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sara-al-tramonto

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per favore, poteva darle del tu, Sara aveva compreso il significato

esatto della parola “felicità”.

La notte non era una nemica, no. Lo era diventata da quando sia

il figlio che aveva abbandonato sia l’amore per cui aveva sacrificato

tutto si erano trasformati in anime morte, abitanti del buio acquattati

come belve pronte a saltarle alla gola urlando stridule: a lei,

colpevole di essere rimasta viva. I sogni avevano cominciato a

perseguitarla, notte dopo notte. Eppure aveva sempre dormito, fino

ad allora, un sonno profondo e senza ricordi.

Dopo aver chiuso la porta del suo appartamento, cominciò a

spogliarsi. Restò nuda, in piedi davanti allo specchio. I capelli

sembravano una parrucca grigia di Carnevale indossata da una

ragazza la cui carne inconsapevole si rifiutava di cedere agli anni.

Senza vestiti era tutt’altro che invisibile, il seno sodo e il ventre piatto

urlavano la vita che il cuore non desiderava più.

Infilò una maglietta e si avvicinò alla finestra, protetta dall’oscurità.

Al di là della strada una coppia di anziani sedeva al tavolo di una

cena ormai conclusa. Studiando svogliata il volto della donna e il

profilo a due terzi dell’uomo, Sara registrò un pacato, malinconico

confronto sulla fine della passione. Non parlavano di sé, non

apertamente almeno, ma di una certa Marianna, con buone

probabilità la figlia in procinto di separarsi dal marito. La madre

sosteneva che avrebbe dovuto lasciar perdere, il padre invece che

era giusto: che bisogna ammettere quando è finita, anche a costo di

restare senza un tetto. La moglie, velenosa, replicò che avrebbe

dovuto dirglielo trent’anni prima come la pensava.

Sara si allontanò dalla finestra, convinta che la capacità di udire a

tanta distanza ciò che gli altri dicevano fosse una dannazione e non

un dono.

Mi dispiace, amore. Mi dispiace molto. Noi, tutti noi possiamo

decidere di non capire, basta smettere di concentrarci. Ma tu, tu sei

talmente brava che le frasi ti arrivano lo stesso, quelle belle e quelle

brutte. Dev’essere orribile. Vieni qui, tra le mie braccia. Riposa.

Ascolta soltanto il mio cuore. Lo senti? Ti ripete sempre le stesse

parole. E te le ripeterà ancora, e ancora.

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