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sara-al-tramonto

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LII

L’ispettore arrivò trafelato, correndo per la strada deserta. Si fermava

ogni tanto a controllare i numeri civici, poi riprendeva la corsa con un

effetto a singhiozzo che sarebbe risultato comico per chiunque lo

avesse scorto da qualche finestra. Ma per fortuna a quell’ora non

c’era nessuno.

Quando arrivò all’altezza giusta, si sentì chiamare con un bisbiglio

dall’androne del palazzo di fronte, dove c’era l’insegna spenta del

bar. Aguzzò la vista nel buio, cercando di rintracciare l’origine del

sussurro. Vide Sara e si avvicinò. «È chi pensavamo?» chiese in un

fiato.

La donna annuì con un movimento secco.

Accanto a lei Viola domandò:

«Quindi lo sapevate?».

Sara rispose:

«Ci siamo arrivati per vie diverse, ma non ne avevamo la

certezza».

Nell’androne stagnava un pungente odore di urina, ma nessuno

pareva farci caso. Viola teneva il portatile aperto tra le mani, come

un vassoio. Le immagini che scorrevano sullo schermo riprendevano

da quattro metri più su rispetto a dove si trovavano i tre, grazie alla

microcamera installata con goffe acrobazie da Pardo; dalla strada,

invece, si vedevano solo le luci accese in casa della Rimotti.

Davide si mise alle spalle di Viola per guardare il monitor e

apparve Rosanna in négligé, le grazie poco nascoste dall’indumento

quasi invisibile; e tuttavia non comunicava niente di sensuale, pur

essendo incantevole. L’espressione era distorta dal fervore di

un’animatissima discussione che la donna stava avendo con

qualcuno che non rientrava nel campo visivo della telecamera.

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