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XXVII

Boris frenò all’improvviso, assecondando come sempre logiche

imperscrutabili, e cominciò ad annusare in giro. Poi si mise in

posizione e in men che non si dica scaricò un quantitativo di feci che

sarebbe stato sufficiente a concimare da solo mezzo Tavoliere delle

Puglie.

L’ispettore Pardo Davide provò il consueto misto di soddisfazione,

per aver differito di qualche ora il riproporsi del problema, e di

angoscia per dover rimuovere quella massa maleodorante con

l’aiuto di una paletta king size ma comunque troppo piccola per i

bisogni del Bovaro. Avrebbe dovuto compiere due viaggi verso il

cassonetto che distava una ventina di metri. Si dedicò alla prima

parte della disgustosa operazione, e quando si rialzò notò una

vecchietta, identica nei lineamenti a un gufo o a una poiana o a

qualche altro uccellaccio notturno, che fissava dal primo piano del

palazzo di fronte il punto in cui giaceva la massa maleodorante.

Mentre si avviava verso il cassonetto, il cane al guinzaglio, la

donna lo apostrofò:

«Giovino’, ma che credete di fare, di lasciarla là?».

Davide esibì il suo affascinante sorriso:

«No, no, signo’, mo’ vengo a prendere l’altra. Nella bustina, intera

non ci sta».

Quella scosse il capo senza chiudere le palpebre, accentuando di

parecchio la sua somiglianza con un barbagianni:

«No, no. Ve lo potete scordare. Voi da qua non ve ne andate se

non sparisce prima tutta quella schifezza».

Il poliziotto spostò lo sguardo dal sacchetto, che conteneva la

fumante reliquia, a Boris che se ne stava seduto soddisfatto a

godersi la scena con tre etti di lingua penzoloni. «Signora, con tutto il

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