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Pardo reagì subito:

«Tre mesi? Lei non la visita da tre mesi?».

Armando protestò:

«Guardi che di norma una bambina sana non va dal medico ogni

quindici giorni. Non comprendo proprio la sua meraviglia».

A quel punto Sara formulò una domanda all’apparenza fuori tema:

«Che può dirci di Dalinda, dottore?».

Il medico accavallò le gambe e si posò una mano sulla caviglia.

Lo sguardo concentrato puntò la finestra. «Dalinda era una ragazza

difficile, cara signora. Molto difficile, troppo indipendente, perfino

ribelle. È sempre stata il cruccio della famiglia. Fin dall’adolescenza

scappava di casa ogni due per tre e il povero Andrea doveva ogni

volta attivare una costosa rete di investigatori per rintracciarla e

convincerla a tornare. Un giorno, lo ricordo benissimo, sparì e non la

si vide per un mese. La ritrovarono in Norvegia. La madre era morta

da poco, lei era giovanissima e aveva attraversato tutta l’Europa.

Un’altra volta, solo perché il padre l’aveva rimproverata…»

Sara intervenne:

«Ci interessa di più la sua dipendenza da stupefacenti».

Rao sembrò offeso dall’interruzione:

«Di ogni genere, signora. Di ogni genere. Alcol, droghe anche

pesanti. Ora, io non sono certo uno di quei puritani sempre pronti a

condannare certi comportamenti, ma mi sento di affermare che

anche sotto questo aspetto Dalinda ha dato al padre e al fratello,

nonché alla cognata, grandissime preoccupazioni. Del resto risulta

anche dagli atti processuali, credo; quando è successa la tragedia

del povero Andrea, nel sangue di Dalinda sono state riscontrate

tracce di…».

Davide s’intromise:

«Sì, conosciamo gli atti, dottore. E senta un po’, giacché siamo in

argomento: com’erano le condizioni di Andrea Molfino?».

Il medico aggrottò la fronte a disagio. Era rimasto spiazzato, e si

irrigidì sulla poltrona:

«Non capisco. A che si riferisce?».

«Ci risulta che un’infermiera si occupava del cavaliere a tempo

pieno.»

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