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Le Burraie di Santa Brigida: Proposte per una maggiore fruizione e valorizzazione dell'area

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GUIDA AMBIENTALE (ESCURSIONISTA)

matricola n. 2020AF0850

tesi

LE BURRAIE DI SANTA BRIGIDA

Proposte per una maggiore fruizione e valorizzazione

dell’area

Candidato: Arianna Lobina

Relatore: Sandro Piazzini

Via Venezia 18 - 50121 Firenze

Tel. fax +39 055 488 017 tel. +39 055 3987098 - email: info@apab.biz



INDICE

INTRODUZIONE ................................................................................................................................ 2

1. TERRITORIO ............................................................................................................................... 3

2. GEOLOGIA .................................................................................................................................. 5

3. VEGETAZIONE E FLORA ......................................................................................................... 7

3.1 CISTO LAURINO .............................................................................................................. 10

4. FAUNA....................................................................................................................................... 13

5. INQUADRAMENTO ED EMERGENZE STORICHE DELL’AREA ..................................... 15

6. LE BURRAIE ............................................................................................................................. 20

6.1 LE BURRAIE NELL’ANPIL E FUORI ............................................................................. 21

7. IL SENTIERO DELLE BURRAIE ............................................................................................ 25

8. MODIFICHE E VARIANTI ...................................................................................................... 31

8.1 MODIFICA 1: ALBERACCIO........................................................................................... 31

8.2 MODIFICA 2: MONTEROTONDO .................................................................................. 32

8.3 VARIANTE 1: BURRAIA DI PRATINOVI ...................................................................... 33

8.4 VARIANTE 2: BURRAIA NINETTA ............................................................................... 34

8.5 ALTRE PROPOSTE ........................................................................................................... 37

CONCLUSIONI................................................................................................................................. 39

BIBLIOGRAFIA ............................................................................................................................... 40

SITOGRAFIA .................................................................................................................................... 41

1


INTRODUZIONE

Questo elaborato parla dei luoghi dove sono nata, dove sono cresciuta e dove voglio vivere il resto

della mia vita.

Da un anno e qualche mese sto portando avanti un progetto che ho chiamato “I Sentieri di Arianna”.

Attraverso una pagina Instagram ed una Facebook parlo dei luoghi in cui vivo, delle montagne che

ho esplorato in compagnia della mia fedele macchina fotografica e dei sentieri che ho percorso e che

ho deciso di condividere con le altre persone. Sulle pagine pubblico quindi contenuti dedicati alla

promozione del territorio toscano in generale, con maggior attenzione alla zona della Valdisieve, del

Mugello, di Fiesole e delle Foreste Casentinesi. Ma il mio primo amore resta sempre e comunque il

Sentiero delle Burraie e, da Santa Brigidina DOC, non potevo non realizzare la tesina su uno dei

simboli di questo sentiero e del mio paese: le burraie.

In questo elaborato 1 andrò dal generale al particolare, cercando di mettere insieme la maggior parte

delle informazioni ad oggi disponibili dell’area dal punto di vista geografico, geologico, della flora e

della fauna, storico etc. Terminerò quindi con alcune proposte per la modifica e l’aggiunta di alcuni

tratti al Sentiero delle Burraie. Il tutto è mirato ad una maggiore fruizione della zona sia dal punto di

vista storico che dal punto di vista naturalistico. A mio avviso, infatti, la zona presenta numerose

attrattive ed è un luogo che ha bisogno di essere promosso e sviluppato dal punto di vista turistico.

Molti non conoscono né Santa Brigida, né il Sentiero delle Burraie. Quando mi chiedono “Dove

abiti?” ed io rispondo “Santa Brigida” spesso mi viene detto “Ah, dove c’è Nappino”. Ecco io vorrei

che il mio paese non fosse conosciuto solo per la presenza di un ristorante, ma per le sue tante bellezze

e mi impegnerò al massimo affinché questo accada.

1

Le foto presenti nell’elaborato se non hanno specifiche sono state fatte dalla sottoscritta.

2


1. TERRITORIO

Fig. 1 A sinistra, i comuni della provincia di Firenze. In rosso il Comune di Pontassieve, evidenziata

in blu l’area dell’ANPIL (Immagine presa da Wikipedia e rielaborata); a destra, rapporto tra ANPIL

e SIR 43 (Comune di Pontassieve, Area Naturale Protetta di Interesse Locale Poggio Ripaghera -

Santa Brigida – Valle dell’Inferno, Piano di gestione delle formazioni vegetali, aprile 2011, p. 6).

L’area che voglio analizzare in questo elaborato è quella che si estende sopra il paese di Santa Brigida,

nella parte nord ovest del Comune di Pontassieve (Fig. 1). Questa occupa la parte sud-occidentale del

complesso del Monte Giovi (992 m), quindi i versanti meridionali dei rilievi di Poggio Ripaghera

(912 m), del Giogo (880 m), di Poggio Abetina (857 m) e di Monte Rotondo (773 m). Essendo un’area

di grande interesse naturalistico e storico, nel 1997 il Comune di Pontassieve con Delibera del

Consiglio Comunale (D.C.C.) n. 188 del 19/12/1997, ai sensi della L.R. n. 49 del 11/04/1995, ha

deciso di istituire l’Area Naturale Protetta di Interesse Locale (ANPIL) “Poggio Ripaghera – Santa

Brigida”. Inizialmente, l’area occupava una superficie di circa 470 ha e non comprendeva la Valle

dell’Inferno ed alcune aree localizzate alle quote più basse. Successivamente, con D.C.C. n. 127 del

21/07/2000, l’area protetta è stata ampliata, includendo all’interno dell’ANPIL la Valle dell’Inferno,

raggiungendo la superficie di 817 ha ed assumendo la denominazione di “Poggio Ripaghera – Santa

Brigida – Valle dell’Inferno” (Fig. 1).

Purtroppo, con la L.R. 19/05/2015, n. 30, art. 140, le ANPIL sono state abrogate e, ad oggi, ne resta

solo il nome.

Al fine di tutelare le biodiversità 2 , la Regione con la L.R. 06/04/2000, n. 56, art. 3, comma a, ha

individuato “gli habitat naturali e seminaturali e le specie animali e vegetali di interesse regionale, la

cui conservazione può richiedere la designazione di Siti di Importanza Regionale (SIR)”. Un SIR è

quindi “un’area geograficamente definita, la cui superficie sia chiaramente delimitata, che

2

La Regione tutela le diversità delle specie animali selvatiche e delle specie vegetali non coltivate, degli habitat e di

altre forme naturali del territorio. L.R. 06/04/2000, n. 56, art. 1.

3


contribuisce in modo significativo a mantenere o ripristinare un tipo di habitat naturale o di una specie

di interesse regionale; per le specie che occupano ampi territori, i Siti di Importanza Regionale

corrispondono ai luoghi, all’interno della loro area di distribuzione naturale, che presentano gli

elementi fisici e biologici essenziali alla loro vita e riproduzione” 3 . Tra i SIR presenti in Toscana 4

troviamo anche l’area di Santa Brigida-Poggio Ripaghera, con n. 43 e codice IT5140009. L’area che

ne fa parte non è tutta quella dell’ANPIL, ma solo una parte: 417,95 ha (Fig. 1).

3

L.R. 06/04/2000, n.56, art., art. 2, comma 1, m.

4

L.R. 06/04/200, n.56, all.C

4


2. GEOLOGIA

Fig. 2 Rielaborazione legenda e carta geologica ISPRA 1:50000, area Borgo Sal Lorenzo, foglio 264.

5


Dal punto di vista geologico, l’area si trova a cavallo fra tre diverse unità litologiche (Fig. 2),

distinguibili principalmente per caratteri fisici 5 . La parte più occidentale dell’area protetta è

caratterizzata dall’affioramento di formazioni calcaree 6 , quali l’Alberese e la Formazione di Monte

Morello, che danno origine a suoli alcalini 7 ed a forme tendenzialmente non molto aspre,

caratterizzate da versanti con pendenze piuttosto elevate, dominati, sotto il profilo vegetazionale, da

boschi di roverella.

La parte centrale è invece caratterizzata da arenarie 8 (in particolare l’affioramento dell’Arenaria di

Monte Senario) intervallate da rocce più plastiche ed impermeabili, quali argilliti 9 e formazioni

marnoso 10 -arenacee. Ciò ha determinato una diversa permeabilità delle acque meteoritiche 11 e

morfologie diverse del territorio: dove ci sono arenarie pendenze maggiormente accentuate ed

accidentate 12 , dove ci sono marne e argilliti forme più dolci. Dalle arenarie derivano suoli acidi 13

quindi adatti al castagno, molto diffuso in zona, insieme a boschi di querce, scope ed altre specie

acidofile. Inoltre, le formazioni arenarie resistono maggiormente all’erosione degli agenti atmosferici

con conseguente persistenza in superficie di affioramenti rocciosi e ammassi caotici di rocce che

costituiscono l’habitat ideale per il Cisto laurino 14 .

Infine, l’estremità orientale dell’ANPIL (la Valle dell’Inferno) è interessata dalla formazione del

Macigno del Mugello ed è caratterizzata da affioramenti di marne, argilliti e scisti limosi con piccole

valli e versanti con pendenze varie. Ne derivano suoli da subacidi a debolmente alcalini, che hanno

permesso la diffusione del castagno, ma anche del carpino, soprattutto bianco.

5

I caratteri fisici basilari per identificare una litologia sono: natura (ghiaia, roccia, sabbia etc), composizione (minerali,

granuli etc.), dimensione degli elementi costituenti i materiali incoerenti (granulometria), stato di fratturazione per le

rocce.

6

Rocce sedimentarie ricche di carbonato di calcio (CaCo3) che possono derivare:

- dai gusci o dagli scheletri di organismi presenti nei mari o negli oceani, dette quindi organogene,

- dalla precipitazione dei sali disciolti nei mari o nei laghi, quindi di origine chimica,

- dalla degradazione di rocce calcaree preesistenti.

7

Suoli con pH compreso tra 8,2 ed 8,8, ricchi di calcare che rallenta le attività di decomposizione messe in atto da vari

microrganismi. Elementi non presenti in questi tipi di suoli sono zolfo, ferro e potassio.

8

Rocce sedimentarie clastiche (o detritiche) che sono formate da sabbie cementate ricche di granuli di quarzo o di altra

natura. Gli elementi che compongono queste rocce (clasti) hanno una grandezza variabile tra 2 mm e 0,06 mm.

9

Rocce sedimentarie clastiche che si sono formate per accumulo meccanico di frammenti di rocce preesistenti. Questi

frammenti, detti clasti, non sono visibili ad occhio nudo perché hanno una grandezza inferiore a 0,06 mm; sono quindi

rocce compatte.

10

Le marne sono rocce sedimentarie clastiche che derivano da una mescolanza di argille e calcare (di origine detriticoorganogena

o chimica) in varie proporzioni.

11

La piovosità della zona è di ca. 1200-1300 mm annui sulla vetta e 1072 mm a Santa Brigida; le piogge sono ben

distribuite nel corso dell’anno e il periodo di aridità estivo è limitato.

12

La pendenza media del terreno nell’area è del 35%.

13

Suoli poco fertili, hanno un pH compreso tra 5,4 e 5,9. Sono terreni che contengono alluminio, ferro e manganese,

che presenti in grandi quantità possono provocare problemi alle piante. Sono invece sostanze insolubili in questi terreni

calcio e magnesio.

14

Vedi oltre 3.1

6


3. VEGETAZIONE E FLORA

L’area risulta compresa tra un’altitudine minima di 400 m e massima di 912 m (Poggio Ripaghera),

quindi caratterizzata da diverse condizioni di altitudine e di esposizione. Questi elementi, uniti a

particolari situazioni microclimatiche, favoriscono la presenza, in un’area relativamente ristretta, di

formazioni vegetali che di solito si trovano in aree molto più lontane. I boschi sono formati per la

maggior parte da cedui che sono stati utilizzati a lungo per fornire legna da ardere e carbone. Queste

pratiche, insieme ad incendi ed a un utilizzo eccessivo, hanno portato al degrado dei suoli ed al

conseguente sviluppo di ginestre (comune e carbonai), scope (l’arborea è più acidofila e quindi più

presente rispetto alla scoparia), rosa canina, prugnolo, rovi, cisto femmina (Cistus salvifolius), etc.

Fig. 3 Sulla sinistra, Ginestra comune; sulla destra, Cisto femmina o Cistus salvifolius.

Sono inoltre presenti specie arboree diverse che contribuiscono a conferire alla zona un notevole

interesse naturalistico. Nella parte più alta (Poggio Ripaghera e Poggio Abetina) troviamo soprattutto

specie mesofile 15 come cerro, acero, fico, carpino bianco, tiglio e faggio. Quest’ultimo, insieme al

carpino bianco, lo ritroviamo anche, in conseguenza di particolari situazioni microclimatiche, nel

fosso del Caprile (700 m), una piccola valle umida e fresca; il faggio è quindi presente a quote più

basse di quelle in cui vive normalmente (fino a 1500 m). Questo microclima particolare ha permesso

inoltre la presenza dei boschi di roverella, che predilige climi caldi e asciutti, a quote superiori rispetto

ai boschi di faggio e carpino bianco; risulta quindi rovesciata l’usuale disposizione delle fasce

vegetazionali. Il cerro, invece, è molto diffuso nelle colline circostanti l’abitato di Santa Brigida e

costituisce la vegetazione principale dell’area tra i 500 ed i 700 m. Anche la locale toponomastica

15

Specie che si trovano in zone che sono una via di mezzo, quindi né umide né aride, e che si adattano bene sia alle alte

che alle basse temperature.

7


(Poggio Cerrone, Fosso Cerreta, Casa al Cerro) richiama il nome di questa quercia che in passato

doveva essere molto più diffusa di oggi.

A quote inferiori troviamo invece specie termofile, adatte a vivere a temperature calde, e xerofile,

adatte a lunghi periodi di siccità, come roverella, carpino nero, acero campestre, orniello, ciavardello,

mentre più sporadici sono il sorbo domestico e l’acero trilobo. Inoltre, nelle esposizioni più calde di

Poggio Abetina ed ai piedi di Poggio Ripaghera è possibile trovare anche il leccio.

Sia nei boschi mesofili che in quelli maggiormente termofili, si trovano diversi esemplari di

cerrosughera (Fig. 4), un ibrido tra il cerro e la sughera, rari in altre zone. La cerrosughera presenta

caratteri intermedi tra le due specie, ha una grande chioma simile alla quercia e la corteccia sugherosa

negli individui adulti. Le foglie, la cui forma è variabile (a volte più simile al cerro, a volte alla

sughera), presentano una colorazione verde scura e coriacea nella pagina superiore, più chiara in

quella inferiore per la presenza di peli. È una pianta semi-perenne, cioè mantiene le foglie durante

l'inverno, per poi perderle a primavera, poco prima del comparire delle nuove.

Fig. 4 Esemplare di Cerrosughera presente lungo il Sentiero delle Burraie.

8


Nell’area sono presenti anche castagneti puri o associati al cerro. L’utilizzo di questi boschi è per lo

più a ceduo e gli alberi, ogni 10-15 anni, vengono tagliati alla ceppaia, mentre i castagneti da frutto

sono più rari. Questi ultimi sono spesso molto degradati e furono piantati dall’uomo a scopi alimentari

al posto dei cerreti. A conferma di ciò alle pendici di Poggio Ripaghera, castagneti abbandonati da

anni, stanno subendo la ricolonizzazione da parte di cerro e carpino nero, quindi un ritorno alle

formazioni arboree originarie. Da segnalare anche la marroneta sopra l’abitato di Santa Brigida dove

sono presenti alcuni esemplari di pregio.

Nei terreni umidi e lungo i corsi d’acqua troviamo vegetazione igrofila, quindi adatta a terreni ricchi

d’acqua, come pioppo nero, salice bianco, ontano nero, ma anche robinieti.

La zona è stata interessata anche dal rimboschimento di conifere, pino marittimo, pino nero, pino

domestico, ma anche abete bianco ed abete americano. Più rari, ma comunque presenti, sono l’abete

rosso, il cedro dell’Atlante e il pino dell’Himalaya. Un rimboschimento da segnalare è quello di

querce rosse americane sotto Poggio Ripaghera, una pianta dalle grandi foglie lunghe fino a 17 cm,

rosse in autunno. Questi rimboschimenti sono stati fatti nel corso di varie epoche ed hanno interessato

spesso aree nude precedentemente destinate al pascolo e poi abbandonate; ad oggi risultano in

avanzata fase di degrado ed interessati da fenomeni di parziale ricolonizzazione da parte della

vegetazione naturale.

Fig. 5 Boschi diversi presenti nell’area.

Oltre a queste specie nei boschi sono presenti anche noccioli, cornioli, sanguinelli qualche pioppo

tremulo, oltre che praterie e numerose specie arbustive. Le praterie si sono originate a seguito

dell’intervento dell’uomo (incendi, disboscamento, pascoli) e si trovano soprattutto su suoli calcarei;

risultano formate da cespi di graminacee, quindi forasacchi e palèo. A queste si associano molto

piante erbacee, alcune delle quali con bellissime fioriture come quella del Giglio di San Giovanni

9


(Lilium croceum) o di varie orchidee spontanee 16 . Possiamo trovare poi anemoni di bosco, crochi,

ciclamini, primule, violette, etc. Alcune specie sono protette 17 e ne è vietata la raccolta: il Giglio di

San Giovanni, il pungitopo (Ruscus aculeatus), il bucaneve (Galanthus nivalis), il dente di cane

(Erythronium dens-canis), Aquilegia comune (Aquilegia vulgaris), Sassifraga tridattila (Saxifraga

tridactylites), Fiordaliso (Centaurea cyanus), Primula acaule (Primula vulgaris). Altre specie sono di

interesse regionale 18 come Bellevalia romana, Pulmonaria saccharata, Globularia punctata,

Polygala flavescens, Scilla bifolia, Murbeckiella zanoni e Helleborus bocconei.

Fig. 6 Sulla sinistra, pungitopo; sulla destra, rosa canina.

Gli arbusti hanno aumentato il loro areale a seguito della riduzione dell’attività umana in collina ed

in montagna. Sono infatti presenti arbusteti bassi con prugnoli, ginestre, ononide spinosa, coronilla,

arbusteti alti (più diffusi) con sanguinello, biancospino, rosa canina e prugnolo ed arbusteti alberati

dove alle specie già dette si associano olmo e acero campestre, roverella e cerro. Un altro arbusto,

molto importante, presente in ampie radure su suoli silicei con roccia affiorante è il Cisto laurino.

3.1 CISTO LAURINO

L’ANPIL è stata istituita anche per la tutela di una specie arbustiva rara e protetta 19 , a rischio di

estinzione, qui presente: il Cisto laurino (Cistus laurifolius) o Cisto maggiore (Fig. 7). Questo è un

arbusto sempreverde ramificato, che può raggiungere 1,5-2 m di altezza con foglie opposte di forma

16

Ad esempio: Orchidea piramidale (Anacamptis pyramidalis), Orchidea acquatica (Orchis laxiflora), Orchidea

Maggiore (Orchis purpurea), etc.

17

Specie protette incluse nell’allegato C della L.R. 56/2000

18

All. A3 L.R. 56/2000.

19

All. C L.R. 56/2000. All’art. 6 della stessa legge si legge che “è espressamente vietato il danneggiamento,

l’estirpazione, la distruzione e la raccolta” delle specie presenti nell’allegato C. Il Cisto laurino è anche menzionato nel

Libro Rosso delle piante d’Italia, che racchiude le specie a rischio di estinzione.

10


ovale-lanceolata (appuntite) e margine intero leggermente ondulato; le foglie hanno una lunghezza

che va dai 3 ai 9 cm. L’aspetto ricorda le foglie dell’alloro da cui laurifolius. Come nell’alloro la

pagina superiore è verde scura, mentre quella inferiore è bianca per la presenza di peli. Anche i fiori

sono bianchi e sono formati da cinque petali con al centro un “bottone” composto da numerosi stami

gialli. La corteccia ha un colore bruno rossastro e si sfibra in lunghe strisce ricordando quella del

corbezzolo. I frutti maturano in estate e sono costituiti da capsule legnose coperte di peli. All’interno

sono divisi in cinque logge, dove si trovano circa dieci semi ciascuna. A maturità queste capsule si

aprono lungo le pareti laterali ed i semi, scossi dal vento o da animali, vengono liberati. Il cisto

possiede un apparato radicale molto efficiente e, in conseguenza di ciò, non richiede una grande

presenza di acqua. È una specie pirofita, ossia colonizza rapidamente terreni devastati da incendi, e

xerofila, adatta a lunghi periodi di siccità, ma l’aridità estiva prolungata può provocare la morte degli

esemplari che vivono negli ambienti più difficili, come terreni superficiali. Soffre la mancanza di

luce, quindi non si trova in pieno bosco. La problematica maggiore per la sopravvivenza del cisto è

comunque rappresentata dalla concorrenza esercitata dalle altre specie arbustive.

Fig. 7 Il Cisto laurino

Nei boschi di Santa Brigida questo cisto è facilmente riconoscibile. Infatti, l’altro cisto presente è il

Cistus Salvifolius (Fig. 3) o cisto femmina che ha un portamento diverso, fiori più piccoli con una

parte giallo-aranciata alla base del petalo e le foglie simili a quelle della salvia. Quindi è impossibile

scambiarli!

Il cisto laurino fiorisce solo per qualche giorno l’anno, tra fine maggio ed inizio giugno e, poiché la

seconda domenica di maggio presso il Santuario della Madonna del Sasso si tiene una festa in onore

11


della Madonna 20 , viene detto anche “il fiore della Madonna” o “rosa della Madonna”.

Le notizie relative a questo arbusto sono abbastanza vaghe. La prima segnalazione di una popolazione

di pochi esemplari è datata alla fine del 1700 sui Monti Euganei (in Veneto); altre notizie dello stesso

periodo, ma più incerte lo collocano nei boschi della Sicilia e del Monferrato. Purtroppo, pare che nel

1816 Ciro Pollini, un botanico veronese, prese tutti gli esemplari dei Monti Euganei per ripiantarli

nel giardino della sua casa, distruggendo così l’intera popolazione anche perché il trapianto non andò

a buon fine. Dopo di ciò il cisto laurino fu ritenuto estinto fino a quando nel 1899 Stefano Sommier,

ne fece scoperta a Santa Brigida, che attualmente risulta l’unica presenza in Italia. Lo studioso

sosteneva che il cisto fosse una pianta indigena (ossia locale), quindi che non fosse stata portata qui

da altre parti o piantata dall’uomo. Questo contrasta con le storie che sono tramandate: una vuole che

i semi della pianta fossero stati portati qui dall’Oriente per mano di Pazzino de’ Pazzi, che risiedeva

al Castello del Trebbio, di ritorno dalla prima crociata in Oriente, mentre secondo un’altra leggenda

i semi sarebbero stati portati da Santa Brigida.

Ad oggi non è ancora certo se la stazione di Santa Brigida sia una popolazione relittuale,

testimonianza di una specie che aveva un areale più ampio, o se si tratti di un’introduzione antropica

in un habitat che ne ha reso possibile la sua diffusione. Alcuni esemplari, oggi ormai scomparsi, sono

stati documentati anche nel parco di Sammezzano (di origine antropica, quindi qualcuno li aveva

piantati), a Vallombrosa e nell’Orto Botanico di Firenze. Fuori dall’Italia è presente in Marocco, in

Portogallo, in Spagna, nella Francia meridionale, in Grecia, in Turchia ed in Anatolia.

All’interno dell’area protetta, lo troviamo lungo il sentiero D che dalla Guardia porta a Fontassenzio,

sul sentiero 5 e lungo la strada bianca che dalle Lucole porta a Fontassenzio.

20

A questa festa, chiamata anche la festa del Dono, (svoltasi fino agli anni 40 del Novecento, ma ancora oggi celebrata

anche se in forme meno articolate rispetto a quelle tradizionali), partecipavano tutti gli abitanti della valle e di quelle

circostanti (Mugello e Mugnone). La domenica le 18 Compagnie, ossia i popoli delle varie Parrocchie, si riunivano alle

Lucole per salire fino al Santuario per portare doni alla Madonna; durante la processione ogni Compagnia portava le

insegne addobbate con spighe di grano e fiori: il cisto era la pianta più preziosa che veniva utilizzata. Inoltre, veniva

portato il viticcio, ossia un’asta con dei ganci dove venivano attaccate le offerte in denaro da portare al Santuario. Le

Sieci (Remole) portavano l’Angiolino, un bambino vestito da angelo, sopra un asinello che entrava fino in chiesa. Dalle

Sieci al Sasso, dove passava l’Angiolino veniva buttata la seminata, ossia fiori come la cascia ed i papaveri. Arrivati al

Santuario i pellegrini assistevano alla messa ed il pomeriggio era allietato da canti, danze e giochi.

12


4. FAUNA

L’area ospita un notevole numero di specie animali, anche grazie all’esistenza di varie tipologie di

habitat. L’ottima qualità delle acque del fosso del Caprile 21 , ricche di massi e anfratti dove potersi

rifugiare, è l’habitat ideale del Gambero di fiume 22 (Austropotamobius pallipes), insieme a larve di

Plecotteri e Tricotteri. È da segnalare anche la presenza di alcuni insetti di particolare importanza

come il Cervo volante (Lucanus cervus, fa parte dei coleotteri).

Nei prati e nelle zone cespugliate si trovano diverse farfalle come il Macaone, il Podalirio, la Vanessa

del Cardo, la Vanessa dell’ortica, la rara Tecla della betulla, ma anche le più comuni Pieris. Tra le

falene molto bella è la Catocala del frassino.

Per quanto riguarda gli anfibi è segnalata la presenza di due rappresentanti delle rane rosse: Rana

dalmatina e Rana appenninica. Ci sono poi la Rana verde, il Rospo comune e due tipi di tritone:

Tritone crestato e Tritone punteggiato. È stata ritrovata anche la Salamandrina dagli occhiali e, nella

zona della Madonna del Sasso in fenditure rocciose, il Geotritone italico.

I rettili si trovano per lo più nelle zone con prati e cespugli dell’area, fatta eccezione per la Biscia dal

collare che predilige ambienti freschi e umidi. Rettili presenti ed innocui sono l’Orbettino e la

Luscengola, mentre tra i serpenti, sempre innocui, possiamo ricordare il Saettone, o Colubro

d’Esculapio, ed il Biacco; è presente anche la Vipera. Molto diffuse sono anche la Lucertola muraiola,

la Lucertola campestre e, dove ci sono siepi, anche il ramarro.

La presenza dei mammiferi è difficile da accertare, sono infatti animali molto timorosi dell’uomo ed

hanno solitamente abitudini crepuscolari e notturne. Per capire quali mammiferi si trovano nell’area

bisogna quindi basarsi su dati indiretti, ossia le tracce e le fatte. Tra i mammiferi è segnalata la

presenza del capriolo, del cinghiale, del riccio e del lupo. Negli ambienti di prateria è presente la

talpa, mentre il tasso si trova solitamente in ambienti poco disturbati. Tra i roditori troviamo le

arvicole, i topi selvatici e gli scoiattoli. Tra i piccoli mammiferi insettivori, i toporagni e le crocidure.

È nota anche la presenza di pipistrelli (Chirotteri), visti in prima persona nell’edifico abbandonato a

Pesciulle.

21

Non sono disponibili dati relativi al fosso del Risaio (che a monte di Violana prende il nome di fosso della

Valle dell’Inferno), ma l’habitat è apparentemente idoneo per la presenza della specie.

22

Specie inserita nella red list dall’IUCN, risulta quindi in pericolo. La sua presenza è indicatore di salubrità ed integrità

dell’ambiente.

13


Fig. 8 Sulla sinistra, Podalirio; sulla destra, cinghiale.

Il miglior modo per capire quali uccelli sono presenti è ascoltare il loro canto. Fra gli uccelli possiamo

citare Merlo, Pettirosso, Capinera, Fringuello, Scricciolo, Usignolo, Luì piccolo, Averla piccola,

Codirosso, Tottavilla, Ghiandaia e quattro specie di cince: Cianciallegra, Cincia bigia, Cincia mora e

Cinciarella. Nel bosco misto di latifoglie è, inoltre, possibile osservare uccelli rapaci diurni come lo

sparviere ed il gheppio, rapaci notturni come l'allocco, oltre a due specie di picchio (Picchio verde e

Picchio rosso maggiore), il Picchio muratore, il Tordo bottaccio, il Codirosso. Nei castagneti da frutto

troviamo anche il Rampichino ed il Picchio rosso minore. Negli arbusteti, che oltre ad offrire

possibilità di rifugio e di nidificazione per gli uccelli, forniscono anche scorte di cibo, si trovano varie

specie: il Saltimpalo, la Sterpazzola, l'Occhiocotto e lo Zigolo nero. Nei boschi di roverella nidificano

il bellissimo Rigogolo ed alcune coppie di Colombaccio.

Per quanto riguarda la flora e la fauna, ho cercato di tracciare un quadro generale basandomi sulle

informazioni ad oggi disponibili. Purtroppo, non ci sono pubblicazioni recenti relative a questi ambiti

e mi sono quindi basata su studi e documenti redatti tra i primi anni 2000 ed il 2011-2. Ad oggi, le

cose sono sicuramente in parte cambiate, anche a seguito dei mutamenti climatici. Spero che in un

futuro prossimo siano realizzati nuovi studi che possano portare a nuove informazioni relative all’area

andando a confermare od a confutare quelle già esistenti. Per quanto mi riguarda, nel mio piccolo, ho

intenzione di installare alcune fototrappole per confermare la presenza delle specie animali suddette

ed incrementare i miei studi relativi alla specie botaniche ed arboree così da poter fare dei rilevamenti

diretti all’interno dell’area ed acquisire quindi nuove informazioni.

14


5. INQUADRAMENTO ED EMERGENZE STORICHE DELL’AREA

Dal punto di vista storico l’area va considerata insieme a quella di Monte Giovi e presenta una

frequentazione praticamente ininterrotta dal periodo protostorico fino ai giorni nostri. A conferma di

ciò molte sono le testimonianze arrivate fino a noi. Basta pensare ai numerosi reperti di carattere

votivo ritrovati su Monte Giovi ed alla recente scoperta, durante gli scavi portati avanti

dall’Università di Firenze tra il 2011 ed il 2015, di un tempio etrusco sulla vetta del monte. Varie

sono anche le testimonianze del periodo romano ritrovate nei dintorni dell’ANPIL come materiale

ceramico, forse proveniente da tombe di cui si è persa traccia, relative ad un terreno vicino alla Pieve

di Lubaco 23 . In seguito, nel Medioevo, in questa zona dominavano con diversi castelli i Conti Guidi:

Galiga, Monte di Croce 24 e Monterotondo. Di quest’ultimo rimangono solo i resti di un torrione (Fig.

9) che si trovano all’interno dell’ANPIL. Il castello fu costruito nel XII secolo, dopo che l’esercito di

Firenze aveva abbattuto le mura di Monte di Croce. Fu successivamente utilizzato come residenza

dal vescovo di Firenze in alcuni periodi dell’anno e, alla fine dell’Ottocento, vi fu impiantato un

mulino che venne poi smantellato. La zona di Monterotondo, con la sua cascina (Fig. 9) ad oggi in

stato di rudere, fu anche protagonista della Resistenza Partigiana.

Fig. 9 Sulla sinistra, resti del torrione di Monterotondo; sulla destra, i ruderi della Cascina di

Monterotondo.

23

La Pieve è situata appena fuori dall’ANPIL, lungo la strada che dalle Sieci porta verso la Faentina. È dedicata a San

Gervasio e fu realizzata nel XIII secolo in stile romanico, utilizzando arenaria ed alberese. Oggi presenta un’unica

navata, ma originariamente ne aveva tre. Questa è una delle poche chiese che presenta una scalinata discendente per

accedere.

24

Il castello si trovava nei pressi dell’odierno abitato di Fornello. Intorno agli anni 2000 sono state fatte delle campagne

di scavo dall’Università di Siena, ma purtroppo oggi è stato completamente ricoperto dalla vegetazione e non risulta più

visibile. Il castello fu edificato tra XI-XII secolo, poi conquistato e distrutto nel 1153-4 dal Comune di Firenze.

15


Altre emergenze di grande valore storico si trovano all’interno dell’ANPIL. Uno dei luoghi più

importanti, che richiama numerosi pellegrini ogni anno, è il Santuario della Madonna del Sasso (Fig.

10), situato a 565 m di altitudine. Le sue origini sono oscure, ma si racconta che in antico, sul luogo

dove oggi sorge il Santuario, ci fosse un Tabernacolo, detto dell’Eremita, che custodiva una statua

della Madonna; secondo alcuni questo doveva risalire al IV-V secolo d.C., secondo altri all’IX secolo,

identificando l’eremita con Andrea, il fratello di Santa Brigida 25 . Successivamente, intono al 1000

venne costruito un piccolo oratorio. Il Santuario vero e proprio fu edificato a seguito di alcuni eventi

miracolosi che si verificarono nella zona sul finire del XV secolo: secondo la tradizione, nel 1484 la

Madonna apparve a due pastorelle della famiglia Ricovera (che abitava a Linari, nella vallata)

guarendo il loro padre gravemente ammalato. Tra il 1484 e 85 le pastorelle ebbero altre apparizioni,

ma fu solo in seguito all’apparizione del 1485, davanti a molte persone riunitesi per pregare, che,

eliminati i dubbi sulle precedenti apparizioni, venne decisa la costruzione del Santuario. Il 2 luglio

1490 fu intrapresa l’edificazione della nuova chiesa che fu completata nel 1504 e rielaborata negli

anni seguenti.

Fig. 10 Il Santuario della Madonna del Sasso.

Nelle vicinanze del santuario si trovano anche dei massi particolari (Fig. 11) che sembrano presentare

orientamenti astronomici che secondo alcuni studiosi sono legati agli equinozi ed ai solstizi; questi

massi vengono fatti risalire ad epoche remote. C’è poi Masso Romito che fu utilizzato come riparo;

sulle pareti sono presenti piccole nicchie, di forma quadrata e semicircolare utilizzate verosimilmente

per le offerte, ed una croce incisa. Oltre a questi ci sono anche due iscrizioni: una risalente al Sette-

25

Il paese di Santa Brigida prende il nome da Brigida, che nel IX secolo giunse in questi luoghi dall’Irlanda per

accudire il fratello Andrea (arcidiacono di Fiesole) gravemente malato. A seguito della morte di questo, si ritirò in

eremitaggio in una grotta, ancora oggi esistente, sopra la quale tra XVI-XVII venne eretta la Chiesa di Santa Brigida.

Nella grotta la donna visse mangiando bacche, erbe e radici fino all’età di 103 anni; morì infatti nell’885.

16


Ottocento, in italiano, che rimanda alla costruzione della condotta dell’acqua collegata con il

Santuario (Fig. 11) ed un’altra, di fronte alla precedente, che purtroppo non è leggibile.

Fig. 11 Sulla sinistra, uno dei massi particolari che si trovano vicino al Santuario, il Masso

Canaletta; sulla destra, iscrizione riguardante la condotta dell’acqua del Santuario.

Tra i luoghi che presentano una memoria storica, nella zona si trovano anche alcune ville, tra cui Villa

la Rocchetta (Fig. 12), un elegante edificio dalle forme medicee, le cui origini risalgono almeno al

1573, con un piccolo giardino all’italiana e terrazze, statue del tardo rinascimento ed una cappella

separata dall’edificio principiale. La villa è stata restaurata nella prima metà del Novecento e,

purtroppo, oggi è visibile solo dall’esterno, viene infatti aperta solo in rare occasioni.

Oltre alle ville, nell’area sono presenti alcune abitazioni in stato di semiabbandono come Pesciulle,

Castelluccio (Fig. 12), Casa Bacìo e Casa Tagliaferro. Le ultime due sono più antiche e ad oggi

risultano praticamente distrutte ed invase dalla vegetazione.

Fig. 12 Sulla sinistra, Villa la Rocchetta; sulla destra, Case semiabbandonate di Castelluccio.

17


Altre testimonianze storiche sono le piazze delle carbonaie e le antiche mulattiere, in parte ancora

lastricate ed utilizzate da pastori ed agricoltori fino alla fine dell’Ottocento.

Vi ho solo dato dei piccoli accenni alla storia che questa zona potrebbe raccontarci, ma il periodo su

cui mi voglio concentrare maggiormente è quello compreso tra XIX e XX secolo, quando un nuovo

tipo di economia fiorisce su queste colline. Infatti, in questo periodo si sviluppa il modello di

conduzione agraria delle cascine (da cascio, formaggio) 26 . Queste erano solitamente di notevoli

dimensioni e dipendevano da fattorie situate più in basso con cui avevano un rapporto di mezzadria,

ossia una ripartizione dei prodotti a metà tra proprietario e colono, anche dei latticini. Le terre che le

cascine possedevano erano solitamente costituite per ¾ da pascoli (alle quote più alte), prati (per il

foraggio e fieno), boschi (soprattutto di castagni che erano utilizzati per il pascolo) e ¼ da campi

coltivati, soprattutto a grano, avena, patate e granoturco. Quindi, rispetto ai periodi precedenti,

maggiori terreni furono destinati al foraggio, limitando la produzione cerealicola. Ciò consentì il

mantenimento degli animali nelle terre alte anche durante i mesi invernali e l’incremento del loro

numero. Un’altra conseguenza a ciò fu il minor utilizzo della pratica della transumanza 27 , già in netto

calo per la diminuzione dei pascoli di pianura dovuta alle bonifiche.

Nelle cascine l’attività dominante era rappresentata dall’allevamento bovino, soprattutto di vacche da

latte che era destinato quasi totalmente alla produzione di burro. Per avere un’idea, nel 1930 una

cascina di medie dimensioni possedeva da 7 a 15 vacche da latte da cui si ricavavano circa 240 kg di

burro. Si allevavano inoltre pecore soprattutto per gli agnelli e la lana, mentre la produzione di

formaggio era abbastanza ridotta (50 kg medi annui).

Dal punto di vista architettonico, le cascine presentavano una simile suddivisione degli spazi: erano

formate da una costruzione principale con le stanze per la famiglia, la stalla per i bovini e sopra questa

il fienile; a volte l’abitazione e le stalle erano separate. In un altro locale si trovavano gli ovini ed i

suini.

L’ambiente dove venivano svolte le varie lavorazioni per la produzione del burro non si trovava

all’interno della cascina, ma consisteva in una piccola struttura chiamata burraia che si trovava nelle

immediate vicinanze, presso una sorgente. È bene ricordare che il complesso di Monte Giovi è ricco

di acqua sorgiva, fondamentale per la trasformazione del latte in burro. Il burro prodotto veniva infine

portato o alle fattorie sottostanti o venduto nei mercati di fondovalle, come Pontassieve, Vicchio e

Borgo San Lorenzo. Le strade erano poche ed inadeguate, il trasporto era quindi fatto dove le strade

26

Nelle vicinanze dell’ANPIL troviamo diverse cascine come Casa al Cerro, Le Capanne e Pratinovi.

27

Migrazione stagionale delle greggi che venivano spostate da pascoli situati in zone collinari o montane (nei periodi

estivi) verso quelli delle pianure (nei mesi invernali).

18


erano buone con carri, altrimenti a dorso di muli o con le tregge (ossia carri senza ruote, simile alle

slitte).

Nella nostra zona le burraie si diffusero soprattutto a partire dalla metà del ‘700, quando la domanda

di burro, che in precedenza era sempre stata assai limitata, andò incontro ad una rapida crescita. La

moda del burro sulle tavole borghesi si diffuse probabilmente anche a seguito dell’arrivo in Toscana

dei Lorena che, dopo l’estinzione della casata dei Medici nel 1737, portarono a corte le tradizioni

culinarie della loro terra d’origine (a confine tra Francia e Germania). La produzione è durata fino

agli anni ’50 del ‘900 ed in seguito le cascine sono state abbandonate e molte delle burraie oggi

risultano in pessime condizioni.

19


6. LE BURRAIE

Le burraie, come ci dice la parola, servivano per la produzione del burro 28 che, come abbiamo già

detto, non veniva fatta all’interno delle cascine, ma nelle immediate vicinanze. Queste erano piccole

costruzioni in pietra, a piano unico, in cui veniva svolta la produzione, la lavorazione e la

conservazione del burro. Queste strutture, poiché dovevano mantenere una bassa temperatura, erano

edificate in luoghi strategici sia per altitudine sia per esposizione: solitamente erano scelti luoghi

ombrosi, freschi ed umidi, con un’importante presenza di vegetazione. Inoltre, anche il modo in cui

venivano edificate favoriva un ambiente fresco: risultano infatti parzialmente interrate e non

presentano finestre, hanno solo le caratteristiche prese d’aria poste di solito sopra la porta di accesso,

dette “occhi”, che potevano avere varie forme, ma comunque di piccole dimensioni. Un’altra

caratteristica fondamentale delle burraie era la vicinanza di sorgenti o fossi che garantiva un afflusso

continuo di acqua all’interno, necessario per la produzione del burro. Il pavimento era in terra battuta

o con lastre di pietra. Alcune avevano una stanza, quelle più grandi due, coperte da una volta a botte.

All’interno di queste si trovavano vasche collegate tra di loro da canalette dove fluiva l’acqua e piani

in pietra per lavorazione dei prodotti. Nelle vasche scorreva continuamente l’acqua e qui venivano

messi i recipienti 29 con il latte, in questo modo la bassa temperatura permetteva alla parte più grassa,

la panna, di risalire in superficie. Questa parte veniva quindi tolta utilizzando la spannarola o un

cucchiaio di legno e messa all’interno delle zàngole (Fig. 13), ossia un recipiente in legno di forma

tronco-conica, alto e stretto, con un coperchio forato al centro. Nel foro passava un’asta munita di

uno stantuffo, sempre in legno, che veniva mosso su e giù. Questo processo era la battitura: ad una

temperatura di ca. 12 gradi, dopo 40-50 minuti di lavorazione, la panna iniziava ad agglomerarsi,

28

La storia del burro è molto antica. Il primo documento che fa riferimento al burro risale al periodo sumero (ca. 2500

anni fa) ed è denominato il Fregio della Latteria. Su una placca in bronzo, oggi conservata a Bagdad, sono incise le scene

della mungitura delle vacche e della produzione del burro in una “zangola” primitiva, ossia una giara contenente del latte

che veniva fatta rotolare a destra e sinistra. Ma nell’antichità il burro non veniva solo utilizzato per uso alimentare, ma

anche per la cosmesi, i riti cerimoniali, la medicina e come ottimo unguento medicale. Diverse sono le leggende che

circolano sull’origine del burro, alcuni la fanno risalire agli abitanti dell’India Asiatica com’è riportato in alcuni inni sacri

risalenti al 2000-1500 a.C., altri agli Ebrei che sarebbero stati i primi ad utilizzarlo per fini alimentari e nutritivi come

riportato nell’Antico Testamento, altri agli Sciiti che abitavano le zone tra il Danubio ed il Don tra VII e II secolo a.C.

Plinio il Vecchio nel Naturalis Historia, libro XXVIII, descrive i processi di produzione del burro e rimanda l’origine

alle Regioni settentrionali, dove il clima più freddo ne facilitava la produzione. Plinio ci dice anche che il burro era un

condimento raffinato dei popoli barbari ed il suo utilizzo distingueva i ricchi dai poveri. Il burro utilizzato dai barbari

andava a contrapporsi all’olio d’oliva usato dai romani.

Ma è soprattutto con il Medioevo che si ha una netta separazione dell’Europa in due parti: nell’area mediterranea

dominava l’olio d’oliva, mentre nella parte continentale i grassi animali con lo strutto ed il più prezioso burro.

Quest’ultimo, se nei paesi nordici era visto come ricco di virtù terapeutiche e capace di alleviare fame e sete, nell’Italia

meridionale era considerato pericoloso e causa di terribili malattie come la lebbra. Addirittura, qualche secolo dopo la

Chiesa vietò il consumo di alimenti di origine animale, e quindi del burro, nel periodo di Quaresima.

29

Bacinelle larghe e poco profonde in terracotta o ferro ben stagnato, per far salire più velocemente la parte grassa (in

estate il grasso sale più rapidamente, ma ad una temperatura troppo alta il latte potrebbe alterarsi).

20


separandosi dalla parte più liquida (il latticello, usato come alimento per i suini), e formando il burro.

Questo era poi modellato sui piani di pietra e mantenuto fresco all’interno delle vasche.

Fig. 13 Mihály Munkácsy, Donna che fa il burro, 1873 (Fonte: Wikipedia). La donna utilizza una

zangola.

6.1 LE BURRAIE NELL’ANPIL E FUORI

Un articolo che mi ha aiutato molto nella realizzazione di questo elaborato e, a mio avviso, di primaria

importanza per lo studio delle burraie è quello scritto da Chiti Batelli e Fusi nel 2003 “Le burraie di

Monte Giovi: storia agraria del territorio, architettura rurale e attività lattiero-casearie”. I due autori

hanno cercato e raccolto informazioni sulle burraie presenti nel territorio di Pontassieve, alle pendici

meridionali del Poggio Ripaghera e del Monte Giovi, individuandone ben 13 30 all’interno

dell’ANPIL:

30

14 se si considera anche quella presente accanto a Casa Tagliaferro, di cui rimangono solo i muri esterni; è comunque

segnalata sulla cartoguida, ma priva di foto e descrizione.

21


LOCALITA

Bacìo

Pesciulle

Nannarino

Fonterinalda

La Rocchetta

Fontassenzio

(casa colonica)

Fontassenzio monte

(Fonte Rosina)

Violana

(casa colonica)

Violana

(fosso del Risaio)

Fornellaccio

Caprile

Casa Peretola

Monterotondo 31

DESCRIZIONE E STATO DI CONSERVAZIONE

Restaurata nel 2008 grazie al gruppo “il Crinale”, vi scorre ancora oggi l’acqua all’interno. Qui sono

presenti tre vasche ed un piano per la lavorazione. È ancora in loco la porta in legno originaria. Occhio

tripartito.

Stato di conservazione: ottimo.

Manca completamente della facciata, nella parte interna sono ancora presenti alcune vasche, ma

risulta in gran parte crollata.

Stato di conservazione: pessimo.

In gran parte interrata con tetto a due spioventi. All’interno ci sono tre vasche ed un ripiano in cui è

scavata una canaletta in cui scorreva l’acqua per raffreddare il burro. Occhio ellissoidale.

Stato di conservazione: buono.

L’edificio è costruito in pietra, mattoni e calce, con volta a botte. L’interno è intonacato e sono

presenti due vasche ed un ripiano con una canaletta per il raffreddamento dei latticini. L’acqua

entrava da due bocche. Occhio ellissoidale.

Stato di conservazione: ottimo.

Molto particolare è la scala, a due rampe, che consente di scendere nella Burraia. Le pareti sono

piuttosto alte ed intonacate, il soffitto è più recente e realizzato in cemento armato. All’interno si

trova una vasca finemente lavorate e dei sedili laterali. Non è presente l’occhio.

Stato di conservazione: mediocre.

Documentata già agli inizi dell’Ottocento, è completamente interrata su tre lati. All’interno,

intonacato, si trovano una vasca e ripiani che corrono lungo le pareti.

Stato di conservazione: ottimo.

Nel 2007 è stata segnalata come in gran parte distrutta; ad oggi non è rilevabile.

Stato di conservazione: ruderi.

Una delle più grandi, composta da due stanze. Nella prima c’è una vasca adibita a lavatoio, nella

seconda, quella specifica per la lavorazione del burro, varie vasche. All’interno ci sono pareti in pietra

a vista ed ha una copertura con volta a botte. Purtroppo, è stato sostituito l’occhio originale.

Si trova all’interno di una proprietà privata.

Stato di conservazione: buono

Nel 2007 sono stati documentati resti dei muri sui tre lati addossati al terreno.

Ad oggi non è rilevabile.

Stato di conservazione: ruderi.

Originariamente doveva essere di maggiori dimensioni, presenta all’interno una vasca e dei ripiani

bassi per gli alimenti.

Si trova all’interno di una proprietà privata e non è facilmente visitabile.

Stato di conservazione: mediocre.

Copertura piana. Nella parete di fondo è presente una vasca (probabilmente in passato ce n’erano

altre). Non presenta l’occhio e l’ingresso è sul lato lungo.

Ad oggi non è rilevabile, probabilmente ricoperta dalla vegetazione.

Stato di conservazione: ?

Risalente alla seconda metà del Settecento, ha una forma a capanna con copertura a due spioventi. È

formata da due vani con vasche e nicchie alle pareti; sono inoltre scavate nei ripiani in pietra delle

cavità circolari che venivano riempite d’acqua e servivano per manipolare il burro e realizzare i

panetti.

Stato di conservazione: buono.

Si trova sul versante Nord di Poggio Ripaghera, nel Comune di Borgo San Lorenzo. Presenta un tetto

a doppio spiovente ed all’interno due vasche.

Stato di conservazione: mediocre

31

Scendendo dallo 00, dopo ca. 150 rispetto alla Burraia di Monterotondo, si trova lo scheletro di un’altra burraia (si

vede soltanto la struttura, la parte interna è totalmente crollata), non segnalata, forse proprio a causa dei pochi resti

rimasti.

22


Fig. 14 Burraia Nannarino, esterno ed interno.

Fig. 15 Burraia di Bacìo, esterno ed interno.

Ma queste piccole strutture non sono presenti solo in quest’area, ce ne sono infatti molte altre. Alcune

si trovano sempre nel comune di Pontassieve: Aceraia, Casa al Cerro (3), Pratinovi, Casa Peretola (2,

a nord di Acone), Brucoli, Fontana del Prete (Casa Campicozzoli-Galiga), Cascina della Collina,

Fattoria la Sturaia. Una ventina sono le burraie presenti nel Comune di Vaglia, che non sono

distribuite in modo uniforme, ma si concentrano tra Pratolino, Caselline e Montesenario. Sotto

quest’ultimo è stato inaugurato nel 2018 un percorso chiamato “Itinerario delle Burraie”, un piccolo

anello di 4,6 km che non richiede particolare impegno, che collega tre burraie 32 (Fig. 16), passando

anche per una delle ghiacciaie più grandi d’Europa costruita intorno al 1842: un altro elemento

importante dell’economia di questo periodo. Altre sono segnalate a Montepulico, ad Arliano e Villa

la Quiete nel comune di Borgo San Lorenzo, nei dintorni di Villore (comune di Vicchio), tra Bruscoli

e Monte Bastione (Comune di Firenzuola), sulle pendici di Poggio Citerna (comune di Vicchio) e del

Monte Carzolano (tra i comuni di Palazzuolo sul Senio e Borgo San Lorenzo), nei pressi di Casa

32

Podere Bucherello, Podere Cozzerine e Podere Acquirico.

23


Camposanico (comune di Vaiano), nei pressi di Rignalla (Comune di Bagno a Ripoli), lungo il

sentiero che da Montereggi porta a Poggio Pratone (Sorgente Burraia), presso la Casina della Burraia

(Comune di Subbiano), sui rilievi montuosi tra Prato e Pistoia, nelle vicinanze di Acquerino e di

Cascina Spedaletto e sulle Alpi Apuane, nei dintorni del Rifugio Forte dei Marmi e presso l’Albergo

Matanna.

Fig. 16 Burraia Bucherello lungo l’Itinerario delle Burraie (Comune di Vaglia).

Anche grazie alla toponomastica si possono individuare luoghi dove in passato si dovevano trovare

queste strutture, come i prati della Burraia nel Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte

Falterona e Campigna.

Possiamo quindi avere un’idea di quanto, in passato, questo tipo di strutture fossero utilizzate, tenendo

conto che molte probabilmente non sono giunte a noi e molte altre, essendo in pessimo stato di

conservazione, se non verrà fatto qualcosa al riguardo, finiranno nel dimenticatoio ed andremo quindi

a perdere un tassello importante della nostra storia locale.

24


7. IL SENTIERO DELLE BURRAIE (Tav. 1)

Il 12 ottobre 2008 è stato inaugurato il Sentiero delle Burraie, un percorso ad anello che collega tra

di loro quasi tutte le burraie presenti nell’ANPIL, segnato ed attrezzato con tabelle informative ed

aree di sosta 33 . Nello stesso anno è stata anche realizzata una cartoguida in scala 1:10000 34 (Fig.17).

Fig. 17 Cartoguida 1:10000 realizzata nel 2008 (http://www.caipontassieve.it/sb/)

Il percorso, segnato con i caratteristici colori del CAI bianco-rosso, ha come sigla SB, parte da Santa

Brigida 35 e si sviluppa per ca. 16 km con 938 m di dislivello in salita, per la maggior parte in ombra.

Lungo il percorso si trovano e sono visibili ad oggi otto burraie 36 che sono tutte in proprietà privata

33

Una si trova nel luogo che in paese chiamiamo “Le Sciabbie”, ossia dove si trova il trivio per Fonte Rosina, Bacìo,

Pesciulle; questa insieme a quella di Fonterinalda non presentano cartelli tematici. Le altre, che presentano invece

cartelli tematici, si trovano presso: Fonte Rosina ed alla Madonna del Sasso.

34

Scaricabile gratuitamente online su: http://www.caipontassieve.it/sb/. Qui è possibile scaricare anche le tracce gps dei

sentieri.

35

Il paese può essere raggiunto in Sita o in macchina. Solitamente la macchina viene lasciata in Piazza Cavour, dove si

trova anche una bacheca con la cartografia generale della zona. Altri parcheggi sono poco prima del campo sportivo, in

cima a via del Cimitero, oppure nella piazza in Doccio.

36

Le 8 burraie presenti lungo SB sono: Bacìo, Pesciulle, Nannarino, Fonterinalda, La Rocchetta, Fontassenzio, Violana

e Peretola. Per altre informazioni vedi tabella.

25


come la Burraia di Violana che è in prossimità di un’abitazione ed è oggi usata come cantina; è quindi

necessario, una volta arrivati davanti alla casa, chiamare Franco e chiedere il permesso per visitarla,

solitamente accordato senza problemi. Le burraie di Peretola (Fig. 18) e Caprile si trovano in una

azienda faunistico-venatoria, i cui proprietari, prima favorevoli al progetto, hanno poi ritirato la loro

disponibilità. Inoltre, la Burraia di Caprile risulta ad oggi ricoperta dalla vegetazione e non più

visibile, nonostante sia ancora presente su varie frecce segnavia. La Burraia di Peretola è invece ben

visibile e visitabile, trovandosi proprio sul bordo del Sentiero delle Burraie, che in quel tratto è su una

strada con diritto pubblico di passaggio su cui corre da sempre anche lo 00. In alcuni casi è anche

presente l’indicazione della Burraia Fornellaccio, anche questa all’interno di una proprietà privata e

più difficilmente visitabile di quella di Violana perché i proprietari non sono quasi mai presenti.

Ovviamente, non tutte le burraie sono conservate nello stesso modo. Quella che si trova nel peggior

stato di conservazione è sicuramente la burraia di Pesciulle (Fig. 18). Le burraie più grandi sono

invece quella di Peretola e di Violana, che presentano due stanze; la produzione del burro avveniva

nel secondo ambiente, più fresco.

Fig. 18 Sulla sinistra, Burraia di Peretola; sulla destra, Burraia di Pesciulle.

Questo sentiero è il mio preferito anche perché non annoia mai, ad ogni angolo presenta delle sorprese

sia dal punto di vista naturalistico-paesaggistico che dal punto di vista storico. Lungo il percorso

possiamo innamorarci davanti a panorami e scorci molto belli che ci fanno guardare lontano, oppure

rimanere un po’intimoriti davanti ai già citati edifici in stato di semiabbandono, Castelluccio e

Pesciulle, o alle Case di Pratellino. Queste ultime, fino a poco tempo fa, erano anch’esse nella stessa

condizione; ad oggi sono state acquistate e sono in via di risistemazione. Il Sentiero delle Burraie che

passava proprio da qui è stato quindi soggetto ad una piccola variazione (Fig. 19).

26


Fig. 19 In blu, variazioni dei sentieri in zona Case Pratellino (si ringrazia il Sig. Brunero Berti per le

informazioni e l’immagine).

Il percorso passa anche in luoghi di grande interesse storico e religioso, ossia da Villa la Rocchetta e

dal Santuario della Madonna del Sasso 37 dal cui cortile interno è possibile godere di un vasto

panorama verso la Valle delle Sieci, Valdarno Superiore, Monti del Chianti e Pratomagno (Fig. 20).

Fig. 20 Panorama dalla Madonna del Sasso.

Per raggiungere il Santuario si cammina su un bel selciato (che fa parte anche esso del Sentiero delle

Burraie; Fig. 21) che parte da Linari, passando per il Cancello Leonardi 38 . Un altro edificio molto

37

Qui si trova anche il centro visite dell’ANPIL.

38

La strada selciata, lunga ca. 800 m, risale al 1733 e fu restaurata negli anni 2002 dal Comune di Pontassieve insieme

ad associazioni locali. Fu realizzata dalla Famiglia Leonardi (ricchi possidenti terrieri della zona) che risiedeva a Linari;

all’inizio della strada, nelle vicinanze di Linari, venne realizzato anche il Cancello Leonardi, ed un muro di un centinaio

di metri a fianco ad esso. Il cancello dà il benvenuto al pellegrino-escursionista nel bosco. La via attraversa il Fosso

della Madonna (in prossimità del Cancello Leonardi) con un ponte in pietra risalente al 1834, quando fu sostituito

l’originario ponte in legno. Nel 2004 la via è stata decorata con le 14 stazioni della Via Crucis realizzate in pietra con

sculture in terracotta e targhe in ottone.

27


importante che si incontra lungo il sentiero è La Guardia (Fig. 21), una grande colonica, oggi rimessa,

che dà il benvenuto ai viandanti nel bosco ed è appunto a guardia di esso; anche in passato aveva

bene o male la stessa funzione: era un punto di controllo per i numerosi lavoratori che entravano nel

bosco. Si passa anche dalle Lucole 39 dove si trovano l’unica fattoria presente in paese ed una casa

torre risalente al XIII secolo, oggi abitazione privata.

Fig. 21 Sulla sinistra, selciato che dal Cancello Leonardi conduce fino al Santuario; sulla destra, La

Guardia. Entrambi i luoghi segnano l’ingresso al bosco.

I tratti di strada asfaltata sono pochi e dipendono dal punto di partenza: da Piazza Cavour si incontra

l’asfalto fino in cima a via del Cimitero dove poi ci si immette nel bosco, andando verso le Lucole lo

incontriamo fino all’inizio della strada bianca che conduce a Linari, mentre da Doccio lo troviamo in

via di Monterotondo fino alla strada bianca che porta a Violana. Un altro tratto di strada asfaltata si

trova poco prima della Madonna del Sasso, questa strada ha però una storia importante: fu infatti

ampliata e resa percorribile alle carrozze dal Granduca Ferdinando I dei Medici (1549-1609), per

venire incontro ai desideri della moglie, Cristina di Lorena, devota frequentatrice del Santuario.

Sul sentiero si incontrano anche alberi che meritano di essere citati: in prossimità della casa di

Pesciulle, si trova un esemplare di cerrosughera di particolare interesse sia per le grandi dimensioni

che per il portamento. Mentre, vicino alla Sorgente Castelluccio, si incontra un Albero dei Tulipani

(Fig. 22), ossia un grande albero caducifoglie originario del Nordamerica, piantato in Europa a scopo

ornamentale o per legname. La corteccia è grigio-verde e, con il passare del tempo, diventa rugosa e

fessurata. La chioma si sviluppa con una forma a piramide, soprattutto negli esemplari più giovani,

mentre risulta più tondeggiante negli esemplari maturi. Presenta foglie grandi, quadrilobate ed a

margine intero; la fioritura si ha in maggio con fiori giallo-aranciati simili ai tulipani. La sua presenza

39

Lucole viene dal latino lucos e significa “bosco sacro”, da ricollegarsi verosimilmente con la sacralità della zona.

28


è probabilmente da attribuire al Marchese Guadagni 40 che pare avesse in questa zona un giardino

botanico con varie specie esotiche.

Fig. 22 Tronco e fioritura dell’Albero dei Tulipani.

La percorribilità del sentiero è buona, tutti i tratti risultano puliti e sistemati dal CAI di Pontassieve.

Il sentiero può essere percorso durante tutto l’anno, anche nei mesi più caldi perché molte parti sono

in ombra. Si consiglia comunque l’utilizzo di scarpe da trekking ed abbigliamento adeguato al

periodo.

Come abbiamo detto, l’area di Monte Giovi è ricca di acqua, ed anche lungo il Sentiero delle Burraie

non manca (anche perché altrimenti non ci sarebbero le burraie). Lungo il sentiero si incontrano infatti

vari Fossi 41 , tra cui il Fosso del Risaio che, nei periodi di maggiori piogge, all’altezza di Violana è

necessario attraversare con un piccolo e semplice guado. Inoltre, sempre nella stessa zona, il Fosso

fa un piccolo salto creando una cascatina con una bella pozza, molto carina e rilassante (Fig. 23).

Oltre ai fossi, sono presenti anche punti in cui si può fare rifornimento d’acqua 42 , ma generalmente

questa non viene controllata e non se ne può pertanto garantire la potabilità.

40

A lui sono attribuiti anche alcuni rimboschimenti di douglasie ed abeti bianchi nella zona. I Guadagni sono stati

un’altra importante famiglia della zona.

41

Fosso della Guardia, Fosso del Risaio, Fosso del Bucino, Fosso Fontemurata, Fosso della Valle Buia, Fosso del

Paradiso, Fosso del Caprile, Fosso della Madonna.

42

Presso la Madonna del Sasso ed a Fonte Rosina. Quest’ultima è stata restaurata nel 2008 dal Comune di Pontassieve,

ma risulta chiusa da assi di legno; di fronte ad essa, sotto il livello della strada, si trova un rubinetto dove prendere

l’acqua. C’è poi la Sorgente Castelluccio, distante poche decine di metri dal percorso, che sembra una burraia, ma in

realtà si tratta di un casotto con funzione principale di presa di acqua sorgiva. Un’altra simile ad una burraia è la

Sorgente La Guardia; questa però non presenta né le caratteristiche vasche né la copertura, in passato doveva

probabilmente essere un luogo di sosta per i tanti lavoratori del bosco. L’acqua è poi presente anche in Piazza Cavour

ed in Doccio, in prossimità dei parcheggi.

29


Fig. 23 Cascata sotto la cascina di Violana.

Dal percorso principale dipartono poi altri sentieri 43 che permettono di realizzare anelli più brevi e

semplici a seconda del tempo a disposizione e dell’impegno che si vuol mettere nel camminare. Dal

Sentiero delle Burraie, continuando sullo 00, si può raggiugere anche il Parco Culturale di Monte

Giovi. Dal Sentiero delle Burraie rimangono esclusi comunque molti luoghi interessanti e bellissimi,

che fanno parte della storia di questo territorio: la Burraia di Monterotondo, la Cascina di

Monterotondo, i resti della Torre di Monterotondo e Casa Tagliaferro, una vecchia cascina che si

trova sopra la Valle dell’Inferno. Oltre a questi, anche punti panoramici molto belli: uno lungo il

sentiero 1 poco prima delle Case di Pratellino, su un gigantesco sperone di roccia (Fig. 24) e l’altro,

sullo 00, sul limite orientale dell’ANPIL, con un incredibile panorama a 360°. Rimangono fuori dal

percorso, per problemi logistici, anche i sentieri dove è possibile ammirare la fioritura del Cisto

laurino.

Fig. 24 Panorama sul sentiero 1.

43

00-1-2-3-4-5-6-8-D

30


8. MODIFICHE E VARIANTI

Dopo questo inquadramento storico-naturalistico, arriviamo al dunque. Il mio scopo è valorizzare il

territorio in cui vivo, farlo conoscere a più persone possibili e, perché no, incrementare il turismo

lento nella zona. Partendo dal presupposto che il Sentiero delle Burraie è tale dal 2008, ossia non ci

sono state né modifiche né aggiornamenti, sia sul sentiero stesso, sia sulla cartellonistica, ho deciso

di proporre alcune modifiche e varianti che a mio avviso possono dare maggior risalto a questo

incredibile percorso. Basta pensare che ancora sulle indicazioni è presente la Burraia di Caprile (Fig.

25), che abbiamo detto essere ricoperta dalla vegetazione e non più visibile, oppure quella di

Fornellaccio, che si trova all’interno di una proprietà privata e non visitabile. Inoltre, sempre nel

comune di Pontassieve sono presenti altre burraie che, al momento della realizzazione del percorso,

non furono tenute di conto, ma che sono facilmente raggiungibili da sentieri e percorsi che dipartono

dal Sentiero delle Burraie. Propongo quindi alcune modifiche al percorso e due varianti per collegare

il sentiero delle Burraie con la Burraia di Ninetta e la Burraia di Pratinovi.

Fig. 25 Frecce segnavia con ancora l’indicazione della Burraia di Caprile ad oggi non

rintracciabile.

8.1 MODIFICA 1: ALBERACCIO (Tav. 2/3)

Ad oggi il sentiero scende da Poggio Ripaghera passando da Peretola e continuando a sinistra verso

Pratellino per poi riscendere alla Rocchetta. La mia proposta è quella di far continuare il sentiero,

visto anche la recente acquisizione di Pratellino con conseguente realizzazione di varianti, sullo 00

31


fino all’Alberaccio, per poi girare a sinistra sul sentiero 8 e ricongiungersi al Sentiero delle Burraie

odierno poco sopra la Burraia della Rocchetta. I tratti che dovrebbero essere aggiunti si trovano

all’interno dell’ANPIL e del Comune di Pontassieve e risultano già segnati. Questa modifica

porterebbe il Sentiero delle Burraie a poca distanza dalla Via degli Dei che passa proprio

dall’Alberaccio. In questo modo si può sperare che anche solo una piccola parte dei camminatori che

percorrono questo famoso cammino, venendo a conoscenza di questo sentiero ricco di storia,

decidano di percorrerlo. Il Sentiero delle Burraie potrebbe quindi diventare una sorta di variante della

Via degli Dei. Chi decidesse di percorrerlo allungherebbe il suo viaggio di un giorno, per poi ritornare

all’Alberaccio e riprendere quindi la Via fino a Firenze. In alternativa, si potrà arrivare a Santa Brigida

e raggiungere Firenze in Sita oppure pensare ad un percorso che colleghi Santa Brigida con le Sieci

e quindi con la Via di Francesco per arrivare a Firenze.

I tratti di sentiero considerati per la modifica hanno una lunghezza complessiva di ca. 2,7 km 44 , in

parte su strada cementata, in parte su sentiero; non sono presenti fonti d’acqua in queste parti. La

lunghezza del Sentiero delle Burraie con questa modifica diventerebbe di ca. 18 km.

8.2 MODIFICA 2: MONTEROTONDO (Tav. 2/3)

Un’altra piccola modifica interessa la Burraia di Monterotondo, che non si trova lungo il percorso ed

è situata nel Comune di Borgo San Lorenzo. Infatti, salendo da Bacìo, poco prima della Burraia il

percorso svolta a sinistra verso Fonte Rosina. Propongo quindi l’aggiunta di questo piccolo tratto non

compreso nell’anello (come avviene per raggiungere la Burraia di Fontassenzio) di ca. 350 m che

permetterà di arrivare alla Burraia (Fig. 26), passando dai ruderi della Cascina di Monterotondo.

Anche in questo caso il tratto da aggiungere si trova su sentiero segnato, ossia sul sentiero 3 che va

verso Polcanto. La cartellonistica in questa parte è già presente. È presente una fonte d’acqua non

controllata, secca nei mesi più caldi.

Il Sentiero delle Burraie con queste due modifiche avrebbe una lunghezza di ca. 19 km, comunque

percorribili in un’unica giornata.

44

Le lunghezze vengono calcolate utilizzando l’applicazione Locus Map con confronto con la cartoguida.

32


Fig. 26 Burraia di Monterotondo, esterno ed interno.

8.3 VARIANTE 1: BURRAIA DI PRATINOVI (Tav. 2/3)

Per quanto riguarda le due varianti che propongo, queste interessano la parte orientale dell’ANPIL ed

una parte esterna ad essa. La prima, con nome SB1, parte da Violana, dove arriva anche oggi il

sentiero delle Burraie, e continua sul sentiero 6 per poi prendere a destra sullo 00. A circa 850 m da

qui, sulla destra si incrocia una strada bianca che porta verso Casa al Cerro ed arriva fino

all’Agriturismo Pratinovi. Circa 300 m prima dell’Agriturismo, sulla sinistra si trova la Burraia di

Pratinovi (Fig. 27), a pochi metri dal bordo stradale. È una burraia formata da un’unica stanza

intonacata, in gran parte interrata, con tetto a doppio spiovente e volta a botte. All’interno si trovano

ancora tre vasche ed il piano per la lavorazione. Presenta un occhio che sovrasta la porta d’ingresso

di forma quasi ellissoidale ed all’interno scorre ancora l’acqua. La strada bianca che porta fino a qui

risulta però proprietà privata; dovrà quindi essere chiesto il permesso ai proprietari del passaggio e la

possibilità di fare un’adeguata segnatura. Per quanto riguarda la cartellonistica potrà essere fatta

identica a quella presente lungo il Sentiero delle Burraie, oppure realizzata secondo il nuovo modello,

se verrà deciso di rifare la cartellonistica ex novo. Per la realizzazione di questo percorso non è

necessaria la creazione di alcun sentiero, essendo già tutto predisposto.

Purtroppo, il percorso non permette la realizzazione di un anello che si possa ricongiungere con il

Sentiero delle Burraie. Però a pochi metri dall’Agriturismo Pratinovi passa il sentiero 00 che porta

fino alla Cima di Monte Giovi (993 m s.l.m.) ed a tutti i sentieri che lo circondano. In questo modo il

Sentiero delle Burraie andrebbe a collegarsi direttamente con il Parco Culturale di Monte Giovi

andando quindi a formare un unico grande parco che racchiude una parte della storia locale.

Il tratto da aggiungere si trova sia su sentiero già segnato, sia su strada bianca. Fino alla strada di Casa

al Cerro, la salita (in andata e la discesa al ritorno) risulta molo ripida. La variante presenta infatti un

dislivello di ca. 350 m (Violana 498 m s.l.m.- Casa al Cerro 847 m s.l.m.) ed una lunghezza di 3 km

33


fino alla Burraia di Pratinovi (3,5 km ca. all’innesto con il sentiero 00 che porta a Monte Giovi); è

quindi consigliato l’utilizzo dei bastoncini. Lungo questo percorso non ci sono fonti d’acqua 45 .

Fig. 27 Burraia Pratinovi, esterno ed interno.

8.4 VARIANTE 2: BURRAIA NINETTA (Tav. 2/3)

L’altro percorso SB2 parte sempre da Violana. Nella prima parte passa da un vecchio sentiero segnato

con frecce arancioni e gialle che sulla Carta dei Sentieri della Provincia di Firenze 03 Firenze e Val

di Sieve della Dream viene chiamato Comunità “il Pellegrino”; si accede al sentiero passando accanto

ad un cancello di metallo (il secondo che si incontra sulla destra venendo dal paese) e costeggiando

le proprietà della casa colonica di Violana. Dopo poche centinaia di metri (ca. 200 m) si prende a

destra su una vecchia strada, in parte lastricata, che collega direttamente Violana con Galiga e quindi

con la Burraia di Ninetta 46 (Fig. 28). Quest’ultima risale al 1868, come è inciso su un masso alle

spalle della struttura 47 (Fig. 29). La burraia è stata recentemente restaurata 48 , presenta un tetto a

doppio spiovente e due vasche esterne in cui si trova l’acqua. Sull’architrave si trova un occhio

ellissoidale, a mio parere non originale. All’interno, in un’unica stanza, si trovano tre vasche e le basi

del piano di lavorazione.

45

La più vicina è Fonte della Capra che dista 1,5 km dall’innesto della variante proposta con lo 00.

46

Ho consultato le mappe relative alla comunità di Pontassieve, sezione Galiga, del Catasto particellare Toscano

del 1832 per vedere se trovavo questa strada. Effettivamente è presente con il nome di Strada della Selva. Quindi

questa esisteva già nell’Ottocento ed a maggior ragione questo tratto deve essere valorizzato!

47

Ninetta doveva essere Caterina “Ninetta” Vecchi, moglie del Marchese Eugenio Gondi proprietario di queste terre nel

1868.

48

L’opera di recupero è iniziata a settembre 2010 grazie al consenso della Fattoria di Grignano (a cui appartiene) ed al

contributo della Fondazione CR Firenze.

34


Fig. 28 Burraia di Ninetta, esterno ed interno.

Fig. 29 Incisione con la scritta “Ninetta 1868” alle spalle della Burraia.

Dalla Burraia è possibile realizzare un anello per ricongiungersi al Sentiero delle Burraie o passando

da sopra Galiga o da Aceraia. In entrambi i casi la prima parte del percorso è la stessa 49 : dopo la

Burraia si va verso la strada bianca dove prendiamo a sinistra, continuiamo quindi su questa strada,

passando alle spalle del lago, dei calanchi e del cimitero di Galiga, per ritrovarsi poi sul sentiero 7. A

questo punto possiamo prendere a sinistra passando tra le aree di caccia chiamate Valle del

Purgatorio, Valle di Lucifero e Valle del Paradiso e continuare sul sentiero 50 che ci riporterà a

Violana, da dove siamo partiti (Tav. 2). In alternativa, possiamo continuare sul 7 fino ad Aceraia dove

riprenderemo il sentiero 9 a sinistra fino a Violana (Tav. 3). In entrambi i casi il percorso risulta in

parte su strada bianca ed in parte su sentiero. Nel primo caso la variante ha una lunghezza di ca. 7,5

km ed un dislivello di ca. 300 m; nel secondo caso, una lunghezza di ca. 9 km ed un dislivello di ca.

400 m. Alla Burraia di Ninetta è presente una fonte di acqua non controllata. Qui si trova già un

cartello contenente informazioni relative alla Burraia diverso però da quelli utilizzati per il Sentiero

49

Sulla carta della Dream suddetta, questo è il percorso CP.

50

Sempre sentiero CP.

35


delle Burraie; sarebbe quindi necessario un nuovo cartello da affiancare al suddetto per omologare il

tutto, descrittivo della parte tecnica e strutturale che è mancante in quello già presente.

Queste modifiche e varianti (ma anche il Sentiero delle Burraie) sono fatte quasi nella totalità su

sentieri semplici, senza grosse difficoltà tecniche. Per percorrerli sono necessarie, comunque, scarpe

da trekking ed è consigliato, soprattutto in alcuni punti come per la variante SB1, l’utilizzo dei

bastoncini. I sentieri possono essere percorsi in tutti i mesi dell’anno, anche durante i mesi più caldi

grazie alla presenza di una fitta e diffusa copertura arborea ed all’altitudine 51 .

Tav, 1 Sentiero delle Burraie, com’è oggi

Tav. 2 Sentiero delle Burraie con modifiche proposte e SB2 Variante Ninetta 1

Tav. 3 Sentiero delle Burraie con modifiche proposte e SB2 Variante Ninetta 2

51

Molte persone nei mesi estivi vengono in paese a frescheggiare.

36





8.5 ALTRE PROPOSTE

Oltre alle modifiche ed alle varianti, un’altra proposta che vorrei avanzare riguarda

l’ammodernamento del sentiero con selfie point (come proposto dal Green Team di Vaglia sulla Via

degli Dei e lungo l’Itinerario delle Burraie; Fig. 30) ed anche una nuova cartellonistica.

Fig. 30 Selfie point sotto Montesenario del Green Team di Vaglia.

Un’altra idea che avrei piacere di sviluppare è la realizzazione di un evento mirato alla promozione

del Sentiero delle Burraie. L’evento, dal nome “Burraie in festa”, interesserà un fine settimana intero.

Sarà una sorta di festa dell’escursionismo, come lo Slow Travel Fest di Monteriggioni, che nella

nostra zona però non si è mai tenuto. In paese ci saranno vari stand legati a quest’attività: guide

escursionistiche e turistiche proporranno i loro itinerari, produttori locali i loro prodotti, rivenditori

specializzati in trekking capi di abbigliamento ed accessori, etc. Ovviamente non mancherà da

mangiare e da bere. La comunità di Santa Brigida è molto attiva per quanto riguarda le feste di paese,

verranno quindi convolti i membri della Parrocchia, della Casa del Popolo e dell’Unione Sportiva

Santa Brigida. Durante le due giornate guide escursionistiche partiranno dal paese per percorrere vari

sentieri di difficoltà diverse, così i partecipanti potranno scegliere il percorso più adatto alle loro

capacità; verranno proposte anche escursioni in bici. La festa dovrà incuriosire ed interessare varie

fasce di pubblico dai più piccoli ai più grandi, per questo ci saranno diversi eventi collaterali: per i

più grandi, conferenze, lezioni di yoga, musica, per i più piccoli caccia al tesoro, orienteering etc. Il

tutto ovviamente realizzato da realtà locali come l’Associazione Un Paese sulla Collina Sara Cerrini

di Doccia, con cui collaboro da diversi anni, specializzata nella realizzazione di corsi sulle erbe

37


spontanee. Durante la festa ascolteremo anche i racconti degli anziani del paese. Insomma, due giorni

per scoprire questo bellissimo territorio!

Santa Brigida può essere raggiunta o con la Sita o con i mezzi propri; purtroppo, i parcheggi auto non

sono tantissimi. Per ovviare a questa problematica, ipotizzando che ci siano molti interessati

all’evento, potranno essere allestite delle navette con partenza dalle Sieci, dove è possibile arrivare

anche con il treno. Per chi deciderà di rimanere a dormire verranno individuate delle aree per

campeggiare.

I fondi che verranno raccolti saranno la base per realizzare interventi di messa in sicurezza e restauro

delle burraie, partendo da quelle in condizioni più precarie come quella di Pesciulle, e per la

manutenzione del sentiero. A questi verranno poi aggiunti i soldi provenienti da un Crowfounding

che verrà lanciato a breve, insieme ai soldi che verranno raccolti da me durate alcune escursioni

all’interno dell’ANPIL che saranno interamente devoluti a questa causa.

38


CONCLUSIONI

Spero che l’elaborato metta in luce il fascino e la ricchezza di storia dei luoghi in cui vivo, insieme

alla mia voglia di valorizzarli e di preservarli. Temo che tutte queste bellezze non possano arrivare

alle future generazioni. Ho visto con i miei occhi come il tempo scorre inesorabile: a dicembre durante

un’escursione sono passata da Casa Tagliaferro, le sue condizioni strutturali erano pessime, ma le

pareti erano in piedi; ripassandoci a giugno ho constatato che le pareti centrali erano crollate. Non

vorrei che questo accadesse anche alle altre emergenze presenti nell’area. Anche per questo è nato il

progetto “I Sentieri di Arianna”, ma l’obiettivo è anche quello di coinvolgere le Istituzioni e le

Associazioni locali, con il fine di mettere in sicurezza queste strutture ed incrementare la promozione

e la fruizione del Sentiero delle Burraie per far conoscere a più persone possibili questi luoghi

meravigliosi.

39


BIBLIOGRAFIA

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40


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http://www.trekkingapiedi.it/PRipaghBrigid.htm

https://www.bgeo.it/glossario/unita-litologica/

https://www.guidabotanica.it/1sp/Quercus_crenata.html

https://www.ilfilo.net/tempio-etrusco-straordinaria-scoperta-archeologica-monte-giovi-mugello/

https://www.castore.it (Comune Pontassieve, Comunità Pontassieve, Sezioni Sasso e Galiga).

http://www.caipontassieve.it/sb/

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