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non fare le valigie. Come nei più melensi film anni Cinquanta, si era

presentato in compagnia di un cagnolino con un fiocco azzurro al

collo e il ciuffo incollato alla fronte dalla pioggia (il fiocco era per il

cucciolo, il ciuffo bagnato invece era suo). Risultato? Abbastanza

ovvio: i bagagli erano stati preparati ancora più in fretta, e il

quadrupede era rimasto padrone del campo perché il commerciante

di peli non aveva sentito ragioni in merito all’eventuale restituzione.

Tra i risvolti interessanti della vita con un Bovaro del Bernese

figurava lo sviluppo di un’accettabile condizione atletica per reggere

allo sci nautico di terra delle passeggiate con la belva, sport a cui

l’ispettore si applicava prima di recarsi in commissariato. Il rituale

prevedeva il frustrante tentativo di indirizzare Boris verso marciapiedi

isolati, brandendo con l’altra mano una paletta king size per

raccoglierne le imponenti deiezioni. A mo’ di colonna sonora,

risuonava un’infinita sequela di bestemmie pronunciate a fior di

labbra dal trasportato.

Quel giorno di maggio Boris si fermò all’altezza di un platano,

consentendo a Davide di rifiatare per un attimo con il braccio lungo il

fianco. Era una mattina sonnacchiosa e le vie nei paraggi della sua

abitazione erano deserte. Il poliziotto preferiva l’orario antelucano

per diradare le possibilità di incontro con altri cani, che avrebbero

rischiato di restare uccisi dall’espansività del suo. Il quartiere era

ancora sgombro da auto e scooter, e la città sembrava reggere

l’impatto di una nuova giornata.

Davide osservò l’ingresso del piccolo bar dove consumava la

colazione e decise di entrare con Boris, invece di riportarlo come al

solito a casa a masticare il divano mentre lui di sotto masticava il

cornetto.

Il locale era vuoto, e l’ispettore soddisfatto si avvicinò al bancone

per ordinare. L’animale si accucciò ai suoi piedi, spazzando il

pavimento con la coda.

«Bellissimo cane» disse una voce alla sua sinistra.

Pardo non aveva notato una donna dai capelli grigi in occhiali da

sole seduta a un tavolino con una tazza davanti. Non sopportava chi

gli rivolgeva la parola, e detestava chi lo faceva di prima mattina.

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