contrito, o Dio, non disprezzerai". Fermo nel rifiutare il perdono della regina, se fosse

diventato un apostata, a lungo un certo Riccardo Ponde, un ufficiale giudiziario, venne, e

fece velocizzare la catena su di lui.

Guglielmo ora gettò il suo salterio nella mano del fratello, che disse: "Guglielmo,

pensa alla santa passione di Cristo e non aver paura della morte." "Ecco," rispose

Guglielmo, "Non ho paura." Poi alzò le mani verso il cielo e disse: "Signore, Signore,

Signore, ricevi il mio spirito"; e gettando di nuovo la testa nel fumo soffocante, abbandonò

la sua vita per la verità, sigillandola con il suo sangue alla lode di Dio.

Dr. Roberto Farrar

Questo degno e colto prelato, il vescovo di San David's in Galles, avendo nel

precedente regno, così come dall'ascesa di Maria, era notevolmente zelante nel promuovere

le dottrine riformate, ed esplodere i rori dell'idolatria papista, è stato convocato, tra gli altri,

prima del vescovo perseguitato di Winchester, e altri commissari messi da parte per

l'abominevole lavoro di devastazione e massacro.

I suoi principali accusatori e persecutori, con l'accusa di Praemunire nel regno di

Edoardo VI, furono Giorgio Costantino Walter, suo servo; Tommaso Young, cantore della

cattedrale, poi vescovo di Bangor, ecc. Il dottor Farrar ha risposto alle copie delle

informazioni che gli erano state fornite, consistenti in cinquantasei articoli. L'intero

processo di questa sperimentazione è stato lungo e noioso. Ritardo riuscì a ritardare, e dopo

che il dottor Farrar era stato a lungo ingiustamente detenuto sotto garanzia, durante il regno

di re Edoardo, perché era stato promosso dal duca di Somerset, da cui dopo la sua caduta

trovò meno amici per sostenerlo contro come voleva il suo vescovato con l'arrivo della

regina Maria, fu accusato ed esaminato non per qualsiasi questione di Praemunire, ma per

la sua fede e dottrina; per la quale fu chiamato davanti al vescovo di Winchester con il

vescovo Hooper, il signor Ruggeros, il signor Bradford, il signor Saunders, e altri, il 4

febbraio 1, 1 febbraio 555; in quale giorno egli sarebbe stato anche con loro condannato,

ma la sua condanna fu rinviata, e fu di nuovo mandato in prigione, dove continuò fino al

14 febbraio, e poi fu mandato in Galles per ricevere la condanna. Venne portato sei volte

davanti a Enrico Morgan, vescovo di San David, che gli chiese se avrebbe abiurato; da cui

dissentì zelosamente, e si appellò al cardinale Pole; nonostante ciò, il vescovo, procedendo

nella sua rabbia, lo pronunciò come eretico scomunicato, e lo consegnò al potere secolare.

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Il dottor Farrar, condannato e degradato, fu portato non molto tempo dopo sul luogo

dell'esecuzione nella città di Carmathen, nel cui mercato, sul lato sud del mercato-cross, il

30 marzo 1555, essendo sabato successivo prima della Passion Sunday, subì più

costantemente i tormenti dell'incendio.

Riguardo alla sua costanza, si dice che un Riccardo Jones, figlio di un cavaliere,

venuto dal dottor Farrar poco prima della sua morte, sembrava lamentare la dolorosità della

morte che doveva soffrire; al quale il vescovo rispose che se lo vedeva una volta agitare

nei dolori del suo rogo, poteva allora non dare alcun credito alla sua dottrina; e come disse,

così mantenne la sua promessa, pazientemente in piedi senza emozione, fino a quando un

Riccardo Gravell con uno staff lo colpì.

Martirio di Rawlins White

Rawlins White era un pescatore, che viveva e continuava nel suddetto mestiere per

almeno vent'anni, nella città di Cardiff, dove portava un buon nome tra i suoi vicini.

Anche se il buon uomo era del tutto incolto, e con molto semplice, tuttavia ha fatto

piacere a Dio di rimuoverlo dall'errore e dall'idolatria ad una conoscenza della verità,

attraverso la riforma benedetta nel regno di Edoardo. Fece insegnare al figlio a leggere

l'inglese, e dopo che il bambino sapeva leggere abbastanza bene, suo padre ogni notte dopo

cena, estate e inverno, fece leggere al ragazzo una parte delle Sacre Scritture, e ora e poi

una parte di qualche altro buon libro.

Quando aveva continuato nella sua professione per cinque anni, re Edoardo morì, al

cui decesso la regina Maria riuscì e con lei si insinuò ogni tipo di superstizione. White fu

preso dagli ufficiali della città, come un uomo sospettato di eresia, portato davanti al

vescovo Llandaff, e detenuto in prigione a Chepstow, e infine trasferito al castello di

Cardiff, dove continuò per un intero anno. Portato davanti al vescovo nella sua cappella, lo

ha consigliato con minacce e promesse. Ma poiché Rawlins non avrebbe in alcun modo

ritrattato le sue opinioni, il vescovo gli disse chiaramente che doveva procedere contro di

lui per legge, e condannarlo come eretico.

Prima di procedere a questo estremo, il vescovo ha proposto di pregare per la sua

conversione. "Questo", disse White, "è come un vescovo divino, e se la tua richiesta è

buona e giusta, e tu prega come dovresti, senza dubbio Dio ti ascolterà; pregate, quindi, il

tuo Dio, e io pregherò il mio Dio." Dopo che il vescovo e il suo partito avevano fatto la

preghiera, chiese a Rawlins se ora l'avrebbe revocato. "Trovate - ha detto quest'ultimo -

che la vostra preghiera non è concessa, perché io rimango la stessa; e Dio mi rafforzerà a

sostegno di questa verità". Dopo questo, il vescovo tentò di dire che la messa avrebbe fatto;

ma Rawlins chiamò tutte le persone a testimoniare che non si chinò davanti all'ospite.

Essendo terminata la messa, Rawlins fu chiamato di nuovo; al quale il vescovo utilizzò

237


Il Libro dei Martiri di Foxe

molte persuasioni; ma il beato continuò così saldamente nella sua precedente professione

che il discorso del vescovo non aveva scopo. Il vescovo fece leggere la sentenza definitiva,

che fu terminata, Rawlins fu portato di nuovo a Cardiff, in una prigione disgustosa della

città, chiamata Cockmarel, dove passò il suo tempo in preghiera, e nel canto dei Salmi. In

circa tre settimane l'ordine è arrivato dalla città per la sua esecuzione.

Quando si avvicinò al luogo, dove la povera moglie e i suoi figli stavano piangendo,

la vista improvvisa di loro gli trafigse il cuore, che le lacrime gli scivolarono lungo il viso.

Venuto all'altare del suo sacrificio, andando verso il rogo, si inginocchiò e baciò il terreno;

e nell'alzarsi di nuovo, una piccola terra che gli si attaccava sul viso, pronunciò queste

parole. "Terra sulla terra e polvere sulla polvere; tu sei mia madre, e a te ritornerò."

Quando tutte le cose erano pronte, direttamente contro il palo, di fronte a Rawlins

White, c'era una presa di posizione, in cui si faceva salire un sacerdote, rivolgendosi al

popolo, ma, mentre parlava delle dottrine romane dei Sacramenti, Rawlins gridava: "Ah!

tu ipocrita malvagio, presumi di dimostrare la tua falsa dottrina con la Scrittura? Guardate

nel testo che segue; Cristo non ha detto: 'Fate questo in ricordo di me?'"

Poi qualcuno, in piedi, gridò: "Metti fuoco! appiccato il fuoco!", cosa che sta

avvenendo, la cannuccia e le canne gettano una grande e improvvisa fiamma. In quale

fiamma questo buon uomo si lavò le mani così a lungo, fino a quando i nervi si

rimpicciolirono, e il grasso cadde via, salvando che una volta che fece, per così dire, pulirsi

il viso con uno di loro. Tutto questo mentre, un po' lungo, gridava a gran voce: "O Signore,

ricevi il mio spirito!" finché non poté aprire la bocca. Alla fine l'estremità del fuoco era

così veemente contro le sue gambe che furono consumate quasi prima che il resto del suo

corpo fosse ferito, il che fece cadere tutto il corpo sopra le catene nel fuoco prima di quanto

avrebbe fatto. Così morì questo buon vecchio per la sua testimonianza della verità di Dio,

ed è ora ricompensato, senza dubbio, con la corona della vita eterna.

Il reverendo Giorgio Marsh

Giorgio Marsh, nato nella parrocchia di Deane, nella contea di Lancaster, ricevette

una buona educazione e un buon commercio dai suoi genitori; circa il suo venticinquesimo

anno si sposò e visse, benedetto con diversi figli, nella sua fattoria fino alla morte di sua

moglie. Poi andò a studiare a Cambridge, e divenne il curato del reverendo Lorenzo

Saunders, in cui costantemente e zelantemente esponeva la verità della Parola di Dio, e le

false dottrine dell'Anticristo moderno.

Essendo confinato dal dottor Coles, il vescovo di Chester, all'interno del recinto della

sua stessa casa, era distaccato da qualsiasi rapporto con i suoi amici durante quattro mesi;

i suoi amici e la madre, desideravano sinceramente che egli fosse venuto da "l'ira a venire";

ma il signor Marsh pensava che un tale passo sarebbe stato male d'accordo con la

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Il Libro dei Martiri di Foxe

professione che aveva durante nove anni apertamente fatto. Egli, tuttavia, si era nascosto,

ma aveva molto lottato, e nella preghiera segreta pregava che Dio lo avrebbe diretto,

attraverso i consigli dei suoi migliori amici, per la sua gloria e per ciò che era meglio. Alla

fine, determinato da una lettera che ricevette, con audacia per confessare la fede di Cristo,

lasciò sua suocera e altri amici, raccomandando ai suoi figli di prendersi cura di loro e partì

per Smethehill, da dove fu, con altri, condotto a Lathum, per sottoporsi all'esame prima del

conte di Derby, Signor Guillermo Nores, il signor Sherburn, il parroco di Garpnal, e altri.

Le varie domande che gli furono poste gli risposero con buona coscienza, ma quando il

signor Sherburn lo interrogò sulla sua fede nel Sacramento dell'altare, il signor Marsh

rispose come un vero protestante che l'essenza del pane e del vino non era affatto cambiata,

quindi, dopo aver ricevuto minacce terribili da alcuni, e parole giuste da altri, per le sue

opinioni, fu mandato in reparto, dove giaceva due notti senza letto.

La Domenica delle Palme subì un secondo esame, e il signor Marsh si lamentò molto

che la sua paura avrebbe dovuto indurlo a prevaricare, e a cercare la sua sicurezza, purché

non avesse apertamente negato Cristo; e di nuovo gridò più seriamente a Dio per la forza

che non potesse essere sopraffatto dalle sottigliezze di coloro che si sforzavano di dominare

la purezza della sua fede. Si sottopose a tre esami prima del dottor Coles, che, trovandolo

saldamente nella fede protestante, cominciò a leggere la sua sentenza; ma fu interrotto dal

cancelliere, che pregò il vescovo di rimanere prima che fosse troppo tardi. Il sacerdote ha

poi pregato per il signor Marsh, ma quest'ultimo, dopo essere stato nuovamente sollecitato

a recitare, ha detto che non nega il suo Salvatore Cristo, per non perdere la Sua eterna

misericordia, e così ottenere la morte eterna. Il vescovo ha poi proceduto nella sentenza.

Era impegnato in una prigione buia, e giaceva privato della consolazione di chiunque

(poiché tutti avevano paura di soccorrerlo o comunicare con lui) fino al giorno stabilito che

doveva soffrire. Gli sceriffi della città, Amry e Couper, con i loro ufficiali, andarono alla

porta nord, e portarono fuori il signor Giorgio Marsh, che camminava fino in fondo con il

Libro in mano, guardando lo stesso, da cui la gente disse: "Quest'uomo non va alla sua

morte come ladro, né come uno che merita di morire."

Quando arrivò al luogo dell'esecuzione senza la città, vicino a Spittal=Boughton, il

signor Cawdry, vice ciambellano di Chester, mostrò al signor Marsh una scritta sotto un

grande sigillo, dicendo che era un perdono per lui se avrebbe recitato. Egli rispose che

avrebbe accettato volentieri lo stesso, ma non tendeva a strapparlo da Dio.

Dopodiché, cominciò a parlare al popolo mostrando la causa della sua morte, e li

avrebbe esortati ad attenersi a Cristo, ma uno degli sceriffi glielo impedì. Inginocchiatosi,

disse le sue preghiere, si mise i vestiti sulla camicia, e fu incatenato al palo, con sotto un

gran numero di froci, e una cosa fatta come un fazzoletto, con dentro una pece e del catrame,

sopra la testa. Il fuoco che si faceva male, e il vento che lo spingeva in mulinelli, soffriva

di un'estrema ferocia, che nonostante portasse con sé la forza cristiana.

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Quando era stato a lungo tormentato nel fuoco senza muoversi, avendo la sua carne

così tesa e gonfia che quelli che gli stavano davanti non vedevano la catena con cui era

agganciato, e quindi supponevano che fosse morto, improvvisamente si stese all'estero le

sue braccia, dicendo: "Padre dei cieli abbi pietà di me!" e così rese il suo spirito nelle mani

del Signore. Molte persone hanno detto che era un martire e che è morto gloriosamente

paziente. Ciò fece sì che il vescovo poco dopo tenesse un sermone nella chiesa della

cattedrale, e lì affermò che la palude era un'eretica, bruciata in quanto tale, ed è un fuoco

di fuoco all'inferno. Il signor Marsh soffrì il 24 aprile 1555.

Guillermo Flower

Guillermo Flower, altrimenti Branch, nacque a Snow-hill, nella contea di Cambridge,

dove andò a scuola alcuni anni, e poi venne nella fattoria di Ely. Dopo che era rimasto per

un po 'divenne un monaco professo, fu fatto sacerdote nella stessa casa, e lì celebrò e cantò

messa. Dopo di che, a causa di una visita, e di certe ingiunzioni da parte dell'autorità di

Enrico VIII, prese su di lui l'abitudine di un prete secolare, e tornò a Snow-hill, dove nacque,

e insegnò ai bambini circa mezzo anno.

Poi andò a Ludgate, nel Suffolk, e prestò servizio come prete secolare per circa un

quarto di anno; da lì a Stoniland; a lungo a Tewksbury, dove sposò una moglie, con la quale

continuò fedelmente e onestamente. Dopo il matrimonio risiedette a Tewksbury per circa

due anni, e da lì andò a Brosley, dove praticò fisica e chirurgia; ma partendo da quelle parti

giunse a Londra, e infine si stabilì a Lambet, dove lui e sua moglie abitarono insieme.

Tuttavia, era generalmente all'estero, tranne una o due volte in un mese, per visitare e

vedere sua moglie. Essendo a casa la mattina della domenica di Pasqua, passò l'acqua da

lambeth nella chiesa di Santa Margherita a Westminster; quando vide un sacerdote, di

nome Giovanni Celtham, amministrare e dare il Sacramento dell'Altra al popolo, e essendo

molto offeso nella sua coscienza con il sacerdote per lo stesso, lo colpì e lo ferì alla testa,

e anche sul braccio e sulla mano, con il suo coltello da legno, il sacerdote avendo allo stesso

tempo in mano un calice con l'ospite consacrato in esso, che si cosparse di sangue.

Il signor Flower, per questo zelo inconsapevole, fu pesantemente stirato e messo nel

gatehouse di Westminster; e in seguito convocato davanti al vescovo Bonner e al suo

ordinario, dove il vescovo, dopo averlo giurato su un libro, gli somministrò articoli e

interrogatori.

Dopo l'esame, il vescovo ha iniziato a esortarlo di nuovo a tornare all'unità della madre,

la Chiesa cattolica, con molte giuste promesse. Questi il signor Flower costantemente

rifiutando, il vescovo gli ordinò di presentarsi nello stesso luogo nel pomeriggio, e nel

frattempo di considerare bene la sua risposta precedente; ma lui, non scusandosi per aver

colpito il sacerdote, né deviando dalla sua fede, il vescovo lo assegnò il giorno successivo,

il 20 aprile, a ricevere la condanna se non avesse ritrattato. La mattina seguente, il vescovo

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Il Libro dei Martiri di Foxe

procedette di conseguenza alla sentenza, condannandolo e scomunicandolo per un eretico,

e dopo averlo dichiarato degradato, lo impegnò al potere laico.

Il 24 aprile, vigilia di San Marco, fu portato nel luogo del martirio, nel cimitero di

Santa Margherita, a Westminster, dove il fatto fu commesso: e là giungendo al palo, pregò

Dio Onnipotente, fece una confessione della sua fede, e perdonò tutto il mondo.

Fatto questo, la sua mano fu sollevata contro il rogo, e gli fu tolta, mentre la sua mano

sinistra era fissata dietro di lui. Allora gli fu dato fuoco, e lui, bruciandoci, gridò a gran

voce: "O Figlio di Dio, ricevi la mia anima!" tre volte. Il suo discorso gli fu tolto, ma

nonostante ciò sollevò il moncone con l'altro braccio, finché poté.

Così sopportò l'estremità del fuoco, e fu crudelmente torturato, perché i pochi froci

che furono portati non bastavano a bruciarlo furono costretti a colpirlo nel fuoco, dove

giacendo a terra, la sua parte inferiore fu consumata nel fuoco, mentre la sua parte superiore

rimase ferita poco, la sua lingua si muoveva nella sua bocca per un tempo considerevole.

Il reverendo Giovanni Cardmaker e Giovanni Warne

Il 30 maggio 1555, il reverendo Giovanni Cardmaker, altrimenti chiamato Taylor,

prebendario della Chiesa di Wells, e Giovanni Warne, imbottitore, di San Giovanni's,

Walbrook, soffrirono insieme a Smithfield. Sig. Cardmaker, che prima era un frate

osservante prima della dissoluzione delle abbazie, in seguito fu un ministro sposato, e ai

tempi di re Edoardo fu nominato lettore a San Paolo's; essendo stato arrestato all'inizio del

regno della regina Maria, con il dottor Barlow, vescovo di Bath, fu portato a Londra, e

messo nella prigione della flotta, le leggi di re Edoardo erano ancora in vigore. Durante il

regno di Maria, quando fu portata davanti al vescovo di Winchester, quest'ultimo offrì loro

la misericordia della regina, se avessero ritrattato.

Poiché gli articoli erano stati preferiti contro il signor Giovanni Warne, fu esaminato

da Bonner, che lo esortò seriamente a ritrattare le sue opinioni, al quale rispose: "Sono

convinto di essere nella giusta opinione, e non vedo alcuna ragione per ritrattare; poiché

tutta la sporcizia e l'idolatria risiedono nella Chiesa di Roma."

Il vescovo poi, vedendo che tutte le sue promesse giuste e le terribili minacce non

potevano prevalere, pronunciò la sentenza definitiva di condanna, e ordinò il 30 maggio

1555, per l'esecuzione di Giovanni Cardmaker e Giovanni Warne, che furono portati dagli

sceriffi a Smithfield. Venuti sul rogo, gli sceriffi chiamarono il signor Cardmaker da parte,

e parlarono con lui segretamente, durante il quale il signor Warne pregava, era incatenato

al rogo, e aveva legno e canne su di lui.

La gente era molto afflitta, pensando che il signor Cardmaker avrebbe reagito al rogo

del signor Warne. Il signor Cardmaker se ne andò dagli sceriffi, e si avvicinò al rogo, si

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Il Libro dei Martiri di Foxe

inginocchiò e fece una lunga preghiera in silenzio. Poi si alzò, tolse i vestiti alla camicia e,

coraggiosamente, salì sul rogo e lo baciò; e, preso per mano il signor Warne, lo confortò di

cuore, e fu legato al rogo, gioendo. La gente, vedendo questo così improvvisamente fatto,

contrariamente alla loro precedente aspettativa, gridò: "Dio sia lodato! Il Signore ti rafforzi,

Creatore! il Signore Gesù riceva il tuo spirito!". E questo continuò mentre il carnefice diede

loro fuoco, ed entrambi erano passati attraverso il fuoco al riposo benedetto e alla pace tra

i santi santi e martiri di Dio, per godere della corona di trionfo e di vittoria preparata per i

soldati eletti e i guerrieri di Cristo Gesù nel Suo Regno benedetto, a cui sia gloria e maestà

per sempre. Amen.

Giovanni Simpson e Giovanni Ardeley

Giovanni Simpson e Giovanni Ardeley sono stati condannati lo stesso giorno con Sig.

Carmaker e Giovanni Warne, che era il 25 maggio. Poco dopo furono mandati giù da

Londra nell'Essex, dove furono bruciati in un giorno, Giovanni Simpson a Rochford, e

Giovanni Ardeley a Railey, glorificando Dio nel Suo amato Figlio, e gioendo che erano

considerati degni di soffrire.

Tommaso Haukes, Tommaso Watts e Anne Askew

Tommaso Haukes, con altri sei, fu condannato il 9 febbraio 1555. Nell'educazione era

erudito; in persona, cordiale, e di buona statura; nelle maniere, un gentiluomo e un cristiano

sincero. Poco prima della morte, molti amici del signor Hauke, terrorizzati dall'acutezza

della punizione che stava per subire, desideravano privatamente che in mezzo alle fiamme

egli mostrasse loro qualche segno, se i dolori del rogo erano così grandi che un uomo non

poteva sopportarlo collettivamente. Questo promise di fare; e fu concordato che se la rabbia

del dolore fosse stata sofferta, allora avrebbe alzato le mani sopra la testa verso il cielo,

prima di abbandonare il fantasma.

Non molto tempo dopo, il signor Haukes fu condotto nel luogo designato per il

massacro da Signor Rich, ed essendo venuto sul palco, si preparò mite e pazientemente per

il fuoco, avendo una catena forte scagliata intorno al suo centro, con una moltitudine di

persone da ogni parte che lo compassionavano, al quale dopo che aveva detto molte cose,

e versato la sua anima a Dio, il fuoco fu acceso.

Quando aveva continuato a lungo in essa, e il suo discorso era stato tolto dalla violenza

della fiamma, la sua pelle tirata insieme, e le sue dita consumate con il fuoco, perché si

pensasse che egli fosse andato, improvvisamente e contrariamente a ogni aspettativa,

questo uomo buono, memore della sua promessa, raggiunse le sue mani ardenti in fiamme

sopra la sua testa al Dio vivente, e con grandi gioie come sembrava, le colpì o le batté tre

volte insieme. Una grande grida seguì questa meravigliosa circostanza, e poi questo beato

martire di Cristo, affondato nel fuoco, abbandonò il suo spirito, il 10 giugno 1555.

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Tommaso Watts, di Billerica, nell'Essex, della diocesi di Londra, era un drappello di

lino. Egli si aspettava quotidianamente di essere preso dagli avversari di Dio, e questo

avvenne il 5 aprile 1555, quando fu portato davanti a Signor Rich e ad altri commissari a

Chelmsford, e accusato di non essere venuto in chiesa.

Essendo stato consegnato al vescovo sanguinario, che gli diede diverse udienze, e,

come al solito, molti argomenti, con molte suppliche, che sarebbe stato un discepolo

dell'Anticristo, ma la sua predicazione non si avvalse, e fece ricorso alla sua ultima

vendetta-quella della condanna.

Sul rogo, dopo averlo baciato, parlò con Signor Rich, chiedendogli di pentirsi, perché

il Signore avrebbe vendicato la sua morte. Così questo buon martire ha offerto il suo corpo

al fuoco, in difesa del vero Vangelo del Salvatore.

Tommaso Osmond, Guillermo Bamford, e Niccolò Chamberlain, tutti della città di

Coxhall, inviati per essere esaminati, Bonner, dopo diverse udienze, li dichiarò ostinati

eretici, e li consegnò agli sceriffi, nella cui custodia rimasero fino a quando non furono

consegnati allo sceriffo della contea di Essex, e da lui furono giustiziati, Chamberlain a

Colchester, il quattordici di giugno; Tommaso Osmond a Maningtree, e Guillermo

Bamford, alias Butler, ad Harwich, il quindici di giugno, 1555; tutti morenti pieni della

gloriosa speranza di immortalità.

Allora Wriotheseley, signore cancelliere, offrì ad Anna Askew il perdono del re se

avesse ritrattato; chi fece questa risposta, che non venne per negare il suo Signore e Maestro.

E così la brava Anna Askew, che si era lasciata trasportare dalle fiamme del fuoco, come

sacrificio benedetto a Dio, dormì nel Signore, a.D. 1546, lasciandole un singolare esempio

di costanza cristiana da seguire per tutti gli uomini.

Il reverendo Giovanni Bradford e Giovanni Leaf, apprendista

Il reverendo Giovanni Bradford nacque a Manchester, nel Lancashire; era un buon

studioso latino, e in seguito divenne un servo di Signor Giovanni Harrington, cavaliere.

Continuò diversi anni in modo onesto e prospero; ma il Signore lo aveva eletto ad una

funzione migliore. Quindi partì dal suo maestro, lasciando il Tempio, a Londra, per

l'Università di Cambridge, per imparare, secondo la legge di Dio, come promuovere la

costruzione del tempio del Signore. Pochi anni dopo, l'università gli diede il titolo di

maestro d'arte, e divenne un collega di Pembroke Hall.

Martin Bucer per primo lo esortò a predicare, e quando dubitava modestamente della

sua abilità, Bucer era solito rispondere: "Se non hai pane di grano fine, ma dai ai poveri

pane d'orzo, o qualsiasi altra cosa che il Signore ti ha impegnato". Il dottor Ridley, quel

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Il Libro dei Martiri di Foxe

degno vescovo di Londra, e glorioso martire di Cristo, lo chiamò per primo a prendere il

grado di diacono e gli diede una prebenda nella sua chiesa cattedrale di San Paolo.

In questo ufficio di predicazione il signor Bradford ha lavorato diligentemente per lo

spazio di tre anni. Affermò il peccato, predicò dolcemente Cristo crocifisso, smentì

abilmente eresie ed errori, convinse sinceramente alla vita divina. Dopo la morte del beato

re Edoardo VI, Bradford continuò a predicare con diligenza, fino a quando non fu

soppresso dalla regina Maria.

Seguì ora un atto della più nera ingratitudine, e in cui un pagano arrossiva. È stato

recitato, che un tumulto fu provocato dalla predicazione del signor Bourne (allora vescovo

di Bath) alla Croce di San Paolo; l'indignazione della gente mise la sua vita in pericolo

imminente; infatti gli fu lanciato un pugnale. In questa situazione, pregò il signor Bradford,

che gli stava dietro, di parlare al suo posto e di placare il tumulto. La gente ha accolto

Bradford, e quest 'ultimo gli si è poi tenuto vicino, dicendo che la sua presenza potrebbe

impedire alla popolazione di rinnovare i loro assalti.

La stessa domenica nel pomeriggio, Bradford predicò alla Bow Church di Cheapside,

e rimproverò la gente per i loro atti sediziosi. Nonostante questa condotta, entro tre giorni

dopo, fu mandato alla Torre di Londra, dove la regina era allora, per presentarsi davanti al

Consiglio. Lì fu accusato di aver salvato il signor Bourne, che era stato definito sedizioso,

e si opposero anche contro di lui per aver predicato. Così si impegnò, prima nella Torre,

poi in altre prigioni e, dopo la sua condanna, nel computer del pollame, dove predicava due

volte al giorno continuamente, a meno che la malattia lo ostacolasse. Come il suo credito

con il guardiano della panchina del re, che gli permise in una sera di visitare una persona

povera e malata vicino alla cortina d'acciaio, dopo la sua promessa di tornare in tempo, e

in questo non ha mai fallito.

La notte prima di essere mandato a Newgate, era turbato nel sonno da sogni

premonitori, che il lunedì dopo essere stato bruciato a Smithfield. Nel pomeriggio la moglie

del custode si avvicinò e gli annunciò questa terribile notizia, ma in lui eccitava solo la

riconoscenza a Dio. Di notte venne una mezza dozzina di amici, con i quali trascorse tutta

la serata in preghiera e in esercizi divini.

Quando fu trasferito a Newgate, una folla piangente lo accompagnò, e si diffuse la

voce che avrebbe dovuto soffrire alle quattro del mattino seguente, con una folla immensa.

Alle nove il signor Bradford fu portato a Smithfield. La crudeltà dello sceriffo merita

attenzione; per il cognato, Ruggero Beswick, dopo averlo preso per mano mentre passava,

il signor Woodroffe, con il suo staff, gli tagliò la testa.

Il signor Bradford, venendo qui, cadde a terra, e si mise a mettere i vestiti sulla camicia,

andò al rogo, e là soffrì con un giovane di vent'anni, il cui nome era Giovanni Leaf, un

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Il Libro dei Martiri di Foxe

apprendista del signor Humphrey Gaudy, cacciatore di sego, di Christ-church, Londra.

Venerdì prima della Domenica delle Palme, è stato impegnato al computer in Bread-street,

e successivamente esaminato e condannato dal vescovo sanguinario.

Si narra di lui che, quando gli fu letto il conto della sua confessione, invece che la

penna, prese una spilla e, pungendo la mano, sparse il sangue sul conto, desiderando che il

lettore mostrasse al vescovo che aveva già sigillato il conto con il suo sangue.

Entrambi hanno concluso questa vita mortale, il 12 luglio 1555, come due agnelli,

senza alcuna alterazione dei loro volti, sperando di ottenere quel premio che avevano a

lungo cercato; al quale Dio Onnipotente ci conduca tutti, per i meriti di Cristo nostro

Salvatore!

Concluderemo questo articolo menzionando che l'on.

Lo sceriffo Woodroffe, si dice, entro un anno e mezzo dopo, fu colpito sul lato destro

con una paralisi, e per lo spazio di otto anni dopo, (fino al suo giorno di morte,) non fu in

grado di girarsi nel suo letto; così divenne finalmente un oggetto spaventoso da vedere.

Il giorno dopo che il signor Bradford e Giovanni Leaf soffrirono a Smithfield,

Guillermo Minge, sacerdote, morì in prigione a Maidstone. Con tanta costanza e audacia

egli rinunciò alla sua vita in prigione, come se avesse gradito a Dio di averlo chiamato a

soffrire dal fuoco, come altri uomini divini avevano fatto prima della posta in gioco, e come

lui stesso era pronto a fare, aveva gradito a Dio di averlo chiamato a questa prova.

Rev. Giovanni Bland, Rev. Giovanni Frankesh, Niccolò Shetterden, Humphrey

Middleton

Queste persone cristiane furono tutte bruciate a Canterbury per la stessa causa.

Frankesh e Bland erano ministri e predicatori della Parola di Dio, l'uno era parroco di

Adesham e l'altro vicario di Rolvenden. Il signor Bland fu citato per rispondere della sua

opposizione all'anticristianesimo, e fu sottoposto a diversi esami prima del dottor

Harpsfield, arcidiacono di Canterbury, e infine il 25 giugno 1555, nonostante il potere del

papa, fu condannato e consegnato al braccio secolare. Lo stesso giorno furono condannati

Giovanni Frankesh, Niccolò Shetterden, Humphrey Middleton, Thacker e Crocker, di cui

Thacker ritrattò solo.

Essendo stato consegnato al potere secolare, Sig. Bland, con i tre primi, furono tutti

bruciati insieme a Canterbury, il 12 luglio 1555, a due poste diverse, ma in un fuoco,

quando, agli occhi di Dio e dei Suoi angeli, e davanti agli uomini, come veri soldati di Gesù

Cristo, diedero una testimonianza costante alla verità del Suo Santo Vangelo.

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Dirick Carver e Giovanni Launder

Il 22 luglio 1555, Dirick Carver, birraio, di Brighthelmstone, quarantenne, venne

bruciato a Lewes. E il giorno dopo Giovanni Launder, il marito di 25 anni, di Godstone,

Surrey, venne bruciato a Stening.

Dirico Carver era un uomo che il Signore aveva benedetto con ricchezze temporali e

con i suoi tesori spirituali. Venendo nella città di Lewes per essere bruciato, la gente lo

chiamò, implorando Dio di rafforzarlo nella fede di Gesù Cristo; e, mentre veniva sul rogo,

si inginocchiò e pregò seriamente. Poi il suo Libro fu gettato nel barile, e quando si spogliò,

anche lui, entrò in un barile. Appena entrato, prese il Libro e lo gettò tra la gente, su cui lo

sceriffo ordinò, in nome del re e della regina, pena la morte, di gettarlo di nuovo. E subito

il santo martire cominciò a rivolgersi alla gente. Dopo aver pregato per un po', disse: "O

Signore mio Dio, hai scritto, colui che non abbandonerà moglie, figli, casa e ogni cosa che

ha, e prenderà la Tua croce e ti seguirà, non è degno di Te! Ma Tu, Signore, sai che ho

abbandonato tutti per venire a Te. Signore, abbi pietà di me, perché a Te affido il mio

spirito! e la mia anima rallegra in Te!" Queste sono state le ultime parole di questo fedele

servo di Cristo prima di sopportare il fuoco. E quando gli venne il fuoco, gridò: "O Signore,

abbi pietà di me!" e spuntò nel fuoco, invocando il nome di Gesù, fino a che non abbandonò

il fantasma.

Giacomo Abbes. Questo giovane si aggirava per sfuggire all'apprensione, ma alla fine

fu informato contro, e portato davanti al vescovo di Norwich, che lo influenzò ad abiurare;

per assicurarlo ulteriormente in apostasia, il vescovo gli diede un pezzo di denaro; ma

l'interferenza della Provvidenza è qui notevole. Questa tangente era così pesante sulla sua

coscienza, che ritornò, gettò indietro il denaro e si pentì della sua condotta. Come Pietro,

egli era contrito, saldo nella fede, e la sigillò con il suo sangue a Bury, il 2 agosto 1555,

lodando e glorificando Dio.

Giovanni Denley, Giovanni Newman e Patrick Packingham

Denley e Newman stavano tornando un giorno a Maidstone, il luogo della loro dimora,

quando sono stati incontrati da E. Tyrrel, Scudiero, un bigotto giudice di pace in Essex, e

un crudele persecutore dei protestanti. Li ha arrestati solamente per sospetto. Il 5 luglio

1555 furono condannati e consegnati agli sceriffi, che inviarono Denley a Uxbridge, dove

morì, l'8 agosto 1555. Mentre soffriva in agonia, e cantava un Salmo, il Dr. Story ordinò

disumanamente a uno dei aguzzini di lanciargli un frocio, che gli tagliò la faccia

gravemente, lo costrinse a cessare di cantare e ad alzare le mani al volto. Proprio come il

Dr. Story stava osservando per scherzo che aveva rovinato una buona canzone, il martire

pio cambiò di nuovo, allargò le mani all'estero nelle fiamme, e attraverso Cristo Gesù

rassegnò la sua anima nelle mani del suo Creatore.

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Il signor Packingham soffrì nella stessa città il ventotto dello stesso mese.

Il signor Newman, pelwterer, fu bruciato a Saffron Waldon, nell'Essex, il 31 agosto,

per la stessa causa, e Riccardo Hook nello stesso periodo morì a Chichester.

W. Coker, W. Hooper, H. Laurence, R. Colliar, R. Wright e W. Stere

Queste persone in tutto il Kent, furono esaminate contemporaneamente con Sig. Bland

e Shetterden, da Thornton, vescovo di Dover, Dr. Harpsfield, e altri. Questi sei martiri e

testimoni della verità furono consegnati alle fiamme a Canterbury, alla fine di agosto del

1555.

Elizabetta Warne, vedova di Giovanni Warne, martire, fu bruciata a Stratford-le-bow,

vicino Londra, alla fine di agosto del 1555.

Giorgio Tankerfield, di Londra, cuoco, nato a York, all'età di ventisette anni, durante

il regno di Edoardo VI era stato un papista; ma la crudeltà di Maria lo fece sospettare della

verità di quelle dottrine che erano state imposte dal fuoco e dalla tortura. Tankerfield fu

imprigionato a Newgate verso la fine di febbraio del 1555, e il 26 agosto, a San Alban's,

sfidò il fuoco lancinante, e morì gioiosamente per la gloria del suo Redentore. Il reverendo

Roberto Smith fu il primo al servizio di Signor T. Smith, prevosto di Eton; e fu

successivamente trasferito a Windsor, dove aveva un chierico di dieci sterline l'anno.

Fu condannato, il 12 luglio 1555, e subì l'8 agosto a Uxbridge. Non dubitava che Dio

avrebbe dato agli spettatori qualche segno a sostegno della propria causa; questo in realtà

accadde; perché, quando era quasi mezzo bruciato, e supponeva di essere morto,

improvvisamente si alzò, mosse le parti restanti delle sue braccia e lodò Dio, poi, appeso

al fuoco, dormì dolcemente nel Signore Gesù.

Il signor Stephen Harwood e il signor Tommaso Fust hanno sofferto circa lo stesso

tempo con Smith e Tankerfield, con i quali sono stati condannati. Anche il signor

Guillermo Hale, di Thorp, nell'Essex, fu inviato a Barnet, dove circa nello stesso periodo

si unì alla sempre benedetta compagnia dei martiri.

Giorgio King, Tommaso Leyes e Giovanni Wade, che si ammalarono nella Lollard's

Tower, furono trasferiti in diverse case e morirono. I loro corpi sono stati gettati nei campi

comuni come indegni di sepoltura, e giacevano fino a quando i fedeli li hanno portati via

di notte.

Il signor Guillermo Andrew di Horseley, Essex, fu imprigionato a Newgate per eresia;

ma Dio scelse di chiamarlo a se stesso per il severo trattamento che subì a Newgate, e

quindi per deridere le aspettative sinagogiche dei suoi persecutori cattolici. Il suo corpo fu

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Il Libro dei Martiri di Foxe

gettato all'aria aperta, ma la sua anima fu accolta nelle dimore eterne del suo creatore

celeste.

Il Reverendo Roberto Samuel

Questo signore fu ministro di Bradford, nel Suffolk, dove insegnò con laboriosità al

gregge impegnato nella sua carica, mentre gli era apertamente permesso di svolgere il suo

dovere. Foster, di Copdock, vicino a Ipswich, un grave e bigotto persecutore dei seguaci di

Cristo, secondo la verità nel Vangelo. Nonostante il signor Samuel fosse stato espulso dalla

sua vita, continuò a esortare e istruire privatamente; né obbedisse all'ordine di mettere via

sua moglie, che aveva sposato durante il regno di re Edoardo; ma la tenne a Ipswich, dove

Foster, per mandato, lo sorprese di notte con lei. Dopo essere stato imprigionato nella

prigione di Ipswich, fu portato davanti al dottor Hopton, vescovo di Norwich, e al dottor

Dunnings, suo cancelliere, due dei più sanguinari tra i bigotti di quei giorni. Per intimidire

il degno pastore, era in prigione legato ad un incarico in modo tale che il peso del suo corpo

era sostenuto dalle punte delle dita dei piedi: a questo si aggiunse il suo carico di provviste

era ridotto ad una quantità così insufficiente per sostenere la natura che era quasi pronto a

divorare la propria carne. Da questo orribile estremo c'era anche un certo grado di

misericordia nell'ordinarlo al fuoco. Il signor Samuel soffrì il 31 agosto 1555.

Monsignor Ridley e il vescovo Latimer

Questi prelati hanno sofferto il 17 ottobre 5555 a Oxford, lo stesso giorno in cui

Wolsey e Pygot sono morti a Ely. Pilastri della Chiesa e decorazioni compiute di natura

umana, erano l'ammirazione del regno, amabilmente cospicua nelle loro vite, e gloriosa

nelle loro morti.

Ridley nacque a Northumberland, fu prima insegnante di grammatica a Newcastle, e

poi si trasferì a Cambridge, dove la sua attitudine nell'educazione lo sollevò gradualmente

fino a diventare il capo del Pembroke College, dove ricevette il titolo di Dottore di Divinità.

Tornato da un viaggio a Parigi, fu nominato cappellano da Enrico VIII e vescovo di

Rochester, e fu poi tradotto alla sede di Londra al tempo di Edoardo VI.

Ai suoi sermoni il popolo si rimise, brulicando di lui come le api, bramando i fiori

dolci e il succo sano della dottrina feconda, che non solo predicava, ma mostrava lo stesso

dalla sua vita, come una lanthorn scintillante agli occhi e ai sensi dei ciechi, in un ordine

così puro che i suoi stessi nemici non potevano riprovarlo in alcun modo.

Il suo tenero trattamento del dottor Heath, che fu prigioniero con lui durante un anno,

durante il regno di Edoardo, evidentemente dimostra che non aveva alcuna crudeltà

cattolica nella sua disposizione. In persona era eretto e ben proporzionato; in temperamento

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Il Libro dei Martiri di Foxe

perdonante; in auto-mortificazione severa. Il suo primo dovere al mattino era la preghiera

privata: rimase nel suo studio fino alle dieci, e poi partecipò alla preghiera quotidiana usata

nella sua casa. Mentre stava cenando, si sedette circa un'ora, conversando piacevolmente,

o giocando a scacchi. Il suo studio successivo attirò la sua attenzione, a meno che non si

verificassero affari o visite; seguirono circa le cinque preghiere; e dopo che si ricreò a

scacchi per circa un'ora, poi si ritirò al suo studio fino alle undici, e pregare sulle ginocchia

come al mattino. In breve, egli era un modello di divinità e virtù, e così si sforzò di fare

uomini ovunque venisse.

La sua premurosa gentilezza è stata dimostrata in particolare all'anziana signora

Bonner, madre del dottor Bonner, il crudele vescovo di Londra. Il dottor Ridley, quando si

trovava nella sua casa di Fulham, la invitò sempre a casa sua, la mise alla testa del suo

tavolo e la trattò come sua madre; fece lo stesso dalla sorella di Bonner e da altri parenti;

ma quando il dottor Ridley era sotto persecuzione, Bonner perseguitò una condotta

diametralmente opposta, e avrebbe sacrificato la sorella del dottor Ridley e suo marito, il

signor Giorgio Shipside, non gli aveva consegnato la Provvidenza per mezzo del dottor

Heath, vescovo di Worcester.

Ridley fu convertito per la prima volta leggendo il libro di Bertram sul Sacramento e

le sue conferenze con l'arcivescovo Cranmer e Pietro Martyr.

Quando Edoardo VI fu rimosso dal trono, e la sanguinosa Maria gli succedette, il

vescovo Ridley fu immediatamente segnato come oggetto di massacro. Fu mandato per la

prima volta alla Torre, e successivamente, a Oxford, fu consegnato alla prigione comune

di Bocardo, con l'arcivescovo Cranmer e il signor Latimer. Essendo separato da loro, fu

posto nella casa di un irlandese, dove rimase fino al giorno del suo martirio, dal 1554, fino

al 16 ottobre 1555.

Si può facilmente supporre che le conversazioni di questi capi dei martiri siano state

elaborate, apprese e istruttive. Tali erano infatti, e ugualmente vantaggiosi per tutti i loro

conforti spirituali. Le lettere del vescovo Ridley ai vari fratelli cristiani in tutte le parti, e

le sue dispute con i nemici mitrati di Cristo, allo stesso modo hanno dimostrato la chiarezza

della sua testa e l'integrità del suo cuore. In una lettera al signor Grindal, (poi arcivescovo

di Canterbury,) menziona con affetto coloro che lo avevano preceduto nel morire per la

fede, e coloro che si aspettavano di soffrire; si rammarica che la povertà sia ristabilita nel

suo pieno abominio, che attribuisce all'ira di Dio, resa manifesta in cambio della tiepidità

del clero e del popolo nel giustamente apprezzare la luce benedetta della Riforma.

Questo vecchio praticante soldato di Cristo, Maestro Hugh Latimer, era figlio di un

Hugh Latimer, di Thurkesson nella contea di Leicester, un uomo di allevamento, di buona

e ricca stima; dove anche lui è nato e cresciuto fino all'età di quattro anni, o giù di lì: in

quel momento i suoi genitori, avendolo come allora lasciato per il loro unico figlio, con sei

249


Il Libro dei Martiri di Foxe

figlie, vedendo il suo spirito pronto, pronto, e tagliente, ha inteso formarlo in erudizione, e

conoscenza di buona letteratura; in cui ha così beneficiato nella sua gioventù alle scuole

comuni del suo paese, che all'età di quattro anni Per dieci anni fu mandato all'Università di

Cambridge, dove entrò nello studio della divinità scolastica di quel giorno, e fu per

principio uno zelante osservatore delle superstizioni romane del tempo. Nella sua orazione

quando iniziò il bachelor of divinity, inveì contro il riformatore Melantone, e dichiarò

apertamente contro il buon signor Stafford, docente di divinità a Cambridge.

Il signor Tommaso Bilney, commosso da una fraterna pietà verso il signor Latimer,

pregò di aspettarlo nel suo studio, e di spiegargli le basi della sua fede. Questa benedetta

intervista ha reso effettiva la sua conversione: il persecutore di Cristo è diventato il suo

zelante avvocato, e prima che il dottor Stafford morisse si è riconciliato con lui.

Una volta convertito, divenne desideroso di convertire gli altri, e cominciò ad essere

predicatore pubblico e istruttore privato nell'università. I suoi sermoni erano così puntati

contro l'assurdità di pregare in lingua latina, e di trattenere gli oracoli della salvezza dalle

persone che dovevano essere salvate dalla fede in loro, che egli attingeva a se stesso le

animazioni pulpite di diversi frati e capi di case residenti, che poi zittì per le sue critiche

severe e eloquenti argomentazioni. Questo era a Natale del 1529. A lungo il dottor West

predicò contro il signor Latimer all'Abbazia di Barwell, e gli proibì di predicare ancora

nelle chiese dell'università, nonostante ciò, continuò per tre anni a sostenere apertamente

la causa di Cristo, e anche i suoi nemici confessarono il potere di quei talenti che possedeva.

Il signor Bilney rimase qui qualche tempo con il signor Latimer, e quindi il luogo dove

spesso camminavano insieme ottenne il nome di Heretics' Hill.

Il signor Latimer in quel momento ha rintracciato l'innocenza di una povera donna,

accusata dal marito dell'omicidio di suo figlio. Dopo aver predicato davanti al re Enrico

VIII a Windsor, ottenne il perdono della sfortunata madre. Questo, insieme a molti altri atti

benevoli, servì solo ad eccitare la milza dei suoi avversari. Venne convocato davanti al

cardinale Wolsey per eresia, ma essendo uno strenuo sostenitore della supremazia del re,

in opposizione a quella del papa, in favore di Signor Cromwell e Dr. Buts, (il medico del

re) ottenne la vita di West Kingston, nel Wiltshire. Per i suoi sermoni contro il purgatorio,

l'immacolatezza della Vergine e il culto delle immagini, fu citato per comparire davanti a

Warham, arcivescovo di Canterbury, e a Giovanni, vescovo di Londra. Gli fu richiesto di

sottoscrivere alcuni articoli, che esprimevano la sua conformità agli usi accusati; e c'è

ragione di pensare, dopo ripetuti esami settimanali, che egli sottoscrisse, in quanto non

sembravano coinvolgere alcun importante articolo di fede.

Guidato dalla Provvidenza, fuggì dalle sottili reti dei suoi persecutori, e a lungo,

attraverso i potenti amici di cui sopra, divenne vescovo di Worcester, nella cui funzione si

qualificò o spiegò via la maggior parte delle cerimonie papali che era per il bene della

250


Il Libro dei Martiri di Foxe

forma sotto la necessità di conformarsi. Ha continuato in questo lavoro attivo e dignitoso

alcuni anni.

Ricominciando nuovamente a mettere in piedi il suo aratro lavorò nella raccolta del

Signore più fruttuosamente, scaricando il suo talento anche nei luoghi subacquei di questo

regno, come prima del re a corte. Nello stesso luogo del giardino interno, che prima era

applicato a passatempi lascivi e cortesi, là dispensò la fruttuosa Parola del glorioso Vangelo

di Gesù Cristo, predicando lì davanti al re e a tutta la sua corte, all'edificazione di molti.

Rimase prigioniero nella Torre fino all'incoronazione di Edoardo VI, quando fu di

nuovo chiamato al raccolto del Signore a Stamford, e in molti altri luoghi: predicò anche a

Londra nella casa di convocazione, e davanti al giovane re; anzi tenne due lezioni ogni

domenica, indipendentemente dalla sua grande età (allora superiore ai sessantasette anni)

e dalla sua debolezza per un livido ricevuto dalla caduta di un albero. Infaticabile nei suoi

studi privati, si avvicinò a loro in inverno e in estate alle due del mattino.

Per la forza della sua mente, o di qualche luce interiore dall'alto, egli aveva una visione

profetica di ciò che sarebbe accaduto alla Chiesa durante il regno di Maria, affermando che

era destinato a soffrire per la verità, e che Winchester, allora nella Torre, era conservato

per quello scopo. Subito dopo la proclamazione della regina Maria, un messaggero fu

inviato a convocare il signor Latimer in città, e c'è ragione di credere che si desiderasse che

lui facesse la sua fuga.

Così il Maestro Latimer, giunto a Londra, attraverso Smithfield (dove disse

allegramente che Smithfield aveva a lungo gemuto per lui), fu portato davanti al Concilio,

dove pazientemente portava tutte le beffe e gli scherni dati dai papisti disprezzanti. Fu

gettato nella Torre, dove, assistito dalla grazia celeste di Cristo, rimase imprigionato a

lungo, nonostante la crudele e spietata gestione dei papisti, che pensavano che il loro regno

non sarebbe mai caduto; si mostrò non solo paziente, ma anche allegro e soprattutto quello

che potevano o avrebbero lavorato contro di lui. Sì, uno spirito così valoroso che il Signore

gli ha donato, che ha potuto non solo disprezzare la terrificanza delle prigioni e dei tormenti,

ma anche ridere di disprezzare le azioni dei suoi nemici.

Il signor Latimer, dopo essere rimasto a lungo nella Torre, è stato trasportato a Oxford,

con Cranmer e Ridley, le controversie in cui luogo sono già stati menzionati in una parte

precedente di questo lavoro. Rimase imprigionato fino a ottobre, e gli oggetti principali di

tutte le sue preghiere erano tre: che potesse essere fedele alla dottrina che aveva professato,

che Dio avrebbe restituito il suo Vangelo all'Inghilterra ancora una volta, e preservare la

Signora Elizabetta per essere regina; tutto ciò accadde. Quando si fermò sul rogo senza la

porta Bocardo, Oxford, con il Dott. Ridley, e il fuoco stava appiccicando alla pila di froci,

alzò gli occhi benignamente verso il cielo, e disse: "Dio è fedele, che non vi soffrirà per

essere tentati al di sopra di quello che siete capaci." Il suo corpo è stato forzatamente

251


Il Libro dei Martiri di Foxe

penetrato dal fuoco, e il sangue fluiva abbondantemente dal cuore; quasi a verificare il suo

costante desiderio che il sangue del suo cuore fosse versato in difesa del Vangelo. Le sue

lettere polemiche e amichevoli sono monumenti duraturi della sua integrità e del suo talento.

È stato prima detto, che la disputa pubblica ha avuto luogo nell'aprile 1554, nuovi esami

hanno avuto luogo nell'ottobre 1555, prima del degrado e la condanna di Cranmer, Ridley

e Latimer. Ora arriviamo alla conclusione delle vite dei due ultimi.

Il dottor Ridley, la notte prima dell'esecuzione, era molto faceto, si fece rasare, e

chiamò la sua cena una festa di matrimonio; osservò dopo aver visto la signora Irish (la

moglie del guardiano) piangere, "Anche se la mia colazione sarà un po' affilata, la mia cena

sarà più piacevole e dolce."

Il luogo della morte era sul lato nord della città, di fronte al Baliol College. Il dottor

Ridley era vestito con un abito nero, e il signor Latimer aveva un lungo sudario appeso ai

suoi piedi. Il dottor Ridley, mentre passava da Bocardo, guardò in alto per vedere il dottor

Cranmer, ma quest'ultimo fu poi impegnato in una disputa con un frate. Quando giunsero

sul rogo, Ridley abbracciò con fervore Latimer e gli disse: "Sii di buon cuore, fratello,

perché Dio o placerà la furia della fiamma, o altrimenti ci rafforzerà per rispettarla". Poi si

inginocchiò per il rogo, e dopo aver pregato seriamente insieme, ebbero una breve

conversazione privata. Il dottor Smith poi predicò un breve sermone contro i martiri, che

gli avrebbero risposto, ma gli fu impedito dal dottor Marshal, il vice-cancelliere. Il dottor

Ridley si tolse la toga e la punta, e li diede a suo cognato, il signor Shipside. Diede via

anche molte sciocchezze ai suoi amici piangenti, e la popolazione era ansiosa di ottenere

anche un frammento dei suoi vestiti. Il signor Latimer non diede nulla, e dalla povertà del

suo abito, fu presto spogliato della sua Sindone, e rimase venerabile ed eretto, senza paura

della morte.

Il dottor Ridley, non vestito con la sua camicia, mise una catena di ferro intorno alla

loro vita, e il dottor Ridley gli ordinò di fissarla saldamente; suo fratello, dopo aver legato

un sacchetto di polvere da sparo sul collo, ne diede un po' anche al signor Latimer'.

Il dottor Ridley chiese quindi a Signor Guillermos, di fama, di sostenere con la regina

la causa di alcuni uomini poveri a cui aveva concesso, quando vescovo, affitti, ma che

l'attuale vescovo si rifiutò di confermare. Un fagotto acceso era ora ai piedi del dottor

Ridley, il che ha fatto sì che il signor Latimer dicesse: "Sii di buon umore, Ridley; e

interpreti l'uomo. Oggi, per grazia di Dio, accenderemo una candela simile in Inghilterra,

come confido, non verrà mai spenta."

Quando il dottor Ridley vide il fuoco accendersi verso di lui, gridò con una

meravigliosa voce forte, "Signore, ricevi il mio spirito." Il Maestro Latimer, piangendo con

la stessa veemenza dall'altra parte, "O Padre del cielo, ricevi la mia anima!", ricevette la

fiamma mentre la abbracciava. Dopo di che s'era accarezzato il viso con le mani e, per così

252


Il Libro dei Martiri di Foxe

dire, li aveva bagnati un po' nel fuoco, morì presto (come appare) con pochissimo dolore o

nulla.

Sono morti, e hanno già la ricompensa di questo mondo. Quale ricompensa resterà per

loro nei cieli, il giorno della gloria del Signore, quando egli verrà con i Suoi santi,

dichiarerà.

Nel mese successivo morì Stephen Gardiner, vescovo di Winchester e Signor

Cancelliere d'Inghilterra. Questo mostro papistico nacque a Bury, nel Suffolk, e in parte fu

educato a Cambridge. Ambizioso, crudele e bigotto, egli servì ogni causa; per primo

sostenne la parte del re nella vicenda di Anna Bolena: con l'istituzione della Riforma

dichiarò la supremazia del papa un principio esecrabile; e quando la regina Maria venne

alla corona, entrò in tutte le sue idee papistiche bigotte, e divenne un secondo vescovo di

Winchester. Si suppone che fosse sua intenzione compiere il sacrificio di Signora

Elizabetta, ma quando arrivò a questo punto, piacque a Dio di toglierlo.

Fu nel pomeriggio del giorno in cui perirono quei fedeli soldati di Cristo, Ridley e

Latimer, che Gardiner si sedette con un cuore gioioso a cena. A malapena aveva preso

qualche boccata, quando fu colto dalla malattia, e portato a letto, dove rimase quindici

giorni in grande tormento, incapace in nessun modo di evacuare, e bruciato con una febbre

divorante, che terminò con la morte. Eseguiti da tutti i buoni cristiani, preghiamo il Padre

delle misericordie perché riceva quella misericordia al di sopra della quale non ha mai

impartito sotto.

Sig. Giovanni Philpot

Questo martire era figlio di un cavaliere, nato nell'Hampshire, e cresciuto al New

College di Oxford, dove per diversi anni ha studiato il diritto civile, e divenne eminente in

lingua ebraica. Era uno studioso e un gentiluomo, zelante nella religione, impavido nella

disposizione, e detestatore di lusinghe. Dopo aver visitato l'Italia, ritornò in Inghilterra,

portando gli affari ai tempi di re Edoardo con un aspetto più promettente. Durante questo

regno continuò ad essere arcidiacono di Winchester sotto il dottor Poinet, che succedette a

Gardiner. Dopo l'ascesa di Maria, fu convocata una convocazione, in cui il signor Philpot

difese la Riforma contro il suo ordinario, Gardiner, di nuovo nominato vescovo di

Winchester, e presto fu condotto a Bonner e altri commissari per l'esame, il 2 ottobre 1555,

dopo essere stato diciotto mesi di prigionia. Dopo la sua richiesta di vedere la commissione,

il dottor Story ha crudelmente osservato, "Passerò sia il mio vestito che il mio cappotto,

ma ti brucerò! Lasciatelo stare nella torre di Lollard, (una prigione miserabile,) perché io

spazzerò via il banco del re e tutte le altre prigioni di questi eretici!"

Dopo il secondo esame del signor Philpot, gli fu detto che il dottor Story aveva detto

che il Signor Cancelliere aveva ordinato di fargli la pace. E 'facile prevedere il risultato di

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Il Libro dei Martiri di Foxe

questa inchiesta. Fu impegnato nella casa di carbone di Bonner, dove entrò in compagnia

di uno zelante ministro dell'Essex, che era stato indotto a firmare un disegno di legge di

ritorsione; ma in seguito, punto dalla sua coscienza, chiese al vescovo di lasciargli vedere

di nuovo lo strumento, quando lo strappò a pezzi; il che indusse Bonner in una furia a

colpirlo ripetutamente e a strappargli parte della barba. Il signor Philpot ebbe un colloquio

privato con Bonner la stessa notte, e fu poi rimandato al suo letto di paglia come altri

prigionieri, nella casa del carbone. Dopo sette esami, Bonner gli ordinò di essere messo

nelle scorte, e la domenica successiva lo separò dai suoi compagni prigionieri come

seminatore di eresia, e lo ordinò fino a una stanza vicino ai bastioni di San Paolo, otto piedi

per tredici, sull'altro lato della torre di Lollard, e che poteva essere trascurata da chiunque

nella galleria esterna del vescovo. Qui il signor Philpot è stato perquisito, ma felicemente

ha avuto successo nel segretare alcune lettere contenenti i suoi esami.

Nell'undicesima inchiesta davanti a vari vescovi, e al signor Morgan, di Oxford,

quest'ultimo fu così spinto in un angolo dalla stretta pressione delle argomentazioni del

signor Philpot, che gli disse: "Invece dello spirito del Vangelo che ti vanti di possedere,

penso che sia lo spirito della farina, che i tuoi compagni hanno avuto, che erano ubriachi

prima della loro morte, e sono andati, credo, ubriachi ad esso." A questa infondata e brutale

osservazione, il signor Philpot rispose indignato: "Appare dalla tua comunicazione che tu

conosci meglio questo spirito dello Spirito di Dio; perciò ti dico, dipingi muro e ipocrita,

in nome del Dio vivente, di cui ti ho detto la verità, che Dio pioverà fuoco e sassaiola su

tali bestemmiatori come te!" Fu quindi mandato da Bonner, con l'ordine di non permettergli

la sua Bibbia né la fiaccolata.

Il 4 dicembre, il signor Philpot ebbe la sua prossima udienza, e questa fu seguita da

altre due, facendo in tutto, quattordici conferenze, precedenti all'esame finale in cui fu

condannato; tali furono la perseveranza e l'ansia dei cattolici, aiutati dalle forti capacità

argomentative dei più illustri vescovi papali, per portarlo nel pallido della loro Chiesa.

Questi esami, che erano molto lunghi e appresi, sono stati tutti scritti dal signor Philpot, e

una prova più forte dell'imbecillità dei medici cattolici, non può, a una mente imparziale,

essere esibita.

Il 16 dicembre, nel concistoro del vescovo di San Paolo, Bonner, dopo aver posto

alcune accuse banali alla sua carica, come quella di secernere polvere per fare inchiostro,

scrivere alcune lettere private, ecc., procedette a fargli passare la terribile sentenza, dopo

che lui e gli altri vescovi lo avevano sollecitato con ogni istinto a recedere. In seguito fu

condotto a Newgate, dove l'avaro custode cattolico lo caricò con pesanti ferri da stiro, che

per l'umanità del signor Macham gli fu ordinato di portare via. Il 17 dicembre, il signor

Philpot ricevette l'intimazione che sarebbe morto il giorno successivo, e la mattina seguente

verso le otto, incontrò con gioia gli sceriffi, che lo avrebbero dovuto assistere al luogo

dell'esecuzione.

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Entrando a Smithfield, il terreno era così fangoso che due ufficiali si offrirono di

portarlo sul rogo, ma lui rispose:

"Mi faresti papa? Sono contento di finire il mio viaggio a piedi." Arrivando al rogo,

disse: "Disdegno di soffrire al rogo, quando il mio Redentore non si è rifiutato di soffrire

la morte più vile sulla croce per me?" Poi recitò mestamente i 107° e 108° Salmi, e quando

ebbe finito le sue preghiere, fu legato al palo, e il fuoco si applicò al mucchio. Il 18

dicembre 1555 perì questo illustre martire, venerato dall'uomo e glorificato in cielo!

Giovanni Lomas, Agnes Snoth, Anne Wright, Joan Sole e Joan Catmer

Questi cinque martiri hanno sofferto insieme, il 31 gennaio 1556. Giovanni Lomas era

un giovane di Tenterden. Fu citato per comparire a Catnerbury, e fu esaminato il 17 gennaio.

Essendo le sue risposte avverse alla dottrina idolatrica del papato, fu condannato il giorno

successivo e subì il 31 gennaio.

Agnes Snoth, vedova, della parrocchia di Smarden, fu più volte convocata davanti ai

farisei cattolici, e rifiutando l'assoluzione, le indulgenze, la transustanziazione e la

confessione auricolare, fu giudicata degna di soffrire la morte, e subì il martirio, il 31

gennaio, con Anne Wright e Joan Sole, che furono poste in circostanze simili, e perirono

nello stesso tempo, con pari rassegnazione. Joan Catmer, l'ultima di questa compagnia

celeste, della parrocchia di Hithe, era la moglie del martire Giorgio Catmer.

Raramente in qualsiasi paese, per polemiche politiche, quattro donne sono state

portate a morte, le cui vite erano irreprensibili, e che la pietà dei selvaggi avrebbe

risparmiato. Non possiamo non rilevare qui che, quando il potere protestante ha ottenuto

per la prima volta l'ascesa sulla superstizione cattolica, e un certo grado di forza nelle leggi

era necessario per far rispettare l'uniformità, da cui alcune persone bigotte hanno sofferto

la privazione nella loro persona o nei loro beni, leggiamo di pochi roghi, crudeltà selvagge,

o donne povere portate sul palo, ma è la natura dell'errore ricorrere alla forza invece di

discutere, e silenziare la verità togliendo l'esistenza, di cui lo stesso Redentore è un esempio.

Le cinque persone di cui sopra sono state bruciate in due paletti in un incendio,

cantando osanna al Salvatore glorificato, fino a quando il respiro della vita si è estinto.

Signor Giovanni Norton, che era presente, pianse amaramente per le loro spietate

sofferenze.

Mons. Cranmer

Il dottor Tommaso Cranmer discendeva da un'antica famiglia e nacque nel villaggio

di Arselacton, nella contea di Northampton. Dopo la solita educazione scolastica fu

mandato a Cambridge, e fu scelto come compagno del Jesus College. Qui sposò una figlia

di un gentiluomo, con la quale perse la sua borsa di studio, e divenne un lettore al

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Buckingham College, mettendo sua moglie al Dolphin Inn, la cui padrona di casa era una

sua parente, da cui emerse la notizia inattiva che era un ostler. La sua signora poco dopo

essere morta in maternità; a suo merito è stato riscelto un collega del college prima

menzionato. Pochi anni dopo, fu promosso Divinity Lecturer, e nominato uno degli

esaminatori su coloro che erano maturi per diventare scapoli o dottori in Divinity. Era suo

principio giudicare le loro qualifiche in base alla conoscenza che possedevano delle

Scritture, piuttosto che dei padri antichi, e quindi molti sacerdoti papisti furono rifiutati, e

altri resi molto migliorati.

Fu fortemente sollecitato dal dottor Capon ad essere uno dei membri fondatori del

Cardinal Wolsey's College di Oxford, di cui mise a rischio il rifiuto. Mentre proseguiva a

Cambridge, la questione del divorzio di Enrico VIII con Catarina era agitata. A quel tempo,

a causa della peste, il dottor Cranmer si trasferì nella casa di un certo signor Cressy, presso

l'Abbazia di Waltham, i cui due figli stavano allora educando sotto di lui. La questione del

divorzio, contrariamente all'approvazione del re, era rimasta indecisa oltre due o tre anni,

dagli intrighi dei canonisti e dei civili, e sebbene i cardinali Campeius e Wolsey fossero

stati incaricati da Roma di decidere sulla questione, essi protrassero intenzionalmente la

sentenza.

Accadde che il Dr. Gardiner (segretario) e il Dr. Fox, difensori del re nella causa di

cui sopra, vennero alla casa del Sig. Cressy per alloggiare, mentre il re si trasferì a

Greenwich. A cena, seguì una conversazione con il dottor Cranmer, che suggerì che la

questione se un uomo possa sposare o meno la moglie di suo fratello, potrebbe essere

facilmente e rapidamente decisa dalla Parola di Dio, e questo anche nelle corti inglesi come

in quelle di qualsiasi nazione straniera. Il re, inquieto per il ritardo, mandò il dottor Gardiner

e il dottor Fox a consultarli, rimpiangendo che una nuova commissione dovesse essere

inviata a Roma e che la causa fosse prolungata all'infinito. Dopo aver riferito al re la

conversazione che era passata la sera precedente con il dottor Cranmer, sua maestà lo

mandò a chiamare, e aprì la tenerezza della coscienza sulla quasi affinità della regina. Il

Dr. Cranmer consigliò che la questione dovesse essere riferita ai più istruiti divines di

Cambridge e Oxford, in quanto egli non era disposto a immischiarsi in una relazione di tale

peso; ma il re lo invitò a consegnare i suoi sentimenti per iscritto, e a riparare a tal fine al

conte di Wiltshire, che lo avrebbe accolto con libri, e tutto ciò che era necessario per

l'occasione.

Il dottor Cranmer lo fece immediatamente, e nella sua dichiarazione non solo citò

l'autorità delle Scritture, dei consigli generali e degli antichi scrittori, ma sostenne che il

vescovo di Roma non aveva alcuna autorità per fare a meno della Parola di Dio. Il re gli

chiese se avrebbe mantenuto questa dichiarazione audace, alla quale replicò

affermativamente, fu viceambasciatore a Roma, in collaborazione con il conte di Wiltshire,

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Dr. Stokesley, Dr. Carne, Dr. Bennet, e altri, prima di cui, il matrimonio fu discusso nella

maggior parte delle università cristiane e in patria.

Quando il papa presentò il dito del piede da baciare, come di consueto, il conte di

Wiltshire e il suo gruppo rifiutarono. Infatti, si afferma che uno spagnolo del conte attratto

dal piccolo dito del piede del papa, fece uno schiocco su di esso, da cui la sua santità

disegnò nel suo piede sacro, e calciò contro l'offensore con l'altro.

Su richiesta del Papa che chiedeva la causa della loro ambasciata, il conte presentò il

libro del dottor Cranmer, dichiarando che i suoi amici eruditi erano venuti a difenderla. Il

Papa ha trattato l'ambasciata con onore e ha nominato una giornata per la discussione, che

ha rimandato, come se avesse paura della questione delle indagini. Il conte tornò e il dottor

Cranmer, per desiderio del re, visitò l'imperatore, e riuscì a riportarlo alla sua opinione. Al

ritorno del dottore in Inghilterra, il dottor Warham, arcivescovo di Canterbury, dopo aver

abbandonato questa vita transitoria, il dottor Cranmer fu meritatamente elevato a quella

eminente stazione.

In questa funzione, si può dire che seguì da vicino la carica di San Paolo. Diligente in

servizio, si alzò alle cinque del mattino, e continuò a studiare e a pregare fino alle nove: tra

allora e cena, si dedicò agli affari temporali. Dopo cena, se qualche pretendente volesse

sentirli, avrebbe determinato il loro business con una tale affabilità che anche i defaulter

erano scarsamente scontenti. Poi giocava a scacchi per un'ora, o vedeva gli altri giocare, e

alle cinque ascoltava la Preghiera Comune leggere, e da qui fino a cena si ricreava

camminando. A cena la sua conversazione era vivace e divertente; di nuovo camminava o

si divertiva fino alle nove, per poi entrare nel suo studio.

Si classificò in alto a favore del re Enrico, e aveva anche la purezza e l'interesse della

Chiesa inglese profondamente a cuore. La sua lieve e perdonante disposizione è registrata

nel seguente caso. Un prete ignorante, in campagna, aveva definito Cranmer un ostler, e

aveva parlato in modo molto sprezzante del suo apprendimento. Signor Cromwell ricevette

informazioni su di esso, l'uomo fu inviato alla Flotta, e il suo caso fu raccontato

all'arcivescovo da un certo signor Chertsey, un droghiere e un parente del sacerdote. La

sua grazia, dopo aver mandato a chiamare l'autore del reato, ragionò con lui e invitò il

sacerdote a interrogarlo su qualsiasi materia appresa. Questo l'uomo, sopraffatto dalla

buona natura del vescovo e sapendo della propria incapacità eclatante, declinò e supplicò

il suo perdono, che fu immediatamente concesso, con l'incarico di impiegare meglio il suo

tempo quando tornò alla sua parrocchia. Cromwell era molto irritato per la lenitività

mostrata, ma il vescovo era sempre più pronto a ricevere lesioni che a vendicarsi in

qualsiasi altro modo che con buoni consigli e buoni uffici.

Al tempo in cui Cranmer fu elevato ad arcivescovo, fu cappellano del re e arcidiacono

di Taunton; fu anche costituito dal papa come penitenziario generale d'Inghilterra. Fu

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Il Libro dei Martiri di Foxe

considerato dal re che Cranmer sarebbe stato ossequioso; quindi quest'ultimo sposò il re

con Anna Bolena, eseguì la sua incoronazione, fu padrino di Elisabetta, la prima figlia, e

divorziò dal re da Catarina. Anche se Cranmer ricevette una conferma della sua dignità dal

papa, protestò sempre contro il riconoscimento di qualsiasi altra autorità oltre a quella del

re, e persistette negli stessi sentimenti indipendenti quando si presentò davanti ai

commissari di Maria nel 1555.

Uno dei primi passi dopo il divorzio fu quello di impedire la predicazione in tutta la

sua diocesi, ma questa misura ristretta aveva una visione politica piuttosto che religiosa,

poiché c'erano molti che inveivano contro la condotta del re. Nella sua nuova dignità

Cranmer agitò la questione della supremazia, e con le sue argomentazioni potenti e giuste

indotto il parlamento a "rendere a Cesare le cose che sono di Cesare". Durante la residenza

di Cranmer in Germania, nel 1531, conobbe Ossiander, a Norimberga, e sposò sua nipote,

ma la lasciò con lui mentre tornava in Inghilterra. Dopo una stagione la mandò

privatamente, e lei rimase con lui fino all'anno 1539, quando i Sei Articoli lo costrinsero a

restituirla ai suoi amici per un certo periodo.

Va ricordato che Ossiander, avendo ottenuto l'approvazione del suo amico Cranmer,

pubblicò l'opera laburista dell'Armonia dei Vangeli nel 1537. Nel 1534 l'arcivescovo

completò il più caro desiderio del suo cuore, la rimozione di ogni ostacolo alla perfezione

della Riforma, con la sottoscrizione dei nobili e dei vescovi alla supremazia del re. Solo il

vescovo Fisher e Signor Tommaso More si opposero; e il loro accordo di non opporsi alla

successione Cranmer era disposto a considerare sufficiente, ma il monarca non avrebbe

avuto altro che un'intera concessione.

Non molto tempo dopo, Gardiner, in un'intervista privata con il re, parlò inimicamente

di Cranmer, (che odiava maliziosamente) per aver assunto il titolo di primate di tutta

l'Inghilterra, come dispregiativo alla supremazia del re. Ciò creò molta gelosia nei confronti

di Cranmer, e la sua traduzione della Bibbia fu fortemente osteggiata da Stokesley, vescovo

di Londra. Si dice, dopo la morte della regina Caterina, che il suo successore Anna Bolena

abbia esultato-una lezione questo per mostrare quanto sia superficiale il giudizio umano!

dal momento che la sua esecuzione ha avuto luogo nella primavera dell'anno successivo, e

il re, il giorno successivo alla decapitazione di questa signora sacrificata, ha sposato la bella

Gianna Seymour, una damigella d'onore della defunta regina. Cranmer fu amico di Anna

Bolena, ma era pericoloso opporsi alla volontà del monarca tirannico carnale.

Nel 1538, le Sacre Scritture furono apertamente esposte alla vendita; e i luoghi di culto

strariparono ovunque per ascoltare le sue dottrine sacre esposte. Dopo che il re passò in

una legge i famosi Sei Articoli, che andarono quasi di nuovo a stabilire i principi essenziali

del credo romanico, Cranmer mostrò tutto il lustro di un paziot cristiano, nel resistere alle

dottrine che contenevano, e in cui fu sostenuto dai vescovi di Sarum, Worcester, Ely, e

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Rochester, i due ex dei quali dimisero le loro diocesi. Il re, anche se ora in opposizione a

Cranmer, venerava ancora la sincerità che segnava la sua condotta. La morte di Signor

Cromwell nella Torre, nel 1540, buon amico di Cranmer, fu un duro colpo per la causa

protestante, ma anche ora Cranmer, quando vide la marea direttamente avversa alla verità,

audacemente attese sul re di persona, e con la sua supplica virile e accorata, fece passare il

Libro degli Articoli dalla sua parte, alla grande confusione dei suoi nemici, che avevano

contemplato la sua caduta come inevitabile.

Cranmer ora viveva nel modo più appartato possibile, fino a quando il rancore di

Winchester preferì alcuni articoli contro di lui, relativi all'opinione pericolosa che

insegnava nella sua famiglia, uniti ad altre accuse ragionevoli. Questi furono consegnati

dal re stesso a Cranmer, e credendo fermamente nella fedeltà e nelle affermazioni di

innocenza del prelato accusato, fece sì che la questione fosse oggetto di indagini

approfondite, e Winchester e il dottor Lenden, con Thornton e Barber, della casa del

vescovo, furono trovati dai giornali come i veri cospiratori. Il mite e perdonante Cranmer

avrebbe intercettato per ogni remissione della pubblicazione, se Enrico, soddisfatto del

sussidio votato dal Parlamento, non avesse lasciato che fossero congedati. Questi uomini

nefasti, tuttavia, rinnovando nuovamente i loro complotti contro Cranmer, caddero vittime

del risentimento di Enrico, e Gardiner perse per sempre la sua fiducia. Signor G. Gostwick

subito dopo mosse accuse contro l'arcivescovo, che Enrico sedò, e il primate era disposto

a perdonare.

Nel 1544, il palazzo arcivescovile di Canterbury fu bruciato, e suo cognato con altri

perì in esso. Queste varie afflizioni possono servire a riconciliarci ad uno stato umile; per

quale felicità potrebbe vantare questo grande e buono, dal momento che la sua vita è stata

costantemente molestata da croci politiche, religiose o naturali? Ancora una volta

l'inveterato Gardfiner mosse alte accuse contro il mite arcivescovo e lo avrebbe mandato

alla Torre; ma il re era suo amico, gli diede il suo sigillo che avrebbe potuto difenderlo, e

nel Concilio non solo dichiarò il vescovo uno degli uomini più colpiti del suo regno, ma

rimproverò aspramente i suoi accusatori per la loro calunnia.

Essendo stata fatta una pace, Enrico e il re francese, Enrico il Grande, furono unanimi

nell'abolire la Messa nel loro regno, e Cranmer si dedicò a questa grande opera; ma la morte

del monarca inglese, nel 1546, sospese la precedenza, e il re Edoardo il suo successore

continuò Cranmer nelle stesse funzioni, sulla cui incoronazione pronunciò una carica che

onorerà sempre la sua memoria, per la sua purezza, libertà e verità. Durante questo regno

perseguì la gloriosa Riforma con zelo inesauribile, anche nell'anno 1552, quando fu colto

da una grave piaga, dalla quale piacque a Dio di ripristinarlo per poter testimoniare con la

sua morte la verità di quel seme che aveva diligentemente seminato.

259


Il Libro dei Martiri di Foxe

La morte di Edoardo, nel 1553, espose Cranmer a tutta la rabbia dei suoi nemici.

Anche se l'arcivescovo era tra coloro che sostenevano l'ascesa di Maria, fu attaccato alla

riunione del parlamento, e in novembre fu giudicato colpevole di alto tradimento a

Guildhall, e degradato dalla sua dignità. Inviò un'umile lettera a Maria, spiegando la causa

della sua firma del testamento a favore di Edoardo, e nel 1554 scrisse al Consiglio, che

pressò per ottenere un perdono dalla regina, con una lettera consegnata al dottor Weston,

ma che la lettera aprì, e vedendone il contenuto, in pratica ritornò.

Il tradimento era un'accusa del tutto inapplicabile a Cranmer, che sosteneva i diritti

della regina; mentre altri, che avevano favorito Signora Gianna, furono licenziati dopo aver

pagato una piccola multa. Una calunnia si diffuse contro Cranmer che egli rispettò alcune

delle cerimonie papiste per ingraziarsi la regina, cosa che osò pubblicamente sconfessare,

e giustificò i suoi articoli di fede. La parte attiva che il prelato aveva preso nel divorzio

della madre di Maria aveva sempre avuto una posizione profonda nel cuore della regina, e

la vendetta formò un elemento importante nella morte di Cranmer.

In questo lavoro abbiamo notato le controversie pubbliche a Oxford, in cui i talenti di

Cranmer, Ridley e Latimer brillavano così vistosamente, e tendevano alla loro condanna.

La prima frase era illegale, in quanto il potere usurpato del Papa non era stato ancora

ristabilito dalla legge.

Essendo stato tenuto in carcere fino a quando questo non fu effettuato, una

commissione fu spedita da Roma, nominando il dottor Brooks a sedere come

rappresentante di sua santità, e il dottor Drs. Story e Martin come quelli della regina.

Cranmer era disposto a piegarsi all'autorità dei Drs. Story e Martin, ma contro quello del

dottor Brooks ha protestato. Queste sono state le osservazioni e le risposte di Cranmer,

dopo un lungo esame, che il dottor Broks ha osservato, "Veniamo a esaminarti, e metodi

che tu esamini noi."

Essendo stato rimandato al confino, ricevette una citazione per comparire a Roma

entro diciotto giorni, ma questo era impraticabile, poiché era imprigionato in Inghilterra; e

come affermò, anche se fosse stato in libertà, era troppo povero per assumere un avvocato.

Assurdo come deve apparire, Cranmer fu condannato a Roma, e il 14 febbraio 1556, fu

nominata una nuova commissione, con la quale, Thirlby, vescovo di Ely, e Bonner, di

Londra, furono sostituiti a sedere in giudizio a Christ-church, Oxford. In virtù di questo

strumento, Cranmer fu gradualmente degradato, mettendogli dei semplici stracci addosso

per rappresentare l'abito di un arcivescovo; poi spogliandolo del suo abbigliamento, si

tolsero il proprio abito e ne misero invece uno vecchio indossato su di lui. Questo lo portò

impassibile, e i suoi nemici, trovando che la severità lo rendeva solo più determinato,

tentarono la strada opposta, e lo misero nella casa del decano di Cristo-chiesa, dove fu

trattato con ogni indulgenza.

260


Il Libro dei Martiri di Foxe

Questo presentò un tale contrasto con i tre anni di prigionia che aveva ricevuto, che lo

buttò fuori dalla sua guardia. La sua natura aperta e generosa era più facile da sedurre da

una condotta liberale che da minacce e feture. Quando Satana trova la prova cristiana

contro un modo di attacco, ne prova un altro; e quale forma è così seducente come sorrisi,

ricompense e potere, dopo una lunga, dolorosa prigionia? Così fu con Cranmer: i suoi

nemici gli promisero la sua precedente grandezza se lui non avesse fatto altro che recedere,

così come il favore della regina, e questo nel momento stesso in cui sapevano che la sua

morte era determinata in consiglio. Per ammorbidire il cammino verso l'apostasia, il primo

documento portato per la sua firma fu concepito in termini generali; questo una volta

firmato, altri cinque furono ottenuti come spiegazione del primo, fino a quando finalmente

mise mano al seguente strumento detestabile:

Io, Tommaso Cranmer, defunto arcivescovo di Canterbury, rinuncio, aborro e detesto

ogni sorta di eresia ed errore di Lutero e Zwingli, e tutti gli altri insegnamenti che sono

contrari alla sana e vera dottrina. E credo più costantemente nel mio cuore, e con la mia

bocca confesso una Chiesa santa e cattolica visibile, senza la quale non c'è salvezza; e

perciò riconosco il Vescovo di Roma come capo supremo sulla terra, che riconosco essere

il più alto vescovo e papa, e vicario di Cristo, al quale tutti i cristiani dovrebbero essere

soggetti.

E per quanto riguarda i sacramenti, io credo e adoro nel sacramento dell'altare il corpo

e il sangue di Cristo, essendo contenuti più realmente sotto le forme del pane e del vino; il

pane, per la potenza potente di Dio, trasformato nel corpo del nostro Salvatore Gesù Cristo,

e il vino nel suo sangue.

E anche negli altri sei sacramenti, (come in questo) credo e sostengo la Chiesa

universale, e la Chiesa di Roma giudica e determina.

Inoltre, credo che ci sia un luogo di purgatorio, dove le anime defunte siano punite per

un certo tempo, per il quale la Chiesa preghi in modo devoto e onesto, come onora i santi

e fa loro le preghiere.

Infine, in tutte le cose che professo, non credo altrimenti che la Chiesa Cattolica e la

Chiesa di Roma detengano e insegnino. Mi dispiace di aver mai tenuto o pensato

diversamente. E supplico Dio Onnipotente, che della Sua Misericordia Egli mi darà la

garanzia di perdonarmi qualunque cosa io abbia offeso contro Dio o la Sua Chiesa, e

anch'io desidero e chiedo a tutti i cristiani di pregare per me.

E tutti questi sono stati ingannati dal mio esempio o dalla mia dottrina, esigo dal

sangue di Gesù Cristo che ritornino all'unità della Chiesa, che possiamo essere tutti di una

sola mente, senza scisma o divisioni.

261


Il Libro dei Martiri di Foxe

"E per concludere, mentre mi sottometto alla Chiesa cattolica di Cristo, e al suo capo

supremo, mi sottometto alle più eccellenti maestà di Filippo e Maria, re e regina di questo

regno d'Inghilterra, ecc., e a tutte le altre loro leggi e ordinanze, essendo sempre pronto

come soggetto fedele ad obbedire a loro. E Dio è il mio testimone, che non l'ho fatto per

favore o per paura di qualsiasi persona, ma volentieri e della mia coscienza, come per

l'istruzione degli altri".

"Che colui che è in piedi prenda cura di non cadere!" disse l'apostolo, ed ecco che si

è verificato un crollo! I papisti ora trionfano a loro volta: avevano acquisito tutto ciò che

volevano a corto della sua vita. La sua ritrattazione fu immediatamente stampata e dispersa,

che avrebbe potuto avere il suo dovuto effetto sui protestanti stupiti. Ma Dio contrattaccò

operando tutti i disegni dei cattolici per la misura in cui essi portavano l'implacabile

persecuzione delle loro prede. Senza dubbio, l'amore per la vita indusse Cranmer a firmare

la dichiarazione di cui sopra: tuttavia si può dire che la morte sia stata preferibile alla vita

a colui che giaceva sotto le punture di una coscienza addolorata e il disprezzo di ogni

cristiano evangelico; questo principio lo sentiva fortemente in tutta la sua forza e angoscia.

La vendetta della regina era solo da saziare del sangue di Cranmer, e quindi scrisse un

ordine al dottor Pole, per preparare un sermone da predicare il 21 marzo, direttamente

prima del suo martirio, a San Maria's, Oxford. Il dottor Pole lo visitò il giorno precedente,

e fu indotto a credere che avrebbe espresso pubblicamente i suoi sentimenti a conferma

degli articoli a cui aveva aderito. Verso le nove del mattino del giorno del sacrificio, i

commissari della regina, presenti i magistrati, condussero l'amabile sfortunato alla chiesa

di Santa Maria. Il suo vestito lacerato e sporco, lo stesso in cui lo abitavano al suo degrado,

eccitava la commiserazione del popolo. Nella chiesa trovò un basso palcoscenico medio,

eretto di fronte al pulpito, sul quale era posto, voltò il volto e pregò ardentemente Dio.

La chiesa era affollata di persone di entrambe le convinzioni, in attesa di sentire la

giustificazione della tarda apostasia: i cattolici esultavano, e i protestanti profondamente

feriti nello spirito per l'inganno del cuore umano. Il dottor Pole, nel suo sermone,

rappresentò Cranmer come colpevole dei crimini più atroci; incoraggiò il malato illuso a

non temere la morte, a non dubitare del sostegno di Dio nei suoi tormenti, né che le messe

sarebbero state dette in tutte le chiese di Oxford per il riposo della sua anima. Il dottore

notò allora la sua conversione, e che attribuì all'evidente lavoro del potere onnipotente e

affinché il popolo potesse essere convinto della sua realtà, chiese al prigioniero di dare loro

un segno. Questo Cranmer lo fece, e pregò la congregazione di pregare per lui, perché egli

aveva commesso molti e gravi peccati; ma, di tutti, ce n'era uno che si adagiava

terribilmente sulla sua mente, di cui avrebbe parlato a breve.

Durante il sermone Cranmer pianse lacrime amare: alzando le mani e gli occhi al cielo,

e lasciandoli cadere, come indegni di vivere: il suo dolore ora si sfoga con le parole: prima

262


Il Libro dei Martiri di Foxe

della sua confessione cadde in ginocchio, e, con le parole seguenti, svelò la profonda

contrarietà e agitazione che straziava la sua anima.

"O Padre dei cieli! O Figlio di Dio, Redentore del mondo! O Santo Spirito, tre persone,

un solo Dio! Abbiate pietà di me, il più miserabile caitiff e miserabile peccatore. Ho offeso

sia il cielo che la terra, più di quanto possa esprimere la mia lingua. Allora, se posso andare

o dove posso scappare? Al cielo mi vergogno di alzare i miei occhi e in terra non trovo

nessun luogo di rifugio o di soccorso. A Te, dunque, o Signore, corro; a Te mi umilio,

dicendo: O Signore, mio Dio, i miei peccati siano grandi, ma abbi pietà di me per la Tua

grande misericordia. Il grande mistero che Dio si è fatto uomo, non è stato compiuto per

poche o piccole offese. Non hai dato la morte al Tuo Figlio, Padre Celeste, solo per i piccoli

peccati, ma per tutti i peccati più grandi del mondo, affinché il peccatore torni a Te con

tutto il suo cuore, come faccio ora. Perciò, abbi pietà di me, o Dio, la cui proprietà è sempre

avere pietà, abbi pietà di me, o Signore, per la Tua grande misericordia. Non bramo nulla

per i miei meriti, ma per il tuo nome, perché sia santificato così, e per il tuo caro Figlio,

Gesù Cristo.

E ora dunque, Padre del Cielo, santificato sia il Tuo nome", ecc. Risorto, egli disse

che prima della sua morte desiderava dare loro alcune pie esortazioni con le quali Dio

potesse essere glorificato e se stesso edificato. Poi discese sul pericolo di un amore per il

mondo, il dovere di obbedienza alle loro maestà, di amore reciproco e la necessità dei ricchi

di amministrare ai desideri dei poveri. Ha citato i tre versetti del quinto Capitolo di

Giacomo, e poi ha proseguito, Che siano ricchi meditino bene queste tre frasi: perché se

mai avessero avuto occasione di mostrare la loro carità, ora ce l'hanno adesso, la gente

povera è così numerosa, e vittoriosa così cara.

E ora per quanto io sia giunto all'ultimo estremo della mia vita, dopo di che tutta la

mia vita è passata, e tutta la mia vita verrà, o per vivere con il mio maestro Cristo per

sempre nella gioia, o per essere sempre nel dolore con i malvagi all'inferno, e vedo davanti

ai miei occhi al momento, o il cielo pronto ad accogliermi, o l'inferno pronto ad inghiottirmi;

perciò vi dichiarerò la mia stessa fede come credo, senza alcun colore di dissimulazione:

per ora non è tempo di dissimulare, qualsiasi cosa io abbia detto o scritto in tempi passati.

In primo luogo, credo in Dio Padre Onnipotente, Creatore del cielo e della terra, ecc.

E credo in ogni articolo della fede cattolica, in ogni parola e frase insegnata dal nostro

Salvatore Gesù Cristo, i Suoi apostoli e profeti, nel Nuovo e Vecchio Testamento.

E ora vengo alla grande cosa che tanto inquieta la mia coscienza, più di ogni cosa che

abbia mai fatto o detto in tutta la mia vita, e cioè l'ambientazione all'estero di una scrittura

contraria alla verità, che ora qui rinuncio e rifiuto, come cose scritte con la mia mano

contrarie alla verità che pensavo nel mio cuore, e scritte per paura della morte, e per

salvarmi la vita, se può essere; e cioè, tutte queste leggi o carte che ho scritto o firmato con

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Il Libro dei Martiri di Foxe

la mia mano dal degrado, in cui ho scritto molte cose non vere. E per quanto la mia mano

abbia offeso, scrivendo contrariamente al mio cuore, quindi la mia mano sarà prima punita;

perché quando arriverò al fuoco sarà prima bruciata.

"E quanto al Papa, lo rifiuto come nemico di Cristo, e dell'Anticristo, con tutta la sua

falsa dottrina". Alla conclusione di questa inattesa dichiarazione, stupore e indignazione

sono stati evidenti in ogni parte della chiesa. I cattolici furono completamente sventati, il

loro oggetto era frustrato, Cranmer, come Sansone, avendo completato una rovina più

grande sui suoi nemici nell'ora della morte, di quanto fece nella sua vita.

Cranmer avrebbe proceduto nell'esposizione delle dottrine papiste, ma i soffi degli

idolatri affossarono la sua voce, e il predicatore diede l'ordine di "portare via l'eretico!" Il

comando selvaggio fu direttamente obbedito, e l'agnello che stava per soffrire fu strappato

dalla sua postazione al luogo di macellazione, insultato fino in fondo dai vilipendi e dagli

scherni dei monaci e dei frati pestilenti.

Con pensieri intenti ad un oggetto molto più alto delle minacce vuote dell'uomo,

raggiunse il punto tinto con il sangue di Ridley e Latimer. Lì si inginocchiò per un breve

periodo in devozione, e poi sorse, perché si spogliasse e si preparasse per il fuoco. Due

frati che erano stati fautori di abiurare, ora tentarono di tirarlo fuori di nuovo dalla verità,

ma egli era fermo e inamovibile in quello che aveva appena professato, e pubblicamente

insegnato. Venne fornita una catena per legarlo al rogo, e dopo che questo lo aveva

circondato, il fuoco fu messo al combustibile, e le fiamme cominciarono presto a salire.

Poi si sono manifestati i sentimenti gloriosi del martire; poi è stato, teso la mano destra,

che l'ha tenuta indefettibilmente nel fuoco fino a bruciarla in una cenere, ancor prima che

il suo corpo fosse ferito, spesso esclamando: "Questa indegna mano destra".

Il suo corpo sopportava il rogo con tale fermezza che sembrava non avere altro che il

palo a cui era legato; i suoi occhi erano sollevati fino al cielo, e ripeteva "questa indegna

mano destra", finché la sua voce lo avrebbe sofferto; e usando spesso le parole di Stefano,

"Signore Gesù, ricevi il mio spirito", nella grandezza della fiamma, abbandonò il fantasma.

La Visione di tre scale a Pioli

Quando Robertoo Samuele fu fatto venire per essere bruciato, certo che ci furono

quelli che lo sentirono dichiarare quali cose strane gli erano accadute durante il periodo

della sua prigionia; per dire, che dopo che aveva affamato o aveva appiccato la fame due o

tre giorni insieme, cadde in un sonno, come se fosse un mezzo in un sonno, nel quale un

vestito tutto bianco sembrava stare davanti a lui, che gli serviva conforto con queste parole:

"Samuele, Samuele, sia di buon cuore e ti porti a cuore; perché dopo questo giorno

non avrai mai fame o sete".

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Non meno memorabile è, e degno di essere notato, per quanto riguarda le tre scale che

egli disse ai sommozzatori che vedeva nel sonno, montate verso il cielo; delle quali ce n'era

una un po' più lunga del resto, ma tuttavia a lungo divennero una, unendo (come era) tutti

e tre insieme.

Mentre questo santo martire andava al fuoco, gli venne una certa cameriera, che lo

prese per il collo, e lo baciò, che, segnato da quelli che erano presenti, fu ricercato per il

giorno dopo, per essere stato incarcerato e bruciato, come mi disse la stessa festa: Come

Dio della Sua bontà avrebbe avuto, lei fuggì dalle loro mani infuocate, mantenendosi

segreta in città per un bel po'.

Ma siccome questa cameriera, chiamata Rose Nottingham, era meravigliosamente

preservata dalla provvidenza di Dio, c'erano altre due donne oneste che caddero nella

rabbia e nella furia di quel tempo. Quella era la moglie di un produttore di birra, l'altra era

la moglie di un calzolaio, ma entrambe insieme ora sposavano un nuovo marito, Cristo.

Con questi due c'era questa cameriera, già molto familiare e ben conosciuta, che, nel

momento in cui dava consigli a una di loro, di farsi largo mentre aveva tempo e spazio,

aveva di nuovo la risposta: "So bene," dice lei, "che è lecito abbastanza volare via; quale

rimedio si può usare, se si elenca. Ma il mio caso è diverso. Io sono legato a un marito, e

ho oltre ai figli piccoli in casa; perciò sono propenso, per l'amore di Cristo e la Sua verità,

a stare all'estremo della questione".

E così il giorno dopo che Samuel ha sofferto, queste due mogli divine, quella di nome

Anne Potten, l'altra di nome Joan Trunchfield, la moglie di Michael Trunchfield, calzolaio

di Ipswich, sono state arrestate, e hanno avuto entrambe in una prigione insieme. Poiché

erano entrambi per sesso e natura un po' teneri, così erano all'inizio meno in grado di

sopportare la rigidità della prigione; e soprattutto la moglie del birraio è stato gettato in

meravigliose grandi agonie e problemi di mente in questo modo. Ma Cristo, vedendo la

debole infermità del Suo servo, non ha mancato di aiutarla quando era in questa necessità;

così a lungo hanno sofferto entrambi dopo Samuele, nel 1556, 19 febbraio. E queste, senza

dubbio, erano quelle due scale che, unite alla terza, Samuele vide tese in cielo. Questo

beato Samuele, il servo di Cristo, soffrì il trentunesimo agosto del 1555.

Il rapporto va tra alcuni che erano lì presenti, e lo ha visto bruciare, che il suo corpo

in fiamme ha brillato negli occhi di loro che si sono fermati, brillante e bianco come argento

nuovo-provato.

Quando Agnes Bongeor si vide separata dai suoi carcerieri, che gemito pietoso fece

quella brava donna, quanto piangeva amaramente, quali strani pensieri le vennero in mente,

quanto nuda e desolata si stimava, e in quale tuffo di disperazione e cura fu portata la sua

povera anima, fu pietoso e meraviglioso vedere; che tutto venne perché non andò con loro

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Il Libro dei Martiri di Foxe

a darle la vita in difesa di Cristo; poiché di tutte le cose del mondo, la vita era perlomeno

guardata alle sue mani.

Per quella mattina in cui non si era bruciata, se si fosse messa una fumata, che aveva

preparato solo a tal fine. E anche avere un bambino, un bambino piccolo che la succhiava,

che teneva con sé teneramente tutto il tempo che era in prigione, contro quel giorno anche

lei mandò via ad un'altra infermiera, e si preparò ora a donarsi per la testimonianza del

glorioso Vangelo di Gesù Cristo. Così poco ha cercato la vita, e così tanto hanno fatto i

doni di Dio nella sua sopra natura, che la morte sembrava molto meglio accoglienza della

vita. Dopo di che, cominciò un po' a rimanere se stessa, e diede tutto il suo esercizio alla

lettura e alla preghiera, in cui non trovò poco conforto. In breve tempo arrivò un writ da

Londra per il rogo, che secondo l'effetto di ciò, fu eseguito.

Hugh Laverick e Giovanni Aprice

Qui si percepisce che né l'impotenza dell'età né l'afflizione della cecità, potrebbero

mettere da parte le zanne assassine di questi mostri babilonesi. Il primo di questi sfortunati

fu della parrocchia di Barking, all'età di sessantotto anni, un pittore e uno storpio. L'altro

era cieco, oscuro nelle sue facoltà visive, ma intellettualmente illuminato con la radiosità

dell'eterno Vangelo della verità. Oggetti inoffensivi come questi furono smentiti da alcuni

dei figli del bigottismo e trascinati davanti allo squalo prelatico di Londra, dove furono

esaminati, e risposero agli articoli loro proposti, come altri martiri cristiani avevano fatto

prima. Il nove maggio, nel concistoro di San Paolo, furono pregati di recedere e, dopo il

rifiuto, furono inviati a Fulham, dove Bonner, tramite un dessert dopo cena, li condannò

alle agonie del fuoco. Essendo stati inviati agli ufficiali laici, il 15 maggio 1556, furono

portati in un carro da Newgate a Stratford-le-Bow, dove furono attaccati al rogo. Quando

Ugo Laverick fu assicurato dalla catena, non avendo più occasione per la sua stampella, la

gettò via dicendo al suo compagno-martire, mentre lo consolava, "Sii di buon augurio mio

fratello; perché il mio signore di Londra è il nostro buon medico; ci guarirà sia a breve-te

della tua cecità, sia me della mia zoppia." Affondarono nel fuoco, per elevarsi

all'immortalità!

Il giorno dopo i suddetti martirio, Catharine Hut, di Bocking, vedova; Joan Horns,

zitella, di Billerica; Elizabetta Thackwel, zitella, di Great Burstead, ha sofferto la morte a

Smithfield. Tommaso Dowry. Dobbiamo di nuovo registrare un atto di crudeltà spietata,

esercitato su questo ragazzo, che il vescovo Hooper, aveva confermato nel Signore e nella

conoscenza della sua Parola.

Non si sa per quanto tempo questo povero malato sia rimasto in prigione. Dalla

testimonianza di un certo Giovanni Paylor, registro di Gloucester, apprendiamo che quando

Dowry fu portato davanti al dottor Guillermos, allora cancelliere di Gloucester, gli articoli

abituali gli furono presentati per la sottoscrizione. Da questi egli dissentì; e, su richiesta del

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Il Libro dei Martiri di Foxe

medico di chi e dove aveva imparato le sue eresie, il giovane rispose: "Anzi, signor

Cancelliere, ho imparato da lei proprio in quel pulpito. In quel giorno (nominando il giorno)

hai detto, predicando il Sacramento, che doveva essere esercitato spiritualmente dalla fede,

e non carnalmente e realmente, come insegnato dai papisti". Il dottor Guillermos gli disse

di recedere, come aveva fatto lui; ma Dowry non aveva imparato così tanto il suo dovere.

"Anche se tu," disse, "puoi così facilmente prendere in giro Dio, il mondo, e la tua

coscienza, eppure io non lo farò."

Conservazione di Giorgio Crow e del suo testamento

Questo povero uomo, di Malden, il 26 maggio 1556, mise in mare, per sbarcare in

Quaresima con la terra di Pieno, ma la barca, essendo guidata sulla terra, piena d'acqua, e

tutto fu lavato fuori da lei; Corvo, tuttavia, salvò il suo Testamento, e ambì nient'altro. Con

Crow c'erano un uomo e un ragazzo, la cui terribile situazione diventava ogni minuto più

allarmante, dato che la barca era inutile, ed erano a dieci miglia dalla terra, aspettandosi

che la marea avrebbe dovuto in poche ore calarsi su di loro. Dopo aver pregato Dio, salirono

sull'albero, e vi rimasero appesi per dieci ore, quando il povero ragazzo, sopraffatto dal

freddo e dall'esaurimento, cadde e annegò. La marea si placò, Crow propose di abbattere

gli alberi e di galleggiare su di essi, cosa che fecero; e alle dieci di notte furono portati via

in balia delle onde. Mercoledì, nella notte, il compagno di Crow è morto per la fatica e la

fame, ed è stato lasciato solo, chiamando Dio per il soccorso. Alla fine fu preso da un

capitano Morse, diretto ad Anversa, che si era quasi allontanato, portandolo per qualche

boa da pescatore galleggiante in mare. Appena Corvo salì a bordo, si mise la mano nel

petto e tirò fuori il suo Testamento, che era effettivamente bagnato, ma non altrimenti ferito.

Ad Anversa fu ben accolto, e i soldi che aveva perso erano più che buoni per lui.

Esecuzioni a Stratford-le-Bow

A questo sacrificio, che stiamo per descrivere non meno di tredici sono stati

condannati al fuoco. Ognuno di loro si rifiutò di sottoscrivere un accordo contrario alla

coscienza, e il ventisette giugno 1556 fu nominato per la loro esecuzione a Stratford-le-

Bow. La loro costanza e la loro fede glorificavano il loro Redentore, sia nella vita che nella

morte.

Rev. Julius Palmer

La vita di questo gentiluomo presenta un singolare esempio di errore e di conversione.

Al tempo di Edoardo era un papista rigido e ostinato, così avverso alla predicazione divina

e sincera, che era persino disprezzato dal suo stesso partito; che questo quadro mentale

doveva essere cambiato, e soffriva persecuzione e morte nel regno della regina Maria, sono

tra quegli eventi di onnipotenza a cui ci stupiamo e ammiriamo.

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Il signor Palmer nacque a Coventry, dove suo padre era stato sindaco. Dopo essere

stato trasferito a Oxford, divenne, sotto il signor Harley, del Magdalen College, un elegante

studioso latino e greco. Era appassionato di disputa utile, possedeva un'intelligenza vivace

e una memoria forte. Indefatigabile nello studio privato, si alzò alle quattro del mattino, e

con questa pratica si qualificò per diventare lettore di logica nel Magralen College. I tempi

di Edoardo, tuttavia, favorendo la Riforma, Palmer fu spesso punito per il suo disprezzo

della preghiera e del comportamento ordinato, e fu a lungo espulso dalla casa. In seguito

abbracciò le dottrine della Riforma, che lo portarono all'arresto e alla condanna definitiva.

Un certo nobile gli offrì la sua vita se avesse ritrattato.

"Se è così," disse, "tu vivrai con me. E se vuoi sposarti, ti procurero' una moglie e una

fattoria, e ti aiutero' a sistemare la tua fattoria per te. Come si dice?"

Palmer lo ringraziò molto cortesemente, ma molto modestamente e riverentemente

concluse che come aveva già rinunciato a vivere per amore di Cristo, così sarebbe stato

con la grazia di Dio pronto ad arrendersi e a cedere la sua vita anche per lo stesso, quando

Dio avrebbe dovuto mandare il tempo.

Quando Signor Riccardo ha capito che non cederà in alcun modo:

"Beh, Palmer," dice, "allora io percepisco che uno di noi due gemelli sarà dannato:

perché siamo di due fedi, e certo che io sono lì è solo una fede che conduce alla vita e alla

salvezza."

Palmer: "O signore, spero che entrambi saremo salvati."

Signor Riccardo: "Com'è possibile?"

Palmer: "Bene, signore. Poiché ha gradito al nostro Salvatore misericordioso, secondo

la parabola del Vangelo, chiamarmi alla terza ora del giorno, anche nei miei fiori, all'età di

quattro e vent'anni, anche se confido che Egli ha chiamato, e vi chiamerà, all'undicesima

ora di questa vostra vecchiaia, e vi darà la vita eterna per la vostra porzione".

Signor Riccardo: "Dite così? Beh, Palmer, beh, potrei averti solo un mese in casa mia:

non dubito, ma ti convertirei, o mi dovrai convertire."

Poi disse il Maestro Winchcomb: "Abbiate pietà dei vostri anni d'oro, e fiori piacevoli

di gioventù lussuosa, prima che sia troppo tardi."

Palmer: "Signore, desidero quei fiori che spuntano che non svaniranno mai."

Fu processato il 15 luglio 1556, insieme a Tommaso Askin, suo compagno di prigionia.

Askin e un certo Giovanni Guin erano stati condannati il giorno prima, e il signor Palmer,

il quindicesimo, è stato portato alla sentenza definitiva. L'esecuzione è stata ordinata per

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Il Libro dei Martiri di Foxe

seguire la sentenza, e alle cinque del pomeriggio, in un luogo chiamato Sand-pits, questi

tre martiri sono stati legati ad un palo. Dopo aver devotamente pregato insieme, hanno

cantato il trentunesimo salmo.

Quando il fuoco si accese, ed esso si impadronì dei loro corpi, senza che apparisse un

dolore duraturo, continuarono a gridare: "Signore Gesù, rafforza! Signore Gesù ricevi le

nostre anime!" fino a quando l'animazione fu sospesa e la sofferenza umana fu superata. È

singolare che, quando le loro teste erano cadute insieme in una messa per la forza delle

fiamme, e gli spettatori pensavano Palmer come senza vita, la sua lingua e le sue labbra si

mossero di nuovo, e si sentì pronunciare il nome di Gesù, al quale essere gloria e onore per

sempre!

Joan Waste e altri

Questa povera, onesta donna, cieca fin dalla nascita, e non sposata, di ventidue anni,

era della parrocchia di Allhallows, Derby. Suo padre era un barbiere, e anche fatto le corde

per vivere: in cui lo ha assistito, e ha anche imparato a lavorare a maglia diversi articoli di

abbigliamento. Rifiutandosi di comunicare con coloro che mantenevano dottrine contrarie

a quelle che aveva imparato ai tempi del pio Edoardo, fu chiamata davanti al dottor Draicot,

il cancelliere del vescovo Blaine, e a Pietro Finch, funzionario di Derby.

Con argomentazioni sophisitiche e minacce si sforzarono di confondere la povera

ragazza; ma ella si offrì di cedere alla dottrina del vescovo, se lui le rispondesse al Giorno

del Giudizio, (come il pio dottor Taylor aveva fatto nei suoi sermoni) che la sua

convinzione della presenza reale del Sacramento era vera. Il vescovo in un primo momento

rispose che lo avrebbe fatto; ma il dottor Draicot gli ricordò che non poteva in alcun modo

rispondere per un eretico, ritirò la sua conferma dei suoi principi; e lei rispose che se le

loro coscienze non gli avrebbero permesso di rispondere al bar di Dio per quella verità che

desideravano che lei sottoscrivesse, lei non avrebbe risposto più alle domande. La sentenza

fu poi giudicata e la dottoressa Draicot nominata per predicare il suo sermone condannato,

che ebbe luogo il 1º agosto 1556, il giorno del suo martirio. Terminato il suo discorso

fulminante, l'oggetto povero e senza vista fu portato in un luogo chiamato Windmill Pit,

vicino alla città, dove per un certo periodo tenne per mano il fratello, e poi si preparò al

fuoco, invitando la moltitudine pietosa a pregare con lei, e Cristo ad avere misericordia su

di lei, fino a quando la gloriosa luce del Sole eterno della giustizia irradiò sul suo spirito

defunto.

A novembre, quindici martiri furono imprigionati nel castello di Canterbury, di cui

tutti bruciati o affamati. Tra questi ultimi c'erano J. Clark, D. Chittenden, W. Foster di

Stonc, Alice Potkins, e J. Archer, di Cranbrooke, tessitore. I due primi non avevano

ricevuto alcuna condanna, mentre gli altri sono stati condannati al rogo. Foster, al suo

esame, osservò l'utilità di portare candele accese durante il giorno della Candelora, che

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Il Libro dei Martiri di Foxe

avrebbe potuto anche portare un forcone; e che un gibbet avrebbe avuto un effetto

altrettanto buono quanto la croce.

Abbiamo ora posto fine alle proscrizioni sanguinarie della spietata Maria, nell'anno

1556, il cui numero era superiore agli 84!

L'inizio dell'anno 1557 fu notevole per la visita del cardinale Pole all'Università di

Cambridge, che sembrava aver bisogno di molta pulizia dai predicatori eretici e dalle

dottrine riformate. Uno degli obiettivi era anche quello di giocare la farsa papista di provare

Martin Bucer e Paoloo Fago, che erano stati sepolti circa tre o quattro anni; a tal fine le

chiese di Santa Maria e San Michele, dove giacevano, furono interdette come luoghi vili e

poco santi, inadatte ad adorare Dio, fino a che non furono profumate e lavate con l'acqua

santa del papa, ecc., ecc. L'atto trombante di citare questi riformatori morti a comparire,

non avendo avuto il minimo effetto su di loro, il 26 gennaio, è stata emessa la sentenza di

condanna, parte della quale è avvenuta in questo modo, e può servire da esempio di un

procedimento di questa natura: "Pronunciamo quindi i detti Martin Bucer e Paoloo Fagio

scomunicati e anatematizzati, così come dalla legge comune, come da lettere di processo;

e che la loro memoria sia condannata, condanniamo anche i loro corpi e le loro ossa (che

in quel tempo perverso di scisma, e altre eresie fiorenti in questo regno, sono stati sepolti

in modo sconsiderato) per essere dissotterrati, e gettati lontano dai corpi e dalle ossa dei

fedeli, secondo i santi canoni, e noi ordiniamo che essi e i loro scritti, se ci saranno, siano

bruciati pubblicamente; e interdiciamo tutte le persone di questa università, città, o luoghi

adiacenti, che leggeranno o nasconderanno il loro libro eretico, così come dalla legge

comune, così come dalle nostre lettere di processo!"

Dopo la sentenza così letta, il vescovo ordinò che i loro corpi fossero scavati fuori

dalle loro tombe, e, essendo degradati dagli ordini sacri, li consegnasse nelle mani del

potere laico; poiché non era lecito per persone innocenti come loro, aborrendo ogni

spargimento di sangue e detestando ogni desiderio di omicidio, mettere a morte qualsiasi

uomo.

Il 6 febbraio, i corpi, chiusi come erano nei forzieri, sono stati trasportati in mezzo al

mercato di Cambrdige, accompagnati da un vasto gruppo di persone. Un grande palo era

posto velocemente nel terreno, al quale erano fissati i forzieri con una grande catena di

ferro, e legato intorno ai loro centri, nello stesso modo in cui se i corpi morti fossero stati

vivi. Quando l'incendio cominciò a salire, e catturò le bare, un certo numero di libri

condannati furono lanciati in fiamme e bruciati. La giustizia, tuttavia, fu fatta ai ricordi di

questi uomini pii e colti durante il regno della regina Elisabetta, quando Sig. Ackworth,

oratore dell'università, e Sig. J. Pilkington, pronunciarono orazioni in onore della loro

memoria, e in riprovazione dei loro persecutori cattolici.

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Il cardinale Pole inflisse la sua innocua rabbia anche al cadavere della moglie di Pietro

Martirio, che, per suo ordine, fu scavato fuori dalla sua tomba e sepolto su un lontano cuneo,

in parte perché le sue ossa giacevano vicino alle reliquie di San Fridewide, tenute una volta

in grande stima in quel college, e in parte perché voleva purificare Oxford da resti eretici

così come Cambridge. Nel regno successivo, tuttavia, le sue spoglie furono restaurate nel

loro ex cimitero, e anche mescolate con quelle della santa cattolica, con totale stupore e

mortificazione dei discepoli di sua santità il papa.

Il cardinale Pole pubblicò una lista di 54 articoli, contenente istruzioni al clero della

sua diocesi di Canterbury, alcuni dei quali sono troppo ridicoli e puerili per eccitare

qualsiasi altro sentimento che la risata in questi giorni.

Persecuzioni nella diocesi di Canterbury

Nel mese di febbraio, le seguenti persone sono state condannate al carcere: R.

Coleman, di Waldon, operaio; Joan Winseley, di Horsley Magna, zitella; S. Glover, di

Rayley; R. Clerk, di Much Holland, mariner; W. Munt, di Much Bentley, segatore; Marg.

Campo di Ramsey, spinster; R. Bongeor, currier; R. Jolley, mariner;

Allen Simpson, Helen Ewire, C. Pepper, vedova; Alice Walley (che ha ritrattato), W.

Bongeor, vetraio, di Colchester; R. Atkin, di Halstead, tessitore; R. Barcock, di Wilton,

carpentiere; R. Giorgio, di Westbarhonlt, operaio; R. Debnam di Debenham, tessitore; C.

Warren, di Cocksall, spinster; Agnes Whitlock, di Dover-court, spinster; Rose Allen,

spinster; e T. Feresannes, minore; entrambi di Colchester.

Queste persone furono portate davanti a Bonner, che li avrebbe immediatamente

mandati a morte, ma il cardinale Pole era per misure più misericordiose, e Bonner, in una

sua lettera al cardinale, sembra essere ragionevole che lo avesse scontentato, perché ha

questa espressione: "Ho pensato di averli tutti fino a Fulham, e di aver dato sentenza contro

di loro; tuttavia, percependo con la mia ultima azione che la tua grazia è stata offesa, ho

pensato che fosse mio dovere, prima di procedere ulteriormente, informare la tua grazia."

Questa circostanza verifica il racconto che il cardinale era un uomo umano; e sebbene sia

un cattolico zelante, noi, come protestanti, siamo disposti a rendergli quell'onore che il suo

carattere misericordioso merita. Alcuni dei più aspri persecutori lo denunciarono al papa

come un sostenitore degli eretici, e fu convocato a Roma, ma la regina Maria, con

particolare supplica, ottenne la sua permanenza. Tuttavia, prima della sua ultima fine, e

poco prima del suo ultimo viaggio da Roma all'Inghilterra, fu fortemente sospettato di

favorire la dottrina di Lutero.

Come nell'ultimo sacrificio quattro donne hanno fatto onore alla verità, così nella

seguente auto da fe abbiamo il numero simile di femmine e maschi, che hanno sofferto il

271


Il Libro dei Martiri di Foxe

30 giugno 1557, a Canterbury, ed erano J. Fishcock, F. White, N. Pardue, Barbary Final,

vedova, la vedova di Bardbridge, la moglie di Wilson e la moglie di Benden.

Di questo gruppo noteremo in particolare Alice Benden, moglie di Edoardo Bender,

di Staplehurst, Kent. Era stata assunta nell'ottobre del 1556, per non essere stata presente,

e rilasciata dopo una forte ingiunzione a ricordare la sua condotta. Suo marito era un

cattolico bigotto, e parlando pubblicamente della contumacia di sua moglie, fu trasferita al

castello di Canterbury, dove sapendo, quando doveva essere trasferita alla prigione

episcopale, doveva essere quasi affamata di tre farthings al giorno, ha cercato di prepararsi

a questa sofferenza vivendo con due penny al giorno.

Il 22 gennaio 1557, suo marito scrisse al vescovo che se al fratello di sua moglie,

Ruggero Hall, fosse stato impedito di consolarla e sollevarla, lei avrebbe potuto rivolgersi;

per questo motivo, fu trasferita in una prigione chiamata Monday's Hole. Suo fratello la

cercava diligentemente, e alla fine di cinque settimane provvidenzialmente sentì la sua voce

nella prigione, ma non poteva altrimenti alleviarla, che mettendo un po' di soldi in una

pagnotta, e attaccandolo su un palo lungo. Dev'essere stata terribile la situazione di questa

povera vittima, stesa sulla paglia, tra muri di pietra, senza un cambio di abbigliamento, o i

requisiti più significativi di pulizia, durante un periodo di nove settimane!

Il 25 marzo fu convocata davanti al vescovo, che, con ricompense, offrì la sua libertà

se sarebbe tornata a casa e si sarebbe sentita a suo agio; ma la signora Benden era stata

infortunata alla sofferenza e, mostrandogli gli arti contratti e l'aspetto emaciato, si rifiutò

di deviare dalla verità. Fu tuttavia rimossa da questo buco nero alla Porta Occidentale, da

cui, verso la fine di aprile, fu portata fuori per essere condannata, e poi impegnata nella

prigione del castello fino al diciannove giugno, giorno del suo rogo. Al palo, diede il

fazzoletto a un certo Giovanni Banks, come memoriale; e dalla sua vita disegnò un pizzo

bianco, desiderando che lo desse a suo fratello, e gli disse che era l'ultima band che l'aveva

legata, tranne la catena; e a suo padre restituì uno scellino che lui le aveva mandato.

Tutti questi sette martiri si sono spogliati di alacrità e, preparandosi, si sono

inginocchiati e hanno pregato con serietà e spirito cristiano che anche i nemici della croce

ne sono stati colpiti. Dopo l'invocazione fatta insieme, furono assicurati al rogo, e, essendo

circondati dalle fiamme senza risparmio, consegnarono le loro anime nelle mani del

Signore vivente.

Matteo Plaise, tessitore, un cristiano sincero e scaltro, di Stone, Kent, fu portato

davanti a Tommaso, vescovo di Dover, e ad altri inquisitori, che egli ingegnosamente prese

in giro dalle sue risposte indirette, di cui il seguente è un campione.

Dottor Harpsfield. Cristo ha chiamato il pane il suo corpo; cosa dite che è? Piacere.

Credo davvero che sia stato quello che Lui ha dato loro.

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Dott. H. Che cos'è?

P. Quello che lui frena.

Dott. H. Cos'ha frenato?

P. Quello che ha preso.

Dott. H. Che cosa ha preso?

P. Io dico, quello che ha dato loro, che hanno mangiato davvero.

Dottor H. Beh, allora, lei dice che era solo pane che i discepoli mangiavano.

P. Io dico, quello che ha dato loro, che hanno mangiato davvero.

Seguì una lunghissima disputa, in cui Plaise desiderava umiliarsi con il vescovo; ma

questo egli rifiutò. Che questa persona zelante sia morta in prigione, sia stata giustiziata o

consegnata, la storia non fa menzione.

Rev. Giovanni Hullier

Il reverendo Giovanni Hullier fu allevato all'Eton College, e nel frattempo divenne

curato di Babram, a tre miglia da Cambridge, e si recò in seguito a Lynn; dove,

opponendosi alla superstizione dei papisti, fu portato davanti al dottor Thirlby, vescovo di

Ely, e mandato al castello di Cambridge: qui si sdraiò per un certo periodo, e fu poi inviato

alla prigione di Tolbooth, dove, dopo tre mesi, fu portato alla chiesa di Santa Maria, e

condannato dal dottor Fuller. Il giovedì di Maunday è stato portato sul rogo: mentre si

spogliava, ha detto al popolo di testimoniare che stava per soffrire in una giusta causa, e li

ha esortati a credere che non c'era altra roccia oltre a Gesù Cristo su cui costruire. Un prete

di nome Boyes, poi ha desiderato che il sindaco lo mettesse a tacere. Dopo aver pregato, si

avvicinò mestamente al rogo ed essendo legato con una catena, e posto in una canna di

lancio, fu appiccato il fuoco alle canne e al legno; ma il vento spinse il fuoco direttamente

alla schiena, il che lo spinse sotto la grave agonia a pregare con più fervore. I suoi amici

ordinarono al carnefice di sparargli contro il volto, cosa che fu fatta immediatamente.

Una quantità di libri furono gettati nel fuoco, uno dei quali (il Servizio della

Comunione) lo prese, lo aprì e continuò con gioia a leggerlo, finché il fuoco e il fumo lo

privarono della vista; poi anche, nella preghiera sincera, pressò il libro al cuore,

ringraziando Dio per avergli donato negli ultimi istanti questo prezioso dono.

Essendo il giorno caldo, il fuoco bruciò ferocemente; e in un momento in cui gli

spettatori supponevano che non fosse più, improvvisamente esclamò: "Signore Gesù, ricevi

il mio spirito", e mestamente si dimise dalla sua vita. Fu bruciato su Jesus Green, non

lontano dal Jesus College. Gli era stata data della polvere da sparo, ma era morto prima che

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Il Libro dei Martiri di Foxe

si accendesse. Questo pio sofferente offrì uno spettacolo singolare; poiché la sua carne era

così bruciata dalle ossa, che continuava ad erette, che presentò l'idea di una figura

scheletrica incatenata al palo. Le sue spoglie furono catturate con entusiasmo dalla

moltitudine e venerate da tutti coloro che ammiravano la sua pietà o detestavano il

bigottismo disumano.

Simon Miller ed Elizabetta Cooper

Nel mese di luglio successivo, ha ricevuto la corona del martirio. Miller si stabilì a

Lynn, e giunse a Norwich, dove, piantandosi alla porta di una delle chiese, mentre la gente

usciva, chiese di conoscerle dove poteva andare per ricevere la Comunione. Per questo un

prete lo portò davanti al dottor Dunning, che lo impegnò nel reparto; ma egli soffrì per

andare a casa e sistemare i suoi affari; dopo di che tornò nella casa del vescovo, e nella sua

prigione, dove rimase fino al tredici luglio, il giorno del suo rogo.

Elizabetta Coope, moglie di un pettorale, di San Andrews, Norwich, aveva ritrattato;

ma torturata per quello che aveva fatto dal verme che non muore, poco dopo entrò

volontariamente nella sua chiesa parrocchiale durante il tempo della funzione papale, e

alzandosi in piedi, proclamò pubblicamente che revocava la sua precedente ritrattazione, e

ammonì la gente ad evitare il suo esempio indegno. Sutton lo sceriffo, che molto a

malincuore rispettò la lettera della legge, poiché erano stati servi e in amicizia insieme. Sul

rogo, il povero malato, sentendo il fuoco, pronunciò il grido di "Oh!" su cui il signor Miller,

mettendogli la mano dietro, desiderò che lei fosse di buon coraggio, "poiché (disse lui)

buona sorella, avremo una cena gioiosa e dolce." Incoraggiata da questo esempio e da

questa esortazione, ella resistette senza batter ciglio al calvario infuocato e, con lui,

dimostrò la forza della fede sulla carne.

Esecuzioni a Colchester

Si è detto in precedenza che ventidue persone erano state inviate da Colchester, che

dopo una lieve sottomissione, sono state successivamente rilasciate. Di questi, Guillermo

Munt, di Much Bentley, marito, con Alice, sua moglie, e Rose Allin, sua figlia, al loro

ritorno a casa, si astennero dalla chiesa, il che induceva il sacerdote bigotto a scrivere

segretamente a Bonner. Per un breve periodo si dileguarono, ma tornando di nuovo, il 7

marzo, un certo Edmundo Tyrrel, (un parente del Tyrrel che uccise il re Edoardo V e suo

fratello) con gli ufficiali, entrò nella casa mentre Munt e sua moglie erano a letto, e li

informò che dovevano andare al castello di Colchester. La signora Munt a quel tempo era

molto malata, chiese alla figlia di portarle da bere; se ne andò permessa, Rose prese una

candela e una tazza; e nel tornare attraverso la casa fu accolta da Tyrrel, che la avvertì di

consigliare ai suoi genitori di diventare buoni cattolici. Rose lo informò brevemente che

avevano lo Spirito Santo come loro consigliere; e che era pronta a dare la sua vita per la

stessa causa. Rivolgendosi alla sua compagnia, osservò che lei era disposta a bruciare; e

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Il Libro dei Martiri di Foxe

uno di loro gli disse di provarla, e vedere cosa avrebbe fatto da e per. Il disgraziato eseguì

immediatamente questo progetto; e, afferrando la giovane donna per il polso, tenne la

candela accesa sotto la mano, bruciandola trasversalmente sul dorso, fino a quando i tendini

si divisero dalla carne, durante la quale la caricò di molti epiteti oscuri. Ha sopportato la

sua rabbia impassibile, e poi, quando ha smesso di torturarlo, gli ha chiesto di cominciare

ai suoi piedi o alla sua testa, perché non ha bisogno di temere che il suo datore di lavoro

un giorno lo avrebbe ripagato. Dopodiché portò il drink a sua madre.

Questo crudele atto di tortura non è l'unico atto documentato. Bonner aveva servito

quasi allo stesso modo un povero arpione cieco, che aveva costantemente mantenuto una

speranza che se ogni sua articolazione fosse stata bruciata, non avrebbe dovuto volare dalla

fede. Bonner, in privato, diede un segnale ai suoi uomini, per portare un carbone in fiamme,

che essi misero nelle mani del povero, e poi con la forza lo tennero chiuso, fino a che non

bruciò nella carne profondamente.

Giorgio Eagles, sarto, fu incriminato per aver pregato che 'Dio avrebbe trasformato il

cuore della Regina Maria, o l'avrebbe portata via'; la causa apparente della sua morte era

la sua religione, perché il tradimento difficilmente poteva essere immaginato nel pregare

per la riforma di un'anima così esecrabile come quella di Maria. Condannato per questo

crimine, fu attratto dal luogo dell'esecuzione su una slitta, con due rapinatori, che furono

giustiziati con lui. Dopo che Eagles aveva montato la scala, ed era stato spento per un breve

periodo, fu abbattuto prima che fosse del tutto insensibile; un ufficiale giudiziario, di nome

Guillermo Swallow, lo trascinò sulla slitta, e con un comune tagliaossa, attaccò la testa; in

un modo ugualmente goffo e crudele, aprì il suo corpo e strappò il cuore.

In tutta questa sofferenza il povero martire non ha pinato, ma fino all'ultimo ha

invocato il suo Salvatore. La furia di questi bigotti non finì qui; gli intestini furono bruciati

e il corpo fu squartato, le quattro parti furono inviate a Colchester, Harwich, Chelmsford e

San Rouse's. Chelmsford ebbe l'onore di mantenere la testa, che fu attaccata a un lungo

palo sul mercato. Nel tempo fu fatto saltare in aria, e giaceva diversi giorni in strada, fino

a quando fu sepolto di notte nel cimitero. Il giudizio di Dio non molto tempo dopo cadde

su Swallow, che nella sua vecchiaia divenne un mendicante, e che fu colpito da una lebbra

che lo rese odioso anche alla creazione animale; né Riccardo Potts, che turbò Eagles nei

suoi momenti morenti, sfuggì alla mano in visita di Dio.

Signora Joyce Lewes

Questa signora era la moglie del signor T. Lewes, di Manchester. Aveva ricevuto la

religione romanica come vera, fino al rogo di quel pio martire, il signor Saunders, a

Coventry. Capendo che la sua morte era dovuta al rifiuto di ricevere la messa, ella cominciò

a indagare sul motivo del suo rifiuto, e la sua coscienza, quando cominciò ad essere

illuminata, si agitò e si allarmò. In questa inquietudine, fece ricorso al signor Giovanni

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Glover, che viveva vicino, e chiese che egli spiegasse quelle ricche fonti di conoscenza del

Vangelo che possedeva, in particolare sul tema della transustanziazione. Riuscì facilmente

a convincerla che la mummia del povero e la messa erano in contrasto con la Parola più

santa di Dio, e onestamente la rimproverò di aver seguito troppo le vanità di un mondo

malvagio. Fu per lei una parola di stagione, perché ben presto si stancò della sua precedente

vita peccaminosa e decise di abbandonare la Messa e il culto idolatrico. Anche se costretta

dalla violenza del marito ad andare in chiesa, il suo disprezzo per l'acqua santa e altre

cerimonie era così manifesto, che fu accusata davanti al vescovo per aver disprezzato i

sacramenti.

Una citazione, indirizzata a lei, seguì immediatamente, che fu data al sig. Lewes, che,

in un impeto di passione, tenne un pugnale alla gola dell'ufficiale, e lo fece mangiare,

dopodiché lo fece bere e poi lo mandò via. Ma per questo il vescovo convocò il signor

Lewest davanti a lui e a sua moglie; il primo prontamente si sottomise, ma il secondo

risolutamente affermò che, rifiutando l'acqua santa, non offese Dio, né alcuna parte delle

sue leggi. Fu rimandata a casa per un mese, mentre suo marito era legato per il suo aspetto,

durante il quale il signor Glover le impressionò la necessità di fare quello che faceva, non

per vanità, ma per l'onore e la gloria di Dio.

Il signor Glover e altri esortarono seriamente Lewest a confiscare il denaro in cui era

legato, piuttosto che sottoporre sua moglie a morte certa; ma egli era sordo alla voce

dell'umanità, e la consegnò al vescovo, che presto trovò motivo sufficiente per consegnarla

a una prigione disgustosa, da cui fu più volte portata all'esame. All'ultimo momento il

vescovo ragionò con lei sulla idoneità della sua venuta alla messa, e ricevendo come sacro

il Sacramento e i sacramenti dello Spirito Santo. "Se queste cose fossero nella Parola di

Dio," disse la signora Lewes, "io le riceverei, crederei e le stimerei con tutto il mio cuore."

Il vescovo, con la più ignorante e empia effronteria, rispose: "Se non crederai più di quanto

sia garantito dalle Scritture, sei in stato di dannazione!" Sorpreso di tale dichiarazione,

questo degno malato si è unito abilmente al fatto che le sue parole erano tanto impure

quanto profane.

Dopo la condanna, la donna ha messo in prigione un dodicesimo mese, e lo sceriffo

non era disposto a metterla a morte al suo tempo, anche se lui era stato appena scelto.

Quando il suo mandato di morte arrivò da Londra, mandò alcuni amici, che consultò in

quale modo la sua morte avrebbe potuto essere più gloriosa al nome di Dio, e dannosa per

la causa dei nemici di Dio. Sorridendo, ha detto: "Quanto alla morte, penso ma leggermente.

Quando saprò che guarderò il volto amabile di Cristo mio caro Salvatore, il volto brutto

della morte non mi disturba molto." La sera prima di soffrire, due sacerdoti erano ansiosi

di visitarla, ma lei rifiutò sia la loro confessione che l'assoluzione, quando poteva avere

una migliore comunicazione con il Sommo Sacerdote delle anime. Verso le tre del mattino,

Satana cominciò a sparare alle sue freccette infuocate, mettendole in mente di dubitare che

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Il Libro dei Martiri di Foxe

fosse stata scelta per la vita eterna, e Cristo morì per lei. I suoi amici le indicarono

prontamente quei passi consolatori della Scrittura che confortano il cuore che sviene e

trattano il Redentore che toglie i peccati del mondo.

Verso le otto, lo sceriffo le annunciò che aveva solo un'ora di vita; fu in un primo

momento abbattuta, ma questo ben presto svanì, e ringraziò Dio che la sua vita stava per

essere dedicata al Suo servizio. Lo sceriffo ha concesso il permesso a due amici di

accompagnarla al rogo-un'indulgenza per cui è stato poi duramente gestito. Il signor

Reniger e il signor Bernher l'hanno portata nel luogo dell'esecuzione, dove, per la sua

lontananza, la sua grande debolezza e la stampa popolare, era quasi svenuta. Per tre volte

ha pregato ardentemente che Dio avrebbe liberato la terra dal povero e dalla messa

idolatrica; e il popolo per la maggior parte, così come lo sceriffo, ha detto Amen.

Quando aveva pregato, prese il calice (che era stato riempito d'acqua per rinfrescarla)

e disse: "Bevo a tutti quelli che amano senza falsità il Vangelo di Cristo, e desiderano

l'abolizione della povertà". Le sue amiche, e molte donne del posto, bevvero con lei, per le

quali la maggior parte di loro in seguito furono condannati alla penitenza.

Quando era incatenata al rogo, il suo volto era allegro e le rose delle sue guance non

si placavano. Le sue mani furono estese verso il cielo fino a quando il fuoco le rese

impotenti, quando la sua anima fu accolta tra le braccia del Creatore. La durata della sua

agonia era però breve, poiché il sottosceriffo, su richiesta dei suoi amici, aveva preparato

un combustibile così eccellente che in pochi minuti fu travolta dal fumo e dalla fiamma. Il

caso di questa signora attirò una lacrima di pietà da tutti coloro che avevano un cuore non

insensibile all'umanità.

Esecuzioni a Islington

Verso il 17 settembre, a Islington, soffrirono i seguenti quattro professori di Cristo:

Ralph Allerton, Giacomo Austoo, Margery Austoo e Riccardo Roth.

Giacomo Austoo e sua moglie, di San Allhallows, Barking, Londra, furono condannati

per non aver creduto alla presenza. Riccardo Roth respinse i sette Sacramenti, e fu accusato

di conforto agli eretici con la seguente lettera scritta nel suo sangue, e destinata ad essere

stata inviata ai suoi amici a Colchester:

Cari fratelli e sorelle,

"Quanta ragione hai per rallegrarti di Dio, che Lui ti ha dato tale fede per vincere

questo tiranno assetato di sangue fin qui! E senza dubbio Colui che ha iniziato in voi quel

buon lavoro, lo compirà fino alla fine. Cari cuori in Cristo, quale corona di gloria riceverete

con Cristo nel regno di Dio! Perché era stata la buona volontà di Dio che ero pronto ad

andare con voi; perché io giaccio nella poca comodità del mio signore di giorno, e di notte

277


Il Libro dei Martiri di Foxe

mi trovo nella Coalhouse, a parte Ralph Allerton, o qualsiasi altra; e guardiamo ogni giorno

quando saremo condannati; perché egli disse che dovevo essere bruciato entro dieci giorni

prima di Pasqua; ma io rimango ancora sull'orlo della piscina, e ogni uomo entra davanti a

me; ma noi rispettiamo pazientemente il tempo libero del Signore, con molti vincoli, in

fetters e stock, con cui abbiamo ricevuto grande gioia di Dio. E ora fate bene voi, cari

fratelli e sorelle, in questo mondo, ma confido di vedervi in cielo faccia a faccia.

"O fratello Munt, con tua moglie e mia sorella Rose, come sei benedetto nel Signore,

che Dio ti ha trovato degno di soffrire per il Suo bene! con tutti gli altri miei cari fratelli e

sorelle noti e sconosciuti. Siate gioiosi anche fino alla morte. Non temete, dice Cristo,

perché ho vinto la morte. Caro cuore, vedendo che Gesù Cristo sarà il nostro aiuto, o

ritardarti il tempo libero del Signore. Siate forti, che i vostri cuori siano di buon conforto,

e aspettate ancora il Signore. Lui è a portata di mano. Sì, l'angelo del Signore stringe la sua

tenda intorno a quelli che lo temono, e li libera in quale modo vede meglio. Perché le nostre

vite sono nelle mani del Signore; e non possono farci nulla prima che Dio le soffra. Dia

perciò tutti i ringraziamenti a Dio.

Cari cuori, sarete vestiti di lunghi abiti bianchi sul monte del Sion, con la moltitudine

di santi, e con Gesù Cristo nostro Salvatore, che non ci abbandonerà mai. O vergini

benedette, voi avete fatto la parte delle vergini sagge, in quanto avete preso olio nelle vostre

lampade, perché possiate entrare con lo Sposo, quando verrà, nella gioia eterna con Lui.

Ma per quanto riguarda gli stolti, essi saranno esclusi, perché non si sono fatti pronti a

soffrire con Cristo, né stanno per prendere la sua croce. Cari cuori, quanto preziosa sarà la

vostra morte agli occhi del Signore! perché cara è la morte dei Suoi santi. Ti faccio stare

bene e prega. La grazia di nostro Signore Gesù Cristo sia con voi tutti. Amen, Amen.

Pregate, pregate, pregate!

Scritto da me, con il mio sangue,

"RICHARD ROTH"

Questa lettera, che giustamente definiva Bonner il "tiranno assetato di sangue", non

era in grado di eccitare la sua compassione. Roth lo accusò di averli portati all'esame

segreto di notte, perché aveva paura delle persone di giorno. Resistendo ad ogni tentazione

di recedere, fu condannato, e il 17 settembre 1557, questi quattro martiri perirono a

Islington, per la testimonianza dell'Agnello, che fu ucciso perché fosse dei redenti di Dio.

Giovanni Noyes, un calzolaio, di Laxfield, nel Suffolk, fu portato a Eye, e a

mezzanotte, il 21 settembre 1557, fu portato da Eye a Laxfield per essere bruciato. La

mattina seguente fu portato al rogo, preparato per l'orribile sacrificio. Il signor Noyes,

venendo sul punto fatale, si inginocchiò, pregò e provò il 50º Salmo. Quando la catena lo

avvolse, disse: "Non temete coloro che uccidono il corpo, ma temete colui che può uccidere

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Il Libro dei Martiri di Foxe

sia il corpo che l'anima, e gettarlo nel fuoco eterno!" Come un Cadman gli mise una froce

contro, benedisse l'ora in cui era nato per morire per la verità; e pur confidando solo nei

meriti del Redentore, il fuoco fu appiccato al cumulo, e i froci in poco tempo soffocarono

le sue ultime parole, "Signore, abbi pietà di me! Cristo, abbi pietà di me!" Le ceneri del

corpo furono sepolte in una fossa, e con esse uno dei suoi piedi, intero fino alla caviglia,

con la calza addosso.

Sig.ra Cicely Ormes

Questo giovane martire, all'età di ventidue anni, era la moglie del signor Edmundo

Ormes, tessitore di San Lorenzo, Norwich. Alla morte di Miller ed Elizabetta Cooper,

prima menzionata, aveva detto che avrebbe promesso loro la stessa coppa di cui bevevano.

Per queste parole fu portata dalla cancelliera, che l'avrebbe congedata promettendo di

andare in chiesa e di mantenere la sua fede per se stessa. Poiché non acconsentiva a ciò, la

cancelliera esortò che egli aveva mostrato a lei più tenerezza di qualsiasi altra persona, e

non era disposta a condannarla, perché lei era una donna ignorante folle; a questo rispose,

(forse con più scelleratezza di quanto si aspettasse), che per quanto grande potesse essere

il suo desiderio di risparmiare la sua carne peccaminosa, non poteva eguagliare la sua

inclinazione a consegnarla in una così grande lite. La cancelliera pronunciò poi la sentenza

infuocata, e il 23 settembre 1557, fu portata sul rogo, alle otto del mattino.

Dopo aver dichiarato la sua fede al popolo, ha messo la mano sul rogo e ha detto:

"Benvenuta, croce di Cristo". La sua mano era sporca nel fare questo, (perché era lo stesso

palo in cui Miller e Cooper furono bruciati,) e lei all'inizio lo pulì; ma subito dopo lo accolse

e lo abbracciò come la "dolce croce di Cristo". Dopo che gli aguzzini avevano acceso il

fuoco, disse: "La mia anima magnifica il Signore, e il mio spirito esulta in Dio mio

Salvatore." Poi, incrociando le mani sul petto e guardando in alto con la massima serenità,

si mise in piedi la fornace ardente. Le sue mani continuarono ad alzarsi gradualmente fino

a quando i nervi non si asciugarono, e poi caddero. Non ha sospirato di dolore, ma ha

ceduto la sua vita, emblema di quel paradiso celeste in cui è la presenza di Dio, benedetta

per sempre.

Si potrebbe sostenere che questa martire cercava volontariamente la propria morte,

poiché la cancelliera raramente escogitava altra penitenza di lei che quella di mantenere la

sua fede a se stessa; tuttavia dovrebbe sembrare in questo caso come se Dio l'avesse scelta

per essere una luce brillante, per un anno prima di essere presa, lei aveva ritrattato; ma lei

era infelice fino a quando la cancelliera non fu informata, per lettera, che si pentì della sua

ritrattazione dal profondo del suo cuore. Come per compensare la sua ex apostasia, e per

convincere i cattolici che voleva compromettere di più la sua sicurezza personale, rifiutò

audacemente la sua offerta amichevole di consentirle di temporeggiare. Il suo coraggio in

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Il Libro dei Martiri di Foxe

tale causa merita encomio-la causa di Colui che ha detto: "Chiunque si vergogni di me sulla

terra, di tale volontà mi vergogno in cielo".

Rev. Giovanni Rough

Questo pio martire era uno scozzese. All'età di diciassette anni entrò a far parte

dell'ordine dei Frati Neri, a Sterling, in Scozia. Era stato tenuto fuori dall'eredità dai suoi

amici, e fece questo passo per vendicarsi della loro condotta nei suoi confronti. Dopo essere

stato lì sedici anni, Signor Hamilton, conte di Arran, prendendo un simpatie per lui,

l'arcivescovo di Sant'Andrea indusse il provinciale della casa a rinunciare alle sue abitudini

e al suo ordine; e divenne così il cappellano del conte. Rimase in questo lavoro spirituale

un anno, e in quel tempo Dio portò in lui una conoscenza salvifica della verità; per questo

motivo il conte lo mandò a predicare nella libertà di Ayr, dove rimase quattro anni; ma

trovando il pericolo lì dalla carnagione religiosa dei tempi, e apprendendo che c'era molta

libertà del Vangelo in Inghilterra, viaggiò fino al duca di Somerset, allora Signor Protettore

d'Inghilterra, che gli diede uno stipendio annuo di venti sterline, e lo autorizzò, a predicare

a Carlisle, Berwick e Newcastle, dove si sposò. In seguito fu trasferito in beneficenza a

Hull, dove rimase fino alla morte di Edoardo VI.

In seguito alla marea di persecuzione che si era poi innescata, fuggì con la moglie in

Frisia, e a Nordon seguirono l'occupazione di tubi per maglieria, berretti, ecc., per

sussistenza. Impedito nel suo lavoro dalla voglia di filare, venne in Inghilterra per

procurarsi una quantità, e il 10 novembre, arrivò a Londra, dove sentì presto parlare di una

società segreta di fedeli, a cui si unì, e fu in breve tempo eletto loro ministro, in cui

l'occupazione li rafforzò in ogni buona risoluzione.

Il 12 dicembre, attraverso l'informazione di un Taylor, un membro della società, Sig.

Rough, con Cuthbert Symson e altri, è stato assunto nella testa di Saracen, Islington, dove,

con il pretesto di venire a vedere un'opera teatrale, i loro esercizi religiosi sono stati

compiuti. Il vice-ciambellano della regina condusse Rough e Symson davanti al Concilio,

alla cui presenza furono incaricati di incontrarsi per celebrare la Comunione. Il Concilio

scrisse a Bonner e lui non perse tempo in questa vicenda di sangue. In tre giorni lo fece

alzare, e il ventesimo (il ventesimo) si risolse a condannarlo. Le accuse mosse contro di lui

erano che, essendo un prete, era sposato e che aveva rifiutato il servizio in lingua latina.

Rough non ha voluto argomenti per rispondere a questi principi fragili. In breve, fu

degradato e condannato.

Sig. Rough, si deve notare, quando nel nord, durante il regno di Edoardo VI, aveva

salvato la vita al dottor Watson, che in seguito sedette con il vescovo Bonner sulla panchina.

280


Il Libro dei Martiri di Foxe

Questo porporato ingrato, in cambio del suo gesto gentile, ha accusato il signor Rough di

essere l'eretico più pernicioso del paese. Il santo ministro lo riprovò per il suo spirito

maligno; affermò che, durante i trent'anni che aveva vissuto, non aveva mai piegato il

ginocchio a Baal; e che per due volte a Roma aveva visto il papa nascere sulle spalle degli

uomini con il falso nome di Sacramento portato davanti a lui, presentando una vera

immagine dello stesso Anticristo; ma era più riverenza mostrata a lui che alla cialda, che

essi consideravano essere il loro Dio. "Ah?" disse Bonner, alzandosi e volgendosi verso di

lui, come se gli avesse strappato i vestiti, "Sei stato a Roma, e hai visto il nostro santo padre

il papa, e lo hai bestemmiato dopo questo?" Detto questo, egli cadde su di lui, si strappò

un pezzo della barba, e affinché la giornata potesse iniziare con sua soddisfazione, ordinò

che l'oggetto della sua rabbia fosse bruciato dalle cinque e mezza la mattina seguente.

Cuthbert Symson

Pochi professori di Cristo possedevano più attività e zelo di questa persona eccellente.

Non solo lavorò per preservare i suoi amici dal contagio della povertà, ma lavorò per

proteggerli dai terrori della persecuzione. Fu diacono della piccola congregazione su cui il

signor Rough presiedeva come ministro.

Symson ha scritto un resoconto delle proprie sofferenze, che non riesce a descrivere

meglio di quanto abbia detto:

Il 13 dicembre 1557, fui impegnato dal Consiglio nella Torre di Londra. Il giovedì

seguente, sono stato chiamato nel reparto, davanti al conestabile della Torre, e al

registratore di Londra, Sig. Cholmly, che mi ha comandato di informarli dei nomi di coloro

che sono venuti al servizio inglese. Risposi che non avrei dichiarato nulla; in conseguenza

del mio rifiuto, mi trovai su una cresta di ferro, come giudico per lo spazio di tre ore!

Mi hanno poi chiesto se avrei confessato: ho risposto come prima.

Dopo essere stato libero, sono stato riportato al mio alloggio. La domenica dopo essere

stato portato di nuovo nello stesso posto, davanti al tenente e registratore di Londra, mi

hanno esaminato. Come avevo già risposto, ho risposto adesso. Poi il tenente giurò a Dio

che avrei dovuto dire; dopo di che i miei due indice erano legati tra loro, e una piccola

freccia posta tra loro, lo tirarono attraverso così velocemente che il sangue seguì, e il freno

a freccia.

"Dopo aver sopportato di nuovo due volte la cremagliera, sono stato ricondotto al mio

alloggio, e dieci giorni dopo il tenente mi ha chiesto se ora non avrei confessato ciò che

avevano prima chiesto di me. Risposi, che avevo già detto tanto quanto avrei fatto. Tre

settimane dopo essere stato inviato al sacerdote, dove sono stato grandemente aggredito, e

alla cui mano ho ricevuto la maledizione del Papa, per aver testimoniato la risurrezione di

Cristo. E così vi affido a Dio, e alla Parola della Sua Grazia, con tutti coloro che invocano

281


Il Libro dei Martiri di Foxe

senza finzione il nome di Gesù; desiderando Dio della Sua infinita misericordia, per i meriti

del Suo caro Figlio Gesù Cristo, per portarci tutti al Suo eterno Regno, Amen. Lodo Dio

per la sua grande misericordia mostrata su di noi. Canta Hosanna al massimo con me,

Cuthbert Symson. Dio perdoni i miei peccati! Chiedo perdono a tutto il mondo, e perdono

tutto il mondo, e così lascio il mondo, nella speranza di una resurrezione gioiosa!"

Se questo resoconto è debitamente considerato, che immagine di torture ripetute

presenta! Ma anche la crudeltà della narrazione viene superata dalla paziente mitezza con

cui è stata sopportata. Non ci sono espressioni di cattiveria, nessuna invocazione nemmeno

della giustizia retributiva di Dio, non una denuncia di sofferenza ingiustamente! Al

contrario, la lode a Dio, il perdono del peccato, e il perdono a tutto il mondo, conclude

questo racconto interessante e inalterato.

L'ammirazione di Bonner era entusiasta della freddezza di questo martire. Parlando

del signor Symson nel concistoro, disse: "Tu vedi che persona è, e poi della sua pazienza,

affermo, che, se non era un eretico, è un uomo della più grande pazienza che sia mai venuto

prima di me. Tre volte in un giorno è stato travolto nella Torre; anche a casa mia ha provato

dolore, e tuttavia non ho mai visto la sua pazienza spezzata."

Il giorno prima di questo devoto diacono doveva essere condannato, mentre nelle

scorte della casa di carbone del vescovo, aveva la visione di una forma glorificata, che

molto lo incoraggiava. Questo lo attestò certamente a sua moglie, al signor Austen, e ad

altri, prima della sua morte.

Con questo ornamento della Riforma Cristiana furono arrestati il signor Hugh Foxe e

Giovanni Devinish; i tre furono portati davanti a Bonner, il 19 marzo 1558, e gli articoli

papistici tendevano. Li hanno respinti e sono stati tutti condannati. Come adoravano

insieme nella stessa società, a Islington, così hanno sofferto insieme a Smithfield, 28 marzo;

nella cui morte il Dio della Grazia è stato glorificato, e i veri credenti hanno confermato!

Tommaso Hudson, Tommaso Carman e Guillermo Seamen

Sono stati condannati da un vicario bigotto di Aylesbury, di nome Berry. Il luogo

dell'esecuzione si chiamava Lollard's Pit, senza Bishipsgate, a Norwich. Dopo essersi uniti

insieme in umile petizione al trono di grazia, si alzarono, andarono al rogo, e furono

circondati dalle loro catene. Con grande sorpresa degli spettatori, Hudson scivolò da sotto

le sue catene e si fece avanti. Prevalse una grande opinione che stava per ritrattare; altri

pensarono che volesse più tempo. Nel frattempo, i suoi compagni al rogo hanno sollecitato

ogni promessa ed esortazione a sostenerlo. Le speranze dei nemici della croce, tuttavia,

erano deluse: il buon uomo, lungi dal temere il più piccolo terrore personale alle punture

della morte, era solo allarmato che il volto del Salvatore gli sembrava nascosto. Cadendo

in ginocchio, il suo spirito lottò con Dio, e Dio verificò le parole di suo Figlio, "Chiedi, e

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Il Libro dei Martiri di Foxe

sarà dato." Il martire si levò in un'estasi di gioia ed esclamò: "Ora, grazie a Dio, sono forte!

e non importa cosa l'uomo può fare a me!" Con un viso agitato si sostituì sotto la catena, si

unì ai suoi compagni sofferenti, e con loro subì la morte, per il conforto degli dei, e la

confusione dell'Anticristo.

Berry, insoddisfatto di questo atto demoniaco, convocò duecento persone nella città

di Aylesham, che egli obbligò ad inginocchiarsi alla croce a Pentecoste, e inflisse altre

punizioni. Colpì un povero per una parola insignificante, con un guasto, che si rivelò fatale

per l'oggetto inoffensivo. Diede anche ad una donna di nome Alice Oxes un colpo così

pesante con il suo pugno, mentre lei lo incontrava entrando nella sala quando era in un

cattivo umore, che lei morì con la violenza. Questo prete era ricco, e possedeva una grande

autorità; era un reprobo, e, come il sacerdozio, si astenne dal matrimonio, per godere di

una vita più debolissima e licenziosa. La domenica dopo la morte della regina Maria, egli

stava rivelando con una delle sue concubine, prima dei vespri; poi andò in chiesa,

amministrò il battesimo, e nel suo ritorno al suo passatempo lascivo, fu colpito dalla mano

di Dio. Senza un attimo dato per pentirsi, cadde a terra, e un gemito era l'unica articolazione

che gli era permessa. In lui possiamo vedere la differenza tra la fine di un martire e un

persecutore.

La storia di Ruggero Holland

In un vicino pensionato vicino a un campo, a Islington, una compagnia di persone

decenti si era riunita, al numero di quaranta. Mentre erano religiosamente impegnati nella

preghiera e nell'esposizione delle Scritture, ventisette di loro furono portati davanti a

Signor Ruggero Cholmly. Alcune delle donne riuscirono a fuggire, ventidue furono

impegnate a Newgate, che continuò in prigione per sette settimane. Prima del loro esame,

furono informati dal Guardasigilli, Alessandro, che non era più necessario per ottenere il

loro discarico, che ascoltare la Messa. Facile come può sembrare questa condizione, questi

martiri valutarono la loro purezza di coscienza più della perdita di vite umane o di proprietà;

quindi, tredici furono bruciati, sette a Smithfield, e sei a Brentford; due morirono in

prigione, e gli altri sette furono provvisoriamente preservati. I nomi dei sette che hanno

sofferto sono stati: H. Pond, R. Estland, R. Southain, M. Ricarby, J. Floyd, J. Holiday e

Ruggero Holland. Furono inviati a Newgate il 16 giugno 1558 e giustiziati il ventisettesimo

giorno.

Questo Ruggero Holland, un mercante-sarto di Londra, fu dapprima apprendista con

un Master Kemption, al Black Boy di Watling Street, dandosi alla danza, alla scherma, al

gioco, al banchetto e alla wanton company. Aveva ricevuto per il suo padrone alcuni soldi,

per la somma di trenta sterline; e ha perso ogni partita al dado. Pertanto, intendeva

trasferirsi al di là dei mari, in Francia o nelle Fiandre.

283


Il Libro dei Martiri di Foxe

Con questa risoluzione, chiamò di buon mattino una serva discreta della casa, di nome

Elisabetta, che professava il Vangelo e viveva una vita che rendeva onore alla sua

professione. A lei rivelò la perdita che la sua follia aveva causato, si rammaricò di non aver

seguito il suo consiglio, e la pregò di dare al suo padrone un biglietto di mano da lui

riconoscendo il debito, che avrebbe ripagato se mai fosse stato in suo potere; suppose anche

che la sua condotta vergognosa potesse essere tenuta segreta, per timore che avrebbe

portato i capelli grigi a suo padre con dolore in una tomba prematura.

La cameriera, con una generosità e un principio cristiano raramente superati,

consapevole che la sua imprudenza potrebbe essere la sua rovina, gli portò le trenta sterline,

che faceva parte di una somma di denaro recentemente lasciata da lei per eredità. "Ecco,"

disse lei, "è la somma necessaria: prenderai i soldi, e terrò il biglietto; ma espressamente a

questa condizione, che abbandonerai tutta la lewd e viziosa compagnia; che non giuri né

parli in modo immodesto, e non giochi più; perché, se dovessi imparare che lo fai, mostrerò

immediatamente questo biglietto al tuo padrone. Richiedo anche, che mi promettiate di

partecipare alla lezione quotidiana di Allhallows, e al sermone di San Paolo ogni domenica;

che gettiate via tutti i vostri libri di povertà, e al loro posto sostituiate il Testamento e il

Libro del Servizio, e che leggiate le Scritture con riverenza e paura, invocando Dio per la

sua grazia di indirizzarvi nella sua verità. Pregate anche ardentemente Dio, per perdonare

le vostre vecchie offese, e non per ricordare i peccati della vostra giovinezza, e otterreste

il suo favore sempre temendo di infrangere le sue leggi o offendere sua maestà. Così Dio

vi avrà in Sua custodia, e vi concederà il desiderio del vostro cuore". Dobbiamo onorare la

memoria di questa eccellente famiglia, i cui sforzi pii sono stati ugualmente diretti a

beneficio dei giovani sconsiderati in questa vita e in quella che verrà. Dio non soffrì il

desiderio di questa eccellente domestica di essere gettata su un terreno arido; entro mezzo

anno dall'Olanda licenziosa divenne un professore zelante del Vangelo, ed era uno

strumento di conversione a suo padre e agli altri che visitò nel Lancashire, al loro conforto

spirituale e alla riforma dalla povertà.

Suo padre, soddisfatto del suo cambio di condotta, gli diede quaranta sterline per

iniziare gli affari a Londra.

Poi Ruggero si riparò di nuovo a Londra, e venne dalla cameriera che gli prestò i soldi

per pagare il suo padrone, e le disse: "Elisabetta, ecco i tuoi soldi che ho preso in prestito

da te; e per l'amicizia, la buona volontà, e il buon consiglio che ho ricevuto per le tue mani,

per ricompensarti non sono in grado, se non per renderti mia moglie." E subito dopo si

sposarono, nel primo anno della regina Maria.

Dopo questo rimase nelle congregazioni dei fedeli, fino all'ultimo anno della regina

Maria, egli, con gli altri sei, fu preso.

284


Il Libro dei Martiri di Foxe

E dopo Ruggero Holland a Smithfield non c'è stato nessun dolore per la testimonianza

del Vangelo, Dio sia ringraziato.

Flagellazioni di Bonner

Quando questa iena cattolica scoprì che né persuasioni, né minacce, né prigionia,

potevano produrre alcuna alterazione nella mente di un giovane di nome Tommaso

Hinshaw, lo mandò a Fulham, e durante la prima notte lo mise nelle scorte, senza altra

indennità che pane e acqua. Il mattino seguente venne a vedere se questa punizione aveva

avuto qualche cambiamento nella sua mente, e non trovando nulla, mandò il dottor

Harpsfield, suo arcidiacono, a parlare con lui. Il dottore era presto uscito dall'umorismo per

le sue risposte, lo chiamò ragazzo squallido, e gli chiese se pensava che stesse per maledire

la sua anima? "Sono convinto - ha detto Tommaso - che voi faticate a promuovere il regno

oscuro del diavolo, non per amore della verità". Queste parole del dottore al vescovo, che,

con una passione che quasi impediva l'articolazione, venne da Tommaso e disse: "Rispondi

così al mio arcidiacono, sei un ragazzaccio? Ma presto sarò in grado di gestire la situazione

abbastanza bene, ve ne assicuro!" Due ramoscelli di salice lo portarono, e facendo

inginocchiare il giovane irresistibile contro una lunga panchina, in un pergolato nel suo

giardino, lo flagellò fino a quando fu costretto a cessare per mancanza di fiato e stanchezza.

Una delle bacchette era indossata abbastanza lontano.

Molti altri conflitti furono subiti da Hinsaw dal vescovo; che, a lungo, per rimuoverlo

di fatto, procurò falsi testimoni per deporre gli articoli contro di lui, tutti negati dal giovane,

e, in breve, si rifiutò di rispondere agli interrogatori che gli erano stati affidati. Una

quindicina di giorni dopo, il giovane è stato aggredito da un'infermiera in fiamme, e su

richiesta del suo padrone. Pugson, del cortile della chiesa di San Paolo, fu rimosso, il

vescovo non dubitava che gli avesse dato la sua morte nel modo naturale; rimase però

malato oltre un anno, e nel frattempo la regina Maria morì, con cui fuggì dalla rabbia di

Bonner.

Giovanni Willes era un'altra persona fedele, sulla quale cadde la mano flagellante di

Bonner. Era il fratello di Riccardo Willes, prima menzionato, bruciato a Brentford.

Hinshaw e Willes furono confinati nella casa di carbone di Bonner insieme, e

successivamente si trasferirono a Fulham, dove lui e Hinshaw rimasero per otto o dieci

giorni, nelle scorte. Lo spirito persecutorio di Bonner si tradì nel suo trattamento di Willes

durante i suoi esami, spesso colpendolo sulla testa con un bastone, afferrandolo per le

orecchie, e riempendolo sotto il mento, dicendo che teneva giù la testa come un ladro. Non

producendo segni di ritenzione, lo portò nel suo frutteto, e in un piccolo giardino lo flagellò

prima con un'asta di salice, e poi con la betulla, fino a esaurimento. Questa ferocia crudele

è nata dalla risposta del povero malato, che, alla domanda di quanto tempo era passato da

quando si era insinuato sulla croce, ha risposto: "Non da quando era giunto ad anni di

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Il Libro dei Martiri di Foxe

discrezione, né avrebbe fatto, anche se avrebbe dovuto essere fatto a pezzi da cavalli

selvaggi". Bonner poi gli fece fare il segno della croce sulla fronte, cosa che si rifiutò di

fare, e così fu condotto al frutteto.

Un giorno, quando era in borsa, Bonner gli chiese come gli piacesse il suo alloggio e

il suo prezzo. "Abbastanza bene", disse Willes, "potrei avere un po' di paglia su cui sedermi

o sdraiarmi". Proprio in quel momento arrivò la moglie di Willes, allora in gran parte

incinta, e supplicò il vescovo per suo marito, dichiarando audacemente che sarebbe stata

consegnata in casa, se lui non avesse sofferto per andare con lei. Per sbarazzarsi

dell'importanza della buona moglie e dei problemi di una donna che stava mentendo nel

suo palazzo, fece fare a Willes il segno della croce, e disse: In nomine Patris, et Filii, et

Spiritus Sancti, Amen. Willes omise il segno e ripeté le parole, "nel nome del Padre, del

Figlio e dello Spirito Santo, Amen". Bonner avrebbe avuto le parole ripetute in latino, a cui

Willes non fece obiezioni, conoscendo il significato delle parole. Gli fu poi permesso di

tornare a casa con la moglie, il suo parente Roberto Rouze fu incaricato di portarlo a San

Paolo il giorno successivo, dove lui stesso andò, e sottoscrivendo uno strumento latino di

poca importanza, fu liberato. Questa è l'ultima delle ventidue prese a Islington.

Rev. Riccardo Yeoman

Questa persona anziana devota era curata dal dottor Taylor, a Hadley, e

eminentemente qualificata per la sua funzione sacra. Il dottor Taylor gli lasciò la cura alla

sua partenza, ma non appena il signor Newall ottenne il beneficio, rimosse il signor

Yeoman e sostituì un prete romanico. Dopo questo egli si allontanò da un luogo all'altro,

esortando tutti gli uomini ad attenersi fedelmente alla Parola di Dio, a donarsi seriamente

alla preghiera, con pazienza a portare la croce ora posta su di loro per la prova, con audacia

a confessare la verità davanti ai loro avversari, e con un'indubbia speranza di attendere la

corona e la ricompensa della felicità eterna. Ma quando percepì che i suoi avversari lo

aspettavano, andò nel Kent, e con un po' di lacci, spille, punti, ecc., viaggiò da un villaggio

all'altro, vendendo cose del genere, e in questo modo si mantenne se stesso, sua moglie e i

suoi figli.

Alla fine, il giudice Moile, del Kent, prese il signor Yeoman e lo mise nelle scorte un

giorno e una notte; ma, non avendo alcuna evidente materia di cui incriminarlo, lo lasciò

andare di nuovo. Tornato segretamente a Hadley, si portò con la sua povera moglie, che lo

tenne in privato, in una camera della casa cittadina, comunemente chiamata Guildhall, per

più di un anno. Durante questo tempo il buon vecchio padre dimorava in una camera chiusa

tutto il giorno, trascorrendo il suo tempo nella devota preghiera, nella lettura delle Scritture,

e nella cardatura della lana che la moglie girava. La moglie implorava anche pane per sé e

per i suoi figli, con il che i precari si mantenevano. Così i santi di Dio sopportarono la fame

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Il Libro dei Martiri di Foxe

e la miseria, mentre i profeti di Baal vissero in festa e furono costosamente coccolati alla

tavola di Jezebel.

Essendo a lungo informato che Yeoman era stato nascosto da sua moglie, venne,

assistito dai poliziotti, e fece irruzione nella stanza dove l'oggetto della sua ricerca era a

letto con sua moglie. Egli rimproverò la povera donna di essere una puttana, e avrebbe

ingiustamente tolto i vestiti, ma Yeoman resistette sia a questo atto di violenza che

all'attacco al carattere di sua moglie, aggiungendo che sfidava il papa e il papa. Fu poi

portato fuori e messo in giacenza fino al giorno.

Nella gabbia c'era anche un anziano, di nome Giovanni Dale, che era seduto lì per tre

o quattro giorni, per esortare le persone durante il servizio a tempo era esibito da Newall e

il suo curato. Le sue parole furono: "O miserabili e cieche guide, sarete mai ciechi leader

dei ciechi? Non cambierete mai? Non vedrete mai la verità della Parola di Dio? Le minacce

e le promesse di Dio non entreranno nei vostri cuori? Il sangue dei martiri non mollerà mai

i vostri stomaci pietosi? O generazione oblunga, dura, perversa e storta! a cui nulla può

fare del bene."

Queste parole egli parlò in fervore di spirito contro la religione superstiziosa di Roma;

perciò Newall lo fece subito attaccare e mettere le scorte in una gabbia, dove fu tenuto fino

a quando Signor Enrico Doile, un giudice, arrivò a Hadley.

Quando Yeoman fu catturato, il parroco chiese a Signor Enrico Doile di mandarli

entrambi in prigione. Signor Enrico Doile supplicò sinceramente il parroco di considerare

l'età degli uomini e le loro condizioni medie; non erano né persone di nota né predicatori;

per cui propose di lasciarli punire un giorno o due e di congedarli, almeno Giovanni Dale,

che non era un prete, e quindi, dato che aveva così a lungo seduto nella gabbia, pensò che

fosse una punizione sufficiente per questo tempo. Quando il parroco lo sentì, era

estremamente arrabbiato, e in una grande rabbia li chiamò eretici pestilenti, inadatti a

vivere nel Commonwealth dei cristiani.

Signor Enrico, temendo di apparire troppo misericordioso, Yeoman e Dale furono

schiacciati, legati come ladri con le gambe sotto la pancia dei cavalli, e trasportati nella

prigione di Bury, dove furono deposti in ferri; e poiché rimproveravano continuamente la

povera povertà, furono portati nel sotterraneo più basso, dove Giovanni Dale, attraverso la

prigione-malattia e malvagità, morì poco dopo: il suo corpo fu gettato fuori e sepolto nei

campi. Era un uomo di sessantasei anni, tessitore per professione, ben imparato nelle Sacre

Scritture, saldo nella sua confessione delle vere dottrine di Cristo come enunciate ai tempi

di re Edoardo; per le quali soffrì con gioia la prigione e le catene, e da questa prigione

mondana partì in Cristo alla gloria eterna, e al paradiso benedetto della felicità eterna.

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Dopo la morte di Dale, Yeoman fu trasferito nella prigione di Norwich, dove, dopo

aver tenuto duro e malvagio, fu esaminato sulla sua fede e religione, e gli fu chiesto di

sottomettersi al suo santo padre il papa. "Lo sfido, (quoth he), e tutto il suo abominio

detestabile: non avrò in nessun modo a che fare con lui." Gli articoli principali che gli si

opponevano erano il suo matrimonio e il sacrificio di massa. Scoprendo che continuava

saldamente nella verità, fu condannato, degradato, e non solo bruciato, ma più crudelmente

tormentato nell'incendio. Così pose fine a questa povera e miserabile vita, ed entrò in quel

seno benedetto di Abramo, godendo con Lazzaro quel riposo che Dio ha preparato per il

Suo eletto.

Tommaso Benbridge

Il signor Benbridge era un signore single, nella diocesi di Winchester. Avrebbe potuto

vivere la vita di un gentiluomo, nei ricchi possedimenti di questo mondo; ma scelse

piuttosto di entrare attraverso lo stretto cancello della persecuzione nel possesso celeste

della vita nel Regno del Signore, piuttosto che godere del piacere presente con inquietudine

di coscienza. Manifestatosi contro i papisti per la difesa della sincera dottrina del Vangelo

di Cristo, fu arrestato come avversario della religione romanica e condotto all'esame del

vescovo di Winchester, dove subì diversi conflitti per la verità contro il vescovo e il suo

collega; per i quali fu condannato, e qualche tempo dopo portato al luogo del martirio da

Signor Riccardo Pecksal, sceriffo.

Quando stava in piedi sul rogo cominciò a slegare i suoi punti, e a prepararsi; poi diede

la sua toga al custode, a titolo di compenso. Il suo jerkin fu tagliato con un pizzo d'oro, che

diede a Signor Riccardo Pecksal, l'alto sceriffo. Gli tolse il cappello di velluto dalla testa e

lo gettò. Poi, sollevando la mente al Signore, si impegnò nella preghiera.

Seaton lo pregò di recitare, e gli avrebbe dovuto chiedere perdono; ma quando vide

che nulla valeva, disse alla gente di non pregare per lui a meno che non recitasse, non più

di quanto avrebbero pregato per un cane.

Signor Benbridge, in piedi sul rogo con le mani unite in un modo tale che il prete tiene

le mani nel suo Memento, il dottor Seaton venne da lui di nuovo, e lo esortò ad abiurare,

al quale disse: "Via, Babilonia, via!" Uno di loro disse: "Signore, tagliagli la lingua"; un

altro, un uomo temporale, lo inveì peggio di quanto non avesse fatto il dottor Seaton.

Quando videro che non avrebbe ceduto, dissero agli aguzzini di accendere il mucchio,

prima che fosse in qualche modo coperto di froci. Il fuoco gli tolse per primo un pezzo di

barba, e non si restringette. Poi arrivò dall'altra parte e gli prese le gambe, e le calze di

cuoio del tubo, gli perforarono il fuoco più affilato, in modo che il calore intollerabile lo

facesse esclamare: "Respingo!", e improvvisamente si fidò del fuoco che gli era venuto.

Due o tre dei suoi amici, essendo in prigione, volevano salvarlo; sono andati al fuoco per

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Il Libro dei Martiri di Foxe

aiutarlo a rimuoverlo, per la cui gentilezza sono stati mandati in prigione. Lo sceriffo,

inoltre, di sua propria autorità lo prese dal rogo, e lo rimise in prigione, per il quale fu

mandato nella Flotta, e si stese lì qualche tempo. Prima, tuttavia, che fosse tolto dal palo,

il dottor Seaton scrisse degli articoli a cui avrebbe dovuto abbonarsi. A questi il signor

Benbridge fece così tante obiezioni che il dottor Seaton ordinò loro di dare fuoco di nuovo

al mucchio. Poi, con molto dolore e dolore di cuore, li sottoscrisse sulla schiena di un uomo.

Fatto questo, gli è stato dato di nuovo l'abito, ed è stato condotto in prigione. Mentre

era lì, scrisse una lettera al dottor Seaton, ricordando quelle parole che aveva pronunciato

al rogo, e gli articoli che aveva sottoscritto, perché era addolorato di averle mai firmate. Lo

stesso giorno di notte fu di nuovo portato sul rogo, dove i vili aguzzini lo covarono piuttosto

che bruciarlo. Il Signore dia pentimento ai suoi nemici!

Sig.ra Prest

Dal numero condannato in questo regno fanatico, è quasi impossibile ottenere il nome

di ogni martire, o abbellire la storia di tutti con aneddoti ed esemplificazioni di condotta

cristiana. Grazie alla Provvidenza, il nostro crudele compito comincia a concludersi, con

la fine del regno del terrore e dello spargimento di sangue papale. I monarchi, che siedono

su troni posseduti da diritti ereditari, dovrebbero, di tutti gli altri, considerare che le leggi

della natura sono le leggi di Dio, e quindi che la prima legge della natura è la conservazione

dei loro sudditi. Massime di persecuzioni, di torture e di morte, dovrebbero lasciare a coloro

che hanno esercitato la sovranità con la frode o con la spada; ma dove, tranne che tra pochi

imperatori miscreti di Roma, e i pontefici romani, troveremo uno la cui memoria è così

"dannata alla fama eterna" come quella della Regina Maria? Le nazioni lamentano l'ora che

le separa per sempre da un amato governatore, ma, rispetto a quella di Maria, fu il momento

più benedetto di tutto il suo regno. Il cielo ha ordinato tre grandi flagelli per la peste dei

peccati nazionali, la pestilenza e la carestia. Era volontà di Dio nel regno di Maria portare

un quarto su questo regno, sotto forma di persecuzione papistica. E 'stato acuto, ma glorioso;

il fuoco che ha consumato i martiri ha minato la papia; e gli Stati cattolici, al momento i

più bigotti e non illuminati, sono quelli che sono affondati più in basso nella scala della

dignità morale e delle conseguenze politiche. Rimangano tali, fino a quando la luce pura

del Vangelo dissiperà le tenebre del fanatismo e della superstizione! Ma per tornare.

La signora Prest visse per qualche tempo in Cornovaglia, dove ebbe un marito e dei

figli, il cui bigottismo la costrinse a frequentare gli abominii della Chiesa di Roma.

Risolvendo di agire come la sua coscienza dettava, lei li abbandonò e si guadagnò da vivere

girando. Dopo un po' di tempo, tornando a casa, fu accusata dai suoi vicini, e portata a

Exeter, per essere esaminata dal dottor Troubleville, e dal suo cancelliere Blackston'.

Poiché questa martire è stata considerata di intelletto inferiore, la metteremo in

competizione con il vescovo, e lasceremo che il lettore giudichi che ha avuto la maggior

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Il Libro dei Martiri di Foxe

parte di quella conoscenza favorisce la vita eterna. Il vescovo che porta la domanda a

emettere, rispettando il pane e il vino che sono carne e sangue, la signora Prest ha detto:

"Vi chiederò se potete negare il vostro credo, che dice, che Cristo si siede perennemente

alla destra del Suo Padre, sia corpo che anima, fino a quando Egli non ritorna; o se Egli sia

lì in cielo il nostro Avvocato, e di fare la preghiera per noi a Dio Suo Padre? Se Lui sarà

così, non è qui sulla terra in un pezzo di pane. Se Lui non è qui, e se non abita in templi

fatti con le mani, ma in cielo, che cosa! Lo cerchiamo qui? Se non ha offerto il Suo corpo

una volta per tutte, perché farvi una nuova offerta? Se con un'offerta ha reso tutto perfetto,

perché con un'offerta falsa rendere tutto imperfetto? Se Egli sarà adorato nello spirito e

nella verità, perché adorate un pezzo di pane? Se Egli è mangiato e ubriaco nella fede e

nella verità, se la Sua carne non è redditizia per essere tra noi, perché dici di fare la Sua

carne e il Suo sangue, e dire che è redditizia per il corpo e l'anima? Ahimè! Io sono una

donna povera, ma piuttosto che fare come te, non vivrei più. Ho detto, signore."

Vescovo. Te lo giuro, sei un protestante allegro. Ti prego in quale scuola sei cresciuto?

Signora Prest. Ho visitato la domenica i sermoni, e là ho imparato cose così fisse nel

mio seno, che la morte non li separerà.

B. O stupida donna, che ti sprecherà il fiato addosso, o come te? Ma che possibilità

hai di allontanarti da tuo marito? Se tu fossi stata una donna onesta, non avresti lasciato tuo

marito e i tuoi figli, e non avresti corso per il paese come un fuggitivo.

Signora P. Sir, ho lavorato per la mia vita; e come mi ha consigliato il mio Maestro

Cristo, quando sono stato perseguitato in una città, sono fuggito in un'altra.

B. Chi ti ha perseguitato?

Signora P. Mio marito e i miei figli. Perché quando li avrei lasciati dall'idolatria, e per

adorare Dio in cielo, non mi avrebbe ascoltato, ma lui con i suoi figli mi rimproverava, e

mi turbava. Non sono fuggito per la miseria, né per furto, ma perché non sarei stato

partecipe con lui e la sua di quel fallo di idolo della messa; e ovunque fossi, più spesso che

potevo, la domenica e le vacanze. Ho fatto delle scuse per non andare alla Chiesa Papale.

B. Credi di essere una brava casalinga, a volare da tuo marito alla Chiesa.

Signora P. La mia casalinga non è che piccola; ma Dio mi ha dato la grazia di andare

alla vera Chiesa.

B. La vera Chiesa, cosa intendi?

Signora P. Non la vostra Chiesa papale, piena di idoli e abominazioni, ma dove due o

tre sono riuniti insieme nel nome di Dio, a quella Chiesa andrò finché vivrò.

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Il Libro dei Martiri di Foxe

B. Credi di avere una chiesa tutta tua. Beh, lasciamo che questa pazza venga messa in

prigione finché non mandiamo a chiamare suo marito.

Signora P. No, ho solo un marito, che è già qui in questa città, e in prigione con me,

da cui non partirò mai.

Alcune persone presenti cercando di convincere il vescovo che non era nel suo senso

giusto, le fu permesso di partire. Il custode delle prigioni del vescovo la portò nella sua

casa, dove lei lavorava come domestica, o camminava per la città, scoraggiando il

Sacramento dell'altare. Suo marito è stato mandato a portarla a casa, ma lei ha rifiutato

mentre la causa della religione poteva essere servita. Era troppo attiva per essere pigra, e

la sua conversazione, semplice come loro affettuavano a pensarla, eccitò l'attenzione di

diversi sacerdoti e frati cattolici. L'hanno presa in giro con delle domande, finché non ha

risposto con rabbia, e questo l'ha fatta ridere per il suo calore.

"No," disse lei, "hai più bisogno di piangere che di ridere, e di essere dispiaciuta per

essere mai nata, di essere la cappellana di quella puttana di Babilonia. Sfido lui e tutta la

sua falsità, e ti allontano da me, tu non fai altro che disturbare la mia coscienza. Mi faresti

seguire le tue azioni, prima perderò la vita. Ti prego di andartene."

"Perché, stupida donna", dissero loro, "veniamo da te per il tuo profitto e per la salute

della tua anima". Alla quale lei rispose: "Quale profitto ti viene da fare, che non insegnano

altro che menzogne per la verità? come salvarti le anime, quando non predichi altro che

menzogne, e distruggi le anime?"

"Come lo provi?" dissero loro.

"Non distruggete le vostre anime, quando insegnate al popolo ad adorare gli idoli, le

scorte e le pietre, le opere delle mani degli uomini? e ad adorare un falso Dio della vostra

stessa creazione di un pezzo di pane, e insegnate che il Papa è il vicario di Dio e ha il potere

di perdonare i peccati? e che c'è un purgatorio, quando il Figlio di Dio ha per passione

epurato tutti? e dite di fare Dio e sacrificarlo, quando il corpo di Cristo è stato un sacrificio

una volta per tutte? Non insegnate al popolo a quantificare i propri peccati nelle vostre

orecchie, e dite che saranno dannati se non confesseranno tutti; quando la Parola di Dio

dice: Chi può quantificare i suoi peccati? Non promettete loro affitti, immondizie e messe

per le anime, e vendete le vostre preghiere per i soldi, e farli comprare perdono, e fidarsi

di tali invenzioni stupide della vostra immaginazione? Non agite insieme contro Dio? Non

ci insegnate a pregare sulle perline, a pregare i santi, e a dire che possono pregare per noi?

Non fate l'acqua santa e il pane sacro per friggere i diavoli? Non fate mille altri abomini?

Eppure tu dici, vieni per il mio profitto, e per salvarmi l'anima. No, no, uno mi ha salvato.

Addio, tu con la tua salvezza."

291


Il Libro dei Martiri di Foxe

Durante la libertà concessale dal vescovo, prima citata, andò nella chiesa di San Pietro,

e lì trovò un abile olandese, che stava apponendo nuovi nasi a certe belle immagini che

erano state sfigurate al tempo di re Edoardo; al quale disse: "Che pazzo sei tu, a fargli nuovi

nasi, che in pochi giorni perderanno tutti la testa?" L'olandese l'ha accusata e l'ha messa in

difficoltà. E lei gli disse: "Tu sei maledetto, così come le tue immagini." Lui la chiamò

puttana. "No," disse lei, "le tue immagini sono puttane, e tu sei una puttana-cacciatrice;

perché non Dio dice, 'Tu vai una puttana dietro a dèi strani, figure del tuo proprio fare? e

tu sei uno di loro.'" Dopo questo le fu ordinato di essere confinata, e non aveva più libertà.

Durante il periodo della sua prigionia, molti la visitarono, alcuni inviati dal vescovo,

e alcuni di loro volevano, tra questi c'era un Danielee, un grande predicatore del Vangelo,

ai tempi di re Edoardo, sulla Cornovaglia e il Devonshire, ma che, attraverso la grave

persecuzione che aveva subito, era caduto. Davvero lo esortò a pentirsi con Pietro, e ad

essere più costante nella sua professione.

La signora Walter Rauley e il signor Guillermo e Giovanni Kede, persone di grande

rispettabilità, portarono ampia testimonianza della sua divina conversazione, dichiarando,

che se Dio non fosse stato con lei, era impossibile che lei avrebbe potuto così abilmente

difendere la causa di Cristo. Infatti, per riassumere il carattere di questa povera donna, essa

unì il serpente e la colomba, abbondando nella più alta saggezza unita alla più grande

semplicità. Ha sopportato imprigionamento, minacce, scherni, e gli epiteti più disgustosi,

ma nulla poteva indurla a sbandare; il suo cuore era fissato; aveva gettato ancora; né tutte

le ferite della persecuzione potevano toglierla dalla roccia su cui le sue speranze di felicità

erano costruite.

Tale era la sua memoria, che, senza imparare, poteva dire in quale Capitolo qualsiasi

testo della Scrittura era contenuto: a causa di questa singolare proprietà, un Gregorio Basset,

un papista di rango, disse di essere squilibrata, e parlò come un pappagallo, selvaggio senza

senso. Alla fine, dopo aver cercato in tutti i modi di renderla nominalmente cattolica, la

condannarono. Dopo questo, uno la esortò a lasciare le sue opinioni, e tornare a casa dalla

sua famiglia, povero e analfabeta. "Vero, (ha detto lei) anche se non sono imparata, mi

accontento di essere testimone della morte di Cristo, e prego tu non fare più ritardo con me;

perché il mio cuore è fisso, e non dirò mai il contrario, né rivolgermi al tuo superstizioso

fare."

Con disgrazia del signor Blackston, tesoriere della chiesa, spesso mandava questo

povero martire dalla prigione, a fare sport per lui e per una donna che teneva; ponendole

domande religiose, e trasformando le sue risposte in ridicolo. Fatto questo, egli la rimandò

nella sua miserabile prigione, mentre si batteva sulle cose buone di questo mondo.

C'era forse qualcosa di semplicemente ridicolo sotto forma di Mrs Prest, in quanto era

di bassa statura, densa e di circa cinquantaquattro anni di età; ma il suo volto era allegro e

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Il Libro dei Martiri di Foxe

vivace, come se fosse preparato per il giorno del suo matrimonio con l'Agnello. Deridere

la sua forma era un'accusa indiretta del suo Creatore, che la incastrava secondo la moda

che preferiva, e le dava una mente che eccellava le doti transitorie della carne deperibile.

Quando le fu offerto del denaro, lei lo rifiutò, "perché (disse lei) sto andando in una città

dove il denaro non ha padronanza, e mentre sono qui Dio ha promesso di nutrirmi."

Quando è stata letta una sentenza, condannandola alle fiamme, ha alzato la voce e ha

lodato Dio, aggiungendo: "Oggi ho trovato ciò che ho cercato a lungo". Quando la

tentarono di ritrattare, "Non lo farò, (disse lei) Dio non voglia che io perda la vita eterna,

per questa vita carnale e breve. Non mi rivolgerò mai dal mio marito celeste al mio marito

terreno; dalla comunione degli angeli ai figli mortali; e se mio marito e i miei figli saranno

fedeli, allora io sarò loro. Dio è mio padre, Dio è mia madre, Dio è mia sorella, mio fratello,

mio parente; Dio è mio amico, il più fedele."

Essendo stata consegnata allo sceriffo, fu condotta dall'ufficiale al luogo

dell'esecuzione, senza le mura di Exeter, chiamato Sothenhey, dove ancora una volta i preti

superstiziosi la assalirono. Mentre la legavano al rogo, lei continuò sinceramente a

esclamare "Dio sia misericordioso con me, peccatore!" Pazientemente, sopportando la

devastante conflagrazione, fu consumata in cenere, e così terminò una vita che nella fedeltà

incrollabile alla causa di Cristo, non fu superata da quella di qualsiasi martire precedente.

Riccardo Sharpe, Tommaso Banion e Tommaso Hale

Il signor Sharpe, tessitore, di Bristol, fu portato il nove marzo del 1556, davanti al

dottor Dalby, cancelliere della città di Bristol, e dopo l'esame riguardante il Sacramento

dell'altare, fu persuaso a recedere; e il ventinove, fu invitato a fare la sua ritrattazione nella

chiesa parrocchiale. Ma, a malapena aveva pubblicamente dichiarato il suo arretramento,

prima di sentire nella sua coscienza un amico così tormentoso, che non era in grado di

lavorare alla sua occupazione; quindi, poco dopo, una domenica, entrò nella chiesa

parrocchiale, chiamata Tempio, e dopo la messa alta, si alzò sulla porta del coro e disse a

voce alta: "Vicini, portatemi la registrazione che il vostro idolo (puntando all'altare) è il

più grande e abominevole che sia mai stato; e mi dispiace che abbia mai negato il mio

Signore Dio!" Malgrado gli fosse stato ordinato di arrestarlo, fu ferito per uscire dalla

chiesa, ma di notte fu arrestato e portato a Newgate. Poco dopo, davanti al Cancelliere,

negando che il Sacramento dell'altare fosse il corpo e il sangue di Cristo, fu condannato ad

essere bruciato dal signor Dalby. Fu bruciato il 7 maggio 1558 e morì in modo devoto,

paziente e costante, confessando gli articoli protestanti di fede.Con lui soffrì Tommaso

Hale, calzolaio di Bristol, che fu condannato da Chcnallor Dalby. Questi martiri sono stati

rilegati a ritroso.

Tommaso Banion, un tessitore, fu bruciato il 27 agosto dello stesso anno e morì per

la causa evangelica del suo Salvatore.

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Il Libro dei Martiri di Foxe

J. Corneford, di Wortham; C. Browne, di Maidstone; J. Herst, di Ashford; Alice Snoth,

e Catharine Knight, una donna di età

Con piacere dobbiamo registrare che questi cinque martiri sono stati gli ultimi che

hanno sofferto nel regno di Maria per il bene della causa protestante; ma la cattiveria dei

papisti è stata cospicua nell'affrettare il loro martirio, che avrebbe potuto essere ritardato

fino a quando non fosse stato deciso l'evento della malattia della regina. Si dice che

l'arcidiacono di Canterbury, giudicando che la morte improvvisa della regina avrebbe

sospeso l'esecuzione, viaggiò da Londra per avere la soddisfazione di aggiungere un'altra

pagina alla lista nera dei sacrifici papistici.

Gli articoli contro di loro erano, come al solito, gli elementi sacramentali e l'idolatria

di piegarsi alle immagini. Hanno citato le parole di San Giovanni, "Attenzione alle

immagini!" e, rispettando la presenza reale, hanno esortato secondo San Paolo, "le cose

che si vedono sono temporali". Quando la frase stava per essere letta contro di loro, e la

scomunica avveniva nella forma regolare, Giovanni Corneford, illuminato dallo Spirito

Santo, trasformò terribilmente quest'ultimo procedendo contro se stesso, e in modo solenne

impressionante, recriminò la loro scomunica con le seguenti parole: "Nel nome di nostro

Signore Gesù Cristo, il Figlio del Dio più potente, e per la potenza del Suo Santo Spirito,

e l'autorità della Sua Santa Chiesa cattolica e apostolica, noi diamo qui nelle mani di Satana

da distruggere, i corpi di tutti quei blasfemi ed eretici che mantengono ogni errore contro

la Sua Santissima Parola, o condannano la Sua Santissima Verità Sì, al mantenimento di

ogni falsa chiesa o religione straniera, affinché con questo Tuo giusto giudizio, O Dio

onnipotente, contro i Tuoi avversari, la Tua vera religione sia conosciuta alla Tua grande

gloria e al nostro conforto e all'edificazione di tutta la nostra nazione. Buon Dio, sia così.

Amen."

Questa sentenza è stata pronunciata e registrata apertamente, e, come se la

Provvidenza avesse riconosciuto che non doveva essere pronunciata invano, entro sei

giorni dopo, la Regina Maria è morta, detestata da tutti gli uomini buoni e maledetta di Dio!

Pur conoscendo queste circostanze, l'implacabilità dell'arcidiacono superò quella del

suo grande esemplare, Bonner, che, sebbene avesse diverse persone in quel momento sotto

la sua agguerrita presa, non sollecitò la loro morte in fretta, con il quale certamente diede

loro un'opportunità di fuga. Al decesso della regina, molti erano in legami: alcuni appena

presi, alcuni esaminati, e altri condannati. Gli scritti furono infatti emessi per diversi roghi,

ma a causa della morte dei tre istigatori dell'omicidio protestante, il cancelliere, il vescovo

e la regina, che caddero quasi insieme, le pecore condannate furono liberate e vissero molti

anni per lodare Dio per la loro felice liberazione.

Questi cinque martiri, quando erano sul rogo, pregavano sinceramente perché il loro

sangue fosse l'ultimo capanno, e non pregarono invano. Morirono gloriosamente, e

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Il Libro dei Martiri di Foxe

perfezionarono il numero che Dio aveva scelto di testimoniare la verità in questo terribile

regno, i cui nomi sono riportati nel Libro della Vita; anche se ultimo, non ultimo tra i santi

fatti incontrare per l'immortalità attraverso il sangue redentore dell'Agnello!

Catharine Finlay, alias Knight, fu convertita per la prima volta da suo figlio esponendo

le Scritture a lei, che produsse in lei un'opera perfetta che terminò con il martirio. Alice

Snoth sul rogo mandò a chiamare sua nonna e suo padrino, e provò loro gli articoli della

sua fede e i Comandamenti di Dio, convincendo così il mondo che conosceva il suo dovere.

E 'morta invitando gli spettatori a testimoniare di essere cristiana e di aver sofferto con

gioia per la testimonianza del Vangelo di Cristo.

Tra le innumerevoli enormità commesse dall'impietoso e insensibile Bonner,

l'omicidio di questo innocente e inoffensivo bambino può essere considerato il più orribile.

Suo padre, Giovanni Fetty, della parrocchia di Clerkenwell, per mestiere un sarto, e solo

ventiquattro anni di età, aveva fatto l'elezione benedetta; era fissato sicuro nella speranza

eterna, e dipendeva da Colui che costruisce così la Sua Chiesa che le porte dell'inferno non

prevarranno contro di essa. Ma purtroppo la stessa moglie del suo seno, il cui cuore era

indurito contro la verità e la cui mente era influenzata dagli insegnanti della falsa dottrina,

divenne la sua accusatrice. Brokenbery, creatura del Papa, e parroco della parrocchia, ha

ricevuto l'informazione di questa Delilah nobile, in conseguenza della quale il povero è

stato arrestato. Ma qui il terribile giudizio di un Dio sempre giusto, che è "di occhi più puri

che di vedere il male", è caduto su questa donna dal cuore di pietra e perfida; perché non

prima è stato il marito ferito catturato dal suo perfido complotto, che anche lei è stata

improvvisamente presa con follia, e ha esibito un terribile e risvegliante esempio del potere

di Dio di punire il malfattore. Questa terribile circostanza ha avuto qualche effetto sui cuori

dei cacciatori empi che avevano agguantato con ansia la loro preda; ma, in un momento di

tenacia, lo hanno sofferto a rimanere con la sua indegna moglie, a restituirle il bene per il

male, e a confortare due bambini, che, al suo essere mandato in prigione, sarebbero stati

lasciati senza un protettore, o sarebbero diventati un peso per la parrocchia. Poiché gli

uomini cattivi agiscono da piccoli motivi, possiamo porre l'indulgenza mostratagli a

quest'ultimo resoconto.

Abbiamo notato nella parte precedente delle nostre narrazioni dei martiri, alcuni il cui

affetto li avrebbe portati anche a sacrificare la propria vita, a preservare i loro mariti; ma

qui, in accordo con il linguaggio della Scrittura, una madre si dimostra, appunto, un mostro

in natura! Né l'affetto coniugale né quello materno hanno potuto impressionare il cuore di

questa vergognosa donna.

Anche se il nostro cristiano afflitto aveva sperimentato tanta crudeltà e falsità da parte

della donna che gli era legata da ogni legame sia umano che divino, tuttavia, con spirito

mite e premuroso, egli trascurò i suoi misfatti, durante la sua calamità cercando tutto quello

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Il Libro dei Martiri di Foxe

che poteva per procurarle sollievo per la sua malattia, e rasserenandola da ogni possibile

espressione di tenerezza: così in poche settimane si rimise quasi in sé. Ma, ahimè! ritornò

di nuovo al suo peccato, "come un cane ritornò al suo vomito." La cattiveria contro i santi

dell'Altissimo era seduta nel suo cuore troppo fermamente per essere rimossa; e quando la

sua forza ritornò, la sua inclinazione a lavorare la cattiveria ritornò con essa. Il suo cuore

era indurito dal principe delle tenebre; e a lei possono essere applicate queste parole afflitte

e strazianti dell'anima, "Può l'etiope cambiare la sua pelle, o il leopardo le sue macchie?

allora anche voi potete fare del bene, che sono abituati a fare il male." Ponendo questo testo

debitamente con un altro, "avrò misericordia su chi avrò misericordia", come possiamo

presumere di affinare la sovranità di Dio mettendo Geova alla sbarra della ragione umana,

che, in materia religiosa, è troppo spesso osteggiata da infinita saggezza?

"La via è ampia, quella porta alla distruzione, e molte sono le strade che vanno in

quella direzione. Stretta è la via, che conduce alla vita, e pochi sono quelli che la trovano."

Le vie del cielo sono davvero imperscrutabili, ed è nostro dovere limitato camminare

sempre dipendenti da Dio, guardandolo con umile fiducia, sperando nella Sua bontà, e

confessando mai la Sua giustizia; e dove "non possiamo districarci, lì impariamo a fidarci".

Questa donna miserabile, che inseguiva gli orribili dettami di un cuore indurito e depravato,

fu appena confermata nella sua guarigione, quando, soffocando i dettami di onore,

gratitudine e ogni naturale affetto, accusò di nuovo suo marito, che fu nuovamente arrestato,

e portato davanti a Signor Giovanni Mordant, cavaliere, e uno dei commissari della regina

Maria.

All'esame, il suo giudice lo trovò fissato in opinioni che militavano contro coloro che

erano stati infermieri dalla superstizione e mantenuti dalla crudeltà, fu condannato al

confinamento e alla tortura nella Torre di Lollard. Qui fu messo nelle scorte dolorose, e

fece preparare da lui un piatto d'acqua, con una pietra messa dentro, a che scopo Dio sa,

salvo che fosse quello di dimostrare che avrebbe dovuto cercare poco altro sostentamento:

che è abbastanza credibile, se consideriamo le loro pratiche simili sui subacquei prima

menzionate in questa storia; come, tra gli altri, Riccardo Smith, che morì attraverso la loro

crudele prigionia toccando chi, quando una donna divina venne dal dottor Story per

lasciarlo potrebbe seppellirlo, le chiese se aveva qualche cannuccia o sangue in bocca; ma

cosa significa così, lascio al giudizio del saggio.

Il primo giorno della terza settimana delle sofferenze del nostro martire, un oggetto si

presentò al suo punto di vista, che gli fece sentire le sue torture con tutta la loro forza, e per

eseguire, con amarezza solo a pena di maledire, l'autore della sua miseria. Per segnare e

punire i lavori dei suoi aguzzini, rimasero con l'Altissimo, che non ha neppure la caduta di

un passero, e nella cui sacra Parola è scritto: "La vendetta è mia; io ripagherò". Questo

oggetto era suo figlio, un bambino di otto anni. Per quindici giorni, il suo sfortunato padre

era stato sospeso dal suo aguzzino per il braccio destro e la gamba sinistra, e talvolta per

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Il Libro dei Martiri di Foxe

entrambi, spostando le sue posizioni allo scopo di dargli forza per sopportare e allungare

la data delle sue sofferenze. Quando l'innocente innocente, desideroso di vedere e parlare

con il genitore, chiese a Bonner il permesso di farlo, il povero bambino gli fu chiesto dal

cappellano del vescovo il significato della sua commissione, egli rispose che desiderava

vedere suo padre. "Chi è tuo padre?" disse il cappellano. "Giovanni Fetty", ritornò il

ragazzo, indicando nello stesso tempo il luogo in cui era confinato. Il miscredente

interrogante su questo ha detto, "Perché, tuo padre è un eretico!" Il piccolo campione si

riunì di nuovo, con energia sufficiente per suscitare ammirazione in qualsiasi seno, tranne

che di questo disgraziato senza principi e senza sentimenti-questo miscreante, desideroso

di eseguire le richieste di una regina senza rimorso-"Mio padre non è eretico: perché hai il

marchio di Balaam."

Irritato dal rimprovero così opportunamente applicato, il sacerdote indignato e

mortificato nascondeva per un momento il suo risentimento, e portava il ragazzo impavido

in casa, dove, avendolo messo al sicuro, lo presentava agli altri, la cui basità e crudeltà

erano uguali alle sue, lo spogliavano della pelle, e applicavano le loro piaghe in modo così

violento, che, svenendo sotto le strisce inflitte al suo telaio tenero, e coperto dal sangue che

scorreva da loro, la vittima della loro empia ira era pronta a scadere sotto la sua pesante e

infondata punizione.

In questo stato sanguinante e indifeso c'era il bambino sofferente, coperto solo con la

camicia, portato a suo padre da uno degli attori dell'orribile tragedia, che, mentre esibiva

lo spettacolo straziante, faceva uso dei più villi scherni, ed esultava per quello che aveva

fatto. Il bambino obbediente, come se recuperasse forza alla vista del padre, in ginocchio

implorava la sua benedizione. "Ahimè! Will disse il genitore afflitto, tremando di stupore,

"che ti ha fatto questo! l'innocente senza arte riferì le circostanze che portarono alla

correzione impietosa che gli era stata così fondamentalmente inflitta; ma quando ripeté la

riprovazione concessa al cappellano, e che fu spinta da uno spirito impassibile, fu strappato

dal suo genitore piangente, e trasportato di nuovo alla casa, dove rimase prigioniero stretto.

Bonner, un po' timoroso che quello che era stato fatto non potesse essere giustificato

nemmeno tra i seguaci del suo branco vorace, concluse nella sua mente oscura e malvagia,

di liberare Giovanni Fetty, almeno per un tempo, dalle severità che stava sopportando nella

gloriosa causa della verità eterna! le cui luminose ricompense sono fissate oltre i confini

del tempo, entro i confini dell'eternità; dove la freccia dell'empio non può ferirsi, anche

"dove non ci sarà più dolore per il beato, che, nella villa della beatitudine eterna glorificherà

l'Agnello per sempre e mai". Fu quindi per ordine di Bonner, (come vergognoso a ogni

dignità, per dire vescovo!) liberato dai dolorosi legami, e condotto dalla Torre di Lollard,

alla camera di quel macellaio ignobile e infame, dove trovò il vescovo che si bagnava

davanti a un grande fuoco; e al suo primo ingresso in camera, Fetty disse: "Dio sia qui e la

pace!" "Dio sia qui e la pace, (disse Bonner,) che non è né la velocità di Dio né il

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Il Libro dei Martiri di Foxe

buongiorno!" "Se calci contro questa pace, (disse Fetty), allora questo non è il luogo che

cerco."

Un cappellano del vescovo, in piedi, girò il povero e pensò di abusare di lui, e disse,

beffandosi saggiamente, "Che cosa abbiamo qui - un giocatore!" Mentre Fetty era così in

piedi nella camera del vescovo, egli espiò, appeso al letto del vescovo, un paio di grandi

perline nere, dopo di che disse: "Mio Signore, penso che l'impiccione non sia lontano:

perché il cavaliere (puntando alle perline) è già qui!" A quelle parole il vescovo era in una

rabbia meravigliosa. Poi, subito dopo, espiò anche, stando in piedi nella camera del

vescovo, nella finestra, un piccolo crocifisso. Poi chiese al vescovo cosa fosse, e rispose

che era Cristo. "È stato maneggiato crudelmente come è qui nella foto!" disse Fetty. "Sì,

che lo era", disse il vescovo. "E anche così crudelmente gestirete come venite davanti a voi;

poiché siete al popolo di Dio come Caifa fu per Cristo!" Il vescovo, in una grande furia,

disse: "Tu sei un vile eretico, e io ti brucerò, altrimenti passerò tutto quello che ho, alla mia

toga." "No, mio Signore, (disse Fetty) tu sei stato meglio per darlo a qualche povero corpo,

perché lui possa pregare per te." Bonner, nonostante la sua passione, che è stata sollevata

al massimo dalla calma e le osservazioni puntate di questo cristiano osservante, ha ritenuto

più prudente dimettere il padre, a causa del bambino quasi ucciso. La sua anima codarda

tremava per le conseguenze che ne potevano derivare; la paura è inseparabile dalle piccole

menti; e questo sacerdote viziosamente coccolato ha sperimentato i suoi effetti al punto da

indurlo ad assumere l'aspetto di essere un estraneo assoluto, cioè la MISERICORDIA.

Il padre, dopo essere stato dimesso, dal tiranno Bonner, tornò a casa con il cuore

pesante, con il suo bambino morente, che non sopravvisse molti giorni alle crudeltà che gli

erano state inflitte.

Come contrariamente alla volontà del nostro grande re e profeta, che ha insegnato

lievemente ai Suoi seguaci, è stato il comportamento di questo sanguinario e falso maestro,

questo vile apostata dal suo Dio a Satana! Ma l'arcifido aveva preso tutto il possesso del

suo cuore, e aveva guidato ogni azione del peccatore che aveva indurito; che, dato fino a

una terribile distruzione, stava conducendo la razza del malvagio, segnando le sue orme

con il sangue dei santi, come desideroso di arrivare alla meta della morte eterna.

La consegna del Dr. Sands

Questo eminente prelato, vicecancelliere di Cambridge, su richiesta del duca di

Northumberland, quando scese a Cambridge a sostegno della pretesa di Signora Gianna

Grey al trono, si impegnò con un preavviso di poche ore a predicare davanti al duca e

all'università. Il testo che prese fu quello che si presentò nell'aprire la Bibbia, e uno più

appropriato che non avrebbe potuto scegliere, vale a dire gli ultimi tre versetti di Giosuè.

Come Dio gli diede il testo, così gli diede anche un ordine e un'espressione tali da eccitare

le emozioni più vivaci nei suoi numerosi auditor. Il sermone stava per essere inviato a

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Londra per essere stampato, quando arrivò la notizia che il duca era tornato e la regina

Maria era stata proclamata.

Il duca fu immediatamente arrestato, e il dottor Sands fu costretto dall'università a

rinunciare al suo ufficio. Fu arrestato per ordine della regina, e quando il signor Mildmay

si chiese che un uomo così colto potesse volontariamente correre un pericolo, e parlare

contro una principessa così buona come Maria, il dottore rispose, "Se io facessi come il

signor Mildmay ha fatto, non ho bisogno di temere legami. Scese armato contro la regina

Maria; davanti a un traditore-ora un grande amico. Non posso con una sola bocca soffiare

caldo e freddo in questo modo." Ne seguì un saccheggio generale delle proprietà del Dr.

Sands, e fu portato a Londra su un cavallo infelice. Vari insulti si scontrarono durante il

tragitto dai cattolici bigotti, e mentre passava per Bishopsgate-street, una pietra lo colpì a

terra. Fu il primo prigioniero che entrò nella Torre, in quel giorno, su un conto religioso; il

suo uomo fu ammesso con la sua Bibbia, ma le sue camicie e altri articoli gli furono tolti.

Il giorno dell'incoronazione di Maria le porte del sotterraneo erano così lassamente

sorvegliate che era facile fuggire. Un certo signor Mitchell, come un vero amico, venne da

lui, gli offrì i suoi vestiti come travestimento, ed era disposto a rispettare la conseguenza

di essere trovato al suo posto. Questa era una rara amicizia: ma lui rifiutò l'offerta, dicendo:

"Non conosco alcuna ragione per cui dovrei essere in prigione. Per fare così dovevo

rendermi colpevole. Mi aspetterò la buona volontà di Dio, eppure penso di essermi molto

grato a voi"; e così il signor Mitchell partì.

Con il dottor Sands fu imprigionato il signor Bradford; furono tenuti in prigione

ventinove settimane. Giovanni Fowler, il loro custode, era un papista perverso, ma, spesso

persuadendolo, a lungo cominciò a favorire il Vangelo, ed era così persuaso nella vera

religione, che una domenica, quando avevano la messa nella cappella, il dottor Sands

amministrò la Comunione a Bradford e a Fowler. Così Fowler era il loro figlio generato in

obbligazioni. Per fare spazio a Wyat e ai suoi complici, il dottor Sands e altri nove

predicatori furono inviati al Marshalsea.

Il guardiano del Marshalsea nominò a ogni predicatore un uomo per guidarlo in strada;

li fece andare avanti prima, e lui e il dottor Sands seguirono a conversare insieme. A quel

punto la povertà cominciò ad essere sgradevole. Dopo aver passato il ponte, il guardiano

disse al dottor Sands: "Capisco che la gente vana ti avrebbe messo in avanti verso il fuoco.

Siete vani come loro, se, essendo un giovane, starete nella vostra presunzione, e preferirete

il vostro giudizio prima di quello di tanti prelati degni, antichi, colti, e uomini gravi come

in questo regno. Se lo fai, mi troverai un custode severo, e uno che disprezza

completamente la tua religione." Il dottor Sands rispose: "So che i miei anni sono giovani,

e il mio apprendimento ma piccolo; è sufficiente conoscere Cristo crocifisso, e non ha

imparato nulla che non vede la grande blasfemia che è in povertà. Renderò a Dio, e non

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Il Libro dei Martiri di Foxe

all'uomo; ho letto nelle Scritture di molti custodi divini e cortesi: che Dio vi faccia uno! se

no, confido che Egli mi darà forza e pazienza per sopportare il vostro duro uso." Allora il

custode disse: "Sei deciso a rimanere fedele alla tua religione?" "Sì", così il dottore disse:

"Per grazia di Dio!" "Veramente", disse il custode, "Ti amo tanto meglio per essa; l'ho fatto

ma tentati: quale favore posso mostrarti, sarai sicuro di te; e mi sentirò felice se potrei

morire sul rogo con te."

Era buono come la sua parola, perché si fidava del medico che camminava da solo nei

campi, dove incontrava il signor Bradford, che era anche prigioniero nella panchina del re,

e aveva trovato lo stesso favore dal suo custode. Su sua richiesta, ha messo il signor

Saunders insieme a lui, per essere il suo compagno, e la Comunione è stata amministrata a

un gran numero di comunicatori.

Quando Wyat con il suo esercito arrivò a Southwark, si offrì di liberare tutti i

protestanti imprigionati, ma il dottor Sands e il resto dei predicatori si rifiutarono di

accettare la libertà a tali condizioni.

Dopo che il dottor Sands era stato prigioniero per nove settimane nel Marshalsea,

grazie alla mediazione di Signor Tommaso Holcroft, cavaliere maresciallo, fu messo in

libertà. Anche se il signor Holcroft aveva il mandato della regina, il vescovo gli ordinò di

non liberare il dottor Sands, fino a quando non avesse preso le garanzie di due gentiluomini

con lui, ognuno legato in 500 sterline, che il dottor Sands non avrebbe dovuto lasciare il

regno senza licenza. Il signor Holcroft subito dopo ha incontrato due signori del nord, amici

e cugini del dottor Sands, che si è offerto di essere diretto per lui.

Dopo cena, lo stesso giorno, Signor Tommaso Holcroft mandò il dottor Sands nel suo

alloggio a Westminster, per comunicargli tutto quello che aveva fatto. Il dottor Sands

rispose: "Ringrazio Dio, che ha messo il tuo cuore in mente così bene, che penso di essere

più legato a te. Dio vi richiederà, né sarò mai trovato ingrato. Ma siccome avete fatto

amicizia con me, mi occuperò anche chiaramente con voi. Sono venuto in prigione per un

uomo libero, non andrò da un uomo nero. Dato che non posso avvantaggiare i miei amici,

non farò loro del male. E se sarò rimessa in libertà, non trascorrerò sei giorni in questo

regno, se posso uscire. Se quindi non posso liberarmi, mi mandi di nuovo al Marshalsea, e

lì sarai sicuro di me."

Questa risposta il signor Holcroft disapprovava molto; ma come un vero amico ha

risposto: "Vedendo che non si può essere alterati, cambierò il mio scopo, e cederò a voi.

Venite da esso che volontà, vi metterò in libertà; e vedendo che avete la mente di andare

oltre mare, vi farò andare il più velocemente possibile. Una cosa che ti chiedo, che, mentre

sei lì, non mi scrivi più niente, perché questo potrebbe disfarmi."

300


Il Libro dei Martiri di Foxe

Il dottor Sands, dopo aver dato l'addio affettuoso a lui e agli altri suoi amici, se ne

andò. Passò alla Winchester House, e lì prese una barca, e si recò a casa di un amico a

Londra, chiamato Guillermo Banks, e vi si recò una notte. La notte seguente andò a casa

di un altro amico, e lì sentì che stava facendo ricerche rigorose per lui, per ordine espresso

di Gardiner.

Il dottor Sands ora si è trasferito di notte in una casa del signor Berty, uno sconosciuto

che era nella prigione di Marshalsea con lui per un po'; era un buon protestante e abitava a

Mark-lane'. Lì rimase per sei giorni, e poi si trasferì da uno dei suoi conoscenti a Cornhill;

fece sì che il suo uomo Quinton gli fornisse due castrati, si risolse il giorno dopo ad andare

nell'Essex, al signor Sands, suo suocero, dove si trovava sua moglie, cosa che, dopo una

breve fuga, effettuò. Non era stato lì due ore, prima che al signor Sands fosse detto che due

delle guardie avrebbero fermato quella notte il dottor Sands.

Quella notte il dottor Sands fu condotto da un onesto contadino vicino al mare, dove

trascorse due giorni e due notti in una camera senza compagnia. Dopo di ciò si trasferì da

Giacomo Mower, un capitano di vascello, che abitò a Milton-Shore, dove aspettò un vento

per le Fiandre. Mentre era lì, Giacomo Mower gli portò quaranta o cinquanta marinai, ai

quali diede un'esortazione; gli piaceva così bene che promisero di morire piuttosto che

essere arrestato.

Il sei maggio, domenica, il vento è servito. Congedandosi dalla sua padrona di casa,

che si era sposata da otto anni senza avere un figlio, le diede un bel fazzoletto e un vecchio

re d'oro, e disse: "Sii di buon conforto; prima che un anno intero sia passato, Dio ti darà un

figlio, un ragazzo". Questo avvenne, perché, quel giorno di dodici mesi, volendo un giorno,

Dio le diede un figlio.

A malapena era arrivato ad Anversa, quando seppe che re Filippo lo aveva mandato

ad arrestarlo. Successivamente volò ad Augusta, a Cleveland, dove il dottor Sands trascorse

quattordici giorni, e poi viaggiò verso Strasburgo, dove, dopo aver vissuto un anno, sua

moglie venne da lui. Era stanco di un flusso di nove mesi, ed ebbe un bambino che morì di

peste. La sua amabile moglie cadde a lungo in un consumo, e morì tra le sue braccia.

Quando sua moglie morì, andò a Zurigo, e c'era nella casa di Pietro Martire per cinque

settimane.

Mentre si sedevano a cena un giorno, venne improvvisamente diffusa la notizia che la

regina Maria era morta, e il dottor Sands fu mandato dai suoi amici a Strasburgo, dove

predicò. Il signor Grindal e lui arrivarono in Inghilterra, e arrivarono a Londra lo stesso

giorno in cui la regina Elisabetta fu incoronata. Questo fedele servitore di Cristo, sotto la

regina Elisabetta, raggiunse la più alta distinzione nella Chiesa, essendo successivamente

vescovo di Worcester, vescovo di Londra, e arcivescovo di York.

301


Il Libro dei Martiri di Foxe

Il Trattamento della regina Maria di sua Sorella, la principessa Elisabetta

La conservazione della principessa Elisabetta può essere considerata un esempio

notevole dell'occhio vigile che Cristo ha avuto sulla Sua Chiesa. Il bigottismo di Maria non

considerava i legami di consanguineità, di affetto naturale, di successione nazionale. La

sua mente, fisicamente morosa, era sotto il dominio di uomini che non possedevano il latte

della gentilezza umana, e i cui principi erano sanciti e uniti dai principi idolatri del

pontefice romano. Avrebbero potuto prevedere la breve data del regno di Maria, avrebbero

impresso le loro mani nel sangue protestante di Elisabetta, e, come condizione sine qua non

della salvezza della regina, l'avrebbero costretta a lasciare il regno a qualche principe

cattolico. Il concorso avrebbe potuto essere seguito con gli orrori connessi ad una guerra

civile religiosa, e le calamità potrebbero essere state avvertite in Inghilterra simili a quelle

sotto Enrico il Grande in Francia, che la Regina Elisabetta ha assistito nell'opporsi ai suoi

sudditi cattolici cavalcati da preti. Come se la Provvidenza avesse in mente l'istituzione

perpetua della fede protestante, la differenza di durata dei due regni è degna di nota. Maria

potrebbe aver regnato molti anni nel corso della natura, ma il corso della grazia lo ha voluto

diversamente. Cinque anni e quattro mesi sono stati il tempo della persecuzione attribuita

a questo regno debole e vergognoso, mentre quello di Elisabetta ha considerato un certo

numero di anni tra i più alti di coloro che si sono seduti sul trono inglese, quasi nove volte

quello della sua sorella impietosa!

Prima che Maria raggiungesse la corona, trattò Elisabetta con una gentilezza

sorellastra, ma da quel periodo la sua condotta fu alterata e la distanza più imperiosa

sostituita. Sebbene Elizabetta non avesse alcuna preoccupazione nella ribellione di Signor

Tommaso Wyat, fu comunque arrestata e trattata come una colpevole di quella

commozione. Anche il modo in cui è stata arrestata era simile alla mente che l'aveva dettata:

i tre membri del gabinetto, che lei aveva incaricato di vedere l'arresto eseguito, sono entrati

in aula alle dieci di notte, e, sebbene fosse estremamente malata, potevano essere indotti a

malapena a lasciarla rimanere fino alla mattina seguente. Il suo stato infeudato le permise

di essere spostata solo per brevi tappe in un viaggio di tale lunghezza verso Londra; ma la

principessa, anche se afflitta di persona, aveva in mente una consolazione che sua sorella

non avrebbe mai potuto acquistare: il popolo, attraverso il quale passò la sua strada la

piangeva, e metteva le loro preghiere per la sua conservazione.

Arrivata a corte, fu fatta prigioniera stretta per due settimane, senza sapere chi fosse

il suo accusatore, o senza vedere nessuno che potesse consolarla o consigliarla. L'accusa,

tuttavia, fu a lungo smascherata da Gardiner, che, con diciannove membri del Consiglio,

la accusò di aver favorito la cospirazione di Wyat, che lei religiosamente affermò essere

falsa. Fallendo in questo, misero contro di lei le transazioni di Signor Pietro Carew

nell'ovest, in cui non ebbero successo come nel primo. La regina ora significava che era

suo piacere essere impegnata nella Torre, un passo che travolse la principessa con il

302


Il Libro dei Martiri di Foxe

massimo allarme e disagio. Invano sperava che la maestà della regina non la impegnasse

in un posto simile; ma non c'era alcuna lenitività da aspettarsi; i suoi assistenti erano limitati,

e un centinaio di soldati del nord nominati per sorvegliarla giorno e notte.

La Domenica delle Palme fu condotta alla Torre. Quando giunse al giardino del

palazzo, gettò gli occhi verso le finestre, ansiosa di incontrare quelle della regina, ma

rimase delusa. A Londra venne ordinato a tutti di andare in chiesa, e portare le palme, per

essere trasportata senza clamore o commiserazione alla sua prigione.

Al momento di passare sotto il London Bridge la caduta della marea lo rese molto

pericoloso, e la chiatta qualche tempo si bloccò velocemente contro gli storni. Per

mortificarla più era, sbarcò alle scale dei traditori. Mentre pioveva veloce, e fu costretta a

calpestare l'acqua per atterrare, esitò; ma questo non suscitò soddisfazione nel signore in

attesa. Quando mise piede sui gradini, esclamò: "Qui atterra come un vero soggetto,

essendo prigioniera, come sempre atterrò su queste scale; e davanti a Te, o Dio, lo parlo,

non avendo nessun amico se non Te da solo!"

Un gran numero di guardiani e servitori della Torre furono disposti in ordine tra i quali

la principessa doveva passare. Dopo aver chiesto l'uso di questa parata, è stata informata

che era consuetudine farlo. "Se", disse lei, "è a causa mia, vi chiedo di licenziarli". Su

questo i poveri si inginocchiarono e pregarono affinché Dio preservasse la sua grazia, per

la quale il giorno dopo furono esclusi dai loro impieghi. La scena tragica deve essere stata

profondamente interessante, vedere una principessa amabile e irreprensibile inviata come

un agnello a languire in attesa di crudeltà e morte; contro la quale non c'era altra accusa

che la sua superiorità nelle virtù cristiane e nelle doti acquisite. I suoi assistenti piangevano

apertamente mentre procedeva con un passo dignitoso verso i merli accigliati della sua

destinazione. "Ahimè!" disse Elizabetta, "cosa intendi? Ti ho portato a conforto, non a

sgomento, perché la mia verità è tale che nessuno avrà motivo di piangere per me."

Il passo successivo dei suoi nemici fu quello di procurarsi prove con mezzi che, al

giorno d'oggi, sono considerati detestabili. Molti poveri prigionieri furono incastrati, per

estorcere, se possibile, qualsiasi questione di accusa che potesse influenzare la sua vita, e

quindi gratificare la disposizione sanguinaria di Gardiner. Egli stesso venne a visitarla,

rispettando il suo allontanamento dalla sua casa di Ashbridge al castello di Dunnington

molto tempo prima. La principessa aveva abbastanza dimenticato questa circostanza banale,

e Signor Arundel, dopo le indagini, inginocchiandosi, si scusò per averla turbata in una

faccenda così frivola. "Tu mi setacci per un pelo" rispose la principessa, "ma di questo sono

certo che Dio ha posto un limite ai tuoi atti; e così Dio ti perdoni tutti".

I suoi stessi signori, che avrebbero dovuto essere i suoi fornitori e servirle, furono

costretti a dare posto ai soldati comuni, al comando del conestabile della Torre, che era

sotto ogni aspetto uno strumento servile di Gardiner; gli amici della sua grazia, tuttavia,

303


Il Libro dei Martiri di Foxe

procurarono un ordine del Consiglio che regolava questa piccola tirannia con maggiore

soddisfazione.

Dopo essere stata un intero mese in stretto isolamento, mandò per il signore

ciambellano e Signor Chandois, al quale rappresentò il cattivo stato della sua salute da una

mancanza di aria e di esercizio. Essendo stata richiesta al Consiglio, Elisabetta fu con

qualche difficoltà ammessa a camminare negli alloggi della regina, e successivamente nel

giardino, quando i prigionieri da quel lato erano presenti dai loro custodi, e non soffrivano

per guardarla dall'alto in basso. La loro gelosia fu esaltata da un bambino di quattro anni,

che ogni giorno portava fiori alla principessa. Il bambino fu minacciato di una frusta e il

padre ordinò di tenerlo lontano dalle camere della principessa.

Il 5 maggio il conestabile fu dimesso dal suo ufficio e Signor Enrico Benifield nominò

nella sua stanza, accompagnato da un centinaio di soldati dall'aspetto ruffiano in blu.

Questa misura creò notevole allarme nella mente della principessa, che immaginava che

fosse preparatoria per la sua stessa sorte di Signora Gianna Grey, sullo stesso blocco.

Assicura che questo progetto non era in agitazione, si intrattenne con l'idea che il nuovo

guardiano della Torre fosse incaricato di farla da parte privatamente, poiché il suo carattere

equivoco era in conformità con l'inclinazione feroce di coloro da cui è stato nominato.

Un rapporto ora ottenne che sua Grazia sarebbe stata portata via dal nuovo conestabile

e dai suoi soldati, cosa che nel sequel si rivelò vera. Un ordine del Consiglio fu fatto per la

sua rimozione nel maniero Woodstock, che ebbe luogo il 13 maggio, domenica della

Trinità, sotto l'autorità di Signor Enrico Benifield e Signor Tame. La causa apparente del

suo allontanamento era quella di fare spazio ad altri prigionieri. Richmond fu il primo luogo

in cui si fermarono, e qui la principessa dormì, non senza però molto allarme all'inizio,

poiché i suoi servi furono sostituiti dai soldati, che furono posti come guardie alla sua porta

da camera. Dopo la sua rappresentanza, Signor Tame annullò questo indecente periodo di

potere e le garantì la perfetta sicurezza mentre era sotto la sua custodia.

Passando per Windsor, vide molti dei suoi poveri servi disprezzati che aspettavano di

vederla. Andate da loro disse lei a uno dei suoi assistenti e dite queste parole da me,

tanquim ovis, cioè come una pecora al massacro.

La notte seguente la sua Grazia si depositò nella casa di un certo signor Dormer, nel

suo modo di manifestare al popolo tali segni di leale affetto che Signor Enrico si indignò,

e diede loro molto liberalmente i nomi dei ribelli e dei traditori. In alcuni villaggi suonarono

le campane per la gioia, immaginando che l'arrivo della principessa tra di loro fosse da una

causa molto diversa; ma questa dimostrazione innocua di gioia era sufficiente con il

perseguitato Benifield per ordinare ai suoi soldati di impadronirsi e mettere queste persone

umili nelle scorte.

304


Il Libro dei Martiri di Foxe

Il giorno seguente, sua Grazia arrivò a casa di Signor Tame, dove rimase tutta la notte,

e fu molto nobilmente intrattenuta. Questo eccitò l'indignazione di Signor Enrico, e lo fece

ammonire Signor Tame a guardare bene ai suoi lavori; ma l'umanità di Signor Tame non

doveva essere spaventata, e restituì una risposta adeguata. In un'altra occasione, questo

prodigo ufficiale, per mostrare le sue conseguenze e il disprezzo delle buone maniere, salì

in una camera, dove fu nominato per la sua Grazia una sedia, due cuscini e un tappeto per

i piedi, dove presumibilmente sedette e chiamò il suo uomo per togliersi gli stivali. Appena

le signore e i signori lo hanno saputo, lo hanno riso per disprezzarlo. Quando la cena fu

terminata, chiamò sua signoria e ordinò che tutti i signori e le signore si ritirassero a casa,

molto sorpreso che avrebbe permesso una compagnia così grande, considerando la grande

carica che aveva impegnato a lui. "Signor Enrico," disse sua signoria, "accontentati; tutti

saranno evitati, i tuoi uomini e tutti." "No, ma i miei soldati", rispose Signor Enrico,

"guarderanno tutta la notte." Signor Tame rispose: "Non c'è bisogno." "Beh," disse lui,

"hanno bisogno o non hanno bisogno, così faranno."

Il giorno successivo sua Grazia fece il suo viaggio da lì a Woodstock, dove era chiusa,

come prima nella Torre di Londra, i soldati che tenevano la guardia dentro e senza le mura,

ogni giorno, al numero di sessanta; e nella notte, senza le mura erano quaranta durante tutto

il tempo della sua prigionia.

A lungo le fu permesso di camminare nei giardini, ma sotto le più severe restrizioni,

Signor Enrico tenne le chiavi da solo, e la mise sempre sotto molti bulloni e serrature, da

cui fu indotta a chiamarlo suo carceriere, a cui si sentì offeso, e la pregò di sostituire la

parola ufficiale. Dopo molte profonde suppliche al Concilio, ottenne il permesso di scrivere

alla regina; ma il carceriere che le portava penna, inchiostro e carta le rimase accanto

mentre scriveva, e, quando lei se ne andò, portò via le cose fino a quando non le furono

volute di nuovo. Egli insistette anche nel portarlo lui stesso alla regina, ma Elisabetta non

lo avrebbe sofferto per essere il portatore, e fu presentato da uno dei suoi gentiluomini.

Dopo la lettera, i dottori Owen e Wendy andarono dalla principessa, poiché lo stato di

salute della donna rendeva necessaria l'assistenza medica. Rimasero con lei per cinque o

sei giorni, in cui crebbe molto meglio; tornarono poi dalla regina, e parlarono

lusingatamente della sottomissione e dell'umiltà della principessa, in cui la regina sembrava

commossa; ma i vescovi volevano una concessione che lei aveva offeso sua maestà.

Elizabetta respinse questo modo indiretto di riconoscersi colpevole. "Se ho offeso - ha detto

- e sono colpevole, non ho bisogno di pietà se non della legge, che sono certa di aver avuto

in questo caso, se qualcosa fosse stato provato contro di me. Vorrei essere così chiaro dal

pericolo dei miei nemici; allora non dovrei essere così chiuso e chiuso dentro mura e porte."

Molte domande sorsero in questo momento rispettando la correttezza di unire la

principessa a qualche straniero, che avrebbe potuto lasciare il regno con una porzione

305


Il Libro dei Martiri di Foxe

adeguata. Uno del Concilio ebbe la brutalità di esortare alla necessità di decapitarla, se il

re (Filippo) intendeva mantenere il regno in pace; ma gli spagnoli, detestando un tale

pensiero di base, risposero: "Dio non voglia che il nostro re e il nostro padrone

acconsentano a un procedimento così infame!" Stimolati da un principio nobile, gli

spagnoli da questo momento sollecitarono ripetutamente il re che gli avrebbe fatto l'onore

più alto di liberare la Signora Elizabetta, né il re impermeabile alla loro sollecitazione. La

portò fuori di prigione e poco dopo fu mandata a Hampton Court. Si può notare in questo

luogo, che l'errore del ragionamento umano è mostrato in ogni momento. Il barbaro che

suggerì la politica della decapitazione di Elisabetta poco contemplò il cambiamento di

condizione che il suo discorso avrebbe portato. Nel suo viaggio da Woodstock, Benifield

la trattò con la stessa severità di prima, rimuovendola in una giornata burrascosa, e senza

soffrire del suo vecchio servo, che era venuto a Colnbrook, dove dormiva, per parlare con

lei.

Rimase una quindicina di giorni rigorosamente sorvegliata, prima che qualcuno osasse

parlare con lei; a lungo il vile Gardiner con altri tre del Concilio, giunse con grande

sottomissione. Elisabetta li salutò, osservando che era stata tenuta per lungo tempo in

isolamento, e pregò che avrebbero intercettato il re e la regina per liberarla dalla prigione.

La visita di Gardiner fu quella di attingere dalla principessa una confessione della sua colpa;

ma fu protetta contro la sua sottigliezza, aggiungendo che, piuttosto che ammettere di aver

sbagliato, sarebbe rimasta in prigione per tutto il resto della sua vita. Il giorno dopo

Gardiner tornò di nuovo, e inginocchiandosi, dichiarò che la regina era stupita che avrebbe

continuato ad affermare di essere incolpevole-da dove si sarebbe dedotto che la regina

avesse ingiustamente imprigionato la sua grazia. Gardiner inoltre la informò che la regina

aveva dichiarato che doveva raccontare un'altra storia, prima che potesse essere messa in

libertà. Allora rispose l'alta vedova Elisabetta, io preferivo essere in prigione con onestà e

verità, piuttosto che avere la mia libertà, ed essere sospettato da sua maestà. Ciò che ho

detto, mi schiererò contro; e non parlerò mai di falsità! Il vescovo e i suoi amici se ne

andarono, lasciandola rinchiusa come prima.

Sette giorni dopo che la regina mandò Elisabetta alle dieci di notte; erano trascorsi due

anni da quando si erano visti. Creò terrore nella mente della principessa, che, al momento

di mettersi in cammino, desiderava che i suoi signori e le signore pregassero per lei, poiché

il suo ritorno a loro era incerto.

Condotta nella camera della regina, entrando in essa la principessa si inginocchiò e,

pregando Dio di preservare la sua maestà, la rassicurò umilmente che sua maestà non aveva

un soggetto più leale nel regno, qualunque notizia potesse circolare al contrario. Con

un'altezzosa imprudenza, la regina imperiosa rispose: "Non confesserai la tua offesa, ma

resterai ferma davanti alla tua verità. Prego Dio che cada così tanto."

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Il Libro dei Martiri di Foxe

"Se non lo fa," disse Elisabetta, "non chiedo né favore né perdono per mano di tua

maestà." "Beh," disse la regina, "perseveri ancora fermamente nella tua verità. Inoltre, non

confesserai che non sei stato punito in modo ingiusto."

"Non devo dirlo, se fa piacere a tua maestà, a te." "Perché, allora," disse la regina,

"credi che lo farai agli altri."

"No, se fa piacere a Vostra Maestà: ho sopportato il peso, e devo sopportarlo. Chiedo

umilmente a Vostra Maestà di avere una buona opinione di me e di pensare che io sia il

vostro soggetto, non solo fin dall'inizio, ma per sempre, finché dura la vita." Se ne andarono

senza alcuna soddisfazione da entrambe le parti; né possiamo pensare che la condotta di

Elisabetta mostrasse quell'indipendenza e quella fortezza che accompagna la perfetta

innocenza. L'ammissione di Elisabetta che non avrebbe detto, né alla regina né agli altri,

che era stata ingiustamente punita, era in diretta contraddizione con quello che aveva detto

a Gardiner, e doveva essere sorta da qualche movente in questo momento inspiegabile. Si

suppone che re Filippo sia stato segretamente nascosto durante l'intervista, e che sia stato

amichevole con la principessa.

In sette giorni dal suo ritorno in prigione, il suo grave carceriere e i suoi uomini furono

congedati, e lei fu messa in libertà, sotto il vincolo di essere sempre assistita e guardata da

alcuni membri del Consiglio della regina. Quattro dei suoi gentiluomini furono mandati

alla Torre senza nessun'altra accusa contro di loro che essere servitori zelanti della loro

amante. Questo evento fu subito seguito dalla felice notizia della morte di Gardiner, per la

quale tutti gli uomini buoni e misericordiosi glorificarono Dio, in quanto aveva tolto la

tigre principale dalla tana, e rese più sicura la vita del successore protestante di Maria.

Questa malvagia, mentre la principessa era nella Torre, inviò un mandato segreto,

firmato da alcuni membri del Consiglio, per la sua esecuzione privata, e, se Sig. Bridges,

tenente della Torre, fosse stato così poco scrupoloso di oscuro assassinio come questo

porporato pio, lei doveva essere morta. Il mandato non aveva la firma della regina, il signor

Bridges si affrettò a sua maestà a darle informazioni e a conoscere la sua mente. Questo

era un complotto di Winchester, che, per condannarla per pratiche ragionevoli, fece

razzolare diversi prigionieri; in particolare al signor Edmundo Tremaine e a Smithwicke

furono offerte notevoli tangenti per accusare la principessa senza colpa.

La sua vita era diverse volte in pericolo. Mentre era a Woodstock, il fuoco fu

apparentemente messo tra le tavole e il soffitto sotto cui giaceva. Venne anche riportato

con forza che un certo Paolo Penny, il guardiano di Woodstock, un noto ruffiano, fu

incaricato di assassinarla, ma, per quanto ciò possa essere, Dio contrastò in questo punto i

disegni nefasti dei nemici della Riforma. Giacomo Basset fu un altro incaricato di eseguire

lo stesso atto: era un particolare favorito di Gardiner, ed era arrivato a un miglio da

Woodstock, con l'intenzione di parlare con Benifield sull'argomento. La bontà di Dio però

307


Il Libro dei Martiri di Foxe

lo ordinò così che mentre Basset viaggiava a Woodstock, Benifield, per ordine del Concilio,

stava andando a Londra: in conseguenza di ciò, lasciò un ordine positivo con suo fratello,

che nessun uomo dovesse essere ammesso alla principessa durante la sua assenza,

nemmeno con una nota della regina; suo fratello incontrò l'assassino, ma l'intenzione di

quest'ultimo era frustrata, poiché non si poteva ottenere alcuna ammissione.

Quando Elizabetta lasciò Woodstock, lasciò le seguenti righe scritte con il suo

diamante sulla finestra:

Molto sospettato da me, nulla di provato può essere. Quoth Elizabetta, prigioniera.

Con la vita di Winchester cessò l'estremo pericolo della principessa, come molti dei

suoi altri nemici segreti subito dopo lo seguirono, e, ultimo di tutti, la sua crudele sorella,

che sopravvisse a Gardiner ma tre anni.

La morte di Maria fu attribuita a diverse cause. Il Concilio cercò di consolarla nei suoi

ultimi istanti, immaginando che fosse l'assenza di suo marito che giaceva pesante nel suo

cuore, ma sebbene il suo trattamento avesse un certo peso, la perdita di Calais, l'ultima

fortezza posseduta dagli inglesi in Francia, fu la vera fonte del suo dolore. "Apri il mio

cuore" disse Maria, "quando sarò morta, e troverai Calais scritto lì". La religione non le ha

fatto scattare l'allarme; i sacerdoti avevano cercato di porre rimedio a ogni errore di

coscienza, che avrebbe potuto ostacolare, a causa degli spiriti accusatori dei martiri uccisi.

Non il sangue che aveva versato, ma la perdita di una città emozionò le sue emozioni

morendo, e quest'ultimo ictus sembrò essere premiato, che la sua fanatica persecuzione

potesse essere parallela alla sua imbecillità politica.

Preghiamo sinceramente che gli annali di nessun paese, cattolico o pagano, possano

mai essere macchiati da una tale ripetizione di sacrifici umani al potere papale, e che la

detestazione in cui il carattere di Maria è tenuto, possa essere un faro per i monarchi

successivi per evitare le rocce del fanatismo!

La Punizione di Dio su Alcuni dei Persecutori del suo Popolo durante il regno di

Maria

Dopo che quell'arcipersecutore, Gardiner, era morto, altri seguiti, di cui il dottor

Morgan, vescovo di San David, che succedette al vescovo Farrar, è da notare. Non molto

tempo dopo essere stato insediato nel suo vescovado, fu colpito dalla visita di Dio; il suo

cibo passò attraverso la gola, ma si rialzò con grande violenza. In questo modo, quasi

letteralmente morto di fame, terminò la sua esistenza.

Thornton, suffraganeo di Dover, fu un infaticabile persecutore della vera Chiesa. Un

giorno dopo aver esercitato la sua crudele tirannia su un certo numero di persone pie a

Canterbury, venne dalla sala capitolare a Borne, dove mentre stava in piedi una domenica

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Il Libro dei Martiri di Foxe

guardando i suoi uomini che giocavano a bocce, cadde in un attacco di paralisi, e non

sopravvisse a lungo.

Dopo quest'ultimo, succedette ad un altro vescovo o suffraganea, ordinato da Gardiner,

che non molto tempo dopo essere stato elevato alla sede di Dover, cadde giù da un paio di

scale nella camera cardinalizia a Greenwich, e si ruppe il collo. Aveva appena ricevuto la

benedizione del cardinale - non poteva ricevere nulla di peggio.

Giovanni Cooper, di Watsam, nel Suffolk, soffrì di falsa testimonianza; era un picco

privato perseguitato da uno dei Fenning, che aveva sommerso altri due per giurare di aver

sentito Cooper dire: "Se Dio non avesse portato via la Regina Maria, il diavolo lo avrebbe

fatto." Cooper negò tutte queste parole, ma Cooper era protestante ed eretico, e quindi fu

impiccato, sventrato e squartato, le sue proprietà confiscate, e sua moglie e nove figli ridotti

a mendicante. Il raccolto seguente, tuttavia, Grimwood di Hitcham, uno dei testimoni prima

menzionati, fu visitato per la sua malvagità: mentre lavorava, impilando mais, il suo

intestino scoppiò improvvisamente, e prima che si potesse ottenere un sollievo, lei morì.

Così è stato deliberatamente falsa testimonianza ricompensata da morte improvvisa!

Nel caso del martire Sig. Bradford, si è notata la severità dello sceriffo Woodroffe,

che si è rallegrato per la morte dei santi, e all'esecuzione di Sig. Ruggeros, ha rotto la testa

dell'uomo, perché ha fermato il carro per lasciare che i figli del martire prendessero un

ultimo saluto di lui. Il suo sceriffato scadeva appena una settimana, quando fu colpito da

un affetto paralitico, e languì qualche giorno nella condizione più pietosa e indifesa,

presentando un notevole contrasto con la sua precedente attività nella causa del sangue.

Ralph Lardyn, che tradì il martire Giorgio Eagles, si ritiene che sia stato

successivamente incriminato e impiccato in conseguenza di essersi autoaccusato. Al bar,

si denunciò con queste parole: "Questo mi è caduto più giustamente addosso, per aver

tradito il sangue innocente di quell'uomo giusto e buono Giorgio Eagles, che era qui

condannato ai tempi della regina Maria dal mio approvvigionamento, quando vendetti il

suo sangue per un po' di soldi."

Mentre Giacomo Abbes stava per essere giustiziato, ed esortava gli spettatori

compassionevoli ad aderire fermamente alla verità, e come lui a sigillare la causa di Cristo

con il loro sangue, un servo dello sceriffo lo interruppe, e blasfemo chiamò la sua eresia

religiosa, e l'uomo buono un pazzo. Ma le fiamme raggiunsero appena il martire, prima che

il timoroso colpo di Dio cadesse contro lo sventurato miserabile, in presenza di lui era stato

così crudelmente ridicolizzato. L'uomo fu improvvisamente colto di pazzia, gettò via i suoi

vestiti e le sue scarpe davanti al popolo, (come aveva fatto Abbes poco prima, per

distribuirsi tra alcune persone povere,) allo stesso tempo esclamando, "Così fece Giacomo

Abbes, il vero servo di Dio, che è salvato ma sono dannato." Ripetendolo spesso, lo sceriffo

lo fece mettere in sicurezza e gli fece indossare i vestiti, ma non prima fu solo lui, che

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Il Libro dei Martiri di Foxe

strappò via e esclamò come prima. Essendo legato in un carro, fu condotto a casa del suo

padrone, e in circa mezzo anno morì; poco prima che un prete venisse a frequentarlo, con

il crocifisso, ecc., ma l'uomo miserabile gli fece togliere tale tromba, e disse che lui e altri

sacerdoti erano stati la causa della sua dannazione, ma che Abbes fu salvato.

Uno Clark, nemico dichiarato dei protestanti durante il regno di re Edoardo, si impiccò

nella Torre di Londra.

Froling, un prete di molte celebrità, cadde in strada e morì sul posto.

Dale, un infaticabile informatore, fu consumato dai vermi e morì di un miserabile

spettacolo.

Alessandro, il severo custode di Newgate, morì miseramente, gonfio fino a

raggiungere una grandezza prodigiosa, e divenne così putrido interiormente, che nessuno

poteva avvicinarsi a lui. Questo crudele ministro della legge sarebbe andato a Bonner, Story,

e altri, chiedendo loro di liberare la sua prigione, era così tanto incazzato con eretici! Il

figlio di questo custode, tre anni dopo la morte del padre, dissipò la sua grande proprietà e

morì improvvisamente al mercato di Newgate. "I peccati del padre - dice il decalogo -

saranno visitati sui bambini". Giovanni Pietro, genero di Alessandro, un orribile

bestemmiatore e persecutore, morì miseramente. Quando affermava qualcosa, diceva: "Se

non fosse vero, prego di marcire dove muoio". Questo stato terribile lo visitò in tutta la sua

disinvoltura.

Signor Ralph Ellerker era desideroso di vedere il cuore strappato da Adam Damlip,

che fu erroneamente messo a morte. Poco dopo Signor Ralph fu ucciso dai francesi, che lo

derubarono terribilmente, gli tagliarono gli arti e gli strapparono il cuore.

Quando Gardiner sentì parlare della misera fine del giudice Hales, chiamò la

professione del Vangelo una dottrina di disperazione; ma dimenticò che il disagio del

giudice sorse dopo aver acconsentito al papismo. Ma con più ragione si può dire questo dei

principi cattolici, se consideriamo la fine miserabile del dottor Pendleton, Gardiner, e la

maggior parte dei principali persecutori. Gardiner, al suo letto di morte, fu ricordato da un

vescovo di Pietro che negava il suo padrone, "Ah," disse Gardiner, "Ho negato con Pietro,

ma non mi sono mai pentito con Pietro."

Dopo l'ascesa di Elisabetta, la maggior parte dei prelati cattolici furono imprigionati

nella Torre o nella Flotta; Bonner fu messo nel Marshalsea.

Dei vandali della Parola di Dio, noi dettagliiamo, tra molti altri, la seguente occorrenza.

Un certo Guillermo Maldon, che viveva a Greenwich in servitù, si stava istruendo

proficuamente nella lettura di un primer inglese una sera d'inverno. Un servitore, di nome

Giovanni Powell, rimase a guardare e ridicolizzò tutto ciò che Maldon disse, che lo ammonì

310


Il Libro dei Martiri di Foxe

a non fare scherzi della Parola di Dio. Powell tuttavia continuò, finché Maldon non venne

a certe preghiere inglesi, e lesse ad alta voce: "Signore, abbi pietà di noi, Cristo abbi pietà

di noi," ecc. Improvvisamente il vilipendio cominciò ed esclamò: "Signore, abbi pietà di

noi!" Egli fu colpito con il massimo terrore della mente, disse che lo spirito malvagio non

poteva sopportare che Cristo avesse alcuna pietà su di lui, e sprofondò nella follia. Fu

mandato a Bedlam, e divenne un terribile avvertimento che Dio non sarà sempre insultato

impunemente.

Enrico Smith, uno studente di legge, aveva un padre protestante, di Camben, nel

Gloucestershire, dal quale era virtuosamente educato. Mentre studiava legge nel tempio di

mezzo, fu indotto a professare il cattolicesimo, e, andando a Lovanio, in Francia, tornò con

perdoni, crocifissi e un grande carico di giocattoli papisti. Non contento di queste cose,

disprezzò apertamente la religione evangelica in cui era stato educato; ma la coscienza una

notte lo rimproverò così spaventosamente, che in un impeto di disperazione si impiccò

nelle sue giarrettiere. Fu sepolto in una corsia, senza che il servizio cristiano venisse letto

su di lui.

Dr. Story, il cui nome è stato spesso citato nelle pagine precedenti, era riservato per

essere tagliato fuori dall'esecuzione pubblica, una pratica in cui aveva preso grande gioia

quando era al potere. Si suppone che abbia avuto una mano nella maggior parte dei conflitti

ai tempi di Maria, ed è stato persino ingegnoso nella sua invenzione di nuovi modi di

infliggere la tortura. Quando Elisabetta salì al trono, fu messo in prigione, ma senza

rendiconto fece la sua fuga nel continente, per portare fuoco e spada lì tra i fratelli

protestanti. Dal duca di Alva, ad Anversa, ricevette una commissione speciale per cercare

tutte le navi per i beni di contrabbando, e in particolare per i libri eretici inglesi.

Il dottor Story glorificò in una commissione che gli fu ordinato dalla Provvidenza di

essere la sua rovina, e di preservare i fedeli dalla sua crudeltà sanguinaria. Fu ipotizzato

che un certo Parker, un mercante, avrebbe dovuto salpare per Anversa e che avrebbe dovuto

dare informazioni al Dr. Story che aveva una quantità di libri eretici a bordo. Quest'ultimo

non appena l'ebbe saputo, si affrettò a salire sul vaso, cercò dappertutto, e poi passò sotto

le botole, che gli erano fissate addosso. Una burrasca prospera portò la nave in Inghilterra,

e questo ribelle traditore e persecutore fu messo in prigione, dove rimase per un tempo

considerevole, ostinatamente obiettando di ritrattare il suo spirito anticristiano, o

ammettere la supremazia della Regina Elisabetta. Egli affermò, anche se per nascita e

istruzione un inglese, che era un soggetto giurato del re di Spagna, al cui servizio era il

famoso duca di Alva. Il medico condannato, fu posto su un ostacolo, e portato dalla Torre

a Tyburn, dove dopo essere stato sospeso circa mezz'ora, fu abbattuto, spogliato, e il boia

mostrò il cuore di un traditore.

Così terminò l'esistenza di questo Nimrod d'Inghilterra.

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Il Libro dei Martiri di Foxe

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Capitolo XVIII - Protestantesimo in Irlanda e Massacro

del 1641

Racconto del Barbaro Massacro del 1641

Le tenebre del papato avevano oscurato l'Irlanda dal suo primo insediamento fino al

regno di Enrico VIII, quando i raggi del Vangelo iniziarono a dissipare le tenebre. Esso

conferì quella luce che fino ad allora era stata sconosciuta in quell'isola. L'abietta ignoranza

della popolazione, con le nozioni assurde e superstiziose che nutriva, erano

sufficientemente evidenti a molti. E gli artifici dei loro sacerdoti erano così evidenti che

diverse persone di spicco, fino ad allora strenuamente papiste, si sarebbero volentieri

sforzate di rompere il giogo e di abbracciare la religione protestante. Ma la naturale ferocia

del popolo e il suo forte attaccamento alle ridicole dottrine rendevano il tentativo pericoloso.

Tuttavia, alla fine fu intrapreso, anche se con le conseguenze più orribili e disastrose.

L'introduzione della religione protestante in Irlanda può essere attribuita

principalmente a George Browne, un inglese, che fu consacrato arcivescovo di Dublino il

19 marzo 1535. In precedenza era stato frate agostiniano e fu promosso alla mitra per i suoi

meriti.

Dopo aver goduto della sua dignità per circa cinque anni, nel periodo in cui Enrico

VIII stava sopprimendo le case religiose in Inghilterra, fece rimuovere tutte le reliquie e le

immagini dalle due cattedrali di Dublino e dalle altre chiese della sua diocesi; al loro posto

fece installare il Padre Nostro, il Credo e i Dieci Comandamenti.

Poco tempo dopo ricevette una lettera da Thomas Cromwell, lord-privy seal, che lo

informava che Enrico VIII, avendo rinunciato alla supremazia papale in Inghilterra, era

deciso a fare lo stesso in Irlanda. Per questo motivo aveva nominato lui (l'arcivescovo

Browne) uno dei commissari per garantire l'esecuzione di questo ordine. L'arcivescovo

rispose che si era impegnato al massimo, a rischio della sua vita, per indurre la nobiltà e

l'aristocrazia irlandese a riconoscere Enrico come loro capo supremo, sia nelle questioni

spirituali che in quelle temporali. Ma dovette affrontare un'opposizione violentissima,

soprattutto da parte di Giorgio, arcivescovo di Armagh; questo prelato, in un discorso al

suo clero, aveva lanciato una maledizione su tutti coloro che avrebbero accettato la

supremazia reale. L'arcivescovo di Armagh aggiunse che la loro isola, chiamata nelle

cronache Insula Sacra, o Isola Santa, non apparteneva ad altri che al vescovo di Roma e

che i progenitori del re l'avevano ricevuta dal papa. Osservò anche che l'arcivescovo e il

clero di Armagh avevano inviato un corriere a Roma. E che sarebbe stato necessario

convocare un parlamento in Irlanda per approvare un atto di supremazia, dato che il popolo

non avrebbe considerato la commissione del re senza la sanzione dell'assemblea legislativa.

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Concludeva osservando che i papi avevano mantenuto il popolo nella più profonda

ignoranza; che il clero era estremamente analfabeta; che la gente comune era più zelante

nella sua cecità di quanto lo fossero stati i santi e i martiri nella difesa della verità all'inizio

del Vangelo. Si temeva che Shan O'Neal, un capo di grande potere nella parte settentrionale

dell'isola, fosse decisamente contrario all'incarico del re.

In seguito a questo consiglio, l'anno successivo fu convocato un parlamento a Dublino,

per ordine di Leonard Grey, all'epoca luogotenente. In questa assemblea l'arcivescovo

Browne tenne un discorso in cui affermò che i vescovi di Roma erano soliti riconoscere

imperatori, re e principi come supremi nei loro domini. Pertanto, egli stesso avrebbe votato

il re Enrico VIII come supremo in tutte le questioni, sia ecclesiastiche che temporali.

Concludeva dicendo che chiunque si fosse rifiutato di votare per questo atto, non era un

vero suddito del re. Questo discorso fece molto arrabbiare gli altri vescovi e lord; ma alla

fine, dopo violenti dibattiti, la supremazia del re fu ammessa.

Due anni dopo, l'arcivescovo scrisse una seconda lettera a Lord Cromwell,

lamentandosi del clero e accennando alle macchinazioni del Papa contro i sostenitori del

Vangelo. Questa lettera è datata da Dublino, nell'aprile del 1538. Tra le altre cose,

l'arcivescovo dice: "Si può insegnare a un uccello a parlare con tanto buon senso quanto ne

hanno molti del clero in questo Paese. Questi, pur non essendo studiosi, sono astuti

nell'ingannare la povera gente comune e nel dissuaderla dal seguire gli ordini reali. La

gente di campagna qui detesta molto Vostra Signoria e vi chiama malvolentieri, nella loro

lingua irlandese, il Figlio del Fabbro. Come amico, desidero che Vostra Signoria guardi

con favore alla vostra nobile persona. Roma mostra grande benevolenza per il duca di

Norfolk e grandi favori per questa nazione, che si oppone di proposito a sua altezza".

Poco tempo dopo, il Papa inviò in Irlanda (diretta all'arcivescovo di Armagh e al suo

clero) una bolla di scomunica contro tutti coloro che avevano o avrebbero dovuto possedere

la supremazia del re all'interno della nazione irlandese. Denunciò tutti con una maledizione

e coloro che, entro quaranta giorni, non avessero riconosciuto ai loro confessori di aver

commesso una trasgressione.

L'arcivescovo Browne ne diede notizia in una lettera datata Dublino, maggio 1538.

Una parte della forma di confessione, o voto, trasmessa a questi papisti irlandesi è la

seguente: "Dichiaro inoltre maledetto il padre o la madre, il fratello o la sorella, il figlio o

la figlia, il marito o la moglie, lo zio o la zia, il nipote o la nipote, il parente o la parente, il

padrone o l'amante, e tutti gli altri, parenti più prossimi o più cari, amici o conoscenti di

qualsiasi tipo. Chiunque detenga o detenga, per il tempo a venire, qualsiasi potere

ecclesiastico o civile al di sopra dell'autorità della Madre Chiesa; o che faccia o obbedienza,

per il tempo a venire, a qualsiasi antagonista o nemico della Madre delle Chiese, o contrario

alla stessa, di cui ho giurato qui: così Dio, la Beata Vergine, San Pietro, San Paolo e i Santi

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Evangelisti, mi aiutino", ecc. Questo è un accordo esatto con le dottrine promulgate dai

Concili di Laterano e di Costanza, che dichiarano espressamente che non si deve mostrare

alcun favore agli eretici, né mantenere la fede con loro. Devono essere scomunicati e

condannati, i loro beni confiscati e i principi sono obbligati, con giuramento solenne, a

sradicarli dai loro rispettivi domini.

Quanto deve essere abominevole una chiesa che osa calpestare ogni autorità! Quanto

è ossessionato il popolo che considera le ingiunzioni di una tale chiesa!

Nell'ultima lettera citata, datata maggio 1538, l'arcivescovo dice: "Il viceré di Sua

Altezza in questa nazione ha poco o nessun potere con i vecchi nativi. Ora sia gli inglesi

che gli irlandesi cominciano ad opporsi agli ordini di Vostra Signoria e a mettere da parte

le loro dispute nazionali, che temo provocheranno (se mai lo faranno) l'invasione di questa

nazione da parte di uno straniero".

Non molto tempo dopo, l'arcivescovo Browne sequestrò una persona, Thady O'Brian,

un frate francescano, che era in possesso di un documento inviato da Roma, datato maggio

1538 e diretto a O'Neal. In questa lettera c'erano le seguenti parole: "Sua Santità Paolo, ora

papa, e il consiglio dei padri, hanno recentemente trovato, a Roma, una profezia di un certo

San Laceriano, un vescovo irlandese di Cashel, in cui si dice che la Madre Chiesa di Roma

cade soprattutto quando, in Irlanda, la fede cattolica viene vinta. Pertanto, per la gloria della

Chiesa Madre, per l'onore di San Pietro e per la vostra sicurezza, reprimete l'eresia e i

nemici di Sua Santità".

Questo Thady O'Brian, dopo ulteriori esami e ricerche, fu messo alla gogna e

imprigionato fino all'arrivo degli ordini del re. Ma l'ordine ricevuto dall'Inghilterra fu che

doveva essere impiccato. Egli si mise violentemente le mani addosso nel castello di

Dublino. Il suo corpo fu poi trasportato a Gallows-green, dove, dopo essere stato impiccato

per qualche tempo, fu inumato.

Dopo l'ascesa di Edoardo VI al trono d'Inghilterra, un ordine fu indirizzato a Sir

Anthony Leger, lord-deputato d'Irlanda, ordinando che la liturgia in inglese fosse

immediatamente istituita in Irlanda, per essere osservata nei vari vescovati, cattedrali e

chiese parrocchiali. Fu letta per la prima volta nella chiesa di Cristo, a Dublino, il giorno

di Pasqua del 1551, davanti al suddetto Sir Anthony, all'arcivescovo Browne e ad altri. Una

parte dell'ordine reale a questo scopo era la seguente: "Considerando che il nostro grazioso

padre, il re Enrico VIII, ha preso in considerazione la schiavitù e il pesante giogo che i suoi

veri e fedeli sudditi sostenevano, sotto la giurisdizione del vescovo di Roma. Che diverse

storie favolose e prodigi bugiardi hanno ingannato i nostri sudditi, dispensando i peccati

delle nostre nazioni, con le loro indulgenze e i loro perdoni, a scopo di lucro; con l'intento

di mantenere tutti i vizi malvagi, come le rapine, le ribellioni, i furti, le prostituzioni, le

bestemmie, l'idolatria, ecc. Il nostro benevolo padre ha quindi sciolto tutti i priorati, i

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Il Libro dei Martiri di Foxe

monasteri, le abbazie e le altre pretese case religiose, in quanto non erano altro che asili

per il vizio o il lusso, più che per la sacra istruzione", ecc.

All'indomani del primo utilizzo della Preghiera Comune a Christchurch, a Dublino, i

papisti hanno proposto il seguente scellerato progetto:

Nella chiesa si trovava un'immagine marmorea di Cristo, con una canna in mano e una

corona di spine sul capo. Mentre veniva letta la funzione inglese (la Common Prayer)

davanti al Lord Luogotenente, all'Arcivescovo di Dublino, al Consiglio privato, al Lord

Sindaco e a una grande congregazione, si vide del sangue scorrere attraverso le fessure

della corona di spine e colare sul volto dell'immagine. A questo punto, alcuni degli artefici

dell'impostura gridarono ad alta voce: "Vedete come l'immagine del nostro Salvatore suda

sangue! Ma deve necessariamente fare così, dato che l'eresia è entrata nella Chiesa".

Immediatamente, molti tra le persone di basso rango, anzi il volgo di tutti i ranghi, furono

terrorizzati alla vista di una prova così miracolosa e innegabile del dispiacere divino. Si

affrettarono a lasciare la chiesa, convinti che le dottrine del protestantesimo provenissero

da una fonte infernale e che la salvezza si trovasse solo nel seno della loro Chiesa infallibile.

Questo episodio, per quanto ridicolo possa apparire al lettore illuminato, ebbe una

grande influenza sulle menti degli irlandesi ignoranti. Raggiunse gli obiettivi degli

impudenti impostori che l'avevano inventato, tanto da frenare materialmente il progresso

della religione riformata in Irlanda. Molte persone non potevano resistere alla convinzione

che ci fossero molti errori e corruzioni nella Chiesa romanica, ma furono intimorite da

questa pretesa manifestazione dell'ira divina, che fu amplificata oltre misura dal sacerdozio

bigotto e avaro.

Abbiamo pochissimi dettagli sullo stato della religione in Irlanda durante la restante

parte del regno di Edoardo VI e la maggior parte di quello di Maria. Verso la fine del

barbaro regno di quella implacabile bigotta, ella tentò di estendere le sue disumane

persecuzioni a quest'isola. Ma le sue diaboliche intenzioni furono felicemente frustrate nel

seguente modo provvidenziale, i cui particolari sono riferiti da storici di buona autorità.

Maria aveva nominato il dottor Pole (un agente del sanguinario Bonner) uno dei

commissari per attuare le sue barbare intenzioni. Giunto a Chester con il suo incarico, il

sindaco di quella città, essendo papista, lo attese. Quando il dottore tirò fuori dal suo

mantello una custodia di cuoio, gli disse: "Ecco una commissione che sferza gli eretici

d'Irlanda". La buona donna di casa, essendo protestante e avendo un fratello a Dublino, di

nome John Edmunds, fu molto turbata da ciò che sentì. Ma, vista l'occasione, mentre il

sindaco si congedava e il medico lo accompagnava gentilmente al piano di sotto, aprì la

scatola e ne estrasse il contenuto. Aprì la scatola, tolse la commissione e al suo posto pose

un foglio di carta, con un mazzo di carte e il fante di fiori in cima. Il dottore, non

sospettando il trucco, portò la scatola e arrivò con essa a Dublino, nel settembre del 1558.

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Ansioso di realizzare le intenzioni della sua "pia" padrona, si recò immediatamente da

Lord FitzWalter, all'epoca viceré. Gli presentò la scatola; aperta, non vi trovò altro che un

mazzo di carte. Questo fatto fece trasalire tutti i presenti e Sua Signoria disse: "Dobbiamo

procurarci un'altra commissione". E nel frattempo mescoliamo le carte".

Il dottor Pole, tuttavia, sarebbe tornato direttamente in Inghilterra per ottenere un altro

incarico; ma in attesa di un vento favorevole, arrivò la notizia che la regina Maria era morta.

In questo modo, i protestanti sfuggirono a una persecuzione crudele. La relazione di cui

sopra, come abbiamo già osservato, è confermata da storici di grande credito, che

aggiungono che la regina Elisabetta versò una pensione di quaranta sterline all'anno alla

suddetta Elizabeth Edmunds, per aver salvato la vita dei suoi sudditi protestanti.

Durante i regni di Elisabetta e Giacomo I, l'Irlanda era quasi costantemente agitata da

ribellioni e insurrezioni che, pur non nascendo sempre dalla differenza di opinioni religiose

tra inglesi e irlandesi, erano aggravate e rese più aspre e inconciliabili da questa causa. I

sacerdoti papisti esageravano ad arte le colpe del governo inglese, e continuamente

esortavano i loro ascoltatori ignoranti e prevenuti sulla liceità di uccidere i protestanti.

Assicurarono loro che tutti i cattolici uccisi nel perseguimento di una così pia impresa

sarebbero stati immediatamente accolti nella felicità eterna. L'indole naturalmente

ingovernabile degli irlandesi, agita da questi uomini di progetto, li spinse a continui atti di

violenza barbara e ingiustificabile. E bisogna ammettere che la natura incerta e arbitraria

dell'autorità esercitata dai governatori inglesi non era adatta a guadagnarsi il loro affetto.

Anche gli spagnoli, sbarcando forze nel sud e incoraggiando gli indigeni scontenti a unirsi

al loro stendardo, mantennero l'isola in un continuo stato di turbolenza e guerra. Nel 1601

sbarcarono un corpo di quattromila uomini a Kinsale e iniziarono quella che chiamarono

"la guerra santa per la conservazione della fede in Irlanda". Furono aiutati da un gran

numero di irlandesi, ma alla fine furono completamente sconfitti dal deputato, Lord

Mountjoy, e dai suoi ufficiali.

Questo chiudeva le operazioni del regno di Elisabetta per quanto riguarda l'Irlanda;

seguì un intervallo di apparente tranquillità. Ma il sacerdozio popista, sempre inquieto e

progettuale, cercava di minare con macchinazioni segrete quel governo e quella fede che

non osava più attaccare apertamente. Il regno pacifico di re Giacomo offrì loro l'opportunità

di accrescere la loro forza e maturare i loro piani e sotto il suo successore, Carlo I, il loro

numero fu notevolmente aumentato da arcivescovi, vescovi, decani, vicari generali, abati,

preti e frati romani titolari. Per questo motivo, nel 1629, fu proibito l'esercizio pubblico dei

riti e delle cerimonie popish.

Ma nonostante queste misure, poco tempo dopo, il clero romanista eresse una nuova

università popista nella città di Dublino. Inoltre procedettero alla costruzione di monasteri

e conventi in varie parti del regno; in questi luoghi il clero romanista e i capi degli irlandesi

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Il Libro dei Martiri di Foxe

tenevano frequenti conferenze. E da lì, erano soliti andare e venire in Francia, Spagna,

Fiandre, Lorena e Roma, dove avevano organizzato il detestabile complotto del 1641 da

parte della famiglia degli O'Neal e dei loro seguaci.

Poco tempo prima che scoppiasse l'orribile cospirazione che stiamo per raccontare, i

papisti irlandesi avevano presentato una protesta ai Lords Justice di quel regno, chiedendo

il libero esercizio della loro religione e l'abrogazione di tutte le leggi contrarie. Al che

entrambe le Camere del Parlamento inglese risposero solennemente che non avrebbero mai

concesso alcuna tolleranza alla religione papale in quel regno.

Ciò irritò ulteriormente i papisti a mettere in atto il diabolico complotto concertato per

la distruzione dei protestanti. E non mancò di essere eseguito, come auspicato dai suoi

maligni e rancorosi progettisti.

Il disegno di questa orrenda cospirazione era che un'insurrezione generale avesse

luogo contemporaneamente in tutto il regno. Tutti i protestanti, senza eccezione, dovevano

essere uccisi. Il giorno fissato per questo orrendo massacro fu il 23 ottobre 1641, festa di

Ignazio Loyola, fondatore dei Gesuiti. I principali cospiratori nelle principali parti del

regno fecero i preparativi necessari per il conflitto previsto.

Affinché questo detestato piano potesse avere un successo più infallibile, i papisti

ricorsero agli artifizi più evidenti. E il loro comportamento nelle visite ai protestanti, in

questo periodo, fu di una gentilezza apparente maggiore di quella che avevano mostrato

fino ad allora. Questo fu fatto tanto più completamente per realizzare i disegni inumani e

infidi che si stavano meditando contro di loro.

L'esecuzione di questa selvaggia cospirazione fu ritardata fino all'avvicinarsi

dell'inverno, per evitare che l'invio di truppe dall'Inghilterra comportasse maggiori

difficoltà. Il cardinale Richelieu, ministro francese, aveva promesso ai cospiratori una

considerevole fornitura di uomini e denaro. E molti ufficiali irlandesi avevano dato le più

solide assicurazioni che si sarebbero uniti di cuore ai loro fratelli cattolici, non appena

l'insurrezione avesse avuto luogo.

Era ormai giunto il giorno precedente a quello stabilito per l'esecuzione di questo

orribile disegno, quando, fortunatamente per la metropoli del regno, la cospirazione fu

scoperta da un irlandese, Owen O'Connelly. Per questo servizio eccezionale, il Parlamento

inglese gli assegnò 500 sterline e una pensione di 200 sterline per tutta la vita.

La scoperta di questo complotto fu così tempestiva che passarono solo poche ore

prima che la città e il castello di Dublino venissero sorpresi. I Lord Giustizieri ebbero il

tempo sufficiente per mettere se stessi e la città in una posizione di difesa adeguata. Lord

M'Guire, che era il capo principale, con i suoi complici, fu catturato la sera stessa in città.

Nei loro alloggi furono trovate spade, accette, asce, martelli e altri strumenti di morte che

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Il Libro dei Martiri di Foxe

erano stati preparati per la distruzione e l'annientamento totale dei protestanti in quella

parte del regno.

La metropoli fu così felicemente preservata, ma la parte più cruenta della tragedia

prevista era già stata prevenuta. I cospiratori erano in armi in tutto il regno la mattina presto

del giorno stabilito, e ogni protestante che cadeva sulla loro strada veniva immediatamente

assassinato. Nessuna età, nessun sesso, nessuna condizione fu risparmiata. La moglie che

piangeva il marito massacrato e abbracciava i figli indifesi veniva trafitta con loro e moriva

con lo stesso colpo. I vecchi, i giovani, i vigorosi e gli infermi subirono la stessa sorte e si

fusero in un'unica rovina.

Invano la fuga salvò dal primo assalto. La distruzione si scatenava ovunque e

affrontava le vittime braccate ad ogni angolo. Invano ricorsero alla famiglia, ai compagni

e agli amici. Tutti i legami furono sciolti. E la morte fu inflitta da quella mano da cui si

implorava e si attendeva protezione. Senza provocazione, senza opposizione, gli stupefatti

inglesi, che vivevano in profonda pace e, come pensavano, in piena sicurezza, furono

massacrati dai loro vicini più prossimi, con i quali avevano mantenuto a lungo un rapporto

continuo di gentilezza e buoni uffici. Anzi, persino la morte era la punizione più lieve

inflitta da questi mostri in forma umana; tutte le torture che la crudeltà più sfrenata poteva

inventare, tutti i dolori persistenti del corpo, l'angoscia della mente, le agonie della

disperazione, non potevano saziare la vendetta suscitata senza alcun danno, e crudelmente

derivata da nessuna giusta causa.

La natura depravata e persino la religione perversa, anche se incoraggiate dalla

massima licenza, non possono raggiungere un livello di ferocia maggiore di quello che

appare in questi spietati barbari. Persino il sesso debole, naturalmente tenero verso le

proprie sofferenze e compassionevole verso quelle degli altri, ha emulato i suoi robusti

compagni nella pratica di ogni crudeltà. I bambini stessi, istruiti dall'esempio e incoraggiati

dall'esortazione dei genitori, hanno sferrato i loro deboli colpi sulle carcasse morte degli

indifesi figli degli inglesi.

Né l'avarizia degli irlandesi fu sufficiente a produrre il minimo freno alla loro crudeltà.

La loro frenesia era tale che il bestiame che avevano catturato e che, per ripicca, avevano

fatto proprio, veniva macellato senza ritegno o, se coperto di ferite, lasciato libero nei

boschi, dove moriva di tormenti lenti e prolungati.

Le confortevoli abitazioni dei piantatori vennero ridotte in cenere o spianate con il

terreno. E dove i miseri proprietari si erano rinchiusi nelle case e si stavano preparando per

difendersi, morirono tra le fiamme insieme alle loro mogli e ai loro figli.

Questa è la descrizione generale di questo massacro senza precedenti; ma ora, per la

natura del nostro lavoro, non ci resta che passare ai particolari.

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Il Libro dei Martiri di Foxe

I papisti bigotti e spietati non avevano appena iniziato a imbrattare le loro mani di

sangue, che ripeterono l'orribile tragedia giorno dopo giorno. E i protestanti in tutte le parti

del regno caddero vittime della loro furia con morti della più inaudita crudeltà.

Gli ignoranti irlandesi vennero istigati con maggior forza a compiere l'impresa

infernale dai gesuiti, dai preti e dai frati che, quando fu stabilito il giorno per l'esecuzione

del complotto, raccomandarono nelle loro preghiere la diligenza nel grande disegno.

Dissero che avrebbe favorito la prosperità del regno e l'avanzamento della causa cattolica.

Dichiararono dappertutto alla gente comune che i protestanti erano eretici e che non si

doveva più permettere che vivessero tra loro; aggiunsero che non era più peccato uccidere

un inglese che uccidere un cane. E che il fatto di aiutarli o proteggerli era un crimine di

natura imperdonabile.

I papisti avevano assediato la città e il castello di Longford e gli abitanti di quest'ultimo,

che erano protestanti, si erano arresi a condizione di avere la possibilità di fuggire. Gli

aggressori, all'apparire dei cittadini, li attaccarono nel modo più spietato. Il loro sacerdote,

come segnale per gli altri, squarciò per primo il ventre del ministro protestante inglese;

dopodiché i suoi seguaci uccisero tutti gli altri, alcuni dei quali vennero impiccati, altri

pugnalati o fucilati, e un gran numero di persone furono colpite alla testa con asce fornite

allo scopo.

La guarnigione di Sligo fu trattata in modo analogo da O'Connor Slygah, il quale,

quando i protestanti abbandonarono le loro prigioni, promise loro la possibilità di fuggire

e di trasportarli al sicuro attraverso le montagne Curlew, fino a Roscommon. Ma dapprima

li imprigionò in una prigione molto sgradevole, concedendo loro solo granaglie per il cibo.

In seguito, mentre alcuni papisti si divertivano con le loro coppe. vennero a congratularsi

con i loro malvagi fratelli per la loro vittoria su queste infelici creature. I protestanti che

sopravvissero furono portati fuori dalle loro prigioni dai frati bianchi e furono uccisi o fatti

precipitare dal ponte in un fiume impetuoso, dove furono presto distrutti. Si aggiunge che

questa malvagia compagnia di frati bianchi andò, qualche tempo dopo, in solenne

processione, con l'acqua santa in mano, ad aspergere il fiume, con la pretesa di pulirlo e

purificarlo dalle macchie e dall'inquinamento del sangue e dei cadaveri degli eretici - come

chiamavano gli sfortunati protestanti che furono inumanamente massacrati proprio in quel

periodo.

A Kilmore, il dottor Bedell, vescovo di quella regione, aveva caritatevolmente

sistemato e sostenuto un gran numero di protestanti in difficoltà, che erano fuggiti dalle

loro abitazioni per sfuggire alle diaboliche crudeltà commesse dai papisti. Ma non

godettero a lungo della consolazione di vivere insieme; il buon prelato fu trascinato con la

forza dalla sua residenza episcopale, che fu immediatamente occupata dal dottor Swiney,

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Il Libro dei Martiri di Foxe

il vescovo titolare popish di Kilmore. Egli celebrò la messa nella chiesa la domenica

successiva e poi sequestrò tutti i beni e le proprietà del vescovo perseguitato.

Poco dopo, i papisti costrinsero il dottor Bedell, i suoi due figli e il resto della sua

famiglia, con alcuni dei capi dei protestanti che aveva protetto, in un castello in rovina,

chiamato Lochwater. Era situato in un lago vicino al mare. Qui rimase con i suoi compagni

per alcune settimane, aspettandosi tutti quotidianamente di essere messi a morte. La

maggior parte di loro fu spogliata nuda, per cui, dato che la stagione era fredda (era il mese

di dicembre) e l'edificio in cui erano rinchiusi era aperto in alto, soffrirono le più gravi

privazioni. Continuarono in questa situazione fino al 7 gennaio, quando furono tutti liberati.

Il vescovo fu cortesemente accolto in casa di Dennis O'Sheridan, uno dei suoi ecclesiastici,

che aveva fatto convertire alla Chiesa d'Inghilterra; ma non sopravvisse a lungo a questa

gentilezza.

Durante la sua permanenza qui, ha trascorso tutto il suo tempo in esercizi religiosi,

per meglio adattarsi e preparare se stesso e i suoi dolorosi compagni al grande cambiamento,

dato che niente altro che la morte certa era perennemente davanti ai loro occhi. Aveva 71

anni, ed essendo afflitto da una violenta ague presa nella sua ultima fredda e desolata

dimora sul lago, fu colpito da una febbre della natura più pericolosa. Prevedendo la sua

morte, l'ha accolta con gioia, come uno dei martiri primitivi che si affrettano verso la corona

di gloria. Dopo essersi rivolto al suo piccolo gregge e averlo esortato alla pazienza, nel

modo più patetico, mentre vedeva avvicinarsi il suo ultimo giorno, dopo aver benedetto

solennemente il suo popolo, la sua famiglia e i suoi figli, terminò il corso del suo ministero

e della sua vita insieme, il 7 febbraio 1642.

I suoi amici e parenti chiesero al vescovo intruso il permesso di seppellirlo, che fu

ottenuto con difficoltà. In un primo momento egli disse loro che il sagrato della chiesa era

un terreno sacro e che non doveva più essere contaminato dagli eretici; tuttavia, alla fine il

permesso fu concesso e, sebbene il servizio funebre della chiesa non fosse usato durante la

solennità (per paura dei papisti irlandesi), alcuni dei migliori, che avevano la massima

venerazione per lui in vita, affidarono i suoi resti alla tomba. Al momento dell'inumazione,

scaricarono una raffica di colpi d'arma da fuoco, gridando "Requiescat in pace ultimus

Anglorum", cioè "Che l'ultimo degli inglesi riposi in pace".

Aggiungendo che, essendo uno dei migliori, doveva essere l'ultimo vescovo inglese

trovato tra loro. La sua cultura era molto vasta. E ne avrebbe dato al mondo una prova

maggiore, se avesse stampato tutto ciò che aveva scritto. Pochi dei suoi scritti si sono

salvati. I papisti distrussero la maggior parte delle sue carte e della sua biblioteca. Aveva

raccolto un vasto mucchio di esposizioni critiche delle Scritture, il tutto insieme a un grande

baule pieno di suoi manoscritti. Il tutto cadde nelle mani degli irlandesi. Fortunatamente il

321


Il Libro dei Martiri di Foxe

suo grande manoscritto ebraico fu conservato e si trova ora nella biblioteca dell'Emanuel

College di Oxford.

Nella baronia di Terawley, i papisti, su istigazione dei frati, costrinsero più di quaranta

protestanti inglesi, alcuni dei quali erano donne e bambini, al duro destino di cadere di

spada o di annegare in mare. Questi ultimi, scegliendo la seconda ipotesi, furono quindi

costretti, dalle armi nude dei loro inesorabili persecutori, a gettarsi negli abissi, dove, con

i loro bambini in braccio, prima si bagnarono fino al mento, e poi affondarono e morirono

insieme.

Nel castello di Lisgool furono bruciati più di centocinquanta uomini, donne e bambini.

E nel castello di Moneah non meno di cento furono tutti messi a ferro e fuoco. Un gran

numero di persone fu ucciso anche nel castello di Tullah, che fu consegnato a M'Guire a

condizione di avere un quartiere equo; ma non appena quel vile criminale ebbe preso

possesso del luogo, ordinò ai suoi seguaci di uccidere la gente, cosa che fu immediatamente

fatta con la massima crudeltà.

Molti altri furono sottoposti a morti della più orribile natura, che avrebbero potuto

essere inventate solo da demoni anziché da uomini. Alcuni di loro furono adagiati con il

centro della schiena sull'asse di una carrozza, con le gambe appoggiate a terra da un lato e

le braccia e la testa dall'altro. In questa posizione, uno dei selvaggi flagellava i disgraziati

sulle cosce, sulle gambe, ecc. mentre un altro metteva in azione cani furiosi che facevano

a pezzi le braccia e le parti superiori del corpo. In questo modo terribile venivano privati

della loro esistenza. Un gran numero di persone veniva attaccato alla coda dei cavalli e le

bestie, messe al galoppo dai loro cavalieri, venivano trascinate fino allo sfinimento. Altre

venivano appese a gibboni altissimi e, accendendo un fuoco sotto di loro, terminavano la

loro vita, in parte per impiccagione e in parte per soffocamento.

Né il sesso più tenero sfuggiva alla minima parte di crudeltà che poteva essere

proiettata dai loro spietati e furiosi persecutori. Molte donne, di tutte le età, furono

sottoposte a una morte di natura crudele. Alcune, in particolare, furono legate con la

schiena a forti pali e, spogliate fino alla vita, i mostri disumani tagliarono loro il seno destro

con delle cesoie, il che, ovviamente, le sottopose ai più atroci tormenti. E in questa

posizione sono state lasciate finché, per la perdita di sangue, non sono spirate.

La ferocia di questi barbari era tale che persino i bambini non ancora nati venivano

trascinati fuori dal grembo materno per diventare vittime della loro rabbia. Molte madri

infelici venivano appese nude ai rami degli alberi e i loro corpi sventrati. I figli innocenti

venivano separati da loro e gettati ai cani e ai porci. E per aumentare l'orrore della scena,

obbligavano il marito a fare da spettatore prima di soffrire lui stesso.

322


Il Libro dei Martiri di Foxe

Nella città di Issenskeath impiccarono più di cento protestanti scozzesi, non

mostrando loro più pietà di quanta ne avessero avuta per gli inglesi. M'Guire, recatosi al

castello di quella città, volle parlare con il governatore e, una volta ammesso, bruciò

immediatamente i registri della contea che vi erano depositati. Poi chiese al governatore

1.000 sterline che, ricevute, lo costrinse subito ad ascoltare la Messa e a giurare che avrebbe

continuato a farlo. Per completare le sue orribili barbarie, ordinò che la moglie e i figli del

governatore fossero impiccati davanti a lui, oltre a massacrare almeno un centinaio di

abitanti. Più di mille uomini, donne e bambini furono condotti, in diverse compagnie, al

ponte di Portadown, che era rotto nel mezzo, e lì costretti a gettarsi in acqua. Coloro che

tentarono di raggiungere la riva furono colpiti alla testa.

Nella stessa parte del Paese, almeno quattromila persone furono annegate in luoghi

diversi. Gli inumani papisti, dopo averli prima spogliati, li guidavano come bestie verso il

luogo stabilito per la loro distruzione. E se qualcuno, per stanchezza o per infermità naturali,

era troppo lento nel passo, lo pungevano con le spade e le picche. E per incutere terrore

alla folla, ne uccisero alcuni lungo la strada. Molti di questi poveri disgraziati, una volta

gettati in acqua, cercavano di salvarsi nuotando verso la riva, ma i loro spietati persecutori

impedivano i loro sforzi sparando loro in acqua.

In un luogo centoquaranta inglesi, dopo essere stati condotti per molte miglia nudi e

con le condizioni atmosferiche più rigide, furono uccisi tutti nello stesso punto. Alcuni

furono impiccati, altri bruciati, altri fucilati e molti furono sepolti vivi. I loro aguzzini erano

così crudeli che non li lasciarono pregare prima di privarli della loro misera esistenza.

Altre compagnie vennero prese con la scusa di un salvacondotto e, per questo motivo,

proseguirono allegramente il loro viaggio. Ma quando i perfidi papisti li ebbero portati in

un luogo conveniente, li massacrarono tutti nel modo più crudele.

Centoquindici uomini, donne e bambini furono condotti, per ordine di Sir Phelim

O'Neal, al ponte di Portadown, dove furono tutti costretti a gettarsi nel fiume e annegati.

Una donna, di nome Campbell, non trovando alcuna possibilità di fuga, improvvisamente

strinse tra le braccia uno dei capi dei papisti e lo tenne così stretto che furono annegati

entrambi.

A Killyman massacrarono quarantotto famiglie, di cui ventidue furono bruciate

insieme in una casa. Gli altri furono impiccati, fucilati o annegati. A Kilmore, gli abitanti,

che consistevano in circa duecento famiglie. Tutti caddero vittime della loro rabbia. Alcuni

di loro rimasero nelle prigioni fino a quando non confessarono il nascondiglio del loro

denaro, dopodiché li misero a morte. L'intera contea era una scena comune di macelleria e

molte migliaia di persone morirono in breve tempo di spada, carestia, fuoco, acqua e altre

morti crudeli che la rabbia e la malvagità potevano inventare.

323


Il Libro dei Martiri di Foxe

Questi sanguinari scellerati si mostrarono così favorevoli ad alcuni da farli espellere

immediatamente, ma non permisero loro di pregare. Altri li imprigionarono in luride

prigioni, mettendo loro pesanti catenacci alle gambe e tenendoli lì fino alla morte per fame.

A Casel misero tutti i protestanti in un'orrenda prigione, dove li tennero insieme, per

diverse settimane, nella più grande miseria. Alla fine furono liberati, quando alcuni di loro

furono barbaramente maciullati e lasciati sulle strade a morire a loro piacimento; altri

furono impiccati e altri ancora furono sepolti nel terreno in posizione verticale, con la testa

sopra la terra, e i papisti, per aumentare la loro miseria, li trattarono con scherno durante le

loro sofferenze. Nella contea di Antrim uccisero novecentocinquantaquattro protestanti in

una sola mattina. E in seguito circa altri milleduecento in quella contea.

In una città chiamata Lisnegary, costrinsero ventiquattro protestanti in una casa e poi,

appiccando il fuoco, li bruciarono insieme, imitando le loro grida di scherno agli altri.

Tra gli altri atti di crudeltà, presero due bambini appartenenti a una donna inglese e le

spappolarono il cervello davanti alla sua faccia. Poi gettarono la madre in un fiume e questa

morì annegata. Hanno servito molti altri bambini in modo simile, con grande afflizione dei

loro genitori e disonore della natura umana.

A Kilkenny tutti i protestanti, senza eccezione, furono messi a morte. E alcuni di loro

in modo così crudele, come forse non era mai stato inventato prima.

Picchiarono una donna inglese con una barbarie così selvaggia che le rimase a

malapena un osso intero, dopodiché la gettarono in un fosso; ma non si accontentarono di

questo. Presero il suo bambino, una bambina di circa sei anni, e dopo avergli strappato il

ventre, lo gettarono alla madre, dove languì fino alla morte. Costrinsero un uomo ad andare

a Messa, dopo di che gli squarciarono il corpo e lo abbandonarono così. Un altro lo

sventrarono, sgozzarono la moglie e, dopo aver estratto il cervello del loro bambino, un

neonato, lo gettarono ai porci, che lo divorarono avidamente.

Dopo aver commesso queste e altre orribili crudeltà, presero le teste di sette protestanti,

tra cui quella di un pio ministro, che fissarono alla croce del mercato. Infilarono un bavaglio

nella bocca del ministro, poi gli tagliarono le guance fino alle orecchie e, ponendovi davanti

una foglia della Bibbia, lo invitarono a predicare, poiché la sua bocca era abbastanza larga.

Fecero molte altre cose a titolo di scherno ed espressero la massima soddisfazione per aver

ucciso e smascherato i malcapitati protestanti.

È impossibile concepire il piacere che questi mostri provavano nell'esercitare la loro

crudeltà e nell'aumentare la miseria di coloro che cadevano nelle loro mani. Quando li

massacravano dicevano: "La tua anima è affidata al diavolo". Uno di questi malfattori

entrava in una casa con le mani sporche di sangue e si vantava che era sangue inglese e che

la sua spada aveva trafitto la pelle bianca dei protestanti fino all'elsa. Quando qualcuno di

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Il Libro dei Martiri di Foxe

loro uccideva un protestante, altri venivano e si gratificavano nel tagliare e maciullare il

corpo. Poi lo lasciavano esposto per essere divorato dai cani. E quando ne uccidevano un

certo numero, si vantavano che il diavolo era loro debitore per aver mandato all'inferno

così tante anime. Ma non c'è da stupirsi che trattassero così i cristiani innocenti, quando

non esitavano a bestemmiare contro Dio e la Sua santissima Parola.

In un luogo hanno bruciato due Bibbie protestanti, dicendo poi di aver bruciato il

fuoco dell'inferno. Nella chiesa di Powerscourt bruciarono il pulpito, i banchi, le casse e le

Bibbie che vi appartenevano. Presero altre Bibbie e, dopo averle bagnate con acqua sporca,

le sbatterono in faccia ai protestanti, dicendo: "Sappiamo che vi piace una buona lezione;

eccone una eccellente per voi. Venite domani e avrete un sermone altrettanto buono".

Alcuni dei protestanti furono trascinati per i capelli in chiesa, dove li spogliarono e li

frustarono nel modo più crudele, dicendo loro, allo stesso tempo, che se fossero venuti

domani, avrebbero ascoltato un sermone simile.

A Munster hanno messo a morte diversi ministri nel modo più scioccante. Uno, in

particolare, lo spogliarono completamente nudo e, guidandolo davanti a loro, lo

punzecchiarono con spade e dardi finché non cadde a terra e spirò.

In alcuni luoghi strapparono gli occhi e tagliarono le mani ai Protestanti, per poi

abbandonarli nei campi e farli vivere la loro misera esistenza. Costrinsero molti giovani a

costringere i loro genitori anziani a raggiungere un fiume, dove furono annegati; le mogli

ad assistere all'impiccagione dei loro mariti. E le madri a sgozzare i loro figli.

In un luogo, costrinsero un giovane a uccidere il padre e poi lo impiccarono

immediatamente. In un altro hanno costretto una donna a uccidere il marito, poi hanno

obbligato il figlio a ucciderla e successivamente gli hanno sparato in testa.

In una località chiamata Glaslow, un prete popista, con alcuni complici, costrinse

quaranta protestanti a riconciliarsi con la Chiesa di Roma. Non appena lo fecero, dissero

loro che ora erano in buona fede. Avrebbero impedito a questi protestanti di cadere e

diventare eretici, mandandoli via dal mondo, cosa che fecero tagliando loro

immediatamente la gola.

Nella contea di Tipperary più di trenta protestanti, uomini, donne e bambini, sono

caduti nelle mani dei papisti che, dopo averli denudati, li hanno uccisi con pietre, asce,

spade e altre armi.

Nella contea di Mayo, a circa sessanta protestanti, di cui quindici ministri, un certo

Edmund Burke e i suoi soldati promisero un viaggio sicuro verso Galway. Ma quel mostro

disumano sguainò la spada, per indicare il suo progetto agli altri, che seguirono

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Il Libro dei Martiri di Foxe

immediatamente il suo esempio e uccisero tutti. Alcuni furono pugnalati, altri furono trafitti

con picche e molti furono annegati.

Nella Contea di Queen's un gran numero di protestanti è stato condannato alla morte

più scioccante. Cinquanta o sessanta furono rinchiusi in una casa, che fu incendiata e tutti

morirono tra le fiamme. Molti vennero denudati e, legati ai cavalli con delle corde poste

intorno ai loro fianchi, vennero trascinati nelle paludi fino allo sfinimento. Alcuni furono

appesi per i piedi a ganci conficcati in pali. E in quella misera posizione venivano lasciati

finché non morivano. Altri venivano fissati al tronco di un albero, con un ramo in cima. Su

questo ramo pendeva un braccio, che sosteneva principalmente il peso del corpo. Una delle

gambe era girata verso l'alto e fissata al tronco, mentre l'altra pendeva dritta. In questa

terribile e scomoda postura rimasero finché la vita lo permise, spettacoli piacevoli per i

loro persecutori assetati di sangue.

A Clownes diciassette uomini furono sepolti vivi. Un inglese, sua moglie, cinque figli

e una serva furono impiccati tutti insieme e poi gettati in un fosso. Molti furono appesi per

le braccia a rami di alberi, con un peso ai piedi. Altri ancora li tenevano per la metà,

posizione in cui li lasciavano fino alla morte. Molti furono appesi ai mulini a vento e, prima

che fossero mezzi morti, i barbari li fecero a pezzi con le loro spade. Altri, uomini, donne

e bambini, li hanno tagliati e fatti a pezzi in varie parti del corpo e li hanno lasciati a morire

immersi nel loro sangue. Una povera donna fu impiccata a una gogna, insieme al suo

bambino, un neonato di circa dodici mesi, che fu appeso per il collo con i capelli della testa

della madre, concludendo così la sua breve ma miserabile esistenza.

Nella contea di Tyrone non meno di trecento protestanti furono annegati in un solo

giorno. E molti altri furono impiccati, bruciati e messi a morte in altro modo. Il dottor

Maxwell, rettore di Tyrone, viveva in quel periodo vicino ad Armagh e soffrì molto a causa

di questi selvaggi spietati. Questa persona, nel suo esame, fatto sotto giuramento davanti

ai commissari del re, dichiarò che i papisti irlandesi gli avevano confessato di aver distrutto,

in diversi momenti, 12.000 protestanti, che avevano massacrato in modo disumano a

Glynwood, durante la loro fuga dalla contea di Armagh.

Essendo il fiume Bann, nessuno poteva attraversarlo. Il ponte fu abbattuto e gli

irlandesi vi costrinsero, in tempi diversi, un gran numero di protestanti disarmati e indifesi,

e con picche e spade ne spinsero violentemente circa mille nel fiume, dove perirono

miseramente.

Nemmeno la cattedrale di Armagh sfuggì alla furia di quei barbari, essendo stata

dolosamente incendiata dai loro capi e rasa al suolo. E per estirpare, se possibile, la razza

stessa di quegli sfortunati protestanti che vivevano ad Armagh o nelle sue vicinanze. Gli

irlandesi prima bruciarono tutte le loro case e poi radunarono molte centinaia di questi

innocenti, giovani e vecchi, con la scusa di concedere loro una guardia e un salvacondotto

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Il Libro dei Martiri di Foxe

per Colerain, quando li attaccarono a tradimento lungo la strada e li uccisero in modo

disumano.

Le stesse orribili barbarie di cui abbiamo parlato furono praticate sui miseri protestanti

in quasi tutte le parti del regno. E, quando in seguito fu fatta una stima del numero di coloro

che furono sacrificati per appagare le anime diaboliche dei papisti, si arrivò a

centocinquantamila. Ma ora non ci resta che passare ai particolari che seguirono.

Questi disgraziati disperati, con facce raggianti e insolenti per il successo (anche se

con metodi che comportano una barbarie così eccessiva da non poter essere eguagliata), si

impossessarono ben presto del castello di Newry, dove si trovavano i magazzini e le

munizioni del re. Con altrettanta difficoltà si impadronirono di Dundalk. In seguito si

impadronirono della città di Ardee, dove uccisero tutti i protestanti, e poi procedettero

verso Drogheda. La guarnigione di Drogheda non era in grado di sostenere un assedio,

nonostante ciò, ogni volta che gli irlandesi rinnovavano i loro attacchi, venivano

vigorosamente respinti da un numero molto diseguale di forze del re e da alcuni fedeli

cittadini protestanti sotto Sir Henry Tichborne, il governatore, assistito dal Lord Visconte

Moore. L'assedio di Drogheda iniziò il 13 novembre 1641 e durò fino al 4 marzo 1642,

quando Sir Phelim O'Neal e i criminali irlandesi, sotto la sua egida, furono costretti a

ritirarsi.

Nel frattempo, diecimila truppe furono inviate dalla Scozia ai protestanti rimasti in

Irlanda, che, opportunamente divisi nelle parti più importanti del regno, eclissarono

felicemente il potere dei selvaggi irlandesi. E i protestanti vissero per un certo periodo in

tranquillità.

Sotto il regno di Giacomo II furono nuovamente interrotti, poiché in un parlamento

tenutosi a Dublino nell'anno 1689, gran parte della nobiltà protestante, del clero e della

nobiltà irlandese furono accusati di alto tradimento. Il governo del regno era allora affidato

al conte di Tyrconnel, un papista bigotto e un nemico inveterato dei protestanti. Per suo

ordine, i protestanti furono nuovamente perseguitati in varie parti del regno. Le entrate

della città di Dublino furono sequestrate e la maggior parte delle chiese furono trasformate

in prigioni. Se non fosse stato per la determinazione e il coraggio fuori dal comune delle

guarnigioni della città di Londonderry e della città di Inniskillin, non sarebbe rimasto un

solo luogo di rifugio per i protestanti in difficoltà in tutto il regno. Ma tutto doveva essere

consegnato a re Giacomo e al furioso partito popista che lo governava.

L'eccezionale assedio di Londonderry fu aperto il 18 aprile 1689 da ventimila papisti,

il fior fiore dell'esercito irlandese. La città non era in grado di sostenere un assedio: i

difensori consistevano in un corpo di protestanti grezzi e non addestrati, fuggiti lì per

trovare riparo, e in mezzo reggimento di soldati disciplinati di Lord Mountjoy, con la

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Il Libro dei Martiri di Foxe

maggior parte degli abitanti, per un totale di soli settemilatrecentosessantuno uomini

combattenti.

All'inizio gli assediati speravano che le loro scorte di grano e di altri beni di prima

necessità fossero sufficienti. Ma con il protrarsi dell'assedio, i loro bisogni aumentarono.

Alla fine, queste carenze erano così gravi che, per un periodo considerevole prima

dell'assedio, il costo di una pinta di orzo grossolano, una piccola quantità di verdure,

qualche cucchiaio di amido, con una proporzione molto moderata di carne di cavallo, era

aumentato al salario di una settimana di provviste per un soldato. Alla fine si ridussero a

tali estremi da mangiare cani, gatti e topi.

Le loro miserie aumentarono con l'assedio, molte per la semplice fame e la mancanza

di cibo. Si struggevano e languivano, o cadevano morti per strada. Ed è notevole che

quando arrivarono i tanto attesi aiuti dall'Inghilterra, erano sul punto di essere ridotti a

questa alternativa: o preservare la loro esistenza mangiandosi l'un l'altro, o tentare di

combattere attraverso gli irlandesi, cosa che avrebbe infallibilmente prodotto la loro

distruzione.

Questi aiuti furono felicemente trasportati dalla nave Mountjoy di Derry e dalla

Phoenix di Colerain, quando rimasero solo nove cavalli magri e una pinta di farina per ogni

uomo. A causa della fame e delle fatiche della guerra, i loro settemilatrecentosessantuno

combattenti si ridussero a quattromilatrecento, un quarto dei quali fu reso inservibile.

Come furono grandi le calamità degli assediati, così furono grandi anche i terrori e le

sofferenze dei loro amici e parenti protestanti. Tutti (anche le donne e i bambini) furono

espulsi con la forza dalla campagna (nel raggio di trenta miglia) e ridotti in modo disumano

alla triste necessità di rimanere alcuni giorni e notti senza cibo né vestiti, davanti alle mura

della città. In questo modo erano esposti al fuoco continuo dell'esercito irlandese

dall'esterno e al tiro dei loro amici dall'interno.

Ma i soccorsi dall'Inghilterra arrivarono felicemente e misero fine alla loro sofferenza.

L'assedio fu tolto il 31 luglio, dopo essere durato più di tre mesi.

Il giorno prima dell'assedio di Londonderry, gli Inniskiller ingaggiarono un corpo di

seimila cattolici irlandesi a Newton, Butler o Crown-Castle, di cui circa cinquemila furono

uccisi. Questo, insieme alla sconfitta di Londonderry, scoraggiò i papisti, che rinunciarono

a ogni ulteriore tentativo di perseguitare i protestanti.

L'anno successivo, cioè nel 1690, gli irlandesi presero le armi in favore del principe

abdicato, re Giacomo II, ma furono completamente sconfitti dal suo successore, re

Guglielmo III. Questo monarca, prima di lasciare il Paese, li ridusse in uno stato di

sottomissione in cui sono rimasti da allora.

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Ma nonostante tutte le sofferenze e le persecuzioni , la causa protestante si è rafforzata

molto di più rispetto a un secolo fa. Gli irlandesi, che in passato conducevano una vita

instabile e vagabonda, nei boschi, nelle paludi e sulle montagne, e vivevano della

depredazione dei loro vicini - loro che al mattino catturavano la preda e alla sera si

dividevano il bottino - da molti anni sono diventati tranquilli e civilizzati. Assaporano i

piaceri della società inglese e i vantaggi del governo civile. Commerciano nelle nostre città

e sono impiegati nelle nostre manifatture. Sono anche accolti nelle famiglie inglesi.

E sono trattati con grande umanità dai protestanti.

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Capitolo XIX - La Crescita, il Progresso, le Persecuzioni

dei Quaccheri

Trattando queste persone in maniera storica, siamo obbligati a fare ricorso a molta

tenerezza. Che differiscano dalla generalità dei protestanti in alcuni punti della capitale

della religione non può essere negato, eppure, come dissidenti protestanti sono inclusi nella

descrizione della legge sulla tolleranza. Non è nostro compito domandarci se persone di

sentimenti simili esistessero nell'età primitiva del cristianesimo: forse, per certi versi, non

lo avevano fatto, ma noi dobbiamo scriverne non come erano, ma come sono adesso. È

altrettanto certo che sono stati trattati da diversi scrittori in modo molto sprezzante; che

non meritassero tale trattamento.

La denominazione Quaccheri, fu loro conferita come termine di rimprovero, in

conseguenza delle loro apparenti convulsioni che hanno subito quando hanno pronunciato

i loro discorsi, perché immaginavano che fossero l'effetto dell'ispirazione divina.

Non è nostro compito, al momento, chiederci se i sentimenti di queste persone sono

favorevoli al Vangelo, ma questo è certo, che il primo leader di loro, come corpo separato,

era un uomo di nascita oscura, che ebbe la sua prima esistenza nel Leicestershire, intorno

all'anno 1624. Parlando di quest'uomo, noi daremo i nostri sentimenti in maniera storica, e

unendoli a quanto è stato detto dagli stessi Amici, ci impegneremo a fornire una narrazione

completa.

Giorgio Fox discendeva da genitori onesti e rispettati, che lo educavano alla religione

nazionale: ma da bambino appariva religioso, fermo, solido e osservante, oltre i suoi anni,

e raramente conosceva le cose divine. Fu educato alla zootecnia e ad altri affari di

campagna, ed era particolarmente incline all'occupazione solitaria di un pastore; un

impiego, che si adattava molto bene alla sua mente sotto diversi aspetti, sia per la sua

innocenza che solitudine; ed era un giusto emblema del suo dopo ministero e servizio.

Nell'anno 1646 abbandonò completamente la Chiesa nazionale, nei cui principi era stato

cresciuto, come osservato in precedenza; e nel 1647, viaggiò nel Derbyshire e nel

Nottinghamshire, senza alcun scopo prefissato di visitare luoghi particolari, ma in modo

solitario attraversò diverse città e villaggi, che così la sua mente cambiò.

"Digiunava molto disse Swell e camminava spesso in un posto in pensione, senza

nessun altro compagno se non la Bibbia". "Visitava le persone più in pensione e religiose

di quelle parti", dice Penn, "e alcune erano, poche, se non nessuna, in questa nazione, che

aspettavano la consolazione di Israele notte e giorno; come Zaccaria, Anna e Simeone,

facevano di tempo vecchio. A questi fu inviato, e questi cercò nelle contee limitrofe, e tra

loro si fermò fino a quando il suo più ampio ministero giunse su di lui. In quel tempo

330


Il Libro dei Martiri di Foxe

insegnava, ed era un esempio di silenzio, cercando di portarli dalle proprie prestazioni;

testimoniando, e rivolgendoli alla luce di Cristo al loro interno, e incoraggiandoli ad

aspettare con pazienza, e a sentire la sua forza di agitare nei loro cuori, che la loro

conoscenza e adorazione di Dio potesse stare nella potenza di una vita infinita, che si

trovava nella luce così come essa veniva ubbidita nella sua manifestazione nell'uomo:

perché nella Parola c'era la vita, e che la vita è la luce degli uomini. La vita nella Parola, la

luce negli uomini; e la vita anche negli uomini, come la luce è obbedita; i figli della luce

che vivono dalla vita della Parola, con la quale la Parola li genera nuovamente a Dio, che

è la generazione e la nuova nascita, senza la quale non c'è ingresso nel Regno di Dio, e

verso la quale chiunque viene è più grande di Giovanni: cioè della dispensazione di

Giovanni, che non era quella del Regno, ma la consumazione del tempo legale e

anticipatore del tempo del Vangelo, il tempo del Regno. Di conseguenza, in quelle parti si

stavano radunando diversi incontri; e quindi il suo tempo è stato impiegato per alcuni anni."

Nell'anno 1652, "ebbe una visita della grande opera di Dio nella terra, e del modo in

cui egli doveva andare avanti, in un ministero pubblico, per iniziarla." Egli diresse il suo

corso verso nord, "e in ogni luogo dove veniva, se non prima di venire a esso, gli mostrò il

suo particolare esercizio e servizio, in modo che il Signore fosse il suo capo." Fece un gran

numero di convertiti alle sue opinioni, e molti uomini pii e buoni si unirono a lui nel suo

ministero. Questi erano attirati specialmente per visitare le assemblee pubbliche per

riformarle, esortarle; a volte nei mercati, nelle fiere, nelle strade, e lungo il lato

dell'autostrada, "chiamando le persone al pentimento, e a ritornare al Signore, con i loro

cuori e le loro bocche; indirizzandole alla luce di Cristo dentro di loro, per vedere,

esaminare, e considerare le loro vie, e per rifuggire dal male, e per fare il bene e la volontà

accettabile di Dio."

Non erano privi di opposizione nel lavoro a cui immaginavano di essere chiamati,

essendo spesso messi nelle scorte, lapidati, picchiati, frustati e imprigionati, anche se

uomini onesti di buona reputazione, che avevano lasciato mogli, bambini, case e terre, per

visitarli con un vivo richiamo al pentimento. Ma questi metodi coercitivi, invece di

sminuire il loro zelo, portarono molti proseliti, e tra questi diversi magistrati, e altri di

migliore natura. Essi afferrarono che il Signore aveva loro proibito di portare il cappello a

chiunque, alto o basso, e richiesero loro di parlare al popolo, senza distinzione, la lingua di

te e di te. Hanno scruplicato l'offerta di buongiorno, o buonanotte, e non potevano piegare

il ginocchio a nessuno, anche in suprema autorità. Sia gli uomini che le donne indossavano

un abito semplice e semplice, diverso dalla moda dei tempi. Non diedero né accettarono

alcun titolo di rispetto o onore, né chiamarono alcun uomo maestro sulla terra. Diversi testi

delle Scritture che hanno citato in difesa di queste singolarità; come, "Non giurare affatto."

"Come si può credere, che ricevono l'onore l'uno dell'altro, e non cercare l'onore che viene

331


Il Libro dei Martiri di Foxe

da Dio solo?" ecc., ecc. Hanno posto la base della religione in una luce interiore, e uno

straordinario impulso dello Spirito Santo.

Nel 1654, il loro primo incontro separato a Londra si tenne nella casa di Roberto Dring,

a Watling- street, perché in quel periodo si diffusero in tutte le parti del regno, e avevano

in molti luoghi organizzato riunioni o assemblee, in particolare nel Lancashire, e nelle parti

adiacenti, ma erano ancora esposti a grandi persecuzioni e processi di ogni tipo. Uno di

loro in una lettera al protettore, Oliver Cromwell, rappresenta, anche se non ci sono leggi

penali in vigore che obbligano gli uomini a conformarsi alla religione stabilita, ma i

quaccheri sono esposti su altri conti; sono multati e imprigionati per essersi rifiutati di fare

un giuramento; per non aver pagato le loro decime; per aver disturbato le assemblee

pubbliche, e per essersi riuniti nelle strade e nei luoghi di villeggiatura pubblica; alcuni di

loro sono stati frustati per vagabondi, e per i loro discorsi semplici al magistrato.

Sotto il favore dell'allora tolleranza, aprirono i loro incontri al Toro e Bocca, in

Aldersgate-street, dove le donne, così come gli uomini, erano mossi a parlare. Il loro zelo

li portò ad alcune stravaganze, che li rese ancora più aperti al gioco dei loro nemici, che

esercitarono varie severità su di loro per tutto il successivo regno. Dopo la soppressione

dell'insurrezione pazza di Venner, il governo, dopo aver pubblicato un proclama, vietando

agli Anabattisti, ai Quaccheri e agli Uomini della Quinta Monarchia, di riunirsi o

incontrarsi insieme con la pretesa di adorare Dio, tranne che in qualche chiesa parrocchiale,

cappella, o in case private, con il consenso delle persone che vi abitano, tutti gli incontri in

altri luoghi dichiarati illegali e riottosi, ecc., i Quaccheri pensarono che fosse opportuno

rivolgersi al re in quel luogo, cosa che fecero nelle seguenti parole:

O re Carlo!

Il nostro desiderio è che tu possa vivere per sempre nella paura di Dio e nel tuo

consiglio. Chiediamo a te e al tuo consiglio di leggere queste seguenti righe in teneri

intestini, e compassione per le nostre anime, e per il tuo bene.

E questo considerando, siamo circa quattrocento imprigionati, dentro e intorno a

questa città, di uomini e donne delle loro famiglie, oltre, nelle prigioni della contea, circa

diecento; desideriamo che i nostri incontri non vengano interrotti, ma che tutti possano

arrivare a un giusto processo, che la nostra innocenza possa essere chiarita.

"Londra, 16° giorno, 11° mese, 1660."

Il ventottesimo dello stesso mese, pubblicarono la dichiarazione a cui si fa riferimento

nel loro discorso, intitolata: "Una dichiarazione del popolo innocuo e innocente di Dio,

chiamato Quaccheri, contro ogni sedizione, complottista e combattente nel mondo, per aver

rimosso il terreno della gelosia e del sospetto, sia dai magistrati che dalle persone del regno,

sulle guerre e i combattimenti." Fu presentato al re il ventunesimo giorno dell'undicesimo

332


Il Libro dei Martiri di Foxe

mese del 1660, e promise loro sulla sua parola reale, che non avrebbero dovuto soffrire per

le loro opinioni finché vivevano pacificamente; ma le sue promesse furono molto poco

considerate in seguito.

Nel 1661 assunsero il coraggio di presentare una petizione alla Camera dei Signor per

una tolleranza della loro religione, e per una dispensa dal prendere i giuramenti, che

ritenevano illegali, non da qualsiasi disaffezione al governo, o dalla convinzione di essere

meno obbligati da un'affermazione, ma dalla persuasione che tutti i giuramenti erano

illegali; e che il giuramento nelle occasioni più solenni era proibito nel Nuovo Testamento.

La loro petizione è stata respinta, e invece di concedere loro sollievo, è stato emesso un

atto contro di loro, il preambolo a cui si legge, "Che mentre diverse persone hanno assunto

un parere che un giuramento, anche prima di un magistrato, è illegale, e contrario alla

Parola di Dio; e che, con la scusa del culto religioso, le persone dette si riuniscono in gran

numero in diverse parti del regno, separandosi dal resto dei sudditi di sua maestà, e le

congregazioni pubbliche e luoghi abituali di culto divino; che quindi emanato, che se tali

persone, dopo il 24 marzo, 1661-2, rifiutarsi di prestare giuramento quando legittimamente

offerto, o persuadere gli altri a farlo, o mantenere per iscritto o in altro modo, l'illegalità di

prestare giuramento; o se si riuniranno per culto religioso, al numero di cinque o più,

dell'età di quindici anni, essi perderanno per il primo reato cinque sterline; per il secondo,

dieci sterline; e per il terzo abiureranno il regno, o saranno trasportati alle piantagioni: e i

giudici di pace alle loro sessioni aperte possono sentire e infine determinare nella vicenda."

Questo atto ebbe un effetto più terribile sui Quaccheri, anche se era ben noto e noto

che queste persone coscienziose erano ben lontane dalla sedizione o dalla disaffezione al

governo. Giorgio Fox, nel suo discorso al re, lo informa che tremila e sessantotto dei loro

amici erano stati imprigionati dopo la restaurazione di sua maestà; che i loro incontri erano

quotidianamente interrotti da uomini con bastoni e braccia, e i loro amici gettati in acqua,

e calpestati a piedi fino a quando il sangue sgorgava, il che ha dato origine al loro incontro

nelle strade aperte. Fu stampata una relazione, firmata da dodici testimoni, che dice che più

di quattromila duecento quaccheri furono imprigionati; e di loro cinquecento erano a

Londra e nei sobborghi; molti dei quali erano morti nelle carceri.

Seicento di loro, dice un resoconto pubblicato a quel tempo, erano in prigione, solo

per amore della religione, e molti di loro sono stati banditi nelle piantagioni. In breve, i

quaccheri diedero così piena occupazione agli informatori, che avevano meno tempo per

partecipare alle riunioni degli altri dissidenti.

Eppure, sotto tutte queste calamità, si comportarono con pazienza e modestia verso il

governo, e in occasione del complotto di Ryehouse nel 1682, pensarono giusto dichiarare

la loro innocenza di quel complotto farsa, in un discorso al re, in cui "appellandosi al

Cercatore di tutti i cuori", dicono, "i loro principi non consentono loro di prendere le armi

333


Il Libro dei Martiri di Foxe

difensive, tanto meno di vendicarsi per le ferite ricevute dagli altri: che pregano

continuamente per la sicurezza e la conservazione del re; e quindi cogliere umilmente

questa occasione per implorare sua maestà di compassionare i loro amici sofferenti, con i

quali Le unghie sono così piene, che vogliono aria, all'apparente pericolo della loro vita, e

al pericolo di un'infezione nei sub. Inoltre, molte case, negozi, fienili e campi vengono

saccheggiati, e i beni, il mais e il bestiame spazzati via, per scoraggiare il commercio e

l'allevamento, e impoverendo un gran numero di persone tranquille e industriose; e questo,

per nessun'altra causa, se non per l'esercizio di una coscienza tenera nel culto di Dio

Onnipotente, che è il Signore sovrano e Re delle coscienze degli uomini."

All'ascesa di Giacomo II si rivolsero a quel monarca onestamente e chiaramente,

dicendogli: "Siamo venuti a testimoniare il nostro dolore per la morte del nostro buon

amico Carlo, e la nostra gioia per il fatto di essere diventato nostro governatore. Ci viene

detto che non sei della persuasione della Chiesa d'Inghilterra, né più di noi; quindi speriamo

che tu ci conceda la stessa libertà che tu ti concedi, che facendo, ti auguriamo ogni tipo di

felicità."

Quando Giacomo, con il suo potere liberatorio, concesse la libertà ai dissidenti, essi

cominciarono a godere di un po' di riposo dai loro problemi; e infatti era giunto il momento,

perché erano ingrossati a una quantità enorme'. Essi, l'anno prima, a loro uno di lieta

liberazione, in una petizione a Giacomo per la cessazione delle loro sofferenze, si

presentarono, quello di tardi sopra mille cinquecento dei loro amici, sia uomini che donne,

e che ora rimangono mille trecentottantatré; di cui duecento sono donne, molte sotto

condanna di praemunire; e più di trecento vicino ad esso, per aver rifiutato il giuramento

di fedeltà, perché non potevano giurare. Trecentocinquanta sono morti in prigione dall'anno

1680; a Londra, la prigione di Newgate è stata affollata, in questi due anni a volte con una

ventina in una stanza, dove diversi sono stati soffocati, e altri, che sono stati portati fuori

malati, sono morti di febbri maligne in pochi giorni.

Grandi violenze, disagi oltraggiosi, devastazioni e spogli dolorosi, sono stati fatti sui

beni e sulle proprietà delle persone, da una compagnia di informatori pigri, stravaganti e

spietati, da persecuzioni sul conventicolo-atto, e altri, anche su scritti qui tam, e su altri

processi, per venti sterline al mese, e due terzi delle loro proprietà sequestrate per il re.

Alcuni non avevano un letto su cui riposare, altri non avevano bestiame da sfamare, né

mais da sfamare o da pane, né attrezzi con cui lavorare; i suddetti informatori e ufficiali

giudiziari in alcuni luoghi si frantumavano in case, e facevano grandi sprechi e bottino, con

la scusa di servire il re e la Chiesa. Le nostre assemblee religiose sono state accusate

secondo il Common Law di essere rivoltosi e disturbatori della pace pubblica, per cui un

gran numero di persone è stato confinato in prigione senza tener conto dell'età, e molti

confinati in buchi e sotterranei. Il sequestro di 20 sterline al mese è ammontato a molte

migliaia, e molti che hanno impiegato centinaia di poveri nel settore manifatturiero, sono

334


Il Libro dei Martiri di Foxe

disabili a farlo ancora, a causa della lunga detenzione. Non risparmiano né vedove né

paterne, né tanto quanto un letto su cui sdraiarsi.

Gli informatori sono sia testimoni che pubblici ministeri, alla rovina di un gran

numero di famiglie sobrie; e i giudici di pace sono stati minacciati di confisca di cento

sterline, se non emettono mandati sulle loro informazioni. Con questa petizione hanno

presentato una lista dei loro amici in prigione, nelle varie contee, pari a

quattrocentosessanta.

Durante il regno di Giacomo II queste persone furono, per intercessione del loro amico

Sig. Penn, trattate con più indulgenza che mai. Erano diventati estremamente numerosi in

molte parti del paese, e l'insediamento della Pennsylvania si svolse poco dopo, molti di

loro si trasferirono in America. Lì godettero delle benedizioni di un governo pacifico e

coltivarono le arti dell'industria onesta.

Poiché l'intera colonia era di proprietà del signor Penn, invitò persone di tutte le

confessioni a venire a stabilirsi con lui. Avvenne una libertà universale di coscienza; e in

questa nuova colonia furono stabiliti, per la prima volta, i diritti naturali dell'umanità.

Questi Amici sono, nell'epoca attuale, un corpo di persone molto inoffensivo,

inoffensivo; ma di questo ci prenderemo più attenzione qui di seguito. Con i loro saggi

regolamenti, non solo fanno onore a se stessi, ma sono di grande servizio per la comunità.

Può essere necessario qui osservare, che come gli Amici, comunemente chiamati

quaccheri, non presteranno giuramento in un tribunale di giustizia, così la loro

affermazione è consentita in tutti gli affari civili; ma non possono perseguire un criminale,

perché, nei tribunali inglesi di giustizia, tutte le prove devono essere giurate.

Un resoconto delle persecuzioni degli amici o quaccheri negli Stati Uniti

Verso la metà del XVII secolo, molte persecuzioni e sofferenze furono inflitte a una

setta di dissidenti protestanti, comunemente chiamati quaccheri: un popolo che sorse in

quel periodo in Inghilterra, alcuni dei quali sigillarono la loro testimonianza con il loro

sangue.

Per un resoconto delle persone di cui sopra, vedi Sewell, o la storia di Gough di loro.

I punti principali su cui la loro non conformità coscienziosa li rendeva odiosi alle pene

della legge, sono stati:

1. La volontà cristiana di riunirsi pubblicamente per l'adorazione di Dio, nel modo più

consono alle loro coscienze.

2. Il loro rifiuto di pagare le decime, che essi stimavano una cerimonia ebraica,

abrogata dalla venuta di Cristo.

335


Il Libro dei Martiri di Foxe

3. La loro testimonianza contro le guerre e i combattimenti, la cui pratica è stata

giudicata incompatibile con il comando di Cristo:

4. "Ama i tuoi nemici", Matt. 5:44.

5. La loro costante obbedienza al comando di Cristo: "Non giurare affatto", Matt. Alle

5:34.

6. Il loro rifiuto di pagare tasse o perizie per costruire e riparare case per un culto che

non approvavano.

7. Il loro uso del linguaggio proprio e scritturale, "tu" e "te", per una sola persona; e il

loro uso della consuetudine di scoprire la testa, o di tirare fuori i cappelli, per omaggio

all'uomo.

8. La necessità che molti si trovavano sotto, di pubblicare ciò che credevano fosse la

dottrina della verità; e talvolta anche nei luoghi designati per il culto pubblico nazionale.

La loro inosservanza coscienziosa nei particolari precedenti, li espose a molte

persecuzioni e sofferenze, che consistevano in azioni penali, multe, pestaggi crudeli,

frustate e altre punizioni corporali; detenzione, esilio e persino morte.

Riferire un particolare resoconto delle loro persecuzioni e sofferenze, si estenderebbe

oltre i limiti di questo lavoro: ci riferiremo quindi, per quelle informazioni, alle storie già

citate, e più in particolare alla Raccolta delle loro sofferenze da parte di Besse; e

confineremo qui il nostro resoconto soprattutto a coloro che hanno sacrificato la loro vita,

ed hanno dimostrato, per la loro disposizione della mente, costanza, pazienza, e

perseveranza fedele, di essere stati influenzati da un senso di dovere religioso.

Numerose e ripetute erano le persecuzioni contro di loro; e talvolta per trasgressioni

o reati che la legge non contemplava o abbracciava. Molte delle multe e delle sanzioni

inflitte, non solo erano irragionevoli ed esorbitanti, ma, non potendo pagarle in modo

coerente, erano talvolta distratte più volte dal valore della domanda; per cui molte famiglie

povere erano molto angosciate, e obbligate a dipendere dall'assistenza dei loro amici.

I numeri non solo venivano crudelmente picchiati e frustati in modo pubblico, come i

criminali, ma alcuni venivano marchiati e altri avevano le orecchie tagliate. Un gran

numero di persone è stato per lungo tempo confinato in carceri disgustose, nelle quali

alcuni hanno concluso i loro giorni in conseguenza di ciò.

Molti furono condannati all'esilio, e un numero considerevole fu trasportato. Alcuni

sono stati banditi per pena di morte; e quattro sono stati giustiziati per mano dell'impiccione,

come ci riferiremo qui, dopo aver inserito copie di alcune delle leggi del paese in cui hanno

sofferto.

336


Il Libro dei Martiri di Foxe

"In un Tribunale tenutosi a Boston, il 14 ottobre 1656"

Considerando che esiste una setta maledetta di eretici, ultimamente risorti nel mondo,

che sono comunemente chiamati quaccheri, che si prendono su di loro per essere

immediatamente inviati da Dio, e infallibilmente assistiti dallo Spirito, per parlare e

scrivere opinioni blasfeme, disprezzando il governo, e l'ordine di Dio, nella Chiesa e nel

Commonwealth, parlando male delle dignità, diffamando e vilipendando i magistrati e i

ministri, cercando di strappare il popolo dalla fede, e ottenere proseliti ai loro modi

perniciosi: questa corte prendendo in considerazione le premesse, e per prevenire il male

simile, come con i loro mezzi è combattuto nella nostra terra, ordinare,

E per autorità di questo tribunale, che sia ordinato e promulgato, che ciò che il

comandante di qualsiasi nave, corteccia, rosa, o ketch, porterà d'ora in poi in qualsiasi porto,

torrente, o baia, all'interno di questa giurisdizione, qualsiasi quacchero o quaccheri, o altri

eretici blasfemi, paghi, o faccia pagare, la multa di cento sterline al tesoriere del paese,

tranne che sembri che egli voglia la vera conoscenza o l'informazione del loro essere tali;

e, in tal caso, ha la libertà di liberarsi con il suo giuramento, quando prova sufficiente del

contrario è carente: e, la sicurezza per esso, sarà gettata in prigione, e lì continuare fino a

quando la suddetta somma sarà soddisfatta al tesoriere come detto.

E il comandante di ogni ketch, nave, nave, o nave, essendo legalmente condannato,

deve dare sufficiente sicurezza al governatore, o uno o più dei magistrati, che hanno il

potere di determinare lo stesso, per riportarli al luogo in cui li ha portati; e, al suo rifiuto di

farlo, il governatore, o uno o più dei magistrati, sono abilitati a emettere il suo mandato per

impegnare tale comandante in prigione, lì per continuare, fino a quando non ha dato in

sufficiente sicurezza il contenuto del governatore, o uno qualsiasi dei magistrati, come

sopra indicato.

Ed è inoltre ordinato ed emanato, che ciò che i quaccheri arriveranno in questo paese

da parti straniere, o entreranno in questa giurisdizione da qualsiasi parte adiacente, sarà

immediatamente impegnato alla Casa della Correzione; e, al loro ingresso, per essere

severamente frustati, e dal loro padrone sarà tenuto costantemente a lavorare, e nessuno ha

sofferto a conversare o parlare con loro, durante il periodo della loro prigionia, che non

sarà più di quanto necessario.

Ed è ordinato, se chiunque importerà consapevolmente in qualsiasi porto di questa

giurisdizione, qualsiasi libro o scritto dei quaccheri, riguardante le loro opinioni diaboliche,

pagherà per tale libro o scritto, essendo legalmente provato contro di lui o contro di loro la

somma di cinque sterline; e chiunque disperderà o nasconderà qualsiasi libro o scrittura, e

sarà trovato con lui, o nella sua casa e non consegnerà immediatamente lo stesso al

magistrato successivo, perderà o pagherà cinque sterline, per la dispersione o occultamento

di qualsiasi libro o scrittura di questo tipo.

337


Il Libro dei Martiri di Foxe

Ed è inoltre emanato che se qualsiasi persona all'interno di questa colonia si farà carico

di loro per difendere le opinioni eretiche dei quaccheri, o qualsiasi loro libro o carta, sarà

multato per la prima volta quaranta scellini; se persisteranno nello stesso, e lo difenderanno

ancora la seconda volta, quattro sterline; se nonostante ancora difenderanno e manterranno

le opinioni eretiche dei quaccheri, saranno impegnati alla Casa della Correzione fino a

quando non ci sarà un passaggio conveniente per mandarli fuori dalla terra, essendo

condannati dal tribunale degli assistenti al bando.

Infine, con la presente ordinanza si dispone che la persona o le persone che

intervengono, sottopongano a ricorso le persone dei magistrati o dei ministri, come d'uso

con i quaccheri, siano severamente frustate o paghino la somma di cinque sterline.

Questa è una copia autentica dell'ordinanza del tribunale, come attesta "EDUARDO

RAWSON, SEC."

"In un Tribunale tenutosi a Boston, il 14 ottobre 1657"

Come aggiunta al decreto tardivo, in riferimento all'arrivo o all'introduzione di una

delle sette maledette dei quaccheri in questa giurisdizione, si dispone che chiunque da ora

in poi porterà, direttamente o indirettamente, qualsiasi Quacchero o Quaccheri conosciuto,

o altri eretici blasfemi, in questa giurisdizione, ogni tale persona incamererà la somma di

cento sterline per il paese, e con mandato da qualsiasi magistrato sarà impegnato in prigione,

ci rimarrà fino a quando la pena sarà soddisfatta e pagata; e se una o più persone all'interno

di questa giurisdizione, d'ora in poi intrattengono e nascondono qualsiasi Quaker o I

costruttrici, o altri eretici blasfemi, sapendo che lo sono, ognuno di loro perderà al paese

quaranta scellini per ogni ora di intrattenimento e di occultamento di qualsiasi quacchero

o quacchero, ecc., come detto, e sarà condannato al carcere come detto, fino a quando la

confisca sarà pienamente soddisfatta e pagata.

E viene inoltre ordinato, che se uno o più quaccheri presumeranno, dopo aver subito

ciò che la legge richiede, di entrare in questa giurisdizione, ogni quacchero maschio, per il

primo reato, avrà un orecchio tagliato e sarà tenuto al lavoro nella Casa della Correzione,

fino a quando potrà essere mandato via a sua propria responsabilità; e per il secondo reato,

avrà il suo altro orecchio tagliato; e ogni donna quacchera, che ha sofferto la legge qui, che

presumerà di entrare in questa giurisdizione, sarà severamente frustata, e tenuta alla Casa

della Correzione al lavoro, fino a che sarà mandata via a sua carica, e così Se viene di

nuovo, sarà utilizzata come detto.

E per ogni quacchero, lui o lei, che una terza volta qui offenderà ancora, avranno la

lingua annoiata con un ferro caldo, e saranno tenuti alla Casa della Correzione vicino al

lavoro, fino a quando saranno mandati via a loro carico.

338


Il Libro dei Martiri di Foxe

Ed è inoltre ordinato, che tutti e tutti i quaccheri che nascono tra noi, siano trattati, e

subiscano la stessa punizione prevista dalla legge contro i quaccheri stranieri.

"EDUARDO RAWSON, Sec."

"Un atto fatto in un Tribunale, tenutosi a Boston, 20 ottobre, 1658"

Considerando che esiste una setta perniciosa, comunemente chiamata quaccheri,

ultimamente risorta, che con la parola e la scrittura ha pubblicato e mantenuto molti principi

pericolosi e orribili, e li prende su di loro per cambiare e alterare i costumi lodevoli ricevuti

della nostra nazione, nel dare rispetto civile a pari, o riverenza ai superiori; le cui azioni

tendono a minare il governo civile, e anche a distruggere l'ordine delle chiese, negando

tutte le forme di culto stabilite, e ritirandosi dalla comunione ordinata della Chiesa,

permesso e approvato da tutti i professori ortodossi di verità, e invece, in opposizione a

esso, spesso incontrandosi, insinuandosi nella mente dei semplici, o come sono almeno

colpiti all'ordine e al governo della chiesa e del commonwealth, per cui i sub dei nostri

abitanti sono stati infettati, nonostante tutte le leggi precedenti, fatte sulla base

dell'esperienza delle loro arroganti e audaci intrusioni, per diffondere i loro principi tra di

noi, vietando la loro entrata in questa giurisdizione, non sono stati rinviati dai loro empi

tentativi di minare la nostra pace, e mettere a rischio la nostra rovina.

Per prevenirlo, questo tribunale ordina ed emana, che ogni persona o le persone della

setta maledetta dei quaccheri, che non è un abitante di, ma si trova all'interno di questa

giurisdizione, saranno arrestati senza mandato, quando nessun magistrato è a disposizione,

da qualsiasi costabile, commissario, o selezionatore, e trasmessi da costabile a costabile, al

magistrato successivo, che impegnerà la suddetta persona a chiudere il carcere, lì per

rimanere (senza cauzione) fino al successivo tribunale degli assistenti, dove avranno il

processo legale.

"Essendo stato condannato per essere della setta dei quaccheri, sarà condannato

all'esilio, pena la morte. E che ogni abitante di questa giurisdizione, essendo condannato

per essere della setta predetta, o prendendo, pubblicando, o difendendo le orribili opinioni

dei quaccheri, o agitando ammutinamento, sedizione, o ribellione contro il governo, o

prendendo le loro pratiche abusive e distruttive, cioè negando il rispetto civile a pari e

superiori, e ritirandosi dalle assemblee della Chiesa; e invece, frequentando riunioni

proprie, in opposizione al nostro ordine della Chiesa; aderendo o approvando a qualsiasi

quacchero noto, e i principi e le pratiche dei quaccheri, che sono opposti alle opinioni

ortodosse ricevute dei quaccherei e cercando di disinteressare gli altri al governo civile e

all'ordine della Chiesa, o condannando la pratica e i procedimenti di questa corte contro i

quaccheri, manifestando così la loro conformità con quelli, il cui disegno è quello di

rovesciare l'ordine stabilito in Chiesa e Stato: ogni tale persona, dopo la condanna davanti

alla suddetta corte degli assistenti, in modo predetto, si impegna a chiudere il carcere per

339


Il Libro dei Martiri di Foxe

un mese, e poi, a meno che non scelgano volontariamente di abbandonare questa

giurisdizione, darà vincolo per il loro buon comportamento e comparirà al tribunale

successivo, continuando ostinato, rifiutando di ritrattare e riformare i suddetti pareri,

saranno condannati alla messa al bando, pena di morte. E ogni magistrato, sulla base delle

informazioni che gli sono state date di tali persone, lo farà arrestare, e commetterà tali

persone in prigione, secondo la sua discrezione, fino a quando non verrà processato come

sopra detto."

Sembra che ci fossero anche leggi approvate in entrambe le allora colonie di New

Plymouth e New Haven, e nell'insediamento olandese a New Amsterdam, ora New York,

che vietavano alle persone chiamate quaccheri, di entrare in quei luoghi, sotto severe

sanzioni; in conseguenza di ciò, alcuni subirono notevoli sofferenze.

I primi due ad essere giustiziati furono Guillermo Robinson, mercante di Londra, e

Marmaduke Stevenson, un connazionale dello Yorkshire. Questi giunti a Boston, all'inizio

di settembre, furono mandati dalla corte degli assistenti, e lì condannati all'esilio, pena la

morte. Questa sentenza fu passata anche a Maria Dyar, menzionata di seguito, e Niccolò

Davis, che erano entrambi a Boston. Ma anche Guillermo Robinson, visto come un

insegnante, fu condannato a essere frustato severamente; e il conestabile fu comandato per

ottenere un uomo capace di farlo. Poi Robinson fu portato in strada, e lì spogliato; e avendo

le mani messe attraverso i fori della carrozza di una grande pistola, dove il carceriere lo

teneva, il carnefice gli diede venti strisce, con una frusta a tre corde. Poi lui e gli altri

prigionieri furono rilasciati, e banditi, come risulta dal seguente mandato:

Siete tenuti da questi, attualmente a mettere in libertà Guillermo Robinson,

Marmaduke Stevenson, Maria Dyar e Niccolò Davis, che, per ordine della corte e del

consiglio, erano stati imprigionati, perché appariva dalla loro stessa confessione, parole e

azioni, che sono quaccheri: perciò, una sentenza è stata pronunciata contro di loro, per

abbandonare questa giurisdizione, pena la morte; e che devono rispondervi a loro pericolo,

se loro o qualcuno di loro, dopo il quattordicesimo di questo mese, settembre, si trovano

all'interno di questa giurisdizione, o di qualsiasi parte di essa.

EDUARDO RAWSON

"Boston, 12 settembre 1659."

Anche se Maria Dyar e Niccolò Davis lasciarono quella giurisdizione per quel tempo,

tuttavia Robinson e Stevenson, anche se lasciarono la città di Boston, non riuscirono ancora

a decidere (non essendo liberi in mente) di lasciare quella giurisdizione, anche se le loro

vite erano in gioco. E così andarono a Salem, e in qualche luogo simile, per visitare e

costruire i loro amici nella fede. Ma non passò molto tempo prima che venissero presi e

messi di nuovo in prigione a Boston, e le catene si chiudessero alle gambe. Nel mese

340


Il Libro dei Martiri di Foxe

successivo, anche Maria Dyar ritornò. E mentre stava davanti alla prigione, parlando con

un certo Cristoforo Holden, che era venuto lì per chiedere una nave diretta in Inghilterra,

dove lui intendeva andare, anche lei fu presa in custodia.

Così, avevano ora tre persone, che, secondo la loro legge, avevano perduto la vita. E,

il 20 ottobre, questi tre sono stati portati in tribunale, dove Giovanni Endicot ed altri sono

stati radunati. Venendo chiamato al bar, Endicot ordinò al guardiano di togliersi il cappello;

e poi disse, che avevano fatto diverse leggi per tenere i quaccheri tra di loro, e né frustarli,

né imprigionarli, né tagliare le orecchie, né bandirli per il dolore della morte, li avrebbe

tenuti lontani da loro. E ancora, disse, che lui o loro non desideravano la morte di nessuno

di loro. Eppure, nonostante tutto, le sue seguenti parole, senza più indugi, furono:

"Ascoltate e ascoltate la vostra sentenza di morte." La sentenza di morte fu anche

pronunciata nei confronti di Marmaduke Stevenson, Maria Dyar e Guillermo Edrid. Molti

altri furono imprigionati, frustati e multati.

Non abbiamo alcuna disposizione a giustificare i Pellegrini per questo procedimento,

ma pensiamo che, considerate le circostanze dell'epoca in cui vivevano, il loro

comportamento ammette molta palliazione.

I padri del New England, sopportarono incredibili difficoltà nel provvedere a se stessi

una casa nel deserto; e per proteggersi nel godimento indisturbato dei diritti, che avevano

acquistato a così caro prezzo, adottarono a volte misure, che, se provate dalle opinioni più

illuminate e liberali dei giorni nostri, devono subito essere pronunciate del tutto

ingiustificabili. Ma saranno condannati senza pietà per non aver agito secondo principi non

riconosciuti e sconosciuti in tutta la cristianità? Saranno i soli responsabili di opinioni e di

comportamenti diventati sacri dall'antichità e comuni ai cristiani di tutte le altre confessioni?

Ogni governo allora esistente si è assunto il diritto di legiferare in materia di religione;

e di limitare l'eresia con statuti penali. Questo diritto è stato rivendicato dai governanti,

ammesso dai sudditi, ed è sancito dai nomi di Signor Bacon e Montesquieu, e molti altri

ugualmente famosi per i loro talenti e l'apprendimento. E' ingiusto, quindi, "premere su una

sola povera setta perseguitata, i peccati di tutta la cristianità". La colpa dei nostri padri è

stata dell'età; e anche se questo non può giustificare, fornisce certamente un'attenuazione

del loro comportamento. Potreste anche condannarli per non aver compreso e agito secondo

i principi della tolleranza religiosa. Allo stesso tempo, è solo per dire, che imperfetti come

erano le loro opinioni sui diritti di coscienza, erano tuttavia molto in anticipo rispetto all'età

a cui appartenevano; ed è a loro più che a qualsiasi altra classe di uomini sulla terra, il

mondo è debitore per le opinioni più razionali che ora prevalgono sul tema della libertà

civile e religiosa.

341


Il Libro dei Martiri di Foxe

Capitolo XX - Un Resoconto della Vita e delle

Persecuzioni di Giovanni Bunyan

Questo grande puritano nacque lo stesso anno in cui i Padri Pellegrini sbarcarono a

Plymouth. La sua casa era Elstow, vicino a Bedford, in Inghilterra. Suo padre era uno

stagnino ed egli fu educato allo stesso mestiere. Era un ragazzo vivace e simpatico, con un

lato serio e quasi morboso nella sua natura. Per tutta la sua giovinezza si pentì dei vizi della

sua giovinezza, ma non era mai stato né un ubriacone né un immorale. Le azioni particolari

che turbavano la sua coscienza erano ballare, suonare le campane della chiesa e giocare al

gatto. Un giorno, mentre giocava a quest'ultimo gioco, "una voce mi balzò all'improvviso

dal cielo nell'anima, dicendo: "Vuoi lasciare i tuoi peccati e andare in Paradiso, o avere i

tuoi peccati e andare all'Inferno?". In quel periodo sentì tre o quattro povere donne di

Bedford che parlavano, sedute davanti alla porta al sole. "Parlavano della nuova nascita,

dell'opera di Dio nei cuori. Erano molto al di sopra della mia portata".

In gioventù fu membro dell'esercito parlamentare per un anno. La morte del suo

compagno vicino a lui approfondì la sua tendenza a pensieri seri, e ci furono momenti in

cui sembrava quasi impazzito nel suo zelo e nella sua penitenza. A un certo punto ebbe la

certezza di aver commesso il peccato imperdonabile contro lo Spirito Santo. Quando era

ancora giovane, sposò una brava donna che gli comprò una biblioteca di libri pii che egli

lesse con assiduità, confermando così la sua serietà e aumentando il suo amore per le

controversie religiose.

La sua coscienza fu ulteriormente risvegliata dalla persecuzione del corpo religioso

dei battisti a cui si era unito. Prima dei trent'anni era diventato un importante predicatore

battista.

Poi arrivò il suo turno di persecuzione. Fu arrestato per aver predicato senza licenza.

"Prima di presentarmi alla giustizia, implorai Dio che fosse fatta la Sua volontà, perché

non mancavo di sperare che la mia detenzione potesse essere un risveglio per i santi del

Paese. Solo a questo proposito affidai la cosa a Dio. E in verità al mio ritorno incontrai

dolcemente il mio Dio nella prigione".

Le sue difficoltà erano reali, a causa delle miserevoli condizioni delle prigioni di quei

tempi. A questa prigionia si aggiunse il dolore personale per la separazione dalla giovane

e seconda moglie e dai quattro figli piccoli, in particolare dalla figlioletta cieca. Durante la

sua permanenza in carcere fu confortato dai due libri che aveva portato con sé, la Bibbia e

il "Libro dei martiri" di Fox.

Anche se durante questa lunga prigionia scrisse alcuni dei suoi primi libri, fu solo nel

secondo e più breve, tre anni dopo il primo, che compose l'immortale "Progresso del

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Il Libro dei Martiri di Foxe

pellegrino", pubblicato tre anni dopo. In un primo scritto aveva pensato brevemente alla

somiglianza tra la vita umana e il pellegrinaggio, e ora elaborò questo tema in modo

affascinante, utilizzando lo scenario rurale dell'Inghilterra per il suo sfondo, la splendida

città di Londra per la sua Fiera della Vanità, e i santi e i cattivi di sua conoscenza personale

per i personaggi finemente disegnati della sua allegoria.

Il "Progresso del pellegrino" è davvero la prova delle esperienze spirituali di Bunyan.

Egli stesso era stato "l'uomo vestito di stracci, con la faccia dalla sua casa, un libro in mano

e un grande fardello sulla schiena". Dopo aver capito che Cristo era la sua giustizia e che

questa non dipendeva dalla "buona struttura del suo cuore" - o, come dovremmo dire, dai

suoi sentimenti - "ora le catene mi sono davvero cadute dalle gambe". Il suo era stato un

castello di dubbi e una palude di sconforto, con tanto di valle dell'umiliazione e ombra della

morte. Ma, soprattutto, è un libro di vittoria. Una volta, mentre usciva dalle porte del

tribunale in cui era stato sconfitto, scrisse: "Mentre uscivo dalle porte, ho sopportato a

lungo di dire loro che portavo con me la pace di Dio". Nella sua visione c'era sempre la

Città Celeste, con tutte le sue campane che suonavano. Aveva combattuto costantemente

contro Apollo, spesso ferito, svergognato e caduto, ma alla fine "più che vincitore per

mezzo di Colui che ci ha amati".

All'inizio il suo libro fu accolto con molte critiche dai suoi amici puritani, che vi

vedevano solo un'aggiunta alla letteratura mondana del suo tempo, ma allora non c'era

molto da leggere per i puritani e non passò molto tempo prima che venisse devotamente

accostato alle loro Bibbie e consultato con gioia e con profitto. Forse due secoli dopo, i

critici letterari cominciarono a rendersi conto che questa storia, così piena di realtà e di

interesse umano e così meravigliosamente modellata sull'inglese della traduzione di Re

Giacomo della Bibbia, è una delle glorie della letteratura inglese. Negli ultimi anni scrisse

diverse altre allegorie, di una delle quali, "La guerra santa", è stato detto che "se il

"Pilgrim's Progress" non fosse mai stato scritto, sarebbe considerato la più bella allegoria

in lingua".

Negli ultimi anni della sua vita, Bunyan rimase a Bedford come venerato pastore e

predicatore locale. Fu anche uno degli oratori preferiti nei pulpiti non conformisti di Londra.

Divenne un leader e un insegnante così nazionale da essere spesso chiamato "vescovo

Bunyan".

Nella sua vita personale, disponibile e altruista, era un apostolo. La sua ultima malattia

fu dovuta all'esposizione durante un viaggio in cui stava cercando di riconciliare un padre

con il figlio. La sua fine avvenne il 3 agosto 1688. Fu sepolto a Bunhill Fields, un cortile

della chiesa di Londra.

Non c'è dubbio che il "Progresso del pellegrino" sia stato più utile di qualsiasi altro

libro, tranne la Bibbia. È stato tempestivo, perché mentre lui scriveva stavano ancora

343


Il Libro dei Martiri di Foxe

bruciando martiri a Vanity Fair. È duraturo, perché se da un lato racconta poco della vita

cristiana in famiglia e in comunità, dall'altro interpreta quella vita, nella misura in cui è

espressione dell'anima solitaria, con un linguaggio familiare. Bunyan "ha mostrato come

costruire un trono principesco su un'umile verità". È stato il suo Grande Cuore, guida

impavida per i pellegrini, per molti.

344


Il Libro dei Martiri di Foxe

Capitolo XXI - Un Resoconto della Vita di Giovanni

Wesley

Giovanni Wesley nacque il 17 giugno 1703 nella canonica di Epworth, in Inghilterra,

quindicesimo di diciannove figli di Carlo e Suzanna Wesley. Il padre di Wesley era un

predicatore e la madre di Wesley era una donna notevole per saggezza e intelligenza. Era

una donna di profonda pietà e portava i suoi piccoli a stretto contatto con le storie della

Bibbia, raccontandole dalle mattonelle del camino dell'asilo. Era anche solita vestire i

bambini con i loro abiti migliori nei giorni in cui avevano il privilegio di imparare l'alfabeto

come introduzione alla lettura Edelle Sacre Scritture.

Il giovane Wesley era un ragazzo allegro e virile, amante dei giochi e in particolare

del ballo. A Oxford era un leader e, durante l'ultima parte del suo corso, fu uno dei fondatori

dell' "Holy Club" [Club Sacro], un'organizzazione di studenti dalla mentalità seria. La sua

natura religiosa si approfondì attraverso lo studio e l'esperienza, ma fu solo alcuni anni

dopo aver lasciato l'università e aver subito l'influenza degli scritti di Lutero che sentì di

essere entrato nella piena ricchezza del Vangelo.

Lui e suo fratello Carlo furono inviati dalla Società per la Propagazione del Vangelo

in Georgia, dove entrambi svilupparono le loro capacità di predicatori.

Durante il viaggio si trovarono in compagnia di alcuni fratelli moravi, membri

dell'associazione recentemente rinnovata dalle fatiche del conte Zinzendorf. Giovanni

Wesley annotò nel suo diario che, durante una grande tempesta, quando gli inglesi a bordo

persero ogni autocontrollo, questi tedeschi lo impressionarono per la loro compostezza e

l'intera rassegnazione a Dio. Egli notò anche la loro umiltà sotto un trattamento vergognoso.

Fu al suo ritorno in Inghilterra che fece quelle esperienze più profonde e sviluppò quei

meravigliosi poteri di predicatore popolare che lo resero un leader nazionale. In questo

periodo fu associato anche a Giorgio Whitefield, la cui tradizione di meravigliosa

eloquenza non si è mai spenta.

Ciò che ha realizzato rasenta l'incredibile. Al compimento dell'ottantacinquesimo

anno di età, ringraziò Dio di essere ancora quasi vigoroso come sempre. Lo attribuì, sotto

l'egida di Dio, al fatto che aveva sempre dormito profondamente, si era alzato per

sessant'anni alle quattro del mattino e per cinquant'anni aveva predicato ogni mattina alle

cinque. Raramente in tutta la sua vita ha provato dolore, preoccupazione o ansia. Predicava

due volte al giorno, e spesso tre o quattro volte. È stato calcolato che ogni anno percorreva

quarantacinque cento miglia inglesi, per lo più a cavallo.

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Il Libro dei Martiri di Foxe

I successi ottenuti dalla predicazione metodista dovettero passare attraverso una lunga

serie di anni e tra le più aspre persecuzioni. In quasi tutte le parti dell'Inghilterra, all'inizio,

la folla la perseguitava con lapidazioni e pestaggi, con tentativi di ferimento e di uccisione.

Solo a volte ci fu un'interferenza da parte del potere civile. I due Wesley affrontarono tutti

questi pericoli con un coraggio sorprendente e con una calma altrettanto sorprendente. Ciò

che era più irritante era il cumulo di calunnie e abusi da parte degli scrittori dell'epoca.

Questi libri sono ormai dimenticati.

Wesley era stato in gioventù un ecclesiastico di alto livello ed era sempre stato

profondamente devoto alla Comunione stabilita. Quando si rese necessario ordinare dei

predicatori, la separazione dei suoi seguaci dal corpo stabilito divenne inevitabile. Il nome

"metodista" si legò presto a loro, a causa del particolare potere organizzativo del loro leader

e dei metodi ingegnosi da lui applicati.

Il sodalizio di Wesley, che dopo la sua morte si sviluppò nella grande Chiesa metodista,

era caratterizzato da una perfezione organizzativa quasi militare. L'intera gestione della sua

denominazione, in continua crescita, era affidata a Wesley stesso. La conferenza annuale,

istituita nel 1744, acquisì un potere di governo solo dopo la morte di Wesley. Carlo Wesley

rese alla società un servizio incalcolabilmente grande con i suoi inni. Essi introdussero una

nuova era nell'innografia della Chiesa inglese. Giovanni Wesley dedicava le sue giornate

al lavoro di guida della Chiesa, allo studio (era un lettore incessante), ai viaggi e alla

predicazione.

Wesley fu instancabile nei suoi sforzi per diffondere conoscenze utili in tutta la sua

denominazione. Pianificò la cultura mentale dei suoi predicatori itineranti e degli esortatori

locali, e le scuole di istruzione per i futuri insegnanti della Chiesa. Egli stesso preparò libri

ad uso popolare sulla storia universale, sulla storia della Chiesa e sulla storia naturale. In

questo Wesley fu un apostolo della moderna unione della cultura mentale con la vita

cristiana. Pubblicò anche i sermoni più maturi e varie opere teologiche. Queste, sia per la

profondità e la penetrazione del pensiero, sia per la purezza e la precisione dello stile,

suscitano la nostra ammirazione.

Giovanni Wesley era di statura ordinaria, ma di nobile presenza. I suoi lineamenti

erano molto belli anche in età avanzata. Aveva una fronte aperta, un naso d'aquila, un

occhio chiaro e una carnagione fresca. Le sue maniere erano raffinate e in compagnia di

persone cristiane amava rilassarsi. L'amore perseverante e laborioso per le anime degli

uomini, la fermezza e la tranquillità di spirito erano i suoi tratti caratteriali più evidenti.

Anche nelle controversie dottrinali mostrava la massima calma. Era gentile e molto liberale.

La sua industria è già stata menzionata. Si stima che negli ultimi cinquantadue anni della

sua vita abbia predicato più di quarantamila sermoni.

346


Il Libro dei Martiri di Foxe

Wesley portò i peccatori al pentimento in tre regni e in due emisferi. Fu vescovo di

una diocesi che né la Chiesa orientale né quella occidentale avevano mai visto prima. Che

cosa c'è nel cerchio dell'impegno cristiano - missioni all'estero, missioni a domicilio,

opuscoli e letteratura cristiana, predicazione sul campo, predicazione nei circuiti, letture

della Bibbia o altro - che non sia stato tentato da Giovanni Wesley, che non sia stato

afferrato dalla sua mente potente grazie all'aiuto della sua Guida divina?

A lui fu concesso di risvegliare la Chiesa inglese, che aveva perso di vista Cristo

Redentore, a una rinnovata vita cristiana. Predicando la giustificazione e il rinnovamento

dell'anima attraverso la fede in Cristo, sollevò molte migliaia di persone delle classi più

umili del popolo inglese dall'eccessiva ignoranza e dalle cattive abitudini, rendendole

cristiani seri e fedeli. Il suo instancabile impegno si fece sentire non solo in Inghilterra, ma

anche in America e nell'Europa continentale. Non solo i germi di quasi tutto lo zelo

esistente in Inghilterra per la verità e la vita cristiana sono dovuti al metodismo, ma l'attività

suscitata in altre parti dell'Europa protestante deve essere ricondotta, almeno

indirettamente, a Wesley.

Morì nel 1791 dopo una lunga vita di lavoro instancabile e di servizio disinteressato.

Il suo spirito fervente e la sua cordiale fratellanza sopravvivono ancora nel corpo che porta

il suo nome.

347


Il Libro dei Martiri di Foxe

Capitolo XXII - La Rivoluzione Francese del 1789 e le Sue

Persecuzioni

Il disegno di coloro che furono gli agenti primari nell'originare le cause della

Rivoluzione francese era la cancellazione della religione cristiana. Voltaire, il leader di

questa crociata contro la religione,[490] si vantava che "con una sola mano avrebbe

abbattuto ciò che dodici apostoli avevano costruito". Il motto sul sigillo delle sue lettere

era: "Schiaccia il miserabile", con riferimento a Gesù Cristo e al sistema religioso da lui

promulgato. Per raggiungere il suo scopo, Voltaire scrisse e pubblicò una grande varietà di

scritti atei, contenenti i sentimenti più malvagi e gli attacchi più blasfemi contro la religione

della Bibbia. Innumerevoli copie di questi trattati furono stampate e generosamente diffuse

in Francia e in altri Paesi. Poiché le riviste erano adatte alle capacità di tutte le classi di

persone, erano molto ricercate e lette con avidità.

Le dottrine sovvertivano ogni principio di moralità e religione. Una abbatteva

completamente le distinzioni eterne tra virtù e vizio. Il matrimonio era ridicolizzato -

l'obbedienza ai genitori era trattata come la più abietta schiavitù - la subordinazione al

governo civile, il più odioso dispotismo - e il riconoscimento di un Dio, il più alto grado di

follia e assurdità. Profondamente intrisa di questi sentimenti, durante la Rivoluzione

francese del 1789, la mente popolare in Francia era ben preparata a tutte le atrocità che

seguirono. La coscienza pubblica era diventata così perversa che si consideravano con

indifferenza le scene di tradimento, crudeltà e spargimento di sangue, che a volte

suscitavano negli spettatori gli applausi più sfrenati. Il carattere francese era cambiato a tal

punto dalla propagazione di opinioni infedeli e atee, "da essere una delle nazioni più

spensierate e dal temperamento più gentile", dice Scott. "Dall'inizio della rivoluzione, i

francesi sembravano animati non solo dal coraggio, ma dalla furia rabbiosa delle bestie

selvagge".

Quando la Bastiglia fu presa d'assalto, "Fouton e Berthier, due individui considerati

nemici del popolo, furono messi a morte, con circostanze di crudeltà e di insulto

appropriate solo al rogo mortale di un accampamento indiano; e a imitazione di veri e

propri cannibali. Erano uomini, o meglio mostri, che non solo strappavano le membra delle

loro vittime, ma ne consumavano anche il cuore e ne bevevano il sangue".

Croly, nella sua nuova interpretazione dell'Apocalisse, sostiene il seguente linguaggio.

La causa principale della Rivoluzione francese fu l'esilio del protestantesimo. La sua

decenza dei modi aveva ampiamente limitato la licenza degli ordini superiori; la sua

erudizione aveva costretto gli ecclesiastici romani a fatiche simili; e mentre il

cristianesimo poteva fare appello a una tale chiesa in Francia, il progresso degli

scrittori infedeli era limitato dalla viva evidenza della purezza, della pace e della saggezza

348


Il Libro dei Martiri di Foxe

del Vangelo. Non è nemmeno senza la sanzione delle Scritture e della storia concepire che

la presenza di un tale corpo di servitori di Dio fosse una protezione divina per il loro paese.

Ma alla caduta della Chiesa seguì il cambiamento più palpabile, immediato e

minaccioso. I grandi nomi del sacerdozio romano, l'energica letteratura di Bossnett, la

maestosa oratoria di Massillon,[491] l'eleganza patetica e classica di Fenelon, il più mite

degli entusiasti; un calibro di uomini che sovrastava il genio del loro Paese e della loro

religione, perirono senza un successore. All'inizio del XVIII secolo, l'uomo più dissoluto

di Francia era un prete cattolico, il cardinale Dubois, e primo ministro del principe più

dissoluto d'Europa, il reggente Orleans. Il Paese era in preda ad aspre dispute personali tra

gesuiti e giansenisti, in lotta fino alla persecuzione reciproca su punti di conflitto al di là o

al di sotto dell'intelletto umano. Una terza parte stava in disparte, invisibile, stimolando

occasionalmente gli uni e gli altri, ma disprezzando ugualmente entrambi, un potenziale

demonio che sogghignava per il cieco zelo e la miserabile rabbia che facevano la sua

insospettabile volontà: Roma, che si vanta della sua libertà dallo scisma, dovrebbe

cancellare il XVIII secolo dalla sua pagina.

La mente francese, sottile e satirica, che si dilettava a convertire in ridicolo anche le

questioni più serie, fu incantata dal vero burlesco di quelle dispute, dalla virulenza infantile,

dalle pretese stravaganti e dalle imposture ancora più stravaganti fabbricate per sostenere

la supremazia rivale nell'assurdità. Le visioni delle monache e dei frati mezzi matti, i

Convulsionari, i miracoli sulla tomba dell'Abate Paris, sono violazioni del senso comune

dell'uomo, difficilmente concepibili da noi se non fossero state rinnovate sotto i nostri occhi

dal sistema papale. Tutta la Francia scoppiava in una risata.

Nel mezzo di questa tempesta di disprezzo, sorse un uomo straordinario, per guidarla

e approfondirla fino alla pubblica rovina, Voltaire; un dissoluto personale, in possesso di

una vasta gamma di quella conoscenza superficiale che dà importanza alla follia. Cercava

freneticamente la popolarità, che sollecitava a tutti i costi, ed era sufficientemente ricco da

sollevarlo dalla necessità di qualsiasi lavoro che non fosse quello della rovina nazionale.

Non aveva che un rango inferiore e difficile da raggiungere in tutti gli esercizi più virili

della mente, nella scienza, nella poesia e nella filosofia; era il principe dei disprezzatori.

La piacevolezza splenetica che stimola i gusti stanchi dell'alta società; la mancanza di

cultura che, seminascosta, affascina gli sciolti, senza offendere il loro debole decoro; e la

facile brillantezza che getta i colori che vuole sui tratti più oscuri del suo scopo - queste

caratteristiche fecero di Voltaire il vero genio di Francia. Ma sotto questa superficie liscia

e scintillante, che rifletteva come il ghiaccio tutte le luci che vi si proiettavano, si

nascondeva un'oscura e insondabile profondità di malignità. Odiava il governo, odiava la

morale, odiava l'uomo, odiava la religione. A volte esplodeva in esclamazioni di rabbia e

di folle furore contro tutto ciò che era onorato, migliore e più sacro. La sua voce non

sembrava tanto un labbro umano quanto l'eco dell'ultimo luogo di agonia e disperazione.

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Seguì una tribù degna della sua successione, magnifica, ambiziosa e maligna; ognuno

con qualche vivido contributo letterario, qualche opera potente e popolare, una nuova

combustione dispotica in quella potente miniera su cui si ergeva con sottile e fatale

sicurezza il trono di Francia. Rousseau, il più appassionato di tutti i romanzieri, il grande

corruttore della mente femminile. Buffon, un alto e splendido speculatore, che abbagliò

tutta la moltitudine dei filosofi minori e fissò il credo del materialismo. Moutesquieu,

eminente per conoscenza e sagacia, che nel suo "Lo spirito delle leggi" disprezzava tutte le

istituzioni del suo Paese e nelle sue "Lettere persiane" colpiva con lo stesso vigore la sua

morale. D'Alembert, il primo matematico del suo tempo, scrittore eloquente, allievo

dichiarato di Voltaire e, grazie al suo incarico di segretario dell'Accademia francese, dotato

di tutti i mezzi per propagare le opinioni del suo maestro. E Diderot, l'ideatore e il direttore

dell'Enciclopedia, un'opera che giustamente suscitava l'ammirazione dell'Europa per la

novità e la magnificenza del suo progetto e per l'ampiezza e la solidità delle sue conoscenze,

ma che nei suoi principi era assolutamente malvagia: un condensato di tutti i tradimenti

della scuola dell'anarchia, la lex scripta della Rivoluzione.

Tutti quegli uomini erano apertamente infedeli; e i loro attacchi alla religione, così

come la vedevano davanti a loro, fecero insorgere la Chiesa gallicana. Ma la guerra fu

totalmente impari. Il sacerdozio era armato con le armi antiquate e ingombranti di vecchie

controversie, tradizioni dimenticate e leggende esaurite. Avrebbero potuto conquistarli

solo con la Bibbia; li hanno combattuti solo con il breviario. Le storie dei santi e le

meraviglie delle immagini costituivano un nuovo alimento per il disprezzo più schiacciante.

La stessa Bibbia, che il sistema papale si è sempre sforzato di chiudere, entrò nella contesa;

fu impiegata senza resistenza contro il sacerdozio. Si chiedeva loro con disprezzo in quale

parte del sacro volume avessero trovato il culto della Vergine, dei Santi o dell'Ostia?

Dov'era il privilegio che conferiva la santità per mano del papa? Dov'era la proibizione

dell'uso generale delle Scritture da parte di ogni uomo che avesse un'anima da salvare?

Dov'era la rivelazione di quel purgatorio da cui un monaco e una messa potevano estrarre

un peccatore? Dov'era il comando di imprigionare, torturare e uccidere gli uomini per le

loro divergenze di opinione con un prete italiano e il collegio cardinalizio?

A queste domande formidabili i chierici risposero con frammenti dei padri, arringhe

rabbiose e altre leggende di miracoli. Cercarono di sollecitare i nobili e la corte a una

crociata. Ma i nobili erano già tra i più zelanti, anche se segreti, convertiti all'Enciclopedia;

e lo spirito gentile del monarca non poteva essere spinto a una guerra civile.

La minaccia della forza non faceva che accendere il disprezzo per la vendetta. La

popolazione di Parigi, come tutte le folle, licenziosa, irrequieta e volubile, ma soprattutto

interessata alle questioni pubbliche, non era stata trascurata dai profondi inventori della

rivoluzione, che vedevano nella disputa della penna l'equivalente della crescente battaglia

della spada. La Fronde non era lontana dalla mente dei rivoluzionari; le giornate di barriera

350


Il Libro dei Martiri di Foxe

di Parigi; il consiglio comunale che nel 1648 aveva mosso guerra al governo; l'esercito

della folla che aveva combattuto e terrorizzato quel governo fino a farlo cedere; erano i

forti ricordi su cui gli anarchici del 1793 fondavano la loro seduzione. Il ridicolo perpetuo

della fede nazionale era stato ravvivato tra di loro. La popolazione delle province, la cui

religione era nel rosario, fu preparata alla ribellione con mezzi analoghi e iniziò la terribile

e fatale visita della Francia.[493]

Dopo aver vissuto molte scene dalla cui rievocazione la mente si allontana con

disgusto e disgusto, iniziò il Regno del Terrore. Prima di questo evento, tuttavia, a Parigi

c'erano stati terribili tumulti e disordini. Le Guardie Svizzere erano state fatte a pezzi; il re

e la sua famiglia reale erano stati imprigionati. I sacerdoti erano quasi tutti morti o banditi

dalla Francia. L'assemblea nazionale era divisa in fazioni disperate, che spesso rivolgevano

le armi l'una contro l'altra. Quando un partito trionfava, seguiva la proscrizione, la

ghigliottina veniva requisita e il sangue scorreva a torrenti. Prevaleva anche l'irreligione

più grossolana. I capi della folla atea tendevano le braccia al cielo e sfidavano un Dio, se

esisteva, a rivendicare la sua insultata maestà e a schiacciarli con le sue saette. All'ingresso

dei loro cimiteri era posta l'iscrizione: "La morte è un sonno eterno". Gli uomini che

osavano pensare in modo diverso dalla fazione dominante venivano immediatamente

giustiziati, spesso deridendo tutte le forme di giustizia. La più feroce delle fazioni

sanguinarie fu quella dei giacobini, così chiamati dal loro luogo di riunione. I capi di questo

partito erano Danton, Robespierre e Marat. Sono così descritti da Scott nella sua vita di

Napoleone.

Tre uomini di terrore, il cui nome resterà a lungo ineguagliato nella storia da quello di

altri simili malfattori. Questi uomini avevano ormai la guida impareggiabile dei giacobini

e furono chiamati il Triumvirato.

Danton merita di essere nominato per primo, perché non ha rivali tra i suoi colleghi

per talento e audacia. Era un uomo di dimensioni gigantesche e possedeva una voce di

tuono. Il suo aspetto era simile a quello di un orco, con le spalle di un Ercole. Amava i

piaceri del vizio come la pratica della crudeltà. Si dice che ci fossero momenti in cui si

umanizzava in mezzo alla sua dissolutezza, rideva del terrore che le sue furiose

declamazioni suscitavano, e ci si poteva avvicinare con sicurezza come al Maelstrom

quando si alza la marea. La sua stravaganza fu assecondata fino a un punto pericoloso per

la sua popolarità, perché il popolo è geloso di una spesa eccessiva e della promozione di

uomini favoriti a posizioni troppo superiori al loro grado. E sono sempre pronti a credere

alle accuse di peculato, soprattutto se rivolte a personaggi pubblici.

Robespierre aveva questo vantaggio rispetto a Danton: non sembrava cercare la

ricchezza, né per accumulare né per spendere, ma viveva in un ritiro rigoroso ed economico,

per giustificare il nome di Incorruttibile, di cui era onorato dai suoi partigiani. Sembra che

possedesse poco talento, salvo un profondo fondo di ipocrisia, una notevole capacità di

351


Il Libro dei Martiri di Foxe

sofisma e un'oratoria fredda ed esagerata, tanto estranea al buon gusto quanto le misure che

raccomandava erano estranee all'umanità comune. Sembrava meraviglioso che persino il

ribollire del calderone rivoluzionario avesse fatto emergere dal fondo, e sostenuto a lungo

in superficie, una cosa così miseramente priva di pretese di distinzione pubblica. Ma

Robespierre doveva imporsi alle menti del volgo, e sapeva come abbindolarle, adattando

le sue lusinghe alle loro passioni e alle loro capacità di comprensione, e con atti di astuzia

e ipocrisia. Purtroppo queste qualità pesano sulla moltitudine[494] più delle parole

dell'eloquenza o degli argomenti della saggezza. Il popolo ascoltava come il suo Cicerone,

quando egli suonava le sue apostrofi di "Pauvre Peuple, Peuple verteueux!" e si affrettava

ad eseguire qualsiasi cosa venisse raccomandata da frasi così mielose, anche se escogitate

dal peggiore degli uomini per il peggiore e più disumano degli scopi.

La vanità era la passione dominante di Robespierre che, sebbene il suo volto fosse

l'immagine della sua mente, era vanitoso anche del suo aspetto personale e non adottò mai

le abitudini esteriori di un repubblicano francese durante l'epoca della Rivoluzione. Tra i

suoi compagni giacobini, si distingueva per la meticolosità con cui si sistemava i capelli e

si incipriava, e per l'accurata pulizia del suo abbigliamento, che serviva a controbilanciare,

se possibile, la volgarità della sua persona. I suoi appartamenti, benché piccoli, erano

eleganti e la vanità li aveva riempiti di rappresentazioni dell'occupante. Il quadro di

Robespierre era appeso in un posto, la sua miniatura in un altro, il suo busto occupava una

nicchia e sul tavolo erano disposti alcuni medaglioni che mostravano la sua testa di profilo.

L'ambiente domestico è indice di una vanità che è la più fredda ed egoista, poiché è uno

che considera la negligenza come un insulto e riceve l'omaggio solo come un tributo; così

che, mentre riceve lodi senza gratitudine, le rifiuta a rischio di odio mortale.

L'amor proprio di questo carattere pericoloso è strettamente legato all'invidia.

Robespierre era uno degli uomini più invidiosi e vendicativi che siano mai esistiti. Non

perdonava mai un'opposizione, un affronto o persino una rivalità; ed essere segnalato nelle

sue tavole per questo motivo era una condanna a morte sicura, anche se forse non

immediata. Danton era un eroe, se paragonato a questo freddo, calcolatore, viscido

malfattore; perché le sue passioni, sebbene esagerate, avevano almeno un tocco di umanità.

La sua brutale ferocia era sostenuta da un brutale coraggio. Robespierre era invece un

vigliacco, che firmava mandati di morte con una mano che tremava, anche se il suo cuore

era implacabile. Non possedeva passioni su cui far ricadere i suoi crimini; essi furono

perpetrati a sangue freddo e dopo una matura deliberazione.

Marat, il terzo di questo triumvirato infernale, aveva attirato l'attenzione degli ordini

inferiori, per la violenza dei suoi sentimenti nel giornale che condusse fin dall'inizio della

rivoluzione, su principi tali da prendere la guida nel portare avanti i suoi successivi

cambiamenti. Le sue esortazioni politiche iniziavano e terminavano come l'ululato di un

segugio per l'omicidio; o, se un lupo avesse potuto scrivere un diario, il miserabile e

352


Il Libro dei Martiri di Foxe

affamato non avrebbe potuto saccheggiare più avidamente per il massacro. Era il sangue la

costante richiesta di Marat, non in gocce dal petto di un individuo, non in miseri rivoli dal

massacro di famiglie, ma sangue a profusione come un oceano. Il calcolo abituale delle

teste che chiedeva ammontava a duecentosessantamila; e sebbene a volte lo alzasse fino a

trecentomila, non scendeva mai al di sotto di questa cifra minore. Si può sperare, e per

l'onore della natura umana siamo propensi a credere, che ci fosse un pizzico di follia in

questa innaturale ferocia. E i tratti selvaggi e squallidi del disgraziato sembrano indicare

un certo grado di alienazione mentale.[495]

Marat era, come Robespierre, un codardo. Più volte denunciato in Assemblea, invece

di difendersi si rintanava e si nascondeva in qualche oscura soffitta o cantina, tra i suoi

tagliagole, fino all'arrivo di una tempesta, quando, come un uccello di malaugurio, si

sentiva di nuovo il suo ululato di morte. Questo era lo strano e fatale triumvirato, in cui lo

stesso grado di crudeltà cannibale esisteva sotto aspetti diversi. Danton uccideva per

sfogare la sua rabbia; Robespierre per vendicare la sua vanità ferita o per eliminare un

rivale che invidiava! Marat, per lo stesso istintivo amore per il sangue che induce un lupo

a continuare a devastare le greggi anche dopo aver placato la sua fame.

Questi mostri governarono la Francia per un certo periodo con il più dispotico dei

poteri. Furono promulgate le leggi più sanguinarie e fu mantenuto il più vigile sistema di

polizia. Furono impiegate spie e informatori e ogni mormorio e ogni espressione

sfavorevole ai poteri dominanti fu seguita dalla sentenza di morte e dalla sua immediata

esecuzione.

Gli uomini", dice Scott, "leggono Livio per scoprire quale grado di criminalità privata

può essere commesso sotto la maschera della pubblica virtù. L'azione del giovane Bruto

serviva a chiunque come scusa per tradire alla rovina e alla morte un amico o un protettore,

il cui patriottismo poteva non avere lo stesso fervore adatto all'epoca. Sotto l'esempio

dell'anziano Bruto, i più stretti rapporti di sangue furono ripetutamente ceduti e piegati di

fronte alla ferocia dello zelo di partito, uno zelo troppo spesso assunto per gli scopi più

infami ed egoistici. Come alcuni fanatici di un tempo studiavano l'Antico Testamento per

trovare esempi di misfatti che giustificassero quelli che essi stessi erano tentati di

commettere, allo stesso modo i repubblicani di Francia [intendiamo i bigotti disperati e

oltraggiosi della rivoluzione] leggevano la storia per giustificare, con esempi classici, i loro

crimini pubblici e privati.

Gli informatori, questi flagelli dello Stato, erano incoraggiati in una misura che non si

conosceva nell'antica Roma al tempo degli imperatori, sebbene Tacito abbia scagliato i

suoi tuoni contro di loro, come veleno e parassita del suo tempo. L'obbligo di depositare

tali informazioni era spudoratamente considerato indispensabile. Essendo la sicurezza della

Repubblica il compito supremo di ogni cittadino, egli non doveva esitare a denunciare,

come si diceva, chiunque o in qualunque modo fosse legato a lui, l'amico dei suoi consigli

353


Il Libro dei Martiri di Foxe

o la moglie del suo seno, purché avesse motivo di sospettare l'individuo devoto del crimine

di incivismo, un crimine tanto più misteriosamente terribile in quanto nessuno ne

conosceva esattamente la natura".

In questa sede daremo conto di alcune delle scene a cui la Francia fu soggetta durante

questo terribile periodo. Per rendere completo il trionfo, i capi dei giacobini decisero di

compiere un massacro generale di tutti gli amici dello sfortunato re Luigi e della

costituzione nel regno. A questo scopo, persone sospette di ogni grado furono messe sotto

custodia nelle prigioni e nei sotterranei e il 2 settembre 1792 iniziò l'opera di morte.[496]

Massacro di Prigionieri.

Il numero di individui accumulati nelle varie prigioni di Parigi era salito, con gli arresti

e le visite domiciliari successivi al 10 agosto, a circa ottomila persone. L'obiettivo di questo

piano infernale era quello di distruggere la maggior parte di questi prigionieri con un

sistema generale di omicidio, da non eseguire con l'impulso improvviso e furioso di una

moltitudine armata, ma con un certo grado di sangue freddo e di indagine deliberata. Una

forza di banditi armati, in parte marselliani e in parte scelti dai Fauxbourg, si diresse verso

le varie prigioni, nelle quali entrò con la forza o fu ammessa dai carcerieri, la maggior parte

dei quali era stata informata di ciò che stava per accadere, anche se alcuni di questi

funzionari accaniti si adoperarono per salvare i loro sottoposti. Tra gli stessi sgherri armati

si formò un tribunale rivoluzionario che esaminò i registri della prigione e convocò i

prigionieri individualmente per sottoporli a un processo. Se i giudici, come quasi sempre

accadeva, si pronunciavano per la morte, la loro condanna, per evitare gli sforzi selvaggi

di uomini disperati, era espressa con le parole: "Date al prigioniero la libertà.

La vittima veniva poi spinta in strada o in cortile; veniva spedita da uomini e donne

che, con le maniche rimboccate, le braccia sporche di sangue fino al gomito, le mani che

impugnavano asce, picche e sciabole, erano gli esecutori della sentenza. Il modo in cui

svolgevano il loro lavoro sui vivi e sui corpi maciullati dei morti dimostrava che

occupavano questa posizione tanto per piacere quanto per amore del denaro. Si

scambiavano spesso di posto; i giudici facevano il lavoro dei boia, i boia, con le mani

puzzolenti, a volte si sedevano a loro volta come giudici. A presiedere queste brevi e

sanguinose inchieste era Maillard, uno sgherro che si sarebbe distinto all'assedio della

Bastiglia, ma più noto per le sue imprese durante la marcia verso Versailles. I suoi

compagni erano persone dello stesso calibro. Tuttavia, in alcune occasioni mostrarono

qualche passeggero barlume di umanità. È importante sottolineare che l'audacia ebbe su di

loro più influenza di qualsiasi appello alla pietà o alla compassione.

A volte un realista dichiarato veniva allontanato illeso, mentre i costituzionalisti

venivano certamente massacrati. Un'altra caratteristica di natura singolare è che due degli

sgherri incaricati di custodire una di queste vittime designate a tornare a casa in sicurezza,

354


Il Libro dei Martiri di Foxe

come se fossero stati assolti, hanno insistito per vederlo incontrare la sua famiglia.

Sembravano partecipare al trasporto del momento e, al momento di congedarsi, hanno

stretto la mano del loro defunto prigioniero, mentre la loro era sporca delle tracce dei suoi

amici e si era appena alzata per versare la sua. Pochi e brevi furono questi sintomi di

cedimento. In generale, il destino del prigioniero era la morte, e questo destino si compì

all'istante.

Nel frattempo, i prigionieri erano rinchiusi nelle loro prigioni, come bestiame in una

stalla scalcinata. In molti casi potevano osservare dalle finestre e assistere alla sorte dei

loro compagni, sentire[497] le loro grida e vedere le loro lotte. Imparavano da quella scena

orribile come affrontare al meglio il proprio destino. Osservarono, secondo San Meard che,

nella sua ben nota Agonia delle trentasei ore, ha riportato il resoconto di questa scena

spaventosa, che coloro che intercettavano i colpi dei carnefici alzando le mani, soffrivano

un tormento prolungato, mentre coloro che non davano segni di lotta venivano eliminati

più facilmente. Gli uni e gli altri si incoraggiavano a sottomettersi al loro destino nel modo

che meno avrebbe potuto prolungare le loro sofferenze.

Molte dame, soprattutto quelle appartenenti alla corte, furono così assassinate. La

principessa di Lamballe, il cui unico crimine sembra essere stato l'amicizia con la regina

Maria Antonietta, fu letteralmente fatta a pezzi e la sua testa decapitata, insieme a quella

di altre, fu fatta sfilare su picche per tutta la metropoli. Fu trasportata al tempio su

quell'arma maledetta, con i lineamenti ancora belli nella morte e i lunghi riccioli dei capelli

che fluttuavano intorno alla lancia. Gli assassini insistettero affinché il Re e la Regina

fossero costretti ad avvicinarsi alla finestra per vedere questo terribile trofeo. Gli ufficiali

municipali che sorvegliavano i prigionieri reali ebbero difficoltà non solo a salvarli da

questa orribile disumanità, ma anche a impedire che la loro prigione fosse forzata. Nastri

tricolori furono stesi lungo la strada. Questa fragile barriera era sufficiente per segnalare

che il Tempio era sotto la tutela della nazione. Non leggiamo che abbiano provato

l'efficacia dei nastri tricolori per proteggere gli altri prigionieri. Senza dubbio i boia

avevano le loro istruzioni su dove e quando dovevano essere rispettate.

Il clero, che aveva rifiutato il giuramento costituzionale per pii scrupoli, fu, durante il

massacro, oggetto di insulti e crudeltà. La loro condotta corrispondeva alle loro professioni

religiose e di coscienza. Si confessarono l'un l'altro, o ricevettero le confessioni dei loro

compagni laici nella disgrazia, incoraggiandoli a sopportare l'ora fatidica con la stessa

tranquillità che avrebbero avuto se non avessero dovuto condividerne l'amarezza. Come

protestanti, non possiamo approvare astrattamente le dottrine che rendono il clero stabilito

di un Paese dipendente dal sovrano pontefice, principe di uno Stato straniero. Ma questi

sacerdoti non hanno creato le leggi per cui hanno sofferto, le hanno solo obbedite. Come

uomini e cristiani, dobbiamo considerarli martiri, che hanno preferito la morte a ciò che

consideravano apostasia.

355


Il Libro dei Martiri di Foxe

Nei brevi intervalli di questa terribile carneficina, che durò quattro giorni, i giudici e

i boia mangiavano, bevevano e dormivano; e si svegliavano dal sonno, o si alzavano dal

pasto, con nuovo appetito per l'omicidio. C'erano posti separati per gli assassini maschi e

per le femmine, perché l'opera era stata incompleta senza l'intervento di queste ultime. Una

prigione dopo l'altra fu investita, entrò, e con la stessa forma nefasta di procedere. Le fecero

diventare teatro dello stesso massacro disumano. I giacobini contavano di rendere il

massacro universale in tutta la Francia. Come nel caso di San Bartolomeo, l'unico massacro

che può essere paragonato a questo in quanto ad atrocità, occorreva l'eccitazione di una

grande capitale, in una crisi violenta, per rendere possibili tali orrori.

La comunità di Parigi era colpevole di questo evento. Fecero di tutto per estendere la

sfera dell'omicidio. Il loro mandato trasportò da Orléans quasi sessanta persone, tra cui il

duca di Cosse-Brissac, De Lesart, il defunto ministro, e altri realisti di spicco, che

comparvero davanti all'Alta Corte di quel dipartimento. Una banda di assassini li intercettò,

su incarico della comunità, a Versailles e, unendosi alla loro scorta, uccise quasi tutti i

malcapitati.

Dal 2 al 6 settembre, questi crimini infernali procedettero ininterrottamente, protratti

dagli attori in nome della paga giornaliera di un luigi ciascuno, apertamente distribuita tra

loro, per ordine della Comune. Sia per il desiderio di continuare il più a lungo possibile un

lavoro così ben ripagato, sia perché questi esseri avevano acquisito un'insaziabile brama di

uccidere, quando si svuotarono le prigioni dei criminali di Stato, gli assassini attaccarono

la Bicetre, una prigione in cui erano confinati i delinquenti comuni. Questi sfortunati

disgraziati offrirono un grado di resistenza che costò agli assalitori più caro di quello che

avevano sperimentato con le loro vere vittime. Furono costretti a sparare su di loro con i

cannoni. In questo modo, molte centinaia di queste miserabili creature furono sterminate,

da disgraziati peggiori di loro.

Non è mai stato fatto un resoconto esatto del numero di persone uccise durante questo

terribile periodo; ma si sa che non più di due o trecento dei prigionieri arrestati per reati di

stato riuscirono a fuggire o a essere rilasciati, e il calcolo più moderato porta il numero dei

caduti a due o tremila, anche se alcuni lo portano al doppio. Truchod annunciò

all'Assemblea legislativa che erano morti in quattromila. Furono fatti alcuni sforzi per

salvare le vite dei prigionieri per debiti, il cui numero, insieme a quello dei criminali

comuni, potrebbe costituire il saldo tra il numero di uccisi e gli ottomila che erano

prigionieri all'inizio del massacro. I corpi furono inumati in cumuli, in immense trincee,

preparate in precedenza per ordine della comunità di Parigi. Ma da allora le loro ossa sono

state trasferite nelle catacombe sotterranee, che costituiscono l'ossario generale della città.

In queste regioni malinconiche, mentre altre reliquie della mortalità giacciono esposte

tutt'intorno, i resti di coloro che sono morti nei massacri di settembre sono isolati dagli

occhi. La volta in cui riposano è chiusa da una cortina di pietra, come se si trattasse di

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Il Libro dei Martiri di Foxe

crimini che non possono essere ricordati nemmeno nella vera e propria dimora della morte

e che la Francia nasconderebbe volentieri nell'oblio.

Dopo questo terribile massacro, i giacobini chiesero a gran voce la vita del re Luigi

XVI. Egli fu quindi processato dalla Convenzione e condannato alla decapitazione.[499]

Morte di Luigi XVI e di altri Membri della Famiglia Reale.

Il 21 gennaio 1793, il re Luigi XVI fu pubblicamente decapitato nel bel mezzo della

sua metropoli, nella Place Louis Quinze, eretta alla memoria di suo nonno. È possibile, per

l'occhio critico dello storico, scoprire molte debolezze nella condotta di questo infelice

monarca, che non aveva né la determinazione di lottare per i propri diritti, né la forza di

sottomettersi con apparente indifferenza a circostanze in cui la resistenza implicava un

pericolo. Si sottomise, infatti, ma senza buona grazia, tanto da farsi sospettare di codardia,

senza ottenere il merito di una concessione volontaria. Ma il suo comportamento in molte

occasioni impegnative lo scagiona efficacemente dall'accusa di timidezza. Dimostrano che

la sua riluttanza a versare sangue, per la quale si distingueva in modo particolare, derivava

dalla benevolenza, non dalla timidezza.

Sul patibolo si comportò con la fermezza di un animo nobile e la pazienza di chi si è

riconciliato con il cielo. Come uno dei pochi tratti di simpatia con cui le sue sofferenze

furono addolcite. Al monarca detronizzato fu concessa la presenza di un confessore, che

non aveva prestato il giuramento costituzionale. Colui che intraprese l'onorevole ma

pericoloso ufficio era un gentiluomo della famiglia Edgeworth di Edgeworthstown. Lo zelo

devoto con cui aveva svolto i suoi ultimi doveri nei confronti del re Luigi XVI, aveva

rischiato di rivelarsi fatale per lui stesso. Mentre lo strumento di morte scendeva, il

confessore pronunciò le impressionanti parole: "Figlio di San Luigi, sali al cielo!".

C'era un'ultima volontà del re Luigi XVI. Ho raccomandato a mio figlio, qualora

avesse la sfortuna di diventare re, di ricordare che tutte le sue facoltà sono dovute al servizio

del pubblico. Che egli deve cercare la felicità del suo popolo, governando secondo le leggi,

dimenticando tutte le ferite e le disgrazie, e in particolare quelle che io ho subito. Ma mentre

lo esorto a governare sotto l'autorità delle leggi, posso solo aggiungere che questo sarà in

suo potere solo nella misura in cui sarà dotato dell'autorità di far rispettare il diritto e punire

il torto; e che senza tale autorità, la sua posizione nel governo sarà più dannosa che

vantaggiosa per lo Stato.

Per non mescolare la sorte dell'illustre vittima della famiglia reale con la storia

generale dei sofferenti sotto il Regno del Terrore, è necessario menzionare la morte del

resto di quell'illustre casa reale, che chiuse per un certo periodo una monarchia che,

attraverso tre dinastie, aveva conferito sessantasei re alla Francia.

357


Il Libro dei Martiri di Foxe

Non si può pensare che la regina possa sopravvivere a lungo al marito. Era stata

l'oggetto principale della detestazione rivoluzionaria; anzi, molti erano disposti a dare la

colpa a Maria Antonietta, quasi esclusivamente, per quelle misure che consideravano

controrivoluzionarie.[500]

I punti di accusa sono così bassi e depravati da poter essere accennati in queste righe.

Ella non volle replicare, ma si appellò a tutti coloro che erano stati madri, contro la

possibilità stessa degli orrori che erano stati pronunciati contro di lei. Lei, vedova di un re,

sorella di un imperatore, fu condannata a morte, trascinata in un tumblr aperto fino al luogo

dell'esecuzione e decapitata il 16 ottobre 1793. Morì nel suo 39° anno di età.

La principessa Elisabetta, sorella di re Luigi, di cui si potrebbe dire, con le parole di

Lord Clarendon, che assomigliava a una cappella nel palazzo di un re. Un santuario in cui

non possono entrare altro che pietà e moralità, mentre prevale la presenza pervasiva del

peccato. L'ozio e la follia non sfuggirono, grazie al comportamento più innocuo e al

carattere inoffensivo, al miserabile destino in cui i giacobini avevano deciso di coinvolgere

l'intera famiglia di Luigi XVI. Una parte dell'accusa andò a discapito dell'onore del suo

personaggio. Fu accusata di aver permesso l'ingresso negli appartamenti delle Tuilleries ad

alcune guardie nazionali, della sezione delle Filles de Saint Thomas. Ordinò che si

curassero le ferite ricevute in un combattimento con i Marsellois, immediatamente prima

del 10 agosto. La principessa confessò il suo crimine ed era esattamente in accordo con

tutta la sua condotta. Un altro capo d'accusa riportava la ridicola accusa di aver distribuito

ai difensori del castello delle Tuilleries proiettili masticati da lei stessa e dai suoi attendenti,

per renderli più letali. Si trattava di una favola ridicola, di cui non esisteva alcuna prova.

Fu decapitata nel maggio 1794. Ricevette la condanna a morte nello stesso modo in cui

aveva trascorso la sua vita.

Siamo stanchi di raccontare queste atrocità, come altri devono esserlo di leggerle.

Eppure non è inutile che gli uomini vedano la profondità della degradazione della natura

umana; in contraddizione con ogni sentimento più sacro, con ogni appello, sia di giustizia

che di umanità. Abbiamo già descritto il Delfino come un promettente bambino di sette

anni, un'età in cui non si poteva commettere alcun reato e da cui non si poteva temere alcun

pericolo. Ciononostante, si decise di distruggere il bambino innocente, e per mezzo di ciò

gli omicidi ordinari sembrano atti di misericordia.

Il miserabile ragazzo fu affidato al più duro dei criminali della comunità parigina. Essi

conoscevano bene la posizione di tali agenti e lo scelsero dalla loro banda di giacobini.

Questo disgraziato, un calzolaio di nome Simon, chiese ai suoi datori di lavoro: "Che cosa

si doveva fare del giovane lupo?" "No?" "Avvelenato?" "No" "Morto di fame?" "No". "E

allora?" "Bisogna liberarsi di lui". Di conseguenza, con il protrarsi dei trattamenti più severi

- bastonate, freddo, veglie, digiuni e abusi di ogni genere - un fiore così fragile fu presto

distrutto. Morì l'8 giugno 1795.

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Dopo quest'ultimo orribile crimine, ci fu una distensione a favore della figlia e ora

unica figlia di questa casa condannata. La principessa reale, le cui qualità hanno onorato

persino la sua nascita e il suo sangue, sperimentò[501] da questo periodo una prigionia

attenuata. Infine, il 19 dicembre 1795, a quest'ultima reliquia rimasta della famiglia di Re

Luigi fu permesso di lasciare la sua prigione e il suo Paese, in cambio di La Fayette e di

altri che, a quella condizione, l'Austria aveva liberato dalla prigionia. In seguito, divenne

la moglie di suo cugino, il Duca d'Angouleme, figlio maggiore del monarca regnante di

Francia, e ottenne, per il modo in cui si comportò a Bourdeaux nel 1815, i più alti elogi per

la galanteria e lo spirito.

Scene Terribili in Vandea.

In Vandea, uno dei dipartimenti francesi, nel 1793 scoppiò un'insurrezione contro il

governo giacobino.

Circa duecento battaglie e scontri minori furono combattuti in questo paese devoto.

La febbre rivoluzionaria era al suo culmine. Lo spargimento di sangue sembrava un piacere

positivo per gli autori del massacro. Era variato da ogni invenzione che la crudeltà poteva

inventare per dargli nuovo vigore. Le abitazioni dei vandeani vennero distrutte, le loro

famiglie sottoposte a violazioni e massacri, il loro bestiame fu sgozzato e macellato, i loro

raccolti bruciati e sprecati. Una colonna repubblicana assunse e meritò il nome di Infernale,

per le orribili atrocità che commise. A Pilau, arrostirono le donne e i bambini in un forno

riscaldato. Si potrebbero raccontare altri orrori simili, se il cuore e la mano non si ritirassero

dal compito. Senza citare altri casi particolari di orrore, usiamo le parole di un testimone

oculare repubblicano per esprimere lo spettacolo generale presentato dal teatro del conflitto

pubblico.

"Non ho visto un solo essere di sesso maschile nelle città di St. Hermand, Chantonnay

o Herbiers. Solo poche donne erano sfuggite alla spada. Le case di campagna, i cottage, le

abitazioni di qualsiasi tipo erano state bruciate. Le mandrie e le greggi si aggiravano

terrorizzate intorno ai loro abituali luoghi di riparo, ora fumanti di rovine. Fui sorpreso di

notte, ma la fiamma vacillante e lugubre della conflagrazione faceva luce sul paese. Ai

belati delle greggi terrorizzate e ai muggiti del bestiame terrorizzato si aggiungevano le

note rauche e profonde dei corvi carogna e i guaiti degli animali selvatici che uscivano dai

recessi dei boschi per predare le carcasse degli uccisi. Alla fine una lontana colonna di

fuoco, che si allargava e aumentava man mano che mi avvicinavo, mi servì da faro. Era la

città di Mortagne in fiamme. Quando vi giunsi, non si vedeva alcun essere vivente, tranne

alcune miserabili donne che cercavano di salvare alcuni resti delle loro proprietà dalla

conflagrazione generale."-[Les Memoires d'un Ancien Administrateur des Armees

Republicaines].

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Scene a Marsiglia e Lione.

Marsiglia, Tolone e Lione si erano dichiarate contrarie alla supremazia giacobina.

Aggredite dal commercio e dalla situazione marittima,[502] e, nel caso di Lione, dal

comando della navigazione interna. I ricchi mercanti e i fabbricanti di quelle città

prevedevano la totale insicurezza della proprietà come conseguenza della loro stessa rovina,

nel sistema di spoliazioni e omicidi arbitrari su cui si fondava il governo dei giacobini. Ma

la proprietà, per la quale erano preoccupati, se la sua forza naturale fosse stata usata in

tempo, avrebbe potuto erigere la barriera più potente per resistere alla rivoluzione. Tuttavia,

dopo un certo periodo di ritardo, può diventare la sua vittima indifesa. Se i ricchi sono a

tempo debito liberali nei loro mezzi, hanno il potere di reclutare alla loro causa, e come

aderenti, coloro che appartengono agli ordini inferiori. Ma i ricchi sono egoisti; quindi,

quando le classi più povere vedono i loro superiori avviliti e disperati, sarebbero tentati di

considerarli come oggetti di saccheggio. Ma questi atti di compassione devono essere fatti

per tempo, altrimenti coloro che potrebbero essere i più attivi difensori della proprietà,

cospireranno con coloro che sono pronti a saccheggiarla.

Marsiglia dimostrò allo stesso tempo la sua buona volontà e la sua impotenza di risorse.

I massimi sforzi di quella ricca città, la cui banda rivoluzionaria aveva tanto contribuito

alla caduta della monarchia nell'attacco alle Tuilleries, riuscirono ad equipaggiare solo un

piccolo e dubbio esercito di circa 3.000 uomini. Furono inviati in soccorso di Lione. Questo

esercito di scarso valore si precipitò ad Avignone e fu sconfitto con la massima facilità dal

generale repubblicano Cartaux, spregevole come ufficiale militare, le cui forze non

avrebbero resistito a un solo "engaillement" di tiratori scelti vandeani. Marsiglia ricevette

i vincitori e chinò il capo di fronte ai successivi orrori che Cartaux, con due formidabili

giacobini, Barras e Ferron, si compiacque di infliggere a quella fiorente città. Il luogo subì

i soliti terrori della purificazione giacobina, e temporaneamente fu chiamato "il comune

senza nome".

Lione si oppose ai rivoluzionari e oppose una resistenza più onorevole. Quella nobile

città era da tempo sottoposta al dominio di Chalier, uno dei più feroci e allo stesso tempo

più stravaganti tra i giacobini. Era a capo di un club formidabile, degno di essere affiliato

alla società madre e ambizioso di seguirne le orme. Era sostenuto da una guarnigione di

due reggimenti rivoluzionari, oltre che da una numerosa artiglieria e da una nutrita schiera

di volontari, per un totale di circa diecimila uomini. Formavano quello che si definisce un

esercito rivoluzionario. Questo Chalier era un prete apostata, ateo e allievo della scuola del

Terrore. Era stato procuratore (esattore delle tasse) della comunità e aveva imposto ai

cittadini più ricchi un'imposta che andava dai sei ai trenta milioni di lire. Ma il suo obiettivo

era il sangue oltre che l'oro. Il massacro di alcuni sacerdoti e aristocratici confinati nella

fortezza di Pierre-Scixe fu un sacrificio pietoso. Chalier, ambizioso di azioni più decisive,

360


Il Libro dei Martiri di Foxe

provocò l'arresto generale di un centinaio di cittadini principali, che destinò a un'ecatombe

più degna del demone che serviva.

Questo sacrificio fu impedito dal coraggio dei lionesi; un coraggio che, se assunto dai

parigini, avrebbe potuto evitare[503] la maggior parte degli orrori che hanno disonorato la

rivoluzione. Il progetto di massacro era già stato annunciato da Chalier al club giacobino.

"Trecento teste", disse, "sono segnate per il massacro. Non perdiamo tempo a catturare i

membri degli uffici dipartimentali, i presidenti e i segretari delle sezioni, tutte le autorità

locali che ostacolano le nostre misure rivoluzionarie. Facciamo di tutti un unico falò e

consegniamoli subito alla ghigliottina".

Ma prima che potesse mettere in atto la sua minaccia, il terrore fu risvegliato nel

coraggio della disperazione. I cittadini si sollevarono in armi e assediarono l'Hotel de Ville,

dove Chalier, con le sue truppe rivoluzionarie, si difese disperatamente e per qualche tempo

con successo, ma alla fine invano. Purtroppo i Lyonnois non seppero approfittare del loro

trionfo. Non erano sufficientemente consapevoli della natura della vendetta che avevano

provocato, né della necessità di sostenere l'audace passo compiuto con misure che

precludessero un compromesso. La loro resistenza alla violenza e all'atrocità dei giacobini

non aveva alcun carattere politico, come quella che il viaggiatore oppone ai briganti che lo

minacciano di saccheggio e omicidio. Non erano sufficientemente consapevoli che, avendo

fatto tanto, dovevano necessariamente fare di più. Dichiarandosi realisti, avrebbero dovuto

cercare di convincere le truppe sabaude, se non quelle svizzere (che avevano abbracciato

una specie di neutralità che, dopo il 10 agosto, disonorava la loro antica reputazione), a

inviare in tutta fretta soldati in aiuto di una città che non aveva fortificazioni né truppe

regolari per difenderla. Tuttavia, possedeva tesori per pagare i loro ausiliari, mani forti e

ufficiali competenti per avvalersi delle località della loro situazione, che, se ben fortificate

e difese, sono a volte altrettanto formidabili delle protezioni regolari erette da ingegneri

scientifici.

Il popolo di Lione cercò invano di darsi un carattere rivoluzionario sul modello della

Gironda. Due dei suoi deputati proscritti cercarono di attirarli verso la loro causa

impopolare e senza speranza, ed essi cercarono incoerentemente protezione mostrando uno

zelo repubblicano, anche mentre resistevano ai decreti e sconfiggevano le truppe dei

giacobini. Tra gli insorti c'erano indubbiamente molti principi realisti, e alcuni dei loro capi

erano decisamente tali; ma non erano abbastanza numerosi o influenti per stabilire il vero

principio della resistenza aperta e la possibilità finale di salvezza, con un'audace

proclamazione dell'interesse del re. Si appellavano ancora alla Convenzione come

legittimo sovrano, agli occhi del quale cercavano di difendersi. Allo stesso tempo

cercarono di assicurarsi l'interesse di due deputati giacobini, che avevano appoggiato ogni

violazione tentata da Chalier, per convincerli a rappresentare favorevolmente la loro

condotta. Naturalmente, avevano sufficienti promesse in tal senso, finché i deputati

361


Il Libro dei Martiri di Foxe

Guathier e Nioche rimanevano in loro potere; promesse, senza dubbio, tanto più pronte

quanto più il Lyonnois, pur desideroso di conciliare il favore della Convenzione, non esitò

a procedere alla punizione del giacobino[504] Chalier. Fu condannato e giustiziato, insieme

a uno dei suoi principali collaboratori, chiamato "Reard".

Per difendere queste azioni vigorose, gli sfortunati insorti si posero sotto il governo

provvisorio di un consiglio che, ancora desideroso di temporeggiare e di mantenere il

carattere rivoluzionario, si autodefinì "Commissione Popolare e Repubblicana di Pubblica

Sicurezza del Dipartimento del Reno e della Loira", un titolo che, sebbene non suscitasse

alcun entusiasmo popolare e non attirasse alcun aiuto straniero, non placò, ma anzi esasperò

il risentimento della Convenzione, ora sotto il dominio assoluto dei giacobini. Per questa

società, tutto ciò che mancava alla completa fraternizzazione era considerato una sfida

presuntuosa. Per coloro che non erano in combutta con loro, la loro politica era quella di

considerarli i loro nemici più assoluti.

In effetti, i Lyonnois ricevettero lettere di rassicurazione, solidarietà e sostegno da

diversi dipartimenti; ma nessun sostegno effettivo fu mai diretto alla loro città, ad

eccezione di un piccolo rinforzo da Marsiglia. Questa insignificante resistenza, che

abbiamo visto, fu intercettata e dispersa con pochi problemi dal generale giacobino Cartaux.

Lione si aspettava di diventare la madrina e il fulcro di una lega antigiacobina, formata

dalle grandi città commerciali, contro Parigi e la parte predominante della Convenzione. Si

trovò invece isolata, priva di sostegno e vulnerabile. Si oppose con le proprie forze e i

propri mezzi di difesa, con un esercito di sessantamila uomini e innumerevoli giacobini

rifugiati all'interno delle proprie mura. Verso la fine di luglio, dopo un intervallo di due

mesi, fu formato un blocco regolare intorno alla città e nella prima settimana di agosto si

svolsero le ostilità. L'esercito assediante era diretto militarmente dal generale Kellerman,

che, con altri illustri soldati, aveva ormai iniziato a ricoprire un ruolo eminente negli

eserciti repubblicani. Tranne che per eseguire la vendetta di cui avevano sete, i giacobini

si affidarono soprattutto alle iniziative dei deputati che avevano incaricato insieme al

comandante, e in particolare del rappresentante Dubois Crance. Era un uomo il cui unico

merito sembra essere stato il suo febbrile e frenetico giacobinismo. Il generale Percy, già

ufficiale del servizio reale, si assunse il compito quasi disperato della difesa e, formando

delle roccaforti nelle posizioni più importanti intorno alla città, iniziò una ribellione

militare contro la forza immensamente superiore degli assedianti, che era onorevole se non

utile.

Allo stesso tempo, i Lyonnois cercavano ancora di lusingarsi di poter competere con

l'esercito assediante, rappresentandosi come saldi repubblicani. Celebrarono come festa

pubblica l'anniversario del 10 agosto; mentre Dubois Crance, per raccomandare il suo zelo

repubblicano, fissò lo stesso giorno per iniziare il suo infuocato attacco contro il luogo.

Fece sparare il primo colpo dalla sua concubina, una femmina nata a Lione. Poi fece

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Il Libro dei Martiri di Foxe

esplodere bombe e proiettili incandescenti contro la seconda città dell'impero francese,

mentre gli assediati sostenevano l'attacco con costanza e in molti punti lo respingevano con

un coraggio altamente onorevole per il loro carattere.[505] Ma la loro sorte era ormai decisa.

I deputati annunciarono alla Convenzione il loro proposito di impiegare i loro strumenti di

distruzione in tutti i quartieri della città, bombardati in più punti, per provocare una

tempesta generale. "La città", dissero, "deve arrendersi, o non resterà una pietra sopra l'altra;

questo speriamo di ottenerlo nonostante i suggerimenti di una falsa compassione. Non

stupitevi quindi quando sentirete che Lione non esiste più". La furia dell'attacco minacciò

di mantenere queste promesse.

Le sofferenze dei cittadini divennero intollerabili. Diversi quartieri della città furono

incendiati contemporaneamente. Immense fabbriche ed edifici vennero rasi al suolo e si

registrò una perdita, durante le due notti di bombardamento, calcolata in duecento milioni

di lire. Gli assediati issarono una bandiera nera sul Grande Ospedale, come segno che il

fuoco degli assalitori non doveva essere diretto su quell'asilo di miseria senza speranza. Il

segnale della bandiera sembrò solo attirare le bombe repubblicane proprio in quel punto

dove avrebbero potuto creare le più spaventose angosce e oltraggiare al massimo grado i

sentimenti dell'umanità. Le devastazioni della carestia seguirono presto quelle del

massacro. Dopo due mesi di tali orrori sostenuti, divenne evidente che un'ulteriore

resistenza era impossibile.

Il Comitato di Pubblica Sicurezza inviò a Lione il paralitico Couthon, con Collot

D'Herbois e altri deputati, per vendicarsi di quanto richiesto dai giacobini. Dubois Crance

fu richiamato per aver investito, si pensava, meno energia di quanta ne richiedesse la

prosecuzione dell'assedio. Collot D'Herbois aveva un motivo personale di natura singolare

per dilettarsi nel compito affidato a lui e ai suoi colleghi. Nella sua veste di attore teatrale,

era stato fischiato dal palcoscenico di Lione e la porta della vendetta era ora aperta. Le

istruzioni di questo comitato imponevano di vendicarsi nel modo più soddisfacente

possibile della morte di Chalier e dell'insurrezione di Lione, non solo sui cittadini, ma sulla

città stessa. Le strade e gli edifici principali dovevano essere rasi al suolo e un monumento

eretto nel luogo in cui si trovavano doveva riportare la causa: "Lione si è ribellata alla

Repubblica - Lione non c'è più". I frammenti della città che potevano rimanere dovevano

portare il nome di "Ville Affranchie" o città liberata. È difficile credere che una sentenza

come quella che poteva essere pronunciata dalle labbra di qualche despota orientale, in

preda alla follia del potere arbitrario e all'ignoranza più totale, potesse essere seriamente

pronunciata e altrettanto seriamente applicata in una delle nazioni più civilizzate d'Europa.

Era altrettanto incredibile che, nell'attuale epoca illuminata, uomini che pretendevano di

essere saggi e filosofi, avessero considerato il lavoro dell'architetto come un soggetto

adeguato per la punizione.

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Tuttavia, per massimizzare l'effetto della demolizione, l'impotente Couthon fu

trasportato di casa in casa, dedicando ogni casa alla rovina, colpendo la porta con un

martello d'argento e pronunciando queste parole: "Casa di un ribelle. Ti condanno in nome

della legge". Gli operai seguirono in[506] gran numero e eseguirono la sentenza abbattendo

la casa fino alle fondamenta. Questa demolizione selvaggia continuò per sei mesi e si dice

che sia stata portata avanti con una spesa pari a quella che il superbo ospedale militare,

l'Hotel des Invalides, costò al suo fondatore, il re Luigi XIV. Ma la vendetta repubblicana

non si dedicò esclusivamente a calce e pietre morte, bensì cercò vittime vive.

La morte meritata di Chalier era stata espiata con un'apoteosi eseguita dopo la resa di

Lione; ma Collot D'Herbois dichiarò che ogni goccia di quel sangue patriottico cadeva

come se scottasse il suo stesso cuore e che l'omicidio richiedeva un'espiazione. Tutti i

processi ordinari e le modalità di esecuzione abituali furono ritenuti troppo tardivi per

vendicare la morte di un proconsole giacobino. I giudici della commissione rivoluzionaria

erano stremati dalla fatica, il braccio del boia era stanco, l'acciaio stesso della ghigliottina

era smussato. Collot D'Herbois escogitò un metodo di massacro più sommario. Un numero

di duecento-trecento vittime in una volta sola veniva trascinato dalla prigione a place de

Baotteaux, una delle più grandi piazze di Lione, e lì sottoposto a un fuoco di bombe d'uva.

Sebbene questa modalità di esecuzione possa sembrare efficace, non era né rapida né

misericordiosa.

I malcapitati caddero a terra come mosche bruciate, mutilati ma non uccisi,

implorando i loro carnefici di eliminarli al più presto. Questo fu fatto con sciabole e

baionette e con tale fretta e zelo che alcuni dei carcerieri e dei loro assistenti furono uccisi

insieme a coloro che avevano aiutato a trascinare a morte. L'errore fu scoperto solo quando,

contando i cadaveri, i militari assassini si accorsero che ammontavano a una quantità

superiore a quella prevista. I corpi dei morti furono gettati nel fiume Rodano, per

comunicare la notizia della vendetta repubblicana, come si espresse Collot D'Herbois, a

Tolone - tanto più che anche Tolone si era proclamata in stato di rivolta. Ma il fiume

moroso rifiutò il dazio imposto, e i cadavere tornarono a mucchi sulle rive. Il Comitato dei

Rappresentanti fu costretto alla fine a permettere di seppellire le reliquie della loro crudeltà

per evitare il rischio di contagio.

L'Installazione della Dea della Ragione.

Alla fine lo zelo degli atei infuriati in Francia li spinse a perpetrare una delle

operazioni più ridicole e allo stesso tempo empie che abbiano mai disonorato gli annali di

una nazione. Si trattava nientemeno che della rinuncia formale all'esistenza di un Essere

Supremo e dell'insediamento della Dea Ragione, nel 1793.

"Esiste", dice Scott, "un fanatismo dell'ateismo, oltre che della superstizione. Un

filosofo può nutrire ed esprimere tanta cattiveria contro coloro che perseverano nel credere

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Il Libro dei Martiri di Foxe

a ciò che egli si compiace di denunciare come indegno di credito, quanta ne può nutrire un

prete ignorante e bigotto nei confronti di un uomo che non può prestare fede a un dogma

che ritiene non sufficientemente dimostrato". Di conseguenza, essendo il trono[507]

completamente annientato, sembrò ai filosofi della scuola di Hebert (che era autore della

rivista periodica più volgare e bestiale dell'epoca, chiamata "Le Père Duchesne") che,

distruggendo completamente le vestigia della religione e del culto pubblico ancora

custodite dal popolo francese, sarebbe seguito uno splendido trionfo delle opinioni liberali.

Non era sufficiente", dicevano, "che una nazione rigenerata avesse detronizzato i re terreni,

se non avesse teso il braccio della sfida contro quei poteri soprannaturali che la

superstizione aveva rappresentato come regnanti su uno spazio sconfinato".

Un uomo sfortunato, di nome Gobet, vescovo costituzionale di Parigi, fu costretto a

recitare il ruolo principale nella più impudente e scandalosa presa in giro che sia mai stata

recitata di fronte a una rappresentanza nazionale.

Si dice che i capi della scena abbiano avuto qualche difficoltà a indurre il vescovo ad

adempiere al compito assegnatogli, che, del resto, eseguì, non senza lacrime e successivi

rimorsi. Tuttavia, egli svolse il ruolo prescritto. Fu trasportato in piena processione, per

dichiarare alla Convenzione che la religione che aveva insegnato per tanti anni, sotto ogni

aspetto, costituiva solo un po' di sacerdozio, che non aveva alcun fondamento né nella

storia né nella sacra verità. Rinunciò, in termini solenni ed espliciti, all'esistenza della

Divinità al cui culto era stato consacrato, e si dedicò in futuro all'omaggio della libertà,

dell'uguaglianza, della virtù e della moralità. Ha consegnato sul tavolo le sue decorazioni

episcopali e ha ricevuto l'abbraccio fraterno del Presidente della Convenzione. Diversi

sacerdoti apostati seguirono l'esempio di questo prelato.

I piatti d'oro e d'argento delle chiese sono stati sequestrati e profanati. Cortei in parata

entrarono nella Convenzione, in ridicoli abiti sacerdotali. Hanno cantato gli inni più profani.

Chaumette e Hebert usarono molti dei calici religiosi e dei vasi sacri per celebrare le loro

empie orge. Per la prima volta, il mondo intero udì un'assemblea di uomini, nati ed educati

nella civiltà, appropriarsi del diritto di governare una delle migliori nazioni europee. Essi

alzarono la loro voce unita per rifiutare la più solenne verità che l'anima dell'uomo riceve.

Rinunciarono unanimemente alla credenza e al culto di una Divinità. Per un breve periodo,

la stessa folle profanità continuò.

Una delle cerimonie di quest'epoca folle non ha eguali per assurdità, unita all'empietà.

Le porte della Convenzione furono aperte da una banda di musicisti, preceduti dai quali i

membri del corpo municipale entrarono in solenne processione, cantando un inno in lode

della Libertà. Scortavano come oggetto del loro futuro culto una donna velata, che

chiamavano "la Dea della Ragione. Trasportata nella sala della Convenzione nazionale,

con grande pompa e cerimonia, fu svelata e posta alla destra del Presidente. A quel punto

è stata generalmente riconosciuta come una ballerina dell'Opera, il cui fascino era noto alla

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Il Libro dei Martiri di Foxe

maggior parte dei presenti grazie alla sua apparizione sul palcoscenico. Mentre l'esperienza

di altri individui con lei era più avanzata. A questa persona, in quanto rappresentante più

adatta di quella Ragione che essi veneravano, la Convenzione Nazionale di Francia rese

pubblico omaggio.

Questa empia e ridicola mummia ebbe una certa moda; e l'installazione della Dea della

Ragione fu rinnovata e imitata in tutta la nazione, nei luoghi in cui gli abitanti desideravano

mostrarsi all'altezza di tutte le vette della rivoluzione. Nella maggior parte dei distretti

francesi le chiese furono chiuse ai sacerdoti e ai fedeli, le campane furono rotte e gettate

nei cannoni. L'intera struttura ecclesiastica fu distrutta. L'iscrizione repubblicana sui

cimiteri dichiarava che la morte era un sonno perpetuo e annunciava a coloro che vivevano

sotto quel dominio che non potevano sperare in alcun compenso o rimedio nemmeno

nell'aldilà.

Intimamente connessa a queste leggi che riguardano la religione, era quella che

riduceva l'unione del matrimonio, il più sacro impegno che gli esseri umani possano

stringere e la cui permanenza porta più fortemente al consolidamento della società, allo

stato di un mero contratto civile di carattere transitorio. In base a questo accordo, due

persone possono impegnarsi e godere dei piaceri fino a quando il loro gusto non cambia o

l'appetito non viene appagato. Se i demoni si fossero messi al lavoro per scoprire un modo

per distruggere nel modo più efficace tutto ciò che c'è di venerabile, grazioso o permanente

nella vita domestica, e per ottenere allo stesso tempo la certezza che il male che era loro

scopo creare si perpetuasse di generazione in generazione, non avrebbero potuto inventare

un piano più efficace della degradazione del matrimonio. Il matrimonio si trasformò in uno

stato di mera convivenza occasionale o di concubinato autorizzato. Sophie Arnoult,

un'attrice famosa per le sue battute, descrisse il matrimonio repubblicano come il

sacramento dell'adulterio.

Caduta di Danton, Robespierre, Marat e Altri Giacobini.

Questi mostri caddero vittime con gli stessi mezzi che avevano usato per la rovina di

altri. Marat fu ucciso nel 1793 da Charlotte Corday, una giovane donna che aveva coltivato,

in un sentimento tra la follia e l'eroismo, l'ambizione di liberare il mondo da un tiranno.

Danton fu ghigliottinato nel 1794. Robespierre lo seguì subito dopo. La sua caduta è

descritta da Scott nella sua Vita di Napoleone.

Alla fine il suo destino lo spinse all'incontro. Robespierre scese alla Convenzione,

dove negli ultimi tempi era apparso solo raramente, come il ben più nobile dittatore di

Roma. Anche nel suo caso, un gruppo di senatori era pronto a uccidere il tiranno sul posto,

se non avessero avuto paura della sua presunta popolarità, che temevano potesse renderli

immediatamente vittime della vendetta dei giacobini. Il discorso che Robespierre rivolse

alla Convenzione era minaccioso come il primo lontano fruscio di un uragano, oscuro e

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Il Libro dei Martiri di Foxe

lurido come l'eclissi che ne annuncia l'arrivo. Si erano sentiti mormorii ansiosi tra la

popolazione che riempiva le tribune o affollava gli ingressi della sala della Convenzione.

Si diceva che un secondo ciclo del 31 maggio (giorno in cui i giacobini[509] avevano

proscritto i girondisti) avrebbe visto un evento simile.

Il primo tema del cupo oratore fu la rievocazione delle proprie virtù e dei propri servigi

di patriota. Distinse come nemici della Repubblica tutti coloro le cui opinioni erano

contrarie alle sue. Poi passò in rassegna i vari dipartimenti del governo, accusandoli di

censura e disprezzo. Si scagliò contro il letargo dei Comitati di Pubblica Sicurezza e di

Sicurezza Pubblica, come se la ghigliottina non fosse mai stata in funzione. Accusò il

Comitato delle Finanze di aver controrivoluzionato le entrate della Repubblica. Con non

minore amarezza, predicò sul ritiro degli artiglieri (sempre violenti giacobini) da Parigi e

sul modo di gestione adottato nei Paesi conquistati del Belgio. Sembrava che volesse

raccogliere gli stessi elenchi di tutti i funzionari dello Stato e, nello stesso respiro, sfidarli

tutti.

Uno ha presentato la consueta mozione d'onore per la stampa del discorso, ma poi si

è scatenata la tempesta dell'opposizione. Molti oratori chiesero a gran voce che, prima di

approvare il discorso e le sue gravi incolpazioni, fosse sottoposto alle due commissioni. A

sua volta, Robespierre esclamò che questa misura avrebbe sottoposto il suo discorso alla

critica parziale e alla revisione degli stessi partiti che aveva accusato. Da tutte le parti si

udirono scuse e difese contro le accuse mosse. Molti deputati si lamentarono, senza mezzi

termini, di una tirannia individuale e di una cospirazione circolante per mettere fuori legge

e assassinare i segmenti opposti della Convenzione. Robespierre fu sostenuto solo

debolmente, tranne che da Saint Just, Couthon e dal suo stesso fratello. Dopo un burrascoso

dibattito, in cui la Convenzione fu alternativamente influenzata dalla paura e dall'odio per

Robespierre, il discorso fu infine rinviato alle commissioni, invece di essere stampato; e

l'altezzoso e arcigno dittatore vide nell'aperta offesa, così fatta alle sue misure e alle sue

opinioni, il segno sicuro della sua imminente caduta.

Trasferì le sue rimostranze al Club dei Giacobini, per riposare, come disse, le sue pene

patriottiche nel loro seno virtuoso, dove sperava di trovare solo soccorso e comprensione.

A questo pubblico parziale rinnovò, con un tono ancora più audace, le lamentele con cui

aveva caricato ogni ramo del governo e lo stesso organo rappresentativo. Ricordò loro varie

epoche eroiche, quando la loro presenza e le loro picche avevano deciso i voti dei deputati

tremanti. Ha ricordato le loro azioni incontaminate di vigore rivoluzionario - ha chiesto

loro se avessero dimenticato la strada per la Convenzione. Concludeva assicurando

pateticamente che, se lo avessero abbandonato, "si sarebbe rassegnato al suo destino; e

avrebbero dovuto testimoniare con quale coraggio avrebbe bevuto la cicuta fatale". L'artista

David lo prese per mano mentre chiudeva, esclamando, estasiato dalla sua eloquenza: "La

berrò con te".

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Il Libro dei Martiri di Foxe

All'illustre pittore è stato rimproverato di aver declinato, il giorno successivo,

l'impegno che sembrava aver abbracciato con tanta foga.[510] Ma erano in molti ad essere

della sua opinione originale, nel momento in cui la espresse con tanto coraggio. Se

Robespierre avesse posseduto doti militari o anche solo un deciso coraggio, nulla gli

avrebbe impedito di porsi quella stessa notte alla testa di una disperata insurrezione dei

giacobini e dei loro aderenti.

Payan, il successore di Hebert, propose in realtà che i giacobini marciassero

immediatamente contro i due comitati, accusati da Robespierre di essere il centro delle

macchinazioni antirivoluzionarie, (avrebbero dovuto) sorprendere il loro manipolo di

guardie e soffocare il male di cui lo Stato era minacciato, anche nella culla stessa. Questo

piano fu ritenuto troppo rischioso per essere adottato, sebbene fosse uno di quei colpi

improvvisi e magistrali di politica che Machiavelli avrebbe raccomandato. Il fuoco dei

giacobini si esaurì nel tumulto, nelle minacce e nell'espulsione dal seno della loro società

di Collot d'Herbois, Tallien e di una trentina di altri deputati del partito della montagna,

che essi consideravano appositamente associati per istigare la caduta di Robespierre e che

cacciarono dalla loro società con esecrazioni e perfino colpi.

Collot d'Herbois, così oltraggiato, passò direttamente dalla riunione dei giacobini a

quella del Comitato di Pubblica Sicurezza, per consultarsi sul rapporto da presentare

l'indomani alla Convenzione sul discorso di Robespierre. Saint Just, uno di loro, benché

fortemente legato al dittatore, era stato incaricato del delicato compito di redigere il

rapporto. Si trattava di un passo verso la riconciliazione; ma l'entrata in scena di Collot

d'Herbois, infuriato per gli insulti ricevuti, interruppe ogni speranza di accordo tra gli amici

di Danton e quelli di Robespierre. D'Herbois si sfinì in minacce contro Saint Just, Couthon

e il loro padrone, Robespierre, e si separarono in termini di mortale e dichiarata inimicizia.

I cospiratori associati fecero ogni sforzo per contrastare il potere di Robespierre, per

raccogliere e unire contro di lui tutte le forze della Convenzione, per allarmare i deputati

della pianura con timori per loro stessi e per risvegliare la rabbia dei montanari, contro la

cui gola il dittatore agitava ora la spada che la loro politica miope aveva messo nelle sue

mani. Si fecero circolare liste di deputati proscritti, copiate dalle tavole del dittatore; vere

o false che fossero, ottennero credito e valore universale. I nomi di coloro che figuravano

sulle pergamene fatali si impegnarono a proteggersi nella lega contro il loro nemico.

L'opinione che la caduta di Robespierre fosse imminente si era ormai generalizzata.

Questo sentimento era così diffuso a Parigi il 9 Termidoro, o 27 luglio, che un gruppo

di circa ottanta vittime, che stavano per essere trascinate alla ghigliottina, si salvò quasi per

mezzo di esso. Il popolo, in un generoso slancio di compassione, cominciò a radunarsi in

folla e a interrompere la malinconica processione, come se il potere che presiedeva a queste

orrende esibizioni fosse già privo di energia. Ma l'ora non era ancora giunta. Il vile Henriot,

comandante della Guardia Nazionale, avvicinatosi con nuove forze[511] anche nel giorno

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Il Libro dei Martiri di Foxe

destinato a essere l'ultimo della sua vita, si dimostrò il mezzo per portare all'esecuzione

questa folla di condannati ma senza dubbio innocenti.

In questa giornata movimentata, Robespierre arrivò alla Convenzione e vide la

montagna schierata e al completo, mentre, come nel caso di Catilina, il banco su cui era

solito sedersi sembrava volutamente deserto. Saint Just, Couthon, Le Bas (suo cognato) e

il più giovane Robespierre erano gli unici deputati di nome pronti a sostenerlo. Ma se

avesse potuto lottare efficacemente, avrebbe potuto contare sull'aiuto del servile Barrere,

una sorta di Belial della Convenzione. Quest'ultimo era il più meschino, ma non il meno

abile, tra quegli spiriti decaduti che, con grande abilità e ingegno, oltre che con arguzia ed

eloquenza, approfittavano delle occasioni. Era estremamente abile, sempre tra i più forti e

i più sicuri. C'era un gruppo abbastanza numeroso pronto, in tempi così pericolosi, ad

attaccarsi a Barrere, come a un leader che pretendeva di guidarli verso la sicurezza, se non

verso l'onore. L'esistenza di questo corpo vacillante e incerto, le cui ultime mosse non

potevano mai essere calcolate, rendeva impossibile prevedere con certezza l'evento di

qualsiasi dibattito in seno alla Convenzione durante questo periodo pericoloso.

Saint Just si alzò, a nome del Comitato di Pubblica Sicurezza, per fare, alla sua

maniera e non alla loro, un resoconto del discorso di Robespierre della sera precedente.

Aveva iniziato un'arringa con il tono del suo patrono, dichiarando che, se la tribuna che

occupava, la stessa roccia Tarpea, non avrebbe meno adempiuto ai doveri di un patriota.

"Sto per", disse, "sollevare il velo". "Lo strappo", disse Tallien, interrompendolo.

"L'interesse pubblico è sacrificato da individui che vengono qui esclusivamente a nome

proprio e si comportano come se fossero superiori all'intera Convenzione". Costrinse Saint

Just a lasciare la tribuna e ne seguì un violento dibattito.

Billaud Varennes richiamò l'attenzione dell'assemblea sulla seduta del club giacobino

della sera precedente. Dichiarò che le forze militari di Parigi erano soggette al comando di

Henriot, un traditore e un parricida, pronto a far marciare i soldati contro la Convenzione.

Denunciò lo stesso Robespierre come un secondo Catilina, abile e ambizioso, il cui sistema

era stato quello di alimentare le gelosie e di aizzare le fazioni ostili alla Convenzione, al

fine di disunire i partiti, allontanare gli individui gli uni dagli altri, attaccarli nei dettagli e

distruggere così gli antagonisti separatamente, sulla cui forza combinata e unita non osava

competere.

La Convenzione risuonò di applausi per l'espressione veemente dell'oratore. Quando

Robespierre salì sulla tribuna, la sua voce fu sommersa da un grido generale di "Abbasso

il tiranno!", cioè "Che questo tiranno cada...". Tallien si mosse per la denuncia di

Robespierre, con l'arresto di Henriot, dei suoi collaboratori e di altre persone legate alla

violenza che si voleva esercitare sulla Convenzione. Si assunse la responsabilità di guidare

l'attacco contro il tiranno[512], disse, e di colpirlo nella Convenzione stessa, se i membri

non avessero dimostrato abbastanza coraggio da applicare la legge contro di lui. Con queste

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Il Libro dei Martiri di Foxe

parole, brandì il poignard sguainato, come se fosse sul punto di realizzare il disegno che si

era proposto. Robespierre lottò ancora con difficoltà per ottenere un'udienza, ma la tribuna

fu assegnata a Barrere; e la parte assunta contro il dittatore caduto da quel versatile e

interessato statista fu il segno più assoluto che il suo rovesciamento era irrecuperabile. Da

ogni parte dell'aula si levarono torrenti di invettive contro colui la cui sola parola era

abituata a far calare il silenzio.

La scena fu terribile, ma non priva di utilità per coloro che possono essere disposti a

considerarla come una crisi straordinaria, in cui le passioni umane si scontrarono in modo

così singolare. Le volte della sala risuonavano delle esclamazioni di coloro che fino a quel

momento erano stati i complici, gli adulatori, i seguaci, o almeno i timidi e impauriti

sostenitori del demagogo detronizzato. Egli stesso, trafelato, schiumante, esausto, come il

cacciatore dell'antichità classica quando è sul punto di essere sopraffatto e fatto a pezzi dai

suoi stessi segugi, ha tentato invano di alzare la sua voce stridula, simile a quella di un gufo,

con la quale in passato la Convenzione era stata terrorizzata e messa a tacere. Si appellò al

Presidente dell'Assemblea per ottenere un'udienza dai vari partiti che la componevano.

Respinto dai montanari, suoi vecchi soci, che ora guidavano la protesta contro di lui,

si rivolse ai girondisti, pochi e deboli come erano, e ai deputati della pianura, più numerosi

ma altrettanto indifesi, presso i quali si erano rifugiati. I primi lo respinsero con sprezzante

disgusto, i secondi con orrore. Inutilmente, ricordò ai singoli che aveva risparmiato loro la

vita, mentre erano alla sua mercé. Questo avrebbe potuto essere applicato a tutti i membri

della casa, a tutti gli uomini di Francia, perché chi è che in due anni ha vissuto in condizioni

diverse da quelle autorizzate da Robespierre? Deve essersi profondamente rammaricato per

la clemenza, come lui la definiva, che aveva lasciato tanti con la gola non tagliata ad

abbaiare contro di lui. Ma i suoi appelli agitati e ripetuti furono respinti da alcuni con

indignazione, da altri con un silenzio arcigno, imbarazzato e timido.

Uno storico britannico potrebbe dire che persino Robespierre avrebbe dovuto essere

ascoltato in sua difesa; e che una tale calma avrebbe fatto onore alla Convenzione e avrebbe

reso più dignitosa la sua sentenza finale di condanna. Invece, senza dubbio, trattarono il

colpevole secondo i suoi meriti. Tuttavia, non sono stati all'altezza di quella regolarità e

formalità virile di comportamento che era dovuta a loro stessi e alla legge. Questo

atteggiamento avrebbe dato alla punizione del demagogo l'effetto e il peso di una sentenza

solenne e deliberata, invece di apparire come il risultato della presa affrettata e precipitosa

di un vantaggio temporaneo.

Tuttavia, la fretta era necessaria e, in una simile crisi, doveva apparire più di quanto

non fosse in realtà. Molto deve essere concesso al terrore del momento, al carattere orribile

del colpevole e alla necessità di affrettare una conclusione decisiva. Ci è stato detto che le

sue ultime parole udibili, in contrasto con le esclamazioni di centinaia di persone e con la

campana che il Presidente suonava incessantemente,[513] pronunciate con i toni più alti

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Il Libro dei Martiri di Foxe

che la disperazione potesse dare a una voce naturalmente stridula e discordante, rimasero

a lungo nella memoria e infestarono i sogni di molti di coloro che lo udirono: "Presidente

degli assassini", urlò, "per l'ultima volta chiedo il privilegio di parlare!". Dopo questo

sforzo, il suo respiro si fece affannoso, corto e flebile; e mentre continuava a emettere

mormorii spezzati ed eiaculazioni rauche, i membri della montagna gridarono che il sangue

di Danton soffocava la sua voce.

Il tumulto si concluse con un decreto di arresto nei confronti di Robespierre, di suo

fratello, di Couthon e di Saint Just; Le Bas fu incluso d'ufficio e, in effetti, difficilmente

avrebbe potuto sfuggire alla sorte del cognato, anche se la sua condotta, allora e in seguito,

dimostrò più energia di quella degli altri. Couthon, abbracciando in petto lo spaniel su cui

era solito sfogare la sua sensibilità affettata, si appellò alla sua decrepitezza e chiese se,

menomato nelle proporzioni e nell'attività, potesse essere sospettato di nutrire progetti di

violenza o di ambizione. "Disgraziato", disse Legendre, "hai la forza di Ercole per

perpetrare il crimine". Dumas, presidente del tribunale rivoluzionario, con Henriot,

comandante della Guardia Nazionale, e altri complici sicofanti di Robespierre, furono

inclusi nella condanna all'arresto.

La Convenzione aveva dichiarato permanente la sua seduta e aveva preso tutte le

precauzioni per chiedere protezione alla grande massa di cittadini che, stremati dal Regno

del Terrore, desideravano chiuderla ad ogni costo. In breve tempo, i deputati di diverse

sezioni limitrofe dichiararono la loro adesione ai rappresentanti nazionali, per la cui difesa

si stavano armando e (molti senza dubbio preparati in precedenza) stavano marciando in

tutta fretta verso la protezione della Convenzione. Ma ebbero anche la notizia meno

piacevole che Henriot, dopo aver disperso i cittadini che avevano ostacolato, come già

detto, l'esecuzione degli ottanta condannati e consumato l'atto finale dell'assassinio, si stava

avvicinando alle Tuilleries, dove si era tenuta la seduta, con un numeroso stato maggiore e

le forze giacobine che potevano essere raccolte in fretta.

Fortunatamente per la Convenzione, questo comandante della Guardia Nazionale,

dalla cui presenza di spirito e dal cui coraggio dipendeva forse il destino della Francia, era

tanto stupido e vigliacco quanto brutalmente feroce. Senza opporre resistenza, si lasciò

arrestare da alcune gens d'armes, le guardie immediate della Convenzione, guidate da due

dei suoi membri, che si comportarono nell'emergenza con uguale prudenza e spirito.

Ma la fortuna, o il demone che aveva servito, offrì a Robespierre un'altra possibilità

di salvezza, forse addirittura di impero. Infatti, i momenti che un uomo di autocontrollo

avrebbe potuto impiegare per fuggire, un uomo di disperato coraggio avrebbe potuto

utilizzarli per la vittoria, che, considerando lo stato di divisione e di estrema instabilità della

capitale, sarebbe stata probabilmente ottenuta dal concorrente più audace.

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Il Libro dei Martiri di Foxe

I deputati arrestati erano stati portati da una prigione all'altra, tutti i carcerieri si

rifiutavano di ricevere sotto la loro responsabilità ufficiale Robespierre[514] e coloro che

lo avevano aiutato a rifornire le loro buie abitazioni con una tale marea di abitanti

successivi. Alla fine i prigionieri furono messi al sicuro nell'ufficio del Comitato di

Pubblica Sicurezza. Ma ormai tutto era in allarme nel comune di Parigi, dove il sindaco

Fleuriot e il successore di Hebert, Payan, convocarono il corpo civico, inviarono gli

ufficiali municipali a sollevare la città e i Fauxbourg a loro nome e fecero suonare il tocsin.

Payan mise subito insieme una forza sufficiente a liberare Henriot, Robespierre e gli altri

deputati arrestati e a trasportarli all'Hotel de Ville, dove erano riuniti circa duemila uomini,

soprattutto artiglieri e insorti del sobborgo di Saint Antoine, che avevano già manifestato

il proposito di marciare contro la Convenzione. Ma il carattere egoista e vigliacco di

Robespierre era impreparato a una simile crisi. Appariva del tutto confuso e sopraffatto da

ciò che era accaduto e stava accadendo intorno a lui; e nessuna di tutte le vittime del Regno

del Terrore ne sentì l'influsso così invalidante come lui, il despota che aveva così a lungo

presieduto il regime. Non ebbe, pur avendone i mezzi, la presenza di spirito di disperdere

denaro in somme considerevoli, che di per sé non avrebbero mancato di assicurare il

sostegno della plebaglia rivoluzionaria.

Nel frattempo, la Convenzione continuò a mantenere il fronte audace e imponente,

assunto improvvisamente e criticamente. Venuta a conoscenza della fuga dei deputati

arrestati e dell'insurrezione all'Hotel de Ville, approvò immediatamente un decreto che

metteva fuori legge Robespierre e i suoi associati, infliggendo un'analoga condanna al

sindaco di Parigi, al procuratore e ad altri membri del comune, e incaricando dodici dei

suoi membri, i più audaci che potessero essere scelti, di procedere con la forza armata

all'esecuzione della sentenza. I tamburi delle Guardie Nazionali battevano ora le armi in

tutte le sezioni sotto l'autorità della Convenzione, mentre il tocsin continuava a chiamare

all'assistenza Robespierre e i magistrati civici con la sua voce di ferro. Tutto sembrava

minacciare una violenta catastrofe, finché non si vide chiaramente che la voce pubblica, e

in particolare quella delle Guardie Nazionali, si dichiarava generalmente contraria ai

terroristi.

L'Hotel de Ville era circondato da circa millecinquecento uomini e i cannoni giravano

sulle sue ruote. La forza degli assalitori era più debole dal punto di vista numerico, ma i

loro capi erano uomini di spirito e la notte nascondeva la loro inferiorità di forze.

I deputati incaricati lessero il decreto dell'assemblea a coloro che trovarono riuniti

davanti al municipio, i quali si sottrassero al tentativo di difenderlo, alcuni unendosi agli

assalitori, altri deponendo le armi e disperdendosi. Nel frattempo il gruppo di terroristi

abbandonato all'interno si è comportato come gli scorpioni che, quando sono circondati da

un cerchio di fuoco, si dice che rivolgano i loro pungiglioni gli uni sugli altri e su se stessi.

Tra questi miserabili uomini si verificavano censure reciproche, feroci e brutali.

372


Il Libro dei Martiri di Foxe

"Disgraziato, erano questi i mezzi che avevi promesso di fornire?", disse Payan a Henriot,

che trovò[515] inebetito e incapace di risoluzione o di sforzo; e afferrandolo mentre parlava,

precipitò il generale rivoluzionario da una finestra. Henriot sopravvisse alla caduta solo per

trascinarsi in un canale di scolo, nel quale fu poi scoperto e sollevato per essere giustiziato.

Il giovane Robespierre si gettò dalla finestra, ma non ebbe la fortuna di morire sul

posto. Sembrava che persino il malinconico destino del suicidio, ultimo rifugio della colpa

e della disperazione, fosse negato a uomini che avevano così a lungo rifiutato ogni tipo di

pietà ai loro simili. Solo Le Bas ebbe la calma sufficiente per togliersi la vita con un colpo

di pistola. Saint Just, dopo aver implorato i compagni di ucciderlo, tentò di uccidersi con

mano irresoluta e fallì. Couthon giaceva sotto il tavolo brandendo un coltello, con il quale

si ferì ripetutamente al petto, senza osare aggiungere forza sufficiente a raggiungere il

cuore. Il loro capo, Robespierre, nel tentativo fallito di spararsi, si era procurato solo

un'orribile frattura alla mandibola.

In questa situazione, assomigliavano a lupi nella loro tana, sporchi di sangue, mutilati,

disperati, ma incapaci di morire. Robespierre giaceva su un tavolo in un'anticamera, con la

testa sostenuta da una cassa e l'orrendo volto seminascosto da un panno sporco e

insanguinato legato al mento frantumato.

I prigionieri furono trasportati in trionfo alla Convenzione che, senza ammetterli

all'ordine del giorno, ne ordinò l'esecuzione immediata in quanto fuorilegge. Quando i

vagoni fatali passarono alla ghigliottina, coloro che li riempivano, ma soprattutto

Robespierre, furono sommersi dalle esecrazioni degli amici e dei parenti delle vittime che

egli aveva inviato sulla stessa malinconica strada. La natura della ferita precedente, dalla

quale il panno non era mai stato rimosso fino a quando il boia non l'aveva strappato,

aumentava la tortura del sofferente. La mascella frantumata cadeva e il disgraziato urlava

ad alta voce con orrore degli spettatori. Una maschera tratta da quella terribile testa fu

esposta per molto tempo in diverse nazioni d'Europa, e spaventava lo spettatore per la sua

bruttezza, per il miscuglio di espressioni diaboliche e agonia corporea.

Così cadde Massimiliano Robespierre, dopo essere stato il primo della Repubblica

francese per quasi due anni, durante i quali la governò secondo i principi di Nerone o

Caligola. La sua elevazione alla posizione che ricopriva ha comportato più contraddizioni

di quante forse se ne possano trovare in qualsiasi altro evento simile della storia. A un

tiranno di bassa lega e mentalità fu permesso di governare con il bastone del più spaventoso

dispotismo un popolo la cui ansia di libertà lo aveva reso poco prima incapace di sopportare

il governo di un sovrano umano e legittimo. Uno spregevole vigliacco salì al comando di

una delle nazioni più coraggiose del mondo. Fu sotto gli auspici di un uomo che a malapena

osava sparare con una pistola che i più grandi generali di Francia iniziarono la loro carriera

di conquista. Non aveva né eloquenza né immaginazione, ma sostituì al loro posto uno stile

misero, affettato e roboante che, finché altre circostanze non gli diedero ragione, attirò il

373


Il Libro dei Martiri di Foxe

ridicolo generale. Tuttavia, contro un oratore così povero, tutta l'eloquenza dei filosofi

girondini, tutti i terribili poteri del suo socio Danton, impiegati[516] in un'assemblea

popolare, non poterono opporre una resistenza efficace. Può sembrare insignificante

ricordare che, in una nazione in cui una buona parte delle simpatie è suscitata dai modi

amabili e dalla bellezza dell'aspetto esteriore, la persona che salì al potere più alto non solo

era di cattivo aspetto, ma era anche singolarmente meschina, goffa e costretta nel suo modo

di parlare. Era ignorante nel compiacere gli altri, anche quando era più incline a dare

piacere, e tanto noioso e tedioso quasi quanto odioso e senza cuore.

Per compensare tutte queste carenze, Robespierre aveva un'ambizione insaziabile,

fondata su una vanità che lo faceva ritenere capace di occupare le situazioni più alte. Questo

desiderio preponderante gli dava quindi audacia, quando osare equivale spesso a realizzare.

Mescolava una specie di composizione roboante, falsa, esagerata, ma piuttosto fluente, con

la più grossolana adulazione alle classi più basse del popolo. In considerazione dei suoi

discorsi dolci, essi non potevano che accogliere come autentiche le lodi sempre elargite a

se stesso. La sua prudente risoluzione di accontentarsi di possedere l'essenza del potere,

senza sembrare di desiderarne il rango e gli orpelli, costituiva un'altra arte di lusingare la

moltitudine. La sua vigile invidia, la sua vendetta a lungo protratta ma sicura, la sua astuta

perizia, che per le menti volgari prende il posto della saggezza, erano i suoi unici mezzi

per competere con i suoi eminenti antagonisti.

E sembra che sia stata una meritata punizione delle stravaganze e degli abusi della

rivoluzione francese, il fatto che essa abbia portato il Paese in uno stato di anarchia che ha

permesso a un miserabile come quello che abbiamo descritto di essere per un lungo periodo

padrone del suo destino. Il sangue era il suo elemento, come quello degli altri terroristi, e

non si attaccava mai con tanto piacere a una nuova vittima, come quando era allo stesso

tempo un suo antico socio. In un epitaffio, di cui il seguente distico può servire come

traduzione, la sua vita è stata rappresentata come incompatibile con l'esistenza della razza

umana: "La sua vita era incompatibile con l'esistenza della razza umana.

"Qui Robespierre giace - non versate lacrime:

Lettore, se lui fosse vissuto, tu saresti morto".

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Capitolo XXIII - Le Persecuzioni dei Protestanti Francesi

in Francia 1814-1820

Durante gli Anni 1814 e 1820

La persecuzione in questa regione protestante della Francia continuò con pochissimi

intervalli dalla revoca dell'editto di Nantes da parte del re Luigi XIV fino a un periodo

molto breve prima dell'inizio dell'ultima Rivoluzione francese. Nel 1785, Monseur Rebaut

St. Etienne e il celebre Monsieur De la Fayette furono tra le prime persone che si

interessarono alla corte di Re Luigi XVI per rimuovere il flagello della persecuzione da

questo popolo ferito, gli abitanti del sud della Francia.

Da parte dei cattolici e dei cortigiani, l'accesa opposizione si intensificò a tal punto

che solo alla fine del 1790 i protestanti furono liberati dai loro allarmi. Prima di quest'anno,

soprattutto i cattolici di Nismes avevano preso le armi.

Nismes presentò allora uno spettacolo spaventoso: uomini armati penetrarono nella

città, spararono proiettili dagli angoli delle strade e attaccarono tutti con spade e forchette.

Un uomo di nome Astuc fu ferito e gettato nell'acquedotto.

Baudon cadde sotto i ripetuti colpi di baionetta e di spada, e anche il suo corpo fu

gettato in acqua. Boucher, un giovane di soli diciassette anni, fu colpito mentre si

affacciava alla finestra. Tre elettori sono stati feriti, uno in modo grave; un altro elettore,

ferito, è scampato alla morte solo dichiarando più volte di essere cattolico. Un terzo ha

ricevuto quattro ferite di spada ed è stato portato a casa terribilmente maciullato. I cittadini

fuggiti furono arrestati dai cattolici lungo le strade e obbligati a fornire prove della loro

religione prima che fosse loro concessa la vita. Monsieur e Madame Vogue si trovavano

nella loro casa di campagna, che gli zeloti hanno aperto, massacrando entrambi e

distruggendo la loro abitazione. Monsieur Blacher, un protestante di settant'anni, fu fatto a

pezzi con un falcetto; al giovane Pyerre, che portava del cibo al fratello, fu chiesto:

"Cattolico o protestante?". Alla risposta "protestante", un mostro sparò contro il ragazzo,

che cadde. Uno dei compagni dell'assassino disse: "Avresti potuto uccidere anche un

agnello".

"Ho giurato", rispose, "di uccidere quattro protestanti per la mia parte, e questo conterà

per uno". Tuttavia, poiché queste atrocità provocarono l'unione delle truppe in difesa del

popolo, si scatenò una terribile vendetta contro la parte cattolica che utilizzava le armi, che

con altre caratteristiche si era già manifestata. Una terribile vendetta si abbatté sul partito

cattolico che usava le armi, il che, insieme ad altre circostanze, soprattutto la tolleranza

375


Il Libro dei Martiri di Foxe

esercitata da Napoleone Bonaparte, pacificò le cose fino all'anno 1814. Ma l'inaspettato

ritorno all'antico governo fece tornare in auge i vecchi vessilli.

L'Arrivo del Re Luigi XVIII a Parigi , Conosciuto a Nismes il 13 aprile 1814.

In un quarto d'ora, la coccarda bianca fu vista in ogni direzione. La bandiera bianca

sventolava sugli edifici pubblici, sugli splendidi monumenti dell'antichità e persino sulla

torre di Mange, oltre le mura della città. I protestanti, il cui commercio aveva sofferto

materialmente durante la guerra, furono tra i primi a unirsi alla gioia generale, a giurare

fedeltà al Senato e al corpo legislativo. Diversi dipartimenti protestanti inviarono indirizzi

al trono, ma sfortunatamente Monsieur Froment si presentò a Nismes nel momento in cui

molti bigotti erano pronti a unirsi a lui, la cecità e la furia del XVI secolo si sostituirono

rapidamente all'intelligenza e alla filantropia del XIX. Una linea di distinzione fu

immediatamente tracciata tra uomini di diverse opinioni religiose. Lo spirito dell'antica

Chiesa cattolica fu riportato in auge per regolare la stima e la sicurezza di ciascuno.

La differenza di religione doveva ora governare tutto il resto. Anche i domestici

cattolici, che avevano servito i protestanti con zelo e affetto, cominciarono a trascurare i

loro doveri, o a svolgerli in modo sgraziato e riluttante. Alle cerimonie e agli spettacoli a

spese pubbliche, l'assenza dei protestanti veniva addebitata come prova della loro slealtà.

In mezzo alle grida di Vive le Roi! si sentivano i suoni discordanti di "A-Bas-le-Maire" o

"chiediamo la caduta del sindaco". Monsieur Castletan era protestante; si presentò in

pubblico con il prefetto Monsieur Ruland, cattolico, quando gli tirarono addosso delle

patate. Il popolo dichiarò che avrebbe dovuto dimettersi dalla sua carica. I bigotti di Nismes

riuscirono persino a far presentare al re un'allocuzione in cui si affermava che in Francia

doveva esserci un solo Dio, un solo re e una sola fede. In questo atto furono imitati dai

cattolici di diverse città.

La storia del bambino d'argento

In questo periodo, Monsieur Baron, consigliere della Corte Reale di Nismes, aveva

formulato il progetto di dedicare a Dio un bambino d'argento, se la Duchessa d'Angouleme

avesse dato un principe alla Francia. Questo progetto fu trasformato in un voto religioso

pubblico, che fu oggetto di conversazione sia in pubblico che in privato. Tuttavia, le

persone la cui immaginazione era accesa da queste misure correvano per le strade gridando

"Vivent les Boubons" o "Viva i Borboni per sempre". In conseguenza di questa frenesia

irrazionale, si dice che ad Alais le donne fossero consigliate e istigate ad avvelenare i loro

mariti protestanti, e alla fine si trovò conveniente accusarle di crimini politici. Non

potevano più apparire in pubblico senza essere insultati e feriti. Quando la folla incontrava

i protestanti, li afferrava e ballava intorno a loro con una gioia barbara e, tra le ripetute

grida di Vive le Roi, intonava versi il cui peso era: "Ci laveremo le mani nel sangue dei

protestanti e faremo dei sanguinacci con il sangue dei figli di Calvino".

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Il Libro dei Martiri di Foxe

I cittadini che si recavano sulle passeggiate per prendere aria e rinfrescarsi dalle strade

strette e sporche venivano inseguiti con grida di Vive le Roi, come se quelle grida

dovessero giustificare ogni eccesso. Se i protestanti facevano riferimento alla Carta, veniva

loro direttamente assicurato che non sarebbe servito a nulla e che erano stati solo gestiti

per essere più efficacemente distrutti. Nelle strade pubbliche si sentivano persone di rango

dire: "Tutti gli ugonotti devono essere uccisi. Questa volta devono essere uccisi i loro figli,

affinché non rimanga nessuno di questa razza maledetta".

Tuttavia, è vero che non furono assassinati, ma trattati crudelmente. I bambini

protestanti non potevano più partecipare agli sport dei cattolici e non potevano nemmeno

comparire senza i loro genitori. Al calar del sole, le loro famiglie si rinchiudevano nei loro

appartamenti. Ma anche allora venivano lanciate pietre contro le finestre. Quando si

alzavano al mattino, non era raro trovare impalcature illustrate sulle porte o sui muri. Per

le strade, i cattolici tenevano davanti ai loro occhi corde già insaponate e indicavano gli

strumenti con cui speravano e progettavano di sterminarli. Venivano distribuiti piccoli

modelli di forca e un uomo che abitava di fronte a uno dei pastori esponeva uno di questi

modelli alla finestra e faceva segni sufficientemente comprensibili al passaggio del

ministro. Anche una figura che rappresentava un pastore protestante fu esposta su un

passaggio pubblico, e sotto la sua finestra si cantavano le canzoni più atroci.

Verso la conclusione del carnevale, si era persino pensato di fare una caricatura dei

quattro ministri della regione e di bruciarli in effigie. Ma questo fu proibito dal sindaco di

Nismes, che era protestante. Una terribile canzone presentata al prefetto, nel dialetto del

paese, con una falsa traduzione, fu stampata con la sua approvazione. La canzone divenne

popolare per un buon momento prima che egli si rendesse conto della portata dell'errore in

cui era stato tradito. Il sessantatreesimo reggimento di linea fu pubblicamente censurato e

insultato per aver protetto i protestanti. In effetti, i protestanti sembravano essere come

pecore destinate al macello.

Le Braccia Cattoliche di Beaucaire

Nel maggio 1815, un'associazione federativa, simile a quella di Lione, Grenoble,

Parigi, Avignone e Montpelier, fu auspicata da molte persone a Nismes. Ma questa

federazione terminò qui dopo un'esistenza effimera e illusoria di quattordici giorni. Nel

frattempo, un folto gruppo di zeloti cattolici era in armi a Beaucaire e presto spinse le sue

pattuglie così vicino alle mura di Nismes, "da allarmare gli abitanti". Questi cattolici

chiesero aiuto agli inglesi di Marsiglia e ottennero la concessione di mille moschetti,

diecimila cartocci, ecc. Contro questi partigiani fu inviato il generale Gilly, che impedì loro

di arrivare agli estremi concedendo un armistizio. Tuttavia, quando il re Luigi XVIII tornò

a Parigi, dopo la scadenza del regno di Napoleone di cento giorni, la pace e lo spirito di

partito sembravano essere stati sottomessi, anche a Nismes. Le bande di Beaucaire si

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Il Libro dei Martiri di Foxe

unirono a Trestaillon in questa città, per dare un'ulteriore spinta alla vendetta da tempo

premeditata. Il generale Gilly aveva lasciato il dipartimento da diversi giorni. Le truppe di

linea rimaste avevano preso la coccarda bianca e aspettavano ulteriori ordini, mentre i

nuovi commissari dovevano solo proclamare la cessazione delle ostilità e la completa

instaurazione dell'autorità del re. Invano, non apparve alcun commissario, né giunsero

dispacci per calmare e regolare gli animi. Ma, verso sera, la guardia avanzata dei banditi,

che ammontava a diverse centinaia, entrò in città, indesiderata ma non contrastata.

Mentre marciavano senza ordine né disciplina, coperti di abiti o stracci di tutti i colori,

decorati con coccarde, non bianche, ma bianche e verdi, armati di moschetti, spade, forche,

pistole e mietitrebbie, inebriati di vino e macchiati del sangue dei protestanti che avevano

ucciso sul loro cammino, presentavano uno spettacolo orribile e spaventoso. Nello spiazzo

antistante la caserma, a questi banditi si unì la folla armata della città, guidata da Jaques

Dupont, detto Trestaillon. Per evitare lo spargimento di sangue, questa guarnigione di circa

cinquecento uomini acconsentì a capitolare e si mise in marcia addolorata e indifesa. Ma

quando ne erano passati circa cinquanta, la plebaglia iniziò a sparare all'impazzata sulle

vittime confidenti e indifese. Quasi tutti furono uccisi o feriti e pochissimi riuscirono a

rientrare nel cortile prima che i cancelli della guarnigione fossero nuovamente chiusi. I

cancelli furono di nuovo forzati in un istante e tutti coloro che non riuscirono a scavalcare

i tetti o a saltare nei giardini adiacenti furono massacrati. In una parola, la morte li raggiunse

in ogni luogo e in ogni forma, e questo massacro cattolico rivaleggiò in crudeltà e superò

in perfidia i crimini degli assassini di settembre a Parigi e le macellerie giacobine di Lione

e Avignone. Fu segnato non solo dal fervore della Rivoluzione, ma anche dalla sottigliezza

della Lega, e rimarrà a lungo una macchia nella storia della Seconda Restaurazione.

Massacro e saccheggio a Nismes

A Nismes si presentava ora una terribile scena di oltraggio e carneficina. Molti

protestanti erano fuggiti nelle Convennes e nella Gardonenque. Le case di campagna dei

signori Rey, Guiret e di molti altri erano state saccheggiate e gli abitanti erano stati trattati

con una barbarie senza precedenti. Due gruppi avevano saziato i loro selvaggi appetiti nella

fattoria di Madame Frat: i primi, dopo aver mangiato, bevuto, rotto i mobili e rubato ciò

che ritenevano opportuno, si congedarono annunciando l'arrivo dei loro compagni,

"rispetto ai quali", dissero, "dovevano essere considerati misericordiosi". Tre uomini e una

vecchia rimasero sul posto: alla vista della seconda compagnia, due uomini fuggirono.

"Siete cattolica?", dissero i banditi alla vecchia. "Sì". "Ripetete, allora, il vostro Pater e

Ave". La donna, terrorizzata, esitò e fu immediatamente abbattuta da un colpo di moschetto.

Quando si riprese, uscì di casa, ma incontrò Ladet, il vecchio valletto delle terme, che

portava un'insalata che i depredatori gli avevano ordinato di tagliare. Invano cercò di

convincerlo a fuggire. "Siete un protestante?", esclamarono, "Lo sono". Gli fu sparato un

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Il Libro dei Martiri di Foxe

colpo di moschetto. Cadde ferito, ma non morto. Per portare a termine il loro lavoro, i

mostri accesero un fuoco con paglia e assi, gettarono la loro vittima viva tra le fiamme e la

lasciarono morire tra le più terribili agonie. Poi mangiarono l'insalata, la frittata, ecc. Il

giorno dopo, alcuni operai, vedendo la casa aperta e deserta, entrarono e scoprirono il corpo

mezzo consumato di

Ladet. Il prefetto della Guardia, Monsieur Darbaud Jouques, nel tentativo di attenuare

i crimini dei cattolici, ebbe l'ardire di affermare che Ladet era un cattolico. Ma ciò fu

pubblicamente smentito da due parroci di Nismes.

Un altro gruppo ha commesso un terribile omicidio a St. Cezaire, ai danni di Imbert

la Plume, marito di Suzon Chivas. Lo affrontarono al ritorno dal lavoro nei campi. Il capo

gli promise la vita, ma insistette che doveva essere condotto alla prigione di Nismes.

Vedendo, però, che il gruppo era deciso a ucciderlo, riprese il suo carattere naturale e,

essendo un uomo forte e coraggioso, avanzò esclamando: "Siete briganti. Fate fuoco!".

Quattro di loro spararono e lui cadde, ma non era morto. Mentre era vivo, mutilarono il suo

corpo. Poi, passandogli intorno una corda, lo trascinarono con sé, attaccato a un cannone

di cui erano in possesso. Solo dopo otto giorni i suoi parenti seppero della sua morte.

Cinque individui della famiglia di Chivas, tutti mariti e padri, furono massacrati nel corso

di pochi giorni.

In questa persecuzione a Nismes, il trattamento spietato delle donne raggiunse un

livello tale che avrebbe disonorato qualsiasi selvaggio. Le vedove Rivet e Bernard furono

costrette a sacrificare somme enormi. La casa della signora Lecointe fu devastata e i suoi

beni distrutti. La signora F. Didier ha visto la sua abitazione saccheggiata e quasi demolita

fino alle fondamenta. Una parte di questi bigotti visitò la vedova Perrin, che viveva in una

piccola fattoria presso i mulini a vento; dopo aver commesso ogni genere di devastazione,

attaccarono anche il santuario dei morti, che conteneva le reliquie della sua famiglia.

Trascinarono le bare e ne sparsero il contenuto nei terreni adiacenti. Invano la vedova

indignata raccolse le ossa dei suoi antenati e le sostituì: vennero nuovamente dissotterrate.

Dopo diversi sforzi inutili, furono lasciate a malincuore senza sepoltura sulla superficie dei

campi.

Decreto Reale in favore dei Perseguitati

Alla fine il decreto del re Luigi XVIII, che annullava tutti i poteri straordinari conferiti

dal re, dai principi o da agenti subordinati, fu ricevuto a Nismes e le leggi dovevano ora

essere amministrate dagli organi regolari. Arrivò un nuovo prefetto per metterle in atto.

Nonostante i proclami, l'opera di distruzione, interrotta per un momento, non fu

abbandonata. L'opera nefasta riprese presto con nuovo vigore ed effetto. Il 30 luglio,

Jacques Combe, padre di famiglia, fu ucciso da alcune guardie nazionali di Rusau. Il

crimine fu talmente pubblico che il comandante del gruppo restituì alla famiglia il

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Il Libro dei Martiri di Foxe

portafoglio e i documenti del defunto. Il giorno seguente, folle tumultuose si aggirarono

per la città e i sobborghi, minacciando i miseri contadini. Il primo agosto li massacrarono

senza opporre resistenza.

Verso mezzogiorno dello stesso giorno, sei uomini armati, guidati da Truphemy, il

macellaio, circondarono la casa di Monot, un falegname; due della comitiva, che erano

fabbri, erano stati al lavoro nella casa il giorno prima. Avevano visto un protestante che si

era rifugiato lì, Monsieur Bourillon, che era stato tenente dell'esercito e si era ritirato con

una pensione. Era un uomo di ottimo carattere, pacifico e innocuo. Non aveva mai servito

l'imperatore Napoleone. Truphemy non lo conosceva e lo fece notare mentre faceva una

colazione frugale con la famiglia. Truphemy gli ordinò di accompagnarlo, aggiungendo:

"Il tuo amico Saussine è già all'altro mondo". Truphemy lo mise in mezzo alla sua truppa

e gli ordinò astutamente di gridare: "Vive l'Empereur!". Egli si rifiutò, aggiungendo che

non aveva mai servito l'imperatore. Invano le donne e i bambini della casa intercedettero

per la sua vita e lodarono le sue qualità amabili e virtuose. Lo portarono sulla Spianata e

fu fucilato, prima da Truphemy e poi dagli altri. Diverse persone, attratte dagli spari, si

avvicinarono. Ma furono minacciate da un destino simile.

Dopo qualche tempo, i disgraziati se ne andarono, gridando Vive le Roi. Alcune donne

li incontrarono e una di loro, con aria affettata, disse: "Oggi ne ho uccisi sette, per la mia

parte. Se dici una parola, sarai l'ottavo". Pierre Courbet, un tessitore di calze, fu strappato

dal suo telaio da una banda armata e fucilato davanti alla sua porta. La figlia maggiore fu

colpita con il calcio di un moschetto. Un poignard è stato puntato al petto della moglie

mentre la folla saccheggiava i suoi appartamenti. Paul Heraut, un tessitore di seta, è stato

letteralmente fatto a pezzi, in presenza di una grande folla e tra le inutili grida e lacrime

della moglie e dei quattro figli piccoli. Gli assassini hanno abbandonato il cadavere solo

per tornare a casa di Heraut e mettere al sicuro tutto ciò che aveva di valore. Non è stato

possibile accertare il numero di omicidi di questo giorno. Una persona ha visto sei corpi al

Nine Courts, e nove sono stati portati all'ospedale.

In seguito, se gli omicidi divennero meno frequenti per qualche giorno, il saccheggio

e la rapina vennero messi in atto attivamente. Monsieur Salle d'Hombro, in diverse visite,

fu derubato di settemila franchi. In un'occasione, quando si lamentò per i sacrifici che aveva

fatto, "Guarda", disse un bandito, indicando la sua pipa, "questa darà fuoco alla tua casa.

Questo", brandendo la spada, "ti finirà". Non fu possibile replicare a queste argomentazioni.

Monsieur Feline, un fabbricante di seta, fu derubato di trentaduemila franchi in oro, tremila

franchi in argento e diverse balle di seta.

I piccoli negozianti erano continuamente esposti alle visite e alle richieste di provviste,

drappi o altri prodotti. Le stesse mani che incendiavano le case dei ricchi e strappavano le

viti dei coltivatori, rompevano i telai dei tessitori e rubavano gli attrezzi degli artigiani. La

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Il Libro dei Martiri di Foxe

desolazione regnava nel santuario e nella città. Le bande armate, invece di ridursi,

aumentarono. I fuggitivi, che scelsero di non tornare, ricevettero un sostegno incessante;

ma i loro amici che li ospitavano furono considerati ribelli. I protestanti rimasti furono

privati di tutti i loro diritti civili e religiosi e persino gli avvocati e gli ufficiali giudiziari

decisero di escludere dai loro organismi tutti coloro che appartenevano alla "pretesa

religione riformata". Coloro che erano impiegati nella vendita di tabacco furono privati

delle loro licenze. I diaconi protestanti che si occupavano dei poveri furono tutti dispersi.

Di cinque pastori ne rimasero solo due; uno di questi fu obbligato a cambiare residenza e

poté avventurarsi ad amministrare le consolazioni della religione o a svolgere le funzioni

del suo ministero solo di notte.

Non contenti di questi modi di tormento, pubblicazioni calunniose e infiammatorie

accusavano i protestanti di innalzare lo stendardo proibito nei comuni e di invocare il

caduto Napoleone. Furono stigmatizzati come indegni della protezione delle leggi e del

favore del monarca.

Centinaia di persone furono trascinate in prigione senza nemmeno un ordine scritto.

Sebbene per cinque mesi sia stato fondato un giornale ufficiale, intitolato Journal du Guard,

che ha subito l'influenza del prefetto, del sindaco e di altri funzionari, la parola "carta" non

è mai stata usata. Uno dei primi numeri, al contrario, rappresentava i protestanti sofferenti

come "coccodrilli che piangono solo per la rabbia e il rammarico di non avere più vittime

da divorare. (Condannati come) persone che avevano superato Danton, Marat e

Robespierre, nel fare del male - come se avessero prostituito le loro figlie alla guarnigione

per consegnarla a Napoleone". Un estratto di questo articolo, timbrato con la corona e le

armi dei Borboni, fu venduto per le strade, e il commerciante fu adornato con la medaglia

della polizia.

Petizione dei rifugiati protestanti

A questi rimproveri è opportuno opporre la petizione che i rifugiati protestanti di

Parigi hanno presentato a Luigi XVIII a nome dei loro fratelli di Nismes.

Deponiamo ai vostri piedi, sire, le nostre acute sofferenze. Nel vostro nome i nostri

concittadini sono stati massacrati e le loro proprietà sono state distrutte. Contadini fuorviati,

in finta obbedienza ai vostri ordini, si erano riuniti al comando di un commissario nominato

dal vostro augusto nipote. Sebbene pronti ad attaccarci, furono ricevuti con le assicurazioni

di pace. Il 15 luglio 1815 abbiamo appreso dell'ingresso di Vostra Maestà a Parigi e la

bandiera bianca ha immediatamente sventolato sui nostri edifici. La tranquillità pubblica

non era stata turbata, quando si presentarono dei contadini armati. La guarnigione capitolò,

ma fu assalita alla partenza e quasi completamente massacrata. La nostra Guardia

Nazionale fu disarmata, la città si riempì di stranieri e le case dei principali abitanti, che

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Il Libro dei Martiri di Foxe

professavano la religione riformata, furono attaccate e saccheggiate. Riportiamo di seguito

l'elenco. Il terrore ha allontanato dalla nostra città gli abitanti più rispettabili.

"Vostra Maestà si è ingannata se non le è stata posta davanti l'immagine degli orrori

che rendono un deserto la sua bella città di Nismes. Arresti e proscrizioni si susseguono, e

la differenza di opinioni religiose ne è la vera e unica causa. I protestanti, detestati e

disprezzati, sono i difensori del trono. Vostro nipote ha visto i nostri figli sotto le sue

bandiere. Le nostre fortune sono state messe nelle sue mani. Attaccati senza motivo, i

protestanti non hanno offerto ai loro nemici, nemmeno con una giusta resistenza, il fatale

pretesto per calunniare. Salvateci, sire! Spegnete il marchio della guerra civile. Un solo

atto della vostra volontà restituirebbe all'esistenza politica una città interessante per la sua

popolazione e le sue manifatture. Esigete dai capi che ci hanno portato le nostre disgrazie

un resoconto della loro condotta. Mettiamo davanti ai vostri occhi tutti i documenti che ci

sono pervenuti. La paura paralizza i cuori e soffoca le lamentele dei nostri concittadini. In

una situazione di maggiore sicurezza, ci arrischiamo ad alzare la voce in loro favore", ecc.

Mostruoso Oltraggio alle donne

A Nismes è noto che le donne lavano i panni alle fontane o sulle rive dei ruscelli.

Vicino alla fontana c'è un grande bacino dove ogni giorno si possono vedere numerose

donne inginocchiate sul bordo dell'acqua che battono i panni con pesanti pezzi di legno a

forma di battagliola. Questo luogo divenne la scena delle pratiche più vergognose e

indecenti. La plebaglia cattolica rovesciava le sottane delle donne sulle loro teste e le

allacciava in modo da continuare a esporle e a sottoporle a una specie di castigo di nuova

invenzione; infatti, avendo conficcato dei chiodi nel legno dei battiloro a forma di giglio,

le picchiavano finché il sangue non sgorgava dai loro corpi e le loro grida squarciavano

l'aria. Spesso veniva richiesta la morte in cambio di questa ignominiosa punizione. Ma la

richiesta veniva respinta con una gioia maligna. Per portare l'oltraggio al massimo grado

possibile, diverse donne in stato di gravidanza furono aggredite in questo modo. La natura

scandalosa di questi oltraggi impedì a molte delle vittime di renderli pubblici e, soprattutto,

di raccontare le circostanze più aggravanti.

"Ho visto", dice Monsieur Duran, "un avvocato cattolico, che accompagnava gli

assassini del fauxbourg Bourgade, armare dei mattatoi con chiodi affilati a forma di fleurde-lis.

Li ho visti sollevare le vesti delle donne e applicare, con colpi pesanti, sul corpo

sanguinante questo battoir o battledore - a cui hanno dato un nome che la mia penna si

rifiuta di registrare. Le grida dei sofferenti, i rivoli di sangue, i mormorii di indignazione

che venivano soffocati dalla paura. Nulla poteva smuoverli. I chirurghi che hanno assistito

quelle donne uccise possono testimoniare, dalle loro ferite, le agonie che devono aver

sopportato, il che, per quanto orribile, è rigorosamente vero".

382


Il Libro dei Martiri di Foxe

Tuttavia, durante il progredire di questi orrori e oscenità, così disdicevoli per la

Francia e la religione cattolica, gli agenti del governo avevano una forza potente sotto il

loro comando. Impiegandola onestamente avrebbero potuto ristabilire la tranquillità. Gli

omicidi e le rapine, tuttavia, continuavano e venivano giudicati con leggerezza dai

magistrati cattolici. Con pochissime eccezioni; le autorità amministrative, è vero, usavano

le parole nei loro proclami, ecc. ma non ricorrevano mai ai fatti per fermare le enormità dei

persecutori, che dichiaravano audacemente che, il 24th luglio, anniversario del massacro

di San Bartolomeo, intendevano fare un altro massacro generale. I membri della Chiesa

riformata furono presi dal terrore e, invece di partecipare all'elezione dei deputati, si

occuparono di garantire la propria sicurezza personale.

Oltraggi Commessi nei villaggi, ecc.

Lasciamo ora Nismes per dare un'occhiata alla condotta dei persecutori nel paese

circostante. Dopo il ristabilimento del governo reale, le autorità locali si distinsero per lo

zelo e l'audacia con cui sostenevano i loro datori di lavoro. Con il pretesto di ribellione,

occultamento di armi, mancato pagamento di contributi, ecc. le truppe, le Guardie

Nazionali e le folle armate erano autorizzate a saccheggiare, arrestare e uccidere cittadini

pacifici, non solo impunemente, ma anche con incoraggiamento e approvazione. Nel

villaggio di Milhaud, vicino a Nismes, gli abitanti furono spesso costretti a pagare ingenti

somme per evitare di essere saccheggiati. Questo, però, non è servito a Madame Teulon:

Domenica 16 luglio, la sua casa e i suoi terreni sono stati devastati; i mobili di valore sono

stati confiscati o distrutti, il fieno e la legna sono stati bruciati e il cadavere di un bambino,

sepolto nel giardino, è stato preso e trascinato intorno a un fuoco acceso dalla popolazione.

Monsieur Teulon riuscì a salvarsi con grande difficoltà.

Monsieur Picherol, un altro protestante, aveva depositato alcuni dei suoi beni presso

un vicino cattolico. Questa casa è stata attaccata e, sebbene tutti i beni di quest'ultimo siano

stati rispettati, quelli del suo amico sono stati sequestrati e distrutti. Nello stesso villaggio,

uno dei presenti, dubitando che Monsieur Hermet, un sarto, fosse l'uomo che cercavano,

chiese: "È protestante?". "Bene", dissero, e fu immediatamente assassinato. Nel cantone di

Vauvert, dove c'era una chiesa concistoriale, furono estorti ottantamila franchi.

Nei comuni di Beauvoisin e Generac simili eccessi sono stati commessi da un

manipolo di uomini licenziosi, sotto l'occhio del sindaco cattolico e al grido di "Vive le

Roi!". St. Gilles fu la scena della più sfacciata malvagità. I protestanti, i più ricchi tra gli

abitanti, furono disarmati, mentre le loro case furono saccheggiate. Il sindaco fu

interpellato, ma si mise a ridere e se ne andò. Questo ufficiale aveva a disposizione una

Guardia Nazionale di diverse centinaia di uomini, organizzata per suo ordine. Sarebbe

noioso leggere gli elenchi dei crimini che si verificarono nel corso di molti mesi. A

383


Il Libro dei Martiri di Foxe

Clavison il sindaco proibì ai protestanti la pratica di cantare i salmi comunemente usati nel

tempio. Il motivo, a suo dire, era che i cattolici non si sarebbero sentiti offesi o disturbati.

A Sommieres, a circa dieci miglia da Nismes, i cattolici fecero una splendida

processione per la città, che continuò fino a sera e fu seguita dal saccheggio dei protestanti.

All'arrivo delle truppe straniere a Sommieres, fu ripresa la finta ricerca di armi. Coloro che

non possedevano moschetti furono addirittura costretti a comprarli per consegnarli, e i

soldati furono acquartierati su di loro a sei franchi al giorno finché non avessero prodotto

gli articoli richiesti. La chiesa protestante, che era stata chiusa, fu trasformata in una

caserma militare per gli austriaci. Dopo sei mesi di sospensione del servizio divino a

Nismes, la chiesa, chiamata Tempio dai protestanti, fu riaperta e il culto pubblico fu

celebrato la mattina del 24th dicembre. Esaminando il campanile, si scoprì che alcune

persone avevano portato via il batacchio della campana. All'avvicinarsi dell'ora della

funzione, un certo numero di uomini, donne e bambini si riunì a casa di Monsieur Ribot, il

parroco, e minacciò di impedire il culto. All'ora stabilita, quando si diresse verso la chiesa,

fu circondato. Contro di lui si levarono le urla più selvagge. Alcune donne lo afferrarono

per il colletto. Ma nulla poté turbare la sua fermezza o eccitare la sua impazienza; entrò

nella casa di preghiera e salì sul pulpito. Furono lanciate pietre e caddero tra i fedeli. La

congregazione rimase comunque calma e attenta e la funzione si concluse tra rumori,

minacce e barbarie.

Ritirandosi, molti sarebbero stati uccisi se non fosse stato per i cacciatori della

guarnigione, che li hanno protetti con onore e zelo. Dal capitano di questi cacciatori,

Monsieur Ribot ricevette poco dopo la seguente lettera:

2 gennaio 1816.

Deploro profondamente i pregiudizi dei cattolici nei confronti dei protestanti, che

pretendono di non amare il re. Continuate ad agire come avete fatto in precedenza, e il

tempo e la vostra condotta convinceranno i cattolici del contrario: se dovesse verificarsi

un tumulto simile a quello di sabato scorso, informatemi. Conservo i miei resoconti di

questi atti, e se gli agitatori si dimostreranno incorreggibili, e dimenticheranno ciò che

devono al migliore dei re e alla Carta, farò il mio dovere e informerò il governo delle loro

azioni. Adieu, mio caro signore; assicurate al concistoro la mia stima e la sensazione che

ho della moderazione con cui hanno risposto alle provocazioni dei malintenzionati a

Sommieres. Ho l'onore di salutarvi con rispetto.

SUVAL DE LAINE.

Il 6 gennaio è pervenuta un'altra lettera a questo degno pastore da parte del Marchese

di Montlord, per incoraggiarlo a unirsi a tutti gli uomini buoni che credono in Dio per

ottenere la punizione degli assassini, dei briganti e dei disturbatori della tranquillità

384


Il Libro dei Martiri di Foxe

pubblica. Fu anche invitato a leggere pubblicamente le istruzioni che aveva ricevuto dal

governo a questo scopo. Nonostante ciò, il 20th gennaio 1816, quando si celebrò la

funzione in commemorazione della morte di Luigi XVI, si formò un corteo, le Guardie

Nazionali spararono contro la bandiera bianca appesa alle finestre dei protestanti e

conclusero la giornata saccheggiando le loro case.

Nel comune di Anguargues la situazione era ancora peggiore. In quello di Fontanes,

dall'ingresso del re nel 1815, i cattolici ruppero ogni rapporto conciliante con i protestanti.

Di giorno li insultavano e di notte forzavano le loro porte o le segnavano con il gesso per

essere saccheggiate o bruciate. San Mamert fu ripetutamente visitata da questi furti. A

Montmiral, già il 16 giugno 1816, i protestanti furono attaccati, picchiati e imprigionati per

aver osato festeggiare il ritorno di un re che aveva giurato di preservare la libertà religiosa

e di mantenere la Carta.

Un Ulteriore Resoconto degli atti dei Cattolici a Nismes

Sembra che gli eccessi perpetrati nel Paese non abbiano in alcun modo distolto

l'attenzione dei persecutori da Nismes. L'ottobre 1815 iniziò senza alcun miglioramento

nei principi o nelle misure del governo, e a ciò seguì una corrispondente presunzione da

parte del popolo. Diverse case del Quartier St. Charles furono saccheggiate e i loro relitti

bruciati nelle strade tra canti, balli e grida di "Vive le Roi!". Il sindaco si presentò, ma

l'allegra moltitudine fece finta di non conoscerlo e quando si azzardò a protestare contro

gli abusi, gli dissero che "la sua presenza non era necessaria e che doveva ritirarsi". Durante

il 16 ottobre, ogni preparazione sembrava annunciare una notte di carneficina; gli ordini di

assembramento e i segnali di attacco venivano diffusi con regolarità e sicurezza. Trestaillon

ispezionava le sue spie e i suoi seguaci e li incitava a perpetrare i crimini, rivolgendo a uno

di quei disgraziati le seguenti parole:

Ruffiano. "Se tutti i protestanti, senza un'eccezione, devono essere uccisi, mi unirò

volentieri. Ma dato che mi avete ingannato così spesso, a meno che non se ne vadano tutti,

non mi muoverò".

Trestaillon. "Venite dunque, perché questa volta non sfuggirà nemmeno un uomo".

Questo orribile proposito sarebbe stato eseguito se non fosse stato per il generale La

Garde, comandante del dipartimento. Solo alle dieci di sera percepì il pericolo. Ora sentiva

che non si poteva perdere un attimo. La folla avanzava per i sobborghi e le strade si

riempivano di furfanti che pronunciavano le più orribili imprecazioni. Il Generale suonò

alle undici e aumentò la confusione che si stava diffondendo in città. Alcune truppe si

radunarono intorno al conte La Garde, che era tormentato dall'angoscia alla vista del male

che era arrivato a un tale livello di febbre. Monsieur Durand, un avvocato cattolico,

racconta quanto segue:

385


Il Libro dei Martiri di Foxe

"Era quasi mezzanotte, mia moglie si era appena addormentata. Stavo scrivendo al

suo fianco, quando fummo disturbati da un rumore lontano. I tamburi sembravano

attraversare la città in ogni direzione. Cosa poteva significare tutto questo! Per placare il

suo allarme, dissi che probabilmente annunciavano l'arrivo o la partenza di alcune truppe

della guarnigione. Ma sentimmo sparare e gridare a gran voce, immediatamente udibili.

Aprendo la finestra, mi accorsi di orribili imprecazioni mescolate a grida di "Vive le Roi!.

Svegliai un ufficiale che abitava in casa e Monsieur Chancel, direttore dei Lavori Pubblici.

Partimmo insieme e arrivammo alla Boulevarde.

La luna splendeva luminosa, e quasi tutti gli oggetti erano chiari come il giorno. Una

folla furiosa avanzava, giurando di sterminarci. La maggior parte era seminuda, armata di

coltelli, moschetti, bastoni e spade. In risposta alle mie domande, mi fu detto che il

massacro era generale, che molti erano già stati uccisi nei sobborghi. Monsieur Chancel si

ritirò per indossare la sua uniforme di capitano dei Pompieri. Gli ufficiali si ritirarono in

caserma e io, in ansia per mia moglie, tornai a casa. A causa del rumore, ero convinto che

ci fossero persone che mi seguivano. Strisciai all'ombra del muro, aprii la mia porta, entrai

e la richiusi, lasciando una piccola apertura attraverso la quale potevo osservare i

movimenti del gruppo le cui armi brillavano al chiaro di luna. In pochi istanti apparvero

alcuni uomini armati che conducevano un prigioniero proprio nel punto in cui ero nascosto.

Si fermarono, io chiusi delicatamente la porta e salii su un ontano piantato contro il muro

del giardino.

Che scena! Un uomo in ginocchio che implorava pietà da miserabili che si prendevano

gioco della sua agonia e lo riempivano di insulti. In nome di mia moglie e dei miei figli,

disse, "risparmiatemi! Che cosa ho fatto? Perché mi uccidete per niente?". Ero sul punto di

gridare e minacciare gli assassini di vendicarsi. Non ebbi molto tempo per riflettere, perché

lo sparo di diverse micce mise fine alla mia attesa. L'infelice supplicante, colpito ai lombi

e alla testa, non si alzò più. Le spalle degli assassini erano rivolte verso l'albero. Si

ritirarono immediatamente, ricaricando le armi. Scesi e mi avvicinai al moribondo, che

emetteva profondi e lugubri lamenti. In quel momento arrivarono alcune Guardie Nazionali,

e io mi ritirai di nuovo e chiusi la porta. Vedo", disse uno, "un uomo morto". Canta ancora",

disse un altro. Sarà meglio", disse un terzo, "finirlo e porre fine alle sue sofferenze". Cinque

o sei moschetti furono sparati all'istante e i lamenti cessarono. Il giorno seguente, la folla

venne a ispezionare e insultare il defunto. Il giorno dopo un massacro era sempre osservato

come una sorta di festa, e ogni occupazione era lasciata per andare a guardare le vittime".

Questo era Louis Lichare, padre di quattro figli. Quattro anni dopo l'evento, Monsieur

Durand verificò questa testimonianza con il suo giuramento al processo di uno degli

assassini.

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Attacco alle Chiese Protestanti

Prima della morte del generale La Garde, il duca d'Angouleme aveva visitato Nismes

e altre città del sud. Nella prima località, ha onorato i membri del concistoro protestante

con un colloquio, promettendo loro protezione e incoraggiandoli a riaprire il loro tempio

da tempo chiuso. A Nismes ci sono due chiese e si è convenuto di preferire la più piccola

in questa occasione e di omettere il suono della campana. Il generale La Garde ha dichiarato

che avrebbe risposto con la sua testa per la sicurezza della sua congregazione. I protestanti

si informarono privatamente che il culto sarebbe stato nuovamente celebrato alle dieci.

Cominciarono a riunirsi in silenzio e con cautela. Fu deciso che Monsieur Juillerat

Chasseur avrebbe officiato la funzione, anche se era talmente convinto del pericolo che

pregò la moglie e alcuni membri del suo gregge di rimanere con le loro famiglie. Essendo

il tempio aperto solo per una questione di forma e in ottemperanza agli ordini del Duca

d'Angouleme, questo pastore desiderava essere l'unica vittima. Mentre si recava in chiesa,

incrociò numerosi gruppi che lo guardavano con aria feroce. "Questo è il momento",

dicevano alcuni, "di dare loro l'ultimo colpo".

"Sì", aggiunsero altri, "e non devono essere risparmiati né donne né bambini". Un

disgraziato, alzando la voce al di sopra degli altri, esclamò: "Ah, andrò a prendere il mio

moschetto e dieci per la mia parte". Tra questi suoni minacciosi, Monsieur Juillerat

proseguì il suo cammino. Ma quando arrivò al tempio, il sacrestano non ebbe il coraggio

di aprire la porta e fu costretto a farlo lui stesso. Quando i fedeli arrivarono, trovarono

strani individui nelle strade adiacenti e sui gradini della chiesa, che giuravano di non

celebrare il loro culto e gridavano: "Abbasso i protestanti! Uccideteli! Uccideteli!". Alle

dieci la chiesa era quasi piena, M.J. Chasseur iniziò le preghiere; la calma che seguì fu di

breve durata. All'improvviso, il ministro fu interrotto da un violento rumore e un certo

numero di persone entrò, pronunciando le grida più terribili, mescolate a Vive le Roi! Ma

il gendarme riuscì a escludere questi fanatici e a chiudere le porte. Il rumore e il tumulto

all'esterno si moltiplicarono e i colpi della popolazione che cercava di aprire le porte fecero

risuonare la casa di urla e gemiti. La voce dei pastori che cercavano di consolare il loro

gregge era inudibile. Invano hanno tentato di cantare il Salmo quarantaduesimo.

Tre quarti d'ora passarono pesantemente. "Mi misi", racconta Madame Juillerat, "ai

piedi del pulpito, con mia figlia in braccio. Mio marito mi raggiunse e mi sostenne. Mi

ricordai che era l'anniversario del mio matrimonio. Dopo sei anni di felicità, dissi, sto per

morire con mio marito e mia figlia; saremo uccisi sull'altare del nostro Dio, vittime di un

sacro dovere, e il cielo si aprirà per accogliere noi e i nostri sfortunati fratelli. Ho benedetto

il Redentore e, senza maledire i nostri assassini, ho atteso il loro arrivo".

Oliver, figlio di un pastore, ufficiale delle truppe reali di linea, tentò di uscire dalla

chiesa, ma le amichevoli sentinelle alla porta gli consigliarono di rimanere assediato con

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Il Libro dei Martiri di Foxe

gli altri. Le Guardie Nazionali si rifiutarono di agire e la folla fanatica approfittò

dell'assenza del generale La Garde e del suo crescente numero. Alla fine si udì il suono di

una musica marziale e voci dall'esterno chiamarono gli assediati: "Aprite, aprite e

salvatevi!". La prima impressione fu quella di un timore di tradimento, ma ben presto

furono informati che un distaccamento di ritorno dalla Messa era schierato davanti alla

chiesa per favorire la ritirata dei protestanti. La porta fu aperta. Molti di loro fuggirono tra

le file dei soldati, che avevano spinto la folla davanti a loro. Ma questa strada, così come

altre attraverso le quali i fuggitivi dovettero passare, si riempì presto di nuovo. Il venerabile

pastore Olivier Desmond, tra i settanta e gli ottant'anni, fu circondato dagli assassini. Gli

puntarono i pugni in faccia e gridarono: "Uccidete il capo dei briganti". Si salvò grazie alla

fermezza di alcuni ufficiali, tra i quali c'era il suo stesso figlio. Fecero un baluardo intorno

a lui con i loro corpi e, tra le loro spade nude, lo condussero a casa sua. Monsieur Juillerat,

che aveva assistito al servizio divino con la moglie al fianco e il figlio in braccio, fu

inseguito e assalito con pietre. Sua madre ricevette un colpo in testa e per qualche tempo

la sua vita fu in pericolo. Una donna fu frustata in modo vergognoso e molte furono ferite

e trascinate per le strade. Il numero di protestanti più o meno maltrattati in questa occasione

ammontava a circa settanta-ottanta.

Assassinio del Generale La Garde

A questi eccessi pose fine la notizia dell'assassinio del conte La Garde, il quale,

ricevuto un resoconto di questo tumulto, montò a cavallo ed entrò in una delle strade per

disperdere la folla. Un malvivente gli afferrò le briglie; un altro gli avvicinò la canna di

una pistola ed esclamò: "Disgraziato, mi fai ritirare!". E subito ha sparato. L'assassino era

Louis Boissin, sergente della Guardia Nazionale. Ma, benché noto a tutti, nessuno cercò di

arrestarlo. Si diede alla fuga. Non appena il generale si trovò ferito, diede ordine al servizio

di polizia di proteggere i protestanti e partì al galoppo verso il suo albergo. Ma al suo arrivo

svenne immediatamente. Una volta ripresosi, impedì al chirurgo di perquisire la ferita fino

a quando non avesse scritto una lettera al governo, affinché, in caso di morte, si sapesse da

che parte era arrivato il colpo e nessuno osasse accusare i protestanti del crimine.

La probabile morte di questo generale produsse una certa moderazione da parte dei

nemici e una certa tranquillità. Ma la massa del popolo era stata troppo a lungo abbandonata

alla licenziosità per essere trattenuta anche dall'assassinio del rappresentante del loro re.

La sera tornarono di nuovo al tempio e con le accette aprirono la porta; il rumore lugubre

dei loro colpi portò il terrore nel petto delle famiglie protestanti che sedevano nelle loro

case in lacrime. Il contenuto della cassetta dei poveri e gli abiti preparati per la distribuzione

furono rubati. Le vesti del ministro furono fatte a pezzi. I libri sono stati strappati o portati

via. Gli armadi sono stati messi a soqquadro, ma le stanze che contenevano gli archivi della

chiesa e dei sinodi sono state provvidenzialmente messe al sicuro. Se non fosse stato per le

numerose pattuglie di polizia a piedi, l'intera chiesa sarebbe stata preda delle fiamme e

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Il Libro dei Martiri di Foxe

l'edificio stesso un cumulo di rovine. Nel frattempo, i fanatici attribuirono apertamente

l'omicidio del generale alla sua devozione e dissero: "È stata la volontà di Dio". Furono

offerti tremila franchi per l'arresto di Boissin. Ma era ben noto che i protestanti non osavano

arrestarlo e che i fanatici non lo avrebbero fatto. Durante queste operazioni, il sistema di

conversioni forzate al cattolicesimo progrediva regolarmente e in modo spaventoso.

Interferenze del Governo Britannico

Per il merito dell'Inghilterra, la notizia di queste crudeli persecuzioni perpetrate contro

i nostri fratelli protestanti in Francia suscitò un tale scalpore da indurre il governo a

intervenire. Ora i persecutori dei protestanti fecero di questo spontaneo atto di umanità e

di religione il pretesto per accusare i sofferenti di una corrispondenza a tradimento con

l'Inghilterra. Ma, nel bel mezzo di questi eccessi, con loro grande sgomento, apparve una

lettera, spedita prima in Inghilterra dal Duca di Wellington, in cui si affermava che

"esistevano molte informazioni sugli eventi del sud".

I ministri delle tre denominazioni a Londra, ansiosi di non essere fuorviati, chiesero a

uno dei loro confratelli di visitare le scene di persecuzione e di esaminare con imparzialità

la natura e l'estensione dei mali che desideravano alleviare. Il Rev. Clement Perot intraprese

questo difficile compito ed eseguì i loro desideri con uno zelo, una prudenza e una

devozione che non possono essere elogiati. Il suo ritorno ha fornito prove abbondanti e

inoppugnabili di una persecuzione vergognosa. Il suo ritorno fornì prove abbondanti e

inoppugnabili di una vergognosa persecuzione.

L'interferenza straniera fu scoperta come eminentemente utile. Le dichiarazioni di

tolleranza che essa suscitò da parte del governo francese, così come la marcia più cauta dei

persecutori cattolici, operarono come un riconoscimento decisivo e involontario

dell'importanza di tale interferenza. All'inizio alcuni la censurarono e la disprezzarono, ma

grazie alla voce severa dell'opinione pubblica in Inghilterra e altrove, l'interferenza

produsse una conseguente sospensione di massacri e saccheggi. Gli assassini e i

saccheggiatori rimasero comunque impuniti, e addirittura accarezzati e premiati per i loro

crimini. Mentre i protestanti in Francia soffrivano le pene e le sanzioni più crudeli e

degradanti per presunti crimini insignificanti, i cattolici, coperti di sangue e colpevoli di

numerosi e orribili omicidi, venivano assolti.

Forse la virtuosa indignazione espressa da alcuni dei cattolici più illuminati contro

questi abominevoli procedimenti ebbe un ruolo non secondario nel frenarli. Molti

protestanti innocenti erano stati condannati alle galere e puniti in altro modo per presunti

crimini, sulla base di giuramenti di disgraziati senza principi e abbandonati. Monsieur

Madier de Mongau, giudice della Corte Reale di Nismes e presidente della Corte d'Assise

della Guardia e della Vaucluse, in un'occasione si sentì costretto a sciogliere la corte

piuttosto che accettare la testimonianza di quel mostro famigerato e sanguinario che era

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Truphemy: "In una sala del Palazzo di Giustizia, di fronte a quella in cui sedevo io, erano

sotto processo diversi sfortunati perseguitati dalla fazione. Ogni prova che tendeva alla loro

incriminazione era applaudita con grida di "Vive le Roi!.

Per tre volte l'esplosione di questa gioia atroce divenne così terribile che fu necessario

inviare rinforzi dalle caserme. E spesso duecento soldati non erano sufficienti a contenere

il popolo. All'improvviso, le urla e le grida di Vive le Roi! raddoppiarono: arrivò un uomo,

accarezzato, applaudito, sollevato sulle spalle in trionfo. Era l'orribile Truphemy. Si

avvicinò al tribunale - venne a deporre contro i prigionieri. Fu ammesso come testimone e

alzò la mano per prestare giuramento! Colto da orrore a quella vista, mi precipitai dal mio

posto ed entrai nella sala del consiglio; i miei colleghi mi seguirono; invano mi convinsero

a riprendere il mio posto; "No!", esclamai, "non acconsentirò a vedere quel disgraziato

ammesso a testimoniare in una corte di giustizia nella città che ha riempito di omicidi; nel

palazzo, sui cui gradini ha assassinato l'infelice Bourillon.

Non posso ammettere che egli uccida le sue vittime con le sue testimonianze, non più

che con i suoi poignard. Lui - un accusatore! Lui - un testimone! No, non permetterò mai

di vedere questo mostro alzarsi, in presenza di magistrati, per prestare un giuramento

sacrilego, con la mano ancora sporca di sangue". Queste parole furono ripetute all'esterno.

Il testimone tremò; tremarono anche i faziosi che guidavano la lingua di Truphemy come

avevano guidato il suo braccio, che dettavano bugie dopo avergli insegnato l'omicidio.

Queste parole penetrarono nelle prigioni dei condannati e ispirarono speranza. Esse diedero

a un altro coraggioso avvocato la risoluzione di sposare la causa dei perseguitati. Portò le

preghiere dell'innocenza e della miseria ai piedi del trono. Lì chiese se la prova di una

Trufemia fosse sufficiente per annullare una sentenza. Il re concesse un perdono pieno e

gratuito".

Risoluzione finale dei Protestanti a Nismes

Per quanto riguarda la condotta dei protestanti, questi cittadini altamente oltraggiati,

spinti all'estremo dai loro persecutori, sentirono a lungo che dovevano solo scegliere il

modo in cui morire. All'unanimità decisero che sarebbero morti combattendo per la propria

difesa. Questo atteggiamento deciso fece capire ai loro macellai che non potevano più

uccidere impunemente. Tutto cambiò immediatamente. Coloro che per quattro anni

avevano riempito gli altri di terrore, ora lo sentivano a loro volta. Tremarono per la forza

che gli uomini, così a lungo rassegnati, trovavano nella disperazione, e il loro allarme fu

accresciuto quando sentirono che gli abitanti delle Cevennes, convinti del pericolo dei loro

fratelli, stavano marciando in loro aiuto. Ma, senza aspettare questi rinforzi, i protestanti si

presentarono di notte nello stesso ordine e armati allo stesso modo dei loro nemici. Gli altri

sfilarono per i Boulevard, con il solito rumore e la solita furia, ma i protestanti rimasero

silenziosi e fermi nella posizione scelta. Per tre giorni questi incontri pericolosi e

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Il Libro dei Martiri di Foxe

minacciosi continuarono. Ma l'effusione di sangue fu impedita dagli sforzi di alcuni degni

cittadini che si distinguevano per il loro rango e la loro fortuna. Condividendo i pericoli

della popolazione protestante, ottennero il perdono di un nemico che ora tremava mentre

minacciava.

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Capitolo XXIF - L'Inizio delle Missioni Estere Americane

Samuel J. Mills, quando uno studente del Guillermos College, riunì intorno a lui un

gruppo di compagni di studi, tutti sentendo il peso del grande mondo pagano. Un giorno

nel 1806 quattro di loro, sorpresi da un temporale, si rifugiarono nel rifugio di un pagliaio.

Passarono il tempo in preghiera per la salvezza del mondo, e decisero, se si offrisse

l'opportunità, di andare loro stessi come missionari. Questo "incontro di preghiera da

pagliaio" è diventato storico.

Questi giovani andarono più tardi al seminario teologico di Andover, dove Adoniram

Judson si unì a loro. Quattro di questi inviarono una petizione alla Massachusetts

Congregational Association a Bradford, il 29 giugno 1810, offrendosi come missionari e

chiedendo se potevano aspettarsi il sostegno di una società in questo paese, o se dovevano

fare domanda per una società britannica. In risposta a questo appello è stato costituito il

Board of Commissioners for Foreign Missions americano.

Quando fu richiesta una carta per il Consiglio, un'anima incredula si oppose alla parola

del legislatore, sostenendo in opposizione alla petizione che il paese conteneva una

fornitura così limitata di cristianesimo che nessuno poteva essere risparmiato per

l'esportazione, ma fu giustamente ricordato da un altro, che era benedetto con una marca

più ottimista, che questo era un bene tale che più era inviato all'estero più rimaneva a casa.

C'erano molte perplessità riguardo ai piani e alle finanze, così Judson fu inviato in

Inghilterra per conferire con la London Society la fattibilità delle due organizzazioni che

cooperavano nell'invio e nel sostegno dei candidati, ma questo piano non arrivò a nulla.

Alla fine furono raccolti soldi sufficienti, e nel febbraio del 1812, i primi missionari

dell'American Board salparono per l'Oriente. Il sig. Judson era accompagnato dalla moglie,

avendo sposato Ann Hasseltine poco prima di salpare.

Durante il lungo viaggio fuori, in qualche modo i coniugi Judson e Rice sono stati

portati a rivedere le loro convinzioni con riferimento al corretto modo di battesimo, sono

giunti alla conclusione che solo l'immersione era valida, e sono stati ribattezzati da Carey

subito dopo il loro arrivo a Calcutta. Questo passo ha necessariamente sminuito la loro

connessione con il corpo che li aveva mandati via, e li ha lasciati completamente privi di

sostegno. Rice è tornato in America per riferire questa condizione ai fratelli battisti. Essi

guardavano alla situazione come risultato di un atto di Provvidenza, e con impazienza

progettavano di accettare la responsabilità che loro era stata affidata. Di conseguenza fu

costituita l'Unione missionaria battista. Il signor Judson è stata l'occasione

dell'organizzazione di due grandi società missionarie.

392


Il Libro dei Martiri di Foxe

La Persecuzione del dottor Judson

Dopo aver lavorato per qualche tempo in Hindustan Dr. e Mrs.

Judson finalmente si stabilì a Rangoon nell'Impero Burman, nel 1813. Nel 1824

scoppiò la guerra tra la Compagnia britannica delle Indie orientali e l'imperatore della

Birmania. Il dottor Judson e il dottor Price, che si trovavano ad Ava, la capitale dell'Impero

Burman, quando la guerra iniziò, furono immediatamente arrestati e confinati per diversi

mesi. Il racconto delle sofferenze dei missionari è stato scritto dalla signora Judson ed è

dato con le sue stesse parole.

Rangoon

26 maggio 1826.

Mio amato fratello,

Comincio questa lettera con l'intenzione di darvi i particolari della nostra prigionia e

delle nostre sofferenze ad Ava. Per quanto tempo la mia pazienza mi permetterà di rivedere

scene di disgusto e orrore, la conclusione di questa lettera determinerà. Avevo tenuto un

diario di tutto quello che era successo dal nostro arrivo ad Ava, ma l'ho distrutto al

momento del comizio delle nostre difficoltà.

La prima intelligence certa che abbiamo ricevuto della dichiarazione di guerra da parte

dei birmani, era al nostro arrivo a Tsenpyoo-kywon, circa cento miglia da questa parte di

Ava, dove una parte delle truppe, sotto il comando del celebre Bandoola, si erano

accampate. Mentre procedevamo nel nostro viaggio, incontrammo lo stesso Bandoola, con

il resto delle sue truppe, allegramente attrezzate, sedute sulla sua chiatta d'oro, e circondate

da una flotta di barche da guerra d'oro, una delle quali fu immediatamente inviata dall'altra

parte del fiume per salutarci, e fare tutte le indagini necessarie. Ci fu permesso di procedere

tranquillamente, quando egli aveva informato il messaggero che eravamo americani, non

inglesi, e che stavamo andando ad Ava in obbedienza al comando di sua Maestà.

Quando siamo arrivati nella capitale, abbiamo scoperto che il dottor Price era in

disgrazia in tribunale, e quel sospetto si basava sulla maggior parte degli stranieri allora ad

Ava. Tuo fratello visitò il palazzo due o tre volte, ma trovò il modo del re verso di lui molto

diverso da quello che era stato in precedenza; e la regina, che fino ad allora aveva espresso

i desideri per il mio rapido arrivo, ora non fece domande dopo di me, né intimò un desiderio

di vedermi. Di conseguenza, non ho fatto alcuno sforzo per visitare il palazzo, anche se

quasi quotidianamente invitato a visitare alcuni dei rami della famiglia reale, che vivevano

nelle loro case, fuori dal recinto del palazzo. In queste circostanze, pensavamo che la nostra

strada più prudente fosse quella di perseguire la nostra intenzione originale di costruire una

393


Il Libro dei Martiri di Foxe

casa, e iniziare le operazioni missionarie come un'occasione offerta, cercando così di

convincere il governo che non avevamo davvero nulla a che fare con l'attuale guerra.

In due o tre settimane dopo il nostro arrivo, il re, la regina, tutti i membri della famiglia

reale, e la maggior parte degli ufficiali di governo, sono tornati ad Amarapora, al fine di

venire e prendere possesso del nuovo palazzo nello stile abituale.

Non oso tentare una descrizione di quel giorno splendido, quando la maestà con tutta

la sua gloria apparente entrò alle porte della città d'oro, e tra le acclamazioni di milioni,

posso dire, prese possesso del palazzo. Le saupwar delle province confinanti con la Cina,

tutti i viceré e alti ufficiali del regno furono assemblati in occasione, vestiti con le loro vesti

di stato e ornati con le insegne del loro ufficio. L'elefante bianco, riccamente ornato con

oro e gioielli, era uno degli oggetti più belli della processione. Solo il re e la regina erano

disadornati, vestiti con il semplice abito della campagna; loro, mano nella mano, entravano

nel giardino in cui avevamo preso posto, e dove un banchetto era preparato per il loro

ristoro. Tutte le ricchezze e la gloria dell'impero erano in questo giorno esposte alla vista.

Il numero e le immense dimensioni degli elefanti, i numerosi cavalli e la grande varietà di

veicoli di tutte le descrizioni, hanno superato di gran lunga tutto ciò che ho mai visto o

immaginato. Subito dopo che sua maestà ebbe preso possesso del nuovo palazzo, fu emesso

un ordine che nessuno straniero doveva essere autorizzato ad entrare, tranne Lansago.

Eravamo un po' allarmati, ma abbiamo concluso che era per motivi politici e che forse non

ci avrebbe toccato in sostanza.

Per diverse settimane non è successo nulla che ci allarmasse, e abbiamo continuato

con la nostra scuola. Il signor J. predicava ogni sabato, tutti i materiali per la costruzione

di una casa in mattoni venivano procurati, e i muratori avevano fatto notevoli progressi nel

sollevare l'edificio.

Il 23 maggio 1824, proprio come avevamo concluso il culto a casa del Dottore,

dall'altra parte del fiume, un messaggero venne ad informarci che Rangoon era stato preso

dagli inglesi. L'intelligenza ha prodotto uno shock, in cui c'era un misto di paura e gioia. Il

signor Gouger, un giovane mercante residente ad Ava, era con noi, e aveva molto più

motivo di temere di noi. Tutti, però, tornammo immediatamente a casa nostra, e

cominciammo a considerare cosa si doveva fare. Il signor G. andò dal principe Thar-yarwadee,

il fratello più influente del re, che lo informò che non aveva bisogno di concedersi

alcun disagio, poiché aveva menzionato l'argomento a sua maestà, che aveva risposto, che

"i pochi stranieri residenti ad Ava non avevano nulla a che fare con la guerra, e non

dovevano essere molestati."

"Il governo ora era tutto in movimento. Un esercito di 10 o 12.000 uomini, sotto il

comando del Kyee-woon-gyee, fu inviato in tre o quattro giorni, e doveva essere raggiunto

dal Sakyer-woon-gyee, che era stato precedentemente nominato viceré di Rangoon, e che

394


Il Libro dei Martiri di Foxe

era sulla sua strada, quando la notizia del suo attacco lo raggiunse. Nessun dubbio fu preso

in considerazione della sconfitta degli inglesi; l'unica paura del re era che gli stranieri

sentissero parlare dell'avanzata delle truppe birmane, sarebbero stati così allarmati da

fuggire a bordo delle loro navi e partire, prima che ci fosse il tempo di proteggerli come

schiavi. 'Portami,' disse un giovane e selvaggio buck del palazzo, 'sei kala pyoo,

(sconosciuti bianchi,) per remare la mia barca;' e 'a me,' disse la signora di Woon- gyee,

'manda quattro sconosciuti bianchi a gestire gli affari della mia casa, come capisco che

sono servi fidati.' Le barche da guerra, in gran gioia, passavano da casa nostra, i soldati

cantavano e danzavano, e esibivano gesti del tipo più gioioso. Poveri amici, ho detto che

probabilmente non ballerete mai più. E così è stato dimostrato, per pochi se non mai, di

aver visto di nuovo la loro casa natale.

"Il signor Judson e il dottor Price sono stati convocati a un tribunale d'esame, dove è

stata fatta un'indagine rigorosa in relazione a tutto ciò che sapevano. Il punto principale

sembrava essere se avessero avuto l'abitudine di comunicare con gli stranieri, con lo stato

del paese, ecc. Risposero che avevano sempre scritto ai loro amici in America, ma non

avevano alcuna corrispondenza con ufficiali inglesi o con il governo del Bengala. Dopo il

loro esame, non furono messi in isolamento come gli inglesi erano stati, ma gli fu permesso

di tornare alle loro case. Dall’esame dei conti del sig. G è emerso che il sig. J. e il sig. Price

avevano prelevato somme di denaro da quest’ultimo per un importo considerevole.

Ignorare, come lo erano i birmani, il nostro modo di ricevere denaro, con ordini in Bengala,

questa circostanza, per le loro menti sospette, era una prova sufficiente che i missionari

erano al soldo degli inglesi, e molto probabilmente delle spie. Fu così rappresentata al re,

che, in tono rabbioso, ordinò l'arresto immediato dei "due insegnanti".

"L'otto giugno, proprio mentre ci preparavamo per la cena, in fretta un ufficiale, con

un libro nero, con una dozzina di Burmans, accompagnato da uno, che, dalla sua faccia

macchiata, sapevamo essere un boia, e un 'figlio della prigione.' 'Dov'è l'insegnante?' era la

prima inchiesta. Il signor Judson si presentò. "Sei chiamato dal re disse l'ufficiale, una

forma di discorso usata sempre quando si stava per arrestare un criminale. L'uomo avvistato

ha immediatamente preso il signor Judson, lo ha gettato sul pavimento e ha prodotto la

cordicella, lo strumento di tortura. Gli afferrai il braccio;

"Resta, (disse io) ti darò dei soldi." "Prendila pure," disse l'ufficiale; "anche lei è

straniera." Il signor Judson, con uno sguardo implorante, supplicò che mi avrebbero

lasciato rimanere fino a ulteriori ordini. La scena era scioccante.

L'intero quartiere aveva raccolto - i muratori al lavoro sulla casa di mattoni gettato giù

i loro attrezzi, e corse-i bambini Burman stavano urlando e piangendo - i servi del Bengala

si sono alzati in piedi in stupore per le indignazioni offerte loro padrone-e il carnefice

incallito, con una gioia infernale, ha tirato stretti i cavi, ha legato Sig. Judson veloce, e lo

395


Il Libro dei Martiri di Foxe

ha trascinato fuori, non sapevo neanche dove. Invano supplicai e supplicai la faccia

maculata di prendere l'argento, e allentare le corde, ma lui respinse le mie offerte, e

immediatamente partì. Ho dato i soldi, tuttavia, a Myoung Ing per seguire, per fare un

ulteriore tentativo di mitigare la tortura del signor Judson; ma invece di riuscirci, quando

qualche bastone da casa, i disgraziati insensibili hanno di nuovo gettato il loro prigioniero

a terra, e hanno tirato le corde ancora più strette, quasi a prevenire la respirazione.

L'ufficiale e la sua banda procedettero verso il tribunale, dove furono raccolti il

governatore della città e gli ufficiali, uno dei quali lesse l'ordine del re, di impegnare il

signor Judson nella prigione della morte, in cui fu presto scagliato, la porta si chiuse e

Myoung Ing non vide più. Che notte era prima di me! Mi ritirai nella mia stanza, e cercai

di ottenere consolazione impegnando il mio caso a Dio, e implorando forza e forza per

soffrire qualunque cosa mi aspettasse. Ma la consolazione della pensione non mi era stata

permessa a lungo, perché il magistrato del luogo era entrato nella veranda, e mi chiamava

continuamente ad uscire, e sottoporsi al suo esame. Ma prima di uscire, distrussi tutte le

mie lettere, diari e scritti di ogni tipo, per timore che rivelassero il fatto che avevamo

corrispondenti in Inghilterra, e che avevano minimizzato ogni occorrenza dal nostro arrivo

nel paese. Quando questo lavoro di distruzione fu finito, uscii e mi sottoposi all'esame del

magistrato, che informò molto minuziosamente di tutto quello che conoscevo; poi ordinò

che i cancelli del complesso fossero chiusi, a nessuno fosse permesso di entrare o uscire,

piazzò una guardia di dieci ruffiani, ai quali diede un'accusa severa per tenermi al sicuro,

e partì.

Ora era buio. Mi ritirai in una stanza interna con le mie quattro bambine Burman, e

sbarrai le porte. La guardia mi ordinò immediatamente di aprire le porte e uscire, altrimenti

avrebbero demolito la casa. Mi sono ostinatamente rifiutato di obbedire, e ho cercato di

intimidirli minacciando di lamentarmi della loro condotta alle autorità superiori il giorno

dopo. Trovandomi risoluto a non rispettare i loro ordini, presero i due servi del Bengala, e

li confinarono nelle scorte in una posizione molto dolorosa. Non potevo sopportare questo;

ma chiamò il capo alla finestra, e promise di fargli tutti un regalo al mattino, se avessero

liberato i servi. Dopo molti dibattiti e molte gravi minacce, acconsentirono, ma sembrarono

decisi a infastidirmi il più possibile. Il mio stato desolato e privo di protezione, tutta la mia

incertezza sul destino del signor Judson, e le terribili carovane e il linguaggio quasi

diabolico della guardia, cospirarono tutti per rendere di gran lunga la notte più angosciante

che io abbia mai passato. Immaginate, caro fratello, che il sonno fosse estraneo ai miei

occhi, e la pace e la compostezza alla mia mente.

La mattina dopo, ho mandato Myoung Ing ad accertare la situazione di tuo fratello, e

gli ho dato del cibo, se ancora vivo. Tornò presto, con l'intelligenza che Sig. Judson, e tutti

gli stranieri bianchi, furono confinati nella prigione di morte, con tre coppie di ferri di ferro

ciascuno, e legati a un lungo palo, per impedirne il movimento! Il punto della mia angoscia

396


Il Libro dei Martiri di Foxe

ora era che ero anch 'io prigioniero e non potevo fare nulla per il rilascio dei missionari.

Ho supplicato e supplicato il magistrato di permettermi di andare da qualche membro del

governo per esporre il mio caso; ma lui ha detto che non ha osato acconsentire, per paura

di farmi scappare. Successivamente scrissi una nota a una delle sorelle del re, con cui ero

stata intima, chiedendole di usare la sua influenza per il rilascio degli insegnanti. La nota

fu restituita con questo messaggio - Lei 'non lo capiva' - che era un rifiuto educato di

interferire; anche se in seguito ho accertato che aveva un desiderio ansioso di assisterci, ma

non osava a causa della regina. La giornata si trascinò via pesantemente, e un'altra notte

terribile era prima di me. Ho cercato di ammorbidire i sentimenti della guardia dando loro

tè e sigari per la notte; in modo che mi permettessero di rimanere dentro la mia stanza,

senza minacciarli come hanno fatto la notte prima. Ma l'idea che tuo fratello fosse disteso

a terra nudo in ferri da stiro e isolamento, tormentava la mia mente come uno spettro e mi

impediva di ottenere un sonno tranquillo, anche se la natura era quasi esausta.

Il terzo giorno ho mandato un messaggio al governatore della città, che ha l'intera

direzione degli affari penitenziari, per permettermi di visitarlo con un regalo. Questo ebbe

l'effetto desiderato; e immediatamente inviò ordini alle guardie, per permettere il mio

ingresso in città. Il governatore mi ha accolto piacevolmente e mi ha chiesto cosa volevo.

Gli ho riferito la situazione degli stranieri, e in particolare quella degli insegnanti, che erano

americani, e non avevano nulla a che fare con la guerra. Mi disse che non era in suo potere

liberarli dalla prigione o dai ferri, ma che poteva rendere la loro situazione più confortevole;

c'era il suo capo ufficiale, con cui devo consultarmi, relativamente ai mezzi. L'ufficiale,

che ha dimostrato di essere uno degli scrittori della città, e il cui volto al primo sguardo ha

presentato il più perfetto assemblaggio di tutte le malvagie passioni legate alla natura

umana, mi ha preso da parte, e ha cercato di convincermi, che io, come i prigionieri, ero

completamente a sua disposizione - che il nostro futuro conforto deve dipendere dalla mia

liberalità in relazione ai regali - e che questi devono essere fatti in modo privato e

sconosciuti a qualsiasi ufficiale nel governo! "Cosa devo fare," disse io, "per ottenere una

mitigazione delle attuali sofferenze dei due insegnanti?"

"Pagatemi," disse lui, "duecento tickal, (circa cento dollari,) due pezzi di stoffa fine,

e due pezzi di fazzoletti." Avevo preso i soldi con me la mattina, essendo la nostra casa a

due miglia dalla prigione- non potevo facilmente tornare. Ho offerto questo allo scrittore,

e mi ha pregato che non insistesse sugli altri articoli, in quanto non erano in mio possesso.

Esitò per un po' di tempo, ma temendo di perdere la vista di così tanti soldi, concluse di

prenderlo, promettendo di sollevare gli insegnanti dalla loro situazione più dolorosa'.

Poi mi procurai un ordine dal governatore, per la mia ammissione in prigione; ma le

sensazioni, prodotte dall'incontro con tuo fratello in quella situazione orribile e miserabile

- e la scena che ne seguì, non cercherò di descrivere. Il signor Judson strisciò fino alla porta

della prigione, perché non mi era mai stato permesso di entrare, mi diede alcune indicazioni

397


Il Libro dei Martiri di Foxe

relative al suo rilascio; ma prima che potessimo fare qualsiasi accordo, mi fu ordinato di

partire, da quei carcerieri dal cuore di ferro, che non potevano sopportare di vederci godere

della pessima consolazione di incontrarci in quel luogo miserabile. Invano supplicai il

governatore per la mia ammissione; ripetevano ancora, duramente, 'Partite, o vi tireremo

fuori'. La sera stessa, i missionari, insieme agli altri stranieri, che avevano pagato una

somma uguale, sono stati portati fuori dalla prigione comune e rinchiusi in un capannone

all'aperto. Qui mi fu permesso di mandare loro cibo e stuoie per dormire sopra; ma non mi

fu permesso di entrare di nuovo per diversi giorni.

Il mio prossimo obiettivo era quello di far presentare una petizione alla regina; ma

nessuna persona che fosse ammessa nel palazzo, che fosse in disgrazia con sua maestà,

cercai di presentarla attraverso il mezzo della moglie di suo fratello. L'avevo visitata in

giorni migliori, e ho ricevuto particolari segni del suo favore. Ma ora i tempi erano cambiati:

il signor Judson era in prigione, e io in difficoltà, il che era una ragione sufficiente per

darmi un ricevimento freddo. Ho preso un regalo di notevole valore. Mentre entravo, lei si

addentava sul tappeto, con i suoi accompagnatori attorno a lei. Non aspettavo la solita

domanda ad un supplichevole, 'Cosa vuoi?' ma in modo audace, serio, ma rispettoso,

dichiaravo le nostre angosce e i nostri torti, e pregavo la sua assistenza. Lei ha in parte

alzato la testa, ha aperto il regalo che avevo portato e ha risposto freddamente, 'Il tuo caso

non è singolare; tutti gli stranieri sono trattati allo stesso modo.'

"Ma è singolare," disse io, "gli insegnanti sono americani; sono ministri della religione,

non hanno nulla a che fare con la guerra o la politica, e sono venuti ad Ava in obbedienza

al comando del re. Non hanno mai fatto nulla per meritare un simile trattamento; ed è giusto

che siano trattati così?' 'Il re fa come gli pare', disse lei; 'Io non sono il re, cosa posso fare?'

'Puoi far valere il loro caso alla regina e ottenere il loro rilascio', rispose io. 'Mettiti nella

mia situazione - se fossi in America, tuo marito, innocente del crimine, gettato in prigione,

in ferri, e tu una solitaria, non protetta donna - cosa faresti?' Con un leggero sentimento, ha

detto: "Presenterò la vostra petizione, tornerò domani. Sono tornato a casa, con grande

speranza, che la rapida liberazione dei missionari fosse a portata di mano.

Ma il giorno dopo la proprietà del signor Gouger, per un ammontare di

cinquecentomila dollari, fu portata e portata al palazzo. Gli ufficiali, al loro ritorno, mi

informarono educatamente, avrebbero dovuto visitare la nostra casa il giorno dopo. Mi

sono sentito in dovere di queste informazioni e quindi ho fatto i preparativi per riceverle,

nascondendo il maggior numero possibile di piccoli articoli; insieme a un argento

considerevole, come sapevo, se la guerra dovesse protrarsi, dovremmo essere in uno stato

di fame senza di essa. Ma la mia mente è in uno stato terribile di agitazione, per timore che

venga scoperto, e che mi venga gettato in prigione. E se fosse stato possibile procurarmi

denaro da qualsiasi altro quartiere, non avrei dovuto avventurarmi in un simile passo.

398


Il Libro dei Martiri di Foxe

La mattina seguente, il tesoriere reale, il principe Tharyawadees, il capo Woon, e

Kyoung-tone Myoo-tsa, che in futuro era un nostro amico stabile, a cui parteciparono

quaranta o cinquanta seguaci, vennero a prendere possesso di tutto quello che avevamo. Li

ho trattati civilmente, ho dato loro sedie per sedersi, tè e dolciumi per il loro rinfresco; e la

giustizia mi obbliga a dire che hanno condotto l'attività di confisca con più riguardo ai miei

sentimenti di quanto avrei pensato fosse possibile per gli ufficiali birmani esibire. I tre

ufficiali, con uno dei segretari reali, entrarono da soli nella casa; ai loro assistenti fu

ordinato di rimanere fuori. Essi videro che ero profondamente colpito, e si scusarono per

quello che stavano per fare, dicendo che era doloroso per loro prendere possesso di

proprietà non loro, ma erano costretti così a fare per ordine del re.

"Dov'è il tuo argento, oro e gioielli?" disse il tesoriere reale. "Non ho né oro né gioielli;

ma ecco la chiave di un bagagliaio che contiene l'argento-fare con esso come ti pare."

Venne prodotto il tronco e pesò l'argento. "Questi soldi", disse io, "furono raccolti in

America, dai discepoli di Cristo, e inviati qui allo scopo di costruire un giovane (il nome

dell'abitazione di un sacerdote) e per il nostro sostegno mentre insegnavamo la religione di

Cristo. È adatto che la prendiate? (I Burmans sono contrari a prendere ciò che è offerto in

un punto di vista religioso, che è stata la causa del mio fare l'inchiesta.) 'Noi dichiareremo

questa circostanza al re,' disse uno di loro, 'e forse lo ripristinerà. Ma questo è tutto l'argento

che hai?" Non potevo dire una falsità: "La casa è in tuo possesso", risposi, "cercati". "Non

hai depositato l'argento con qualche conoscente?" "I miei conoscenti sono tutti in prigione,

con chi dovrei depositare l'argento?"

Hanno poi ordinato di esaminare il mio bagagliaio e i miei cassetti. Solo alla segretaria

è stato permesso di accompagnarmi in questa ricerca. Tutto ciò che era simpatico o curioso,

che incontrava il suo punto di vista, fu presentato agli ufficiali, per la loro decisione, se

dovesse essere preso o mantenuto. Ho supplicato che non avrebbero preso i nostri

indumenti, come sarebbe vergognoso prendere vestiti in parte indossati nel possesso di sua

maestà, e per noi erano di valore indicibile. Hanno dato il loro assenso, hanno preso solo

una lista, e hanno fatto lo stesso con i libri, le medicine, ecc. Il mio tavolino da lavoro e la

mia sedia a dondolo, regali del mio amato fratello, che ho salvato dalla loro presa, in parte

per artificio, e in parte per la loro ignoranza. Hanno lasciato anche molti articoli, di valore

inestimabile, durante la nostra lunga prigionia.

Appena terminata la ricerca e partirono, mi affrettai verso il fratello della regina, per

sentire quale fosse stato il destino della mia petizione; quando, ahimè! tutte le mie speranze

furono infrante, da sua moglie con freddezza dicendo: 'Ho dichiarato il tuo caso alla regina;

ma sua maestà rispose: Gli insegnanti non moriranno: lasciateli rimanere come sono.' Le

mie aspettative erano state così emozionate che questa frase era come un fulmine per i miei

sentimenti. Perché la verità a un colpo d'occhio mi ha assicurato che se la regina rifiutasse

l'assistenza, chi oserebbe intercedere per me? Con il cuore pesante partii, e tornando a casa,

399


Il Libro dei Martiri di Foxe

tentai di entrare nel cancello della prigione, per comunicare le tristi notizie a tuo fratello,

ma mi fu severamente negato l'ingresso; e per i dieci giorni successivi nonostante i miei

sforzi quotidiani, non mi fu permesso di entrare. Abbiamo cercato di comunicare scrivendo,

e dopo aver avuto successo per qualche giorno, è stato scoperto; il povero ragazzo che

comunicava è stato picchiato e messo nelle scorte; e la circostanza mi è costata circa dieci

dollari, oltre a due o tre giorni di agonia, per paura delle conseguenze.

Gli ufficiali che avevano preso possesso della nostra proprietà, l'hanno presentata a

sua maestà, dicendo: 'Judson è un vero insegnante; non abbiamo trovato nulla in casa sua,

ma ciò che appartiene ai sacerdoti. Oltre a questi soldi, ci sono un numero immenso di libri,

medicine, bauli di abbigliamento, di cui abbiamo solo preso una lista. Li prendiamo o li

lasciamo rimanere?' 'Lasciateli rimanere,' disse il re, 'e mettete questa proprietà da sola,

perché sarà restituita a lui di nuovo, se sarà trovato innocente.' Questa era un'allusione

all'idea di essere una spia.

Per due o tre mesi sono stato continuamente molestato, in parte per la mia ignoranza

sulla gestione della polizia e in parte per l'insaziabile desiderio di ogni sottufficiale di

arricchirsi attraverso le nostre disgrazie.

"Tu, mio caro fratello, che conosci il mio forte attaccamento ai miei amici, e quanto

piacere ho avuto fino ad ora, può giudicare dalle circostanze di cui sopra, quanto intense

sono state le mie sofferenze. Ma il punto, l'acme delle mie angosce, consisteva nella

terribile incertezza del nostro destino finale. La mia opinione prevalente era che mio marito

sarebbe stato vittima di una morte violenta; e che avrei dovuto, ovviamente, diventare

schiavo, e languire in un'esistenza miserabile, anche se breve, nelle mani tiranniche di

qualche mostro insensibile. Ma le consolazioni della religione, in queste circostanze

difficili, non erano né "poche né piccole. Mi ha insegnato a guardare oltre questo mondo,

a quel riposo, quel riposo pacifico e felice, dove Gesù regna, e l'oppressione non entra mai.

Alcuni mesi dopo la prigionia di tuo fratello, mi è stato permesso di fare una piccola

stanza di bambù nelle recinzioni della prigione, dove poteva stare molto da solo, e dove a

volte mi è stato permesso di passare due o tre ore. Accadde così che i due mesi che occupò

questo luogo, furono la parte più fredda dell'anno, quando avrebbe sofferto molto nel

capannone aperto che aveva precedentemente occupato. Dopo la nascita della tua nipotina,

non ho potuto visitare la prigione e il governatore come prima, e ho scoperto di aver perso

una notevole influenza, precedentemente acquisita; perché non era così in anticipo di

sentire le mie petizioni quando si è verificata qualsiasi difficoltà, come era stato in

precedenza. Quando Maria aveva quasi due mesi, suo padre una mattina mi mandò a dire

che lui e tutti i prigionieri bianchi erano stati messi nella prigione interna, in cinque paia di

feti ciascuno, che la sua piccola stanza era stata abbattuta, e il suo tappetino, cuscino, ecc.,

400


Il Libro dei Martiri di Foxe

era stato preso dai carcerieri. Per me è stato uno shock terribile, perché ho pensato subito

che fosse solo il preludio a mali più grandi.

La situazione dei prigionieri era ormai angosciante, al di là di ogni previsione. Era

all'inizio della stagione calda. C'erano più di un centinaio di prigionieri chiusi in una stanza,

senza una boccata d'aria se non per le crepe delle assi. Qualche volta ottenni il permesso di

andare alla porta per cinque minuti, quando il mio cuore si ammalò per la miseria esibita.

I prigionieri bianchi, per l'incessante sudorazione e la perdita di appetito, sembravano più

i morti che i vivi. Feci domande quotidiane al governatore, offrendogli del denaro, che lui

rifiutò; ma tutto quello che ottenni fu il permesso per gli stranieri di mangiare il loro cibo

all'esterno, e questo continuò, ma per poco tempo.

Dopo aver proseguito per più di un mese nella prigione interna, tuo fratello è stato

preso con la febbre. Mi sentivo sicuro che non avrebbe vissuto a lungo, a meno che non

fosse stato rimosso da quel luogo rumoroso. Per fare questo, e per essere vicino alla

prigione, mi sono allontanato da casa nostra e ho messo una piccola stanza di bambù

nell'armadietto del governatore, che era quasi di fronte al cancello della prigione. Qui

implorai incessantemente il governatore di darmi l'ordine di portare Sigr. J. fuori dalla

grande prigione, e di metterlo in una situazione più confortevole; e il vecchio, essendo

logorato con le mie suppliche a lungo mi diede l'ordine in forma ufficiale; e diede anche

ordini al capo carceriere, per permettermi di entrare e uscire, tutte le volte della giornata,

per somministrare medicinali. Mi sentivo felice, infatti, e avevo fatto immediatamente

rimuovere il signor J. in un piccolo tegame di bambù, così basso, che nessuno di noi poteva

stare in piedi-ma un palazzo in confronto al posto che aveva lasciato.

La Rimozione dei prigionieri a Oung-pen-la-Mrs Judson li segue

Nonostante l'ordine che il governatore aveva dato per la mia ammissione in prigione,

è stato con la più grande difficoltà che ho potuto convincere il carceriere sotto di aprire il

cancello. Anch'io portavo il cibo del signor J, per entrare, e poi rimanevo un'ora o due, a

meno che non venissi cacciato. Ci eravamo trovati in questa situazione comoda, ma due o

tre giorni, quando una mattina, dopo aver portato la colazione del signor Judson, che, a

causa della febbre, non era in grado di prendere, sono rimasto più a lungo del solito, quando

il governatore in gran fretta ha mandato per me. Gli ho promesso di tornare non appena

avrò accertato la volontà del governatore, essendo molto allarmato da questo messaggio

insolito. Sono rimasto molto piacevolmente deluso, quando il governatore ha informato,

che voleva solo consultarmi sul suo orologio, e sembrava insolitamente piacevole e

conversabile. In seguito ho scoperto che il suo unico oggetto era trattenermi fino alla fine

della scena terribile che stava per avvenire in prigione. Quando l'ho lasciato per andare in

camera mia, uno dei servi è venuto correndo, e con un volto orribile mi ha informato, che

tutti i prigionieri bianchi erano stati portati via.

401


Il Libro dei Martiri di Foxe

"Non crederei al rapporto - ha aggiunto - ma sono tornato immediatamente dal

governatore, che ha detto di averne appena sentito parlare, ma non ha voluto dirmelo. Corsi

in fretta in strada, sperando di intravederli prima che fossero fuori vista, ma in questo ero

deluso. Mi sono imbattuto prima in una strada, poi in un'altra, chiedendomi tutto quello

che incontravo, ma nessuno mi rispondeva. A lungo una donna anziana mi disse che i

prigionieri bianchi erano andati verso il piccolo fiume, perché dovevano essere trasportati

ad Amarapora. Poi corsi verso le rive del piccolo fiume, a circa mezzo miglio, ma non li

vidi, e concluse che la vecchia mi aveva ingannato. Alcuni degli amici degli stranieri si

sono recati sul luogo dell'esecuzione, ma non li hanno trovati. Poi sono tornato dal

governatore per cercare di scoprire la causa della loro rimozione, e la probabilità del loro

futuro destino. Il vecchio mi ha assicurato che ignorava l'intenzione del governo di

allontanare gli stranieri fino a quella mattina. Da quando sono uscito, aveva saputo che i

prigionieri erano stati mandati ad Amarapora; ma a quale scopo, non lo sapeva. "Manderò

subito via un uomo" disse, "per vedere cosa si deve fare con loro. Non puoi fare altro per

tuo marito', ha continuato lui, prenditi cura di te stesso.

Mai prima d'ora avevo sofferto così tanto per la paura nell'attraversare le strade di Ava.

Le ultime parole del governatore, 'Abbi cura di te', mi hanno fatto sospettare che ci fosse

un progetto che non conoscevo. Vidi, inoltre, che aveva paura di farmi scendere in strada,

e mi consigliò di aspettare fino al buio, quando mi avrebbe mandato in un carro, e un uomo

ad aprire i cancelli. Ho preso due o tre tronchi degli articoli più preziosi, insieme al banco

delle medicine, per depositare nella casa del governatore; e dopo aver impegnato la casa e

i locali al nostro fedele Myoung Ing e un servo bengalese, che ha continuato con noi, (anche

se non siamo stati in grado di pagare il suo stipendio,) ho preso congedo, come ho poi

pensato probabile, della nostra casa ad Ava per sempre.

La giornata è stata terribilmente calda, ma abbiamo ottenuto una barca coperta, in cui

eravamo tollerabilmente comodi, fino a due miglia dalla casa del governo. Poi mi procurai

un carro, ma il movimento violento, insieme al caldo e alla polvere spaventosi, mi fece

quasi distrarre. Ma qual era la mia delusione per il mio arrivo al tribunale, per scoprire che

i prigionieri erano stati mandati due ore prima, e che devo andare in quella scomoda

modalità a quattro miglia di distanza con la piccola Maria tra le mie braccia, che tenevo

fino ad Ava. Il carro si rifiutò di andare oltre; e dopo aver aspettato un'ora al sole cocente,

ne procurai un'altra, e partii per quel luogo da non dimenticare mai, Oung-pen- la. Ho

ottenuto una guida dal governatore e sono stato condotto direttamente al cortile della

prigione.

Ma che scena di miseria è stata presentata alla mia vista! La prigione era un vecchio

edificio in frantumi, senza tetto; la recinzione era completamente distrutta; otto o dieci

birmani erano in cima all'edificio, cercando di fare qualcosa come un riparo con le foglie;

mentre sotto una piccola protezione fuori dalla prigione sedevano gli stranieri, incatenati

402


Il Libro dei Martiri di Foxe

insieme due e due, quasi morti di sofferenza e fatica. Le prime parole di tuo fratello furono:

"Perché sei venuto? Speravo che non lo avresti seguito, perché non puoi vivere qui".

Ora era buio. Non ho avuto alcun ristoro per i prigionieri sofferenti, o per me stesso,

come mi aspettavo di procurare tutto ciò che era necessario al mercato di Amarapora, e non

avevo un riparo per la notte. Ho chiesto a uno dei carcerieri se potevo mettere una casetta

di bambù vicino ai prigionieri; lui ha detto 'No, non era consuetudine.' Ho poi supplicato

che mi avrebbe procurato un rifugio per la notte, quando domani avrei potuto trovare un

posto in cui vivere. Mi portò a casa sua, in cui c'erano solo due piccole stanze, una in cui

lui e la sua famiglia vivevano, l'altra, che allora era mezza piena di grano, mi offrì; e in

quel piccolo posto sporco, trascorsi i sei mesi successivi di miseria. Mi procurai dell'acqua

semibosignorea, invece del tè, e, logorata dalla fatica, mi distesi su un tappetino sparso per

la risaia, e cercai di ottenere un po' di rinfresco dal sonno. La mattina dopo tuo fratello mi

ha dato il seguente resoconto del brutale trattamento che aveva ricevuto dopo essere stato

portato fuori dal carcere.

Appena fui uscito su richiesta del governatore, uno dei carcerieri si precipitò nella

piccola stanza del signor J... lo afferrò per il braccio strappandogli via tutti i vestiti, tranne

la camicia e i pantaloni... gli tolse le scarpe, il cappello e tutta la sua biancheria da letto

strappandogli le catene... legandogli una corda intorno alla vita, lo trascinò nel tribunale,

dove gli altri prigionieri erano stati precedentemente portati. Furono poi legati due e due,

e consegnati nelle mani del Lamine Woon, che andò avanti davanti a loro a cavallo, mentre

i suoi schiavi guidavano i prigionieri, uno degli schiavi che teneva la corda che collegava

due di loro. Era maggio, uno dei mesi più caldi dell'anno, e le undici del giorno, quindi il

sole era intollerabile.

Avevano proceduto solo per mezzo miglio, quando i piedi di tuo fratello si sono

gonfiati, e così grande era la sua agonia, anche in questo periodo iniziale, che mentre

stavano attraversando il piccolo fiume, desiderava gettarsi in acqua per essere libero dalla

miseria. Ma il peccato legato a tale atto da solo ha impedito. Avevano otto miglia a piedi.

La sabbia e la ghiaia erano come carboni ardenti ai piedi dei prigionieri, che ben presto

divennero perfettamente privi di pelle; e in questo stato disgraziato furono calpestati dai

loro conducenti insensibili. Lo stato di debilitazione di J., conseguenza della febbre, e non

avendo preso cibo quella mattina, lo rendeva meno in grado di sopportare tali disagi rispetto

agli altri prigionieri.

A metà del loro viaggio, mentre si fermavano a cercare acqua, tuo fratello supplicò il

Lamine Woon di permettergli di cavalcare il suo cavallo per un miglio o due, perché non

poteva andare oltre in quello stato terribile. Ma uno sguardo sprezzante e maligno è stata

tutta la risposta che è stata data. Chiese quindi al capitano Laird, che era legato con lui, e

che era un uomo forte e sano, di permettergli di prendere possesso della sua spalla, dato

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Il Libro dei Martiri di Foxe

che stava affondando velocemente. Questo l'uomo di buon cuore concesso per un miglio o

due, ma poi ha trovato l'onere aggiuntivo insostenibile. Proprio in quel periodo, il servo del

Bengala del signor Gouger si avvicinò a loro e, vedendo le sofferenze di suo fratello, si

tolse il copricapo, fatto di stoffa, lo strappò in due, ne diede metà al suo padrone, e metà al

signor Judson, che avvolse immediatamente i piedi feriti, poiché non gli era permesso di

riposare nemmeno per un attimo. Il servo allora offrì la sua spalla al signor J. e fu quasi

portato da lui il resto della strada.

I Lamine Woon, vedendo lo stato angosciante dei prigionieri, e che uno dei loro erano

morti, conclusero che non avrebbero dovuto andare oltre quella notte, altrimenti sarebbero

stati guidati fino a raggiungere Oung-pen-la lo stesso giorno. Un vecchio capannone era

stato designato per la loro dimora durante la notte, ma senza nemmeno un tappetino o un

cuscino, o qualcosa per coprirli. La curiosità della moglie di Lamine Woon, la indusse a

fare una visita ai prigionieri, la cui miseria eccitò considerevolmente la sua compassione,

e ordinò alcuni frutti, zucchero e tamarindi per il loro ristoro; e la mattina seguente il riso

fu preparato per loro, e per quanto povero fosse, fu rinfrescante per i prigionieri, che erano

stati quasi indigenti di cibo il giorno prima. Furono forniti anche dei carri per il trasporto,

poiché nessuno di loro era in grado di camminare.

Per tutto questo tempo gli stranieri erano del tutto ignoranti su quello che sarebbe

diventato di loro; e quando arrivarono a Oung-pen-la, e videro lo stato fatiscente della

prigione, immediatamente, tutti come uno, conclusero che erano lì per essere bruciati,

d'accordo con il rapporto che era stato precedentemente in circolazione ad Ava. Tutti hanno

cercato di prepararsi per la scena terribile che si aspettava, e solo quando hanno visto i

preparativi per riparare la prigione hanno avuto il minimo dubbio che una morte crudele e

persistente li attendeva. Il mio arrivo è stato un paio d'ore dopo questo.

Il mattino dopo mi sono alzato e ho cercato di trovare qualcosa come il cibo. Ma non

c'era un mercato, e non c'era nulla da procurarsi. Uno degli amici del dottor Price, però,

portò del riso freddo e del curry vegetale, da Amarapora, che, insieme a una tazza di tè del

signor Lansago, rispose per la colazione dei prigionieri; e per cena, facemmo un curry di

pesce salato secco, che un servo del signor Gouger aveva portato. Tutti i soldi che potevo

comandare nel mondo che avevo portato con me, segreti della mia persona; così potresti

giudicare quali erano le nostre prospettive, nel caso la guerra dovesse continuare a lungo.

Ma il nostro Padre celeste è stato meglio di noi delle nostre paure; poiché nonostante le

continue estorsioni dei carcerieri, durante tutti i sei mesi siamo stati a Oung-pen-la, e i

frequenti stretti in cui siamo stati portati, non abbiamo mai sofferto realmente per la

mancanza di denaro, anche se spesso per mancanza di provviste, che non erano reperibili.

Qui in questo luogo sono iniziate le mie personali sofferenze corporee. Mentre tuo

fratello era rinchiuso nella prigione cittadina, mi era stato permesso di rimanere in casa

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Il Libro dei Martiri di Foxe

nostra, in cui mi erano rimaste molte comodità, e la mia salute continuava a migliorare

oltre ogni aspettativa. Ma ora non avevo un solo articolo di convenienza-nemmeno una

sedia o un sedile di alcun tipo, tranne un pavimento di bambù. La mattina dopo il mio

arrivo, Maria Hasseltine è stata presa con il vaiolo, il modo naturale. Lei, anche se molto

giovane, era l'unica assistente che avevo nel prendermi cura della piccola Maria. Ma lei ora

ha richiesto tutto il tempo che potevo risparmiarmi dal signor Judson, la cui febbre

continuava ancora in prigione, e i cui piedi erano così terribilmente straziati che per diversi

giorni non è stato in grado di muoversi.

Non sapevo cosa fare, perché non potevo procurarmi assistenza dal quartiere, né

medicine per i malati, ma tutto il giorno andavo avanti e indietro dalla casa alla prigione,

con la piccola Maria tra le braccia. Qualche volta mi sono molto sollevato lasciandola, per

un'ora, dormendo, accanto a suo padre, mentre tornavo a casa per accudire Maria, la cui

febbre correva così alta da produrre delirio. Era così completamente coperta dal vaiolo che

non c'era distinzione nelle pustole. Siccome era nella stessa piccola stanza con me, sapevo

che Maria l'avrebbe presa; perciò l'ho inoculata da un altro bambino, prima che Maria fosse

arrivata in uno stato tale da essere contagiosa. Allo stesso tempo, ho inoculato Abby, e i

figli del carceriere, che avevano tutti così alla leggera che non hanno interrotto il loro gioco.

Ma l'inoculazione nel braccio della mia povera piccola Maria non l'ha presa - l'ha presa di

Maria, e l'ha avuta nel modo naturale. Aveva solo tre mesi e mezzo di età ed era stata una

bambina molto sana; ma era più di tre mesi prima che si riprendesse perfettamente dagli

effetti di questo terribile disturbo.

Ricorderete che non ho mai avuto il vaiolo, ma sono stato vaccinato prima per lasciare

l'America. In conseguenza del fatto di essere stato per così tanto tempo costantemente

esposto, ho avuto quasi un centinaio di pustole formatesi, anche se nessun sintomo

precedente di febbre, ecc. I figli del carceriere, avendo avuto il vaiolo così alla leggera, in

conseguenza dell'inoculazione, la mia fama si diffuse in tutto il villaggio, e ogni bambino,

giovane e vecchio, che non ne aveva avuto in precedenza, fu portato per l'inoculazione. E

anche se non sapevo nulla del disturbo, o del modo di trattarlo, li ho inoculati tutti con un

ago, e ho detto loro di prendersi cura della loro dieta-tutte le istruzioni che potevo dare loro.

La salute del signor Judson fu gradualmente ripristinata, e si trovò molto più comodamente

situato che quando era nella prigione cittadina.

I prigionieri erano in un primo momento incatenati due e due; ma non appena i

carcerieri potevano ottenere catene sufficienti, venivano separati, e ogni prigioniero aveva

solo una coppia. La prigione venne riparata, venne costruita una nuova recinzione e venne

eretto un grande capanno arioso di fronte alla prigione, dove i prigionieri potevano

rimanere durante il giorno, anche se rinchiusi nella prigione più vicina di notte. Tutti i

bambini si sono ripresi dal vaiolo; ma i miei sguardi e la mia stanchezza, insieme al mio

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Il Libro dei Martiri di Foxe

cibo misero, e gli alloggi più miseri, hanno portato una delle malattie del paese, che è quasi

sempre fatale per gli stranieri.

La mia costituzione sembrava distrutta, e in pochi giorni sono diventato così debole

da riuscire a malapena a camminare fino alla prigione del signor Judson. In questo stato di

debilitazione, sono partito in un carrello per Ava, per procurarmi medicinali, e del cibo

adatto, lasciando al cuoco il mio posto. Ho raggiunto la casa in sicurezza, e per due o tre

giorni il disturbo sembrava a un punto morto; dopo di che mi ha attaccato violentemente,

che non avevo più speranze di guarigione - e la mia ansia ora era, tornare a Oung-pen-la

per morire vicino alla prigione. È stato con la massima difficoltà che ho ottenuto il banco

delle medicine dal governatore, e poi non ho avuto nessuno a somministrare le medicine.

Comunque arrivai al Lundanum, e dopo aver fatto due gocce alla volta per diverse ore,

controllai il disturbo in modo da permettermi di salire a bordo di una barca, anche se così

debole che non potevo stare in piedi, e di nuovo partii per Oung-pen-la. Le ultime quattro

miglia erano in quel trasporto doloroso, il carro, e nel bel mezzo della stagione delle piogge,

quando il fango quasi seppellisce i buoi. Potreste farvi un'idea di carro birmano, quando vi

dico che le loro ruote non sono costruite come le nostre, ma sono semplicemente assi spessi

rotondi con un foro nel mezzo, attraverso il quale un palo che sostiene il corpo è spinto.

Ho appena raggiunto Oung-pen-la quando la mia forza sembrava completamente

esausta. Il bravo cuoco nativo è venuto ad aiutarmi in casa, ma così alterato ed emaciato

era il mio aspetto che il povero ragazzo scoppiò in lacrime a prima vista. Strisciai sul

tappeto nella piccola stanza, in cui rimasi confinato per più di due mesi, e mai perfettamente

guarito, finché non arrivai al campo inglese. In questo periodo in cui non potevo prendermi

cura di me stesso, o badare al signor Judson, dovevamo essere morti entrambi, se non fosse

stato per la cura fedele e affettuosa del nostro cuoco bengalese. Un cuoco bengalese

comune non farà altro che il mero affare della cucina; ma sembrava dimenticare la sua

casta, e quasi i suoi desideri, nei suoi sforzi per servirci. Forniva, cucinava e portava il cibo

di tuo fratello, e poi tornava e si prendeva cura di me. Ho spesso saputo che non assaggiava

cibo fino a notte fonda, in conseguenza del fatto di dover andare così lontano per il legno

e l'acqua, e per avere la cena del signor Judson pronta alla solita ora. Non si è mai lamentato,

non ha mai chiesto il suo stipendio, e mai per un momento ha esitato ad andare da nessuna

parte, o a compiere qualsiasi atto che avevamo richiesto. Mi fa molto piacere parlare della

condotta fedele di questo servo, che è ancora con noi, e confido che sia stato ben

ricompensato per i suoi servizi.

La nostra cara piccola Maria era la più grande sofferente in questo momento, la mia

malattia la privava del suo solito nutrimento, e né un'infermiera né una goccia di latte

potevano essere procurati nel villaggio. Facendo regali ai carcerieri, ho ottenuto il

permesso per il signor Judson di uscire dal carcere, e portare la creatura emaciata intorno

al villaggio, per chiedere un po' di nutrimento a quelle madri che avevano figli piccoli. Le

406


Il Libro dei Martiri di Foxe

sue grida notturne erano strazianti, quando era impossibile soddisfare i suoi desideri. Ora

cominciai a pensare che l'afflizione di Giobbe mi fosse venuta addosso. Quando ero in

salute, potevo sopportare le varie prove e vicissitudini attraverso le quali ero chiamato a

passare.

Ma essere confinato con la malattia, e incapace di assistere coloro che erano così cari

a me, quando erano in sofferenza, era quasi troppo per me da sopportare; e se non fosse

stato per le consolazioni della religione, e una convinzione assicurata che ogni ulteriore

prova era ordinata da amore e misericordia infiniti, io devo essere affondato sotto le mie

sofferenze accumulate. A volte i nostri carcerieri sembravano un po' ammorbiditi dalla

nostra sofferenza, e per diversi giorni insieme permisero al signor Judson di venire a casa,

il che per me era una consolazione indicibile. E poi sarebbero stati ferventi nelle loro

richieste come se fossimo liberi da sofferenze, e in circostanze benestanti. Il fastidio, le

estorsioni e le oppressioni a cui siamo stati sottoposti, durante i nostri sei mesi di residenza

a Oung-pen-la, sono innumerevoli o indescrivibili.

È arrivato il momento del nostro rilascio da quel luogo detestato, la prigione di Oungpen-la.

Un messaggero del nostro amico, il governatore della porta nord del palazzo, che

era in passato Kyoung- tone, Myoo-tsa, ci informò che era stato dato un ordine, la sera

prima, nel palazzo, per il rilascio del signor Judson. La sera stessa arrivò un ordine ufficiale;

e con cuore gioioso mi preparai per la nostra partenza la mattina seguente. Ma ci fu un

ostacolo inaspettato, che ci fece temere che avrei dovuto essere ancora prigioniero. Gli

avariganti carcerieri, non volendo perdere la loro preda, insistettero che siccome il mio

nome non era incluso nell'ordine, non dovevo andare. Invano ho esortato a non essere stato

mandato lì come prigioniero, e che non avevano autorità su di me-hanno ancora deciso che

non dovevo andare, e proibito agli abitanti del villaggio di lasciarmi un carro. Il signor

Judson è stato poi portato fuori dal carcere e portato a casa del carceriere, dove, con

promesse e minacce, ha finalmente ottenuto il loro consenso, a condizione che avremmo

lasciato la parte rimanente delle nostre provviste che avevamo ricevuto di recente da Ava.

Era mezzogiorno prima che ci permettessero di partire. Quando raggiungemmo

Amarapora, il signor Judson fu obbligato a seguire la guida del carceriere, che lo condusse

dal governatore della città. Dopo aver fatto tutte le indagini necessarie, il governatore

nominò un'altra guardia, che trasportò il signor Judson al tribunale di Ava, dove arrivò

qualche tempo nella notte. Ho fatto il mio corso, mi sono procurato una barca e ho

raggiunto casa nostra prima che facesse buio.

Il mio primo obiettivo la mattina dopo era andare alla ricerca di nostro fratello, e ho

avuto la mortificazione di incontrarlo di nuovo in prigione, anche se non nella prigione

della morte. Sono andato immediatamente dal mio vecchio amico governatore della città,

che ora è stato elevato al rango di Woon-gyee. Mi ha informato che il signor Judson sarebbe

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Il Libro dei Martiri di Foxe

stato inviato nel campo birmano, per svolgere il ruolo di traduttore e interprete, e che è

stato confinato solo per un breve periodo, fino a quando i suoi affari non sono stati risolti.

La mattina presto sono andato di nuovo da questo ufficiale, che mi ha detto che il signor

Judson aveva ricevuto in quel momento venti tickals dal governo, con l'ordine di andare

immediatamente a bordo di una barca per Maloun, e che gli aveva dato il permesso di

fermarsi qualche momento a casa, essendo sulla sua strada. Mi affrettai a tornare alla casa,

dove il signor Judson arrivò presto; ma mi fu concesso di rimanere solo per un breve

periodo, mentre potevo preparare cibo e vestiti per un uso futuro. Era affollato in una

piccola barca, dove non aveva abbastanza spazio per sdraiarsi, e dove l'esposizione al

freddo e all'umidità lo gettava in una febbre violenta, che aveva quasi messo fine a tutte le

sue sofferenze. Arrivò a Maloun il terzo giorno, dove, malato com'era, fu obbligato ad

entrare immediatamente nel lavoro di traduzione. Rimase a Maloun sei settimane,

soffrendo quanto aveva in qualsiasi momento in prigione, tranne per il fatto che non era in

prigione, né esposto agli insulti di quei carcerieri crudeli.

Per la prima quindicina dopo la sua partenza, la mia ansia è stata minore di quella che

era stata in qualsiasi momento prima, dall'inizio delle nostre difficoltà. Sapevo che gli

ufficiali birmani del campo avrebbero percepito troppo il valore dei servizi del signor

Judson per permettere loro di usare qualsiasi misura che potesse minacciare la sua vita.

Pensavo che anche la sua situazione sarebbe stata molto più comoda di quanto non lo fosse

realmente, quindi la mia ansia era meno. Ma la mia salute, che non era mai stata ripristinata,

da quell'attacco violento a Oung-pen-la, ora declinava ogni giorno, fino a quando non mi

hanno preso con la febbre maculata, con tutti gli orrori che ne derivavano. Conoscevo la

natura della febbre fin dal suo inizio; e dal frantumato stato della mia costituzione, insieme

con il desiderio di assistenti medici, ho concluso che deve essere fatale. Il giorno in cui

sono stata presa, è venuta un'infermiera birmana e ha offerto i suoi servizi per Maria.

Questa circostanza mi ha riempito di gratitudine e fiducia in Dio; perché, sebbene avessi

tanto a lungo e così costantemente fatto sforzi per ottenere una persona di questa

descrizione, non ero mai stato in grado; quando proprio nel momento in cui ne avevo più

bisogno, e senza alcuno sforzo, è stata fatta un'offerta volontaria.

La mia febbre ha continuato imperversava con violenza e senza interruzioni.

Cominciai a pensare di sistemare i miei affari mondani, e di affidare la mia cara piccola

Maria alle cure della donna portoghese, quando persi la mia ragione, e fu insensibile per

tutto intorno a me. In questo periodo terribile il dottor Price fu rilasciato dalla prigione; e

sentendo della mia malattia, ottenne il permesso di venire a trovarmi. Da allora mi ha detto

che la mia situazione era la più angosciante a cui avesse mai assistito, e che non pensava

che avrei dovuto sopravvivere molte ore. I miei capelli erano rasati, la testa e i piedi coperti

di vesciche, e il dottor Price ordinò al servo bengalese che si prendeva cura di me di cercare

di convincermi a prendere un po' di nutrimento, che avevo ostinatamente rifiutato per

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Il Libro dei Martiri di Foxe

diversi giorni. Una delle prime cose che ricordo è stata vedere questo fedele servitore che

mi stava accanto, che cercava di indurmi a prendere un po' di vino e acqua. In realtà ero

così lontano che i vicini birmani che erano venuti a trovarmi in scadenza dissero: "È morta;

e se il re degli angeli dovesse entrare, non potrebbe recuperarla".

La febbre, ho capito dopo, era passata 17 giorni quando le vescicole venivano

applicate. Ora ho iniziato a riprendermi lentamente, ma è passato più di un mese prima che

avessi la forza di stare in piedi. Mentre era in questo stato debole e debilitato, il servo che

aveva seguito tuo fratello al campo birmano è entrato e mi ha informato che il suo padrone

era arrivato, ed è stato condotto al tribunale in città. Ho mandato un Burman a sorvegliare

i movimenti di governo, e ad accertare, se possibile, in che modo il signor Judson doveva

essere eliminato. Tornò presto con la triste intelligenza di aver visto Sig. Judson uscire dal

cortile del palazzo, accompagnato da due o tre Burmans, che lo condussero in una delle

prigioni; e che fu riferito in città, che sarebbe stato rimandato alla prigione di Oung-pen-la.

Ero troppo debole per sopportare le cattive notizie di ogni tipo; ma uno shock terribile

come questo mi ha quasi annientato. Per un po' di tempo, non riuscivo a respirare; ma alla

fine ottenni sufficiente compostezza per mandare Myoung Ing al nostro amico, il

governatore della porta nord, e lo pregò di fare un altro sforzo per il rilascio di Sig. Judson,

e impedire che venisse rimandato alla prigione di campagna, dove sapevo che doveva

soffrire molto, come non potevo seguire. Myoung Ing allora andò alla ricerca del signor

Judson; ed era quasi buio quando lo trovò all'interno di una prigione oscura. Avevo

mandato del cibo nel primo pomeriggio, ma non riuscendo a trovarlo, il portatore era

tornato con esso, che aggiunse un altro colpo alle mie angosce, come temevo fosse già stato

mandato a Oung-pen-la.

Se ho mai sentito il valore e l'efficacia della preghiera, l'ho fatto in questo momento.

Non potevo alzarmi dal mio divano; non potevo fare sforzi per mettere in sicurezza mio

marito; potevo solo implorare con quel grande e potente Essere che ha detto: "Chiamami

nel giorno dei guai, e ascolterò, e mi glorificherai;" e che mi ha fatto sentire in questo

momento così potente questa promessa che sono diventato abbastanza composto,

sentendomi assicurato che le mie preghiere sarebbero state esaudite.

"Quando il signor Judson è stato inviato da Maloun ad Ava, è stato entro cinque minuti

di preavviso, e senza che lui fosse a conoscenza della causa. Sulla via del fiume vide

accidentalmente la comunicazione fatta al governo rispettandolo, che era semplicemente

questa: "Non abbiamo più alcun uso per Yoodathan, quindi lo riportiamo alla città d'oro."

All'arrivo in tribunale, non c'era nessuno presente che conoscesse il signor J. L'ufficiale

che presiedeva la missione chiese dove fosse stato inviato a Maloun. Gli rispose Oungpen-la.

"Lasciatelo poi," disse l'ufficiale, "essere restituito là- quando fu consegnato a una

guardia e condotto nel luogo sopraindicato, lì per rimanere fino a quando non poteva essere

trasportato a Oung-pen- la. Nel frattempo il governatore della porta nord presentò una

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Il Libro dei Martiri di Foxe

petizione all'alta corte dell'impero, si offrì come la sicurezza del signor Judson, ottenne il

suo rilascio e lo portò a casa sua, dove lo trattò con ogni possibile gentilezza, e alla quale

fui rimosso non appena la salute di ritorno lo avrebbe permesso.

Era in una fresca serata al chiaro di luna, nel mese di marzo, che con cuori pieni di

gratitudine a Dio, e traboccanti di gioia per le nostre prospettive, passammo lungo

l'Irrawaddy, circondati da sei o otto barche d'oro, e accompagnati da tutto quello che

avevamo sulla terra.

Ora, per la prima volta, da più di un anno e mezzo abbiamo ritenuto di essere liberi e

di non essere più sottomessi al giogo oppressivo dei birmani. E con quali sensazioni di

gioia, la mattina dopo, ho visto gli alberi del battello a vapore, la presagio sicura di essere

entro i confini della vita civile. Appena la nostra barca raggiunse la riva, il brigadiere A. e

un altro ufficiale si imbarcarono, si congratularono con noi al nostro arrivo, e ci invitarono

a bordo del battello a vapore, dove passai il resto della giornata; mentre vostro fratello andò

incontro al generale, che, con un distaccamento dell'esercito, si era accampato a Yandaboo,

qualche chilometro più in là lungo il fiume. Il signor Judson è tornato la sera, con un invito

di Signor Archibald, a venire immediatamente nei suoi alloggi, dove mi sono presentato la

mattina seguente, e ricevuto con la più grande gentilezza dal generale, che aveva una tenda

per noi vicino al suo proprio, ci ha portato al suo tavolo, e ci ha trattato con la gentilezza

di un padre, piuttosto che come estranei di un altro paese.

Per diversi giorni questa idea mi ha completamente invaso la mente, che eravamo fuori

dal potere del governo birmano, e ancora una volta sotto la protezione degli inglesi. I nostri

sentimenti dettavano continuamente espressioni come queste: Che cosa rendiamo al

Signore per tutti i Suoi benefici verso di noi.

"Il trattato di pace è stato presto concluso, firmato da entrambe le parti, e una

cessazione delle ostilità pubblicamente dichiarata. Siamo partiti da Yandaboo, dopo una

residenza di quindici giorni, e abbiamo raggiunto in sicurezza la casa di missione a

Rangoon, dopo un'assenza di due anni e tre mesi."

In tutta questa sofferenza è stato custodito il prezioso manoscritto del Nuovo

Testamento birmano. Fu messo in una borsa e trasformato in un cuscino duro per la

prigione del dottor Judson. Eppure fu costretto ad essere apparentemente imprudente a

riguardo, per timore che i Burmans pensassero che contenesse qualcosa di valore e lo

portassero via. Ma con l'aiuto di un fedele convertito birmano, il manoscritto, che

rappresenta tanti lunghi giorni di lavori, è stato tenuto in salvo.

Alla fine di questa lunga e malinconica narrazione, possiamo opportunamente

introdurre il seguente tributo alla benevolenza e ai talenti della signora Judson, scritta da

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Il Libro dei Martiri di Foxe

uno dei prigionieri inglesi, che erano confinati ad Ava con il signor Judson. È stato

pubblicato su un quotidiano di Calcutta dopo la conclusione della guerra:

La signora Judson è stata l'autrice di quegli appelli eloquenti e forti al governo che li

ha preparati a gradi per la sottomissione a termini di pace, mai previsti da nessuno, che

conosceva l'orgoglio hauteur e inflessibile della corte burmana.

E mentre su questo argomento, le traboccanti di sentimenti di gratitudine, a nome mio

e dei miei compagni di prigionia, mi obbligano ad aggiungere un tributo di pubblico grazie

a quella donna amabile e umana, che pur vivendo a due miglia dalla nostra prigione, senza

alcun mezzo di trasporto, e molto debole di salute, dimenticava il proprio conforto e la

propria infermità, e quasi ogni giorno ci visitava, cercava e amministrava i nostri desideri,

e contribuiva in ogni modo ad alleviare la nostra miseria.

Mentre eravamo lasciati dal governo indigenti dal cibo, lei, con una perseveranza

insaziabile, con qualche mezzo o 3 un altro, ha ottenuto per noi un rifornimento costante.

Quando lo stato lacerato dei nostri vestiti ha mostrato l'estremità della nostra angoscia,

lei era sempre pronta a rifornire il nostro guardaroba scarso.

Quando la spietata avarizia dei nostri custodi ci ha confinati dentro, o fatto i piedi

veloci nelle scorte, lei, come un angelo custode, non ha mai cessato le sue domande al

governo, fino a quando non è stata autorizzata a comunicarci la grata notizia del nostro

allargamento, o di una tregua dalle nostre tormentose oppressioni.

"Oltre a tutto questo, era indubbiamente dovuto, in grado principale, alla ripetuta

eloquenza e agli appelli forzati della signora Judson, che il Burman senza tutele fu

finalmente reso disponibile a garantire il benessere e la felicità del suo paese, con una pace

sincera."

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Il Libro dei Martiri di Foxe

Gli Inizi Missionari

- 1800. Battesimo del primo convertito di Carey.

- 1804. Organizzazione della British and Foreign Bible Society.

- 1805. Enrico Martyn parte per l'India.

- 1807. Roberto Morrison parte per la Cina.

- 1808. Riunione del pagliaio nei pressi del Guillermos College.

- 1810. Organizzazione dell'American Board.

- 1811. I wesleyani fondano la Missione della Sierra Leone.

- 1812. Salpano i primi missionari dell'American Board.

- 1816. Organizzazione della Società Biblica Americana.

- 1816. Roberto Moffat salpa per il Sudafrica.

- 1818. La Società missionaria di Londra entra in Madagascar.

- 1819. Organizzazione della Società Missionaria Metodista.

- 1819. Il Consiglio americano apre la Missione delle Isole Sandwich.

- 1819. Judson battezza il primo convertito birmano.

412


Il Libro dei Martiri di Foxe

Epilogo dell'Edizione Originale

E ora concludiamo, buoni lettori cristiani, questa presente trattazione, non per

mancanza di materia, ma per abbreviare piuttosto la materia per la grandezza del volume.

Nel frattempo, la grazia del Signore Gesù Cristo operi con te, gentile lettore, in tutte le tue

letture studiose. E quando avrai fede, impegnati a leggere, affinché leggendo tu possa

imparare ogni giorno a conoscere ciò che può giovare alla tua anima, insegnarti l'esperienza,

armarti di pazienza e istruirti sempre più in ogni conoscenza spirituale, a tuo perfetto

conforto e salvezza in Cristo Gesù, nostro Signore, al quale sia gloria, in secula seculorum.

Amen.

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In Attesa della Fine


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