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Makinglife n.4 2023

Nell'ottica dell'economia circolare, il semplice recupero e riutilizzo dei prodotti non è più sufficiente. È fondamentale ricavare dagli scarti e dai sottoprodotti il massimo valore possibile. Ad esempio valorizzando i composti bioattivi contenuti negli scarti agroalimentari per produrre sostanze attive da utilizzare per la nutraceutica, la cosmesi e l’industria alimentare.

Nell'ottica dell'economia circolare, il semplice recupero e riutilizzo dei prodotti non è più sufficiente. È fondamentale ricavare dagli scarti e dai sottoprodotti il massimo valore possibile. Ad esempio valorizzando i composti bioattivi contenuti negli scarti agroalimentari per produrre sostanze attive da utilizzare per la nutraceutica, la cosmesi e l’industria alimentare.

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makinglife | settembre <strong>2023</strong><br />

Una ingente risorsa<br />

Il siero è la frazione liquida che rimane dopo il processo di caseificazione. Dal punto di vista chimico, questa reazione<br />

consiste nella rottura proteolitica delle molecole di caseina-k da parte degli enzimi del caglio, con conseguente<br />

aggregazione delle altre caseine. La caseina-k, infatti, stabilizza la formazione di micelle, come nel sapone, e la sua<br />

rottura causa l’aggregazione di proteine e lipidi col calcio contenuto nel latte. La caseificazione per via chimica segue<br />

una strada leggermente diversa poiché si mira a solubilizzare i metalli contenuti nelle micelle tramite protonazione<br />

(ambiente acido, appunto) dei gruppi fosfato delle caseine, ma è un processo molto meno utilizzato della tradizionale<br />

cagliatura (caglio animale o sintetico). Il risultato è un liquido contenente principalmente proteine e zuccheri, lattosio in<br />

primis, con concentrazioni minori di sali minerali e lipidi.<br />

Il volume di produzione del siero è ingente: per ogni litro di latte vengono prodotti tra 0,82 e 0,87 litri di siero e, nel<br />

2020, in Europa ne è stato prodotto un volume stimato di 55,5 milioni di tonnellate. Anche solo considerando l’Italia,<br />

con le sue circa 13.000 tonnellate di latte di vacca e 1.200 tonnellate di formaggio bovino prodotte nel 2022 (dati Istat),<br />

risulta chiaro l’enorme volume di questo sottoprodotto e l’onere che la sua gestione comporta. Le problematiche del<br />

siero non si limitano a questo: esiste un parametro, abbreviato in BOD, che indica la quantità di ossigeno richiesta da<br />

una popolazione microbica per consumare il contenuto organico di un liquido o soluzione: rappresenta, dunque, una<br />

misura a grandi linee di quanto un effluente sia “difficile da smaltire” a livello ambientale. Con i suoi 27-60 g/l, il siero di<br />

latte supera ampiamente il limite di 0,6 g/l imposto dall’UE per le fognature non trattate.<br />

Fortunatamente, proprio in virtù di questo suo abbondante contenuto organico, il siero di latte ha numerose vie di<br />

valorizzazione e sfruttamento possibili.<br />

di riciclo di questa sostanza è la sua<br />

essiccazione per ottenere una polvere<br />

usata come additivo in mangimi o<br />

integratori (spesso viene modificata<br />

preventivamente la composizione<br />

percentuale di lattosio o proteine così da<br />

avere differenti specifiche). Nonostante<br />

questa via sia relativamente semplice<br />

e vantaggiosa, ignora la vera ricchezza<br />

di questo scarto, ovvero una varietà di<br />

proteine ad alto valore aggiunto dalle<br />

molte applicazioni in campo medico<br />

e nutraceutico. È stato osservato che<br />

anche solo sottoporre il siero a un<br />

primo passaggio di idrolisi (quindi di<br />

rottura delle proteine più grandi) porta<br />

alla solubilizzazione di aminoacidi<br />

rari come il triptofano e la cisteina<br />

e alla produzione di peptidi bioattivi,<br />

corte catene (da 2 a 20 AA) dagli effetti<br />

antitensivi, antimicrobici, antiossidanti e<br />

immunomodulatori. Con un tale bacino<br />

di possibilità, sembra quasi uno spreco<br />

limitarsi a vendere la polvere di siero<br />

come tale, ma non sempre la via più<br />

affascinante e benefica è anche la più<br />

perseguibile commercialmente, anche<br />

se una maggiore consapevolezza e<br />

informazione del produttore può aiutare<br />

a prendere una scelta più articolata e<br />

vantaggiosa nel lungo termine.<br />

L’industria dei nutraceutici può trarre<br />

enorme vantaggio dai peptidi bioattivi<br />

ricavabili dal siero: basti pensare<br />

a quante persone soffrono di alta<br />

pressione o a quanto ci si senta a volte<br />

bombardati da concetti come “radicali<br />

liberi” e “invecchiamento cellulare”. Ma<br />

per quanto potenzialmente remunerative,<br />

queste strategie di valorizzazione non<br />

sono le sole né le più proiettate al futuro.<br />

UTILIZZO DI<br />

MICRORGANISMI<br />

Spesso è stato sfruttato il meccanismo<br />

innato dell’induzione, una strategia<br />

che permette a un microorganismo<br />

di produrre un set di enzimi se rileva<br />

un dato composto nel suo ambiente.<br />

Tipicamente questi enzimi servono al<br />

batterio o al lievito in questione per<br />

consumare la data molecola (secondo la<br />

logica “posso mangiarlo ma mi fabbrico<br />

gli strumenti per farlo solo se lo rilevo”)<br />

ma con l’ingegneria genetica posso<br />

rimpiazzare i geni nativi che vengono<br />

espressi, con altri geni di mio interesse<br />

(esempio principe, l’insulina: dagli anni<br />

’80 è prodotta per via batterica). Con<br />

questa strategia si possono produrre<br />

proteine utili come enzimi, anticorpi<br />

o ormoni ma sono state progettate<br />

strategie anche per produrre etanolo o<br />

idrogeno, sempre a partire da versioni<br />

modificate del noto Escherichia coli che<br />

tutti noi ospitiamo nel nostro intestino.<br />

In un futuro prossimo le industrie<br />

casearie e i piccoli produttori potrebbero<br />

rifornire le biofabbriche con il loro<br />

principale prodotto di scarto, il siero,<br />

che verrebbe interamente valorizzato<br />

in un’economia che valuta non solo il<br />

profitto, ma il ciclo vitale della materia<br />

prima nella sua totalità: le possibilità<br />

esistono e possono già diventare realtà.<br />

Riferimenti<br />

• www.greengrowthknowledge.org;<br />

• https://ec.europa.eu “Bioeconomy: the European<br />

way to use our natural resources” e “Green and<br />

sustainable chemistry: framework manual”, United<br />

Nations Environment Programme);<br />

• Madadlou, Abbaspourrad (2018) Bioactive<br />

whey peptide particles: An emerging class of<br />

nutraceutical carriers; Taylor &Francis;<br />

• Mann (2019) Whey Proteins: Bioactive Peptides<br />

from Whey Proteins;<br />

• Hermann Mobayed, Carraro Nunes et al<br />

(2020) Effect of by-products from the dairy<br />

industry as alternative inducers of recombinant<br />

b-galactosidase expression. Biotechnol Lett.<br />

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