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sara-al-tramonto

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Scese dall’autobus e si infilò nella metropolitana. La nuova,

maestosa stazione, ricca di opere d’arte e brulicante di gente,

l’accolse come un museo. Era a suo agio. Ed era merito di Sara, che

le trasmetteva sicurezza. Provava una sensazione strana e per certi

versi illogica, perché non c’era nessuno più misterioso e inquietante

di quella donna che sembrava voler invecchiare e scomparire,

l’esatto contrario dei desideri di tutti. Parlava pochissimo, si vestiva

come una assidua frequentatrice della Caritas, ma ascoltava sempre

con attenzione.

Soprattutto riusciva dove Rosaria, la madre dal carattere

impossibile, aveva fallito; e dove aveva mancato anche Giorgio, col

suo aperto, irresistibile sorriso e con quella infinitesimale pausa

prima di risponderle quando chiedeva: «A che pensi?».

Senza alcun motivo, Viola era convinta che Sara tenesse a lei.

Che fuor d’ogni logica le si fosse affezionata, e anche ad Alien. Che

entrambi contassero parecchio nella sua vita. La ragazza lo

avvertiva forte e chiaro come se glielo avessero urlato nell’orecchio.

Certo, rifletté mentre prendeva posto nel vagone affollatissimo,

era comprensibile. Aveva rifiutato di essere madre in maniera

talmente traumatica, e magari adesso il senso di colpa la spingeva

verso il nipote. Viola però intuiva che una così, una che aveva scelto

contro il mondo intero di inseguire un sentimento, era tutto tranne

che ipocrita, e che per Sara, finché non fosse emerso dal suo corpo,

Alien era solo una pancia enorme sotto i vestiti di una sconosciuta.

Però se lo sentiva, Sara le voleva bene. Percepì un vago senso di

colpa, perché aveva approfittato di quella debolezza per estorcerle la

promessa di lavorare insieme.

Riemersa dal sottosuolo, percorse una larga strada per poi

infilarsi in una traversa. Cominciò a contare i numeri civici, attenta a

guardarli con disinvoltura, quasi fosse abituata a percorrere quella

via che invece le era estranea. Si era preparata a lungo,

controllando con meticolosità i dintorni sulle mappe on line della

città. Per evidenti ragioni anagrafiche, sia Sara sia l’ispettore col

grosso cane avevano l’aria di non servirsene con regolarità.

Lei invece prima di arrivare là aveva ben chiaro il tragitto, e il

contesto: un casermone di sette piani dall’aria un po’ cadente, e di

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