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sara-al-tramonto

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da sola. Siamo intesi?». Quindi si avviò verso il portone.

Dopo un attimo e uno sguardo storto, Viola e Davide le andarono

dietro.

Il palazzo era modesto ma dignitoso, popolare come la zona in cui

era ubicato. Salirono una rampa di scale, sotto l’occhio vigile del

custode il cui peso superava con buone probabilità il quintale. Sul

pianerottolo del primo piano c’era una targa con la scritta STUDIO

MEDICO DOTT. PELUSO, e sullo stipite l’interruttore del campanello.

Sara suonò, lasciando che Viola e Davide la precedessero. La

porta si aprì con uno scatto, mostrando un’ampia sala d’aspetto

gremita di pazienti in attesa. A una scrivania sedeva una donna con

un camice verde. La coppia si avvicinò, piuttosto incerta, e quando

quella chiese: «Prego, la prenotazione?», Sara avanzò di un passo:

«Ciao, Luisa».

L’infermiera esibì un’espressione sorpresa, e si portò una mano

tremante alla gola:

«S-salve, signora…».

Prima che potesse pronunciare il nome, Sara sussurrò in maniera

che nessun altro sentisse, indicando il pancione di Viola:

«Visco, la signora Visco. Sono la madre di questa ragazza, che

come vedi ha un urgente, urgentissimo bisogno di essere visitata.

Non può mica aspettare il suo turno, non ti pare?».

L’altra allungò una mano per alzare la cornetta del telefono. «Io…

non sono sicura, signora Sa… Visco, vero? Ora sento il dottore,

e…»

Sara, con un gesto rapido, la costrinse a riagganciare:

«Non c’è bisogno che ci annunci, tanto siamo di casa. Grazie per

l’interessamento, comunque. Spiega tu ai signori in attesa il motivo

dell’urgenza, vuoi? Ti ringrazio». Poi, approfittando di un anziano

che usciva dallo studio del medico, si infilò all’interno seguita da

Viola e Davide, mentre alle loro spalle si sollevò la vibrante protesta

degli altri pazienti.

Il viso di Franco Peluso si pietrificò appena riconobbe la donna

dai capelli grigi.

«Ciao, Franco. Ci si rivede. Scusa l’intrusione, ma abbiamo poco

tempo e non te ne farò perdere.»

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