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VIII

Viola se ne stava seduta, perplessa, sulla panchina dei giardinetti. Si

guardava attorno e ogni tanto consultava l’orologio da polso, come

per capire quanto ancora avrebbe dovuto aspettare.

A un tratto, senza essersi accorta del suo arrivo, si trovò Sara di

fianco. «Mamma mia, mi hai spaventata. Perché non c’eri? È la

prima volta che…»

L’altra si giustificò:

«Scusami, ho avuto un piccolo contrattempo».

La ragazza domandò curiosa:

«Che è successo? Non so dove abiti, se vivi con qualcuno…».

Sara sospirò lievemente:

«Ti ho detto di chiedere quello che vuoi sapere. Abito non lontano

da qui, nel quartiere. E sono sola, senza nemmeno un animale

domestico. Una volta, te l’ho raccontato, avevo un compagno, ma è

morto».

Viola annuì:

«Sì, mi hai parlato della sua malattia. Dopo che hai smesso col

vecchio lavoro, che hai fatto?».

Per un motivo che non sarebbe stata in grado di spiegare

neanche a se stessa, Sara non voleva mentire a Viola. Era

consapevole che avrebbe dovuto tacere molto, e che molto altro

sarebbe stato difficile da comprendere, ma non voleva mentirle.

«Sono in pensione, anche se ogni tanto una vecchia collega mi

chiede diciamo una consulenza, e io le do una mano. Prima ero con

lei, e ho tardato. Tu stai bene? Hai dolori?»

La giovane si stiracchiò. «No, no, sto benissimo. Nessun allarme.

Certo, non vedo l’ora di avere il bambino, e di tornare normale. Mi

sembra di essere in maschera.»

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