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vestito sformato, le scarpe senza tacco erano in realtà una

mascherata, non un’assenza. Sara si nascondeva, magistrale nel

realizzare il suo intento. Perché i tratti del viso erano dolcissimi, la

pelle senza rughe, i denti bianchi e regolari. E soprattutto gli occhi,

che teneva sempre bassi o rivolti altrove per non proporli

direttamente all’interlocutore, erano di un azzurro profondo e scuro:

una sfumatura peculiare e unica, impossibile da dimenticare. Se vuoi

passare inosservata, pensò Davide in un lampo di consapevolezza,

quegli occhi non mostrarli. Mai.

Come se gli avesse letto nella mente, Sara distolse lo sguardo e

incassò le spalle guadagnando almeno dieci anni di età.

Pardo prima dubitò delle sue percezioni, poi intuì la volontà di lei

e con discrezione decise di assecondarla. In fondo non gli

importava.

In quel momento la donna ruppe il silenzio:

«Allora, collega, non si possono separare i due piani: la salute

della bambina e il delitto del nonno. Le questioni sono connesse, e

con buone probabilità l’una è la conseguenza dell’altra. Dobbiamo

scoprire quello che è successo, per capire quello che potrebbe

succedere».

Pardo si grattò il mento:

«Scusa, ma che accidenti significa? Che c’entra adesso la morte

di Molfino con la chiacchierata a casa del figlio e della nuora? Sì,

d’accordo, la bambina è un po’ provata, ma non mi pare proprio che

corra dei rischi. O ritieni che la signora Doriana sia un po’ troppo

morbosa?».

Sara fece cenno di no:

«Non si tratta di lei. È Gianpiero che si muove in maniera

incoerente».

Davide aprì l’auto e si sedette alla guida, mentre Sara occupò il

sedile di fianco.

«Per favore, parti» gli disse, «sono in ritardo. Devi

accompagnarmi in un posto.»

Pardo avviò il motore e iniziò a guidare seguendo le indicazioni

della donna.

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