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sara-al-tramonto

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«Semplice. Sei assegnato a questo “caso”, come ti piace definirlo,

anche se io sarei meno precisa. Sono un primo dirigente, dovrebbe

essere una posizione superiore a quella del tuo capo in

commissariato. Quindi, considerati alle mie dipendenze. E sono

molto, molto condiscendente a permetterti di darmi del tu e a

rimanere con la mano tesa ancora per tre o quattro secondi,

dopodiché mi chiamerai signora e ubbidirai ai miei ordini».

Pardo afferrò la mano con un po’ troppa foga, esibendo

un’espressione imbronciata per recuperare un briciolo di dignità. Poi

chiese:

«Allora, perché mi hai dato appuntamento qui?».

Sara rivolse lo sguardo verso il cancello dal quale stava uscendo

il custode con un grosso sacco scuro. «Ti ho spiegato che io devo

vedere. Quindi bisogna che sia messa in condizione di osservare e,

se possibile, di parlare con le persone che presumiamo coinvolte.

Come sai, lì abita la famiglia del fratello di Dalinda.»

«Sì, ci sono stato quando abbiamo comunicato la notizia della

morte del padre.»

«Ho visto uscire la moglie di Gianpiero Molfino. Doriana, giusto?»

«Esatto.»

«Accompagnava Bea a scuola. Molto interessante.»

«E che ci sarebbe di tanto speciale in una che porta… Ah, certo:

le espressioni del viso, l’andatura, Saturno nel quadrante…»

Sara lasciò cadere l’ironia:

«La donna vuole davvero bene alla bambina. Non si spazientisce,

ed è dolce, premurosa. Bea soffre di una chiara astenia».

Per Davide quelle informazioni erano inconsistenti:

«Magari voleva rimanere a casa o aveva ancora sonno».

«Le girava la testa e non riusciva nemmeno a stare dritta. Le

braccia lungo i fianchi, i palmi all’infuori. Credimi, Pardo, la piccola è

debole, debolissima. E se non le fanno saltare la scuola, a meno che

non ci siano altri motivi, significa che ritengono quella condizione la

norma. Doriana ne è convinta davvero. Le ha detto: “Vedrai, tra un

po’ ti sentirai meglio. Ti ho dato le vitamine”. E la bambina ha

risposto: “Va bene”.»

Davide mormorò:

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