Saccargia: una tappa del pellegrinaggio medievale?,
Il lavoro si occupa delle orgini e delle funzionalità della basilica di Saccargia
Il lavoro si occupa delle orgini e delle funzionalità della basilica di Saccargia
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8 Franco G. R. Campus
rurali 15 . Tra XII e XIII secolo si assiste chiaramente alla fase di piena maturità di
tutto il fenomeno: gli enti monastici mostrano una stretta interdipendenza con le
casate regnanti, ma occorre annotare come queste ultime si trovino oramai indirizzate
su un nuovo livello di agire in ragione delle nuove alleanze, realizzate con accorte
politiche matrimoniali,con le famiglie signorili continentali e più in generale
con le stesse autorità comunali di Pisa e Genova.
A questo punto, è possibile dare un giudizio più obiettivo sulle caratteristiche
economiche indotte dalla presenza degli ordini monastici. Appare molto vicino al
vero l’ipotesi di un’intensa raccolta delle eccedenze da parte dei monaci e una loro
immissione dei prodotti raccolti nei canali commerciali che si stavano via via componendo
tra la seconda metà del XII e la prima del secolo successivo, tuttavia occorre
non sottovalutare una costante rappresentata dal fatto che i contadini della
Sardegna, sin dai secoli dell’alto medioevo, nei villaggi, anche in quelli più piccoli,
avevano bisogno di oggetti artigianali semplici (vestiti, arnesi agricoli in metallo,
ceramica) e le persone impegnate nelle attività di allevamento avevano un legame
sistemico con il primo gruppo soprattutto per il reperimento del grano che poteva
essere pagato con altri prodotti naturali (formaggio, carne, pellami). Prodotti che
in seconda battuta potevano essere portati in altri mercati grazie allo spostamento
di operatori ambulanti. Un livello locale dello scambio non nato per smaltire la
‘paccottiglia’ portata in Sardegna dai vettori mercantili durante i viaggi di andata,
ma che da sempre rispondeva alla ‘naturale’ propensione al reperimento di quei
beni non autoprodotti. Nelle fonti documentarie questo sistema è quasi nascosto
(anche se sono diverse le notizie contenute nei condaghes pertinenti alla valutazione
dei beni primari 16 ), ma è ben percepibile nelle fonti materiali. Qui è possibile annotare
come, sin dall’alto medioevo, i manufatti locali convivano con gli oggetti
15
I resti archeolozoologici, in particolare, offrono un quadro affidabile sul livello di sussistenza
legato non solo alle tipologie insediative, ma soprattutto al rapporto tra le risorse naturali e il livello
sociale degli abitanti. Al momento, purtroppo, i dati disponibili sono ancora discontinui e poco paragonabili
tra loro, in ragione del fatto che alcune ricerche hanno interessato solo le sequenze pertinenti le fasi di
abbandono dei complessi. Per un primo bilancio si veda B. WILKENS, Archeozoologia. Il mediterraneo, la
storia, la Sardegna, Sassari 2012, in part. pp. 107-125 con bibliografia.
16
Si vedano a questo proposito le tabelle di confronto ricavate dalla lettura del Condaghe di Barisone
II (Il Condaghe di Barisone II cit., pp. 68-79).
17
Su questo si veda M. MILANESE - L. BICCONE - M. FIORI, Produzione, commercio e consumo di manufatti
ceramici nella Sardegna nord-occidentale tra XI e XV secolo, in II Congresso nazionale di Archeologia
medievale, a cura di G. P. Brogiolo, Firenze2000, pp. 435-443; L. BICCONE, Fonti materiali per la storia
delle relazioni commerciali tra Genova e la Sardegna in età medievale in Genova una “porta” del Mediterraneo,
a cura di L. Gallinari, Genova 2005, pp. 329-366; M. MILANESE - L. BICCONE - D. ROVINA - P. MAMELI,
Forum ware da recenti ritrovamenti nella Sardegna Nord-occidentale, in La ceramica invetriata nel Medioevo
e in età moderna, atti del XXXVIII Convegno Internazionale della Ceramica, Firenze 2005, pp. 201-217;