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sara-al-tramonto

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«Ho letto qualcosa. È stato ammazzato con dei colpi alla nuca,

no?».

«Molti colpi. Per la verità si notava un particolare accanimento. Io

sono arrivato sul posto con la prima squadra. Un vero macello. Il

vecchio aveva più cervello sul pavimento che nel cranio e… mi

scusi.»

Il viso di Sara si contrasse in una smorfia:

«Lasci stare. Qualche scena del crimine l’ho vista anch’io. E con

cosa è stato percosso?».

L’ispettore si sistemò i capelli un paio di volte. Doveva essere un

gesto automatico quando si trovava in difficoltà.

«Ecco, questa è la prima stranezza: l’arma impropria non è stata

mai rinvenuta e Dalinda non ha detto nulla al riguardo. L’abbiamo

trovata che dormiva accanto al corpo del padre.»

«Dormiva per terra?»

«Sì, era strafatta, piena di roba fino agli occhi.»

«E su quali basi avete disposto l’arresto?»

Pardo la anticipò:

«Primo: era sporca di sangue e materia cerebrale. Secondo:

servitù, parenti e vicini hanno sostenuto la stessa versione, cioè che

quel giorno Dalinda aveva urlato alla vittima “Ti ammazzo”, tanto che

l’avevano sentita tutti. E terzo: ha ammesso che sì, in effetti poteva

benissimo essere stata lei, anche se non ricordava nulla di preciso.

Ecco su quali basi».

Sara lo fissò concentrata. «E durante il processo il suo

avvocato…»

«Ha mantenuto il carro sulla discesa, come diciamo qui.

Insomma, è stato diplomatico e pare che nemmeno presenterà

appello. È stato un omicidio terribile, signora. Anche tenuto conto

della malattia.»

«Quale malattia?»

Davide aggrottò la fronte:

«Ma allora non ha letto i rapporti? Molfino era gravemente malato.

Il fegato. Gli rimaneva poco, stava morendo di suo».

La donna ci pensò su qualche istante. Poi disse:

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