Powertrain 2023-5

MAGGIO
2023
N°5
EURO 5,00
NUOVO
MONDO
GENERAZIONE
DISTRIBUITA E
LA NEUTRALITÀ
CONEXPO. UN MONDO E
UN MODO DI VEDERE LA
TRANSIZIONE ENERGETICA
VADO E TORNO EDIZIONI
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ISSN 0042 - Poste Italiane s.p.a. - Sped. in a. p.
D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46)
art. 1, comma 1, LO/MI
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KOHLER COMPLIANCE
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Maggio 2023
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IL SONDAGGIO
DEL MESE
Nell’editoriale si fa cenno
al caso ungherese. Budapest
sarà il cavallo di Troia dei cinesi
in Europa?
Rispondi su
powertrainweb.it
Il sondaggio non ha valore statistico. Le rilevazioni non sono
basate su un campione scientifico
LE RISPOSTE DI
APRILE
Gli e-fuel saranno l’elisir
di lunga vita del ciclo
Diesel?
39%
sì
61%
no
26
DOTY
6. Scania Next Generation DC13:
Una “Super” chicca
in attesa della premiazione
AUTOMOTIVE
10. E-fuel:
Che sia la rivincita tedesca
per quel 3-1 del 1982?
SEMINARI
12. Generazione Distribuita:
Alla tavola del termico con
sette illustri commensali
EVENTI
18. Danfoss:
Con Ryan Rizor
l’elettrificazione è più chiara
20. Parker:
Affresco multi-energetico a cura
di Steve Duricky e Per Nilsson
30 34
24. Zapi Group:
Alta e bassa tensione?
Con Zivan e Delta-Q
26. Cat-Perkins:
Il 12,9 litri che promette bene.
E attaccano pure la spina
28. Cummins:
“Accelera”, di nome e di fatto,
la molecola dell’idrogeno
30. Hyundai:
Dopo l’acquisizione di Doosan
sfodera gli assi nella manica
34. Kubota:
Un piano sequenza. In regia
Daniel Grant e Ko Shiozaki
RUBRICHE
4. Editoriale 8. Hi-Tech
38. Metaverso: Siemens
40. La vie en rose: Kohler
42. VeT Network
50. Oem&motori: Rotair
SOMMARIO
3

E SE VOLASSERO STRACCI
S
ulla via della seta? Nel bisticcio
di parole si mimetizza l’horror
vacui delle società occidentali, in
particolare quella europea. Si evoca
il triste ectoplasma del declino, versione
2.0 della lettura marxiana del capitalismo,
inverato dall’annichilente egemonia cinese
nel teatro delle batterie.
Vi riportiamo due citazioni del Corriere
della Sera. Ragionando sui sistemi di
controllo del Governo cinese, si evince che:
“La definizione delle attività di spionaggio
è stata allargata a dismisura, sicché per
un manager occidentale dialogare con
un cinese su Taiwan, o anche su aspetti
tecnici dell’industria dei semiconduttori,
può far scattare l’accusa di rubare
informazioni segrete”. Lungi da noi fare
aneddotica da bar, ma c’è un’assonanza
con quanto abbiamo toccato con mano
all’E-Mobility di Taipei. I semiconduttori
sono un terreno sdrucciolevole, meglio
muoversi con cautela. Dal cilindro del
Corrierone estraiamo il nome di Yu Qun
Zeng, Robin Zeng, all’occidentale. “Ha 55
anni, risiede ufficialmente a Hong Kong,
ha un dottorato in fisica dall’Accademia
cinese delle Scienze, ha un patrimonio
stimato tra trenta e i quaranta miliardi di
dollari (37esimo al mondo) ed è fondatore,
presidente con deleghe esecutive e
azionista di riferimento di Contemporary
Amperex Technology Ltd (Catl). La
sua azienda controlla oltre un terzo del
mercato mondiale delle batterie elettriche”.
Per contestualizzare, precisa il CorSera:
“In passato l’Europa aveva un enorme
surplus, vendendo ai cinesi auto per cinque
o sei miliardi di euro a trimestre (incluse
le componenti italiane di vetture tedesche)
e importando quasi niente. Oggi la Cina
esporta auto a batteria elettrica verso la
Ue per un valore circa dieci volte superiore
a quanto avvenga in direzione opposta”.
E se il cavallo di Troia fosse Orban? “E
che c’azzecca?” sbotterebbe il Tonino
Nazionale. La risposta proviene ancora
dal Corriere. L’Ungheria ha attirato negli
ultimi anni 11 miliardi di investimenti,
fabbriche “tirate su” ex novo per soddisfare
la fame di batterie. Un solo progetto,
guarda caso, proprio di Robin Zeng,
catalizza due terzi di questa vertiginosa
somma. Dobbiamo per forza attendere il
postumo verdetto dei posteri per formulare
l’ardua sentenza?
C
M
Y
CM
MY
CY
CMY
K
EDITORIALE
V170 G SERIES
4

scania. Next Generation DC13
SANGUE
BLU
Come da tradizione Scania, la primogenitura di
qualsiasi progetto motoristico è appannaggio
dei cofani camionistici. La patente di nobiltà è
ancora più avvalorata dall’ingente investimento
effettuato per armonizzare la riduzione
dell’impatto sui bilanci dei flottisti con
le normative, vigenti e future
Terra
Il 16 maggio è alle porte, rispetto a quando scriviamo,
e ve ne renderemo diffusamente conto
sul numero di giugno. Negli studi di Cinisello
Balsamo, sotto le luci dei riflettori, ed è letteralmente
il caso di dirlo, finirà il Next Generation
DC13 di Scania, protagonista dell’investitura ufficiale
a Diesel of the Year 2023. Non sveliamo
l’identità degli ambasciatori del Grifone. Per scoprirlo,
vi basterà sintonizzarvi su powertrainweb.
it e su powertraininternationalweb.com martedì 16
maggio, alle ore 17. Un motore è opera dell’ingegno
umano, e come ogni impresa dell’intelletto
rivendica una letteratura e una storicizzazione. È
per questa ragione che ripercorriamo le tappe che
hanno condotto alla consacrazione del 12,7 litri
sulle applicazioni mobili e stazionarie. La genesi
si chiama Super, e lo è a ragion veduta. Riproponiamo
alcuni passaggi delle esternazioni di
Magnus Henriksson, Chief Engineer, e di Alessandro
Girardi, Head of Pre-sales & Logistics
di Italscania.
Henriksson: «Sapevamo fin dall’inizio che i doppi
alberi a camme in testa (Dohc), insieme alla
tecnologia della testata singola con cilindri a 4
valvole e l’Scr, erano un requisito. Una volta definita
la soluzione Dohc siamo stati in grado di
sviluppare il freno ausiliario Compression release
brake, per il livello di performance previsto.
Inoltre, il controllo preciso delle valvole da parte
delle camme in testa è indispensabile per il sistema
Scr Scania avanzato con doppio dosaggio
dell’urea». E a proposito di Twin Scr? È ancora
Henriksson a rispondere. «Il nostro sistema Scr
Scania Twin Dosing, introdotto per la prima volta
nel 2020 con i nuovi motori V8, inietta una
prima dose di AdBlue nel collettore di scarico,
posizionato dopo il freno motore, dove i gas di
scarico sono ancora molto caldi, aumentando
così drasticamente l’efficacia totale del sistema
di post-trattamento. La seconda dose viene iniettata
nel punto consueto, all’interno del silenziatore,
dove i livelli di picco degli NOx risultano
ora inferiori. Il filtro antiparticolato che si trova
tra i due catalizzatori dell’Scr viene rigenerato
senza l’iniezione successiva di altro carburante
nel sistema di scarico».
A Girardi chiediamo lumi sulla eredità del 13 litri
e sulla coraggiosa scelta di investire in una piattaforma
dieselistica ex novo. «Anche se crediamo
nell’elettrificazione, il motore diesel continuerà
ad avere un ruolo decisivo in questo decennio e,
per alcune applicazioni specifiche, anche oltre. Il
Twin Dosing system, con doppio dosaggio dell’urea,
oltre a rendere il processo di abbattimento
molto efficace alle basse temperature e ai bassi
carichi di lavoro, permette di abbattere gli ossidi
di azoto in un intervallo più ampio di utilizzo del
motore ed è stato anche la chiave di volta per ottimizzare
il processo di combustione, che è il cuore
dell’efficienza energetica del motore. Con questa
nuova piattaforma siamo partiti da zero, è un progetto
nato molti anni fa, nel 2016, con l’obiettivo
di raggiungere un’efficienza termica del 50 per
cento: ci siamo riusciti ed è certificata per tutta la
gamma del 13 litri e in alcune applicazioni supera
anche il 50 per cento, traguardo impensabile fino
a qualche anno fa».
Punto di vista meccanico
«Il doppio albero a camme in testa è la novità che
ha permesso di introdurre anche il nuovo freno ausiliario,
il Compression release brake, un’opzione
che può essere abbinata o meno al rallentatore
idraulico: è uno freno da 350 chilowatt di potenza
massima e 1.500 Nm che agisce su una delle
valvole di scarico del pistone. Quando il pistone
raggiunge il punto morto superiore, la valvola si
apre leggermente, viene rilasciata una porzione
di gas di scarico e questo comporta che in fase
di espansione il pistone ha meno spinta, mentre
quella porzione di gas di scarico dà una spinta
al turbo creando una sovralimentazione. Nella
fase successiva di compressione il pistone trova
più massa d’aria, quindi più resistenza. Il doppio
albero a camme è stato anche la chiave di volta
per ottimizzare tutto il sistema di lubrificazione e
raffreddamento del motore».
Pto e off-road
«C’è un programma di prese di forza al cambio,
legate alla nuova famiglia di cambi, 4 Pto singole e
4 doppie di nostro progetto, con rapportature e coppie
rinnovate, un’uscita singola o a doppia uscita e
differenti opzioni di attacchi (pompa o flangia). Sul
motore c’è la presa di forza ED10 (1.000 Nm), che
nella versione più potente arriva a 238 kW, raffreddata
ad olio, movimento orario; la ED7 (700 Nm).
Il ventaglio di soluzioni offerte è molto ampio. Le
applicazioni si vedranno tra qualche anno».
Uno scatto della
catena cinematica
del Super, il
padre nobile del
Next Generation
DC13. Sotto,
il primo piano
dell’inconfondibile
calandra Scania,
impreziosita dalla
nomenclatura,
come fosse un
fregio. Proiettato
nell’orbita Euro
6E, con la barra
del timone dritta
alle prossime
prescrizioni
normative, è
stato inizialmente
sviluppato in
quattro tarature:
420, 460, 500 e
560 cavalli.
6
7

Rolls-Royce, Woodward L’Orange, Wtz
Volvo Penta e Uig
METANOLO
DAL 2025
Il progetto congiunto “MeOHmare” ha
ricevuto 8 milioni di euro di finanziamento
dal Ministero federale tedesco
dell’economia e della protezione del
clima. Rolls-Royce, Woodward L’Orange e
Wtz Roßlau sono gli attori che entro la fine
del 2025 svilupperanno un motore marino
a metanolo basato sulla Serie 4000 di mtu
HI-TECH
Sono trascorsi 5 anni dalla
cessione di L’Orange a
Woodward, eppure il cordone
ombelicale non è mai stato
compoletamente reciso. Infatti,
è notizia recente l’accordo
tra Rolls-Royce, Woodward
L’Orange e Wtz Roßlau, che
dall’inizio del 2023 sono impegnate
nel progetto congiunto
“MeOHmare”, che ha ricevuto
un finanziamento dal Governo
tedesco. Entro la fine del 2025,
i tre partner svilupperanno un
concetto per un motore a combustione
interna ad alta velocità
per navi che potrà funzionare
a metanolo verde in modo
CO 2
neutrale.
Dieter Janecek, coordinatore
marittimo del governo tedesco,
ha dichiarato alla riunione di
avvio: «La decarbonizzazione
nel trasporto marittimo è una
grande preoccupazione per
noi. Vediamo grandi opportunità
per le nuove tecnologie di
propulsione marina e i combustibili
sostenibili, come il metanolo,
quindi vogliamo sostenere
la crescita del mercato». Se
il metanolo viene prodotto utilizzando
il cosiddetto processo
power-to-X, è possibile un funzionamento
CO 2
neutrale. Attraverso
l’elettrolisi e l’utilizzo
di energia elettrica da fonti
rinnovabili si produce idrogeno
verde. Questo idrogeno può essere
ulteriormente trasformato
nel cosiddetto e-metanolo mediante
sintesi, con l’aggiunta
di CO 2
dall’aria. Daniel Chatterjee,
responsabile della strategia
tecnologica e della sostenibilità
presso il coordinatore
del progetto, che è Rolls-Royce
Power Systems, ha dichiarato:
«Vediamo il metanolo come il
futuro carburante per le navi.
È un combustibile che è già
utilizzato nell’industria chimica
e sarà prodotto green in
futuro».
Il Ministero federale tedesco
dell’economia e della protezione
del clima promuove lo
sviluppo nell’ambito del “Maritime
Research Program”. Il
programma di finanziamento,
con un volume di finanziamento
annuo di circa 60 milioni di
euro, rafforza il potere innovativo
del settore marittimo nella
competizione internazionale
e promuove la protezione del
clima e dell’ambiente. Il metanolo
richiede modifiche significative
al concetto di motore.
Mathias Müller, project manager
presso Rolls-Royce Power
Systems e coordinatore del
progetto MeOHmare, ha spiegato:
«L’obiettivo delle attività
di sviluppo è la riprogettazione
del processo di combustione
con sistema di alimentazione,
turbocompressione e controllo
del motore, nonché tutti i sottosistemi
del motore che interagiscono
con il carburante».
Woodward L’Orange svilupperà
in maniera completa i sistemi
di iniezione ad alte prestazioni
del progetto. Michael Willmann,
Director Technology
di Woodward L’Orange, ha dichiarato:
«Finora non esistono
sistemi di iniezione pronti per
la produzione per motori marini
a metanolo ad alta velocità.
Il metanolo è un combustibile
impegnativo per le sue proprietà.
Ecco perché devono essere
introdotti nuovi materiali e
concetti di iniettore».
L’istituto di ricerca senza scopo
di lucro Wissenschaftlich-
Technisches Zentrum Roßlau
(Wtz Roßlau) sarà responsabile
della creazione di un banco di
prova di resistenza del metanolo,
del test dei componenti di
iniezione e dello sviluppo di
una pompa di alimentazione del
metanolo come parte dell’alleanza.
Christian Reiser, Ceo di
Wtz Roßlau, ha spiegato: «Con
questo progetto, stiamo gettando
le basi per la creazione di
un centro di prova per la convalida
dei sistemi di iniezione
con carburanti alternativi».
La business unit di Rolls-Royce
Power Systems svilupperà
un motore basato sulla Serie
4000 di mtu che sarà progettato
per il funzionamento a basse
emissioni, CO 2
neutrale ed economico
di navi con metanolo.
La compatibilità climatica e
ambientale, nonché la massima
densità di potenza possibile
del sistema di propulsione sono
l’obiettivo particolare dello
sviluppo.
NELLA RETE
Volvo Penta ha acquisito una quota di minoranza
dell’azienda americana Utility Innovation Group.
L’investimento accelera l’ingresso nel settore dei
servizi pubblici per sviluppare il sottosistema
di accumulo dell’energia della batteria
Kohler Energy
Kohler annuncia l’evoluzione delle sue
attività di energia in Kohler Energy.
«Il nostro nuovo nome Kohler Energy
celebra le soluzioni leader del settore
che Kohler offre da oltre 100 anni e si
allinea alla nostra continua leadership in
termini di resilienza, prestazioni e capacità
energetiche che soddisfano i nostri
clienti», afferma Brian Melka, Presidente
di Kohler Energy Group. «La presenza
del nostro nuovo marchio riflette meglio
le caratteristiche moderne, lungimiranti
e orientate al design per cui Kohler è
nota e mette in evidenza le soluzioni che
introduciamo sul mercato che forniscono
resilienza energetica alle case, alle attività
Dal 2025, ST Microelectronics
fornirà a ZF la terza
generazione di dispositivi
Mosfet al carburo di silicio
in volumi di milioni a
doppia cifra. Tra gli altri, ZF
utilizzerà la tecnologia degli
inverter per veicoli di un
costruttore europeo la cui
produzione è pianificata per
il 2025. L’inverter gestisce
il flusso di energia dalla
batteria al motore elettrico e
viceversa. La combinazione
commerciali e agli strumenti dei nostri
clienti per portare a termine i lavori».
Energy offre soluzioni per Home Energy,
Industrial Energy Systems e Powertrain
Technologies a marchio Kohler, oltre a
Clarke Energy, Kohler Uninterruptible
Power, Heila Technologies e Curtis
Instruments. Kohler implementerà nuovi
elementi del marchio Kohler Energy
in tutto il suo portafoglio di attività nei
prossimi mesi. All’inizio di quest’anno,
Kohler ha collaborato con Robert Swan
nella spedizione di successo attraverso
la massa continentale antartica fino
al Polo Sud geografico, basandosi
esclusivamente su fonti di energia
Volvo Penta ha investito
in Uig (Utility Innovation
Group), produttore
statunitense di soluzioni
energetiche decentralizzate.
Attraverso questa operazione,
Uig e Volvo Penta hanno il potenziale
per migliorare le loro
capacità collettive, creando
insieme soluzioni innovative e
nuove opportunità di mercato
per far progredire l’infrastruttura
della rete elettrica. Questa
pietra miliare offre anche
maggiori opportunità per casi
d’uso mission-critical, come
ospedali e data center, insieme
a una nuova classe di “prosumer”
elettrici che producono e
consumano energia a supporto
della rete elettrica, sfruttando
le energie rinnovabili e altri
servizi in loco fonti di energia.
Tutti i profili possono ottimizzare
il loro utilizzo energetico
collegando le fonti di energia
con i sistemi di accumulo di
energia della batteria (Bess)
per ridurre la dipendenza dalla
rete e costruire un ecosistema
energetico più resiliente.
Sidney Hinton, fondatore
e Ceo di Utility Innovation
Group: «La piattaforma di
elettrificazione di Volvo Penta
offre prestazioni di accumulo
di energia differenziate per la
resilienza elettrica all’interno
di soluzioni di microgrid mentre
progettiamo e costruiamo
la rete elettrica del futuro. Con
questo investimento strategico,
miriamo a implementare soluzioni
leader del settore e nuove
tecnologie, consentendo la digitalizzazione,
l’ottimizzazione
della ricarica e le operazioni
di microrete».
Accumulo e
distribuzione sono
fondamentali per
affermarsi nella
produzione di
energia
ST per gli inverter di ZF
tra il design dell’inverter e
i semiconduttori, come il
carburo di silicio, è la chiave
per migliorare le prestazioni
elettriche del veicolo.
Marco Monti, President
Automotive and Discrete
Group di ST: «La chiave del
successo nella tecnologia per
veicoli elettrici è la maggiore
scalabilità e modularità, con
un aumento dell’efficienza,
della potenza di picco e
della convenienza».
rinnovabile. Come il suo supporto
energetico all’ammiraglio Byrd più di
90 anni prima, Kohler ha equipaggiato
il viaggio di Swan con un generatore
Kohler personalizzato che utilizzava un
motore diesel Kohler alimentato da Hvo
e un sistema di microrete controllato
dalla tecnologia Heila Edge. «Il nostro
obiettivo collettivo è aiutare a sostenere le
persone e le comunità in tutto il mondo e
costruire la resilienza energetica. Mentre
iniziamo a progettare il nostro futuro per
supportare al meglio i nostri clienti, stiamo
investendo in energia pulita, tecnologie
avanzate e migliori capacità di produzione
e prestazioni», secondo Melka.
8
9

E-Fuel. LUCI E OMBRE
SOGNO O
REALTÀ?
Riflessioni il giorno dopo la vittoria tedesca
a Bruxelles. Ne esce malino l’Italia, la cui
proposta è stata al momento accantonata.
Eppure il biodiesel esiste, come l’Hvo
prodotto e distribuito da Eni, mentre
i carburanti sintetici si trovano ancora
nella fase embrionale. Ai posteri...
AUTOMOTIVE
In termini calcistici, l’ultimo duello Italia-Germania
è finito con una sonora sconfitta degli azzurri.
Peccato che la partita si giocasse a Bruxelles, in
palio ci fosse il futuro dei motori a combustione
interna, e la vittoria tedesca segni il tramonto del
progetto tutto italiano di utilizzo dei biocarburanti
derivati dagli scarti agricoli, a favore degli e-fuel
caldeggiati dall’industria automobilistica tedesca.
Senza entrare nel merito delle strategie politiche
che hanno portato alla sconfitta, un dato è assolutamente
certo: se i bio-fuel già esistono, tant’è
che hanno pure un prezzo di riferimento – 1,914
euro al litro per l’Hvo prodotto da Eni – gli e-fuel,
i carburanti di sintesi, esistono solo sulla carta, fatta
eccezione per una piccola flotta di test messa a
punto da Audi e che utilizza e-Cng.
Ecco perché, il giorno dopo la vittoria di Bruxelles,
il Ceo di Volkswagen Oliver Blume ha rilasciato
alla Süddeutsche Zeitung un’intervista improntata
a grande prudenza, esordendo con un invito a uscire
dalla dimensione emozionale nella discussione
sui motori a combustione per concentrarsi sui fatti.
Approccio inatteso, per un manager che quando era
al vertice di Porsche ha cancellato l’intera line-up a
gasolio di Zuffenhausen con un tratto di penna. Ed
è un approccio globale: «Il motore a combustione
interna» ha sottolineato Blume «a livello mondiale
ha ancora un grande futuro visto che a breve la
mobilità elettrica prenderà piede principalmente in
Europa, Nordamerica e Cina». Sudamerica, Africa
e Asia resteranno ancora a lungo legate ai combustibili
fossili. Senza dimenticare, secondo Blume,
i veicoli di soccorso e le produzioni di nicchia, citando
non a caso un’icona come la Porsche 911: «A
livello mondiale rappresenta lo 0,05% della produzione
automobilistica e non avrebbe senso togliere
agli appassionati il piacere di guidarla».
Ma, alla fine, che probabilità reale hanno di entrare
in gioco gli e-fuel? A scorrere la stampa tecnica tedesca,
pur evidentemente di parte, verrebbe da dire
ben poche. Giusto per dare un’idea: un recente report
di Maximilian Fichtner, ricercatore del prestigioso
Helmholtz Institute di Ulm specializzato negli
studi sull’elettrochimica, attribuirebbe un’efficienza
well-to-wheel (dal pozzo alla ruota) inferiore al
10% un veicolo che utilizzi e-fuel, contro il 18% di
una fuel-cell e il 70% di un’auto a batteria. Sempre
secondo Fichtner, sarebbero necessari almeno 27
kWh di elettricità, ovviamente da fonti rinnovabili,
per produrre un litro di gasolio di sintesi.
Conditio sine qua non
Il sogno made in Germany dell’e-fuel è alimentato
dall’ipotesi di realizzare colossali impianti ad alimentazione
fotovoltaica o eolica in aree del pianeta
ad elevato “rendimento” quali i deserti di Algeria e
Kuwait o le aree più ventose della Patagonia: lì un
pannello solare arriva a produrre 1.900 kWh/anno
contro i 1.000 delle location più favorevoli della Germania;
in Patagonia e sulle Ande una pala eolica può
avere un rendimento triplo rispetto all’equivalente di
un campo offshore del Mare del Nord. Ma non si può
trascurare, come sottolinea lo studio dello Helmholtz
Institute, che la produzione tramite elettrolisi di un
chilo di idrogeno richiede almeno 9 litri di acqua ultrapura:
quindi al fabbisogno energetico di questi ipotetici
impianti andrebbe aggiunto quello di strutture di
desalinizzazione dedicate che si approvvigionino nel
sottosuolo o in mare. E, ancora, la necessità di disporre
di impianti di stoccaggio dell’elettricità prodotta:
anche nelle condizioni meteo più favorevoli, pannelli
solari e torri eoliche hanno una produzione di picco
concentrata in poche ore, mentre l’ideale sarebbe che
la “raffineria” di e-fuel marciasse 24 ore su 24. Ciliegina
sulla torta: il carburante sintetico prodotto andrebbe
poi trasportato fino in Europa e Nordamerica...
I livelli di efficienza degli impianti rinnovabili, inoltre,
rischiano di cambiare di poco le grandezze in
gioco: oggi, una Germania dove il 100 per cento del
parco circolante fosse a batteria avrebbe bisogno,
secondo stime attendibili, di 140 miliardi di kWh in
più, equivalenti circa a un quarto dell’attuale fabbisogno
energetico. Un salto non da poco, pur realizzabile
entro il 2035. Ma il passaggio agli e-fuel,
secondo le valutazioni più favorevoli, richiederebbe
almeno mille miliardi di kWh di elettricità extra, raddoppiando
di fatto il fabbisogno di energia del Paese
che a oggi ha un mix elettrico in cui le rinnovabili si
fermano al 46 per cento. Come ha dimostrato la crisi
ucraina, per non finire in blackout in assenza di gas
naturale russo, il sistema elettrico tedesco ha dovuto
riattivare alcune centrali a carbone.
La mazzata finale all’ipotesi e-fuel arriva dal potentissimo
Adac, l’automobile club tedesco che vanta
21 milioni di soci. Secondo i tecnici del centro studi
di Monaco, infatti, produrre un litro di carburante
sintetico costerebbe non meno di 4,50 euro al litro,
contro i circa 50 centesimi, al netto delle tasse,
dell’attuale benzina. A questo punto c’è chi si domanda:
ma non aveva forse ragione Herbert Diess,
Ceo di Volkswagen “accompagnato all’uscita” lo
scorso 31 agosto proprio da Oliver Blume, quando
definiva l’idrogeno e gli e-fuel «lo champagne della
transizione energetica?».
Come riportato
dall’Ansa, il 27
marzo, secondo
il ministro
dell’Ambiente e
della sicurezza
energetica,
Gilberto Pichetto
Fratin: «L’Italia,
senza nessuna
inutile prova di
forza, in queste
ore è impegnata
a fornire tutti gli
elementi utili per
far comprendere
all’Ue, in modo
scientificamente
e razionalmente
inappuntabile,
l’importanza
di inserire i
biocarburanti tra i
combustibili verdi».
10
11

generazione distribuita. Rimini
DIFFUSA E
LOCALIZZATA
È l’energia, che procede verso la
differenziazione delle fonti, seppure con
una precipua resilienza dell’endotermico.
Al seminario organizzato da Generazione
Distribuita hanno partecipato, in ordine
di apparizione Abb, Bergen Engines,
BU Power, Yanmar Italy, Archimede Energia
e Miretti International
stazionari
Ancora Rimini, alla quinta del K.EY, che si
accompagna a braccetto con il Dpe nell’uscita
dalla casa del padre, Ecomondo. Abbiamo
scritto sul numero di Aprile del successo di questo
debutto. Per l’occasione, Generazione Distribuita
ha organizzato il seminario “Transizione ecologica
e nuovi obiettivi UE. Il futuro dell’endotermico
e la neutralità tecnologica”. Nel titolo trovate gli
elementi di pungolo, quali transizione, UE, endotermico,
neutralità. Questi ultimi due termini si
conciliano con la recente spinta alla conversione
a idrogeno del motore a combustione interna. “Second
life” o esercizio di stile? Prima di passare la
parola ai relatori, riportiamo l’intervento di Marco
Monsurrò, Presidente di Generazione Distribuita,
Anima Confindustria. «Rispetto alla precedente
edizione di Key Energy le aziende sono più che
raddoppiate. Il Dpe rappresenta un’iniziativa di
successo, alla sua prima reale manifestazione,
dopo l’edizione zero del 2019. Abbiamo registrato
25 aziende e un buon riscontro di pubblico. Vogliamo
consolidare questa fiera, facendola diventare
il riferimento in Europa per la fornitura dei
componenti e sistemi della generazione e la distribuzione
di energia elettrica, seguendo la tendenza
al “reshoring” delle attività industriali in Europa,
effetto dell’instabilità politica ed economica internazionale.
in quest’ottica, Generazione Distribuita
deve trovare il necessario supporto delle altre associazioni
di categoria, come Anie Energie». Durante
il discorso introduttivo, Monsurrò ha rivendicato
l’operato dell’associazione. «Siamo stati i primi a
interrogarci sia sul futuro del motore a combustione
interna che sulla sostenibilità della transizione
energetica per l’industria italiana. Siamo davvero
pronti per i sistemi di generazione sostenibile? Con
un tempismo quasi cinematografico la settimana
scorsa (l’esternazione risale al 23 marzo, ndr) è
uscita la proposta di legge dell’Unione Europea
“net zero industry act”. L’energia elettrica vale il
18% dell’energia per muovere il mondo. Il nostro
ruolo è fondamentale, tutt’altro che in contrapposizione
con gli altri padiglioni. L’elettricità prodotta
in maniera sostenibile è il vettore energetico del
futuro. Il gruppo elettrogeno è l’unica forma affidabile
al momento per generare energia elettrica
in maniera distribuita. Tra gli obiettivi della nostra
associazione c’è il riposizionamento dell’industria
anche nei confronti del mondo normativo. Persistono
degli svarioni come la 4.0, dalla quale siamo
stati completamente esclusi, perché assimilati alle
centrali di produzione dell’energia. Un altro problema
è il tema delle emissioni, trattato dallo Stage
V, un unicum nello scenario europeo, che ignora
la neutralità tecnologica. Generazione Distribuita,
insieme a Europgen (l’associazione europea di
categoria, ndr), si sta sforzando di impostare un
tavolo tecnico per suggerire all’Unione Europea un
approccio orientato alla neutralità tecnologica in
tema di livelli emissivi dei gruppi elettrogeni. L’Iso
8528, nell’applicazione “prime power”, richiede la
progettazione per 500 ore di funzionamento, di cui
300 continue. Lo Stage V impone invece ai gruppi
elettrogeni il rispetto delle emissioni in qualunque
momento».
I relatori rappresentano un ventaglio di realtà esaustivo
delle attuali, e delle prossime, istanze della
produzione di elettricità localizzata. Per Abb è
intervenuto Marco Carminati, PhD Global Application
Specialist - Direct current - Solar/ESS
Technical Manager. Diversificare per innovare?
Come vi state muovendo nella transizione, con
le vostre consolidate esperienze nell’elettrico, tra
gruppi di continuità e soluzioni a media e bassa
tensione e un marcato interesse per le dinamiche
della idrogenizzazione?
«Affrontando la transizione energetica e le fonti
rinnovabili ci approcciamo a una nuova tipologia
di generazione distribuita che utilizza anche impianti
a idrogeno. Come costruttori di componenti
elettrici, ci occupiamo della fase di integrazione
delle fonti di energia localizzata. In quest’ottica, sia
nella parte di componentistica che di integrazione,
forniamo supporto nel monitoraggio e nell’ottimizzazione
delle fonti rinnovabili, in concomitanza con
l’utilizzo stesso dell’energia. Sta prendendo sempre
più piede come metodo di distribuzione dell’energia,
almeno localmente, la corrente continua, che
prevediamo si affiancherà alla corrente alternata,
quantomeno nella generazione distribuita e nell’impiego
della stessa nell’alimentazione dei carichi».
Portavoce di Bergen Engines in questa sede è Stefano
Strada, Head of Sales. L’obiettivo è chiaro:
accreditarvi come interpreti delle smart-grid e
della produzione di energia tramite idrogeno.
Partiamo dal test di una miscela di gas all’85%
e idrogeno al 15% in Spagna, da Viscofan.
«Il presente è sempre più vicino a un mix di gas e
idrogeno. Viscofan produce collagene e cellulosa
per processi industriali e dispone di un cogeneratore
da 6 MW. Le verifiche in sito hanno confermato
i risultati del test bed a Bergen; l’idrogeno ha un
impatto sul processo di combustione, aumenta la
velocità di fiamma e l’efficienza elettrica, oltre a
ridurre tutte le emissioni. Per un impianto di questa
taglia significa circa 8.000 tonnellate di CO 2
risparmiate su base annua. Anche in Italia stanno
partendo i primi progetti. La sfida principale riguarda
la disponibilità di idrogeno. Attualmente,
a livello industriale il volume è del 15%, perché è
quello che il mercato riesce a recepire. A livello di
test le percentuali sono di gran lunga superiori, al
50%, forse al 60, su motori a media velocità, da
3,5 a 12 MW».
Un gradito ritorno a casa BU Power Systems Italia.
Gianromeo Brugnetti, Deputy Sales Manager:
La domanda riprende l’interessante spunto di
Simone Buraschi, al seminario del 2019. L’industriale
non ha i numeri del settore automobilistico,
vero?
«Ci teniamo a sottolineare che il legislatore deve
essere consapevole che il mercato in cui noi operiamo
è drammaticamente diverso da quello automotive.
In 90 anni di vita, Perkins ha prodotto oltre 20
milioni di motori per oltre 5.000 applicazioni. Difficile
che una soluzione univoca, se non il motore
a combustione interna, ci permetta di approcciare
un mercato estremamente diversificato. Non possiamo
che vedere uno scenario multi-soluzione. Ci
saranno soluzioni elettriche e altre con carburanti
alternativi, ma l’endotermico non potrà scomparire,
a meno che la nostra industria decida di fare
un passo indietro. Una verità scomoda che però
riteniamo rispecchi quello il nostro futuro».
Con Marco Martinelli, Application engineer di
Isotta Fraschini, facciamo un passetto indietro.
Bari, il primo marzo, inaugurazione del Cis.
L'idrogeno
potrebbe prendere
piede nella
generazione in
anticipo rispetto ad
altre applicazioni,
soprattutto
nella miscela
con il gasolio.
Un traguardo
verosimile potrebbe
essere quello del
50% di frazione
a idrogeno del
blend.
12
13

stazionari
Cosa significa questo evento per Isotta Fraschini
nella pianificazione di un futuro alternativo?
«Si tratta di ben più di un progetto. IFuture rappresenta
un modello industriale che guarda al futuro.
È un vero e proprio percorso, articolato in più tappe,
quali il costante miglioramento dell’affidabilità
dei nostri prodotti, la realizzazione di una versione
del motore Ifm dedicata ad applicazioni industriali,
lo studio di nuovi sistemi di power management per
una gestione ottimizzata delle varie fonti di produzione
di energia presenti in un power plant e infine
l’avvio della progettazione di un nuovo motore per
soddisfare livelli di potenza più elevati richiesti dal
mercato. L’evento cui abbiamo preso parte, Distributed
Power Europe, dove l’attenzione rivolta a
certe tematiche è al primo posto, conferma che la
direzione presa da Isotta Fraschini Motori è quella
giusta. Una direzione ben tracciata nel nuovo
piano industriale di Fincantieri che porterà anche
alla definizione di prodotti sempre più efficienti e
sostenibili».
Un altro illustre motorista ha portato sul palco
Emilio Tognetti, Business Development Manager
di Yanmar Italia.
Yanmar ha virato verso l’elettrico, con l’inaugurazione
dello stabilimento di batterie Eleo. Elettrico
e idrogeno sono compatibili solo nelle celle
a combustibile o immaginate diverse soluzioni
per diverse applicazioni, anche “stand alone”?
«Elettrico e idrogeno trovano il loro connubio nelle
celle a combustibile e seguono altrimenti una strada
indipendente. Per Yanmar ognuna di queste soluzioni
giocherà il suo ruolo perché il motore diesel
ha caratteristiche insostituibili, legate alla densità
energetica, alla semplicità di installazione e utilizzo.
Per questo noi ci immaginiamo un futuro con
varie alternative. Eleo rappresenta una di queste
alternative, le batterie. Allo stesso tempo lavoriamo
sulle celle a combustibile; il settore marino di Yanmar
dispone di una barca, a celle a combustibile,
attiva nella baia di Osaka. Crediamo anche negli
endotermici a idrogeno e nei carburanti sintetici.
Intendiamo servire i nostri clienti con un atteggiamento
improntato alla neutralità tecnologica, senza
dogmatismi, in modo pragmatico».
Per Archimede Energia c’è Cesare Miridin, Technical
Sales Manager: Il tema di sua pertinenza è
l’attualità di autonomia e tempi di ricondizionamento
dei sistemi a batteria.
«Archimede Energia è stata la prima start-up in
Italia a sviluppare accumulatori al litio. Rappresentiamo
sostanzialmente lo sviluppo del serbatoio
energetico di tutte le applicazioni finora elencate.
Da 13 anni lavoriamo alla trazione elettrica, che
sia terrestre piuttosto che navale, siamo all’interno
del gruppo Bruno. Qui, in fiera, trovate il primo generatore
a idrogeno, equipaggiato con un endotermico.
Anche l’elettrico passa da un serbatoio, che è
la batteria. In questa fase tutti vorrebbero efficienza
superiore, quindi densità energetiche spaventose e
pesi bassi soprattutto per quanto riguarda la trazione,
e soprattutto costi più bassi. Siamo abituati
a confrontarci con un serbatoio di gasolio piuttosto
che con una bombola di gas, all’interno abbiamo
elettrochimica, elettronica, componenti elettro-
meccanici. Siamo costretti ad andare in Oriente
per trovare il meglio dell’elettrochimica, non in
Europa, per recuperare l’elemento fondamentale
per la costruzione di queste batterie. L’efficienza
del sistema elettrico passa sicuramente innanzitutto
dall’efficienza dell'accumulo energetico, quindi
dalla batteria».
Miretti International, Fabio Calcagno, Technical
and Operation Manager. Butto lì un colore: idrogeno
blu, che implica la cattura e lo stoccaggio
della CO 2
. Come la vede, Miretti International?
Applicabilità a sistemi di generazione “complessi”,
come quelli dei campi eolici.
«Miretti è ultimo in questo speech e anche nella
catena dei motori, in quanto si occupa del trattamento
dei gas inquinanti. Le modalità per eliminare
gli inquinanti sono sostanzialmente due: agire
sulla leva dei combustibili puliti, quali l’idrogeno,
oppure trattare gli inquinanti a valle del motore a
combustione. Queste tecnologie sono conosciute,
principalmente legate all’emissione di HC, particolato
o di ossidi di azoto e vengono ovviamente
sviluppate con diverse tipologie sostanzialmente a
base di elementi catalizzanti che riducono le emissioni
a valle. I nuovi combustibili producono benefici
direttamente alla fonte. Non ci si deve però
dimenticare del parco esistente e diventa giocoforza
necessario, se non obbligatorio, intervenire su
questa frazione».
Come si produrrà elettricità nel 2030? Quale
futuro per la generazione distribuita?
Abb: «Dal punto di vista della generazione distribuita,
l’utente finale vuole sempre più svincolarsi
dalla rete in termini di assorbimento dell’energia
elettrica, anche gli stessi enti distributori e gli enti
di trasmissione dell’energia elettrica stanno incentivando
questa tendenza. Perché sta aumentando la
richiesta di carico di energia elettrica, soprattutto
in termini di potenze di picco. Pensiamo alla diffusione
delle colonnine di ricarica, oggi sempre più
rapide, quindi con una potenza sempre maggiore;
per questo sviluppiamo colonnine di ricarica in
corrente continua fino a 350 kW per auto e fino a
500 kW per bus o camion. Se in passato la generazione
locale era prettamente favorita tramite gruppi
elettrogeni, adesso stiamo osservando un mix
di generazione locale fatto ancora da gruppi che
probabilmente continueranno ad esistere, magari
alimentati da fonti non fossili, come l’idrogeno. Notiamo
l’affiancamento di fonti rinnovabili, tra cui
fotovoltaico, micro-eolico, soprattutto con turbine
ad asse verticale, e tramite fuel cell. Sono fonti che
dovranno essere coordinate tra di loro, per favorire
l'efficienza energetica, che significa ridurre i consumi
di fonti primarie e, dal punto di vista della
rete, ridurre a monte la produzione centralizzata e
aumentare l’efficientamento energetico».
La vostra posizione sull’idrogeno verde. Quando
e come?
Bergen: «Partiamo dal quando. Se vogliamo veramente
ridurre le emissioni, dobbiamo agire immediatamente.
Se osserviamo le proiezioni dell’Agenzia
internazionale dell’energia in termini di
produzione di idrogeno, prevedono un aumento del
130% da qui al 2030, mentre si avranno le riduzioni
di emissioni di CO 2
dove è più semplice elettrificare,
cioè nella produzione di energia in modalità
green e nei trasporti. Dove è invece più difficile
decarbonizzare, quindi l’industria, tanto l’acciaie-
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15

stazionari
ria quanto la cogenerazione, crediamo fortemente
che ci sia spazio per l’idrogeno. La tecnologia c’è,
serve una spinta a livello normativo, in modo da
facilitare e velocizzare la transizione energetica».
Qual è il punto di vista di BU Power per la generazione,
nel breve e medio termine?
BU Power Systems Italia: «A costo di sembrare
antipatici, vogliamo essere realistici. Perkins sta
investendo tante risorse per sviluppare nuovi motori
a combustione interna, solo Perkins, o la “mamma”
Caterpillar, negli ultimi dieci anni ha estratto
dal cilindro quattro nuove cilindrate. Si fa un gran
parlare di idrogeno, associato ad ambienti produttivi
noti, come l’impianto di cogenerazione. Facciamo
però attenzione, perché il mondo industriale
non è solo questo: applicazioni come il carro raccolta
frutta, la barca e anche lo stesso gruppo elettrogeno,
per esempio in scenari come quello bellico,
in Ucraina, o sismico, in Turchia, funzionano a
diesel e, ahinoi, nemmeno Stage V. Ripeto, occorre
essere realisti: difficilmente in tempi stretti parleremo
di qualcosa che non sia un motore a combustione
interna, secondo me difficilmente alimentato
a idrogeno, più probabilmente alimentato da Hvo,
uno dei carburanti di più facile gestione. Oggi il
mercato è pronto a gestire il pieno di idrogeno su
un carrello elevatore? In un’ottica decennale è improbabile
che seguiremo una transizione ecologica
in linea con quella dell’automotive».
“Cercando l’idrogeno”: dobbiamo scommettere
sulle fuel-cell o sull’endotermico?
Isotta Fraschini: «Riteniamo sia importante investire
su entrambi, perché non si tratta di soluzioni
tecniche alternative bensì complementari tra loro;
soprattutto nel settore della grande produzione
di energia in campo industriale e marino. Infatti,
se per i piccoli impianti può essere conveniente
ricorrere ad una delle due soluzioni, per sistemi
più grandi, che devono rispondere a fabbisogni
complessi, sarà necessario ricorrere a più fonti
di produzione di energia che, singolarmente o in
combinazione, possano soddisfare le esigenze delle
utenze, soprattutto nelle cosiddette smart-grid».
Yanmar Green Challenge 2050 in poche battute.
La visione legata a questo progetto su cogenerazione,
biogas, doppia alimentazione e idrogeno.
Yanmar: «A settembre 2022 ci siamo lanciati in
questa sfida, chiamata appunto Yanmar Green
Challenge 2050, che sostanzialmente prevede entro
il 2050 di azzerare tutte le emissioni di gas serra
di tutte le nostre attività produttive e gestionali e
in tutti i nostri prodotti finiti, compresi quelli che
acquistiamo dai fornitori e aiutare i nostri clienti
a raggiungere la neutralità ambientale nell’utilizzo
dei nostri prodotti. Esemplifico: nel nuovo
stabilimento in India, abbiamo installato un parco
fotovoltaico da 1 gigawatt che produce il 30% di
energia richiesta nello stabilimento, ma intendiamo
arrivare al 100%, anche nel riciclo del materiale
di scarto. Mi riaggancio al discorso sulla cogenerazione,
per sottolineare che affiancheremo i nostri
clienti nel raggiungere la neutralità climatica
nell’utilizzo dei nostri prodotti, che attualmente
contribuiscono alla maggior parte delle emissioni.
Questo significa, per esempio, lavorare sui moto-
ri a idrogeno, sui combustibili sintetici, spingere
nell’elettrico, nella cogenerazione, con un approccio
di neutralità tecnologica. Nessuno conosce quali
saranno gli sviluppi tecnologici da qui al 2050,
a meno di possedere la sfera di cristallo. Il nostro
approccio è di essere presente in tutti questi settori:
diversificare».
Impiego di sistemi ibridi per servizi continuativi
e non limitati.
Archimede Energia: «Ci mettiamo a disposizione
come nodo comune per lo stoccaggio dell’energia
e, soprattutto in una prospettiva ibrida, per far
convivere soluzioni differenti. Sicuramente la filiera
dei componentisti, compresi noi, che siamo legati
al “tank” del campo energetico, dovrà riuscire a
ottimizzare e rendere applicabili queste soluzioni.
Noi siamo inseriti in progetti di fornitura di energia
per le auto con le colonnine e, anche in questo
caso, l’accumulo energetico può essere vincente nei
confronti di una richiesta per sua natura estemporanea.
Una colonnina può essere deserta oppure
assalita da più macchine per una ricarica veloce.
L’ibrido, per quanto possa non essere visto bene
(per la scarsa efficienza e per i costi) è la soluzione
più semplice e percorribile».
Non è solo fragranza di mughetto quel che residua
dal processo degli impianti più vetusti. O
sbaglio?
Miretti International: «Queste nuove tecnologie
sono il futuro, bisogna però pensare al parco esistente,
che non è in linea con la transizione. Sono
due tematiche che vanno a braccetto, senza dimenticarci
che alcune forme di eliminazione degli inquinanti
dai gas di scarico possono essere utilizzate
per diminuire le emissioni di CO 2
, con opportuni
catalizzatori».
In chiusura, una domanda comune. Quali spazi di
manovra nella transizione per il ciclo Diesel? E
la neutralità delle emissioni? Quale “road map”
temporale? Quanti seminari dovremo replicare
prima di passare dalle dichiarazioni d’intenti
alle cifre percentuali?
Abb: «Occorre distinguere tra impianti elettrici
mobili e fissi. Su quelli non connessi alla rete
la faranno da padrone gruppi termici ancora per
un po’. Altro discorso per gli impianti fissi. È un
tema che si sta diffondendo, quello delle microreti
localizzate, sia in corrente alternata che continua.
Nell’ottica di una generazione distribuita, i
motori tradizionali saranno sempre più affiancati
ad altre fonti di energia localizzata, nel breve e
medio termine. Questi sistemi dovranno interagire
e coordinare queste fonti localizzate con i gruppi
di ricarica dei veicoli elettrici».
Bergen: «I bilanci dei nostri clienti hanno obiettivi
al 2030, e nessuno ha finora compiuto una revisione
sostanziale di questi progetti. Il futuro degli
endotermici è presente, perché le efficienze elettriche
raggiungono il 50%, in cogenerazione ad alto
rendimento superano il 90%. Quest’anno installeremo
più di 70 MW di impianti “hydrogen ready”,
in termini di blend. Sono applicazioni industriali
ad alto valore aggiunto».
BU Power: «Anche in questo caso vediamo due
mondi completamente diversi. Uno dei principali
utilizzi del mercato legato ai gruppi elettrogeni
rimarrà l’emergenza, che dubito si possa svincolare
rapidamente dall’endotermico. Se parliamo di
eventi come i concerti, dove l’energia serve per un
determinato periodo con un ciclo di carico noto,
l’energy storage system toglierà quote al gruppo
a gasolio».
Isotta Fraschini Motori: «Il motore cosiddetto
“diesel” ha il vantaggio di sfruttare un ciclo
termodinamico molto flessibile ed efficiente, un
ciclo che ben si presta all’utilizzo di combustibili
alternativi di origine non fossile che consentono
di ridurre drasticamente l’impatto sulla emissione
di CO 2
, se si considera tutto il ciclo di vita del
combustibile, e che consentiranno di raggiungere,
in poco tempo, importanti obiettivi in tema di rispetto
ambientale. Nella nostra roadmap verso la
decarbonizzazione consideriamo come soluzione di
breve termine l’impiego dell’Hvo e per operare con
questo combustibile, senza problemi in termini di
prestazioni e affidabilità, abbiamo già aggiornato
i nostri prodotti. Il percorso ovviamente continua:
seguiranno infatti, nei prossimi anni, un motore
capace di funzionare a metanolo e un motore alimentato
a idrogeno».
Yanmar: «A grandissime linee, nel 2028 il consorzio
fondato nel 2018 tra Yanmar, Japan Engine
Corporation e Mitsubishi Heavy Industries dovrebbe
sfornare il primo motore a idrogeno per applicazioni
marittime. Allo stand Yanmar Energy trovate
un Chp con motore a gas che accetta un blend fino
al 40% a idrogeno. Oggi, zero impatto ambientale
associata al termico significa Hvo».
Archimede Energia: «Sono fiducioso, rispetto a
quando partimmo, eravamo visti come dei visionari,
c’è stata un’accelerazione, i tempi saranno
più brevi di quello che immaginiamo. Per quanto
ci riguarda abbiamo individuato la soluzione nel
miglioramento dell’efficienza, in nuove soluzioni
elettrochimiche e nuovi materiali».
Miretti: «Vediamo due direzioni. La parte legislativa
è abbastanza definita, seppure con qualche
area grigia, tipicamente per quanto riguarda le
certificazioni. L’esistente è da modificare, non solo
sulla parte del combustibile. Servono sistemi per
migliorare l’efficienza».
«Si confida che
il Governo e
il Parlamento
possano adottare
politiche e
strategie in grado
di rafforzare
l’uso della
cogenerazione nei
prossimi dieci anni,
in virtù dei benefici
apportati in
termini energetici,
ambientali e di
competitività al
sistema energetico
e alle imprese
nazionali». Si
chiude così
l’appello al
Governo e al
Parlamento sulla
produzione
combinata di
elettricità e calore
(cogenerazione)
inviato alle
Istituzioni
competenti
ed illustrato
nel workshop
dedicato, svoltosi
in occasione di
K.EY - The Energy
Transition Expo
a Rimini.
16
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danfoss. CONEXPO
DIMENSIONI
E PESO
Sono le coordinate che indirizzano le attenzioni degli
Oem, secondo Ryan Rizor, American sales leader di
Danfoss Editron. Ed è la ragione per cui l’azienda
danese ha spinto sul ridimensionamento della taglia,
per quanto riguarda i componenti dell’elettrificazione.
Ne è uscito un ritratto confortante delle prospettive
sulla applicazione delle risorse elettriche nell’off-road
Terra
Le sinergie “domestiche” con Editron e le competenze
incorporate da Eaton Hydraulics accreditano
Danfoss come una protagonista anche
nello scenario della decarbonizzazione. Ryan Rizor,
American sales leader di Danfoss Editron, ci
introduce nell’approccio all’elettrificazione del mercato
americano. Ci tiene a sottolineare il retroterra
formativo tra le infrastrutture elettriche: «Mi sono
sempre voluto spendere nell’elettrificazione perché
le prestazioni e l’efficienza del sistema sono assai
più elevate» precisa Rizor. «La mia percezione del
mercato americano è che gli Oem di piccole e medie
dimensioni stiano esplorando modi creativi per
approcciare le soluzioni di elettrificazione. Così
praticano un’elettrificazione parziale delle loro
macchine per ridurre i costi operativi e i tempi di
produzione persi a causa di una manutenzione non
pianificata o, addirittura, pianificata. In alcuni casi,
elettrificano per ridurre le emissioni e il consumo di
carburante: alcune macchine consumano 50/70 litri
di gasolio all’ora, se riescono a ridurli del 10, 15
o 25%, possono ripagare l’elettrificazione di quella
funzione. Potrebbero quindi non elettrificare l’intera
macchina, ma un sottosistema o diversi sistemi.
Spesso optano per il downsizing del diesel, e
scelgono solo alcune funzioni di lavoro critiche con
cui beneficiare della maggiore efficienza del sistema
elettrico e far funzionare il motore in una posizione
più coerente sulla curva di efficienza. Per quanto
riguarda gli Oem più grandi, personalmente non
vedo molte attività nell’immediato (generalmente
stanno pianificando di introdurre macchine in serie
a partire dal 2026, 2027, 2028, o successivamente),
in previsione delle normative e dei mandati emergenti
(il tasso di adozione e le tempistiche non sono
chiari per gli Oem caratterizzati da volumi sostenuti).
Quello che vediamo fin da oggi è che per un
numero significativo di clienti i benefici superano
significativamente i costi: una macchina anche solo
parzialmente elettrificata ovviamente costa di più di
una macchina diesel-idraulica, ma in diverse applicazioni
il valore creato e l’impatto del Tco sono
così alti che in molti casi l’investimento è ripagato
in meno di un anno».
Qual è il contributo di Danfoss a questi processi?
«Vede, prima mi lasci risolvere un malinteso comune,
cioè che la macchina elettrificata debba avere
le batterie. La maggior parte dei sistemi che stiamo
vedendo invece non le ha, per via del costo e del
fatto che più grande è la macchina e più difficile è
la sfida di ricaricare quelle batterie. Stiamo affiancando
gli Oem nel modificare il design del sistema
per elettrificare una frazione della macchina in cui
creare valore. Non è ancora così comune che un
cliente prenda una macchina diesel idraulica e la
elettrifichi immediatamente al 100%. Bisogna considerare
così tanti aspetti impraticabili, che servirà
ancora molto tempo perché avvenga».
Quindi, quali sono le opzioni sul tavolo riguardo
all’elettrificazione?
«Gli Oem prestano le loro attenzioni al peso e
alle dimensioni; per questo, i nostri prodotti sono
notevolmente più piccoli dei tradizionali prodotti
elettrici. Sono concentrati anche sulle prestazioni
e per questo li supportiamo nella valutazione dei
requisiti applicativi della macchina, in modo che
dopo averne elettrificata una parte, soddisfi pienamente
i requisiti del suo scopo».
Quale sarà il prossimo prodotto verrà in termini
di elettrificazione?
«Ho dimenticato di menzionare un aspetto estre-
mamente importante per i nostri clienti. Se si vuole
ridurre il consumo di carburante per risparmiare
denaro e costi operativi, anche nel caso delle batterie,
l’efficienza è fondamentale, quindi ci siamo
attrezzati per le applicazioni ad alta tensione. Queste
soluzioni sono adatte per applicazioni in cui ci
si collega direttamente all’albero motore come, ad
esempio, per la perforazione o la trazione. Vediamo
molti esempi in cui la nostra macchina elettrica è
usata come un generatore al regime di coppia di
picco, con la massima efficienza, e il sistema idraulico
ad espletare le funzioni di lavoro».
Secondo lei, quali sono le applicazioni più mature
da implementare nei cantieri?
«Direi che in America il sollevamento sia sicuramente
una di queste, più che le pale gommate o gli
escavatori. Ho l’impressione che in Europa ci siano
molte normative che richiedono queste macchine,
mentre negli Usa ancora non ci sono. Gli Oem di
piccole e medie dimensioni, in particolare quelli serviti
da un distributore a valore aggiunto, sono molto
più agili, possono apportare modifiche e rispondere
più rapidamente ai reparti marketing. Un’altra applicazione
è la generazione di energia. Per esempio,
la nostra Pmi 540 è molto usata in questa applicazione,
e di solito è una T3000 o T4000 (con una coppia
nominale di 3.000 o 4.000 Nm continui). Questa
macchina è accoppiata al motore, dal canto nostro,
con l’elettronica di potenza, creiamo un sistema di
distribuzione di energia in corrente continua. A volte
il lavoro può essere eseguito completamente, a
volte rettificato o invertito in corrente alternata per
supportare diversi tipi di carichi con la possibilità
di collocare una stazione di generazione di energia
in ambienti climaticamente estremi, come il Canada
settentrionale. È stato progettata per essere mobile».
Al Bauma di Monaco molte aziende hanno proposto
la generazione di energia alimentata a
idrogeno. È probabilmente la migliore opzione
disponibile in questo momento?
«Posso sbilanciarmi solo sulla mia esperienza in
America. Se hai un cantiere elettrificato, spesso non
è pratico che l’azienda elettrica fornisca energia al
cantiere; un altro problema è il tempo necessario
e potenzialmente il costo, in determinati mercati.
Carichi molto elevati possono essere incredibilmente
costosi per alimentare il sito in elettrico, ad
esempio a New York City, se non si dispone di un
carico costante. Collegare alla rete un gruppo di
macchine per l’edilizia e passare da 0 MW a 4 MW
sarebbe proibitivo, in termini di costi. Mi piacerebbe
guardare alla rete elettrica, ma non credo che
sarà pratico nel medio termine. Il vantaggio dell’idrogeno
c’è se l’obiettivo è non avere emissioni di
gas serra, ma ora come si crea l’idrogeno? Come
si trasporta? Dove stoccarlo? Sono stato un po’
pessimista sull’idrogeno, ma ritengo che in alcune
applicazioni diventerà parte della soluzione».
Immagina un ruolo per Danfoss nel campo delle
smart grid?
«Gli attori delle infrastrutture elettriche stanno
lavorando da decenni alle tecnologie delle reti intelligenti
e c’è stata un’evoluzione, che continuerà.
Penso che ci sia una grande barriera all’ingresso
per entrare in quello spazio. Se in futuro i macchinari
mobili per il movimento terra dovessero essere
connessi su una certa scala alla rete, sarebbe possibile
la collaborazione tra l’Oem e le utility (tramite
standard Ieee e altri standard), per l’integrazione
e il supporto della gestione del carico. Questa è
un’ottima domanda, qualcuno dovrebbe lavorarci!»
E NELLA
NAUTICA?
Cambiando settore,
segnaliamo che
Danfoss ha siglato
un accordo con
Cummins per
cooperare nella
definizione di
parametri avanzati
delle applicazioni
ibride marine.
Cummins e
Danfoss Editron
svilupperanno una
serie di soluzioni
standard per la
propulsione marina
e si concentreranno
su una nuova
generazione di
gruppi elettrogeni
diesel a velocità
variabile, celle
a combustibile
e pacchetti di
accumulo di
energia.
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PARKER. CONEXPO
PER LA
PROPRIETÀ
TRANSITIVA
Applicata alla plasticità tecnologica, Parker
si propone come il sodale di chiunque
intenda approcciare una qualsiasi delle
fonti alternative. Ci riferiamo al biogas,
strettamente imparentato con il gas metano,
all’idrogeno e ai combustibili di sintesi
e paraffinici. A Las Vegas c’era anche
la presa di forza elettrificata
Terra
Ancora Monaco, termine di comparazione obbligato,
viste le circostanze, c’era Parker e
c’era Steve Duricky, global platform manager
Parker’s Fluid Connectors Group. Nel paniere
del Nevada abbiamo contato dalle tecnologie per
l’elettrificazione a quelle per l’idrogeno, quindi i
materiali compatibili con l’idrogeno stesso, IoT, sistemi
di erogazione di carburanti alternativi, componenti
endotermici e filtrazione idraulica, abbiamo
pescato i componenti di precisione per i sistemi a
gas. Anche in questo caso, ripartiamo da Duricky e
dalle analogie con il Bauma.
«In alcuni casi, simili a quelli mostrati al Bauma,
stiamo iniziando a ricevere molte richieste per i
combustibili alternativi pure negli Stati Uniti. Gli
Oem e i loro clienti cercano un combustibile performante
come il diesel ma che abbia una combustione
più pulita e produca un’impronta carbonica di gran
lunga inferiore. Per raggiungere questo obiettivo le
opzioni più popolari includono l’elettrico a batterie,
il gas naturale o l’idrogeno. Cercano qualcosa
che possa essere immagazzinato nel veicolo e che
garantisca la stessa autonomia; quindi, se un veicolo
lavora per 12 ore, vogliono essere sicuri che,
se devo usare un carburante alternativo, il veicolo
sia in grado di funzionare 12 ore. L’altro aspetto è
il rifornimento di carburante, se il cliente desidera
farlo più o meno nello stesso tempo in cui si può rifornire
un veicolo diesel, la scelta è limitata al gas
naturale o all’idrogeno; quindi, stiamo sviluppando
vari tubi che consentono di rifornire il veicolo ad
alta pressione con le medesime tempistiche. Negli
ambienti difficili (attrezzature per l’estrazione mineraria
e per il movimento terra) è necessario assicurarsi
che siano in grado di gestire le vibrazioni
e le sollecitazioni. Non fa differenza se ci si trova
in Europa o in Nord America: gli ambienti difficili
sono gli stessi».
Qualcosa di diverso potrebbe essere l’affidabilità
e la distribuzione del gas naturale. È una tecnologia
più utilizzata in Europa che negli Stati
Uniti?
«Sì, direi che fino a poco tempo fa il gas naturale
era più utilizzato nelle flotte europee che negli Stati
Uniti. Purtroppo, le cose sono cambiate quando la
Russia ha invaso l’Ucraina e ha interrotto il flusso
di gas naturale verso l’Europa. Per questo motivo
l’Europa sta raddoppiando l’uso di un carburante
ancora più pulito, l’idrogeno. In generale, l’Europa
ha puntato molto di più sui carburanti alternativi e
sulle tecnologie pulite. Ora credo che le cose stiano
cambiando, negli Stati Uniti l’Inflation Reduction
Act e i 370 miliardi di dollari di investimenti
collegati stanno suscitando un grande interesse
da parte dei clienti che iniziano a chiederci: “Va
bene, Parker, cosa sai dell’idrogeno?” Ed è qui che
abbiamo tutti i prodotti, dal recipiente che si usa
per rifornire il veicolo al filtro del carburante, alla
regolazione del carburante. Il fatto che possiamo
offrire tutto questo dà loro tranquillità. Lavoriamo
con il gas naturale (metano) da oltre 15 anni, il che
ci ha fornito un vantaggio nello sviluppo di prodotti
simili, necessari per le pressioni più elevate e le
sfide di tenuta che comporta il trattamento di una
molecola più piccola come l’idrogeno».
Ci sono incentivi da parte del governo statunitense
per i biocarburanti (per dirne uno sulla
bocca di tutti, l’Hvo) o il biogas, in modo che
gli agricoltori siano coinvolti in questo tipo di
attività?
«Non direi che sia probabilmente la scelta migliore,
ma è sicuramente un’alternativa e la gente se
ne avvale; l’aspetto positivo del biodiesel è che
molti altri componenti del veicolo sono gli stessi,
rendendo molto più facile per gli Oem convertire
le loro apparecchiature. Anche il biogas, o gas naturale
rinnovabile (Gnr), si sta imponendo all’attenzione
degli addetti ai lavori e gli agricoltori
svolgono un ruolo importante nella sua produzione.
Il biogas è generato dai rifiuti dell’agricoltura
o dalle discariche, dove il metano viene catturato,
pulito e poi bruciato proprio come il gas naturale.
Se gestito correttamente, il Gnr può generare
un’impronta carbonica negativa».
Può parlarci di un prodotto in particolare?
«Credo che il prodotto più interessante, anche se,
ovviamente, sono tutti interessanti, quello su cui ci
siamo spesi molto è l’umidificatore a celle a combustibile.
Si tratta di una tecnologia proprietaria di
Parker. Molti altri produttori di celle a combustibile
utilizzano materiali disponibili in commercio, mentre
Parker si è concentrata sullo sviluppo di una
nuovissima tecnologia a fibra cava che è di nostra
proprietà. Il sistema prevede l’ingresso dell’aria
secca, a questo punto dobbiamo ovviamente fornire
aria alla cella a combustibile per farla funzionare;
quindi, facciamo entrare l’aria secca in queste
porte, che passa attraverso le fibre e le porte citate.
Mentre l’aria secca scorre attraverso la fibra,
raccoglie l’acqua, che viene aspirata attraverso la
parete della fibra e quindi umidificata. In questo
modo, la cella a combustibile non si disidrata e
non si danneggia. Se nella cella a combustibile si
secca la membrana, che è molto costosa, questa
diventa inutile. I test che abbiamo effettuato hanno
dimostrato che abbiamo una durata e una resistenza
alle alte temperature e al ciclo di accensione e
Una presa di forza
elettrica? Per
sciogliere questo
ossimoro vi basti
girare pagina e
leggere quanto ci
ha raccontato Per
Nilsson, Industry
market manager.
Vi anticipiamo che
un motore elettrico
fa girare la pompa
idraulica e una
Pto elettrica è
alimentata da una
batteria.
20
21

spegnimento ai vertici del settore; i risultati sono
molto promettenti. Poiché dobbiamo umidificare
l’aria per proteggere la cella a combustibile e la
membrana, l’altra cosa a cui dobbiamo prestare attenzione
è la presenza di contaminanti quando aspiriamo
l’aria nel veicolo, dobbiamo assicurarci che
sia pulita, cioè priva di particolato chimico come
NOx e SOx, ammoniaca e qualsiasi altra sostanza
chimica che potrebbe essere aspirata nel sistema
per andare alla cella a combustibile e quindi danneggiare
la membrana. Parker si preoccupa quindi
molto di modellare, scalare le dimensioni e i vari
strati di alcuni dei mezzi di filtraggio per garantire
che tutti i contaminanti vengano rimossi in modo
molto efficiente per prolungare la vita della cella a
combustibile. In termini di materiali filtranti, è stato
piuttosto interessante perché, a seconda del luogo
in cui il veicolo opererà, vedrà ovviamente diversi
livelli di contaminazione nell’aria, diversi livelli di
inquinamento. Abbiamo un team di ingegneri che
è in grado di simulare e modellare le condizioni
e quindi di assicurarsi che ci sia una quantità di
materiale sufficiente per consentire al veicolo di
operare per un periodo di 12 mesi senza che si verifichino
infiltrazioni di sostanze chimiche».
Qual è l’applicazione più matura nell’ambiente
del movimento terra per la cella a combustibile?
«Questa è la fase iniziale di adozione, ma ovviamente
vediamo applicazioni mobili industriali.
Nel settore autostradale, invece, stiamo assisten-
BESTOBELL
Dal gas metano
all’idrogeno il passo
non è così lungo.
Parker dispone
delle competenze
per disciplinare
questo passaggio,
come testimoniato
da Steve Duricky.
Qui vi facciamo un
altro esempio, le
valvole criogeniche
ad alte prestazioni
Bestobell utilizzate
in applicazioni
per il trasporto,
il magazzinaggio
e il trattamento
di gas liquefatti
a temperatura
ultrabassa.
Ogni valvola è
stata progettata
per resistere
a variazioni di
temperatura,
possibile
espansione o
contrazione e
deformazione del
relativo supporto.
Terra
F4 di Parker Hannifin
Notizia eccentrica, rispetto a
quanto riportato da Las Vegas,
per ricordare l’anima idraulica
di Parker. Infatti la divisione
Pump & Motor Europe di Parker
Hannifin, ha annunciato il lancio
della serie F4, la nuova pompa
per autocarri a doppio flusso
sganciabile, presentandola
come un’innovazione per il
mercato dell’idraulica mobile.
La pompa idraulica F4 unisce
la tecnologia della serie di
successo delle pompe a doppio
flusso F2 e della serie delle
pompe fisse a stantuffi assiali
F3. Si tratta di una soluzione per
tutti i veicoli che richiedono flussi
separati di diverse capacità,
come spargisale, caricatori a
gancio, gru forestali, camion per
fognature, spazzaneve e altri
ancora. La funzione di frizione
brevettata consente all’utente
di agganciare e sganciare la
pompa dal motore diesel in
movimento, senza spegnerlo,
premendo un interruttore sul
cruscotto. Ciò garantisce un
notevole risparmio di carburante
e una significativa riduzione
delle emissioni di CO 2
.
Se, ad esempio, un autocarro
(con caricatore a gancio e
spazzaneve rimovibile) che
utilizza la pompa della serie
F4 è operativo per 260 ore nel
primo mese utilizzando la presa
di forza per sole 56 ore, quando
la pompa è scollegata sono
necessari circa 1,2 kW all’ora in
meno. Ciò equivale a circa 50
litri di carburante in meno solo
in quel mese e, in un anno, il
risparmio potrebbe superare i
600 litri (soprattutto quando lo
spazzaneve viene utilizzato
solo per pochi mesi).
Di conseguenza,
anche le emissioni
di CO 2
vengono
ridotte di circa 1,8 tonnellate.
Inoltre, la funzione di frizione
riduce l’usura della pompa e
abbassa al minimo il rischio di
costosi tempi di fermo e periodi
di inattività, diminuendo al
contempo i livelli di emissioni
di rumore.
do all’utilizzo su camion e autobus. Credo che il
grande vantaggio di questa tecnologia sia che, a
differenza delle batterie, che richiedono ore per la
ricarica, con una tecnologia basata sull’idrogeno la
ricarica richiede meno di dieci minuti».
Conclusa la chiacchierata con Steve Duricky, esaustivo
come lo fu al Bauma, insieme a Per Nilsson,
Industry market manager, svoltiamo sull’elettrico.
ePto: ci può spiegare come si elettrifica una presa
di forza elettrica?
«Si è abituati alla presa di forza idraulica, alla
presa di forza meccanica per la scatola del cambio
per far girare la pompa idraulica. C’è un nuovo
modo di compiere queste operazioni: si può avere
un motore elettrico che fa girare la pompa idraulica
e una Pto elettrica alimentata da una batteria. La
catena di alimentazione ad alta tensione può essere
a batteria o con la spina, ma qui il controller sovrintende
all’intero numero di giri del motore. Se
si controlla la velocità del motore, si può pertanto
controllare la quantità di flusso idraulico producibile;
entrano quindi in gioco l’efficienza e l’opportunità
di girare alla velocità giusta, per produrre
il corretto flusso in base alla necessità di potenza
idraulica».
Del resto, potremmo dire che non si tratta di una
trasmissione elettrica, se ci si affida a un pacco
batterie e a una presa di forza idraulica...
«Forse, alla fine, avremo un veicolo completamente
elettrico, ma dobbiamo fare in modo che se si vuole
alimentare una scala dei vigili del fuoco, un’autobetoniera
o un braccio di pompaggio del cemento,
sia necessaria l’energia idraulica per farlo. Quindi,
è necessaria un’alimentazione idraulica basata sulla
capacità della batteria, sull’alimentazione della
batteria, sul controller del motore e sul motore
stesso. Questo è il primo passo, il secondo è che
abbiamo bisogno di applicazioni per tutti i tipi di
macchine edili. Questo sistema è scalabile da 50 a
500 chilowatt di potenza».
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Zivan-Delta-q. Zapi Group al ConExpo
DUE PER UNO
E TUTTI...
Per l’elettrificazione, il refrain più in voga. La forma
duale si riferisce a Zivan e a Delta-Q, che convergono
nel comune denominatore di Zapi Group, che delle
applicazioni elettriche ha fatto la propria bandiera,
sin dall’atto fondativo. Le due aziende, che hanno
esposto in forma congiunta, coprono rispettivamente
il segmento dell’alta e quello della bassa tensione
la ricarica di tutti i tipi di batterie. Negli ultimi
anni abbiamo incontrato un notevole successo sia
con i nostri prodotti on-board che off-board, in
particolare nel construction. Anche gli sviluppi
futuri sono particolarmente orientati alle esigenze
di questo mercato. Ultimamente, anche negli
Stati Uniti, vediamo una forte spinta all’elettrificazione.
Abbiamo la fortuna di lavorare con i
principali Oem e sicuramente sono stimolati a
livello legislativo (il più volte citato Inflation
Act, ndr) e dalle iniziative locali di alcuni Stati,
che vogliono adeguarsi agli standard Cec per
l’efficienza energetica, concepiti in California.
È l’orientamento pure dei costruttori di altre regioni,
per esempio l’Asia, che esportano negli
Usa. Abbiamo soluzioni pensate per il mercato
nordamericano, quindi con tutte le certificazioni
necessarie».
Passiamo a Delta-Q, il “cavallo di Troia” che ha
consentito a Zapi Group di attecchire proprio in
Nordamerica. Anche Delta-Q sviluppa caricabatterie,
a voltaggi più bassi della consorella Zivan,
e primeggia nei caricabatterie di bordo. «Siamo
forti in molti mercati, ad esempio nel settore dei
golf cart (i caddy, per intenderci, ndr)» è la premessa
di Mourad Chergui, senior product manager,
«ai quali l’azienda fornisce circa il 90% dei
caricabatterie a livello globale. Siamo specializzati
in caricabatterie per applicazioni di mobilità
elettrica, sia industriali che stradali. Inoltre,
ci occupiamo di applicazioni come le cosiddette
Mewp (piattaforme di lavoro mobili elevate), atterra
Risale appena al mese di marzo di quest’anno
la pubblicazione dell’intervista a Claes
Avasjö, Executive Director of Global Sales
and Marketing di Zapi, presso Zapi Group. A Las
Vegas abbiamo avuto l’opportunità di sondare il
“sentiment” di Zapi Group nel territorio americano.
Un’intervista duale, fatta a Zivan e a Delta-Q.
Cominciamo da Zivan, come la casa madre nella
bassa reggiana, che nel contesto di Zapi Group
interpreta il ruolo della decana dei carica batterie
(dal 1985), con sensibili competenze sugli alti
voltaggi. «Per Zivan il construction è un mercato
chiave: sviluppiamo e produciamo caricabatterie
da 350 watt fino a 36 chilowatt su un ampio
range di tensioni di funzionamento, soluzioni di
tutti i tipi adatte in particolare a questo mercato,
con caratteristiche chiave quali la robustezza, il
livello di protezione elevato, la resistenza alle vibrazioni»,
ci ha detto Davide Striker, vicedirettore
operativo. «Sono prodotti disegnati tenendo
in considerazione le richieste specifiche, come
lavorare in condizioni ambientali difficili, spesso
outdoor; ad esempio, l’ultima generazione di
caricabatterie fa le ricariche in DC. Nel portafoglio
dei costruttori di macchine elettriche vediamo
che il caricabatterie è on-board, integrato
nella macchina, per la ricarica standard in AC,
tipicamente in 6-8 ore (ricarica standard), e poi
ha un’opzione di ricarica veloce (fast charge), in
20 minuti, durante la pausa».
Dal prossimo contributo emerge chiaramente la
stella polare dei produttori di componentistica,
latente nell’era delle applicazioni meccaniche,
più che mai manifesta nella parabola ascendente
dell’elettrificazione. «Siamo in grado di fornire
un portafoglio completo e di proporci come unico
fornitore. Teniamo presente che Zivan nasce
brevettando il primo caricabatterie ad alta frequenza,
all’inizio degli anni ’80, quindi siamo
stati pionieri di questa tecnologia, che possiamo
definire mainstream in questo momento, e abbiamo
una trentennale esperienza sul mercato per
trezzature per la movimentazione, come carrelli
elevatori o transpallet, e per il movimento terra,
come escavatori, pale, mezzi di trasporto. L’azienda
opera, dunque, in diversi ambiti ed è uno
dei maggiori fornitori di caricabatterie, soprattutto
a bassa tensione, sotto i 120 volt. L’industria
deve affrontare un grande oceano per elettrificare
le macchine tradizionalmente alimentate
a diesel. L’elettrificazione è molto più forte in
Europa, ma oggi ci sono molte indicazioni che
provengono dal Nord America, grazie allo stato
della California, dove per le macchine edili
sono stati istituiti molti voucher per favorire il
passaggio alle emissioni zero. Inoltre, ci sono diversi
governi federali statunitensi che forniscono
incentivi per spingere l’elettrificazione: il denaro
c’è, manca la legislazione. Ora, con l’Inflation
Act, si sta cercando di capire come spendere il
denaro e questo avrà un immenso impatto sui
veicoli a emissioni zero. Stiamo parlando con la
maggior parte dei grandi Oem del Nord America
e tutti hanno un programma di elettrificazione».
Procedendo verso l’elettrificazione, cosa cambierà
nel vostro portafoglio prodotti?
«La nostra azienda è attiva da oltre 20 anni nella
costruzione di diversi tipi di caricabatterie.
Negli ultimi anni abbiamo avuto successo con
caricabatterie più piccoli, fino a 1,2 chilowatt,
tipicamente a bassa tensione (48 volt, 24 volt) e ci
siamo concentrati su applicazioni industriali elettriche.
Negli ultimi anni l’attenzione si è orientata
sulla bassa tensione; quello che sta cambiando
ora, è che le macchine da cantiere sono molto
più grandi e hanno bisogno di un pacco batterie
adeguato, rendendo necessario un caricabatterie
più grande e rapido. Anche le tensioni stanno aumentando,
non si vedono più 48 Volt e si arriva a
400 e 800 Volt. Questa è la trasformazione a cui
abbiamo assistito negli ultimi due anni: c’è una
maggiore richiesta di questo tipo di caricabatterie.
L’anno scorso abbiamo annunciato (ed è ora
in piena produzione) l’XV300: è un caricabatterie
da 3,3 kW, disponibile a 48 o 96 Volt. Fornisce
3,3 kW e un convertitore DC-DC dalla batteria di
trazione per fornire 12 volt ai carichi ausiliari del
veicolo. Questa è un’altra trasformazione: molte
di queste applicazioni elettrificate utilizzano le
stazioni di ricarica EV come fonte di alimentazione.
Eravamo soliti collegare le macchine più
piccole direttamente alla presa a muro, ma con
queste macchine la potenza è di gran lunga maggiore
e molte di esse devono essere caricate in un
ambiente esterno, esposte alle intemperie; quindi,
la soluzione migliore è collegarsi alla rete elettrica.
Abbiamo sviluppato l’XV300 per soddisfare
questa esigenza; lo chiamiamo “3 in 1” perché
è un caricabatterie, un convertitore DC e un’interfaccia
per la stazione di ricarica in un unico
pacchetto. Se si desidera una potenza maggiore, i
caricabatterie possono essere messi in parallelo,
in modo da avere fino a 10 kW di carica a bordo
di questo tipo di veicoli».
Due contributi
da parte di Zapi
Group. Più a
sinistra, il sistema
siglato XV3300 di
Delta-Q, sia per
chimiche al litio
che al piombo;
a seguire, qui
a fianco, un
caricabatterie
di Zivan.
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cat - Perkins. CONEXPO
“2 GUST IS
MEGL CHE 1”
Stefano Accorsi ha trovato il trampolino di lancio in
quello spot, risalente al 1994. Tralasciando l’inglese
maccheronico, calza alla perfezione per il lancio del
12,9 litri, che suggella la cooperazione tra le ingegnerie
di Caterpillar e di Perkins. Un 6 cilindri che si arrampica
sulle vette prestazionali e su quelle altimetriche (12mila
piedi) e rilancia le quotazioni dell’endotermico
Terra
Caterpillar e Perkins stanno marciando a braccetto
verso l’agognato obiettivo comune. A Las
Vegas abbiamo visto la traduzione di questo
sforzo sia in forma di endotermico che di macchine
elettriche. Cominciamo da Cat e dal 12,7 litri di nuovo
conio. Abbiamo raccolto informazioni allo stand,
chiacchierando con alcuni addetti, dopo il discorso di
presentazione di David Nicoll, Vice President di Cat.
«Sono entrati nel vivo i test sul campo e le versioni
pilota saranno disponibili nel 2025. La commercializzazione
partirà nel 2026. Siamo disponibili fin da
ora a collaborare alla progettazione sulle macchine.
Vorrei soffermarmi per qualche minuto su alcuni
vantaggi del C13D. La densità di potenza, alla massima
potenza nominale, comporta un aumento del
10% rispetto all’attuale C18 mono-turbo. Parliamo
di emissioni, un aspetto molto importante nell’offhighway:
siamo pronti per Tier 4 Final, Stage V e
China IV. Offriremo il C13D a livello globale».
Ora passiamo alla narrazione in presa diretta, consultando
chi di dovere agli stand.
Cosa ci raccontate del post-trattamento?
«Il pacchetto Cctv comprende un post-trattamento
montato internamente e un’unità di potenza industriale
che include radiatore, volano e alternatore
preassemblati. Questo motore è in grado di funzionare
fino a circa 3.700 metri, il doppio dell’altezza
dell’attuale 13 litri, con temperature da +60° a -5°.
Come la maggior parte dei motori Cat, il C13D può
utilizzare biodiesel B20 e Hvo al 100%. Dal punto
di vista dell’architettura, è in grado di adattarsi
agli sviluppi futuri dei combustibili: idrogeno e
gas naturale. E il rumore? Lo abbiamo ridotto di
3 decibel. Il C13D consuma il 10% in meno ed è
il motore più efficiente che Caterpillar abbia mai
sviluppato. Dal punto di vista della manutenzione,
abbiamo esteso gli intervalli di manutenzione
a 1.000 ore».
Si tratta dello stesso monoblocco del precedente
13 litri?
«Il monoblocco è nuovo di zecca, con alesaggio e
corsa inediti (130 x 162 mm). Tutto è diverso dal
precedente C13: dai bulloni di superficie ad alcuni
accessori dell’alternatore e altro ancora. La potenza
è compresa tra 340 e 515 kW. Ciò significa
che questo motore è competitivo con le potenze dei
nostri attuali C13B, C15 e C18 a turbo singolo».
Cosa è cambiato per ottenere una maggiore densità
di potenza: turbo? iniezione?
«Sì, tutte queste cose. Si tratta di un sistema common
rail, con rapporto di compressione di 18:1.
Il blocco centrale del motore è stato disegnato da
foglio bianco, costruito per essere duraturo».
Come si presenta il modulo di post-trattamento?
«È lo stesso concetto del precedente motore, quindi
si tratta di un sistema Doc-Dpf-Scr. L’elemento
di novità è la tecnologia Toc, all’interno del sistema.
Con il miglioramento dell’efficienza, grazie al
software e ai sistemi elettronici, siamo in grado di
dimensionarlo in modo adeguato alle potenze che
vogliamo raggiungere e di comprimerlo il più possibile;
quindi, abbiamo innestato il Doc sul Dpf».
E il controllo delle vibrazioni?
«Contiamo fino a tre dB di riduzione del rumore tra
motore e motore, senza la ventola e stiamo valutando
altre soluzioni per ridurre ulteriormente il rumore
in presenza della ventola. In questo motore il
treno di ingranaggi è posteriore, abbiamo spostato
tutti i componenti rumorosi nella parte posteriore.
È lì che si trovano i momenti di inerzia e i componenti
che tradizionalmente producono rumore, che
abbiamo smorzato. La pompa del carburante ad
alta pressione è ora molto più silenziosa».
In cosa si differenziano il 12,9 Perkins e di Cat?
«I prodotti saranno molto simili, ma c’è tutta una
questione a valle, a partire dalla rete di concessionari.
In fiera abbiamo dei concessionari molto
preparati che stanno già facendo formazione su
questo motore».
Alla domanda se i motori Caterpillar sono orientati
al fabbisogno captive e i Perkins più adatti al free
market, la risposta è stata laconica: «Sì». L’abbiamo
chiamato in causa e, di conseguenza, gli concediamo
il diritto di rettifica e integrazione.
Ci confermate, anche nell’enclave di Perkins, che
siete più orientati al mercato dei motori sciolti e
Caterpillar alle applicazioni domestiche?
«Perkins è effettivamente orientata al mercato libero.
Collaboriamo con gli Oem attraverso un team dedicato
di ingegnerizzazione. Non consideriamo solo il
termico, anche sistemi ibridi e a batteria, per capire
cosa funzioni meglio per alimentare la macchina.
Stiamo interagendo con i nostri clienti per sviluppare
le soluzioni di cui hanno bisogno e il 2606 fa
parte di questo percorso. È un motore da 340 kW,
che arriva fino a 515. Se lo si confronta con gli altri
modelli, copre la gamma di potenza di tre dei nostri
motori. Abbiamo semplificato alcune cose, il posttrattamento
è più compatto, le dimensioni sono leggermente
diverse da quelle del 2406, paragonabili a
quelle del 2506 o del 2806: si tratta di un pacchetto
di dimensioni molto più ridotte per gli installatori,
che usufruiscono di una potenza elevata e di un buon
funzionamento ai bassi regimi».
Avete cambiato anche il sistema di raffreddamento
e la ventola?
«Per quanto riguarda il sistema di raffreddamento,
abbiamo cambiato il modo di gestire i fluidi: una
sola unità controlla tutti i fluidi motore, riducendo
al minimo le connessioni per minimizzare i punti
in cui si potevano verificare delle perdite. Abbiamo
quindi creato un collegamento più affidabile».
Parliamo di ibridi.
«Si tratta della piattaforma 904, accoppiata a un
gruppo motore-generatore da 20 chilowatt e alla
trasmissione PG115, che fa parte della gamma Perkins,
collegata a una batteria (5,2 kWh e 48 Volt).
È la prosecuzione del percorso intrapreso, in piena
continuità. L’abbiamo inizialmente assemblata per
un cliente specifico, ma la stiamo mostrando ad altri.
La particolarità è nel modulo di controllo del
motore; ne abbiamo solamente uno, quindi l’Ecm
controlla il motore, il motogeneratore, la batteria
e la trasmissione, utilizzando un controllo software
basato su un modello in tempo reale per ottimizzare
il sistema ed esaminare il flusso di energia,
per renderlo il più efficiente possibile. Possiamo
effettivamente fornire una soluzione completa di powertrain,
che si tratti di un motore a combustione
interna alimentato con un carburante a bassa intensità
di carbonio, come l’Hvo, di un sistema completamente
elettrico, o di una combinazione dei due».
Si riferisce a un’applicazione specifica, come il
sollevatore telescopico?
«Questa soluzione proviene dai sollevatori telescopici
e dalle terne, ed è utilizzata su alcune pale
in produzione. Abbiamo annunciato una serie di
progetti che riguardano i combustibili alternativi,
anche in sinergia con partner industriali e universitari,
tra cui l’idrogeno, e l’ammoniaca, per le applicazioni
marine, ma il sistema esposto al ConExpo
utilizza l’Hvo. Ci sono cose che possiamo fare oggi,
cose che potremo fare domani e possiamo anche
guardare più in là, al futuro prossimo».
LA VOCE
DI CAT
«I costruttori e
i proprietari di
macchine offhighway
si trovano
ad affrontare
un ambiente di
lavoro che richiede
una maggiore
produttività dei
cantieri e una
riduzione dei
costi di esercizio,
rispettando al
contempo norme
sempre più severe
in materia di
emissioni», ha
dichiarato Steve
Ferguson, Senior
Vice President
Caterpillar
Industrial Power
Systems. «I motori
a combustione
interna sono i
cavalli di battaglia
nella maggior parte
dei cantieri di tutto
il mondo, ed è
per questo che
abbiamo investito
nella piattaforma
di motori diesel
Cat C13D di nuova
generazione per
affrontare le loro
sfide».
26
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CUMMINS. CONEXPO
NON È
SOLO UN
IMPERATIVO
Accelera si colloca nella divisione New Power,
condensa e razionalizza le attività di Cummins legate
all’idrogeno. Le declinazioni di questo paradigma
finalmente emergente (compatibilmente alle pastoie
legate a infrastruttura, costi e sicurezza) per Cummins
sono enciclpediche: fuel cell, termico, elettrolizzatori.
Ci trovate l’intera filiera, dalla produzione al consumo
terra
Accelera, dopo Las Vegas, non sarà più inteso
solamente come la terza persona singolare
del presente indicativo del verbo accelerare.
Il significato di Accelera, nel dizionario Cummins,
è espresso dalle parole di Antonio Leitao, VP Off-
Highway Engine Business: «La nostra strategia è
concentrarci sull’intera catena del valore dell’idrogeno
per promuovere la sostenibilità e consentire
un’adozione più rapida». Al ConExpo è
stato Steve Nendick, Marketing Communications
Director, ad approfondire il tema.
«Il nome Accelera è stato scelto dalla nostra divisione
New Power come parte del rilancio del
marchio. Cummins è sinonimo del nostro motore
rosso e chi è impegnato nella divisione New Power
ambisce a una specifica personalità, riferibile ai
prodotti che stanno sviluppando. La richiesta di
prototipi è poi così alta che non possiamo fare
tutto da soli. Dobbiamo creare partnership e costruire
un’economia di scala, perché se cerchiamo
di fare 5.000 prototipi, non disponiamo di materiale
e ingegneri a sufficienza. Per queste ragioni,
Accelera rappresenta una scelta strategica».
Qual è il tassello mancante che Accelera riempirà
nel mosaico Cummins?
«Abbiamo preso atto che nel novero dei prodotti
offerti ci sono delle opportunità separate da
quelle legate al marchio Cummins. Del resto,
tanti clienti di Cummins utilizzeranno i prodotti
di Accelera. Se consideriamo le attività relative
agli elettrolizzatori che abbiamo incorporato
tramite l’acquisizione di Hydrogenics in Canada,
queste attività non sono assolutamente collegate
a Cummins. Uno dei motivi per cui ci troviamo
qui, al ConExpo, e per cui abbiamo scelto il tema
della “destinazione zero”, riguarda il dibattito su
quale sia la soluzione giusta per l’off-highway
del futuro. C’è molta confusione in merito e percepiamo
tanta preoccupazione. Quello che cerchiamo
di dire è: “Ehi, signor cliente Oem, noi
abbiamo una soluzione, qualunque direzione si
voglia prendere, e stiamo costruendo una scala
di competenze e un’esperienza in materia. Abbiamo
inserito questi linguaggi in una pluralità
di tipologie di macchine, e l’abbiamo fatto più
di chiunque altro, il che ci ha consentito di maturare
un’enorme esperienza e forse possiamo
aiutarvi a trovare la soluzione giusta per la vostra
macchina in base al ciclo dello specifico ambiente
operativo”. In seguito all’acquisizione di
Meritor, possiamo ampliare l’ambito di fornitura
con più elementi, mentre per chi ne desiderasse
solo una parte possiamo comunque svolgere il
ruolo di consulenti per l’installazione e l’implementazione».
Qual è il punto di vista o le sensazioni di Cummins
riguardo all’Inflation Act?
«In questo momento la sfida è nell’assenza del
Tier 5. Cosa può motivare gli operatori a muoversi,
a meno che non sopraggiunga qualche regolamento?
Ai clienti ripetiamo che esiste una
reale opportunità di migliorare la loro flotta e
di portarla allo Stage V-Tier 4 Final, utilizzando,
per esempio, l’Hvo, il biodiesel B20, la tecnologia
“start&stop”, su alcuni motori, e intervalli
di manutenzione prolungati. Abbiamo esposto il
nostro motore agnostico con l’idrogeno al centro.
Riteniamo si presti in particolare modo all’offhighway.
Se avete un motore a combustione interna,
disponete dunque di una tecnologia che
conoscete e di cui vi fidate, oltre che di un canale
di assistenza che funziona e sa come gestirla. Si
tratta di un enorme vantaggio per la riduzione
delle emissioni di carbonio, pur utilizzando una
tecnologia con cui gli operatori si sentono a proprio
agio. Per quanto riguarda l’essere agnostici,
quello che cerchiamo di dire è che la parte rossa,
dalla testata in giù, è la stessa, indipendentemente
dal carburante che si decide di utilizzare, che
consente coerenza nell’installazione agli Oem. Il
blocco si inserisce esattamente nello stesso posto,
l’unico aspetto sul quale dobbiamo intervenire è
l’alimentazione. Il design delle nostre testate per
gas naturale e idrogeno è stato completamente
adattato. I nostri ingegneri si adoperano anche
per massimizzare la potenza e la disponibilità di
coppia, concentrandosi molto sul modo in cui
massimizzare la potenzialità di questi prodotti,
indipendentemente dal carburante utilizzato».
Qual è il modo per essere competitivi nel campo
dell’elettrificazione?
«La parte più difficile di questo lavoro è capire
come le tecnologie in questione si applicano alle
diverse macchine. La batteria che abbiamo esposto
in questa sede è lunga e stretta, probabilmente
più adatta ad applicazioni come i trattori portuali.
La stiamo progettando in modo modulare per
inserirla al meglio nel vano motore. Cerchiamo
cioè di sviluppare una batteria modulare in modo
da poterla adattare al contesto della macchina».
Cummins fornirà in tempi brevi un gruppo propulsore
completamente elettrico?
«Disponiamo degli assali elettrici Meritor, dei
motori Siemens e delle competenze nelle batterie.
Meritor è in possesso anche del sistema Pcas
(Power control and accessory system), un’intelligenza
artificiale che assomiglia a un motore;
stiamo sviluppando questo sistema in modo da
fornire una catena cinematica completa. Per
Accelera abbiamo esposto un’unità di comando
elettrica, per Meritor, l’Acdu, che permette di
utilizzare l’energia della batteria e riconvertirla
in energia meccanica per sfruttarla su varie
macchine, tipicamente off-highway. Naturalmente
abbiamo portato anche gli assali elettrici, una
batteria da 95 chilowatt, una cella a combustibile
da 150 kW che può essere impilata, in modo
da erogare 300 kW. Inizialmente la sfida con le
celle a combustibile nel settore off-highway è
stata con le vibrazioni e la polvere. Il problema
delle celle a combustibile è che hanno bisogno
di idrogeno di alta qualità, mentre il motore a
idrogeno può funzionare con differenti livelli di
qualità del combustibile. È quasi come se il nostro
motore a idrogeno fosse il primo passo per
costruire l’infrastruttura. Esponiamo anche uno
stack di elettrolizzatori, parte di un elettrolizzatore
più grande. Abbiamo acquistato Hydrogenics
essenzialmente per la capacità di produrre celle
a combustibile, ma abbiamo capito che potevamo
guadagnare bene anche con l’elettrolisi. Non
possiamo produrre abbastanza elettrolizzatori,
perché stiamo vendendo tutti quelli che riusciamo
a costruire in questo momento, ma abbiamo
uno stabilimento in Canada, uno in Belgio ed
una nuova sede produttiva in Spagna. Seguendo
la strategia di Cummins, ora siamo parte attiva
nella produzione di carburante, non solamente
dell’utilizzo dello stesso, possiamo quindi sviluppare
elettrolizzatori per produrre idrogeno verde
per le celle a combustibile o gli endotermici.
Possiamo avvalerci anche della joint venture
con un’azienda olandese, chiamata Nproxx, per
lo stoccaggio dell’idrogeno, fornendo consulenza
ai clienti per le celle a combustibile. È un grande
passo per noi: non ci occupiamo solo dell’uso del
carburante, ma dell’intera catena».
E i nostri “cari vecchi” motori diesel?
«Abbiamo la nuova generazione Stage V da 15
litri, con un design nuovo di zecca, una struttura
pulita, più compatta e leggera, con potenza e
coppia superiori. Abbiamo lanciato questo motore
per il China Stage IV, ed è già in circolazione
in Cina. Probabilmente non uscirà in Nord America
prima dello Stage VI-Tier 5, a meno di una
forte richiesta da parte dei clienti».
Accelera sarà
il trampolino,
il volano e il
vettore della
implementazione
dell’idrogeno.
La paternità
onomastica
appartiene alla
divisione New
Power.
28
29

HYUNDAI. CONEXPO
ANTOLOGIA
DEL
DOMANI
Una prova muscolare, quella di Hyundai
Doosan Infracore, che ha sublimato
l’epifania del nuovo marchio, in seguito
all’acquisizione da parte di Hyundai,
mettendo in mostra un repertorio più
che esaustivo. Sul fronte endotermico,
potenziati i G2 e annunciati un 5 e un 7,5
litri. L’e-powerpack soddisfa le istanze
di elettrificazione, parziali o totali, l’X12
alimenta un 11,1 litri con l’idrogeno
Terra
È
ufficiale: dopo il passaggio di Doosan Infracore
sotto le insegne di Hyundai, la semplificazione
onomastica è alle porte. Il marchio, del
resto, non richiede presentazioni. Di carne al fuoco,
in Corea, ce n’è veramente tanta, quindi meglio trasferirsi
all’angolo presidiato da Hyundai DI, senza
passare per il via. Ci hanno risposto Hyungtaek
Lim, head of sales department, e Dockoon Yoo,
head of future power system development team.
Cosa potete dirci in merito alla vostra presenza
qui, per quanto riguarda il mercato nordamericano?
Quali sono le novità che svelate al ConExpo?
«In prima battuta, vorrei fornire una panoramica
della nostra gamma di motori. Quest’anno siamo
passati dal marchio Doosan a quello di Hyundai.
Riteniamo che il ConExpo sia la sede giusta per mostrare
la nostra gamma al completo, dai motori a
combustione interna ai propulsori del futuro, per cui
abbiamo impostato la nostra prospettiva nel modo
che mi appresto a spiegare. La nostra futura powertrain
si compone di tre diversi elementi. Il primo è
il powerpack, adatto agli escavatori industriali di
piccole dimensioni, il secondo è costituito dai motori
ibridi. L’ultimo gruppo propulsivo è il motore a
combustione interna alimentato a idrogeno, di medie
dimensioni, ed è quello che presentiamo qui, con una
cilindrata di 11 litri, per applicazioni su veicoli commerciali
e su gruppi elettrogeni. Anche se il mercato
dei motori a combustione interna è destinato a persistere,
almeno per qualche tempo, riteniamo che la
ricerca applicata alla attuale catena cinematica sia
ancora nelle fasi iniziali.
Per questo motivo, oltre alle tre future linee di propulsori,
abbiamo annunciato anche la gamma di
motori a combustione interna di prossima generazione,
a partire dagli attuali compatti, la Serie G2.
Ci sono tre diverse linee di motori diesel da 1,8, 2,4
e 3,4 litri, che abbiamo potenziato, tenendo conto
di tutte le normative mondiali sulle emissioni. C’è
poi un 2,6 litri, ad esempio, adatto alle normative
cinesi, entrate in vigore nel dicembre del 2022. Stiamo
sviluppando un motore meccanico da 1,9 litri,
pure esso concepito per il mercato cinese». Adesso
arrivano le primizie più eclatanti, pronte a sbocciare
a breve. «Abbiamo disegnato completamente da
zero un motore elettronico con cilindrate di 5 e 7,5
litri. Il nostro obiettivo è sia il bacino Stage V che
quello China V. Vediamo due strategie per affrontare
questo lungo viaggio. Ragionando in prospettiva,
il mercato premierà un approccio multi-tasking e
non ci sarà una soluzione vincente. Forse le cose
cambieranno nel 2040 o nel 2050, ma fino ad allora
dovremo sostenere il nostro business motoristico ed
è per questo che stiamo sviluppando due strategie
diverse per il motore a combustione interna e per la
fabbrica del futuro».
Dal mio punto di vista, l’elettrificazione costituisce
uno sviluppo importante per le macchine al
di sotto dei 56 chilowatt, mentre l’ibridazione è
una buona strategia per le applicazioni di piccole e
medie dimensioni e per alimentare macchine fino a
100 kW. Probabilmente l’endotermico a idrogeno
o, ancora, i motori diesel potrebbero essere la soluzione
giusta ancora per un decennio o forse più.
«È molto difficile stimare l’andamento del mercato.
Ci sono molti produttori di motori che hanno annunciato
la loro prossima linea motoristica, ma non
sono tanti quelli che introducono questa complesso
approccio motoristico. Alcuni costruttori presentano
il loro pacco batterie, altri le soluzioni a idrogeno.
Noi esponiamo un pacco batterie, un ibrido completo
e un motore a combustione interna a idrogeno
“full hybrid”. Queste tre diverse linee, espressione
dei propulsori del futuro, hanno un proprio specifico
obiettivo, conformi alle richieste del mercato».
Considerando le competenze coreane sull’elettrificazione,
suppongo che se non spingete troppo
sull’elettrificazione è perché è troppo presto per
spingere in questa direzione.
«I clienti richiedono soluzioni di decarbonizzazione,
che possono essere elettriche o a idrogeno. Stiamo
facendo tutto il possibile per fornire la soluzione più
adatta, compreso il motore a combustione, persino
a ciclo diesel».
Anche l’elettronica è prodotta da Hyundai?
«La centralina, l’iniettore e il sistema di combustione
sono sviluppati da Bosch. Il software che controlla
il sistema ibrido è invece sviluppato internamente
da Hyundai. Possiamo fornire il sistema completo,
il motore e i componenti elettrificati. Hyundai ha ingegnerizzato
anche il pacco batterie, noi disponiamo
della tecnologia del motore e del sistema elettrificato.
Siamo quindi in grado di fornire ai nostri clienti
una combinazione tecnologica che comprende il
pacco batterie. Stiamo parlando di batterie agli litio
ioni-litio da 48 Volt, per le applicazioni più piccole,
30
31

fino a una proposta da 360 Volt per le macchine più
grandi. Il modulo base è da 5 kWh, con moduli da 8
e 10 kWh possiamo fornire un pacco batterie da 20
kWh, per i piccoli escavatori e altre piccole applicazioni
in ambito urbano. Tuttavia, le applicazioni
più esigenti necessitano di un’enorme quantità di
energia, che implica un volume eccessivo del pacco
batterie, poiché l’energia richiesta è veramente
tanta, per soddisfare un funzionamento prolungato.
Per questi motivi, abbiamo adattato il nostro motore
a combustione interna all’idrogeno. Con una cilindrata
di 11 litri, il motore base è un’unità diesel e
gas, che abbiamo convertito in idrogeno. Eroga 300
chilowatt e 1.700 Newtonmetro ed è adattabile ai
veicoli commerciali, agli autocarri e agli autobus,
ma anche agli escavatori (di circa 30 e 34 tonnellate)
e altre macchine per il movimento terra. Si presta
anche per i gruppi elettrogeni».
E a proposito dell’iniezione?
«Il nostro sistema a idrogeno funziona con l’iniezione
indiretta. Si tratta di una tecnologia di iniezione
sviluppata da un fornitore, che al momento non è
pronto a fornirci una tipologia di iniezione diretta.
Tutti i produttori di motori, almeno nella prima
fase, si orientano in questa direzione e sviluppano
parallelamente l’iniezione diretta. Certamente anche
noi abbiamo in programma lo sviluppo dell’iniezione
diretta. Questo è il primo prototipo, testato sul
banco di prova del motore, stiamo lavorando sulle
Nella teca trovate
le anticipazioni in
scala modellistica
del DX5 e del DX8,
che usciranno dalle
linee di produzione
a partire dal
prossimo anno.
Hyundai continua
a investire nel
potenziamento
dell’offerta di
endotermici (vedi il
potenziamento dei
compatti G2), con
la segmentazione
del listino; è il caso
del 5 e del 7,5 litri.
Terra
Se il buongiorno si vede dal mattino
Che si discuta dell’ultimo quarto
del 2022 o dell’intero anno solare,
per Hyundai Doosan Infracore
non cambia un granché. Perché,
comunque, i risultati sono brillanti.
Tradotto in cifre, lo scorso anno
il fatturato ammonta a 4,75 trilioni
di won coreani (10.000 Krw sono
equivalenti a 6,75 euro, al 27
aprile) con un utile operativo di
332,5 miliardi di Krw. Si tratta di
un aumento del 3,5% del fatturato
e del 25,7% dell’utile operativo
rispetto al 2021.
Se si considera solo il
quarto trimestre, i ricavi
sono aumentati del 19,4%
rispetto all’anno precedente,
registrando 1,23 trilioni di
Krw, mentre l’utile operativo
è aumentato del 461,8%
rispetto all’anno precedente,
registrando 66,4 KRW, con
un picco di performance. La
buona performance di Hyundai
Doosan Infracore nel 2022
è dovuta principalmente alla
forte domanda di attrezzature
per il comparto del movimento
terra e dell’edilizia, dovuta
agli investimenti governativi
nelle infrastrutture. Secondo
le valutazioni di Hyundai DI,
la strategia dell’azienda di
aumentare i prezzi di vendita e
di offrire un migliore mix di linee
per regione e prodotto è stata
considerata un fattore importante
per il miglioramento della
redditività.
Dalla Corea segnalano anche
il forte progresso nel settore
dei motori. Grazie all’aumento
della domanda di macchine
per l’edilizia e alla ripresa della
domanda di generatori e motori
per macchine off-highway di
piccole dimensioni, il settore
dei motori ha registrato un utile
operativo di 125,6 miliardi di Krw,
con un aumento del 164,7%
rispetto all’anno precedente.
I mercati nazionali ed emergenti
hanno registrato un aumento dei
ricavi del 14,6% rispetto all’anno
precedente, con un aumento
delle vendite di attrezzature
per l’estrazione di minerali di
grandi dimensioni che hanno
contribuito al rafforzamento della
redditività. Mentre la domanda
di infrastrutture e di noleggio
è continuata anche nei Paesi
sviluppati come il Nord America
e l’Europa, gli sforzi dell’azienda
per espandere la rete di vendita
hanno contribuito all’aumento dei
ricavi del 24,1% su base annua.
Sebbene il mercato cinese fosse
stagnante, nel quarto trimestre
ha registrato una ripresa grazie
all’effetto base e alla crescita
degli ordini di attrezzature
ecologiche.
Il fatturato ha registrato un
aumento del 6,7% rispetto
all’anno precedente.
Le prospettive di rendimento
sono rosee anche per il 2023,
poiché si prevede che gli
investimenti in infrastrutture
aumenteranno a livello globale
per stimolare l’economia e la
domanda di minerali e materie
prime da estrazione è sempre
forte. Hyundai DI prevede di
migliorare gli utili grazie al lancio
di nuovi prodotti e all’espansione
della rete di vendita. Di
conseguenza, prevede un
fatturato di 5.200 miliardi di Krw
nel 2023, che sarà il primo a
superare i 5.000 miliardi di Krw.
prestazioni e sulle normative sulle emissioni e poi,
alla fine di quest’anno, forniremo veicoli commerciali,
camion e autobus. Forse vedrete veicoli con
motore a combustione interna a idrogeno alla fine
di quest’anno o all’inizio del prossimo».
Cosa ci raccontate della novità del momento, il
marchio Hyundai?
«La divisione motoristica ha annunciato a tutta la
nostra rete di concessionari e ai costruttori di macchine
che il nostro marchio ufficiale è stato convertito
da Doosan a Hyundai».
Quali sono le vostre aspettative per il mercato
americano?
«Vendiamo i nostri motori in tutto il mondo, ma in
Europa esiste una sorta di fluttuazione del mercato,
che impedisce a chiunque di valutarne la variabilità.
Recentemente abbiamo notato
che il mercato nordamericano è
pronto, entusiasta e tuttora in
crescita. La divisione motoristica
ha già raggiunto il traguardo
di un miliardo di dollari, l’anno
scorso. Vediamo le nostre vendite
ancora in crescita, quindi siamo
fiduciosi di crescere quest’anno
all’incirca tra il 5% e il 7%.
Quello dei motori industriali,
compresi quelli per i gruppi
elettrogeni, è il mercato più grande del mondo ed
è per questo che abbiamo programmato di esporre
la nostra futura gamma di motori. Rappresenta
un’ottima occasione per mostrare tutte le nostre
attuali combinazioni e i futuri motori a combustione
interna e le varie powertrain disponibili. Ora,
in questo luogo, potete vedere cinque produttori di
motori che espongono motori a combustione di idrogeno
e due produttori di motori che espongono celle
a combustibile. Tutti la pensano allo stesso modo:
l’infrastruttura deve essere disponibile al più presto
e speriamo quindi di vedere cose molto positive. Diversi
costruttori hanno annunciato che non produrranno
più motori a combustione interna; noi siamo
in controtendenza e stiamo progettando due motori
completamente nuovi, disponibili nella seconda metà
del prossimo anno. È stata una decisione difficile, ma
per un paio di decenni li vediamo ancora come la
parte prevalente del mercato. Si tratta di motori diesel
a 4 e 6 cilindri, ad architettura modulare. Sono
dotati di common rail Bosch
a 2.000 bar, tecnologia turbo
a due stadi, con un turbocompressore
ad alta pressione,
che fornisce potenza
e coppia elevate. Non c’è il
ricircolo dei gas di scarico,
ma solo un post-trattamento
composto da Dpf, Doc e Scr
per lo Stage V. Il Tier 4 Final
non necessita invece del
filtro antiparticolato».
32
33

kubota. CONEXPO
ALTERNATIVI
DI BUON
SENSO
Perché l’ingegneria di Kubota non farà
mai il passo più lungo della gamba.
Ragion per cui l’aggiornamento
degli endotermici si esprime
nell’adeguamento all’elettronica
anche degli under 19 kW. Il motore a
combustione interna compare anche
nella proposta a idrogeno e in una
elettrificazione che si esprime con la
legenda del micro-ibrido: P0, P1 e P2
Foto di gruppo
Kubota allo stand.
In primo piano,
sulla sinistra, a
braccia conserte,
Daniel Grant, il
responsabile delle
attività di marketing
e comunicazione
in Europa.
terra
Facciamo un passo indietro, nell’autunno
dell’anno scorso, al Bauma di Monaco. Nella
enclave bavarese di Kubota spaziammo dai
“mini” elettronici, come il D902-K e il D1105-K,
al micro-ibrido, alla nouvelle vague della seconda
vita “idrogenata” dell’endotermico, al Diesel of the
Year 2019, il V5009. Cambiamo continente, sostanzialmente,
non la platea. Poco distanti dalla Strip di
Las Vegas, interpelliamo Daniel Grant, Manager
Marketing Intelligence, e Ko Shiozaki, Manager
Sales Promotion, BU Engine Kubota Europe. Anche
a loro, viste le premesse, chiediamo di abbozzare
un parallelismo tra il contesto americano e quello
europeo del movimento terra.
«Riteniamo che siano per lo più molto simili. Le
persone sono interessate a capire come raggiungere
la neutralità carbonica e in questi tempi sembra
che l’idrogeno sia lo spunto più interessante. Altri
stanno facendo annunci e ci sembrano interessati
a vedere a che punto siamo con lo sviluppo dei
motori a idrogeno. Stiamo procedendo e siamo in
grado di distribuire motori a idrogeno sul mercato.
L’ordine del giorno che vediamo è innanzitutto
legato alle normative, a come identificare o rendere
disponibili sul mercato i motori a idrogeno.
Il secondo punto all’ordine del giorno è legato
alle infrastrutture. Ciò significa, anche se i motori
e le applicazioni sono pronti, che ci sono ancora
problemi nel portare l’idrogeno ai cantieri.
Queste due agende stanno diventando più chiare.
Ho l’impressione che il mercato abbia iniziato ad
accettare l’idrogeno senza problemi come combustibile
per i cantieri. Questa domanda è stata
posta anche al Bauma, noi e gli altri produttori
di motori stiamo consegnando unità a idrogeno, e
personalmente ritengo che non siamo troppo lontani
dal capire quanto sia effettivamente pronto il
motore a idrogeno».
Quindi, in sostanza, la tecnologia dell’idrogeno
è pronta ma mancano le infrastrutture? Dal suo
punto di vista, quali sono le prospettive di poter
vedere i motori a idrogeno in funzione nei campi
e nei cantieri?
«Le faccio un paio di esempi. Quando abbiamo annunciato
il lancio del motore a idrogeno, eravamo
in partnership con un’azienda produttrice di generatori,
Denyo, e il loro obiettivo era di consegnare
un prototipo nel 2025. Noi, come fornitori di motori,
dobbiamo allinearci con questo piano, quindi,
per rispondere alla sua domanda, se Denyo pensa
essere pronta per il 2025, dobbiamo esserlo anche
noi. I costruttori di macchine continuano a chiedere
a Kubota di proseguire su questa strada. Registriamo
sempre più domande da parte loro, è un segnale
che il mercato sta arrivando. Vediamo anche, però,
che le infrastrutture e le normative devono essere
ancora stabilite».
Suppongo che la generazione di potenza sia la
prima applicazione della tecnologia dell’idrogeno.
«Posso anche aggiungere che i gruppi elettrogeni
sono il primo passo verso l’idrogeno perché le applicazioni
mobili richiedono spazio a bordo macchina.
Con una persona, invece, si può realizzare
un “double decker”, mettendo il gruppo elettrogeno
in cima».
E scavando un po’ di più nei dettagli?
«I principali miglioramenti riguardano l’iniezione,
la sovralimentazione e l’aggiunta dell’Egr. Il motore
a idrogeno si basa sull’attuale serie WG ad accensione
comandata che i clienti conoscono bene,
e in questa serie non utilizziamo la sovralimentazione.
Permettetemi di dire che il concetto stesso di
motore non è così unico, di per sé, ma se si guarda
alla gamma di prodotti ad accensione comandata di
oggi non abbiamo la sovralimentazione. Il motore a
idrogeno ha cambiato l’iniezione e il turbo. L’Egr
è fondamentale per ridurre gli NOx prodotti dalla
Esame di elettronica
Passato a pieni voti, peraltro.
Kubota ha esteso il controllo
elettronico al di sotto
della fatidica fascia dei 19
chilowatt. Svelato al Bauma,
il D1105-K e il fratellino,
il D902-K, consentono di
spingere sulla coppia senza
sconfinare nella fascia di
potenza che richiede il filtro
antiparticolato. Tra gli altri
vantaggi, la sforbiciata a
combustione dell’idrogeno rispetto a quella del gas.
Per ogni nuovo sviluppo, per ogni nuovo tipo di
carburante, la tecnologia deve essere applicabile
per gestire le caratteristiche di quel carburante. La
cosa più importante per noi è che quando esponiamo
al Bauma o al ConExpo o ad altre fiere, quello
che mostriamo è che il motore risulta ancora molto
familiare rispetto quello che i clienti utilizzano. In
altre parole, puntiamo a un’evoluzione delle piattaforme
motoristiche che riduca al minimo l’impatto
sulla progettazione e sull’installazione nella macchina.
Il cliente viene così a conoscenza del fatto
che abbiamo introdotto tipi di carburante alternativi,
le stesse dimensioni dello stoccaggio, lo stesso
design della macchina».
Il governo giapponese sta investendo ingenti risorse
nello sviluppo dell’idrogeno, non è vero?
«Anche l’industria sta facendo molti investimenti
consumi ed emissioni, tra
cui l’eliminazione del fumo
nero visibile anche quando
viene introdotto un carico
improvviso o all’avviamento
o all’accelerazione.
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per sviluppare le soluzioni a idrogeno. Hanno allestito
una grande nave per trasportare l’idrogeno e
stanno anche realizzando una sorta di “smart city”
per garantire il rifornimento delle auto a idrogeno.
Il governo giapponese sta concedendo sovvenzioni.
Alcune città stanno conducendo esperimenti per
costruire infrastrutture a idrogeno. Inoltre, a Osaka
è prevista l’Expo organizzata dal Bie (Bureau
International des Expositions). La città sta investendo
nella creazione di accenditori a idrogeno
per alimentare auto, camion e autobus. Forse non
sarà il carburante principale dell’esposizione, ma
sicuramente hanno posto in essere alcune azioni
per promuovere l’idrogeno come uno dei modi per
raggiungere la neutralità carbonica».
E che dire del sentimento comune nei confronti
dell’idrogeno?
terra
«I nostri clienti devono preparare la loro attività
per il futuro e devono farsi trovare pronti, dato che
molte altre industrie stanno spingendo molto rapidamente
su tecnologie e soluzioni per risolvere
alcune delle sfide che l’idrogeno presenta. Devono
inoltre tenere conto delle regole politiche, del potere
e della collaborazione a livello regionale per fare
un passo avanti nel rendere l’idrogeno disponibile
come soluzione commerciale e praticabile. Quando
i clienti ci dicono che questo è ciò che stanno considerando
per il futuro, per noi è una chiamata all’azione
per essere operativi quando i tempi saranno
maturi e l’infrastruttura disponibile. Ci sono alcune
sfide, come lo stoccaggio e la gestione in sicurezza.
Anche il mercato statunitense sta prendendo molto
sul serio l’idrogeno. Ascoltiamo i clienti, dobbiamo
avere una visione olistica, ci troviamo al ConExpo
per dimostrare che siamo un passo avanti. Abbiamo
anche ampliato la nostra gamma di moduli microibridi
e siamo lieti di presentare i nostri motori a
idrogeno. Siamo riusciti a farlo, anche se il lasso
di tempo tra il Bauma e il ConExpo era davvero
stretto, a dimostrazione del fatto che Kubota non
sta aspettando un’esposizione (aggiungiamo noi,
che non la stanno aspettando “per farsi belli”, ndr)
e che stiamo spingendo, spingendo e spingendo… Il
ConExpo è stata l’occasione perfetta per portare i
nostri motori a idrogeno nella realtà. Devo dire che
è molto eccitante che altri produttori di motori stiano
usando il ConExpo per fare qualcosa di simile».
Potreste riassumere l’evoluzione della vostra
strategia di ibridazione?
«La posizione di Kubota è molto semplice. Crediamo
che ci sia una strategia multipla alla quale
i nostri clienti possono attingere. La strategia
relativa al motore a combustione, che si concentra
sull’aumento dell’efficienza e sull’adattabilità
delle soluzioni per la tipologia di combustibile,
prevede anche una soluzione per i carburanti, in
cui stiamo cercando di promuovere la tecnologia
per ridurre l’impronta di carbonio, come Hvo, GtL
o altri carburanti sintetici. La nostra strategia di
ibridizzazione è complementare a questa filosofia.
Se alcuni clienti dipendono molto dall’ambiente in
cui opera il cliente, da quello della macchina e dal
ciclo di lavoro. I nostri clienti richiedono soluzioni
diesel-elettriche. Possiamo fornire loro un concetto
di downsizing, in cui offrire una soluzione all’insegna
della potenza, che è l’unica richiesta per l’uso
intermittente o per cicli di lavoro estemporanei o
ridotti. Quello che dimostriamo oggi è che possiamo
applicare la strategia micro-ibrida a un’intera
gamma di potenza. In mostra oggi abbiamo l’ibrido
Insieme a Denyo per l’idrogeno e la “luce”
Il 3,8 litri è una superstar del cast di Kubota.
Ha trovato una declinazione Gpl, adesso
anche a idrogeno. Come abbiamo ribadito
a più riprese, la generazione di potenza si
preannuncia come pionieristica nell’adozione
di questa tecnologia. Kubota ha trovato
una sponda fertile nei generatori portatili di
Denyo, fornendo ai connazionali il 3,8 litri per
un generatore su base diesel da 45 kVA.
Daniel Grant, Manager Marketing
Intelligence, Business Unit Engines Europe,
Kubota UK, ha dichiarato: «Sullo sfondo
della necessità di un’infrastruttura globale
per l’idrogeno, le road map tecnologiche
innovative di Kubota e le iniziative principali
per promuovere la neutralità del carbonio
dei motori per macchine industriali con
una maggiore efficienza, nonché i continui
progressi nei carburanti privi di carbonio
come l’idrogeno, la ricerca sui combustibili
P0, che punta alla categoria dei 55 chilowatt, l’ibrido
P2, che utilizza un motore a combustione da
18,5 kW combinato con un motore elettrico da 10
kW, e l’ibrido P1, che punta a una gamma di potenza
più ridotta. Anche per quanto riguarda i nodi
di potenza da 55 kW, il trasferimento di tecnologia
dal solo Dpf al Dpf-Scr comporta investimenti e
un impatto sul Tco e sulla ricerca e sviluppo. Ecco
perché le soluzioni micro-ibride possono inserirsi
molto bene in questi nodi di potenza chiave su cui
i clienti sono particolarmente concentrati, in questo
momento. L’abilità consiste nell’abbinare correttamente
le richieste di potenza reale alle soluzioni di
potenza. Stiamo investendo in modo significativo
nelle nostre capacità di test per una convalida più
corretta. Vogliamo essere il più possibile flessibili,
ma dobbiamo essere realistici e lavorare a stretto
contatto con i nostri Oem».
biologici e sintetici, sottolineano l’impegno
di Kubota verso il raggiungimento di una
sostenibilità, futuro a emissioni zero.
Attraverso la nostra tecnologia e ricerca sui
motori a combustione interna, miriamo a
dare un contributo importante alla riduzione
globale delle emissioni nocive. Gli Obiettivi
di sviluppo sostenibile, adottati dal vertice
delle Nazioni Unite nel 2015, hanno stabilito
17 obiettivi per un mondo migliore entro il
2030. Crediamo che la nostra visione per
il futuro sia in linea con tali obiettivi».
Un generatore portatile a celle a combustibile
produce energia elettrica attraverso una
reazione chimica tra idrogeno e ossigeno.
Un generatore a combustione mista di
idrogeno utilizza tecnologie per limitare le
emissioni di anidride carbonica attraverso la
combustione di idrogeno in combinazione con
altri combustibili, come diesel e gas di città.
Sopra, il V3307,
in versione micro
ibrida P0. A fianco,
la panoramica
di una sezione
dello stand.
36
37

innovazione. Siemens Xcelerator
TRANSIZIONE
“GEMELLA”
La presentazione, presso l’headquarter di Siemens
a Milano, della piattaforma Xcelerator è stata
un’occasione unica per immergersi nel metaverso
e “toccare con mano” le tecnologie in grado di
accelerare la trasformazione digitale ed energetica
automotive
38
Si è svolto presso l’headquarter di Siemens a Milano
l’evento media dedicato alla presentazione
della piattaforma Xcelerator. È stata un’occasione
unica per immergersi nelle tecnologie in grado di
accelerare la trasformazione digitale ed energetica e
creare valore per le aziende di ogni dimensione sia
nel mondo dell’industria che in quello delle infrastrutture.
Grazie alla presentazione di Floriano Masoero,
amministratore delegato di Siemens Italia e Head of
Smart Infrastructure, e di Giuliano Busetto, Head
of Digital Industries, abbiamo avuto la possibilità di
comprendere al meglio – e letteralmente di toccare
con mano – la strategia della nuova piattaforma digitale
aperta Xcelerator. In una sessione esperienziale,
abbiamo visto come la tecnologia del gemello digitale
abiliti il metaverso industriale e come le soluzioni di
gestione dell’energia siano in grado di massimizzare
l’efficientamento energetico delle infrastrutture.
Siemens Xcelerator è stata lanciata sul mercato globale
per accelerare quella che Masoero chiama “la
transizione gemella”, ovvero la trasformazione sia
energetica che digitale. La piattaforma rende infatti la
trasformazione digitale più semplice, veloce e scalabile,
poiché include un portfolio completo di hardware,
software e servizi digitali abilitati all’Internet delle
cose (IoT) di Siemens e di terze parti certificate, un
crescente ecosistema di partner e un marketplace in
evoluzione per facilitare le interazioni e le transazioni
tra clienti, partner e sviluppatori.
«Il nostro vantaggio competitivo – afferma Masoero
– deriva proprio dalla costante innovazione, che
ci consente di accelerare la penetrazione di mercato
e rafforzare l’impatto sui settori in cui operiamo,
in particolare nel mondo dell’industria, delle infrastrutture
e dei trasporti. Grazie agli investimenti in
tecnologie innovative, come l’intelligenza artificiale
e l’Internet delle Cose, diamo la possibilità alle imprese
di trasformarsi e diventare più competitive. In
uno scenario globale caratterizzato da numerose sfide,
la trasformazione digitale non solo è la chiave ma
si presenta anche come una grande opportunità per
migliorare la produttività, l’efficienza e la sicurezza.
Un futuro sostenibile si profila all’orizzonte attraverso
l’integrazione tra il mondo reale e quello digitale.
Una combinazione vincente che, grazie all’utilizzo
delle tecnologie avanzate, potrebbe aprire le porte a
soluzioni innovative e a un impatto ambientale sempre
più positivo».
«Per avere successo nel loro percorso di digitalizzazione,
le imprese hanno bisogno di qualcosa di più di
soluzioni innovative derivate dalla combinazione tra
mondo reale e digitale» prosegue Giuliano Busetto.
«Siemens Xcelerator è una piattaforma digitale aperta,
che non si compone solo del nostro portfolio completo,
ma anche di un potente ecosistema di partner e
di un marketplace per clienti, partner e sviluppatori.
Una delle aree più interessanti e importanti di questo
sviluppo tecnologico è il metaverso industriale,
una simulazione veramente accurata degli asset del
mondo reale e di interfaccia incredibilmente potente
tra il mondo reale e quello digitale. Già da più di 10
anni lavoriamo con i gemelli digitali, ma il metaverso
industriale genererà un enorme valore per le imprese
e le società».
Alcuni esempi di applicazione
Siemens e Synapses collaborano nell’ambito dell’ecosistema
aperto Siemens Xcelerator per la creazione
di smart building, ambienti dinamici in cui le persone
svolgono un ruolo centrale. Nell’ambito di questa
collaborazione, Synapses ha potenziato proprio la sua
tecnologia di punta capace di integrare sistemi di Indoor
Location e di interagire con IoT (Internet of Things)
e WoT (Web of Things). I sistemi di localizzazione
in tempo reale (Rtls) localizzano automaticamente,
all’interno di un edificio o area circoscritta, oggetti
e persone in tempo reale, dando al contempo la possibilità
di identificare le inefficienze e aumentare la
sicurezza dell’edificio. Ciò si traduce in personalizzazione
degli spazi dal punto di vista del comfort e
dell’efficienza energetica.
Epf è un’azienda italiana che si occupa dello sviluppo
di soluzioni di robotica e di automazione industriale.
Il core business è la realizzazione di impianti personalizzati
per clienti dei settori automotive, food,
toys, gadget e farmaceutico, con la missione di fornire
soluzioni flessibili e innovative che diano il miglior
tempo di ritorno dell’investimento. Grazie alla
collaborazione con Siemens, Epf ha avviato un percorso
che la sta portando dall’ideazione di soluzioni
tailor-made, progettate su misura per ogni cliente, allo
sviluppo di soluzioni-prodotto flessibili. Il risultato
della collaborazione si chiama Supata ed è un’isola
robotizzata pensata per adattarsi alle più svariate
configurazioni impiantistiche in diversi settori merceologici
industriali.
Infine Nemo’s Garden, una startup focalizzata sulla
coltivazione subacquea sostenibile di piante, ha mostrato
come l’utilizzo del gemello digitale della sua
biosfera subacquea sostenibile permetta a un piccolo
team di replicare e testare il progetto a un ritmo molto
accelerato, muovendosi più rapidamente verso l’industrializzazione
e la scala. L’innovazione chiave è una
serra subacquea in grado di sfruttare i fattori ambientali
positivi dell’oceano – stabilità della temperatura,
generazione di acqua per evaporazione, assorbimento
di CO 2
, abbondanza di ossigeno e protezione intrinseca
dai parassiti – per creare un ambiente ideale per
la coltivazione. Il ruolo di Siemens Xcelerator nel
progetto è stato fondamentale per portare avanti lo
sviluppo e prepararsi all’industrializzazione.
Con Leonardo per la cybersecurity dell’industria
Un’offerta integrata di soluzioni evolute
di cybersicurezza per le tecnologie IT/
OT (Information Technology/Operational
Technology) dedicata alle infrastrutture
industriali: questo l’obiettivo del MoU
siglato da Leonardo e Siemens Digital
Industries. L’intesa nasce in seno a una
partnership nata con lo scopo di mettere
insieme le specifiche competenze per lo
sviluppo di servizi e soluzioni finalizzati
alla protezione dell’infrastruttura IT/
OT (infrastrutture con dispositivi HW e
SW dedicati) dei siti industriali. L’ambito
principale di intervento riguarderà la
resilienza rispetto a incidenti e attacchi
cyber dei sistemi di automazione
e connettività che monitorano e
supervisionano asset, apparati e processi
delle infrastrutture critiche. Con il
crescente ricorso alla digitalizzazione, gli
impianti energetici e industriali sono infatti
sempre più interconnessi e distribuiti:
una rivoluzione che offre opportunità in
termini di competitività e sostenibilità,
ma rende necessaria una particolare
attenzione al tema della sicurezza. Un
attacco informatico ai sistemi “cyber-fisici”
delle infrastrutture critiche può avere
Da sinistra:
Floriano Masoero,
amministratore
delegato di
Siemens Italia,
Giuliano Busetto,
Head of Digital
Industries,
Domenico Mariotti
(Synapses), Franco
Filippi (Epf) e Luca
Gamberini (Nemo’s
Garden).
infatti serie ripercussioni sulla disponibilità
di servizi essenziali per i cittadini. La
collaborazione tra Leonardo e Siemens
permetterà una protezione completa:
dalla threat intelligence, per la rilevazione
delle minacce cyber alle infrastrutture
OT, alla loro protezione, tanto con servizi
di monitoraggio e gestione degli attacchi
basati sull’esperienza del Global Security
Operation Center di Leonardo, quanto
con l’integrazione sui sistemi tecnologici di
Siemens dei prodotti per la prevenzione e
la risposta agli incidenti riguardanti i singoli
dispositivi connessi (endpoint protection).
39

la vie en rose. Patrizia Barrasso
MANAGER
DELLE RISPOSTE
In Kohler da 26 anni, Patrizia Barrasso è oggi
Compliance Manager Engines nel business dei motori
a combustione interna. Si occupa del monitoraggio
del rispetto delle norme nazionali e internazionali,
della conformità di produzione e dell’applicazione
delle politiche aziendali nei processi
TERRA
Lavora in Kohler da circa 26 anni, dove ha iniziato
nel reparto Assicurazione e Controllo Qualità,
passando poi alla Direzione Tecnica dove si è
occupata di Project Management, ed infine di Regulatory
e Compliance. Patrizia Barrasso, laureata
in Ingegneria Meccanica all’Università Federico II
e successivamente in Ingegneria Gestionale ad Uni-
MoRe, è oggi Compliance Manager Engines nel business
dei motori a combustione interna. Si occupa
del monitoraggio del rispetto delle norme nazionali
e internazionali, della conformità di produzione e
dell’applicazione delle politiche aziendali nei processi.
Si ricorda il momento in cui ha scelto di studiare
ingegneria? Adesso farebbe la stessa scelta?
Università Federico II e UniMoRe (espressione
dell’eccellenza territoriale italiana nella meccanica),
cosa le hanno dato l’una e l’altra?
«Sì, ricordo benissimo il momento in cui ho deciso di
studiare ingegneria meccanica e l’ho comunicato ai
miei genitori. Non erano entusiasti della mia scelta
poiché era una facoltà tradizionalmente maschile,
quindi avrei dovuto scontrarmi con qualche pregiudizio.
Però mi hanno lasciata libera di scegliere. In
effetti la presenza femminile in facoltà era inferiore
all’1 per cento, ma ero decisa nella mia scelta. All’epoca
le specializzazioni in ingegneria erano poche
rispetto ad oggi. Cercavo una disciplina che mi permettesse
di coniugare il mio interesse per le materie
scientifiche e la passione per la meccanica. Questo
mi ha spinta a iscrivermi ad ingegneria meccanica.
Non nego però di avere una predisposizione per
la legge e il diritto che poi è tornata utile nel mio
percorso professionale. Rifarei assolutamente questa
scelta, anche se il rapporto tra donne e ambiente
Stem è un tema di discussione ancora molto attuale.
All’Università Federico II ho acquisito competenze
tecniche, capacità di analisi e un pensiero analitico
orientato alla soluzione. Quando invece studiavo
all’UniMoRe lavoravo già, e per coniugare efficacemente
lavoro e studio ho rafforzato competenze
organizzative e di orientamento al risultato, e acquisito
competenze gestionali e capacità di lavorare
all’interno di un gruppo».
Qual è il valore aggiunto di una donna nel ricoprire
un ruolo apicale in questo settore?
«Ogni individuo è diverso dall’altro e può portare
un valore unico. Certamente ci sono delle caratteristiche
intrinseche accumunabili a donne o uomini.
Sicuramente, come molte ricerche indicano, la leadership
al femminile ha dei canoni di stile parzialmente
differenti da quella maschile: è in genere più
empatica, tesa alla collaborazione, al lavoro di team,
al multitasking, a concentrarsi sul risultato privilegiando
tuttavia modalità di raggiungimento dello
stesso più inclusive. Nulla togliendo alla capacità,
che non ha genere. Queste caratteristiche rappresentano
un valore aggiunto anche in un settore in continua
evoluzione come le normative antinquinamento,
sempre più stringenti per il rischio climatico, per la
gestione di progetti in ambito legislativo internazionale,
per le relazioni con enti istituzionali e autorità
di regolamentazione internazionali».
Secondo la sua esperienza, in Italia si sente ancora
il gender gap o siamo più allineati agli standard
europei?
«Rispetto al passato ci sono stati dei miglioramenti
e oggi c’è più consapevolezza, ma questo divario è
ancora presente. Il confronto con alcuni benchmark
europei mette in evidenza il ritardo dell’Italia nella
riduzione del gap di genere. Secondo il report annuale
“Global Gender Gap Index” del 2022, in termini
di partecipazione economica e politica, salute
e livello di istruzione, l’Italia si colloca al 63esimo
posto su 146 Paesi monitorati, e 25esima su 35 Paesi
a livello europeo. Eliminare il gap globale relativo
alla partecipazione economica di uomini e donne in
Italia è sicuramente una strada in salita, ma assolutamente
necessaria. La buona notizia è che vi sono
attualmente nuove proposte di direttive al vaglio del
Parlamento Europeo per colmare questo gap. Sono
fiduciosa per il futuro, per le mie due figlie».
Lo scenario dei motori industriali sembra più
avanzato di quello delle automobili dal punto di
vista della presenza femminile. Casualità? Di cosa
è più orgogliosa del suo mandato?
«Sono comunque due mondi dove la presenza femminile
è in minoranza. Ho iniziato a lavorare qui
quando l’azienda era ancora Lombardini, ero l’unica
donna ingegnere e lo sono stata per qualche
anno. Poi con il passare degli anni e l’avvento di
Kohler nel 2007, la presenza femminile ha iniziato
a crescere. Kohler è guidata dalla filosofia operativa
Believing in Better, secondo la quale il nostro
meglio può sempre essere migliore: migliore per le
vite che tocchiamo, migliore per le nostre comunità,
e migliore per il nostro pianeta. La cultura della nostra
azienda è inclusiva. Il Codice di condotta etica
rafforza l’impegno verso l’equità e le pari opportunità
in tutti i processi e i programmi legati all’occupazione,
impegnandosi tra le altre cose a garantire
l’equità retributiva tra i sessi. Il nostro stabilimento
di Reggio Emilia abbiamo attivo da qualche anno
un programma chiamato “She, Kohler”, un’iniziativa
interamente rivolta alle studentesse e alle neolaureate
in ingegneria industriale, con l’obiettivo
principale di aumentare il numero di donne nelle
discipline Stem a diversi livelli per costruire i nostri
prossimi e diversi talenti. Per quanto mi riguarda,
sono orgogliosa di aver contribuito al successo
dell’azienda per la commercializzazione dei motori
diesel nel mercato europeo ed internazionale, dove
continui mutamenti legislativi impongono una verifica
di adattamento costante e sempre più complessa».
Qual è la sfida principale nel suo lavoro, nella
quotidianità? In che misura è gravoso associare
le due parole che riassumono il suo ruolo professionale:
diesel e compliance?
«La sfida principale nel mio lavoro consiste nell’anticipare
l’evoluzione normativa e tradurla in una
potenziale opportunità per il business, specie per
le normative emissioni, e allo stesso tempo gestire i
molteplici progetti in ambito internazionale con un
approccio diversificato. Occorre una continua analisi,
flessibilità, pianificazione delle attività. A me
piace seguire tutte le fasi del progetto, essere proattiva,
mi piace essere “manager delle risposte” e non
delle domande. Compliance è la capacità di rendere
i processi e i prodotti dell’azienda conformi alle
norme delle autorità di regolamentazione nazionali,
internazionali ed interne, aziendali. Diesel invece è
il business aziendale. Associare le due parole significa
fare in modo che il business cresca rispettando
le normative che regolano il settore in un’ottica di
continuo miglioramento ambientale e sociale».
Patrizia Barrasso
e, qui a fianco,
una cella di prova
dei motori.
40
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VADO E TORNO EDIZIONI www.vadoetorno.com ISSN 0042 2096 Poste Italiane s.p.a. - SPED. IN A. P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, LO/MI
Vadoetorno
network
SUT LA PARTENZA A LETEXPO MISANO TEST DRIVE E FORMULA
TRUCK PRIMATTORI NELLA GRANDE FESTA ● ANTEPRIME MAN
COL SAFETY DAY OFFRE IL TOP DELL’HI-TECH ● PROVE VOLVO
FH 500 I-SAVE - VOLKSWAGEN ID.BUZZ CARGO ● SALONI AL
SAMOTER TRUCK IN SORDINA ● POLITICA C’È SOLO IL TAVOLO
facciamo il
pieno di
Adas
APRILE
2023
MENSILE
€ 3,00
Prima immissione:
5 aprile 2023
4
VADO E TORNO EDIZIONI
www.vadoetorno.com - ISSN 0042 - Poste
Italiane s.p.a. - Sped. in a. p. - D.L. 353/2003 (conv.
in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, LO/MI
APRILE N. 4 - 2023
ANNO 32°- euro 5,00
Guanto di
sfida
in Classe II
IN QUESTO NUMERO
IL PUNTO SU GARE E FINANZIAMENTI,
COME RILANCIARE IL MESTIERE DI
CONDUCENTE, VOLKSWAGEN ID.BUZZ
IN TEST DRIVE, ISUZU CITIPORT 12, IL
MERCATO EUROPA E LA PANDEMIA
da Vadoetorno n. 4/2023 da AUTOBUS n. 4/2023
VADO E TORNO EDIZIONI - www.vadoetorno.com - ISSN 1720-3503 - Poste Italiane s.p.a. - Sped. in a. p. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, LO/ MI - EURO 3,50
N.4 - 2023 ANNO 28°
APRILE
Forza bruta
IMMATRICOLAZIONI: TUTTI I NUMERI DELL’EUROPA
IN CAMPO: JOHN DEERE 8R340 AUTOPOWR E BCS SPIRIT 70 DUALSTEER
da TRATTORI n. 4/2023
La rivista VADO E TORNO
affonda le radici nel 1962.
Praticamente rappresenta
l’antologia del camion dal
boom economico ai nostri
giorni. Le riviste AUTOBUS
e TRATTORI affiancarono
successivamente VADO E
TORNO nella descrizione
incalzante a aggiornata
di quanto avviene nel
trasporto persone e nella
meccanizzazione agricola.
Mondi che rappresentano,
per noi di POWERTRAIN,
gli scenari di quelle che su
queste pagine chiamiamo
applicazioni. Ad ogni uscita
proporremo la sintesi di
un articolo pubblicato sui
numeri precedenti delle
riviste di VADO E TORNO
EDIZIONI, la nostra casa
comune. Senza timore di
smentita possiamo parlare
di “filiera corta”: la catena
cinematica e le macchine
che la sostanziano.
42
43

VADO E TORNO EDIZIONI www.vadoetorno.com ISSN 0042 2096 Poste Italiane s.p.a. - SPED. IN A. P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, LO/MI
facciamo il
pieno di
Adas
Estratto da ‘Vado e Torno’ n. 4, 2023
SUT LA PARTENZA A LETEXPO MISANO TEST DRIVE E FORMULA
TRUCK PRIMATTORI NELLA GRANDE FESTA ● ANTEPRIME MAN
COL SAFETY DAY OFFRE IL TOP DELL’HI-TECH ● PROVE VOLVO
FH 500 I-SAVE - VOLKSWAGEN ID.BUZZ CARGO ● SALONI AL
SAMOTER TRUCK IN SORDINA ● POLITICA C’È SOLO IL TAVOLO
APRILE
2023
MENSILE
€ 3,00
Prima immissione:
5 aprile 2023
4
L’erede a batteria
del mitico Bulli
sembra avere
tutte le carte
in regola per
replicarne il
successo e
conquistare
anch’esso un
posto di rilievo
nella storia.
Motore da
204 cv, fino a
425 chilometri
di autonomia
dichiarata, e
tanta tanta hitech
al servizio
del comfort e
della sicurezza
Eleganza e bellezza, ne siamo
consapevoli, non sono
elementi che contribuiscono
a determinare il livello di efficienza
di un veicolo. Nel caso
del test in città al quale abbiamo
sottoposto l’ID.Buzz Cargo, il
Volkswagen ID.Buzz. Al volante del van elettrico
Senza più ansia
da ricarica
quell’autentica leggenda Bulli,
che nella storia del marchio di
Wolfsburg (e non solo) ci è entrato
dalla porta principale.
Nell’ ID.Buzz, eleganza e bellezza
sono la risultante dell’attento
e raffinato lavoro eseguito dall’enuovo
van elettrico firmato da
Volkswagen, è tuttavia impossibile
non partire proprio da qui
nell’analisi della prova. Appunto,
dall’eleganza e dalla bellezza
di cui è abbondantemente dotato
il modello hi-tech erede di
quipe di stilisti e progettisti della
Volkswagen.
Il design al servizio della
funzionalità
Lavoro che non è affatto esagerato
riassumere in un’unica ancorché
significativa esclamazione:
chapeau!
Sì, giù il cappello davanti a questo
van dalle forme attraenti e
morbide che esprimono robustezza
e solidità ma al tempo stesso
trasmettono leggerezza. Un van
nel quale il design della carrozzeria
è visivamente suddiviso tra un
livello inferiore e uno superiore
(opportunamente e intelligentemente
sottolineato dalla diversa
colorazione delle due zone) che
si combinano in un tutt’uno di
grande armonia e attrattività, e
dove l’espressività dell’insieme
si traduce in un’aerodinamica
estremamente curata che trova
sintesi nel Cx di 0,29 (che scende
addirittura a 0,28 sulla versione
passeggeri).
E poi la cura del dettaglio, evidente
in ogni particolare del van
tedesco della Casa di Wolfsburg
(che lo costruisce nel sito di Hannover).
Uno su tutti, la forma e il
design dei gruppi ottici (full Led
di serie): piccoli capolavori che
vanno a inserirsi in un ensemble
davvero superlativo.
Il richiamo al mito del
passato
Naturalmente nell’ID.Buzz non
poteva certo mancare il richiamo
stilistico al suo leggendario capostipite,
cioè al Bulli. Lo ricorda,
ad esempio, il design e la linea
del frontale, altro riuscitissimo
esercizio di stile, dominato
(...)
Prosegue a pag. 48 di
Vado e Torno Aprile 2023.
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l’articolo integrale.
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45

VADO E TORNO EDIZIONI
www.vadoetorno.com - ISSN 0042 - Poste
Italiane s.p.a. - Sped. in a. p. - D.L. 353/2003 (conv.
in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, LO/MI
APRILE N. 4 - 2023
ANNO 32°- euro 5,00
Estratto da ‘Autobus’ n. 4, 2023
Guanto di
sfida
in Classe II
IN QUESTO NUMERO
IL PUNTO SU GARE E FINANZIAMENTI,
COME RILANCIARE IL MESTIERE DI
CONDUCENTE, VOLKSWAGEN ID.BUZZ
IN TEST DRIVE, ISUZU CITIPORT 12, IL
MERCATO EUROPA E LA PANDEMIA
L’erede elettrico
del Bulli
impersona un
bel connubio
di sostanza e
personalità. Uno
sfizio per il ramo
Ncc / transfer
degli operatori
privati? Le carte
in tavola ci sono
tutte
Prova su strada
Bello fuori,
ricco dentro
liarità del progetto conferiscano
un certo appeal alla rivisitazione
del “pulmino Volkswagen”, il
mitico Bulli, da noi conosciuto
anche con il nome di Westfalia,
che sarebbe quello dell’allestitore
della versione camperizzata. Un
No, non avete sbagliato
rivista. Certo, l’ID.Buzz
Volkswagen non ha molta
affinità con la tipologia di veicoli
che siamo abituati a provare e
presentare in queste pagine. Ma
non si può negare che le pecumezzo
che, per ragioni di brand,
di iconicità, e, perché no, di prestazioni
(suffragate dal test drive
che vi apprestate a leggere), si
candida a rappresentare un interessante
valore aggiunto nelle
flotte di operatori privati che
abbracciano anche il ramo shuttle,
Ncc, servizi di transfer per
aziende ed eventi. Motivi per cui
abbiamo scelto di provare il veicolo
su un percorso pensato per
saggiarne le caratteristiche in u-
na varietà di contesti differenti,
senza limitarci al mero impiego
urbano.
Qui lo vedete in versione da
cinque posti, ma sono previste
presto in arrivo le varianti con
tre file di sedili e capacità fino
a sette persone. Notevole il Cx,
che concorre a un’autonomia veramente
in grado di spingere nel
dimenticatoio la tanto additata
“range anxiety”: 0,285. Quello
di una Porsche 997 Carrera, per
intenderci.
La meccanica del nuovo Bulli
La piattaforma del veicolo è la
modulare Meb, studiata apposta
per le vetture elettriche del gruppo
(è l’acronimo di: Modulare
Elektrifizierungsbaukasten, ovvero
“Piattaforma di elettrificazione
modulare”). Trazione posteriore,
il van presenta una batteria da
77 kWh (considerando la capacità
energetica netta, laddove la
nominale è di 82 chilowattora)
suddivisi in 12 moduli. Tutti allocati
nel pianale, a tutto vantaggio
della manovrabilità e della tenuta
in curva. Ottimo l’assorbimento
delle asperità del terreno, così
come la silenziosità a velocità
più sostenute (il van è limitato
a 145 chilometri orari). I fruscii
aerodinamici sono pressoché assenti.
Cerchi? Rigorosamente in
lega, da 19 a 21 pollici, con vari
disegni tra cui scegliere.
È prevista, ma non ancora disponibile,
anche una dotazione più
economica
(...)
Prosegue a pag. 34 di
Autobus Aprile 2023.
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46
47

N.4 - 2023 ANNO 28°
APRILE
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Forza bruta
Estratto da ‘Trattori’ n. 4, 2023
IMMATRICOLAZIONI: TUTTI I NUMERI DELL’EUROPA
IN CAMPO: JOHN DEERE 8R340 AUTOPOWR E BCS SPIRIT 70 DUALSTEER
Siete sicuri di
sapere dove è
stato realizzato
il vostro trattore?
Ecco un
approfondimento
dedicato alla
geografia dei siti
di produzione dei
principali costruttori
e la verità sulla
provenienza di
ciascuna serie
disponibile sul
mercato italiano
Quando cerchiamo di o-
rientarci nel vasto ring
della meccanizzazione
agricola, spesso e volentieri tendiamo
ad associare a un marchio
di trattori una determinata
bandiera che ne identifichi la
Stabilimenti
Where are
you from?
nazionalità. Ma la realtà è quasi
sempre più complessa di quanto
il nostro immaginario ci porti a
semplificare, soprattutto in considerazione
del fatto che i principali
costruttori sono gruppi multinazionali
e come tali suddividono
la produzione tra molteplici stabilimenti
dislocati in diversi Paesi
e pure in differenti continenti.
Non è quindi per niente facile a-
vere un quadro esatto e completo
in merito alla provenienza dei
vari modelli. Facciamo chiarezza
una volta per tutte, analizzando i
passaporti dei trattori disponibili
sul mercato italiano e specificando
per ogni marchio la geografia
delle linee di assemblaggio di
ciascuna sua serie a listino. Per
definire il perimetro di questo
approfondimento, precisiamo che
ci focalizziamo unicamente sui
siti di origine dei trattori commercializzati
nel nostro Paese,
escludendo le fabbriche dedicate
ai componenti o ad altre categorie
di macchine. A scanso di
equivoci, va inoltre puntualizzato
che alcuni big player dispongono
di ulteriori centri di produzione
di trattori rispetto quelli che citeremo
di seguito, ma da tali sedi
non esce nessuna unità destinata
alle vendite in Italia e pertanto
non rientrano nella nostra analisi.
Procediamo affrontando le varie
Case costruttrici partendo dalle
realtà più complesse, senza però
seguire un preciso ordine legato
a classifiche di fatturato o immatricolazioni.
John Deere
Iniziamo questo lungo ed arzigogolato
percorso da John Deere,
che in termini di “melting pot”
costituisce uno dei casi più emblematici.
Il Cervo realizza i propri mezzi
compatti per il settore gardening
(Serie 1, Serie 2, Serie 3 e Serie
4) nel centro di Augusta nello
stato americano della Georgia.
La Serie 5E e la Serie 5M arrivano
dalla fabbrica indiana di Pune
attiva dall’anno 2000; la gamma
di specializzati premium Serie
5G è invece prodotta in Italia a
Rovigo in virtù della (...)
Prosegue a pag. 26 di
Trattori di Aprile 2023.
Inquadra il QRcode e leggi
l’articolo integrale.
48
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ROTAIR
PREMIATI
COMPRESSORI
Rotair, oltre a tutta la sua gamma di
macchine diesel (con motori Kohler),
al recente Samoter ha presentato la
piattaforma di compressori Mdvn32E/
B/3Vda, vincitrice del Premio Innovazione:
può essere alimentata dalla rete elettrica
del cantiere o da un generatore, oppure
equipaggiata da un motore a benzina
OEM E MOTORI
Rotair, azienda di Caraglio
(CN) attiva nella progettazione,
produzione e distribuzione
di compressori d’aria portatili
ad alta tecnologia, dumper multifunzionali
e demolitori idraulici da
oltre 60 anni e marchio di ELGi
Equipments Limited, ha annunciato
il lancio globale dei suoi compressori
d’aria portatili Mdvn34E
e Mdvn32B, vincitori del Samoter
2023 Innovation Award nella categoria
“Altri macchinari/Utilità”.
Questi compressori sono stati premiati
per la loro flessibilità operativa,
l’elettrificazione sostenibile
e la capacità di risolvere i problemi
reali del cantiere. Il progetto
Mdvn32 è stato sviluppato per
avere una base comune in grado di
ospitare sia un motore elettrico che
un benzina da 29,4 chilowatt (40
cv) per sviluppare 3200 litri/min di
aria compressa – con la possibilità
di avere anche un’opzione con un
generatore – e rimanere all’interno
delle normative europee Stage
V. I pluripremiati compressori
d’aria portatili dispongono inoltre
di omologazione stradale europea
che ne consente l’utilizzo in tutta
l’Unione europea.
Il compressore d’aria portatile
elettrico Mdvn34E è stato creato
per offrire ai cantieri 3.400 litri/
min di aria compressa, senza l’uso
di motori a combustione interna,
per lavorare in quei comuni
e siti in cui i motori diesel sono
stati vietati. Il suo design consente
di collegarlo alla rete elettrica
del cantiere e consente di modulare
la portata d’aria in base alla
richiesta dell’utente.
Il compressore portatile Mdvn32B
nasce sullo stesso telaio, ma qui
Rotair offre anche una variante
del motore a benzina da 29,4 kW
in grado di erogare 3.200 litri/
min a una costante di 7 bar, entro
i parametri dello Stage V. Le
prestazioni, invece, sono uguali
se non superiori, ai motori diesel
Stage V, con un notevole risparmio
sul prezzo di acquisto del
prodotto. Un generatore opzionale
sarà disponibile anche all’interno
dell’architettura delle unità.
«Rotair è sempre stata orgogliosa
di progettare e costruire
soluzioni innovative che soddisfino
le esigenze attuali e future
dei suoi clienti. Il nostro nuovo
compressore elettrico portatile,
Mdvn34E, sta guidando questa
evoluzione verso un’energia più
pulita e più pratica che può essere
sfruttata per prestazioni e
affidabilità ottimali», ha dichiarato
Giuseppe Donadio, amministratore
delegato di Rotair.
«Questo approccio si estende al
compressore portatile a benzina
Mdvn32B, che rimane ben al di
sotto dei parametri dello stato
delle emissioni con la Fase V.»
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