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Makinglife N.6 2023

Per quanto sgradito e il più possibile evitato, il conflitto è un elemento naturale delle interazioni umane e non può - né dovrebbe - essere eluso. Se affrontato attivamente e precocemente, invece, può offrire interessanti opportunità di imparare, crescere e innovare.

Per quanto sgradito e il più possibile evitato, il conflitto è un elemento naturale delle interazioni umane e non può - né dovrebbe - essere eluso. Se affrontato attivamente e precocemente, invece, può offrire interessanti opportunità di imparare, crescere e innovare.

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14<br />

LE SFIDE DELLA<br />

GLOBALIZZAZIONE<br />

ALLE SUPPLY CHAIN<br />

DEL PRODOTTO<br />

FARMACEUTICO<br />

Gabriele Costantino<br />

Dipartimento di Scienze degli Alimenti e del Farmaco<br />

Università di Parma<br />

gabriele.costantino@unipr.it<br />

I primi anni del XXI secolo hanno<br />

testimoniato l’inizio di un processo<br />

apparentemente irreversibile – come<br />

sembrava in quegli anni – definito<br />

globalizzazione. Sebbene il termine sia<br />

ampiamente usato, la sua definizione<br />

formale è complessa e può essere<br />

inteso come una serie di processi che<br />

delineano una trasformazione nella<br />

organizzazione spaziale di relazioni e<br />

scambi sociali, che a sua volta genera<br />

flussi e relazioni di attività, interazioni<br />

ed esercizio di potere a livello<br />

interregionale e intercontinentale.<br />

Innescata dagli eventi politici<br />

successivi alla fine della cosiddetta<br />

guerra fredda, con la apparente<br />

normalizzazione dei rapporti del<br />

mondo occidentale con la ex Unione<br />

Sovietica e, soprattutto, con la<br />

Cina, e dalla conclusione del lungo<br />

processo di decolonizzazione di<br />

giganti demografici quali India e<br />

Brasile, la globalizzazione è diventata<br />

rapidamente un paradigma di sviluppo<br />

industriale e commerciale. L’industria<br />

farmaceutica non si è sottratta a<br />

questa opportunità, in un momento<br />

– tra l’altro – in cui la ricerca della<br />

riduzione dei costi, della stabilizzazione<br />

dei profitti e dell’arricchimento della<br />

pipeline con nuovi prodotti brevettati<br />

portò – alla fine del secolo scorso – a<br />

un’operazione di fusioni e acquisizioni il<br />

cui valore finanziario superò il prodotto<br />

interno lordo di molti Paesi a media<br />

industrializzazione. E così, a partire dai<br />

primi anni del XXI secolo, si è assistito<br />

alla globalizzazione dell’industria<br />

farmaceutica. Fenomeno, quello<br />

della globalizzazione dell’industria<br />

farmaceutica, che può esser declinato<br />

in tre ambiti. Delocalizzazione<br />

transnazionale e transcontinentale<br />

(in genere verso Paesi a basso tasso<br />

di industrializzazione o di sviluppo)<br />

di alcune attività da parte di aziende<br />

localizzate in Europa o Stati Uniti;<br />

creazione di aziende transnazionali<br />

non identificabili con una particolare<br />

localizzazione geografica; ampliamento<br />

del mercato del prodotto farmaceutico.<br />

Che queste tre tendenze abbiano<br />

portato effettivamente a riduzione di<br />

costi, efficientamento del processo,<br />

aumento della pipeline di discovery e<br />

sviluppo non è ovvio. Ad esempio, per<br />

quanto riguarda la prima condizione, in<br />

realtà la delocalizzazione ha riguardato<br />

nella grande maggioranza dei casi<br />

solo le attività di produzione, mentre<br />

le attività di ricerca e sviluppo sono<br />

state generalmente mantenute nei<br />

Paesi di origine. Anche l’espansione<br />

del mercato farmaceutico non<br />

sembra aver seguito la tendenza alla<br />

globalizzazione e al cambio di struttura<br />

demografica, essendo i consumatori di<br />

prodotti branded ancora largamente

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