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sara-al-tramonto

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«Non ne ho idea. Appurarlo dovrebbe essere il tuo compito. Un

lavoretto semplice, per iniziare. Magari è solo la fissazione di una

drogata in crisi d’astinenza che ha persuaso l’ispettore. Magari è un

tentativo di uscirne pulita. Oppure è vero, e una bimba di sei anni

corre un rischio che si potrebbe evitare».

La donna dai capelli grigi spostò lo sguardo sul cielo azzurro e

sulle nuvole che lo attraversavano veloci. Di nuovo la tromba di un

automezzo suonò, ma stavolta non ci fu alcuna imprecazione a farle

eco.

«D’accordo, Bionda. Leggerò le tue carte, e forse mi interesserò

del caso. Tanto sono libera e, come hai notato dalle occhiaie, non

dormo molto, di recente.»

Teresa si allungò sullo schienale, con un’espressione di sollievo.

«Brava, Mora. Puoi anche non credermi, ma sono soprattutto

contenta per te. Saperti a riposo mi avvilisce, chissà perché. Ti

faccio cercare da Pardo, va bene?»

Sara s’irrigidì:

«Io mi muovo da sola, sia chiaro. Informalo che forse, e ripeto

“forse”, qualcuno lo avvicinerà. Non so dove né quando».

La bionda annuì:

«Lo immaginavo. Ribadisco che il questurino ignora l’esistenza

dell’unità. Non raccontargli niente».

Sara emise una risatina beffarda, quindi si alzò prendendo la

cartellina che la Pandolfi le porgeva. Prima di lasciare la terrazza, si

fermò e, senza voltarsi, mormorò:

«Un’ultima cosa, Bionda: scordati di Viola. Lei in questo momento

smette di esistere, per voi. Mi faccio viva io».

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