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XX

Il dottor Franco Peluso sistemò gli ultimi incartamenti nella

cassaforte e si alzò dalla sedia con un piccolo gemito provocato da

un fastidio articolare. Sto invecchiando, pensò. Di recente gli

accadeva spesso di perdersi in quelle considerazioni.

In effetti era abbastanza anziano, avendo superato i settanta. Ma

si curava molto. Faceva lunghe passeggiate, giocava a tennis,

teneva la bilancia sotto controllo e indossava vestiti di taglio

sartoriale. Non fosse stato per la calvizie – la capigliatura lo aveva

lasciato anzitempo e senza chiedere permesso – poteva essere

scambiato per un cinquantenne. Come aveva filosofeggiato il

barbiere allargando le braccia:

«Dotto’, teneva ragione quel detto: l’unica cosa che arresta la

caduta dei capelli è il pavimento».

Ora però restare fermo e concentrato per molto gli procurava lievi

contratture muscolari e dolori che pungevano per un po’. Motivo per

cui il medico doveva aspettare che passassero prima di rientrare a

casa. Con se stesso adduceva la scusa di quei documenti riservati

da riporre dietro il pesante sportello con chiusura a combinazione. Il

doppio binario, che lo impegnava nell’attività privata e in certe

consulenze segrete, era il percorso che aveva battuto per più di

quarant’anni, con significative gratificazioni sia sul piano economico

sia su quello professionale.

Si sfilò il camice, lo appese all’attaccapanni e uscì dall’ufficio. La

sala d’aspetto era immersa nella penombra e nel silenzio, perché

l’anziana segretaria che lo affiancava da tempo immemore era già

andata via.

Peluso si diresse verso l’uscita quando, con un lungo brivido che

gli attraversò la schiena, si accorse di una presenza. Qualcuno se ne

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