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sara-al-tramonto

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XL

La terza notte davanti alla boccetta, poggiata al centro del tavolo

della cucina.

La terza notte priva di un aiuto per restare sveglia, la terza notte

con le palpebre che si abbassavano, senza che la scossa trasmessa

dalla chimica a ogni singola cellula le mantenesse aperte, senza

quella smania un po’ isterica che liberava lampi di luce e tuoni di

cuore.

Sara aveva preso l’abitudine di una camminata notturna a passo

svelto, per stancarsi ancora di più. Se doveva dormire, allora era

meglio cercare in tutti i modi di crollare priva di sensi. Se proprio

doveva dormire, allora era meglio precipitare nell’abisso, sperando

che la lucidità restasse di sopra, sull’orlo, pronta ad accoglierla solo

al risveglio.

Le boccette, non questa che era rimasta chiusa, ma le altre che si

erano avvicendate svuotandosi con maggiore o minore rapidità, le

avevano regalato quello stato di febbrile veglia, alternato a profondi

e rapidi momenti di incoscienza, nel quale si era trascinata dopo la

perdita di Massimiliano. Non aveva mai pensato di privarsene, né si

era posta il problema di una più che probabile dipendenza, della

follia o della fine. Le era stato subito chiaro che non aveva voglia di

vivere, pur non avendo voglia di morire; e d’altra parte aveva

promesso, e lei le promesse le manteneva.

Promettimelo, amore mio. Voglio andarmene in pace, non darmi

questo dolore, ti prego. Noi ci siamo scelti per la vita, non per la

morte, che è solo un impedimento, un inciampo. Se una volta giunto

dall’altra parte riuscissi a spiare il mondo, non sopporterei di scoprire

che tu non ci sei. Tra poco non sarò in grado di parlare, potrei

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