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sara-al-tramonto

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ma aveva molta esperienza e sapeva riconoscere le circostanze.

Decise di raccogliere la muta richiesta di aiuto e s’intromise:

«Signo’, mi dispiace, ve ne dovete andare adesso».

Rosaria la fissò in cagnesco:

«Come sarebbe? Siamo in pieno orario di visita, che per inciso

nemmeno viene rispettato perché qua si bivacca pure di notte, e io

dovrei andarmene?».

L’infermiera socchiuse gli occhi:

«Signo’, se io dico che ve ne dovete andare così è. Non è

questione di orario di visita».

«Ma se vedo coi miei occhi almeno cinquanta persone non

autorizzate in questo reparto, perché proprio io?»

La donna sorrise minacciosa:

«Perché io sono la caposala, signo’. Significa che ho l’autorità

completa su chi può o non può rimanere, e voi non potete. Adesso,

per favore, ve ne andate subito, e magari vi consento di tornare

stasera. D’accordo?».

Rosaria si alzò, sconcertata: non era abituata a essere

contraddetta.

«Guardi, infermiera, che io ho conoscenze molto, molto in alto. La

sua autorità può essere revocata con una telefonata, e per me sarà

un punto d’onore…»

L’infermiera la prese per il braccio, sul viso di Rosaria comparve

un’espressione inorridita:

«Ecco, brava, fatevi un punto d’onore o di quello che volete al bar

di fronte. Qua non potete tornare fino alle…». Si voltò verso Viola,

che annuì con un sorriso grato. «… Fino alle diciannove, va bene?

L’ora della poppata, così vi presento pure il nipotino. Ma attenzione,

in silenzio, perché i bambini avvertono tutto e riportano traumi.

Siamo d’accordo?»

Rosaria raccolse la borsa e la giacca con aria offesissima, ma

anche un po’ impaurita.

«Pfff!» rispose. E uscì con un ritmico, secco suono di tacchi sul

pavimento.

Viola mormorò:

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