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XLVI

Camminarono in silenzio per un lungo tratto.

A un certo punto Davide tentò di parlare, ma Sara, brusca, lo zittì;

lui si guardò attorno smarrito, ragionando sul perché avessero

parcheggiato così distante dallo studio medico.

Quando furono vicino all’automobile, la donna disse:

«Il dottor Peluso è una specie di consulente dell’unità nella quale

operavo. Ne ha viste di tutti i colori, mi serviva per comprendere

cosa fosse successo al vecchio Molfino. Ora abbiamo le idee più

chiare».

Pardo rispose a muso duro:

«Ah sì? Allora forse avrai la bontà di spiegarlo anche a me, quali

sono queste idee. Perché evidentemente mi è sfuggito qualcosa».

Viola si grattò la testa:

«In effetti anch’io, Sara, non credo di avere un quadro completo

della situazione. Che facciamo, adesso?».

Sara la scrutò in volto, rilevando i chiari segni della stanchezza.

Era una giornata calda e la ragazza si stava sottoponendo a sforzi

gravosi che nelle sue condizioni avrebbe dovuto evitare. «Tu adesso

te ne vai buona buona a casa a riposare. Anzi, ci fai il favore di

controllare, attraverso le tue diavolerie, quello che succede

nell’appartamento della Rimotti, che è sempre più la figura centrale

della vicenda. Noi invece, se Davide ci riesce, cerchiamo di parlare

con la segretaria dei Molfino.»

Capendo l’antifona, Pardo si allontanò di qualche passo per

telefonare alla Astolfi. Dopo meno di un minuto tornò dalle donne, un

po’ perplesso:

«In tutta sincerità credevo che avrebbe opposto resistenza o

preso tempo; invece ha accettato subito. Possiamo incontrarla tra

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