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sara-al-tramonto

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«Cioè, i controlli non sono più ambientali? Esaminate solo le

relazioni via Internet?».

La bionda inghiottì l’ultimo boccone, agitando la mano in un gesto

vago:

«No, no, certo che no. Ma prima di arrivare sul campo c’è questa

scrematura immensa e folle. Controlliamo noi, ma è il computer a

stabilire chi. Tutto qua. Lo sai che ci sono io a capo della sezione?».

Alla notizia, riportata quasi per caso, Sara sussultò:

«No, io non… Come avrei potuto? Brava, Bionda. Sono contenta,

te lo meriti! E da quando?».

Teresa scosse la testa, con uno sguardo triste:

«Non me lo merito. Doveva toccare a te, e anche da prima, se

non… se non te ne fossi andata».

Mora replicò, decisa:

«Fesserie! Io non ho la stoffa per comandare, coordinare, e

nemmeno le qualità richieste a un dirigente. Io sono… ero… capace

soltanto di ascoltare. Non avrei resistito un’ora. Tu invece sei sempre

stata più diplomatica, più abile nelle relazioni».

L’amica sorrise:

«Sei speciale. E ancora non comprendo il motivo…».

Sara ricambiò il sorriso.

«Perché lo amavo. Non esisteva altro per me. Non è mai esistito

altro dal giorno in cui l’ho incontrato. Non ho avuto dubbi quando ho

lasciato mio marito, anche se ero certa che non mi avrebbe

permesso di rivedere Giorgio. Non ho avuto dubbi nemmeno dopo

che si è ammalato. Lui è stato l’unico, grande amore della mia vita. È

questo il motivo.»

Teresa annuì, seria. «Vieni. Camminiamo.»

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