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sara-al-tramonto

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“Le carte”, capite? Il vecchio finanziere sposava l’infermiera.

Avremmo avuto l’attenzione di tutti addosso.

Ma non è stato neanche quello. Lui si sposava e io, il figlio di mia

madre, sua moglie, che ero solo un ragazzo quando l’avevo vista

morire nel vomito e nella diarrea, proprio io dovevo organizzare il

matrimonio con la puttana che gli avevo procurato.

Quando me l’ha detto, ho provato a rispondergli, a parlargli

davvero, ma lui mi ha voltato le spalle proprio mentre mi sforzavo di

spiegargli le mie ragioni.

Mi ha voltato le spalle.

Così ho allungato il braccio e mi sono ritrovato una di quelle

maledette statuette di bronzo tra le dita. È un bel pezzo, sapete?

Vale un sacco di soldi. Raffigura la Sirena Partenope. La città che

aveva avuto in mano, adesso ce l’avevo io.

Dopo mi sono seduto a terra, vicino al cadavere. Non avevo ben

chiaro come agire, e nemmeno mi importava più di tanto. Proprio

allora ho sentito rientrare Dalinda. Era strafatta come al solito. Non si

reggeva in piedi, nemmeno riusciva a infilare la chiave nella toppa.

L’ho portata dentro, ho aspettato due minuti che cadesse in un

sonno profondo, e l’ho stesa vicino al cadavere.

Ho chiamato la Rimotti e l’ho obbligata a portarsi via la statuetta,

temevo di non riuscire a cancellare le impronte, quindi ho sporcato

Dalinda di sangue e me ne sono andato. Alla fine ho fatto la

telefonata anonima alla polizia.

Perché ho voluto che la colpa ricadesse su mia sorella? Perché

mi serviva tempo. Dovevo completare la distruzione che avevo

cominciato. Quello di mio padre era un patrimonio immenso, e per

dissiparlo serviva una lunga serie di affari sbagliati. Non potete

immaginare quanto sia divertente la faccia della Astolfi che mi

guarda lavorare, convinta che io sia un incapace.

Poi c’era la bambina. Il suo grande amore, l’unica che lo

inteneriva. L’alotano era perfetto anche per lei: nel caso qualcuno

avesse scoperto l’avvelenamento, avrei potuto sostenere che aveva

ereditato la malattia del fegato dal nonno. E anche l’odio che io

provavo per lui.

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