11.04.2023 Views

CCL_Modello Organizzativo

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

MODELLO ORGANIZZATIVO<br />

Gestione e controllo per la prevenzione<br />

dei reati ex D.Lgs 8 giugno 2001 n.231<br />

Adottato a seguito di delibera del Consiglio di Ammistrazione del 22 novembre 2021<br />

Versione 1.42 del novembre 2021 - D.Lgs 14 luglio 2020,<br />

n.75 Prima Versione 1.0 del 27 dicembre 2018


SOMMARIO


1. PREMESSA SUL MODELLO TEMPORANEO<br />

4<br />

2. CONTESTO DI RIFERIMENTO<br />

6<br />

3. DESCRIZIONE DELLA REALTÀ<br />

ATTIVITÀ, IDENTITÀ CULTURALE, VALORI, DESCRIZIONE ATTIVITÀ<br />

DEL CONSORZIO <strong>CCL</strong><br />

14<br />

4. IL MODELLO ORGANIZZATIVO<br />

20<br />

5. ORGANISMO DI VIGILANZA<br />

30<br />

6. LE SANZIONI IN CASO DI VIOLAZIONE DEL PRESENTE MODELLO<br />

40<br />

7. PIANO DI FORMAZIONE E COMUNICAZIONE<br />

44


1. PREMESSA SUL MODELLO TEMPORANEO<br />

COSTRUZIONE DEL MODELLO ORGANIZZATIVO 231 (PLUS+) <strong>CCL</strong><br />

Il modello organizzativo realizzato da <strong>CCL</strong> vuole rispondere nella concretezza<br />

operativa della vita dell’impresa e del lavoro quotidiano dei suoi collaboratori, ai<br />

valori etici e alla identità mutualistica alla base dell’esistenza di <strong>CCL</strong>.<br />

Nella fase preparatoria, in cui il Consorzio si è approcciato al problema<br />

dell’applicazione di un modello organizzativo secondo la normativa 231, ci si è<br />

posti immediatamente l’obiettivo di essere coerenti e paralleli alla mission del<br />

Consorzio: “costruire case e relazioni abitative a misura umana e sociale”. Nella<br />

mission di <strong>CCL</strong> c’è una grande e sottolineata coerenza tra ciò che si dice e ciò<br />

che si fa.<br />

Applicando questo bisogno di “realtà”, di concreta applicabilità alla costruzione<br />

del modello organizzativo 231, si è evidenziato che limitare il modello ai reati<br />

presupposto avrebbe richiesto (in applicazione al Codice Etico, peraltro contenuto<br />

nel modello) di costruire altri modelli per il presidio di reati non compresi del<br />

catalogo 231 e di altri illeciti (civili e amministrativi) a presidio della legalità in<br />

senso ampio.<br />

In sostanza, l’amministrazione del Consorzio, guidata e orientata dalla propria<br />

cultura costitutiva, cultura di sobrietà, trasparenza e concretezza, trovava poco<br />

dover costruire modelli diversi che restassero, di fatto, solo “sulla carta” come:<br />

A. <strong>Modello</strong> e codice etico 231<br />

B. <strong>Modello</strong> per gli altri aspetti della legalità<br />

C. <strong>Modello</strong> per l’organizzazione operativa.<br />

In funzione di ciò quando si è scesi ad esaminare la concreta applicazione<br />

e condivisione dei vari modelli con collaboratori e fornitori , si è palesata<br />

l’impossibilità concreta di proporre tre percorsi di formazione/apprendimento<br />

per quello che, in realtà, era un unico obiettivo contenuto nel Codice Etico: la<br />

volontà del Consorzio di creare un sistema di Compliance, “Conformità alle<br />

disposizioni stabilite dalla norma generale e alle regolamentazioni determinate<br />

da <strong>CCL</strong>”, che al suo interno contenesse tutte le specifiche della 231 ma che<br />

ampliasse la sua valenza all’intero “agire aziendale secondo le regole” e quindi<br />

ai dettami del Codice Etico.<br />

Nella mappa concettuale si può vedere la relazione tra Compliance ed efficienza<br />

organizzativa e il perimetro del modello 231, che si sviluppa all’interno di un<br />

modello più ampio, costituendone un sottoinsieme, che ha portato alla creazione<br />

di una nuova tipologia di modello che abbiamo denominato (PLUS+).<br />

In contemporanea a queste riflessioni e consultando vari modelli 231, si è fatta<br />

un’altra considerazione relativa alla diffusa difficoltà di comprensione dei vari<br />

modelli scritti ed impaginati come libri di diritto e quindi poco intelligibili per chi<br />

non è esperto; per cui si è fatta la scelta di utilizzare per il modello organizzativo 231<br />

(PLUS+) <strong>CCL</strong>, schemi, tabelle, colori e una differente grafica per arrivare a un testo di<br />

maggiore valenza formativa, curando che, realmente, tutti i collaboratori lo potessero<br />

comprendere in profondità per poterlo poi concretamente applicare nella quotidianità.<br />

4 / MODELLO ORGANIZZATIVO


MODELLO ORGANIZZATIVO 321 (PLUS+) <strong>CCL</strong><br />

COMPLIANCE<br />

REGOLE<br />

DELL’ORGANIZZAZIONE<br />

NORME<br />

DELL’ORDINAMENTO<br />

GIURIDICO<br />

QUALITÀ<br />

CODICE ETICO<br />

REATI<br />

PRESUPPOSTO 231<br />

ALTRI REATI<br />

ILLECITI<br />

ANALISI DEI RISCHI<br />

AZIONI DI PREVENZIONE<br />

CIVILI<br />

AMMINISTRATIVI<br />

EFFICACIA<br />

ORGANIZZAZIONE<br />

MODELLO ORGANIZZATIVO 231<br />

(CLASSICO)<br />

MODELLO ORGANIZZATIVO 231<br />

(PLUS+) <strong>CCL</strong>


2. CONTESTO DI RIFERIMENTO<br />

2.A) CENNI SULLA DISCIPLINA PREVISTA DAL D.LGS. N. 231/2001<br />

E SUCCESSIVE INTEGRAZIONI<br />

Il D.lgs. n. 231/2001 è stato promulgato dal legislatore italiano in data 8 giugno<br />

2001, ed è entrato in vigore il 4 luglio successivo. Tale intervento normativo<br />

ha innovato la disciplina italiana in materia di responsabilità delle persone<br />

giuridiche, parzialmente superando il brocardo latino: societas delinquere non<br />

potest”. Tale concetto giuridico, che significa letteralmente “la società non può<br />

delinquere”, racchiudeva ed esprimeva il concetto che le persone giuridiche non<br />

potessero essere soggette a responsabilità penale, in quanto gli eventuali reati<br />

erano ritenuti compiuti unicamente dalle persone fisiche responsabili, al di fuori<br />

dell’ambito di operatività dell’Ente. I responsabili di eventuali reati erano sempre<br />

e solo le persone fisiche, pur quando era manifesto che avevano commesso i<br />

reati anche in favore della società. Questo poteva determinare inoltre, che<br />

l’impresa godesse comunque del vantaggio del reato, indipendentemente dalla<br />

punizione del colpevole persona fisica, così discriminando le aziende che invece<br />

rispettavano le regole.<br />

Con l’emanazione del decreto legislativo n. 231/2001 il legislatore ha superato<br />

tale precedente impostazione, adeguandosi peraltro al panorama internazionale,<br />

regolamentando la materia alla luce di perseguire un duplice scopo:<br />

• da un lato evitare che le persone giuridiche possano superare indenni<br />

comportamenti penalmente illeciti commessi da propri rappresentanti;<br />

• dall’altro sensibilizzare le persone giuridiche a porre in essere concreti<br />

comportamenti di vigilanza, volti ad impedire la commissione di reati da<br />

parte del proprio personale, pena la propria responsabilità.<br />

Sulla base di tali premesse, il D.lgs. n. 231/2001, titolato: “Disciplina della<br />

responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle<br />

associazioni anche prive di personalità giuridica”, ha introdotto, per la prima<br />

volta in Italia, delle ipotesi di responsabilità delle persone giuridiche in caso di<br />

commissione di alcuni reati.<br />

In particolare tale responsabilità delle persone giuridiche viene accertata<br />

in sede penale, insieme con la responsabilità del soggetto materialmente<br />

autore dell’illecito, e scatta se vengono commessi, nell’interesse o a vantaggio<br />

dell’ente, alcuni degli specifici reati richiamati dal decreto, da persone interne o<br />

legale all’ente che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di<br />

direzione dell’ente, specifici reati previsti dalla stessa disciplina n. 231.<br />

Questo perchè il legislatore italiano ha inteso evitare che le persone giuridiche<br />

possano trarre profitto da comportamenti illeciti commessi da propri<br />

6 / MODELLO ORGANIZZATIVO


amministratori e/o dipendenti, ovvero che le stesse, per fini di profitto, possano<br />

provocare ovvero comunque tollerare situazioni di illecito.<br />

La responsabilità prevista a carico delle persone giuridiche dal Decreto n.<br />

231 si aggiunge, e non esclude, quella della persona fisica che ha realizzato<br />

materialmente il fatto.<br />

La nuova responsabilità introdotta dal D.lgs. 231/2001 colpisce dunque il<br />

patrimonio degli enti che abbiano tratto un vantaggio dalla commissione degli<br />

illeciti, onde evitare, in primo luogo, che gli stessi traggano profitto dalla<br />

commissione di illeciti, e, in secondo luogo, al fine di sensibilizzare gli stessi a<br />

prevenire la commissione degli illeciti.<br />

Va ancora detto che il vantaggio necessario per la sussistenza della responsabilità<br />

dell’Ente, in caso di illecito può essere non solo diretto, ma anche indiretto, ovvero<br />

derivante da un risparmio di spesa, es. per sicurezza e/o vigilanza. Dunque se<br />

dovesse verificarsi, da parte del personale di un Ente, la commissione di uno<br />

dei reati per i quali scatta la responsabilità ai sensi del Decreto, e si dovesse<br />

accertare che l’Ente aveva omesso le cautele necessarie per un risparmio di<br />

spesa, allora lo stesso sarebbe ritenuto responsabile e verrebbe sanzionato con<br />

le specifiche sanzioni come disciplinato nel decreto.<br />

2.B) QUANDO SCATTA LA RESPONSABILITÀ DELL’ENTE AI SENSI<br />

DEL D.LGS. N. 231/2001<br />

Sempre tenendo a mente il brocardo: “societas delinquere non potest”, ovvero<br />

che la persona giuridica non può autonomamente delinquere, se non per mezzo<br />

del soggetto che materialmente agisce in nome e per conto di essa, il legislatore<br />

ha definito la responsabilità dell’Ente non come responsabilità penale, ma come<br />

“responsabilità amministrativa”.<br />

Infatti in caso di commissione, da parte del personale di un Ente, di alcuno dei<br />

reati previsti dalla normativa n. 231/2001, accanto alla responsabilità penale<br />

personale dell’autore del reato, sorge altresì la responsabilità dell’Ente.<br />

Va inoltre osservato che responsabilità amministrativa dell’Ente è prevista<br />

come autonoma da quella della persona fisica che ha agito nel nome e<br />

nell’interesse dell’ente stesso, e le due responsabilità possono sussistere, anche<br />

indipendentemente l’una dall’altra.<br />

Ciò in quanto l’art. 8 della normativa n. 231/2001 prevede che la responsabilità<br />

dell’Ente possa sussistere anche nel caso in cui il soggetto autore del reato<br />

non sia imputabile o non sia identificato, essendo sufficiente per fondare la<br />

responsabilità amministrativa l’astratta commissione di un reato tra quelli<br />

previsti dal Decreto; del pari la responsabilità dell’Ente non viene meno in caso<br />

PARTE GENERALE / 7


di improcedibilità dell’azione penale verso il responsabile, salvo casi di pieno<br />

accertamento dell’insussistenza del fatto.<br />

Inoltre come detto la responsabilità dell’Ente può sussistere anche nel caso in<br />

cui l’autore del reato resti ignoto, ma in tal caso la giurisprudenza ha chiarito<br />

che servono comunque indizi per individuare se il reato è stato commesso da un<br />

soggetto in posizione apicale o da un sottoposto.<br />

La responsabilità deriva per l’ente dal suo fatto omissivo proprio (ovvero per una<br />

sua specifica colpa, qualificata come: “colpa di organizzazione e/o di politica di<br />

impresa”), ovvero per non aver lo stesso previsto, ovvero imposto l’osservanza di<br />

misure di prevenzione dell’illecito verificatosi.<br />

In caso di responsabilità dell’ente la stessa è punita non con le classiche sanzioni<br />

previste da sistema penale, ma con specifiche sanzioni previste dal Sistema 231,<br />

sanzioni come detto definite “amministrative”, che vanno dal pagamento di una<br />

somma calcolata anche alla luce delle condizioni economiche e patrimoniali<br />

dell’ente, alla revoca di licenze, sino alla sospensione della propria attività per<br />

un determinato periodo di tempo.<br />

2.C) I REATI PER I QUALI È PREVISTA LA RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA<br />

DELL’ENTE<br />

La responsabilità amministrativa degli Enti prevista dal decreto n. 231/2001<br />

sussiste non in caso di commissione di tutti i reati previsti dall’ordinamento, ma<br />

soltanto in caso di commissione di quelli specificamente richiamati dal medesimo<br />

decreto, ovvero in caso di alcuni reati che specificamente fanno riferimento anche<br />

a tale tipo di soggetto responsabile.<br />

I reati richiamati dal D.Lgs. n. 231/01 sono sottoposti ad aggiornamento ed<br />

ampliamento continuo, che il legislatore realizza o mediante l’introduzione di<br />

nuovi reati, ovvero l’abrogazione di altri, ovvero ancora mediante l’introduzione di<br />

specifici casi di responsabilità a carico degli Enti previste da norme non inserite<br />

nel Decreto, ma in alcune leggi speciali.<br />

Al momento dell’adozione del presente modello, la responsabilità amministrativa<br />

degli enti sussiste per tali reati, raggruppati per famiglie secondo la catalogazione<br />

in articoli del Decreto:<br />

1. Indebita percezione di erogazioni, truffa in danno dello Stato o di un ente<br />

pubblico o per il conseguimento di erogazioni pubbliche e frode informatica<br />

in danno dello Stato o di un ente pubblico (Art. 24, D.Lgs. n. 231/2001);<br />

2. Delitti informatici e trattamento illecito di dati (Art. 24-bis, D.Lgs. n. 231/2001);<br />

3. Delitti di criminalità organizzata (Art. 24-ter, D.Lgs. n. 231/2001);<br />

4. Concussione, induzione indebita a dare o promettere altra utilità e corruzione<br />

(Art. 25, D.Lgs. n. 231/2001);<br />

8 / MODELLO ORGANIZZATIVO


5. Falsità in monete, in carte di pubblico credito, in valori di bollo e in strumenti<br />

o segni di riconoscimento (Art. 25-bis, D.Lgs. n. 231/2001);<br />

6. Delitti contro l’industria e il commercio (Art. 25-bis.1, D.Lgs. n. 231/2001);<br />

7. Reati societari (Art. 25-ter, D.Lgs. n. 231/2001);<br />

8. Reati con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico previsti<br />

dal codice penale e dalle leggi speciali (Art. 25-quater, D.Lgs. n. 231/2001);<br />

9. Pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili (Art. 25-quater.1,<br />

D.Lgs. n. 231/2001);<br />

10. Delitti contro la personalità individuale (Art. 25-quinquies, D.Lgs. n. 231/2001);<br />

11. Reati di abuso di mercato (Art. 25-sexies, D.Lgs. n. 231/2001);<br />

12. Altre fattispecie in materia di abusi di mercato (Art. 187-quinquies TUF);<br />

13. Reati di omicidio colposo e lesioni colpose gravi o gravissime, commessi con<br />

violazione delle norme antinfortunistiche e sulla tutela dell’igiene e della<br />

salute sul lavoro (Art. 25-septies, D.Lgs. n. 231/2001);<br />

14. Ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza<br />

illecita, nonchè autoriciclaggio (Art. 25-octies, D.Lgs. n. 231/2001);<br />

15. Delitti in materia di violazione del diritto d’autore (Art. 25-novies, D.Lgs. n.<br />

231/2001);<br />

16. Induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci<br />

all’autorità giudiziaria (Art. 25-decies, D.Lgs. n. 231/2001);<br />

17. Reati ambientali (Art. 25-undecies, D.Lgs. n. 231/2001);<br />

18. Impiego di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (Art.<br />

25-duodecies, D.Lgs. n. 231/2001);<br />

19. Razzismo e xenofobia (Art. 25-terdecies, D.Lgs. n. 231/2001);<br />

20. Frode in competizioni sportive, esercizio abusivo di gioco o di scommessa e<br />

giochi d’azzardo esercitati a mezzo di apparecchi vietati (Art. 25-quaterdecies,<br />

D.Lgs. n. 231/2001);<br />

21. Responsabilità degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato<br />

(Art. 12, L. n. 9/2013) [Costituiscono presupposto per gli enti che operano<br />

nell´ambito della filiera degli oli vergini di oliva];<br />

22. Reati transnazionali (L. n. 146/2006) [Costituiscono presupposto per la<br />

responsabilità amministrativa degli enti i seguenti reati se commessi in<br />

modalità transnazionale].<br />

2.D) I SOGGETTI E LE RESPONSABILITÀ DELL’ENTE<br />

Come detto la responsabilità dell’Ente sussiste, in caso di commissione di alcuno<br />

dei reati previsti dal sistema 231, in caso di commissione del reato da parte di<br />

alcuni particolari soggetti tra quelli dipendenti dell’ente. I soggetti che possono<br />

determinare responsabilità dell’Ente sono individuati all’art. 5 del Decreto, che li<br />

divide in due categorie:<br />

A. Persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o<br />

di direzione dell’ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia<br />

finanziaria e funzionale nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la<br />

gestione e il controllo dello stesso;<br />

PARTE GENERALE / 9


B. Da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui<br />

alla lettera a).<br />

La prima categoria di soggetti individuati dalla norma è composta dai soggetti in<br />

posizione apicale, mentre la seconda categoria è composta dai dipendenti.<br />

I soggetti in posizione apicale sono coloro che si pongono al vertice della struttura<br />

aziendale: si tratta di soggetti che esprimono la volontà dell’impresa e che<br />

s’identificano con essa. Essi sono individuati sulla base della funzione esercitata:<br />

funzione di rappresentanza (rappresentante legale) o di direzione (direttore<br />

generale) o di amministrazione dell’ente (amministratore unico o delegato).<br />

Per dipendenti, invece, s’intendono le persone assoggettate alla direzione o alla<br />

vigilanza di uno dei soggetti apicali, e gli altri soggetti che possono operare per<br />

conto dell’azienda e/o i collaboratori esterni.<br />

La distinzione dei soggetti dell’Ente nell’una o nell’altra categoria è rilevante<br />

nell’ambito del sistema 231, in quanto è diversa l’imputazione dell’illecito all’ente<br />

a seconda che sia commesso da soggetti dell’una o l’altra categoria.<br />

Infatti in caso di commissione di alcuno dei reati previsti dal decreto n. 231/2001<br />

e successive integrazioni da parte di un soggetto dell’Ente qualificato in posizione<br />

apicale, scatta la responsabilità dell’Ente, e quest’ultimo, per poter essere esente<br />

da responsabilità, dovrà dimostrare di aver invece adottato tutte le misure volte a<br />

prevenire l’illecito commesso.<br />

Nel caso di reati commessi dai sottoposti, vi è responsabilità dell’Ente solo<br />

nel caso in cui si dovesse ravvisare che la commissione dell’illecito è stata<br />

determinata dalle direttive impartite.<br />

Infine, poiché come detto la responsabilità dell’Ente ai sensi del Decreto 231 si<br />

somma a quella del responsabile nel solo caso in cui l’Ente abbia tratto un profitto<br />

dall’illecito, l’ultimo comma dell’art. 5 del Decreto esclude la responsabilità<br />

dell’Ente qualora l’autore dell’illecito abbia agito “nell’interesse esclusivo<br />

proprio o di terzi”.<br />

2.E) IL SISTEMA SANZIONATORIO<br />

In caso di commissione degli illeciti il D.Lgs. 231/2001 prevede delle specifiche<br />

sanzioni a carico della persona giuridica ritenuta responsabile.<br />

Le sanzioni previste dal Decreto a carico degli Enti, che vengono qualificate<br />

come “sanzioni amministrative”, sono suddivise in quattro tipologie dall’art. 9<br />

del Decreto, e le stesse sono:<br />

• sanzioni pecuniarie;<br />

10 / MODELLO ORGANIZZATIVO


• sanzioni interdittive;<br />

• confisca;<br />

• pubblicazione della sentenza.<br />

Le sanzioni pecuniari mirano a colpire il patrimonio dell’Ente, con funzione<br />

sanzionatoria e ripristinatoria dell’illecito commesso.<br />

Le stesse sono comminate dalla disciplina secondo un criterio di computo che, in<br />

alcuni casi, ai sensi dell’art. 11 del Decreto, si basa sulle condizioni economiche e<br />

patrimoniali dell’Ente responsabile, onde assicurare “l’efficacia della sanzione”,<br />

come precisato dalla norma.<br />

Le sanzioni interdittive, previste dall’art. 13, le quali sono applicabili solo in<br />

caso di commissione di alcuni reati e solo in caso di grave profitto dell’Ente o di<br />

reiterazione dell’illecito, ed in tal caso anche in via cautelare durante il corso del<br />

procedimento di accertamento, sono le seguenti:<br />

• interdizione dall’esercizio dell’attività;<br />

• sospensione o revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali<br />

alla commissione dell’illecito;<br />

• divieto di contrattare con la Pubblica Amministrazione;<br />

• esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi e sussidi, e/o revoca di<br />

quelli eventualmente già concessi;<br />

• divieto di pubblicizzare beni o servizi.<br />

La confisca mira ad eliminare dal circuito economico il profitto dell’attività illecita<br />

commessa dall’Ente.<br />

La pubblicazione della sentenza di condanna mira a sanzionare sul piano pubblico<br />

l’attività illegittima dell’Ente, con funzione sanzionatoria e repressiva.<br />

Ai sensi dell’art. 13 del Decreto, le sanzioni interdittive debbono avere una durata<br />

non inferiore a tre mesi e non superiore a due anni. La recente legge n. 3 del 9<br />

gennaio 2019, c.d. legge “Spazzacorrotti”, ha aumentato le pene interdittive per<br />

i reati di cui all’art. 25 del D.Lgs. 231/2001 per i reati di concussione, induzione<br />

indebita a dare o promettere utilità e corruzione, elevando le sanzioni interdittive<br />

a contrarre con la pubblica amministrazione da due a quattro anni se l’illecito è<br />

commesso dai dipendenti e da quattro a sette anni in caso di illecito commesso<br />

dai soggetti apicali.<br />

2.F) COMMISSARIAMENTO DI AZIENDA IN CASI PARTICOLARI<br />

Il D.Lgs. 231/2001 prevede, inoltre, che qualora vi siano i presupposti per<br />

l’applicazione di una sanzione interdittiva che disponga l’interruzione dell’attività<br />

della società, il giudice, in luogo dell’applicazione di detta sanzione, possa<br />

disporre la prosecuzione dell’attività da parte di un commissario giudiziale (art.<br />

15 Decreto), nominato per un periodo pari alla durata della pena interdittiva che<br />

PARTE GENERALE / 11


sarebbe stata applicata, quando ricorre almeno una delle seguenti condizioni:<br />

• la società svolge un pubblico servizio o un servizio di pubblica necessità la<br />

cui interruzione può provocare un grave pregiudizio alla collettività;<br />

• l’interruzione dell’attività può provocare rilevanti ripercussioni<br />

sull’occupazione tenuto conto delle dimensioni della società e delle condizioni<br />

economiche del territorio in cui è situata.<br />

2.G) ESCLUSIONE DI RESPONSABILITÀ DELL’ENTE<br />

In caso di commissione di un reato previsto da Decreto 231, l’art. 6 del medesimo<br />

Decreto prevede che l’ente possa andare esente da responsabilità solo se<br />

dimostra:<br />

A. che l’organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato, prima della<br />

commissione del fatto, modelli di organizzazione, gestione e controllo idonei<br />

a prevenire reati della specie di quello verificatosi;<br />

B. che il compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli e<br />

di curare il loro aggiornamento è stato affidato ad un organismo dell’ente<br />

dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo;<br />

C. che non vi è stata omessa o insufficiente vigilanza da parte del predetto<br />

organismo.<br />

2.H) IL RISCHIO ACCETTABILE<br />

Dal punto di vista concettuale, il rischio è ritenuto accettabile quando i controlli<br />

aggiuntivi “costerebbero” di più della risorsa da proteggere.<br />

A tal proposito, nei casi di reati dolosi, le “Linee Guida per la costituzione dei modelli<br />

di Organizzazione, Gestione e Controllo” elaborate da Confindustria riguardo al<br />

sistema di controllo preventivo da costruire al fine di prevenire la commissione<br />

di una delle fattispecie di reato previste dal D.Lgs. n. 231/2001, sostengono che la<br />

soglia concettuale di accettabilità è rappresentata da “un sistema di prevenzione<br />

tale da non poter essere aggirato se non fraudolentemente”.<br />

Questa soluzione è in linea con la logica della “elusione fraudolenta” del modello<br />

organizzativo quale esimente espressa dal citato Decreto ai fini dell’esclusione<br />

della responsabilità amministrativa dell’ente, tipizzata nell’art. 6, co. 1, lett. c:<br />

“le persone hanno commesso il reato eludendo fraudolentemente i modelli di<br />

organizzazione e di gestione”.<br />

12 / MODELLO ORGANIZZATIVO


STRUTTURA D.LGS. 231/2001 <strong>CCL</strong><br />

DELITTI<br />

INFORMATICI<br />

E PRIVACY<br />

TRUFFA AI DANNI<br />

DELLO STATO<br />

CORRUZIONE<br />

E CONCUSSIONE<br />

FALSITÀ<br />

MAFIA E<br />

CRIMINALITÀ<br />

ORGANIZZATA<br />

INDUSTRIA E<br />

COMMERCIO<br />

REATI<br />

SOCIETARI<br />

TERRORISMO<br />

PERSONALITÀ<br />

INDIVIDUALE<br />

OMICIDIO E<br />

LESIONI COLPOSI<br />

RICETTAZIONE<br />

DIRITTO<br />

D’AUTORE<br />

REATI<br />

AMBIENTALI<br />

CLANDESTINI<br />

AMMINISTRATORI<br />

E/O<br />

COLLABORATORI<br />

QUALI<br />

IDONEO<br />

SISTEMA<br />

DISCIPLINARE<br />

INDIVIDUAZIONE<br />

ATTIVITÀ<br />

A RISCHIO<br />

PROTOCOLLI<br />

DI FORMAZIONE<br />

E ATTUAZIONE<br />

MODALITÀ<br />

GESTIONE RISORSE<br />

FINANZIARIE<br />

DA<br />

SE COMMESSI<br />

NELL’INTERESSE<br />

O A VANTAGGIO<br />

DI <strong>CCL</strong><br />

REATI DOLOSI<br />

E COLPOSI<br />

CON<br />

PERSONE SOTTOPOSTE<br />

ALLA DIREZIONE O ALLA<br />

VIGILANZA DI UNO DEI<br />

SOGGETTI DI CUI SOPRA<br />

DEVE ESSERE<br />

VERIFICATO<br />

PERIODICAMENTE<br />

È STATO<br />

FRAUDOLENTEMENTE<br />

ELUSO<br />

SULLA BASE DI CODICI<br />

DI COMPORTAMENTO<br />

(TRATTI DA ASSOCIAZIONI RAPPRESENTATIVE)<br />

IN SEGUITO A<br />

MODELLO<br />

ORGANIZZATIVO<br />

RESPONSABILITÀ<br />

<strong>CCL</strong><br />

ESCLUSA SE ESISTE<br />

DISCIPLINATA<br />

ODV<br />

(ORGANISMO DI VIGILANZA)<br />

SANZIONE<br />

PECUNIARIA<br />

D.LGS. 231/2001<br />

CHE HA<br />

INTERDIZIONI<br />

CONFISCA<br />

PREVEDE<br />

VIGILATO<br />

CORRETTAMENTE<br />

PUBBLICAZIONE<br />

SENTENZA<br />

SANZIONI


3. DESCRIZIONE DELLA REALTÁ <strong>CCL</strong><br />

ATTIVITÀ, IDENTITA’ CULTURALE, VALORI, DESCRIZIONE ATTIVITA’<br />

DEL CONSORZIO <strong>CCL</strong><br />

3.A) ATTIVITÀ <strong>CCL</strong><br />

Il consorzio Cooperative Lavoratori è un Consorzio di cooperative di abitazione<br />

promosso dalle ACLI milanesi e dalla Cisl di Milano per assicurare una risposta<br />

alle esigenze abitative dei soci e delle loro famiglie tramite alloggi di proprietà o<br />

in affitto.<br />

<strong>CCL</strong> ha realizzato nel tempo un modello originale, efficiente, strutturalmente<br />

legato ai fondamentali mutualistici (e quindi per sua natura etico) per lo sviluppo<br />

dell’edilizia sia libera, sia convenzionata, con una forte connotazione “sociale”. Le<br />

fasi caratterizzanti tale modello si possono schematicamente così riassumere:<br />

• <strong>CCL</strong> individua un’area potenzialmente interessante e coerente con i propri<br />

principi e valori;<br />

• Individua un progettista di fiducia e che condivida i principi ideali dell’abitare<br />

cooperativo, oltre che dotato di chiare capacità professionali, gestendo con<br />

esso il rapporto tecnico;<br />

• Promuove la costituzione della cooperativa che gestirà il progetto;<br />

• Sviluppa il progetto abitativo;<br />

• Supporta con il proprio personale la gestione amministrativa e organizzativa<br />

della cooperativa;<br />

• Promuove la costituzione di una commissione soci che garantisca la<br />

partecipazione e la trasparente informazione dei soci sull’attività e la vita<br />

della cooperativa;<br />

• Preseleziona le imprese da proporre alla cooperativa per l’appalto dei lavori;<br />

• Supporta la cooperativa con la propria struttura e in particolare con il<br />

direttore lavori, il rapporto con l’impresa appaltante sia sul piano giuridico<br />

che su quello organizzativo, con particolare attenzione alla salute e sicurezza<br />

dei lavoratori, dei visitatori e ai tempi di costruzione;<br />

• Assiste con uno speciale modello di intervento di consulenza personalizzata<br />

e con appositi professionisti (assistenti) i soci della cooperativa per l’intero<br />

percorso del cantiere;<br />

• Supporta con modelli di consulenza e con la nomina e gli adempimenti<br />

necessari la salute e sicurezza del cantiere e tutte le problematiche<br />

ambientali connesse;<br />

• Assiste e supporta con un’apposita struttura i soci sul piano della consulenza<br />

finanziaria e sulla sottoscrizione dei mutui;<br />

• Si prende cura delle attività formali di chiusura del cantiere e di consegna<br />

dell’edificio (procedure di manutenzione, documentazione, ecc.);<br />

• Gestisce insieme alla cooperativa le relazioni con il territorio, con il preciso<br />

obiettivo di inserire in modo armonico e possibilmente migliorativo l’edificio,<br />

14 / MODELLO ORGANIZZATIVO


il condominio e gli abitanti nel tessuto connettivo del quartiere;<br />

• Promuove l’affidamento del condominio a SSA.<br />

Per il Consorzio la casa è un bene primario che assicura le condizioni di base per<br />

la tutela della dignità della persona e della famiglia. Case costruite dalle nostre<br />

cooperative presentano un ottimo rapporto qualità/prezzo ed un alto livello di<br />

sostenibilità ambientale.<br />

Cerchiamo di costruire veri e propri spazi di socialità, aperti agli abitanti e al<br />

quartiere, con le seguenti caratteristiche:<br />

Co-progettata: i soci che prenotano gli alloggi partecipano, con il supporto<br />

dei tecnici del Consorzio, alla definizione dell’intero progetto e ne seguono la<br />

realizzazione in tutte le sue fasi. Gli spazi sono pensati su misura per chi ci abiterà<br />

e sono completamente personalizzabili.<br />

Nuova e di qualità: gli edifici sono costruiti in modo da assicurare durata nel<br />

tempo, comfort, sicurezza e qualità.<br />

A costi accessibili: il <strong>CCL</strong> non realizza alcun utile sull’assegnazione degli alloggi.<br />

Il costo finale dell’alloggio è dato dalla ripartizione dei costi. Questo – unitamente<br />

alle caratteristiche “no profit” dell’autentica cooperazione, permette di ridurre i<br />

costi rispetto a quelli di mercato.<br />

Ecologica: le cooperative aderenti al <strong>CCL</strong> non valutano mai operazioni su aree a<br />

vocazione agricola o a verde e, da almeno vent’anni, realizzano alloggi conformi<br />

– spesso prima delle norme – a standard di qualità ecologica.<br />

Attenta alla socialità: un modello di abitare basato sulla collaborazione,<br />

l’ascolto, la reciprocità. Le residenze sono sempre dotate di spazi e servizi<br />

comuni che favoriscono la conoscenza e lo sviluppo di buone relazioni tra gli<br />

abitanti, contribuendo a far riscoprire il vero ruolo del vicino di casa, e tra questi,<br />

il quartiere e la Città.<br />

PARTE GENERALE / 15


3 B) RIFERIMENTO ETICO-CULTURALI<br />

1) VALORI FONDATIVI (ACLI-CISL)<br />

<strong>CCL</strong> nasce da una collaborazione tra ACLI e CISL di Milano facendo riferimento ai<br />

valori comuni di ACLI e CISL aderisce altrsì a Confcooperative.In particolare <strong>CCL</strong><br />

fa riferimento alla centralità della persona e ai valori e agli insegnamenti della<br />

Dottrina Sociale della Chiesa.<br />

2) VALORI COOPERATIVI<br />

<strong>CCL</strong> fa riferimento ai valori universali della cooperazione contenuti nella<br />

dichiarazione di identità cooperativa approvata dall’alleanza cooperativa<br />

internazionale del 1995, e in particolare: mutualità, democrazia, partecipazione,<br />

autonomia, trasparenza, solidarietà, responsabilità sociale.<br />

3) VALORI DELL’HABITAT<br />

Il modo di vedere il territorio e le iniziative edilizie urbanistiche di <strong>CCL</strong> fa<br />

riferimento alla carta dell’habitat di Confcooperative per:<br />

• promuovere l’arte di abitare;<br />

• ridare centralità all’abitare;<br />

• perseguire un patto generazionale;<br />

• sviluppare la convivenza civile;<br />

• curare la capacità riproduttiva della terra;<br />

• rafforzare la propensione inclusiva della città;<br />

• rinnovare l’equilibrio fra dovere e dono con la bellezza civile.<br />

3.C) PORTATORI DI INTERESSE<br />

Per <strong>CCL</strong> i portatori di interessi, oggi individuati dalla parola stakeholders, che<br />

sono rilevanti per l’attuazione concreta della propria missione, sono così definibili<br />

(in ordine alfabetico):<br />

Abitanti e Condomini<br />

Sono tutte le persone che vivono e vivranno a qualsiasi titolo in un’iniziativa<br />

edilizia di <strong>CCL</strong>. La qualità della loro vita rappresenta un elemento centrale per la<br />

valutazione dei risultati della mission.<br />

Acli e Cisl<br />

L’elemento di connessione degli interessi di ACLI e CISL è l’applicazione dei loro<br />

valori di riferimento e la possibilità di offrire “servizi dell’abitare” ai lavoratori.<br />

Cooperative Socie<br />

Le singole cooperative che aderiscono al <strong>CCL</strong> e ne costituiscono la proprietà<br />

16 / MODELLO ORGANIZZATIVO


giuridica e l’anima operativa.<br />

Fornitori/Appaltatori<br />

<strong>CCL</strong> considera i propri fornitori, e in particolare le imprese a cui affida le<br />

costruzioni, elementi insostituibili del suo modello di fare impresa e raggiungere<br />

gli obiettivi sociali.<br />

Comunità Territoriali<br />

Quartieri, sistemi associativi territoriali, parrocchie, comunità di cittadini, ….<br />

costituiscono l’humus in cui <strong>CCL</strong> innesta le proprie iniziative abitative, il rispetto<br />

e la collaborazione con tale sistema è una delle caratteristiche irrinunciabili del<br />

modello <strong>CCL</strong>.<br />

Lavoratori<br />

Tutte le persone che collaborano professionalmente alle attività del <strong>CCL</strong>,<br />

partendo dal personale interno a quello delle cooperative associate, dei fornitori<br />

e subappaltatori, dai professionisti di fiducia ai consulenti.<br />

Pubblica Amministrazione<br />

Accanto alle comunità, al territorio e ai cittadini, <strong>CCL</strong> ritiene essenziale il<br />

rapporto con la P.A. in tutte le sue declinazioni per svolgere una funzione di<br />

sviluppo ecosostenibile in rigoroso rispetto della volontà pubblica e delle regole<br />

istituzionali.<br />

Sindacati<br />

In qualità di rappresentanti degli interessi dei lavoratori e dei loro valori di<br />

riferimento sono un interlocutore di <strong>CCL</strong>.<br />

Sistema Cooperativo<br />

<strong>CCL</strong> fa rifermento al mondo e ai valori della cooperazione e in particolare al<br />

sistema di Confcooperative.<br />

Soci (delle cooperative)<br />

In quanto costituiscono, al contempo, la base della proprietà di <strong>CCL</strong> e i destinatari<br />

delle attività.<br />

Territorio e Cittadini<br />

Sia sul piano “fisico” che su quello amministrativo, il territorio dove <strong>CCL</strong> è o sarà<br />

presente costituisce un riferimento non solo rispetto alla collaborazione con le<br />

comunità territoriali, ma anche per la specifica attenzione all’impatto di ogni<br />

nuovo insediamento da un punto di vita ambientale e sociale.<br />

Le “istituzioni morali” come le diocesi, le parrocchie, la Caritas, la CRI, il sistema<br />

di associazioni che condivide i valori fondanti del <strong>CCL</strong> e le Fondazioni.<br />

PARTE GENERALE / 17


3.D) RESPONSABILITÁ SOCIALE<br />

Per <strong>CCL</strong> la CSR (Corporate Social Responsability) non si limita agli obblighi<br />

di una gestione “secondo le regole” e alla costruzione di modelli formali di<br />

compliance, ma costituisce la dimensione più vera e partecipata delle motivazioni<br />

dell’esistenza stessa di <strong>CCL</strong>.<br />

La dimensione etica e la responsabilità sociale di <strong>CCL</strong> costituiscono parte<br />

integrante ed essenziale della reputazione e delle politiche di mercato e garanzia<br />

di serietà per gli stakeholder a cominciare dai soci delle cooperative, che<br />

assumono anche il ruolo di utenti dei prodotti-servizi di <strong>CCL</strong>.<br />

3.E) SCHEMA DELLA PRODUZIONE DI VALORE<br />

<strong>CCL</strong> impronta la sua attività sulla concreta condivisione e attuazione di un modello<br />

di sviluppo caratterizzabile come business responsabilities e business ethics,<br />

considerando l’Etica una vera e propria risorsa fondamentale per la credibilità<br />

del Consorzio, per la sua “attrattività” e per la capacità di creazione di valore che<br />

<strong>CCL</strong> ritiene di implementare così come appare nel seguente schema:<br />

18 / MODELLO ORGANIZZATIVO


VERSO COOPERATIVE SOCIE<br />

E SOCI DELLE COOPERATIVE<br />

VERSO LA SOCIETÀ<br />

• Rafforzamento economico reputazionale<br />

• Collaborazione reciproca al<br />

raggiungimento degli specifici obiettivi<br />

• Opportunità abitative d’eccellenza<br />

(costi / benefici)<br />

• Sviluppo nuove forme di habitat<br />

• Protagonismo attivo del proprio abitare<br />

• Definire prodotti e servizi<br />

• Riqualificazione ambientale<br />

• Servizi al quartiere<br />

• Spazi sociali<br />

• Attenzione al contesto dell’habitat<br />

• Creazione di occupazione<br />

• Innovazione abitativa<br />

• Rigore e fedeltà fiscale<br />

VALORE<br />

CREATO<br />

VERSO PARTNER<br />

VERSO COLLABORATORI,<br />

LAVORATORI, AMMINISTRATORI<br />

• Opportunità di crescita<br />

• “Allenamento etico“<br />

• Condivisione di conoscenza<br />

• Consolidamento occupazionale<br />

• Cooperazione<br />

• Occasione di crescita economica<br />

• Soddisfazioni professionali<br />

• Giusto compenso economico<br />

• Occasione di continuo miglioramento<br />

umano e professionale<br />

• Autorealizzazione<br />

• Qualità del clima e dell’ambiente<br />

lavorativo<br />

• Armonia tra vita personale e lavorativa


3.F) STRUMENTI DI GOVERNANCE<br />

Fanno parte, come allegati, del presente <strong>Modello</strong> <strong>Organizzativo</strong>:<br />

• Statuto;<br />

• Codice Etico;<br />

• Organigramma;<br />

• Delibere di deleghe e procure conferite.<br />

Nota bene: la ufficializzazione degli allegati come integrazione del <strong>Modello</strong><br />

<strong>Organizzativo</strong> deve essere formalizzata con delibera del CDA, e relativa<br />

trasmissione con PEC all’Organismo di Vigilanza.<br />

Il presente <strong>Modello</strong> impone al CDA di trasmettere sempre a mezzo PEC ogni<br />

aggiornamento degli allegati all’Organismo di Vigilanza.<br />

4. IL MODELLO ORGANIZZATIVO<br />

• <strong>Modello</strong> 231 e in generale di compliance;<br />

• <strong>Modello</strong> che si perfeziona e migliora nel tempo con lo sviluppo organizzativo.<br />

4.A) MODELLO ORGANIZZATIVO ADOTTATO, PRESENTAZIONE.<br />

<strong>CCL</strong>, al fine di garantire che il comportamento di tutti coloro che operano per<br />

conto o nell’interesse del Consorzio sia sempre conforme ai principi di legalità,<br />

correttezza e di trasparenza e ai valori etici propri della mission, ha scelto di<br />

adottare un modello organizzativo in attuazione del sistema previsto dalle regole<br />

contenute del decreto 231.<br />

Le regole e le disposizioni contenute nel <strong>Modello</strong> riguardano tutti coloro che<br />

svolgono funzioni di gestione, amministrazione, direzione o controllo in <strong>CCL</strong>, dai<br />

dipendenti e collaboratori, nonché da tutti quelli che operano su mandato del<br />

Consorzio.<br />

Il <strong>Modello</strong> predisposto da <strong>CCL</strong> intende:<br />

A) Definire un sistema di norme interne, finalizzato all’efficienza e alla<br />

prevenzione dei reati, che permetta:<br />

• la definizione di un sistema di deleghe, poteri di firma e di procure per il<br />

compimento di atti che assicuri una chiara e trasparente rappresentazione<br />

del processo di formazione e di attuazione delle decisioni;<br />

• la definizione delle procedure e dei protocolli formalizzati, tesi a<br />

disciplinare le modalità operative soprattutto nelle aree a rischio;<br />

• la definizione di un codice disciplinare, che stabilisce gli impegni e le<br />

responsabilità nella conduzione degli affari e delle attività aziendali<br />

assunti dal Consiglio di Amministrazione, dai dipendenti e dai collaboratori<br />

a vario titolo dell’organizzazione;<br />

20 / MODELLO ORGANIZZATIVO


• diffondere una cultura d’impresa che sia basata sulla legalità, in quanto<br />

l’ente condanna ogni comportamento non conforme alla legge o alle<br />

disposizioni interne, e, in particolare, alle disposizioni contenute nel<br />

proprio Codice Etico e nel presente <strong>Modello</strong>;<br />

• diffondere una cultura del controllo e del risk management;<br />

• attuare un’efficace ed efficiente organizzazione dell’attività di impresa,<br />

ponendo l’accento in particolar modo sulla formazione delle decisioni<br />

e sulla loro trasparenza e tracciabilità, sulla responsabilizzazione delle<br />

risorse dedicate alla assunzione di tali decisioni e delle relative attuazioni,<br />

sulla previsione di controlli, preventivi e successivi, nonché sulla gestione<br />

dell’informazione interna ed esterna;<br />

• individuare all’interno di ciascuna attività, le aree e/o i processi in cui è<br />

presente il rischio di commissione di taluno dei reati previsti dal D.Lgs.n.<br />

231/01.<br />

B) Per raggiungere tale obbiettivo è necessario adottare un modello che trovi il<br />

proprio presupposto in una struttura e in una cultura organizzativa coerente<br />

con le attività del Consorzio, volta ad ispirare e controllare la correttezza dei<br />

comportamenti, garantendo una chiara e organica attribuzione dei compiti,<br />

applicando una appropriata segregazione delle funzioni, assicurando che<br />

gli assetti previsti dalla struttura organizzativa siano realmente attuati,<br />

attraverso:<br />

• un organigramma formalmente definito, chiaro e adeguato all’attività da<br />

svolgere;<br />

• un sistema di deleghe di attività interne e di procure per rappresentare<br />

<strong>CCL</strong> verso l’esterno che assicuri una chiara e coerente segregazione<br />

delle funzioni;<br />

• attribuzione all’O.d.V. il compito di vigilare sul funzionamento e<br />

sull’osservanza del <strong>Modello</strong> e di proporne l’aggiornamento.<br />

4.B) PROCEDIMENTO DI PREDISPOSIZIONE DEL MODELLO<br />

La predisposizione del presente <strong>Modello</strong> è stata preceduta da una serie di<br />

attività, suddivise in diverse fasi dirette alla costruzione di un sistema di analisi,<br />

prevenzione e gestione dei rischi, di seguito elencate:<br />

• Mappatura delle attività a rischio;<br />

• Analisi dei rischi potenziali;<br />

• As is analisys;<br />

• Gap Analisys e Action Plan;<br />

• Predisposizione e diffusione del <strong>Modello</strong>.<br />

4.C) MAPPATURA DELLE ATTIVITÀ A RISCHIO / GAP ANALISYS<br />

Obiettivo di questa fase è stato l’analisi del contesto, al fine di mappare le aree<br />

di attività dell’organizzazione in cui potessero in astratto essere commessi i reati<br />

PARTE GENERALE / 21


previsti dal Decreto e, più in generale, i rischi di illeciti per <strong>CCL</strong>.<br />

L’identificazione delle attività e delle aree a rischio è stata effettuata attraverso<br />

il preventivo esame dell’attività di <strong>CCL</strong> Milano, la sua storia, la sua mission,<br />

la documentazione dell’ente (organigrammi, processi principali, procure,<br />

disposizioni organizzative, ecc.) e l’effettuazione di una serie di interviste con i<br />

Process Owner delle più rilevanti attività, le cui risultanze sono state condivise<br />

con il CdA dell’Ente <strong>CCL</strong>.<br />

A mero titolo esemplificativo ma non esaustivo, le informazioni hanno in<br />

particolare riguardato:<br />

• il settore di intervento di <strong>CCL</strong> e i servizi che esso presta;<br />

• le modalità di svolgimento delle attività di <strong>CCL</strong>;<br />

• la tipologia delle relazioni e delle attività intrattenute con la Pubblica<br />

Amministrazione;<br />

• i casi di eventuali e presunte irregolarità avvenute in passato;<br />

• il quadro regolamentare e procedurale interno (ad esempio deleghe di<br />

funzioni, processi decisionali, procedure operative, ecc.);<br />

• la documentazione inerente comunicazioni interne e ogni altra evidenza<br />

documentale utile alla migliore comprensione delle attività svolte<br />

dall’organizzazione e del sistema organizzativo.<br />

Il risultato di tale attività è stato rappresentato in un documento contenente la<br />

mappa di tutte le attività “a rischio”.<br />

4.D) ANALISI DEI RISCHI POTENZIALI<br />

Con riferimento alla mappatura delle attività, effettuata sulla base dello specifico<br />

contesto in cui opera <strong>CCL</strong> e alla relativa rappresentazione delle aree sensibili<br />

o a rischio, sono stati individuati i reati potenzialmente realizzabili nell’ambito<br />

dell’attività dell’ente, e per ciascun reato sono state individuate le possibili<br />

occasioni, le finalità e le modalità di commissione della condotta illecita.<br />

<strong>CCL</strong> ha proceduto alla valutazione dei profili di rischio e all’approntamento dei<br />

conseguenti opportuni presidi, con riferimento ai reati previsti dal Decreto, ivi<br />

inclusi i reati introdotti a seguito delle recenti modifiche del Decreto (impiego di<br />

cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare e quanto previsto dalla Legge 6<br />

novembre 2012, n. 190 recante “Disposizioni per la prevenzione e la repressione<br />

della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione”).<br />

Tra le aree di attività a rischio sono state considerate anche quelle che, oltre<br />

ad avere un rilievo diretto come attività che potrebbero integrare condotte di<br />

reato, possono anche avere un rilievo indiretto per la commissione di altri reati,<br />

risultando strumentali alla commissione degli stessi. In particolare, si intendono<br />

strumentali quelle attività nelle quali possono realizzarsi le condizioni di fatto<br />

22 / MODELLO ORGANIZZATIVO


che rendono possibile l’eventuale commissione di reati nell’ambito delle aree<br />

direttamente preposte al compimento delle attività specificamente richiamate<br />

dalla fattispecie di reato.<br />

Con riferimento a tutte le aree a rischio, nonché a quelle strumentali, sono<br />

stati altresì presi in esame gli eventuali rapporti indiretti, ossia quelli che <strong>CCL</strong><br />

intrattiene, o potrebbe intrattenere, tramite soggetti terzi, e la loro eventuale<br />

attribuzione all’Ente ai sensi del Decreto.<br />

Tale indagine è stata realizzata mediante le seguenti attività:<br />

• analisi di dettaglio delle attività e dei processi;<br />

• identificazione degli specifici processi sensibili ai reati ex D.Lgs. n. 231/01<br />

emersi dall’analisi di dettaglio;<br />

• valutazione dei rischi attraverso la mappatura dei processi sensibili;<br />

• reati 231 a cui ciascun processo risulta sensibile;<br />

• funzioni organizzative coinvolte nel processo.<br />

4.E) IL PROCESSO DI PREDISPOSIZIONE DEL MODELLO ORGANIZZATIVO<br />

La predisposizione del presente <strong>Modello</strong> è ispirata alle Linee Guida emanate da<br />

Confindustria il 7 marzo 2002, integrate in data 3 ottobre 2002 con l’“Appendice<br />

integrativa in tema di reati societari” e poi successivamente aggiornate nel marzo<br />

del 2008, nel marzo del 2014 ed infine giugno 2021.<br />

Le Linee Guida di Confindustria hanno lo scopo di fornire alle imprese indicazioni<br />

di tipo metodologico su come predisporre un modello organizzativo idoneo a<br />

prevenire la commissione dei reati indicati nel decreto, consentendo l’esonero<br />

dalla responsabilità e dalle relative sanzioni e la costruzione di modelli di<br />

organizzazione e controllo.<br />

In particolare il sistema di prevenzione adottato dall’Ente si compone di regole<br />

e procedure di comportamento approvate dall’Ente, e costantemente aggiornate<br />

anche alla luce delle normative di settore e degli indirizzi di categoria (quali ad<br />

esempio le Linee Guida Confcooperative - Aggiornamento al 30 Ottobre 2020).<br />

Le indicazioni fornite richiedono un successivo adattamento da parte delle<br />

imprese, infatti, ogni modello organizzativo per poter esercitare la propria<br />

efficacia preventiva, va costruito tenendo presenti le caratteristiche proprie<br />

dell’ente.<br />

Il rischio reato di ogni ente, infatti, è strettamente dipendente dal settore, dalla<br />

complessità organizzativa, non solo dimensionale, e dell’area geografica in cui<br />

esso opera. Il percorso indicato dalle Linee Guida per l’elaborazione del <strong>Modello</strong><br />

può essere schematizzato secondo i seguenti passaggi:<br />

1. individuazione delle aree e attività a rischio, volta a verificare in quali aree e<br />

PARTE GENERALE / 23


attività sia possibile la realizzazione dei reati presupposto;<br />

2. predisposizione di un sistema di controllo in grado di ridurre i rischi attraverso<br />

l’adozione di appositi protocolli nelle individuate aree e attività di rischio.<br />

4.F) L’INDIVIDUAZIONE DEI RISCHI DELL’ENTE MEDIANTE ESAME<br />

DELLE AREE SENSIBILI PER <strong>CCL</strong> MILANO<br />

Alla luce dei reati previsti dalla normativa n. 231, nell’adozione del presente<br />

<strong>Modello</strong>, tenuto conto della indagini e delle valutazioni dei rischi effettuati, <strong>CCL</strong><br />

Milano, ha fatto una scelta di campo sulla concreta individuazione delle attività<br />

dell’Ente che maggiormente possono contenere rischi di commissione di illeciti,<br />

ci si è concentrati su tali rischi, al fine di ridurre il livello di rischio ma anche, e<br />

soprattutto, di sensibilizzare l’Ente verso le attività di maggior rilevanza.<br />

Per individuare i rischi apprezzabili di commissione di determinati illeciti per<br />

<strong>CCL</strong>, si è provveduto ad individuare le maggiori aree di attività dell’ente, costituite<br />

dalle azioni tipiche di <strong>CCL</strong> Milano e proprie della sua mission.<br />

Le Aree Sensibili sono state evidenziate alla luce delle attività corrispondenti alle<br />

funzioni proprie dell’Ente nella sua attività sociale e nel perseguimento della Sua<br />

mission, e sono:<br />

1. Rapporti con la Pubblica Amministrazione e con soggetti pubblici per<br />

tematiche di urbanistica, edilizia, nonchè volti a conseguire erogazioni,<br />

sovvenzioni e facilitazioni dalla Pubblica Amministrazione ovvero comunque<br />

da parte di Enti pubblici o da parte di soggetti partecipati da Enti pubblici;<br />

2. Acquisizione delle aree e dei terreni e gestione ambientale delle aree e delle<br />

costruzioni;<br />

3. Promozione e costituzione della nuova cooperativa e rapporti con i soci;<br />

4. Prestazione di servizi, attività di supporto organizzativo e amministrativo<br />

delle Cooperative socie;<br />

5. Rapporti con le imprese appaltanti, subappalti, contrattualistica e acquisti;<br />

6. Gestione sicurezza cantiere e normativa inerente la tutela della salute e<br />

sicurezza lavoratori e terzi;<br />

7. Gestione ambientale delle aree e delle costruzioni e dei cantieri;<br />

8. Chiusura cantiere, verifiche urbanistiche e assegnazione alloggi ai soci;<br />

9. Selezione ed assunzione del personale dipendente, dei tecnici e dei<br />

collaboratori esterni;<br />

10. Gestione societaria, processi di predisposizione bilanci, comunicazioni<br />

sociali, funzionamento degli organi sociali e rapporti con l’Amministrazione<br />

Finanziaria;<br />

11. Gestione risorse finanziarie, ciclo attivo e passivo;<br />

12. Gestione contenzioso giudiziale e stragiudiziale;<br />

13. Attività sociale di promozione, sponsorizzazione, beneficienza;<br />

14. Gestione delle risorse e dei dati informatici.<br />

24 / MODELLO ORGANIZZATIVO


4.G) L’INDIVIDUAZIONE DELLE FAMIGLIE DI REATO “SENSIBILI” ALLA LUCE<br />

DELLE AREE DI ATTIVITÀ<br />

Dall’esame di tali aree di attività, sono state selezionate le famiglie di reato che<br />

presentano maggiori rischi potenziali per l’Ente, e sono state invece scartate<br />

quelle che, alla luce dell’attività statutaria di <strong>CCL</strong> Milano, presentano rischi<br />

molto bassi per l’Ente, perché anche in caso di commissione di tali reati “esclusi”<br />

ovvero ritenuti a basso rischio da parte di un soggetto di <strong>CCL</strong> non vi potrebbe<br />

essere comunque un vantaggio o un interesse apprezzabile del Consorzio che<br />

potrebbe far scattare la sua responsabilità.<br />

In particolare le famiglie di reato che sono state escluse dalla presente indagine,<br />

in quanto del tutto estranee all’attività dell’Ente, e che presentano dunque per lo<br />

stesso rischi trascurabili di commissione, sono:<br />

• Delitti con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico (Art.<br />

25-Quater);<br />

• Pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili (Art. 25-Quater 1); -<br />

Abusi di mercato (Art. 25-Sexies).<br />

Per quanto riguarda invece le altre famiglie di reati previste dal Decreto, le stesse<br />

sono state esaminate nella parte speciale alla luce dei singoli processi, definiti<br />

aree sensibili, dell’Ente, e per ognuna di esse sono stati evidenziati i singoli reati<br />

che presentano rischi rilevanti per <strong>CCL</strong> ai fini della legge n. 231.<br />

Per tali processi sensibili sono state indicate le specifiche attività di riduzione<br />

a un livello accettabile del rischio, mentre gli altri reati della famiglia che<br />

presentano rischi trascurabili non sono stati evidenziati, fatto salvo che, come<br />

espresso nel Codice Etico del Consorzio, <strong>CCL</strong> raccomanda a tutti i suoi dipendenti,<br />

amministratori e collaboratori il massimo rispetto di ogni norma vigente in<br />

ossequio ai principi di Corporate Sociality Responsability.<br />

4.H) STRUTTURA DEL MODELLO RIMANDO ALLA PARTE SPECIALE<br />

Per facilitare la comprensione del presente <strong>Modello</strong>, per rendere visivamente<br />

immediata la comprensione delle aree di potenziale sensibilità rispetto ai singoli<br />

reati, e per evidenziare lo specifico strumento di prevenzione del rischio adottato<br />

per ogni famiglia di reati richiamati dal Decreto, il presente <strong>Modello</strong>, nella sua<br />

Parte Speciale, ha selezionato, all’interno dei reati richiamati dal Decreto 231,<br />

quelli ritenuti maggiormente sensibili per <strong>CCL</strong>.<br />

I reati sensibili sono stati esaminati per 14 famiglie” di appartenenza, e sotto<br />

ciascuna famiglia è stata inserita una Tabella esplicativa e riassuntiva nella quale<br />

vengono evidenziate, per ciascuna di esse, nella prima colonna, di sinistra per il<br />

lettore, le aree dell’attività sociale dell’Ente ove vi è il rischio di commissione<br />

PARTE GENERALE / 25


degli specifici illeciti trattati nella sezione, e nella colonna di destra le figure<br />

fisiche coinvolte in tali processi sensibili.<br />

Alla fine di ogni famiglia di reati, inoltre, è stato evidenziato il sistema di<br />

prevenzione dei rischi imposto dal presente <strong>Modello</strong>, che rimanda poi ai protocolli<br />

di procedimento richiesti dall’ente ai propri soggetti per ciascuna specifica<br />

attività.<br />

4.I) SISTEMA DI PREVENZIONE, PROTOCOLLI<br />

In particolare il sistema di prevenzione adottato dall’Ente si compone di regole<br />

e procedure di comportamento approvate dall’Ente contestualmente al modello,<br />

e costantemente aggiornate alla luce delle normative di settore e degli indirizzi<br />

di categoria (quali ad esempio le Linee Guida Confindustria), le cui specifiche<br />

attuative sono puntualmente descritte negli allegati al presente <strong>Modello</strong>.<br />

In ogni caso le regole e procedure di comportamento, per ciascuna area, sono<br />

anch’esse raggruppate per tipologia per fine esplicativo, e sono:<br />

A. Esistenza di procedure formalizzate;<br />

B. Tracciabilità e verificabilità ex post;<br />

C. Segregazione dei compiti;<br />

D. Esistenza di un sistema di deleghe e procure coerente con le responsabilità<br />

organizzative assegnate;<br />

E. Obbligo di segnalazione all’O.d.V.;<br />

F. Adozione con delibera necessariamente bi-personale delle decisioni<br />

rilevanti;<br />

G. Selezione del personale e dei tecnici e consulenti esterni su base meritocratica<br />

e trasparente;<br />

H. Controlli periodici sul personale inerenti il rispetto delle leggi italiane ed<br />

europee;<br />

I. Formazione di graduatorie per l’assegnazione degli alloggi sulla base di<br />

criteri prestabiliti, laddove richiesto dalla normativa urbanistica;<br />

L. Controlli sulle società che collaborano con l’Ente, con obbligo per le stesse di<br />

rispettare e di non porre in essere atti e comportamenti tali da determinare<br />

una elusione dei principi e delle disposizioni del presente <strong>Modello</strong> durante<br />

l’esecuzione dei rapporti di Collaborazione.<br />

26 / MODELLO ORGANIZZATIVO


4.L) IMPLEMENTAZIONE DEL MODELLO ORGANIZZATIVO<br />

Come già indicato nel Codice Etico (al punto 9.4) <strong>CCL</strong> ritiene il miglioramento<br />

continuo elemento distintivo della propria identità organizzativa e in tal senso,<br />

come per il Codice Etico, il <strong>Modello</strong> <strong>Organizzativo</strong> sarà sottoposto ad un<br />

aggiornamento continuo in ragione di:<br />

1. modifiche normative;<br />

2. modifiche organizzative dell’Ente;<br />

3. emersione di fatti illeciti o comportamenti non conformi;<br />

4. individuazione di potenziali miglioramenti adeguati alla compressione dei<br />

rischi.<br />

L’O.d.V. ed il CDA potranno autonomamente proporre aggiornamenti in caso di<br />

necessità o nell’ipotesi d’individuazione legislativa di nuovi reati presupposto.<br />

Inoltre diventeranno parte integrante del <strong>Modello</strong> con la formula di documenti<br />

allegati:<br />

• le nuove procedure organizzative;<br />

• il sistema di deleghe e procure stabilito dal C.D.A..<br />

PARTE GENERALE / 27


STRUTTURA: MODELLO ORGANIZZATIVO<br />

231 (PLUS+) <strong>CCL</strong><br />

PERCORSO METODOLOGICO<br />

PER LA CREAZIONE DEL<br />

CODICE ETICO E DEL<br />

MODELLO ORGANIZZATIVO<br />

PARTECIPAZIONE<br />

RISK<br />

ASSISTEMET<br />

CONDIVISIONE<br />

CONCRETEZZA<br />

OPERATIVA<br />

REATI<br />

PRESUPPOSTI<br />

ALTRI REATI<br />

COSTRUZIONE<br />

AMBIENTE/METODOLOGIE<br />

DI CONTROLLO<br />

DEFINIZIONE DI CRITERI DI PESO<br />

(VALUTAZIONE) DEI RISCHI<br />

ILLECITI<br />

AMMINISTRATIVI<br />

VALUTAZIONE<br />

PRESTAZIONI<br />

PROCEDURE PER<br />

ILLECITI<br />

CIVILI<br />

ORGANIZZAZIONE<br />

INTERNA<br />

CODICE<br />

ETICO<br />

SEPARAZIONE<br />

DEI PROCESSI<br />

CONTROLLI<br />

CAMPIONE<br />

GESTIONE<br />

MIGLIORAMENTO<br />

CONTINUO<br />

ANALISI DELLE<br />

NON CONFORMITÀ<br />

REGOLE TRASPARENTI PER:<br />

FIRME, AUTORIZZAZIONI, PROCEDURE, ETC.<br />

FORMALIZZAZIONE<br />

PROCESSI (SCRITTA)<br />

GESTIONE<br />

TRASPARENTE ARCHIVI<br />

SOCI CONTRATTI GARE<br />

ACQUISTI<br />

CODICE ETICO


STRUTTURA MODELLO ORGANIZZATIVO<br />

231 (PLUS+) <strong>CCL</strong><br />

AGGIORNAMENTO<br />

MODELLO<br />

ODV<br />

FUNZIONI<br />

VIGILARE<br />

SUL MODELLO<br />

GARANTE ETICO<br />

QUALIFICATO<br />

COME COMPLIANCE<br />

IN GENERALE<br />

STRUMENTI<br />

DURATA<br />

FLUSSI<br />

INFORMATIVI<br />

GESTIONE<br />

INFORMAZIONI<br />

CDA/STRUTTURA > ODV<br />

ODV > CDA<br />

FORMAZIONE<br />

INFORMAZIONE<br />

DIPENDENTI SOCI PARTNER<br />

SISTEMA<br />

SANZIONATORIO<br />

SANZIONI<br />

AMMINISTRATORI<br />

DIPENDENTI<br />

PREOFESSIONISTI<br />

COLLABORATORI<br />

ODV SINDACI FORNITORI


5. ORGANISMO DI VIGILANZA<br />

5.A) FUNZIONI<br />

<strong>CCL</strong> al fine di rendere efficace il rispetto del presente <strong>Modello</strong>, ed in osservanza<br />

alle proprie norme etiche, nonché in ottemperanza al Decreto D.Lgs. n. 231,<br />

contestualmente all’adozione del presente <strong>Modello</strong> ha istituito un Organismo di<br />

Vigilanza, autonomo, indipendente e competente in materia di controllo dei rischi<br />

connessi alla specifica attività svolta dall’ente, al fine di assicurare l’osservanza,<br />

il rispetto ed il costante adeguamento del <strong>Modello</strong> 231.<br />

L’Organismo di Vigilanza ha il compito di vigilare costantemente sull’osservanza<br />

del <strong>Modello</strong> da parte dei destinatari, e, previo adempimento del suo compito,<br />

consente l’esonero di responsabilità dell’ente.<br />

5.B) REQUISITI E COMPOSIZIONE DELL’O.D.V.<br />

L’art. 6 del D.Lgs. n. 231/2001 dispone che l’Ente può essere esonerato dalla<br />

responsabilità conseguente alla commissione di reati, se lo stesso ha affidato il<br />

compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza del <strong>Modello</strong> ad un Organismo<br />

di Vigilanza dell’ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo, nonché del<br />

compito di suggerire all’Ente eventuali necessità di aggiornamento del <strong>Modello</strong><br />

stesso.<br />

Secondo le indicazioni delle Linee guida per la predisposizione dei Modelli di<br />

Organizzazione e Gestione emanate da Confindustria, fatte proprie anche dagli<br />

organi giudicanti nelle diverse pronunce giurisprudenziali pubblicate nella<br />

materia, le caratteristiche dell’Organismo di Vigilanza, affinché il medesimo<br />

possa svolgere le attività sulla base delle indicazioni contenute negli artt. 6 e 7<br />

del Decreto, devono essere:<br />

• autonomia e indipendenza;<br />

• professionalità;<br />

• continuità d’azione.<br />

L’autonomia e l’indipendenza dell’Organismo di Vigilanza si traducono<br />

nell’autonomia dell’iniziativa di controllo rispetto ad ogni forma d’interferenza o<br />

di condizionamento da parte di qualunque esponente della persona giuridica e, in<br />

particolare, del Consiglio di amministrazione.<br />

Affinché l’autonomia non risulti meramente formale è necessario che l’O.d.V. sia<br />

dotato di effettivi poteri di ispezione e controllo, che abbia possibilità di accesso<br />

alle informazioni aziendali rilevanti, che sia dotato di risorse adeguate (in termini<br />

di spazi, dotazioni e personale) e possa avvalersi di strumentazioni, supporti ed<br />

esperti nell’espletamento della sua attività di monitoraggio.<br />

30 / MODELLO ORGANIZZATIVO


I requisiti di autonomia e indipendenza sono fondamentali affinché l’Organismo di<br />

Vigilanza non sia sottoposto, nell’espletamento delle funzioni che costituiscono<br />

l’oggetto della sua attività di controllo, al controllo da parte della struttura<br />

dell’ente, e affinché lo stesso sia così immune da ogni forma d’interferenza e/o<br />

di condizionamento da parte di qualunque componente di <strong>CCL</strong>.<br />

Tali requisiti vengono assicurati dal posizionamento apicale della struttura, in<br />

posizione analoga a quella del Collegio Sindacale, posizionamento riconosciuto<br />

nel contesto della struttura organizzativa, in modo da escludere qualsiasi<br />

dipendenza gerarchica dell’Organismo all’interno dell’ente.<br />

E’ poi necessario prevedere un’attività di reporting dall’O.d.V. al massimo vertice<br />

dell’ente, e quindi all’Organo amministrativo.<br />

I membri dell’O.d.V. devono possedere competenze tecnico-professionali<br />

adeguate rispetto alle funzioni che sono chiamati a svolgere, e capacità specifiche<br />

in tema di attività ispettiva e consulenziale. E’ pertanto necessario che in seno<br />

all’O.d.V. vi siano professionalità adeguate, altamente specializzate e connotate<br />

da autonomia, indipendenza, professionalità e onorabilità.<br />

L’Organismo di Vigilanza può servirsi – sotto la sua diretta sorveglianza e<br />

responsabilità – nello svolgimento dei compiti affidatigli, della collaborazione di<br />

tutte le funzioni e strutture dell’ente ovvero di consulenti esterni, avvalendosi delle<br />

rispettive competenze e professionalità. Tale facoltà consente all’Organismo di<br />

Vigilanza di assicurare un elevato livello di professionalità.<br />

La continuità di azione dell’O.d.V. consiste nella continua analisi societaria, nel<br />

continuo flusso informativo da - e verso - i vertici societari, e nella costante<br />

sollecitazione alla eticità delle condotte e della procedura, in un’ottica di sempre<br />

maggior rispetto dei principi sanciti nel Codice Etico e di massimizzazione della<br />

riduzione del rischio di commissione di illeciti, ottenuta mediante la continua<br />

analisi e rivisitazione delle procedure.<br />

In particolare, l’Organismo di Vigilanza è tenuto a vigilare continuativamente<br />

sul funzionamento e l’osservanza del <strong>Modello</strong>, con i necessari poteri d’indagine;<br />

riferire direttamente e continuativamente al Consiglio di amministrazione circa<br />

il rispetto del <strong>Modello</strong> e la sua efficacia preventiva.<br />

L’O.d.V. è inoltre tenuto ad accertare e segnalare al Consiglio di amministrazione<br />

i soggetti destinatari che si sono resi responsabili di violazioni del <strong>Modello</strong> e/o del<br />

Codice Etico. In conseguenza delle segnalazioni ricevute dall’O.d.V., o se del caso<br />

dalle competenti autorità, gli organi societari preposti sono tenuti all’applicazione<br />

dei provvedimenti disciplinari nei confronti dei soggetti negligenti.<br />

PARTE GENERALE / 31


5.C) NOMINA DELL’ORGANISMO DI VIGILANZA, COMPOSIZIONE, DURATA<br />

IN CARICA E REVOCA DEI MEMBRI.<br />

L’Organismo potrà, a giudizio del CdA, essere costituito da un minimo di uno a un<br />

massimo di tre componenti.<br />

A. La nomina e la revoca dell’Organismo di Vigilanza sono atti riservati alla<br />

competenza del Consiglio di amministrazione, previa adeguata motivazione<br />

circa la scelta di ciascun componente.<br />

I membri dell’O.d.V. devono possedere specifici requisiti di eleggibilità che<br />

assicurino la loro competenza nell’assolvere alla funzione assegnata, e che<br />

garantiscano l’indipendenza societaria, al fine di rendere effettivo il controllo<br />

svolto.<br />

Immediatamente dopo la nomina l’ente si impegna a promuovere la comunicazione<br />

della nuova composizione dell’O.d.V. a tutti i livelli societari.<br />

In particolare per poter essere nominati membri dell’O.d.V. i soggetti devono<br />

essere di condotta incensurabile, non devono aver riportato precedenti condanne<br />

penali o essere a conoscenza di essere sottoposti a procedimenti penali, e godere<br />

di autonomia ed indipendenza da parte dell’ente.<br />

Si applicano espressamente ai membri dell’O.d.V. i requisiti di nomina e revoca<br />

previsti dal Codice Civile per i membri del Collegio Sindacale.<br />

Potrà essere costituita una segreteria dell’O.d.V. mediante l’individuazione di<br />

un referente interno all’istituto che assicuri un costante flusso informativo nei<br />

confronti dell’O.d.V., garantendone la continuità dell’azione.<br />

B. Al fine di garantire l’efficace e costante applicazione del <strong>Modello</strong>, nonché la<br />

continuità di azione, la durata dell’incarico è fissata in tre anni, eventualmente<br />

rinnovabili con delibera del C.D.A..<br />

L’Organismo di Vigilanza resta in carica per tutta la durata del mandato ricevuto,<br />

a prescindere dalla composizione del CdA che lo ha nominato.<br />

I membri dell’Organismo di Vigilanza possono essere revocati soltanto per giusta<br />

causa, mediante apposita delibera del Consiglio di Amministrazione.<br />

La giusta causa di revoca deve consistere in un fatto di grave negligenza<br />

e/o comunque impeditivo della prosecuzione del mandato, quale a titolo<br />

esemplificativo:<br />

• la perdita dei requisiti soggettivi di onorabilità, integrità, rispettabilità e<br />

indipendenza presenti in sede di nomina, ovvero la sopravvenienza di cause di<br />

32 / MODELLO ORGANIZZATIVO


incompatibilità con l’ente e/o con la funzione; l’inadempimento agli obblighi<br />

inerenti l’incarico affidato;<br />

• la mancanza di buona fede e di diligenza nell’esercizio del proprio incarico;<br />

• l’aver esposto l’ente ad azione penale, conclusasi con sentenza anche<br />

liberatoria, se in assenza di statuizione di insussistenza del fatto.<br />

5.D) STRUTTURA DELL’ORGANISMO DI VIGILANZA<br />

L’O.d.V. deve essere strutturato in modo da garantire il rispetto dei requisiti di<br />

autonomia, indipendenza, professionalità e continuità di azione.<br />

L’autonomia dell’O.d.V., in aderenza ai principi espressi nel Codice Etico di<br />

trasparenza e Corporate Sociality Responsability, è assimilabile a quella prevista<br />

per legge per il Collegio Sindacale. L’ente deve garantire l’autonomia dell’O.d.V.<br />

da ogni forma di interferenza e di condizionamento da parte di qualunque<br />

componente dell’ente e, in particolare, dai vertici societari ed operativi.<br />

Per garantire l’azione e l’autonomia dell’O.d.V. l’ente deve mettere a disposizione<br />

dello stesso risorse di personale e finanziarie adeguate e sufficienti alle necessità<br />

di azione dell’Organismo.<br />

La nomina quale membro dell’Organismo di Vigilanza è condizionata all’assenza<br />

di cause di incompatibilità con la nomina stessa. In particolare, la nomina<br />

nell’ambito dell’Organismo di Vigilanza è condizionata alla presenza dei requisiti<br />

soggettivi dell’onorabilità, integrità e rispettabilità, nonché all’assenza di cause<br />

di incompatibilità con la nomina stessa quali relazioni di parentela con esponenti<br />

degli Organi Sociali e dei vertici dell’ente.<br />

5.E) ATTIVITÀ, FUNZIONI E POTERI DELL’ORGANISMO DI VIGILANZA<br />

Le attività, i campi di indagine e il funzionamento dell’Organismo di Vigilanza<br />

sono disciplinati da apposito Regolamento che l’O.d.V. adotta al proprio interno<br />

per un periodo uguale a quello del mandato; il Regolamento resta in vigore alla<br />

cessazione del mandato dell’O.d.V., ma può essere modificato in ogni tempo<br />

dall’Organismo stesso.<br />

L’attività dell’O.d.V. deve essere finalizzata alla realizzazione dei seguenti compiti:<br />

• verificare l’adeguatezza del <strong>Modello</strong> rispetto alla prevenzione della<br />

commissione dei reati richiamati dal D.Lgs. 231/2001;<br />

• verificare l’efficienza e l’efficacia del <strong>Modello</strong> anche in termini di rispondenza<br />

tra le modalità operative adottate in concreto e le procedure formalmente<br />

previste dal <strong>Modello</strong> stesso;<br />

• analizzare sulla persistenza nel tempo dei requisiti di efficienza ed efficacia<br />

del <strong>Modello</strong>;<br />

• curare, sviluppare e promuovere il costante aggiornamento del <strong>Modello</strong>,<br />

PARTE GENERALE / 33


formulando, ove necessario, all’organo direttivo le proposte per eventuali<br />

aggiornamenti e adeguamenti;<br />

• continuare a progettare e verificare l’efficienza della formazione del <strong>Modello</strong>.<br />

L’O.d.V. si riunisce almeno tre volte l’anno, secondo le modalità stabilite nel<br />

regolamento interno di funzionamento. Ogni riunione dell’O.d.V. deve essere<br />

verbalizzata.<br />

L’O.d.V. deve essere dotato di un budget annuale per svolgere le proprie funzioni<br />

( può non intaccarlo se non ci sono controlli peculiari da fare.<br />

L’O.d.V. ha diritto di accedere a tutte le informazioni aziendali, previo il rispetto<br />

della normativa vigente e delle misure necessarie in caso di privacy, e di compiere<br />

tutte le azioni di vigilanza e verifica che ritiene opportune, anche potendosi<br />

avvalere di personale dipendente e, se necessario, di consulenti esterni, in caso<br />

di necessità di competenze specialistiche.<br />

E’ fatta salva la facoltà per l’O.d.V. di eccedere le proprie dotazioni, qualora sia<br />

necessario, in casi eccezionali, per lo svolgimento delle proprie funzioni, con il<br />

solo obbligo di informare successivamente il C.D.A..<br />

In particolare l’O.d.V. può:<br />

• accedere presso tutte le Aree dell’ente, senza necessità di alcun consenso<br />

preventivo, onde esaminare ogni documento e ottenere qualsiasi informazione<br />

rilevante per lo svolgimento delle funzioni attribuite all’Organismo ai sensi<br />

del Decreto;<br />

• procedere, qualora si renda necessario, all’audizione diretta dei dipendenti<br />

e degli amministratori;<br />

• organizzare incontri, anche in via periodica, con i responsabili delle funzioni<br />

dell’ente, per essere informato su questioni, eventi o circostanze rilevanti ai<br />

fini dello svolgimento delle attività di competenza dell’Organismo stesso e<br />

scambiare dati e valutazioni ad essi inerenti;<br />

• richiedere informazioni a consulenti esterni e a partner commerciali;<br />

• sarà cura dell’O.d.V. verificare con gli stessi l’efficacia dei flussi informativi<br />

nei suoi confronti.<br />

L’Organismo potrà inoltre, ai fini dell’attuazione del <strong>Modello</strong> ex D.Lgs. n. 231/2001,<br />

chiedere in qualsiasi momento agli Organi di controllo dell’ente, informazioni in<br />

merito alle notizie rilevanti acquisite da questi nel corso della loro attività.<br />

I componenti dell’Organismo di Vigilanza sono tenuti al vincolo di riservatezza<br />

rispetto a tutte le informazioni di cui vengono a conoscenza in ragione dello<br />

svolgimento del loro incarico.<br />

34 / MODELLO ORGANIZZATIVO


5.F) INFORMATIVA DELL’ORGANISMO DI VIGILANZA NEI CONFRONTI<br />

DEGLI ORGANI SOCIETARI<br />

L’Organismo di Vigilanza riferisce periodicamente al Consiglio di amministrazione<br />

in ordine allo svolgimento dei suoi compiti, con particolare riferimento alla<br />

corretta attuazione del <strong>Modello</strong> ed all’eventuale emersione di fatti critici.<br />

L’Organismo di Vigilanza invia una relazione sull’attività svolta all’Organo<br />

amministrativo con cadenza annuale.<br />

In particolare, la relazione periodica ha ad oggetto:<br />

• l’attività complessivamente svolta nel corso del periodo, con particolare<br />

riferimento a quella di verifica;<br />

• le criticità emerse, sia in termini di comportamenti o eventi interni all’ente,<br />

sia in termini di efficacia del <strong>Modello</strong>;<br />

• un’analisi di tutte le segnalazioni ricevute nel corso dell’anno e delle azioni<br />

intraprese dall’O.d.V. stesso e dagli altri soggetti interessati;<br />

• gli interventi che appaiono opportuni per implementare l’efficienza del<br />

<strong>Modello</strong>, ovvero gli adeguamenti che si dovessero rendere necessari alla<br />

luce della mutata realtà consortile e/o normativa.<br />

Oltre il dovere di report annuale, l’O.d.V. deve inoltre riferire tempestivamente al<br />

Consiglio di amministrazione, in caso di:<br />

• ritenuta violazione del <strong>Modello</strong>;<br />

• carenze organizzative e/o procedurali potenzialmente idonee ad elevare il<br />

livello di rischio di commissione di illeciti sensibili per l’Ente;<br />

• modifiche normative rilevanti ai fini dell’attuazione ed efficacia del <strong>Modello</strong>;<br />

• esistenza Qualora ne venga a conoscenza nello svolgimento delle proprie<br />

attività e vigilanza all’interno di <strong>CCL</strong> di procedimenti penali nei confronti di<br />

soggetti apicali che operano per conto di <strong>CCL</strong>;<br />

• esistenza di procedimenti penali a carico di dipendenti e/o collaboratori e<br />

consulenti esterni in relazioni a reati sensibili per <strong>CCL</strong>;<br />

• procedimenti d’indagine e/o azioni di responsabilità ex Decreto n. 231 a<br />

carico di <strong>CCL</strong>;<br />

• eventuale necessità di procedere all’aggiornamento del <strong>Modello</strong> e/o del<br />

Codice Etico;<br />

• informativa in ordine alle segnalazioni ritenute rilevanti in tema di violazione/<br />

elusione del modello o manifestamente calunniose e/o rappresentanti mera<br />

minaccia/ritorsione/emulazione nei confronti di <strong>CCL</strong>;<br />

• ogni altra informazione ritenuta utile ai fini dell’assunzione di determinazioni<br />

urgenti da parte del Consiglio di amministrazione.<br />

PARTE GENERALE / 35


5.G) FLUSSI INFORMATIVI NEI CONFRONTI DELL’ORGANISMO DI VIGILANZA<br />

(SEGNALAZIONI DA PARTE DI ESPONENTI DELL’ORGANIZZAZIONE O DA PARTE DI TERZI)<br />

Oltre alla verifiche operate di sua iniziativa, l’O.d.V. è destinatario ex lege di un<br />

flusso di informazioni che rendono efficace e costante la sua azione di vigilanza<br />

e controllo.<br />

Infatti in aderenza alla previsione di cui all’art. 6, 2° comma, lett. d) del<br />

Decreto, il <strong>Modello</strong> adottato da <strong>CCL</strong> impone un obbligo informativo nei confronti<br />

dell’Organismo di Vigilanza da parte delle strutture aziendali.<br />

Le finalità dell’obbligo di informazioni consistono nella necessità di garantire<br />

l’attività di vigilanza sull’efficacia ed effettività del <strong>Modello</strong> da parte dell’O.d.V.<br />

e nella capacità di accertamento, anche ex post, delle cause che hanno reso<br />

possibile il verificarsi del rischio di commissione dei reati previsti dal Decreto.<br />

In particolare in forza di tale flusso di informazioni l’O.d.V. deve essere<br />

tempestivamente informato, da parte dei dipendenti, degli Organi Sociali, dei<br />

Consulenti, dei Collaboratori e degli altri soggetti all’uopo individuati, in merito a<br />

comportamenti, atti o eventi che potrebbero determinare violazione od elusione<br />

del <strong>Modello</strong> o delle relative procedure, e che quindi potrebbero ingenerare<br />

responsabilità dell’ente ai sensi del Decreto.<br />

Con la comunicazione e diffusione del presente <strong>Modello</strong> gli obblighi di<br />

comunicazione all’O.d.V. di eventuali comportamenti contrari alle disposizioni<br />

contenute nel <strong>Modello</strong> rientrano espressamente nel dovere di diligenza e<br />

nell’obbligo di fedeltà del prestatore di lavoro, di cui agli artt. 2104 e 2105 c.c..<br />

In forza dell’obbligo di informazione previsto dal presente <strong>Modello</strong>, dovrà essere<br />

comunicata all’O.d.V., oltre ad ogni specifica operazione sensibile tipizzata nella<br />

parte speciale e nei protocolli di comportamento, ogni altra informazione, di<br />

qualsiasi tipo, proveniente anche da terzi ed attinente al rispetto delle previsioni<br />

del <strong>Modello</strong>.<br />

L’O.d.V. valuta discrezionalmente le segnalazioni ricevute, ivi comprese quelle<br />

in forma anonima, e le eventuali conseguenti iniziative ascoltando – ove ritenuto<br />

opportuno - l’autore della segnalazione e/o il responsabile della presunta<br />

violazione e motivando per iscritto eventuali rifiuti di procedere ad una indagine<br />

interna.<br />

Gli obblighi di segnalazione su base occasionale sono rivolti anche ai soggetti terzi<br />

che operano, a qualsiasi titolo, per conto o nell’interesse dell’ente nell’ambito<br />

delle attività a rischio e ai quali l’ente provvede a dare adeguata informativa in<br />

merito al <strong>Modello</strong> <strong>Organizzativo</strong> adottato e agli obblighi di comunicazioni in esso<br />

contenuti.<br />

36 / MODELLO ORGANIZZATIVO


I consulenti, i collaboratori e i partner commerciali, per quanto riguarda l’attività<br />

svolta in collaborazione e/o prestazione di servizi in favore di <strong>CCL</strong>, possono<br />

effettuare segnalazioni direttamente all’O.d.V. secondo le regole e procedure da<br />

quest’ultimo adottate e comunicate.<br />

Il presente <strong>Modello</strong>, poi, in aderenza al Codice Etico della società, ha individuato<br />

una serie di operazioni particolarmente sensibili, di cui deve essere sempre<br />

trasmessa prontamente notizia all’O.d.V., in particolare:<br />

• criticità riscontrate in occasione di visite ispettive;<br />

• elenco dei dipendenti che hanno ricoperto cariche pubbliche nel corso<br />

dell’anno, o ancora in essere alla chiusura dell’esercizio;<br />

• notizie in merito ad eventuali candidature, ruoli politici o incarichi pubblici<br />

assunti da figure apicali di <strong>CCL</strong> o in merito all’instaurazione di rapporti<br />

economici con soggetti candidati ad elezioni politiche, con loro familiari, o<br />

con dirigenti di organizzazioni pubbliche;<br />

• eventuali transazioni di natura finanziaria effettuate in Paesi regolati da<br />

normativa fiscale privilegiata, ai sensi dei DM 21 novembre 2001 (Disciplina<br />

CFC) e 23 gennaio 2002 e successive modifiche ed integrazioni;<br />

• le richieste di pagamento su conto corrente in uno Stato “a rischio” (in base<br />

agli elenchi/black list emanati da OECD/OCSE, ecc.) provenienti dai fornitori,<br />

consulenti, dipendenti;<br />

• il dettaglio delle eventuali erogazioni concesse (ad esempio a titolo di omaggi,<br />

liberalità, ecc.), a favore di enti pubblici o soggetti che svolgono pubbliche<br />

funzioni;<br />

• dettaglio degli acquisti di servizi di consulenze effettuati nel periodo di<br />

riferimento;<br />

• reportistica in merito alle procedure di gara ad evidenza pubblica ed in merito<br />

alle procedure negoziate;<br />

• richieste modifiche autorizzazioni esistenti;<br />

• i cambiamenti organizzativi rilevanti e l’aggiornamento del sistema dei<br />

poteri e delle deleghe, le variazioni delle aree a rischio, la realizzazione di<br />

operazioni a rischio o comunque idonee ad alterare il rischio predeterminato<br />

nel <strong>Modello</strong> di Organizzazione;<br />

• indagini in corso nei confronti dell’Ente, di suoi soggetti apicali e dipendenti,<br />

e di soggetti terzi comunque rilevanti per l’Ente.<br />

Oltre a tali operazioni, ritenute sulla base della GAP Analisys effettuata<br />

potenzialmente sensibili, nella parte speciale del presente <strong>Modello</strong>, in relazione<br />

a specifiche attività di <strong>CCL</strong> Milano, per ciascuna famiglia di reati ritenuta a rischio<br />

per l’Ente, è stato previsto lo specifico obbligo di comunicazione e documentazione<br />

in favore dell’O.d.V..<br />

PARTE GENERALE / 37


5.H) DOCUMENTAZIONE DELL’ATTIVITÀ DELL’O.D.V. E CONSERVAZIONE<br />

DELLA DOCUMENTAZIONE<br />

Il presente <strong>Modello</strong> determina espressamente che tutte le informazioni da e<br />

verso l’O.d.V., debbano essere effettuate per iscritto.<br />

Nell’ambito dello specifico potere regolamentare l’O.d.V. determina internamente<br />

le modalità di trattamento delle informazioni ricevute, valutando la rilevanza<br />

delle stesse e le procedure da attivarsi.<br />

Ogni informazione, segnalazione, report, relazione prevista dal <strong>Modello</strong> è<br />

conservata dall’O.d.V. in apposito archivio. L’accesso al predetto archivio è<br />

consentito solo ai componenti dell’O.d.V. medesimo, agli altri soggetti indicati<br />

eventualmente dal Regolamento interno dello stesso, o ad altri soggetti<br />

specificamente delegati dall’O.d.V..<br />

Contatti:<br />

L’O.d.V., cura l’istituzione ed il mantenimento di canale di comunicazione proprio,<br />

che deve essere sempre conoscibile a tutti i destinatari, mediante indicazione nel<br />

sito internet di <strong>CCL</strong> e mediante indicazione nel presente modello.<br />

Le segnalazioni potranno altresì essere trasmesse per posta a <strong>CCL</strong>, con<br />

indicazione specifica “Organismo di Vigilanza ex D.Lgs. n.231/01, <strong>CCL</strong> Via della<br />

Signora, 3 - 20122 MILANO”.<br />

5.I) “WHISTLEBLOWING”, OVVERO TUTELA DEI SOGGETTI CHE SEGNALANO<br />

ANOMALIE E/O ILLECITI<br />

Il 29 dicembre 2017 è entrata in vigore la legge n. 179, la quale ha regolamentato<br />

le: “Disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità<br />

di cui siano venuti a conoscenza nell’ambito di un rapporto di lavoro pubblico<br />

o privato” (pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, Serie Generale n. 291 del 14<br />

dicembre 2017).<br />

La nuova normativa ha introdotto delle misure di tutela del fenomeno del c.d.<br />

whistleblowing, termine anglosassone che identifica i soggetti che formulano<br />

pubblicamente denunce di anomalie e/o illeciti, in quanto altrimenti i soggetti che<br />

intendessero far rilevare anomalie ed illeciti si vedrebbero esposti a ritorsioni<br />

e/o discriminazioni.<br />

Per quanto riguarda <strong>CCL</strong> la figura del c.d. whistleblowing, può essere definita<br />

quella del “segnalatore di anomalie e/o frodi”, e il Consorzio intende tutelare,<br />

in conformità alla normativa vigente ed al proprio Codice Etico, i soggetti che<br />

venuti a conoscenza di un comportamento irregolare, illegale o potenzialmente<br />

dannoso per la collettività posto in essere all’interno segnalino fatti illegittimi<br />

38 / MODELLO ORGANIZZATIVO


dell’Ente da potenziali condotte ritorsive.<br />

Per tale ragione <strong>CCL</strong>, in aderenza alla l. 179/2017 e alle indicazioni fornite in<br />

materia dalla Confindustria con note illustrative del Gennaio 2018, intendendo<br />

garantire la massima osservanza della disciplina sulla tutela e sulla garanzia di<br />

anonimato, riservatezza e divieto di ritorsioni verso il c.d. segnalatore, ha intesto<br />

istituire dei canali di segnalazione in forma anonima.<br />

In particolare tali canali sono costituiti da un indirizzo di posta elettronica, da un<br />

indirizzo di posta ordinaria, e da una cassetta postale sita all’interno della sede<br />

sociale.<br />

<strong>CCL</strong> ha predisposto un software di smistamento delle mail ricevute alla casella<br />

mail predisposta per le segnalazioni di irregolarità, in modo che la posta in arrivo<br />

sia processata dall’Organismo di Vigilanza (o da personale appositamente da<br />

questo delegato), e sia poi reindirizzata in forma anonima anche al Consiglio di<br />

Amministrazione ed al Collegio Sindacale. L’unico soggetto che può conoscere<br />

l’identità informatica del mittente è rappresentato dall’O.d.V., il quale non può<br />

rivelarla se non in ossequio alle leggi vigenti, previo ordine dell’autorità giudiziaria<br />

in caso di reato.<br />

Ugualmente per la corrispondenza recapitata a mezzo posta ordinaria ovvero a<br />

mani presso la cassetta postale sita in sede, qualora gli scritti siano sottoscritti,<br />

ovvero comunque consentano l’identificazione del soggetto mittente, è fatto<br />

obbligo all’O.d.V. di trascrivere gli stessi in forma anonima e di trasmetterli in<br />

copia al Consiglio di Amministrazione ed al Collegio Sindacale.<br />

Al fine di garantire la efficacia delle segnalazioni ricevute, è fatto ordine all’O.d.V.<br />

di conservare tutte le segnalazioni ricevute, con attestazione della trasmissione<br />

agli altri organi interessati di copia anonima delle stesse.<br />

Gli indirizzi approntanti da <strong>CCL</strong> per le segnalazioni di irregolarità/anomalie sono:<br />

• Posta elettronica // garanteetico@cclcerchicasa.it<br />

// Oggetto: Segnalazione O.D.V.;<br />

• Posta ordinaria // via della Signora, 3 - 20122 Milano<br />

// All’attenzione di: Segnalazione O.D.V..<br />

L’Ente cura che sia data massima diffusione tra il proprio personale e tra gli<br />

eventuali collaboratori esterni degli indirizzi di segnalazione predisposti,<br />

garantendo al contempo il più alto livello di tutela e riservatezza dei soggetti<br />

segnalatori, come imposto dalla normativa vigente.<br />

PARTE GENERALE / 39


6. LE SANZIONI IN CASO DI VIOLAZIONE DEL PRESENTE<br />

MODELLO<br />

6.A) NECESSITÀ DELLE SANZIONI DISCIPLINARI IN CASO DI VIOLAZIONE<br />

DEL PRESENTE MODELLO<br />

<strong>CCL</strong> Milano, in aderenza ai propri valori fondanti e alla propria mission,<br />

condanna qualsiasi comportamento difforme, oltre che dalla legge nazionale<br />

e sovranazionale vigente, dal presente <strong>Modello</strong> dal proprio Codice Etico, anche<br />

qualora il comportamento sia realizzato nell’interesse della società stessa ovvero<br />

con l’intenzione di arrecare ad essa un vantaggio.<br />

Al fine di garantire il rispetto delle regole di comportamento sociali e del presente<br />

<strong>Modello</strong>, si è resa necessaria la predisposizione di un sistema sanzionatorio che<br />

colpisca le violazioni da parte dei Destinatari delle disposizioni del presente<br />

<strong>Modello</strong>.<br />

Il presente sistema sanzionatorio costituisce condizione necessaria per garantire<br />

l’efficace attuazione del <strong>Modello</strong> stesso, nonché presupposto imprescindibile<br />

per consentire alla Società di beneficiare dell’esimente dalla responsabilità<br />

amministrativa.<br />

L’applicazione delle sanzioni disciplinari previste nel presente <strong>Modello</strong> può<br />

prescindere dall’instaurazione, e dall’esito, di un eventuale procedimento penale<br />

anche nel caso in cui la violazione integri un’ipotesi di reato rilevante ai sensi del<br />

D.Lgs. 231/2001, rientrando nell’esercizio del potere disciplinare del datore di<br />

lavoro.<br />

Le sanzioni previste dal presente modello sono diversificate in ragione della<br />

natura del rapporto tra l’autore della violazione e la Società, nonché del rilievo<br />

e della gravità della violazione commessa, nonché del ruolo e responsabilità<br />

dell’autore.<br />

In ogni caso <strong>CCL</strong> prende atto, alla luce dei propri valori fondanti di solidarietà e<br />

giustizia, del principio espresso dalla Corte Costituzionale con sent. n. 220/1995,<br />

il quale sancisce che l’esercizio del potere disciplinare nei rapporti di lavoro<br />

subordinato, ovvero anche di lavoro autonomo e professionale, deve sempre<br />

conformarsi ai principi di:<br />

• proporzione (ovvero la sanzione deve essere commisurata all’entità dell’atto<br />

contestato);<br />

• contraddittorio (l’interessato deve sempre essere messo in condizione<br />

di esprimere il proprio punto di vista e produrre le proprie eventuali<br />

giustificazioni prima dell’adozione del provvedimento sanzionatorio).<br />

40 / MODELLO ORGANIZZATIVO


Nell’applicazione delle sanzioni disciplinari, anche se comminate per violazione<br />

del presente <strong>Modello</strong>, vige la disciplina del CCNL applicato.<br />

Le violazioni sanzionabili debbono derivare da specifici comportamenti omissivi<br />

ovvero in violazione del <strong>Modello</strong> e delle regole di comportamento, ovvero da casi<br />

di trasgressione dolosa delle prescrizioni del <strong>Modello</strong>.<br />

6.B) SANZIONI NEI CONFRONTI DEI DIPENDENTI<br />

L’osservanza delle disposizioni e delle regole comportamentali previste dal<br />

<strong>Modello</strong> e dal Codice Etico, da parte dei dipendenti e dei lavoratori subordinati<br />

di <strong>CCL</strong>, sia già in forze presso l’ente sia assunti dopo l’adozione del presente<br />

modello, costituisce adempimento degli obblighi previsti dall’art. 2104, 2°<br />

comma c.c.; di tali obblighi il contenuto del medesimo <strong>Modello</strong> rappresenta parte<br />

integrante e sostanziale.<br />

La violazione delle singole disposizioni e regole comportamentali contenute o<br />

richiamate dal presente <strong>Modello</strong>, da parte dei dipendenti, costituisce sempre<br />

illecito disciplinare.<br />

Inoltre le violazioni del <strong>Modello</strong> che dovessero rivestire carattere penale saranno<br />

sanzionate penalmente e disciplinarmente in via autonoma rispetto alla violazione<br />

del <strong>Modello</strong>, in aderenza alle prescrizioni del <strong>CCL</strong>N applicato.<br />

<strong>CCL</strong> chiede ai propri dipendenti di segnalare le eventuali violazioni e, all’uopo, ha<br />

introdotto i canali di segnalazione, in quanto la stessa valuta in senso positivo il<br />

contributo prestato, anche qualora il soggetto che ha effettuato la segnalazione<br />

abbia contribuito alla commissione della violazione segnalata.<br />

Le misure indicate nel <strong>Modello</strong>, il cui mancato rispetto si intende sanzionare,<br />

sono comunicate mediante circolare interna a tutti i dipendenti, affisse in luogo<br />

accessibile a tutti e vincolanti per tutti i dipendenti dell’organizzazione.<br />

I provvedimenti disciplinari sono irrogati nei confronti dei lavoratori dipendenti in<br />

conformità a quanto previsto dall’art. 7 della Legge 20 maggio 1970, n. 300 (c.d.<br />

“Statuto dei Lavoratori”), da eventuali normative speciali applicabili e dal CCNL<br />

di riferimento ovvero, al momento di adozione del presente <strong>Modello</strong>, il CCNL del<br />

Settore Servizi.<br />

6.C) MISURA SANZIONATORIA<br />

Il sistema disciplinare prescritto dal presente <strong>Modello</strong> descrive i comportamenti<br />

del personale dipendente e subordinato sanzionati secondo il rilievo che<br />

assumono, per gli interessi tutelati dal presente <strong>Modello</strong>, le singole violazioni<br />

tipizzate, in quanto le sanzioni in concreto previste (tra quelle indicate dal <strong>CCL</strong>N<br />

PARTE GENERALE / 41


di categoria) sono state valutate alla luce della gravità delle violazioni commesse.<br />

In particolare le sanzioni sono rappresentate da quelle previste dal CCNL e<br />

precisamente:<br />

• richiamo verbale;<br />

• richiamo scritto;<br />

• sanzione pecuniaria;<br />

• sospensione dal lavoro;<br />

• licenziamento per giusta causa.<br />

In applicazione del principio di proporzionalità sancito dalla Corte Costituzionale<br />

nel comminare le sanzioni disciplinari, le sanzioni vengono predisposte in forma<br />

crescente, ferma restando la discrezionalità del potere disciplinare in capo<br />

all’organo titolare, a seconda della gravità della violazione.<br />

La gravità della violazione viene valutata dal presente modello prendendo ad<br />

esame la violazione realizzata l’intenzionalità ovvero la colposità dell’agente, la<br />

colpa nella negligenza ovvero la volontà di eludere fraudolentemente il <strong>Modello</strong>,<br />

i rischi cui è stato esposto l’Ente ovvero le conseguenze sanzionatorie prodotte<br />

dalla violazione.<br />

Alla notizia di una violazione del <strong>Modello</strong>, corrisponde l’avvio della procedura<br />

di accertamento dell’infrazione nei confronti del dipendente interessato dalla<br />

procedura secondo quanto disciplinato dall’art. 7 della l. n. 300/1970.<br />

L’esito del procedimento disciplinare deve in ogni caso essere comunicato<br />

all’O.d.V., sia in caso di esito positivo che in caso di esito negativo. All’uopo il<br />

responsabile del procedimento disciplinare comunica l’eventuale irrogazione<br />

della sanzione, ovvero l’eventuale provvedimento di archiviazione, corredato<br />

delle opportune motivazioni, all’Organismo di Vigilanza.<br />

L’Organismo di Vigilanza provvede al monitoraggio dell’applicazione delle<br />

sanzioni disciplinari.<br />

Sono rispettati tutti gli adempimenti di legge e di contratto relativi all’irrogazione<br />

della sanzione disciplinare, nonché le procedure, disposizioni e garanzie previste<br />

dall’art. 7 dello Statuto dei Lavoratori e dallo specifico CCNL applicabile in<br />

materia di provvedimenti disciplinari.<br />

6.D) SANZIONI NEI CONFRONTI DEGLI AMMINISTRATORI<br />

In caso di violazione del <strong>Modello</strong> da parte dell’Organo amministrativo, l’Organismo<br />

di Vigilanza è tenuto ad informare tempestivamente l’assemblea dei soci, i<br />

quali provvederanno ad assumere le opportune iniziative previste dalla vigente<br />

normativa.<br />

42 / MODELLO ORGANIZZATIVO


Nel caso di sentenza di condanna anche di primo grado per i reati previsti dal<br />

D.Lgs. n. 231/01 e successive modifiche, l’Organo amministrativo condannato<br />

dovrà darne immediata comunicazione all’Organismo di Vigilanza che procederà<br />

ad informarne l’Organo amministrativo.<br />

In caso di riscontrate violazioni da parte di uno degli Amministratori l’Organismo<br />

di Vigilanza, per garantire l’effettività della tutela, informa per iscritto l’intero<br />

Consiglio di Amministrazione nonché il Collegio Sindacale.<br />

6.E) SANZIONI NEI CONFRONTI DEI MEMBRI DELL’ORGANISMO DI VIGILANZA<br />

In caso di violazioni degli obblighi connessi al proprio ruolo da parte di uno o<br />

più membri dell’Organismo di Vigilanza, gli altri membri sono obbligati ad<br />

informare immediatamente l’Organo amministrativo di <strong>CCL</strong>: tale organo, previa<br />

contestazione della violazione e concessione degli adeguati strumenti di difesa,<br />

potrà adottare gli opportuni provvedimenti sanzionatori ritenuti legittimi.<br />

6.F) MISURE NEI CONFRONTI DI COLLABORATORI, CONSULENTI, PARTNER,<br />

CONTROPARTI ED ALTRI SOGGETTI ESTERNI<br />

L’inosservanza delle disposizioni contenute nel <strong>Modello</strong> e nel Codice Etico di <strong>CCL</strong>,<br />

da parte di collaboratori, fornitori, consulenti, partner e altri soggetti esterni<br />

determina l’applicazione delle penali previste nei contratti che ne regolano i<br />

rapporti, o, nel caso di violazioni gravi o reiterate, la risoluzione del rapporto<br />

contrattuale.<br />

È in ogni caso fatta salva l’eventuale richiesta di risarcimento qualora da tale<br />

comportamento derivino danni concreti all’organizzazione, come nel caso di<br />

applicazione da parte del giudice delle misure previste dal D.Lgs.n. 231/01.<br />

PARTE GENERALE / 43


7. PIANO DI FORMAZIONE E COMUNICAZIONE<br />

• Formazione, informazione, coinvolgimento proattivo, previsione contrattuale.<br />

Al fine di poter ritenere integrato il requisito dell’efficace attuazione dei principi<br />

contenuti nel <strong>Modello</strong> e nel Codice Etico, <strong>CCL</strong> garantisce una costante azione<br />

di formazione e informazione al proprio personale, ai professionisti e a tutti i<br />

partner.<br />

Considerando le peculiarità organizzative di <strong>CCL</strong> saranno sviluppate azioni atte<br />

a diffondere le conoscenze del modello sia tra il personale dipendente, sia tra<br />

i professionisti che, a vario titolo, collaborano con <strong>CCL</strong>. Tale azione è parte<br />

integrante del modello organizzativo, in quanto tutti i collaboratori dovranno:<br />

• avere consapevolezza dei valori che sono alla base del modello;<br />

• conoscere il modello;<br />

• collaborare in modo proattivo, ognuno per la propria, specifica competenza<br />

all’attuazione del modello e all’azione di miglioramento continuo del modello<br />

stesso.<br />

La Formazione del personale, lo sviluppo e la “manutenzione” delle competenze<br />

sono considerati da <strong>CCL</strong> scelte strategiche per assicurare la Qualità dei processi<br />

e per migliorare la soddisfazione del cliente. In accordo con la propria politica del<br />

miglioramento continuo, <strong>CCL</strong> definisce la formazione del personale, attraverso<br />

un annuale piano di formazione che contiene riferimenti precisi e puntuali alla<br />

compliance in generale e alla conoscenza e attuazione del modello organizzativo<br />

in particolare.<br />

Il sistema di informazione e formazione è approvato e costantemente monitorato<br />

dall’Organismo di Vigilanza ed integrato, tenendo conto dei risultati dell’attività<br />

svolta, con i responsabili dei processi di volta in volta coinvolte.<br />

Per quanto attiene una puntuale informazione dei partner, <strong>CCL</strong> inserirà<br />

progressivamente nei nuovi contratti che stipulerà un esplicito riferimento al<br />

proprio modello organizzativo e all’impegno a rispettarlo che ogni partner dovrà<br />

assumere.<br />

44 / MODELLO ORGANIZZATIVO


NOTE<br />

PARTE GENERALE / 45


<strong>CCL</strong> Consorzio Cooperative Lavoratori<br />

aderisce a ACLI Milanesi e CISL Milano Metropoli.<br />

Dall’amministrazione condominiale ai servizi di portineria:<br />

ogni necessità per la gestione dell’immobile a 360°.<br />

L’occasione per conoscere i tuoi vicini<br />

e vivere attivamente il quartiere.


C 328 9687638 • T 02 77116300/314<br />

E-M segreteria@cclcerchicasa.it<br />

W cclcerchicasa.it<br />

Promosso da: ACLI Milanesi e CISL Milano Metropoli<br />

Aderisce a CONFCOOPERATIVE HABITAT

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!