Johann Joachim Winckelmann - Quaderno 29 - novembre 2023
Il maggiore protagonista della valorizzazione e riscoperta di Paestum con i suoi maestosi templi fu il fondatore dell’archeologia moderna e della storia dell’arte, promotore dell’estetica del neoclassicismo, il tedesco Johann Joachim Winckelmann (1717-1768) che arrivato a Roma da Dresda per studiare le antichità romane, visitò il sito nel 1758, trovandosi per la prima e ultima volta a contatto con l’architettura greca. Quattro anni dopo pubblicò le sue prime osservazioni sull’architettura degli antichi in cui descrisse i monumentali edifici di ordine dorico, il più antico dei tre ordini architettonici - la cui "nobile semplicità e quiete grandezza" aveva forgiato l'immagine della Grecia classica - contribuendo a diffonderne rapidamente l’interesse tra i maggiori intellettuali europei dell’epoca. Il Quaderno, nato dalla volontà di raccontare in chiave divulgativa il viaggio di Winckelmann a Paestum in pieno Settecento illuminista, condensa le notizie tratte dalle numerose lettere che solitamente lo storico dell’arte inviava agli amici per tenerli informati sull’avanzamento dei suoi studi e dei luoghi che aveva visitato.
Il maggiore protagonista della valorizzazione e riscoperta di Paestum con i suoi maestosi templi fu il fondatore dell’archeologia moderna e della storia dell’arte, promotore dell’estetica del neoclassicismo, il tedesco Johann Joachim Winckelmann (1717-1768) che arrivato a Roma da Dresda per studiare le antichità romane, visitò il sito nel 1758, trovandosi per la prima e ultima volta a contatto con l’architettura greca.
Quattro anni dopo pubblicò le sue prime osservazioni sull’architettura degli antichi in cui descrisse i monumentali edifici di ordine dorico, il più antico dei tre ordini architettonici - la cui "nobile semplicità e quiete grandezza" aveva forgiato l'immagine della Grecia classica - contribuendo a diffonderne rapidamente l’interesse tra i maggiori intellettuali europei dell’epoca.
Il Quaderno, nato dalla volontà di raccontare in chiave divulgativa il viaggio di Winckelmann a Paestum in pieno Settecento illuminista, condensa le notizie tratte dalle numerose lettere che solitamente lo storico dell’arte inviava agli amici per tenerli informati sull’avanzamento dei suoi studi e dei luoghi che aveva visitato.
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<strong>Johann</strong> <strong>Joachim</strong><br />
<strong>Winckelmann</strong><br />
Osservazioni su Paestum<br />
I Quaderni
<strong>Johann</strong> <strong>Joachim</strong> <strong>Winckelmann</strong>. Osservazioni su Paestum<br />
Costabile Cerone<br />
La storia dell'arte e dell'architettura solitamente collegano<br />
la nascita del neoclassicismo a una serie di fattori,<br />
tra cui le scoperte archeologiche di Ercolano<br />
(1738) e Pompei (1478), e non ultimo la “ riscoperta”<br />
di Paestum, l'antica Poseidonia che con i suoi monumentali<br />
edifici dorici costituiva un primo approccio<br />
con l'architettura greca.<br />
L'elaborazione teorica del nuovo movimento di pensiero<br />
sorto intorno alla metà del Settecento, e rimasto<br />
in auge fino all'età napoleonica, spetta principalmente<br />
al tedesco <strong>Johann</strong> <strong>Joachim</strong> <strong>Winckelmann</strong> (1717-<br />
1768) (fig. 1-2), studioso di letteratura e di arte antica,<br />
e all'amico Anton Raphael Mengs (fig. 3), pittore<br />
di corte del re di Sassonia a Dresda e successivamente<br />
di Carlo III di Borbone a Madrid (fig. 6), autore<br />
dell'affresco il “Parnaso” dipinto a Roma nel 1760-<br />
61 sulla volta di una galleria della Villa del cardinale<br />
Alessandro Albani (fig. 4-5-17), oggi Villa Torlonia,<br />
e destinato a diventare il “manifesto della nuova estetica”.<br />
Si conobbero a Roma, quando a <strong>novembre</strong> del 1755<br />
<strong>Winckelmann</strong> raggiunse la città grazie a un sussidio<br />
del Principe Elettore Friedrich Christian di Sassonia<br />
(fig. 7), un grande amante della cultura che sostenne<br />
lo studioso nelle sue ricerche artistiche e archeologiche.<br />
Qualche anno dopo, prima di prendere servizio<br />
come bibliotecario presso il cardinale Albani, un<br />
appassionato collezionista di arte classica, nei primi<br />
mesi del 1758, durante il suo primo viaggio nel<br />
Regno di Napoli per visitare le antiche città vesuviane<br />
e il Real Museo di Portici (fig. 8) - la residenza di<br />
Carlo III utilizzata per raccogliere i reperti archeologici<br />
provenienti dagli scavi in corso - si spinse in visita<br />
a Paestum per osservare di persona gli antichi templi<br />
dorici “che s'alzano in mezzo a quella deserta<br />
campagna”; il primo e unico incontro dello storico<br />
dell'arte con l'architettura “greca” e che interpretò<br />
correttamente come tale.<br />
Come racconta lo studioso tedesco e bibliotecario<br />
Joseph Eiselein, autore dell'opera completa di <strong>Winckelmann</strong><br />
e della sua biografia pubblicata nel 1825, si<br />
recò sul luogo in compagnia di due ciambellani di<br />
Colonia, persuasi, loro malgrado, dall'ambasciatore<br />
d'Austria a Napoli, il Conte Carlo Firmian mecenate<br />
e amante delle arti (fig. 9), affinché contribuissero<br />
alle spese di viaggio. Faceva parte del gruppo anche<br />
2<br />
3<br />
2
Fig. 1. Immagine di copertina<br />
Angelika Kauffmann (1741-1807)<br />
Ritratto di <strong>Johann</strong> <strong>Joachim</strong> <strong>Winckelmann</strong>, 1764<br />
Dipinto commissionato da <strong>Johann</strong> Heinrich Füssli<br />
Olio su tela (71 x 97 cm)<br />
Collezione del Kunsthaus, Zurigo<br />
4<br />
Fig. 2. Anton Raphael Mengs (1728-1779)<br />
Ritratto di <strong>Johann</strong> <strong>Joachim</strong> <strong>Winckelmann</strong>, 1777 circa<br />
Olio su tela (49,2 x 63,5 cm)<br />
The MET, Metropolitan Museum of Art, New York<br />
Fig. 3. Anton Raphael Mengs (1728-1779)<br />
Autoritratto, 1778-1779<br />
Olio su legno (43,1 x 56,6 cm)<br />
Musei Nazionali di Berlino, Pinacoteca<br />
Fig. 4. Ludovico Mazzanti (1686-1775)<br />
Ritratto del cardinale Alessandro Albani, 1721 ca.<br />
Olio su tela<br />
Villa Albani Torlonia, Roma<br />
Fig. 5. Giovan Battista Piranesi (1720-1778)<br />
Veduta della Villa del Cardinale Alessandro Albani<br />
fuori Porta Salaria, 1769<br />
Acquaforte (69 x 43 cm)<br />
Museo di Roma - Gabinetto delle Stampe<br />
5<br />
3
<strong>Johann</strong> Jacob Volkmann di Amburgo (fig. 10), uno<br />
scrittore che aveva conosciuto a casa del Conte, futuro<br />
autore del volume “Notizie storico critiche<br />
dell'Italia” ( Historische-kritischen Nachrichten von<br />
Italien) pubblicato a Lipsia nel 1771, una guida<br />
d'Italia che divenne molto popolare nei paesi di lingua<br />
tedesca tanto che la utilizzerà <strong>Johann</strong> Wolfgang<br />
von Goethe durante il suo viaggio in Italia.<br />
Altre notizie sull'escursione a Paestum sono contenute<br />
soprattutto nelle numerose lettere autografe che<br />
abitualmente l'autore inviava ad amici e conoscenti<br />
per metterli al corrente degli studi, dei luoghi visitati<br />
e dei programmi editoriali. Da uno di questi rapporti<br />
epistolari si apprende che tra i compagni di viaggio<br />
era presente anche un non identificato architetto francese,<br />
probabilmente un pensionnaire de l'Académie<br />
de France à Rome in visita a Napoli per l'obbligatoria<br />
esperienza formativa sull'architettura antica e che<br />
avrebbe potuto informarlo sui precedenti studi e<br />
rilievi dei suoi colleghi connazionali, e in particolare<br />
di quelli condotti da Jacques Germain Soufflot, tra i<br />
principali esponenti del neoclassicismo francese,<br />
insieme a Gabriel Pierre Martin Dumont nel sopralluogo<br />
del 1750.<br />
Dunque, partiti da Napoli in calesse con le necessarie<br />
provviste alimentari, attraversando Cava e Vietri<br />
giunsero a Salerno per continuare il giorno successivo<br />
il “ dispendioso e penoso” viaggio via mare fino a<br />
Paestum, “settanta miglia da Napoli, verso la punta<br />
del Golfo di Salerno”, tuttavia ben compensato dal<br />
piacere di poter osservare da vicino “ cose” che in<br />
pochi avevano visto fino ad allora. All'epoca la rete<br />
stradale, le capacità di alloggio e i pericoli del viaggio<br />
non rendevano agevole raggiungere le provincie<br />
lontane dalla capitale del Regno, e spingersi fino a<br />
Paestum, a sud della paludosa pianura del Sele, risultava<br />
complicato e dispendioso.<br />
In barca, come racconta lo stesso <strong>Winckelmann</strong> in<br />
una lettera del 27 luglio 1758 inviata al pittore svizzero<br />
<strong>Johann</strong> Caspar Füssli, durante una conversazione<br />
con i compagni di avventura si commosse<br />
nell'ascoltare il sig. Volkmann mentre declamava<br />
alcuni deliziosi passi tratti dagli Idilli del poeta e pittore<br />
Salomon Gessner, pubblicati a Zurigo due anni<br />
prima.<br />
Nel frattempo, costretti a proseguire a forza di remi<br />
per il vento contrario, raggiunsero il sito soltanto in<br />
tardo pomeriggio vedendosi costretti a pernottare in<br />
quel luogo abbandonato e insalubre, appena segnato<br />
da qualche misera casupola. Verso sera, preoccupati<br />
di trovare un riparo dove trascorrere la notte, poiché<br />
il paese più vicino – Capaccio - era distante più di<br />
quattro miglia, ebbero la fortuna di incontrare in riva<br />
al mare un mandriano che gentilmente gli concesse il<br />
6<br />
7<br />
4
suo ricovero.<br />
Della visita a Paestum <strong>Winckelmann</strong> ne scrisse in<br />
una lettera all'amico antiquario prussiano Philipp<br />
von Stosch, a cui riferì dell'emozione provata alla<br />
vista di quegli antichi monumenti (fig. 25): “Mi giunse<br />
di sorpresa e di dolcezza insieme il contemplare i<br />
cosiddetti tre templi. Tutta la muraglia esterna che<br />
circonda questa antica città di Poseidonia, è tuttavia<br />
conservata ed è della grossezza di quaranta palmi<br />
romani. Non è egli cosa da meravigliarsene grandemente,<br />
che nessuno siasi finora assunto l'impegno di<br />
scriverne?”<br />
Gli risultò pertanto stupefacente l'assenza di esposizioni<br />
su Paestum nonostante i suoi edifici fossero<br />
stati sempre visibili al contrario delle città vesuviane<br />
rimaste sepolte per secoli dall'eruzione del Vesuvio<br />
del 79 d.C., e che questa non avesse richiamato<br />
“l'attenzione di coloro che erano capaci di ammirarli<br />
e descriverli”. Si riferiva in particolare agli storici<br />
locali, come l'anziano Giuseppe Antonini, barone di<br />
San Biase, conosciuto a Napoli prima di recarsi sul<br />
luogo, potendo verificare il grossolano errore di considerare<br />
la cinta muraria ad impianto ovale come<br />
l'erudito geografo descrisse nei sui discorsi sulla “Lucania”<br />
pubblicati a Napoli nel 1745.<br />
Era da pochi anni che l'antica città di Pesto aveva<br />
destato l'interesse di qualche intellettuale e solo di<br />
Fig. 6. Anton Raphael Mengs (1728-1779)<br />
Ritratto di Carlo III di Borbone, 1765<br />
Olio su tela (110,3 x 151,8 cm)<br />
Museo del Prado, Madrid<br />
Proviene dalla collezione del Palazzo Reale di Madrid<br />
Fig. 7.<br />
Anton Raphael Mengs (1728-1779)<br />
Ritratto Friedrich Christian, Principe di Sassonia (1722-<br />
1763), 1751 ca.<br />
Olio su tela (110,8 x 157,7 cm)<br />
Commissionato dal padre, Federico Augusto II, elettore<br />
di Sassonia e Re di Polonia (1696-1763)<br />
Collezione del Castello di Sybillenort,Szczod<br />
Fig. 8.<br />
Giovanni Battista Lusieri (1755-1821)<br />
Alle falde del Vesuvio da Portici (La Reggia), 1784<br />
Acquerello (90 x 50 cm)<br />
Collezione privata, Italia<br />
8<br />
5
ecente si stavano allestendo le incisioni in rame dei<br />
disegni fatti realizzare dal conte Felice Gazzola, ingegnere<br />
e Comandante dell'Artiglieria del Regno di<br />
Napoli che per primo aveva condotto un'indagine<br />
esplorativa del sito con un gruppo di artisti e architetti,<br />
ma le vedute, i rilievi e gli studi di dettaglio realizzati<br />
in quell'occasione furono divulgati soltanto nel<br />
1784, quattro anni dopo la morte del conte, nel volume<br />
le “ Rovine della città di Pesto” di Paolantonio<br />
Paoli.<br />
<strong>Winckelmann</strong> ebbe modo di vedere i disegni personalmente<br />
da Gazzola che di solito metteva a disposizione<br />
degli studiosi come riferito dall'architetto francese<br />
Pierre-Louis Moreau nel suo diario di viaggio in<br />
Italia, apprezzandone “ l'esattezza” e il buon “ gusto”.<br />
Nel 1757, durante una visita alle antiche rovine in<br />
compagnia del collega Charles De Wailly, l'architetto<br />
realizzò un veloce rilievo su lucido del Tempio maggiore<br />
(fig. 11) oggi conservato a Parigi alla Biblioteca<br />
Nazionale di Francia.<br />
A Napoli i due francesi incontrarono il marchese<br />
Berardo Galiani, uno scrittore e teorico<br />
dell'architettura, che a quel tempo stava preparando<br />
la pregevole edizione italiana del “De architectura”<br />
di Vitruvio, pubblicata nel 1758 con 25 tavole allegate.<br />
In questo volume, pur se con un certo grado di<br />
approssimazione, venne raffigurato a stampa per la<br />
prima volta un edificio di Paestum - il tempio di<br />
Atena - oltre ad alcune citazioni sull'antica città per<br />
fornire un adeguato esempio di dorico antico. <strong>Winckelmann</strong><br />
in una lettera spedita proprio in quell'anno<br />
all'amico Berends, dove accenna della visita ai templi,<br />
segnala anche l'imminente pubblicazione di questa<br />
traduzione italiana di Vitruvio curata dal marchese,<br />
un “buon letterato” che l'accompagnò in visita<br />
agli scavi di Ercolano rendendolo partecipe della sua<br />
opera.<br />
Di Vitruvio e dell'ordine dorico aveva già letto la traduzione<br />
francese del 1673 curata dal famoso medico<br />
e architetto Claude Perrault, da cui trasse numerosi<br />
appunti oggi conservati presso la Bibliothèque<br />
Nationale de France (fig. 13).<br />
Dunque, da quanto si evince dalla numerosa corrispondenza,<br />
appare chiaro che grazie al confronto culturale<br />
con alcuni eruditi e intellettuali del napoletano<br />
e alla conoscenza appresa dalla lettura di consistenti<br />
volumi affrontò l'escursione a Paestum con un certo<br />
grado di preparazione.<br />
Dell'antica città ne parlerà anche in una delle lettere<br />
inviate all'amico bolognese Giovanni Ludovico Bianconi<br />
(fig. 12), medico della Corte di Dresda, che intitolata<br />
“Notizie sopra le antichità di Pompei, Stabia,<br />
di Pesto e Caserta” è inclusa tra le cosiddette “ relazioni<br />
antiquarie” sulle antichità di Ercolano scritte<br />
9 10<br />
6
per essere lette al principe elettore di Sassonia; successivamente<br />
diffuse dallo stesso Bianconi sulle pagine<br />
di “ Antologia Romana” nel 1779.<br />
Nell'epistola lo informava sull'architettura dei tre<br />
templi, individuando che le loro proporzioni non corrispondevano<br />
a quelle indicate da Vitruvio per la<br />
costruzione dei templi dorici. “La colonna dorica<br />
deve essere di sei diametri, e quelle di Pesto non arrivano<br />
a cinque. … Gli architetti antichissimi di Pesto<br />
s'accorsero bensì della incongruità delle loro colonne;<br />
ma non avendo la misura stabilita per non farle<br />
troppo tozze, secondo che loro dettava il sentimento e<br />
la ragione, le fecero coniche; e quella forma conica<br />
le rende stabili, e se non saranno distrutte con viva<br />
forza, resteranno in piedi fino alla fine del mondo.”<br />
Per l'ordine dorico (fig. 16), il più antico, inteso come<br />
il complesso di norme (matematiche e geometriche)<br />
che regolano le proporzioni tra le parti di un edificio,<br />
Fig. 10. Martin Knoller (1725-1804)<br />
Ritratto di gruppo con il conte Firmian e il suo seguito<br />
durante una gita nei dintorni di Napoli, 1758<br />
Olio su tela (95 x 1<strong>29</strong>,50 cm)<br />
Tiroler Landesmuseum Ferdinandeum, Innsbruckm,<br />
Austria<br />
Fig. 10. Christian Gottfried Schultze (1749-1819)<br />
Ritratto di <strong>Johann</strong> Jacob Volkmann<br />
Acquaforte (11,5 x 20 cm)<br />
Incisione da Nuova Biblioteca di Belle Scienze e Arti<br />
Liberali. Volume 51, Lipsia, 1793<br />
Collezione di ritratti della Biblioteca Herzog August a<br />
Wolfenbüttel, Germania<br />
Fig. 11. Pierre-Louis Moreau (1727-1794)<br />
Il cosiddetto tempio di Poseidone a Paestum,1757<br />
Inchiostro su carta lucida (22,5 x 24,5 cm)<br />
Cabinet des Estampes de la Bnf, Vb 123 fol.<br />
Biblioteca Nazionale di Francia, Parigi<br />
11<br />
7
Vitruvio fissava a 1/6 il rapporto tra l'altezza della<br />
colonna e il diametro inferiore del fusto (modulo);<br />
una codifica avvenuta alla fine del periodo arcaico,<br />
quando per la loro minore altezza apparivano più<br />
tozze di quelle classiche così come si presentano quelle<br />
di Paestum, il cui effetto è particolarmente accentuato<br />
dal notevole rigonfiamento del fusto (entasi),<br />
un accorgimento ottico per evidenziarne la robustezza<br />
e lo stato tensionale di compressione a cui è sottoposta.<br />
Il primo cenno a stampa su Pesto spunta nelle<br />
“Osservazioni sull'antico tempio di Girgenti”<br />
(Anmerkungen über die Baukunst der alten Tempel<br />
zu Girgenti in Sicilien), una piccola memoria sul tempio<br />
della Concordia ad Agrigento redatta senza averlo<br />
mai visto, basandosi soltanto sulle osservazioni<br />
dell'architetto scozzese Robert Mylne, e che pubblicò<br />
nel 1759 su “Biblioteca delle scienze belle e<br />
delle libere arti” ( Bibliothek der schönen Wissenschaften<br />
und der freyen Künste), un'importante rivista<br />
nella storia della cultura tedesca.<br />
Successivamente descrisse i tre templi in forma più<br />
estesa nelle sue “Osservazioni sull'architettura degli<br />
antichi” ( Anmerkungen über die Baukunst der Alten)<br />
(fig. 14) scritte nel 1760 e pubblicate a Lipsia due<br />
anni dopo. Pur se con una certa pedanteria ne analizzò<br />
l'impianto, le proporzioni e il numero delle<br />
colonne ma senza profonde considerazioni estetiche.<br />
Le “ Osservazioni” furono inserite nel terzo volume<br />
della “ Storia delle arti del disegno presso gli antichi”<br />
stampata a Roma nel 1784, la traduzione in italiano a<br />
cura dell'abate Carlo Fea di “Storia dell'arte<br />
dell'antichità” ( Geschichte der Kunst des Altertums)<br />
(fig. 15) pubblicata a Dresda nel 1764, l'opera principale<br />
di <strong>Winckelmann</strong>, summa delle sue attività di studio<br />
in Italia, riconosciuta come un importante contributo<br />
nella lettura delle opere d'arte.<br />
Sulla base del criterio stilistico e dell'indagine formale<br />
fu il primo a proporre una periodizzazione dello<br />
sviluppo artistico dell'antichità che fino ad allora<br />
appariva come unico blocco senza prospettiva storica,<br />
rendendolo il precursore dei moderni storici<br />
dell'arte. Come sintetizzò Goethe nel suo diario del<br />
Viaggio in Italia, “Fu <strong>Winckelmann</strong> per primo a farci<br />
sentire la necessità di distinguere tra varie epoche e<br />
a tracciare la storia degli stili nella loro graduale crescita<br />
e decadenza”.<br />
La versione italiana delle Osservazioni (fig. 18-19)<br />
divenne un importante riferimento tra gli antiquari<br />
europei in quanto era corredata da numerose note e<br />
correzioni degli errori accertati dal sapiente curatore<br />
nelle due edizioni tedesche del testo (1764 e 1776).<br />
Dopo la morte di <strong>Winckelmann</strong>, ucciso a Triste nel<br />
1768, si ebbero i primi tentativi di editoria critica<br />
12<br />
Fig. 12. Stefano Torelli (1712-1784)<br />
Ritratto di Giovanni Ludovico Bianconi, 1754<br />
Olio su tela<br />
Pinacoteca Nazionale di Bologna<br />
Realizzato da Torelli quando il famoso medico, letterato ed<br />
antiquario bolognese era a Dresda, alla corte di Augusto III<br />
di Sassonia. Sottile diplomatico, Bianconi svolse per Augusto<br />
l'attività di intermediario nell'acquisto di dipinti, fra cui la<br />
celebre “Madonna Sistina” di Raffaello.<br />
Fig. 13. <strong>Johann</strong> <strong>Joachim</strong> <strong>Winckelmann</strong><br />
Pagine degli estratti da Claude Perrault (1613-1688),<br />
Les dix livres d'architecture de Vitruve, Parigi 1684 (I<br />
dieci libri dell'architettura di Vitruvio)<br />
Département des manuscrits, Bibliothèque Nationale de<br />
France, Parigi<br />
8<br />
<strong>Winckelmann</strong> era solito prendere appunti e copiare in estratti<br />
numerosi libri e scritti di studiosi italiani, francesi e inglesi raccogliendoli<br />
in diversi quaderni come ausilio per la memoria di<br />
quanto letto. Costantemente ampliati, questi taccuini composti<br />
da circa 7.500 pagine costituirono la base per tutte le sue successive<br />
opere.<br />
La maggior parte di questi manoscritti, rappresentavi della<br />
metodicità della sua ricerca, furono lasciati in eredità al cardinale<br />
Albani e custoditi nella biblioteca di famiglia a Roma. Scoperti<br />
nella primavera del 1798 dal generale Louis Alexandre<br />
Berthier (1753-1815) delle forze di occupazione francesi, furono<br />
trasferiti a Parigi insieme ad altri pregevoli libri e opere<br />
d'arte, entrando nell'inventario della Bibliothèque Nationale<br />
de France.
9<br />
13
insolitamente tradotte in francese e in italiano, mentre<br />
in Germania il primo volume delle Opere complete<br />
( <strong>Winckelmann</strong>'s Werke) apparve a Dresda soltanto<br />
nel 1808, rappresentando una grande novità sul mercato<br />
librario tedesco; le opere dell'autore erano infatti<br />
scarsamente disponibili unicamente nelle edizioni<br />
originali del XVIII secolo e molte di esse risultavano<br />
esaurite.<br />
I curatori dell'opera furono tre stretti collaboratori di<br />
<strong>Johann</strong> Wolfgang von Goethe a Weimar, seguita inizialmente<br />
solo dal bibliotecario e storico dell'arte<br />
Carl Ludwig Fernow, che morto prematuramente nel<br />
1808 non riuscì a completare nemmeno il secondo<br />
volume. Lo seguì l'assistente del poeta, il pittore e critico<br />
d'arte <strong>Johann</strong> Henrich Meyer, aiutato per il lavoro<br />
filologico da <strong>Johann</strong>es Schulze.<br />
L'intera opera composta da sette volumi fu completata<br />
nel 1817 a cui si aggiunse nel 1820 un volume indice<br />
e un raro album datato 1825 composto da 64 tavole<br />
illustrate, tra cui i rilievi di Paestum, conservato a Varsavia<br />
nella Biblioteca nazionale polacca (fig. 20÷24).<br />
14<br />
Fig. 14. <strong>Johann</strong> <strong>Joachim</strong> <strong>Winckelmann</strong><br />
Copertina di Anmerkungen über die Baukunst der Alten<br />
(Osservazioni sull'architettura degli antichi)<br />
Lipsia, 1762<br />
15<br />
Fig. 15. <strong>Johann</strong> <strong>Joachim</strong> <strong>Winckelmann</strong><br />
Copertina di Geschichte der Kunst des Altertums<br />
(Storia dell'arte dell'antichità)<br />
Dresda, 1764<br />
Fig. 16. Tavola VI - Proporzione dell'ordine dorico<br />
(Fusto della colonna, scanalature, capitello, metopa,<br />
semimetopa, triglifo, gocce, architrave)<br />
Incisione<br />
da L'architettura di Vitruvio, Claude Perrault, Parigi,<br />
1684<br />
Capitolo IV - Della Bellezza delle Fabbriche - Articolo<br />
sesto - Dell'Ordine Dorico<br />
10
6 16<br />
11
17<br />
Fig. 17. <strong>Johann</strong> Wilhelm Brücke (1800-1874)<br />
<strong>Winckelmann</strong> e il cardinal Albani nel Parco della Villa a<br />
Rome, 1864<br />
Olio su tela (140 x 99 cm)<br />
Deutsches Historisches Museum, Berlin<br />
12
“A Roma esistono case e palazzi più belli che in tutto il resto<br />
dell'Italia, tuttavia il più bell'edificio del nostro tempo è la Villa<br />
del Cardinale Alessandro Albani”, così <strong>Johann</strong> <strong>Joachim</strong> <strong>Winckelmann</strong><br />
descriveva l'edificio che il cardinale Alessandro Albani,<br />
nipote di Clemente XI, fece edificare, tra il 1747 e il 1763,<br />
lungo la via Salaria, dall'architetto Carlo Marchionni.<br />
Il cardinale essendo altresì “molto intendente di antichità e<br />
inclinatissimo ad acquistarne” vi raccolse “un prodigioso numero<br />
di statue, di busti, di bassorilievi, di urne, di colonne, di iscrizioni<br />
e di altri marmi antichi” tali da poter considerare la villa<br />
stessa “un ricco e superbo museo d'antichità”.<br />
All'elitaria cerchia di personaggi che frequentavano la Villa,<br />
protagonisti del dibattito culturale tra la “bella e nobile semplicità<br />
degli architetti greci e la magnificenza dei Romani”, apparteneva<br />
anche Giovanni Battista Piranesi, polemico sostenitore<br />
del primato architettonico di Roma e che nel 1756 aveva pubblicato<br />
il primo volume delle sue “Antichità Romane”.<br />
13
18<br />
14
19<br />
Fig. 18. Le fabbriche di Pesto<br />
da un disegno di Giovanni Battista Natali<br />
Incisore Francesco Faccenda (1750 ca-1820)<br />
Tomo III - Tav. VI della Storia delle arti del disegno<br />
presso gli antichi di <strong>Winckelmann</strong><br />
Edizione di Carlo Fea, Roma, 1784<br />
Fig. 18. Abate Carlo Fea (1753-1836)<br />
Copertina del Tomo I di Storia delle arti del disegno<br />
presso gli antichi di Giovanni <strong>Winckelmann</strong><br />
Tradotta dal tedesco in una edizione corretta e<br />
aumentata<br />
Stamperia Paglierini, Roma, 1784<br />
Fig. Tavole I-II-III-IV-IX<br />
(Planimetria generale di Pesto, Porta orientale, Pianta,<br />
sezioni e prospetti del Tempio di Nettuno, Prospetto e<br />
sezione della cosiddetta Basilica)<br />
Incisioni da <strong>Winckelmann</strong>'s Werke, Dresda, 1825<br />
Biblioteca nazionale polacca, Varsavia<br />
20<br />
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21<br />
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24<br />
Lettere:<br />
Lettera al Conte Heinrich von Bünau spedita a Weimar,<br />
Napoli, 26 aprile 1758<br />
Lettera a Berends spedita a Brunswick, Roma maggio 1758<br />
Lettera a Giovanni Ludovico Bianconi spedita a Dresda,<br />
Roma 13 maggio 1758 (Relazione X)<br />
Lettera al barone Heinrich Wilhelm Muzell (noto con il nome<br />
di Philipp von Stosch) spedita a Firenze, Roma 20 maggio<br />
1758<br />
Lettera a <strong>Johann</strong> Caspar Füssli spedita a Zurigo, Roma 27<br />
luglio 1758<br />
Lettera al barone Heinrich Wilhelm Muzell spedita a Firenze,<br />
Roma 5 agosto 1758<br />
Lettera a Salomon Gessner spedita a Zurigo, Roma 17<br />
gennaio 1761<br />
Lettera a <strong>Johann</strong> Jacob Volkmann spedita a Parigi,<br />
Roma 27 marzo 1761<br />
Lettera a Christian Felix Weisse spedita a Lipsia, Roma<br />
15 agosto 1761<br />
Lettera a <strong>Johann</strong> Jacob Volkmann spedita ad Amburgo, Roma<br />
3 marzo 1762<br />
Lettera a <strong>Johann</strong>es Wiedewelt spedita a Copenhagen, Roma 3<br />
marzo 1762<br />
Riferimenti bibliografici:<br />
Claude Perrault, I dieci libri dell'architettura di Vitruvio, Parigi,<br />
Jean Baptiste Coignard, 1673<br />
<strong>Johann</strong> <strong>Joachim</strong> <strong>Winckelmann</strong>, Anmerkungen über die Baukunst<br />
der Alten (Note sull'architettura degli antichi), Editore <strong>Johann</strong><br />
Gottfried Dyck, Lipsia, 1762<br />
<strong>Johann</strong> <strong>Joachim</strong> <strong>Winckelmann</strong>, Geschichte der Kunst des<br />
Altertums (Storia dell'arte antica), Dresda, 1764<br />
Carlo Amoretti (traduzione di), Storia delle arti del disegno<br />
presso gli antichi di J. J. <strong>Winckelmann</strong>, Edizione Imperial<br />
monistero di S. Ambrogio Maggiore, Milano, 1779<br />
Carlo Fea (traduzione di), Storia delle arti del disegno presso gli<br />
antichi di J. J. <strong>Winckelmann</strong>, opera in tre volumi, Stamperia<br />
Pagliarini, Roma, 1784<br />
Carl Ludwig Fernow, Heinrich Meyer, <strong>Johann</strong> Schulze (a cura<br />
di), <strong>Winckelmann</strong>'s Werke (Le opere di <strong>Winckelmann</strong>), Dresda,<br />
1808-1825<br />
Opere di G. G. <strong>Winckelmann</strong>, prima edizione italiana completa,<br />
Edizione Fratelli Giacchetti, Prato, 1830-1833<br />
Estratti di lettere inedite di J. J. <strong>Winckelmann</strong>, Archivio Storico<br />
Italiano, n. 78, Firenze, 1873<br />
Hans Diepolder, WaIther Rehm (a cura di), J. J. <strong>Winckelmann</strong>,<br />
Briefe (Vol I), Walter de Gruyter, Berlino, 1952<br />
Sophie Descat, Voyage d'Italie de Pierre-Louis Moreau, Journal<br />
intime d'un architecte des Lumières, 1754-1757, Presses<br />
universitaires de Bordeaux, 2004<br />
Élisabeth Décultot, Constructions éditoriales d'un mythe.<br />
L'élaboration des <strong>Winckelmann</strong>'s Werke à Weimar (1808-1820),<br />
in Filellenismi e trasferimenti culturali nell'Europa del XIX<br />
secolo, Revue germanique internationale , CNRS Éditions,<br />
Parigi, 2005<br />
Stefano Ferrari, Anatomia di una collezione d'arte: i dipinti e le<br />
sculture del conte Carlo Firmian, in Studi trentini, Arte, 91,<br />
2012<br />
Eloisa Dodero, Claudio Parise Presicce (a cura di), Il Tesoro di<br />
Antichità, <strong>Winckelmann</strong> e il Museo Capitolino nella Roma del<br />
Settecento, Catalogo della mostra, Gangemi Editore, 2017<br />
Elisa De Benedetti (a cura di), <strong>Johann</strong> <strong>Joachim</strong> <strong>Winckelmann</strong><br />
(1717-1768) nel duplice anniversario, Collana: Studi sul<br />
Settecento Romano, Edizioni Quasar, Roma, 2018<br />
Fabio Mangone, <strong>Winckelmann</strong> nel Regno di Napoli, oltre il<br />
Museo ercolanense: Pozzuoli e Paestum, in Studi sul Settecento<br />
Romano, <strong>Johann</strong> <strong>Joachim</strong> <strong>Winckelmann</strong> (1717-1768)<br />
nel duplice anniversario, Edizioni Quasar, Roma, 2018<br />
Guido Cornini, Claudia Valeri (a cura di), <strong>Winckelmann</strong>:<br />
capolavori diffusi nei Musei Vaticani, Catalogo della mostra<br />
organizzata in occasione della ricorrenza del 250° anniversario<br />
della morte J. J. <strong>Winckelmann</strong>, Edizioni Musei Vaticani, 2018<br />
18
25<br />
Wolfgang Adam, <strong>Winckelmann</strong> e Volkmann: "Une amitié<br />
ordinaire et coustumière", in Stefano Ferrari (a cura di), La rete<br />
prosopografica di <strong>Johann</strong> <strong>Joachim</strong> <strong>Winckelmann</strong>. Bilancio e<br />
prospettive, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma, 2019<br />
Stefano Ferrari, Il “Transfert” degli “idilli” gessneriani<br />
nell'opera di <strong>Winckelmann</strong><br />
e in quella di Watelet, in Dispacci da un altro mondo, Il genere<br />
dell'Idillo dall'età classica all'Ottocento, Società Editrice il<br />
Mulino, Bologna, 2021<br />
Fabio Mangone (a cura di), La scoperta dell'antico in Campania<br />
tra settecento e ottocento, L'archeologia come fondamento<br />
scientifico dell'architettura moderna, Edizione L'Erma di<br />
Bretschneider, Roma, 2021<br />
Fig. 25. Antonio Joli (1700-1777)<br />
“Veduta generale dell'avanzi di Pesto dalla parte di<br />
ponente”, 1759<br />
Olio su tela (125 x 75 cm)<br />
Collezione privata (vendita Sotheby's New York)<br />
La veduta è una seconda versione del dipinto a olio realizzato<br />
nel 1759 dal pittore modenese e oggi conservato a Pasadena,<br />
negli Stati Uniti, al Norton Simon Museum. Di provenienza sconosciuta,<br />
potrebbe essere una delle quattro “Vedute di Pesto”<br />
con cornici dorare presenti nel catalogo delle pitture e sculture<br />
di proprietà del Conte Carlo Firminan, promotore e fervido<br />
sostenitore delle scienze e delle arti, divulgatore dei testi e del<br />
gusto di <strong>Winckelmann</strong> che incontrò a Napoli prima del suo viaggio<br />
a Paestum.<br />
Acquistate all'asta a Milano nel 1787 dal collezionista d'arte<br />
Giacomo Melzi, in un inventario del 1802 sono così descritte:<br />
Quattro vedute di particolare prospettiva d'antichi templi di<br />
Pesto nel Regno di Napoli”.<br />
19
Il maggiore protagonista della valorizzazione e riscoperta<br />
di Paestum con i suoi maestosi templi fu il fondatore<br />
dell'archeologia moderna e della storia dell'arte,<br />
promotore dell'estetica del neoclassicismo, il tedesco<br />
<strong>Johann</strong> <strong>Joachim</strong> <strong>Winckelmann</strong> (1717-1768) che arrivato<br />
a Roma da Dresda per studiare le antichità romane,<br />
visitò il sito nel 1758, trovandosi per la prima e ultima<br />
volta a contatto con l'architettura greca.<br />
Quattro anni dopo pubblicò le sue prime osservazioni<br />
sull'architettura degli antichi in cui descrisse i monumentali<br />
edifici di ordine dorico, il più antico dei tre ordini<br />
architettonici - la cui "nobile semplicità e quiete<br />
grandezza" aveva forgiato l'immagine della Grecia<br />
classica - contribuendo a diffonderne rapidamente<br />
l'interesse tra i maggiori intellettuali europei<br />
dell'epoca.<br />
Il <strong>Quaderno</strong>, nato dalla volontà di raccontare in chiave<br />
divulgativa il viaggio di <strong>Winckelmann</strong> a Paestum in<br />
pieno Settecento illuminista, condensa le notizie tratte<br />
dalle numerose lettere che solitamente lo storico<br />
dell'arte inviava agli amici per tenerli informati<br />
sull'avanzamento dei suoi studi e dei luoghi che aveva<br />
visitato.<br />
Immagine di copertina<br />
Angelika Kauffmann (1741-1807)<br />
Ritratto di <strong>Johann</strong> <strong>Joachim</strong> <strong>Winckelmann</strong>, 1764<br />
Collezione del Kunsthaus, Zurigo<br />
collana<br />
I Quaderni dell’Arte<br />
a cura di Costabile Cerone<br />
<strong>Quaderno</strong> <strong>29</strong> - <strong>novembre</strong> <strong>2023</strong><br />
<strong>Johann</strong> <strong>Joachim</strong> <strong>Winckelmann</strong><br />
Osservazioni su Paestum<br />
Copyright: © <strong>2023</strong> PAESTUMinARTE<br />
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