Il parco delle meraviglie
Norma e i suoi amici vanno a giocare al parchetto, un fazzoletto di terra spelacchiato e con pochi giochi malandati. Un luogo misero e triste... Ma c’è uno spazio, poco lontano dalla scuola, forse perfetto per un parco fantastico! Lo esplorano e scoprono un luogo delle meraviglie specialissimo! Come mai è stato dimenticato da tutti?
Norma e i suoi amici vanno a giocare al parchetto, un fazzoletto di terra spelacchiato e con pochi giochi malandati. Un luogo misero e triste... Ma c’è uno spazio, poco lontano dalla scuola, forse perfetto per un parco fantastico!
Lo esplorano e scoprono un luogo delle meraviglie specialissimo! Come mai è stato dimenticato da tutti?
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LEGGERE È UN’AVVENTURA<br />
Piccoli lettori crescono<br />
NORMA LA DRITTA<br />
<strong>Il</strong> <strong>parco</strong><br />
<strong>delle</strong> <strong>meraviglie</strong><br />
C H E INIZIA D A PIC C O LI
Piccoli lettori crescono<br />
<strong>Il</strong> <strong>parco</strong><br />
<strong>delle</strong> <strong>meraviglie</strong>
Ciao! Mi chiamo Norma.<br />
Mi hanno soprannominato<br />
“la dritta”, forse perché<br />
sono molto alta per la mia età<br />
o forse perché adoro mettermi<br />
nei guai e non temo le sfide.<br />
Con i miei amici<br />
non ci annoiamo mai.<br />
Ma un’avventura<br />
come quella che state per leggere<br />
non l’avremmo proprio mai<br />
immaginata!<br />
Nicolas<br />
Paolo<br />
Norma<br />
Cartesio<br />
Mariam<br />
Linda<br />
Pio
È primavera!<br />
Sarà capitato anche a voi di tirare un sospiro di sollievo<br />
quando, dopo giorni freddi, grigi e piovosi,<br />
finalmente sembra essere arrivata la primavera.<br />
Ecco, era quello il sospiro che avevamo tirato io e Mariam<br />
mentre, sedute nella nostra solita panchina,<br />
facevamo merenda insieme nel <strong>parco</strong>. Beh, «<strong>parco</strong>»<br />
è una parola grossa. Quello dietro casa nostra poteva<br />
definirsi tutt’al più un «giardinetto». E non credo possa<br />
nemmeno essere contemplato tra le aree verdi della città.<br />
C’erano le altalene, un po’ malandate, e lo scivolo,<br />
ma sotto non aveva erba vera. Era erba sintetica,<br />
e per di più un po’ sciupata.<br />
L’unico verde era dato da quattro angoli di prato<br />
ai margini, un po’ spelacchiati ma dove per fortuna,<br />
e solo a ben guardare, qualche coraggiosa margheritina<br />
si ostinava a sbocciare, forse per festeggiare anche lei<br />
la primavera.<br />
C’erano anche quattro grandi alberi, unica cosa bella<br />
di quel giardinetto. Durante l’estate facevano una piacevole<br />
ombra, in quel momento però erano ancora completamente<br />
spoglie. Sembravano più morte che vive. Io e Mariam<br />
stavamo aspettando l’arrivo degli altri del nostro gruppo<br />
di ‘imbattibili’: mia cugina Linda, Nicolas e Paolo.<br />
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Ci piace chiamarci così perché noi non ci arrendiamo mai!<br />
Chissà se sarebbero venuti tutti. Nell’attesa<br />
sbocconcellavamo due merendine che avevo arraffato<br />
velocemente prima di uscire. Quando la nonna di Mariam<br />
era in Italia ci preparava sempre qualcosa di delizioso<br />
per merenda, ma ora era in Egitto.<br />
«Quando torna tua nonna?» chiesi speranzosa ingoiando<br />
l’ultimo boccone di merendina e mettendomi in tasca<br />
la plastica della confezione, visto che nel giardinetto<br />
non c’erano nemmeno bidoni<br />
per la raccolta<br />
differenziata.<br />
«Non lo<br />
sappiamo. Sua<br />
sorella non sta<br />
bene e credo resterà<br />
con lei sino a quando<br />
non si sarà ripresa.»<br />
«Ti manca?»<br />
«Molto. Mamma e papà lavorano<br />
tanto, e quando c’è lei<br />
non mi sento mai sola,<br />
adesso invece…»<br />
La sua voce si incrinò<br />
e la sua espressione<br />
si fece triste.<br />
Mariam era facile alla commozione. Decisi di cambiare<br />
subito argomento e distrarla buttandomi sulle scienze<br />
della natura, la materia preferita di Mariam. L’occasione<br />
era data dalle quattro grandi piante, che però come ho detto<br />
in quel momento erano solo un tronco e rami spogli.<br />
«Secondo te, queste piante sono morte?»<br />
Mariam si guardò intorno, poi mi sorrise.<br />
«Ma no, queste sono albizie. Mettono fuori le foglie<br />
in ritardo rispetto ad altri alberi.»<br />
«Alb… cosa?»<br />
Come Mariam potesse ricordare tutti i nomi<br />
<strong>delle</strong> piante, dei fiori, degli animali è sempre rimasto<br />
un mistero per me.<br />
«Albizie. Le chiamano anche acacie di Costantinopoli,<br />
perché pare che per arrivare qui dall’Asia siano passate<br />
proprio da Costantinopoli, la capitale dell’impero romano<br />
d’oriente che oggi si chiama Istanbul. Ti ricordi?<br />
L’abbiamo studiata in storia. Crescono anche in Egitto, sai?<br />
Me lo ha raccontato mia nonna.»<br />
«Ma fanno fiori?»<br />
«Non ti ricordi proprio nulla! Fanno quei fiori strani<br />
bianchi e rosa, che sembrano i piumini che usiamo<br />
per la polvere.»<br />
«Ah, giusto!»<br />
In realtà, non li ricordavo affatto, ma non volevo<br />
che Mariam partisse con una lezione di scienze!<br />
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Mi guardai intorno, un po’ sconsolata.<br />
«Certo che questo posto è un po’ triste…» dissi, e sbuffai.<br />
«Sì» annuì Mariam. «Sarebbe bello avere un posto<br />
tutto nostro dove incontrarci, passeggiare, andare in bici.<br />
E pensare che il nostro condominio ha un bel cortile»<br />
aggiunse pensierosa. «Invece, dopo che il tuo fratellino Pio<br />
ha tirato una pallonata alla signora del quinto piano,<br />
ci hanno messo quell’orribile cartello<br />
‘VIETATO GIOCARE’.»<br />
«Pio non smentisce mai il suo soprannome,<br />
Pio il terribile! Mi dispiace ma quella volta<br />
me lo ero dovuto portare dietro. Comunque mi pare<br />
la cosa più sciocca del mondo. Perché fare un cortile<br />
se poi non ci si può andare? Se io abitassi<br />
nel tuo condominio mi verrebbe un diavolo per capello!»<br />
Mariam scoppiò a ridere. La guardai con aria interrogativa.<br />
«Scusami! Mi fa troppo ridere l’idea che tu abbia<br />
un diavoletto infuriato per ogni capello. Sai che confusione!!!»<br />
Risi anch’io.<br />
«È un’espressione che usa sempre mia madre<br />
quando qualcosa la fa proprio arrabbiare tanto.»<br />
«Avevo capito. Rido perché non l’avevo mai sentita…<br />
Ehi guarda, sta arrivando Nicolas!»<br />
Nicolas frequentava la nostra stessa scuola,<br />
ma era un anno avanti. Stava arrivando<br />
con la sua nuova bicicletta.<br />
Un regalo di compleanno<br />
a cui teneva tantissimo.<br />
Entrò nel giardinetto<br />
spingendola a mano.<br />
«Ciao ragazze!»<br />
Salutò allegro<br />
appoggiando la bici<br />
alla nostra panchina.<br />
«Ciao Nicolas!»<br />
Rispondemmo<br />
in coro.<br />
«Perché non la lasci<br />
nel portabiciclette?»<br />
«Ma è tutto arrugginito!!»<br />
rispose inorridito. «E poi,<br />
preferisco tenerla vicino a me.»<br />
«Ormai siete inseparabili!»<br />
commentò Mariam.<br />
«Puoi dirlo! Vedete…»<br />
«Sai,» lo interruppi prima che iniziasse<br />
a illustrarci per l’ennesima volta tutti i pregi<br />
del suo nuovo mezzo «con Mariam stavamo pensando<br />
a quanto sarebbe bello avere un posto dove incontrarci.<br />
Un vero <strong>parco</strong>, un po’ meglio di questo.»<br />
E, mentre parlavo, mi guardavo intorno sconsolata.<br />
«Con Norma stavamo immaginando un bel <strong>parco</strong>,<br />
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grande, verde, pulito» spiegò Mariam.<br />
«In realtà» fece Nicolas «un <strong>parco</strong> grande c’è,<br />
e non lontano da qui.»<br />
«Ma dove?»<br />
Ora aveva acceso l’interesse mio e di Mariam.<br />
«Dalle parti della scuola. Sapete dove hanno aperto<br />
quel supermercato? Ecco, subito dietro.»<br />
«Ma non è un’area abbandonata, quella?»<br />
«È vero, sembra tutto abbandonato, ma una volta doveva<br />
essere un <strong>parco</strong>. C’è ancora una vecchia recinzione<br />
e un cancello arrugginito. Mio padre mi ha raccontato<br />
che doveva diventare il polmone verde della città,<br />
ma poi, non ho capito bene perché, hanno lasciato<br />
perdere tutto.»<br />
Scossi la testa e sbuffai soffiando via i capelli.<br />
Un’idea iniziava a ronzarmi in testa.<br />
«Comunque mio padre dice che è meglio stare alla larga<br />
da quel posto» continuò Nicolas abbassando la voce<br />
e guardandosi intorno con sospetto. «Dice che è pericoloso…<br />
brutta gente!»<br />
Un bel sogno<br />
Tornata a casa, i compiti di matematica mi aspettavano,<br />
in agguato sulla scrivania di camera mia.<br />
Sapevo di dovermi concentrare, ma il pensiero del <strong>parco</strong><br />
non smetteva di frullarmi per la testa. Continuavo<br />
a ripensare alle parole di Nicolas. Se quel posto era stato<br />
un <strong>parco</strong> con tanto di recinzione e cancello non doveva<br />
essere poi così male.<br />
Certo erano arrugginiti. Ma forse sarebbe stato possibile<br />
sistemarlo e recuperarlo. Come al solito iniziai a parlarne<br />
con Cartesio, il gatto di casa, che se ne stava acciambellato<br />
sul mio letto. Lui è un tipo che sa ascoltare.<br />
«Perché lo hanno abbandonato?» gli chiesi. «Che spreco<br />
di tempo e di energie! Gli adulti talvolta fanno scelte strane.»<br />
Cartesio emise un basso miagolio di approvazione e poi<br />
mi guardò, come per dire “Dove vuoi andare a parare?”<br />
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«<strong>Il</strong> fatto è, Cartesio, che io, Mariam, Linda,<br />
Nicolas e Paolo abbiamo bisogno di un posto tutto nostro!»<br />
Cartesio si stiracchiò e si allungò tirando fuori gli artigli.<br />
“Che egoisti!” stava quasi certamente pensando<br />
nella sua mente gattesca.<br />
«Vabbè, non solo nostro. Ma che sia uno spazio grande,<br />
dove ci siano giochi per bambini di ogni età.<br />
Magari quelli per i più piccoli un po’ lontani dai nostri…»<br />
Aggiunsi pensando a Pio il terribile.<br />
Cartesio guardò verso la scrivania, poi si voltò<br />
e si allontanò. Aveva ragione, dovevo assolutamente<br />
finire i compiti di matematica.<br />
Quando mi addormentai, sognai un meraviglioso <strong>parco</strong><br />
con enormi scivoli, muri per arrampicata,<br />
piste per skateboard e panchine un po’ più comode<br />
di quelle del giardinetto dietro casa. La mattina, appena<br />
aperti gli occhi, pensai dobbiamo andare a controllare<br />
quel posto. Ma avevamo due problemi da affrontare.<br />
<strong>Il</strong> papà di Nicolas, che consigliava di starne alla larga,<br />
e la paura di Mariam, e forse non solo la sua.<br />
Ma siamo o non siamo imbattibili? pensai tra me e me.<br />
Avevo bisogno di parlarne con gli altri e dovevo arrivare<br />
a scuola presto, per riuscire a intercettare tutti.<br />
Mi buttai giù dal letto e, quando la mamma entrò,<br />
convinta di dovermi richiamare come al solito,<br />
mi trovò già in piedi. Mi guardò stupita.<br />
«Ciao mamma, vorrei arrivare a scuola un po’ presto oggi.»<br />
Fece un’espressione ancora più stupita.<br />
«Hai qualche verifica? Qualche compito ancora da finire?»<br />
«No, no. Ho fatto tutto. Davvero» la rassicurai. «Vorrei solo<br />
riuscire a vedere i miei amici prima di entrare in classe.»<br />
«Ma se li vedi tutti i giorni, o quasi.»<br />
«Sì, lo so, ma devo dirgli una cosa.»<br />
La mamma scosse la testa. «Per me nessun problema.<br />
Vado a vedere se tuo fratello si è alzato. Vi aspetto in cucina<br />
per la colazione.»<br />
Di fronte alle tazze di cereali, mamma disse ciò<br />
che non avrebbe mai dovuto dire: «Pio, sbrigati. Norma<br />
vorrebbe arrivare a scuola un po’ in anticipo stamattina.»<br />
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Mio fratello, che come vi ho detto non a caso<br />
viene chiamato Pio il terribile, alzò gli occhi dalla sua<br />
scodella e mi guardò con quel sorriso ironico che<br />
conoscevo sin troppo bene.<br />
«Come mai?» mi chiese.<br />
«Ho bisogno di vedere i miei am…»<br />
Risposta sbagliata! Mi interruppi vedendo il luccichio<br />
malizioso che brillò nei suoi occhi. Gli avevo appena<br />
rivelato che non si trattava di una questione di scuola!<br />
Improvvisamente il suo latte diventò troppo freddo.<br />
Poi troppo caldo. La maglia che voleva assolutamente<br />
indossare sparì. Le calze nel suo cassetto erano tutte bucate.<br />
<strong>Il</strong> quaderno di italiano era misteriosamente scomparso<br />
dallo zaino. Quando papà mi vide perfettamente pronta,<br />
in piedi di fianco alla porta ormai da diversi interminabili<br />
minuti, e Pio decise di mettersi cercare il suo portafortuna,<br />
finalmente si arrabbiò.<br />
«Adesso basta Pio! Non solo rischiate di arrivare<br />
in ritardo a scuola, ma faccio tardi anch’io in ufficio.<br />
Sali immediatamente in macchina.»<br />
Di solito si andava e tornava da scuola a piedi o in bici,<br />
con la mamma quando lo permettevano i turni in ospedale,<br />
o con il papà quando lavorava da casa. In auto solo<br />
se era necessario, come oggi che mamma e papà dovevano<br />
andare tutti e due al lavoro. Avevo cercato di convincerli<br />
a lasciarmi andare e tornare a piedi da sola con gli amici.<br />
Mi sentivo abbastanza grande e a scuola avevamo<br />
imparato tutte le regole di sicurezza che devono seguire<br />
i pedoni. Ma era stato tutto inutile, e sempre per colpa<br />
di Pio. Si era messo in mezzo sostenendo che anche lui<br />
avrebbe potuto venire con me.<br />
Era stata la fine del mio progetto. Stargli dietro era una<br />
responsabilità troppo grande, lo capivo da sola.<br />
Inutile dire che arrivai a scuola appena in tempo<br />
per unirmi alla fila dei miei compagni e <strong>delle</strong> mie compagne<br />
che stavano entrando in aula e non riuscii a dire niente a<br />
nessuno. La nostra maestra Silvia era assente quel giorno<br />
e con la supplente ci volle un po’ di più del solito<br />
per sistemarci ai nostri posti. Mariam, che come forse non<br />
vi ho ancora detto è in classe con me, ne approfittò per<br />
sillabare con la bocca senza emettere suono.<br />
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«Perché così tardi oggi?»<br />
Le risposi anch’io allo stesso modo silenzioso.<br />
«È tutta colpa di mio fratello» e sbuffai.<br />
Lei scosse la testa e tornò a farsi attenta solo alla lezione.<br />
La supplente stava spiegando la differenza<br />
tra una descrizione oggettiva e una descrizione soggettiva.<br />
Era chiaramente un incarico che le aveva affidato<br />
la nostra maestra Silvia, che però sapeva sempre trovare<br />
il modo di farci ridere e divertire quando spiegava.<br />
La supplente invece mi sembrava un po’ più noiosa.<br />
Ci stava facendo leggere dei brevi testi che parlavano<br />
<strong>delle</strong> caratteristiche di animali, oggetti, persone o luoghi<br />
e noi dovevamo dire di che tipo di descrizione si trattava.<br />
Non era sempre semplice, ma alla fine mi sembrava<br />
di aver capito. <strong>Il</strong> tempo però pareva non passare mai.<br />
Aspettavo con ansia l’intervallo per poter incontrare<br />
i miei amici. Mi allungai sulla sedia per riuscire<br />
a leggere l’ora sulla lavagna luminosa.<br />
La maestra interpretò male il mio movimento.<br />
«Norma, giusto?»<br />
«Sì» risposi. Wow, ricordava già il mio nome<br />
dopo un solo appello.<br />
«Volevi dire qualcosa?»<br />
Scossi la testa sperando di finirla così ma lei continuò.<br />
«Saresti capace di farci un esempio su qualcosa<br />
di oggettivo o di soggettivo?»<br />
Pensando al momento in cui avrei potuto parlare<br />
con i miei amici, mi venne da dire: «So che le ore<br />
sono tutte di sessanta minuti, e ogni minuto è di sessanta<br />
secondi. Questo è oggettivo. Ma questa mattina le ore<br />
di scuola non finiscono più, sembrano lunghissime.»<br />
Tutti scoppiarono a ridere.<br />
Mi sono cacciata in un guaio, pensai desiderando<br />
di sparire. E invece la maestra mi sorrise.<br />
«Brava Norma! Hai introdotto un argomento<br />
molto importante, la percezione del tempo.<br />
Quella oggettiva, scandita dagli orologi e quella<br />
che viviamo noi, personalmente. Avete mai avuto<br />
l’impressione che il tempo scorresse più velocemente<br />
del solito, o più lentamente, come è accaduto<br />
questa mattina a Norma?»<br />
Compagni e compagne iniziarono a parlare tutti insieme.<br />
L’insegnante fu costretta ad alzare la voce per ristabilire<br />
l’ordine e permettere a ognuno di raccontare la sua<br />
esperienza. Tra racconti talvolta allegri, talvolta tristi,<br />
la lezione si fece molto più vivace e divertente. E, tutto<br />
d’un tratto, il tempo accelerò. Questa supplente non era poi<br />
così male. Quando suonò il campanello dell’intervallo,<br />
qualcuno stava ancora raccontando. Per fortuna la maestra<br />
fermò gli interventi, dicendo che avremmo ripreso la<br />
prossima volta. In un attimo, ci precipitammo tutti in cortile.<br />
Questo era uno degli aspetti più belli dell’arrivo della<br />
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Piccoli lettori crescono<br />
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ANNI<br />
Prime letture<br />
Norma e i suoi amici vanno a giocare al parchetto, un fazzoletto<br />
di terra spelacchiato e con pochi giochi malandati. Un luogo<br />
misero e triste... Ma c’è uno spazio, poco lontano dalla scuola,<br />
forse perfetto per un <strong>parco</strong> fantastico!<br />
Lo esplorano e scoprono un luogo <strong>delle</strong> <strong>meraviglie</strong> specialissimo!<br />
Come mai è stato dimenticato da tutti?<br />
Nella stessa collana<br />
© 2023 by<br />
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Via Jucker, 28 - Legnano (MI) - Italia<br />
<strong>Il</strong>lustrazioni di Chiara Nocentini<br />
Idea narrativa e testi a cura del collettivo Tra le Righe<br />
Tutti i diritti sono riservati - Stampato in Croazia<br />
432023<br />
ISBN 979-12-81517-03-5<br />
7,90