Saccargia: una tappa del pellegrinaggio medievale?,
Il lavoro si occupa delle orgini e delle funzionalità della basilica di Saccargia
Il lavoro si occupa delle orgini e delle funzionalità della basilica di Saccargia
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4 Franco G. R. Campus
Come nel caso dell’assistenza spirituale, la prospettiva di rilanciare le produzioni
agricole attraverso l’introduzione dei monaci rappresentò uno dei principali
obiettivi perseguito dai giudici sardi 6 . Le prove di questo processo sono essenzialmente
ricavate dalla lettura dei registri monastici – i Condaghes 7 – e indirettamente
dalla distribuzione degli insediamenti rurali legati ai monaci ed infine dalla
palese ripresa delle attività commerciali nota dalla coeva documentazione. In
senso opposto la seconda corrente interpretativa ha evidenziato come i fattori di
sfruttamento e sottomissione fossero già presenti nelle prime concessioni dove i
giudici, quelli di Cagliari e Torres in particolare, mostrerebbero una palese incapacità
amministrativa nel cedere i terreni migliori, forse in ragione del fatto che
sul loro capo pesavano le minacce di infeudazione esercitate dalla Sede Apostolica
durante il pontificato di Gregorio VII. Da questo momento i monaci, servendosi
di una cospicua manodopera servile ottenuta con le donazioni, furono capaci di
offrire ai mercanti enormi quantità di beni primari a prezzi eccezionalmente bassi.
I vettori commerciali, in prevalenza Pisani e Genovesi, avrebbero ottenuto forti
guadagni con la vendita degli stessi prodotti nei mercati urbani del Continente,
grazie ad un livello dei prezzi concretamente superiore. In altre parole esisteva
un legame sistemico tra monaci e mercanti, che permetteva ai primi di monetizzare
con profitto le eccedenze, ai secondi di ottenere un enorme guadagno rispetto all’investimento
iniziale necessario per il trasporto nell’Isola di beni di scarsa qualità
venduti in Sardegna secondo il livello dei prezzi del continente 8 . Dalla seconda
metà del XII secolo gli ordini monastici, sempre secondo questa corrente interpretativa,
mirarono a una razionalizzazione delle proprietà fondiarie agevolandosi
dell’appoggio incondizionato del clero e delle aristocrazie locali. In questo modo
le popolazioni nelle campagne videro progressivamente peggiorare le loro condi-
cura di G. Galasso, vol. X, Torino 1984, pp. 3-186, in particolare pp. 38-53). A commento degli aspetti
economici descritti da Day si veda E. LE ROYLADURIE, A proposito di Sardegna, «Quaderni Sardi di
Storia», 3 (1981-1983), pp. 15-24; A. MATTONE, Recensione a J. Day, B. Anatra, L. Scaraffia, La Sardegna
medievale e moderna (vol. X della Storia d’Italia, diretta da G. Galasso), «Rivista Storica Italiana», XCIX,
fasc. II (1987), pp. 551-558.
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Alla costruzione di questa lettura ha giocato un ruolo fondamentale la formula contenuta nella
prima scheda di donazione e fondazione del monastero camaldolese di S. Maria di Bonarcado pertinente
al XII secolo: «qui regant illud et ordinent et lavorent et edificent et plantent» (Il Condaghe di Santa Maria
di Bonarcado, a cura di M. Virdis, Cagliari 2002, CSMB scheda n. 1). Per una rilettura di questi aspetti si
rimanda a S. DE SANTIS, Il salto. La frontiera dello spazio agrario nella Sardegna medioevale, «Rivista di
Storia Agraria», XLII (2002), n. 1, pp. 3-48, in part. p. 29).
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Le edizioni adottate sono le seguenti: Il condaghe di S. Pietro di Silki (CSPS), a cura di A. Soddu -
G. Strinna, Nuoro 2013; Il Condaghe di Santa Maria di Bonarcado (CSMB); Il condaghe di San Michele di
Salvennor (CSMS), a cura di P. Maninchedda - A. Murtas, Cagliari 2003; Il condaghe di San Nicola di
Trullas (CSMT), a cura di P. Merci, Nuoro 2001; Il Condaghe di Barisone II,in G. Meloni - A. Dessì
Fulgheri, Mondo rurale e Sardegna del XII secolo. Il condaghe di Barisone II di Torres, Napoli 1994.
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DAY, La Sardegna sotto la dominazione pisano-genovese cit., pp. 51-53.