Speciale Pasqua
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Apri la mente prima della bocca
SPECIALE PASQUA
Aprile 2022
Casatiello:
l'impasto perfetto
Le mappe di Pasqua:
cosa comprare e dove
La non-classifica della
colomba (e suoi derivati),
uova di cioccolato bean to
bar (e non solo!) casatielli e
tortani, pastiera napoletana.
La Pastiera
Scientifica
Direttore Editoriale
Gianfranco Lo Cascio
Direttore Responsabile
Nunzia Clemente
Vice Direttore Editoriale
Rossella Neiadin
Caporedattore
Michela Bongiorni
Autori
Rosa D’Anna
Angelo Grippa
Patrizia Laquale
Francesca Pace
Alessandro Trezzi
Impaginazione
Carlo Trono
Revisione
Anna Iorio
Francesca Pappacena
Fotografie e infografiche
Rosa D’Anna
Patrizia Laquale
Dario Leopardi
Rossella Neiadin
Francesca Pace
Speciale Pasqua 2022
002
©2022 GASTRONOMICAMENTE È UN MARCHIO BBQ4ALL CONSULTING S.R.L.
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VENISSE VIOLATO IL DIRITTO D’AUTORE ALTRUI.
Gastronomicamente
speciale Pasqua 2022
EDITORIALE
Gastronomicamente: apri la mente prima della bocca 04
COSTUME
Pastiera, storia di un dolce da molto lontano 08
Bonus: La Pastiera del Pasticciere Angelo Gripe 15
Casatiello, storia e aneddoti di uno dei cibi più amati dai napoletani 20
LE GUIDE DI GASTRONOMICAMENTE
La “non classifica” della colomba pasquale 26
Pastiera napoletana 38
Casatiello e tortani- dove acquistarli in Campania 42
Uova di cioccolato - per tutti i gusti e per tutte le tasche 46
GASTRONOMICAMENTE - LE RICETTE
La schiacciata di Pasqua 52
Pizza di formaggio pasquale 54
Torta pasqualina 56
Lasagna pasquale 60
Abbacchio alla scottadito 64
Uova alla monachina 68
Zuppa di cozze alla napoletana 70
Minestra maritata 74
Carciofi arrostiti 78
Casatiello dolce 80
Casatiello salato 84
La ricetta scientifica della pastiera napoletana 92
gastronomicamente
003
Apri la mente
Speciale Pasqua 2022
004
prima della bocca
“L’ha fatto nonna”.
“Abbiamo sempre fatto così e così
continueremo a fare.”
“Così dice la tradizione”.
Gastronomicamente (www.gastronomica-mente.it)
è il network che vi dirà no, no e NO a tutte queste cose
messe in fila.
Ci proponiamo come nuovo contenitore multimediale,
in crescita giorno dopo giorno che si “adatta” alle nuove
esigenze, sempre più personalizzabili e peculiari di
ciascun utente.
E impareremo che non esiste “la tradizione”. Esistono “le
tradizioni”. Ed ognuno di noi, nel piccolo o nel grande,
le modella, rimodella ancora, ne crea di nuove, le
scompagina e poi le ricompone.
Panta rei, tutto si trasforma. Perché ci ostiniamo a non
accettarlo con la cucina?
COSA ANDREMO A FARE?
Il nostro obiettivo è creare pubblico eterogeneo che, diversamente da quello che
fanno gli altri poli di informazione (e formazione) gastronomica, è interattiva col
pubblico e si “modella” sul pubblico.
Ehi, attenzione: non intendiamo dire che “ci svendiamo”.
Ci spieghiamo meglio.
Hai presente le diecimila classifiche di “il miglior panino di Roma” oppure “la
miglior pizza di Torino” o ancora “La migliore limonata di Napoli”?
Bene, Gastronomicamente – in tutte le sue versioni – non sarà affatto così.
Per una ragione molto semplice: così come ci è impossibile stabilire un criterio
unico secondo il quale qualcosa è tutto bianco o tutto nero, parimenti sarebbe
un’impresa titanica e beffarda poter stabilire la migliore pizza, la migliore cioccolata,
il vino migliore, il Buondì della galassia.
gastronomicamente
005
C’è un però, come in ogni cosa: ed è su questo “errore del sistema” che
andremo a costruire il nostro ragionamento.
Ciò che la “critica gastronomica” nostrana non ha ben compreso, per nostra
fortuna, è che non possiamo dividere gli avventori delle attività ristorative
per macrocategorie: non c’è più, banalmente, l’avventore che frequenta
SOLO pizzerie, quello che frequenta SOLO ristoranti, SOLO trattorie.
C’è bisogno, quindi, di un’alta costumizzazione dell’ “avventore tipo”, così
come dell’ “utente tipo”.
Può esserci una selezione di migliori pizzerie, adottando criteri paradossalmente
ancor più selettivi, restringenti MA andando a colpire una fetta
di utenti molto più interessata e reattiva.
Utilizziamo il classico esempio del “panettone migliore d’Italia”.
Concorsi, concorsi e concorsi. Ognuno con una verità ineluttabile: la loro
medaglia è migliore di tutte le altre.
Non può esistere.
Non può esistere, anche soltanto per due ragioni:
1. La quantità di artigiani che, ogni giorno, produce ottimi lievitati ormai
è incalcolabile e difficilmente raggiungibile senza l’aiuto - indovinate
di chi? - degli utenti stessi e delle loro segnalazioni.
2. Esistono troppi stili di panettone. Così come troppi stili di pizza. E via
dicendo. Come si fa a decidere qual è il migliore uber alles?
Cosa si fa in questi casi, quindi? Ne troverete qualche esempio in queste
pagine. Sceglieremo dei prodotti, dei locali, delle esperienze in maniera
eterogenea. Ci sarà uno o più esempi di ogni stile di prodotto, locale,
esperienza. Ognuno di questi, potrebbe essere “il migliore” per qualcuno.
Per un tipo di persona, per una occasione in particolare.
Non il meglio in assoluto. Il meglio per te. Per quello che cerchi, per quello
che puoi investire in questo prodotto, locale o esperienza.
Per fare un puro esempio, prendiamo la pizza: quante evoluzioni di questa
ci sono state negli ultimi 10 anni? Incalcolabili?
Possibile stabilire IN ASSOLUTO quale pizza sia migliore di un’altra?
No. Non possiamo, nemmeno nella stessa città. Troppe variabili. Troppe
persone che ricercano qualcosa di diverso.
Possiamo però stabilire dei criteri: selezionare le maggiori espressioni di
pizza contemporanea, di pizze storiche, i locali dove accoglienza e sala si
esprimono al meglio… e via discorrendo.
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I nostri utenti devono potersi rispecchiare nelle selezioni, trovando ognuno
di essi la propria collocazione: il profilo gustativo di ciascuno di voi va
valorizzato, non ammazzato nella logica del “migliore”.
Semplicemente, perché non esiste una collocazione unica per tutti.
GASTRONOMICAMENTE GUIDE
Una faccia molto interessante di Gastronomicamente saranno le Guide.
Guide per città, per territorio, per regioni. Facilmente consultabili
perché saranno sempre lì, al loro posto nel loro numero cartaceo, con
indirizzi ed indicazioni necessarie per raggiungere il tuo posto per avere
un’esperienza tipica di quel luogo. Non necessariamente “la migliore”
(ricordi? Non esiste “il miglior qualcosa” in assoluto”), ma di certo la più
rappresentativa.
Se te lo stai chiedendo, sì: vogliamo essere la tua piccola guida Michelin
a portata di mano. La tua “Viola” personalizzata, insomma.
Ti piace questa sfida? Ti assicuriamo che non c’è un qualcosa di simile
in giro per il web. Sulla carta stampata, peggio che andar di notte. Che
tu sia un veterano oppure una penna fresca, poco ci importa. C’è molto
da costruire insieme.
RICETTE. DA GASTRONOMICAMENTE A SCIENTIFICA…MENTE
La ricetta non è e non sarà mai più una mera esecuzione di qualcosa di
“già fatto”.
Le ricette presenti sui canali di Gastronomica-mente saranno provate
e riprovate di volta in volta, fino a garantirvi un risultato con il minimo
indice di fallibilità. Anzi, possiamo dire nullo.
Con tono leggero e contenuti verificati e verificabili di volta in volta, le
ricette di Gastronomicamente avranno supporto scientifico e fotografico.
Con una sezione apposita, spiegheremo i perché e i per come dei processi
chimici che avvengono nei nostri alimenti e durante le nostre preparazioni,
qualche volta addentrandoci di più nella materia, altre volte con
simpatiche “pills” scientifiche e contributi esterni da esperti del settore.
Com’è che diceva Confucio? Dai un pesce ad un uomo e lo nutrirai per
un giorno. Insegnagli a pescare e lo nutrirai per tutta la vita.
Noi non ci proponiamo di illustrarvi, banalmente, una ricetta: avrete
a disposizione un metodo, da poter utilizzare all’infinito nelle vostre
preparazioni.
NEWS
Un webzine di informazione gastronomica non può esimersi dall’avere
un comparto news ben aggiornato, variegato e sul serio alla portata di
tutti. Dalle notizie italiane a quelle internazionali, la sezione news di www.
gastronomica-mente.it raccoglierà commenti e spunti di discussione
quotidiani, cercando di mantenere l’eterogeneità degli utenti, delle
informazioni e delle notizie.
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Speciale Pasqua 2022
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Pastiera
Storia di un dolce, da
molto lontano
di Nunzia Clemente
Nel 2019, è stata la ricetta più googlata in Italia: la pastiera
napoletana, soprattutto negli ultimi dieci anni, sembra
aver conquistato tutti. Ma proprio tutti, tanto che viene
riprodotta con buoni risultati anche da pasticcieri sopra il
Rubicone. Qual è la vera storia della pastiera napoletana?
La pastiera napoletana è una torta, una crostata potremmo
dire, così composta: un guscio di pastafrolla sottile (il
pettolo o la pettola, dipende dalla zona) arricchito con
sugna (grasso di maiale), un impasto fatto da chicchi di
grano bolliti nel latte, ricotta setacciata, zucchero e fiori
d’arancio, delle strisce a “decorare” e contenere l’impasto.
Successivamente, viene cotta in forno di casa o forno a
legna in un “ruoto” di rame, cioè una teglia tonda.
Nei miei ricordi, la pastiera è
il dolce – tra quelli napoletani
– che si porta dietro più falsi
miti e storie e leggende di
qualunque altro.
Questo succede anche perché, all’interno della coloratissima
geografia della mia Campania, la “pastiera” è qualcosa
di sempre diverso, dipende dalla zona dove la si fa e dalle
persone con cui ne parliamo.
Ad esempio, se ne parliamo con un salernitano oppure
avellinese, la “pastiera” sarà quella fatta con la pasta (sì,
proprio quella!) e sarà in versione salata. Ma anche per gli
abitanti della zona costiera che va da Napoli a Sorrento,
con precisione a Torre del Greco, è intesa anche la pastiera
di capellini, cioè una pastiera fatta con la pasta lunga
gastronomicamente
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(sovente, i cosiddetti capellini d’angelo), ma in versione dolce e con i canditi.
Il sapore decisamente zuccherino (la sottoscritta l’ha provata diverse volte)
la rende inconfondibile e non sempre apprezzata fuori dai confini.
Da queste varie versioni deriverebbe la credenza che la pastiera fosse in
origine fatta di pasta e, quindi, l’etimologia del dolce sia pasta aier’, cioè
“pasta di ieri”, dall’usanza dei pescatori napoletani e limitrofi di portare con
sé i resti di cibo dei giorni precedenti.
Questa etimologia non mi ha mai convinta particolarmente. Ma studiare
la pastiera richiede un impegno – non solo di mascelle! – ma anche storico,
filologico e sociale.
LA LEGGENDA DELLA SIRENA PARTENOPE
Secondo i miti, la Sirena Partenope (quella che avrebbe anche fondato la città
di Napoli) sarebbe all’origine della pastiera napoletana: un giorno indefinito,
un gruppo di pescatori fu travolto da una tempesta. Le donne, rimaste a terra,
“pregarono” la Sirena offrendo in dono le primizie della terra: farina, grano,
zucchero, fiori d’arancio, uova e spezie varie. Questi doni furono portati in
riva al mare da sette fanciulle vergini, o almeno così dice la leggenda.
Il giorno successivo, non solo i pescatori riuscirono a tornare a casa, ma la
sirena Partenope aveva “raccolto” e restituiti i doni sottoforma di torta: la
pastiera, per l’appunto.
La leggenda della sirena Partenope affonda pienamente le radici nel mondo pagano,
nei cerimoniali di primavera e nelle varie feste del popolo magnogreco, come i rituali
di Demetra e dionisiaci. Infatti, sia nel mondo latino che nel mondo greco, erano
molto diffuse le cosiddette torte di grano e miele, oppure di grano e formaggio.
Altre storie, ancora, fanno riferimento ad un passato più recente: tra presunta verità
e mitologie recenti, la pastiera è decisamente il dolce più chiacchierato da anni a
questa parte.
Tanto da avere addirittura un detto dedicato.
PASTIERA NAPOLETANA: MAGNATELL’ NA RISATA DERIVA DA QUI!
Studi di storia gastronomica più recenti hanno collocato la nascita della pastiera
napoletana in epoca più recente: siamo sempre a Napoli, non in epoca pagana ma
durante il XVI secolo. Le suore di uno dei conventi del centro storico napoletano – in
particolare, pare che fossero le benedettine del Convento di San Gregorio Armeno
– cercavano un dolce che celebrasse la morte e la resurrezione del Cristo, oltre che
un dolce modo per ringraziare (ed ingraziarsi!) gli aristocratici ed i mecenati. Tra i
libri gelosamente custoditi ad oggi nei monasteri, si narra che l’odore della pastiera
inebriasse i vicarielli napoletani ad ogni ora del giorno e della notte, per tutto il
periodo pasquale.
gastronomicamente
011
In breve, la pastiera divenne un dolce amatissimo e prelibato:
medici, aristocratici, la nobiltà napoletana iniziò ad amare
questo dolce divenuto conventuale, dalla storia lunghissima
ed incerta.
I nobili napoletani amavano così tanto la pastiera da farne
diventare un detto, famoso ancora oggi.
Alzi la mano chi conosce il detto “magnatell ‘na risata”, che
in pratica vuol dire “sforzati, fa’ un sorriso” e lo si dedica alle
persone che non hanno molta gioia di vivere dipinta in volto.
Qualcuno?
Nessuno?
La storiella ve la spiego io e – vera o falsa che sia – è un
aneddoto gustoso.
Siamo nel 1837, alla sfarzosa corte dei Borbone: il re era
Ferdinando II, la moglie protagonista è incerta, si propende
per Maria Teresa d’Asburgo-Taschen (la seconda), ma talune
storie narrano sia la prima, cioè Maria Cristina di Savoia.
Ci atteniamo a Maria Teresa. Costei, a quanto pare, non
amava tutti i rituali cerimoniosi di corte, ancor più della
corte borbonica, particolarmente sfarzosa e dedita alla
vita mondana. Tanto che si era guadagnata un appellativo
che, conoscendo un po’ i napoletani, non era certo bello: “la
regina che non sorride mai”.
Un sorriso però pare riuscì a strapparglielo il marito
Ferdinando, mettendole tra le mani una fella di pastiera.
Maria Teresa, che sarà stata pure musona ma mica scema,
sentì l’odore inebriante, l’addentò e sorrise.
Cosa che non sfuggì mica al marito che, a sua volta, era
dotato di un buon senso dell’umorismo. Un anonimo ci ha
trasmesso la filastrocca che avrebbe detto in quell’occasione:
“Chistu dolce te piace eh? E mò c’ ‘o saccio
ordino al cuoco che a partir d’adesso,
stà pastiera la faccia un pò più spesso.
Nun solo a Pasca, che altrimenti è un danno;
pe te fà ridere ha dda passà n’at’ anno!”
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(Ti piace questo dolce? Ed ora che lo so, ordinerò al cuoco
che da ora questa pastiera si farà un po’ più spesso. Non
solo a Pasqua, ché altrimenti è un danno, perché per farti
ridere dovrò aspettare un altro anno!)
gastronomicamente
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LE SETTE STRISCE SONO UNA FAKE NEWS OPPURE NO?
Da qualche anno, gira per il web la storiella delle sette strisce: secondo alcuni,
le strisce di “pettola” (pastafrolla) sopra il composto di grano e ricotta devono
essere obbligatoriamente sette.
Chi mastica un po’ di numerologia, sa che al numero sette sono attribuiti infiniti
significati: mistero e magia innanzitutto. A questo, va sommato il fatto che la
città di Napoli ha, nella sua lunghissima storia, molto esoterismo e molta magia.
L’altro significato del numero sette nelle strisce, per i sedicenti storici, riguarda il
fatto che esse, intersecate sulla superficie della pastiera, andrebbero a formare
il reticolato stradale del centro storico di Napoli.
Nella realtà, non c’è nessuna trascrizione, veridicità o prova effettiva che la
pastiera “giusta” abbia sette strisce, né che queste siano legate al reticolato dei
vicoli napoletani. Una leggenda, insomma, nata in tempi recenti per aggiungere
ancora più mistero ad un dolce amato, fatto praticamente nelle case di tutti i
napoletani ed imitato in tutta Italia.
Speciale Pasqua 2022
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ricette
La pastiera
del pasticcere Angelo Grippa (Eboli)
Fare una buona pastiera richiede due giorni interni: il giorno uno è dedicato
alla preparazione degli ingredienti. Il giorno due, all’assemblaggio di questi
ingredienti ed alla cottura.
Selezionare ingredienti di qualità renderà la nostra pastiera gustosa e profumata.
Un’attenzione particolare andrebbe dedicata alla cottura: i forni casalinghi sono
molto diversi da quelli professionali. Il tempo indicativo per la cottura è di circa
60-65 minuti, ma la pastiera necessita di essere monitorata continuamente.
Inoltre, sarebbe preferibile poggiare i “ruoti” (le teglie tonde”) della pastiera su
una grata forata, in forno, per impedire la formazione di umidità eccessiva che
andrebbe a compromettere il buon risultato.
Una volta sfornata, lasciate riposare la pastiera: ben coperta, magari in una
dispensa, lontana da odori troppo forti.
gastronomicamente
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ingredienti
Dose per 6 pastiere con ruoti
da 20 cm di diametro
Per la pasta frolla
• 1 kg di farina W150 (farina
debole)
• 400 g di zucchero semolato
• 400 g di strutto
• Buccia d’arancia grattugiata
• 200 g uova intere
Per il ripieno
• 1 kg di grano cotto
• 1 kg di ricotta
• 1 kg di zucchero
• 12 uova intere taglia M
• 100 g di scorza d’arancia
candita
• Qualche goccia (ne basterebbe
una) di olio di Neroli. In
alternativa essenza di fiori
d’arancio
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gastronomicamente
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procedimento
Frolla - da fare il giorno prima
1. Mettiamo in planetaria tutti gli
ingredienti tranne la farina. Amalgamare
bene il tutto, dopodiché introduciamo la
farina e lasciamo impastare per qualche
minuto, fino a che non si forma la frolla.
Tutto a velocità 1, cioè lenta.
2. Lasciare riposare in frigo per una notte,
quindi a 4°C.
Ripieno - da fare il giorno prima
1. Prepariamo il nostro ripieno con 1 kg di
ricotta, 1 kg di zucchero, mescoliamo
con fiori d’arancio: qui abbiamo scelto
lo speciale olio di Neroli, ne basta una
sola goccia.
2. Lasciamo riposare per una notte in
frigo a 4°C, come la frolla.
Assemblaggio e cottura - il giorno dopo
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018
1. Prendiamo la ricotta farcita con
zucchero ed introduciamo il grano
cotto.
2. Con frusta a palla lasciamo mescolare
andiamo in planetaria a velocità 1.
3. Introduciamo ora le uova gradualmente,
fino al completo assorbimento.
4. Dopodiché introduciamo 100 g di
cubetti d’arancia candita, ma ognuno
può dosare secondo piacimento.
5. Le strisce: dal panetto di pasta frolla
ricavare 7 strisce, 4 inferiori e 3 in
superficie.
6. Cottura: per i forni casalinghi,
temperatura a 150°C per circa 60 minuti.
7. Una volta sfornata, lasciare riposare
per una notte a temperatura ambiente.
8. La pastiera si può lasciare per due giorni
fuori, contando dalla notte di riposo
e l’intero giorno dopo. Dopodiché va
in frigo fino ad anche una settimana.
gastronomicamente
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Casatiello
Storia e aneddoti di uno dei cibi
più amati dai napoletani
di Nunzia Clemente
Uno dei cibi più amati dai napoletani è sicuramente il casatiello, nonché
uno dei più discussi, a dire il vero.
Si tratta di un pane arricchito con uova e salumi, a forma di ciambellone
e sormontato da uova, che trova il suo posto fiero ed indiscusso sulle
tavole di Pasqua, in compagnia della pastiera: e, come la sorella pastiera,
mica solo per un giorno. Lo si trova a tavola il Sabato di Pasqua, la
domenica e pure il lunedì in Albis dove, spesso avvolto in uno strato di
Cuki Doppia Forza, lo si porta in giro a far Pasquetta.
Fosse per me, lo farei tutto l’anno, il casatiello.
Il casatiello vede l’etimologia del suo nome da caseus, letteralmente un
vezzeggiativo: “piccolo cacio”, “piccolo pane con il formaggio”, insomma.
Inutile dire che quello “contemporaneo” ben si allontana da quel primitivo
pane arricchito con il cacio. Vediamo l’allegra compartecipazione di
salumi di vario taglio e genere (ciccioli di maiale, salame locale) svariati
tipi di formaggio (pecorino e caciocavallo in prima battuta) le uova – sia
nel rotolo, sia a sormontare in piccoli “cestini” il ciambellone – sugna di
maiale e pepe come se piovesse. Il rotolo di pasta viene farcito e riposto
in un “ruoto”, cioè teglia tonda di rame. Solo successivamente vengono
poggiate le uova, protette con delle striscioline di impasto come se fosse
una crostata.
Difficile tracciare una storia del casatiello: di pani arricchiti con abbondante
formaggio ne è piena la storia. Dalle province campane al Centro Italia,
rustici e sformati hanno sempre visto la partecipazione del formaggio –
sovente di pecora o capra, più facilmente reperibile e meno costoso – del
grasso di maiale e del pepe, per dare sapore.
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Spesso, cambia anche di forma: al posto del ciambellone, possiamo
trovare delle torte salate e “schiacciate”, cioè scarsamente lievitate,
così come dei pani lunghi a base di farina di mais, sugna, formaggio e
tantissimo pepe. Quest’ultimo è il “casatiello” della provincia di Napoli,
in particolare di Striano.
gastronomicamente
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Ultimo, ma non ultimo: il casatiello è anche dolce. Il ciambellone viene svuotato
di tutto e ricoperto con abbondante naspro e diavulilli, cioè confettini variopinti
di zucchero. Il casatiello dolce è diffuso in parecchie zone della Campania:
dall’isola di Procida, ai vicini Campi Flegrei fino all’area vesuviana (tip: qui il
casatiello dolce viene chiamato inspiegabilmente anche “panettone!).
PICCOLA STORIA DEL CASATIELLO (O ALMENO CI PROVO)
Dicevamo: da caseus, formaggio, piccolo pane con formaggio. E poi successivamente
evoluto, ma pressappoco diffuso in tutta l’antichità. Si dice che i fornai
della Magna Grecia fossero particolarmente abili in questo tipo di preparazioni.
Dalla Magna Grecia al mondo latino è un attimo: quei gran ghiottoni dei
romani non persero nemmeno un’occasione di “importare” dolci e salati tipici
dei Baccanali e similari, così come le celebrazioni primaverili: da qui, la ricca
presenza anche di prodotti della carne, come gli insaccati.
Speciale Pasqua 2022
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Questo cibo molto ghiotto è sopravvissuto, per motivi ancora da chiarire (forse
era troppo buono pure per l’epoca), alla scure della censura cristiana: probabilmente,
fu trasformato in una “ricompensa” dopo il periodo quaresimale, da
qui la diffusione nel periodo di Pasqua; in concomitanza, poi, furono associati
simbologie cristiane: il formaggio pecorino (da sempre utilizzato) fu associato
al gregge di Cristo; la forma circolare della ciambella, al ciclo della vita così
come i “cestini” ove alloggiano le uova alla mangiatoia del Cristo.
Il Seicento napoletano vede l’apparizione del casatiello ne Il cunto de li cunti,
gastronomicamente
023
oppure Pentamerone, opera omnia di Giovan Battista Basile: il verso, contenuto
ne La Gatta Cenerentola, parla non soltanto dei casatielli, ma anche della
sorella pastiera.
E insomma, già da allora, vediamo che pastiera e casatiello erano ben assortiti
ed abbinati sulla stessa tavola, nel medesimo periodo.
Cibi ricchi per ricchi, per farla breve.
Sul finire dell’Ottocento, con precisione nel 1877, Francesco De Boucard –
studioso napoletano di origini svizzere e francesi – con la sua opera “Costumi e
tradizioni di Napoli e dintorni” adopera una vera e propria storiografia di alcuni
tra i cibi più consumati dal popolo partenopeo. Tra i protagonisti: il casatiello,
che domande!
“Nella sua prima semplicità popolare non è altro che un
pane di forma circolare, come un grosso ciambellone in
cui si conficcano delle uova, anche uno solo, secondo la
dimensione del pane e queste uova con tutto il guscio,
sono fermate al loro posto da due strisce di pasta in croce.
La pasta è la solita pasta del pane, ma intriso con lardo e
strutto. Cotto al forno, le uova diventano sode.”
Insomma: il casatiello era già ciò che conosciamo anche oggi.
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CASATIELLO, TORTANO E I TEMPI MODERNI
Parente del casatiello è il tortano: pressappoco, si tratta della stessa golosissima
cosa, ma il tortano non ha le uova a sormontare il tutto, si tratta di una ciambella
ripiena, con una differente disposizione delle uova. Infatti, il casatiello le ha sia
all’interno (tagliate in modo grossolano) che sulla cima.
Il tortano, invece, vede le uova ridotte ad un vero e proprio “impasto” e queste sono
presenti soltanto all’interno, nella farcitura, insieme a tutti gli altri ingredienti.
E basta (per così dire). Anzi, alcuni pensano anche che il tortano sia il progenitore
del casatiello, che poi si è evoluto ed arricchito col tempo. Guai, comunque, a
confondere tortano e casatiello con i napoletani… sono un po’ permalosi al
riguardo.
Un po’ come per la pastiera, anche il casatiello è un rito tutto familiare, che si
svolge all’interno delle quattro mura domestiche per moltissime persone: ciò
non toglie che esistano decine di realtà capaci di sfornare casatielli di altissimo
lignaggio, non solo per la Pasqua, ma anche durante tutto il resto dell’anno.
gastronomicamente
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guide
La "non classifica" delle
colombe
di Nunzia Clemente
pasquali
(e derivati)
Aka: c’è una migliore colomba
per tutti i gusti
La classifica delle colombe migliori d’Italia la fanno tutti. Ma davvero tutti.
Con dei risultati talvolta… bizzarri: dalle classifiche dove si ficca dentro la
qualunque, quelle sponsorizzate (e tutto sommato, non c’è niente di male nelle
operazioni di marketing: basta soltanto dichiararle!), quelle “monotematiche”
(tipo “le migliori colombe jackfruit e papaccelle, per dirne una…), quelle cose
bizzarre dove concorre il marchio da GDO e il Lievitista da 300 pezzi a festività…
La nostra mappa è, letteralmente, una non classifica: è una selezione del meglio
che ci sia capitato di assaggiare, piluccare, odorare, comprare in giro per l’Italia,
da artigiani di comprovata bravura.
Non abbiamo la presunzione che questa sia - di già! - una mappa completa: è
la versione 1.0 di quella che potrebbe essere, in futuro, una mappa che accoglie
e illustra quanti più artigiani possibili, di lignaggio riconosciuto e nuove leve
che si fanno spazio all’interno del panorama lievitato italiano.
E no, non siamo stati “puristi”: non abbiamo inserito soltanto colombe secondo
disciplinare, con glassa e canditi, ma anche versioni simpatiche di altra foggia
di questo grande lievitato.
Speciale Pasqua 2022
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Come abbiamo fatto, per mettere a punto questa versione 1.0 della mappa?
Assaggi incrociati, utenti, soffiate, ri-assaggi. Per ampliarla ed accogliere quanto
più possibile, abbiamo bisogno di voi.
Diteci di quali colombe secondo voi ci siamo dimenticati, quali azzannerete
sulle tavole pasquali.
gastronomicamente
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Speciale Pasqua 2022
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Le uniche linee guida che abbiamo seguito e che vi consigliamo di seguire:
1. Leggere l’etichetta: un lievitato artigianale non deve presentare conservanti,
ad esempio quello conosciuto con la sigla E471.
2. Prestare attenzione alle shelf life dei prodotti troppo lunghe: un prodotto
artigianale, solitamente, si gusta bene se consumato entro i 45 giorni dalla
data di produzione, al top della sua espressione nei primi 20 giorni, per poi
assestarsi e restare più o meno “stabile” nei successivi 25; qualche caso
limite porta il lievitato anche a 60 giorni di vita. Oltre questi range di tempo,
diffidate: c’è qualche “aiutino” dentro che, come abbiamo già avuto modo di
dire per il panettone, a volte non deve essere nemmeno citato in etichetta.
Queste indicazioni vanno bene, ovviamente, per un prodotto correttamente
conservato, lontano da luce e fonti di calore, con la confezione integra
(sacchetto alimentare ben chiuso).
3. Oltre le alveolature, le lievitazioni perfette, il candito bello come un diamante:
seguite il vostro gusto! La sola, unica, arma infallibile.
LA COLOMBA POP
di Olivieri 1882 - Arzignano (VI)
Molto pop gli Olivieri, Nicola ed Andrea, da
quel di Arzignano in provincia di Vicenza.
Meccanismi ben collaudati hanno fatto
in modo che il loro business lievitato sia
capace di arrivare anche oltreoceano,
con spedizioni regolari. Da scegliere se si
vuole un lievitato bello filante, lievitato e
zuccherino: fatto bene, ma senza fronzoli.
Un pop-lievitato, nell’accezione migliore
del termine.
LA COLOMBA ONNIPRESENTE
di Sal de Riso - Costa d’Amalfi (SA)
Il pasticciere più televisivo di sempre, praticamente
l’amico di tutti i giorni in tv: Sal
De Riso, Imperatore della Costa d’Amalfi in
fatto di dolci, detentore del numero di grandi
lievitati più alto in quanto a scelta. Oltre
la Colomba Classica, non poteva mancare
la versione declinata in ricotta e pere, con
la firma del suo inventore. Adatta anche
per un regalo dell’ultimo minuto: ci farete
comunque una gran bella figura.
LA COLOMBA-FOCACCIA
di Pasticceria Tabiano - Salsomaggiore (PA)
Claudio Gatti è l’eslege: i suoi grandi
lievitati delle feste portano nel nome la
parola “focaccia”, in quanto egli reinterpreta
la “focaccia” dolce locale, rendendola
panettone e colomba all’occorrenza. In
cosa cambia? Ne cambia in grassi e in
zuccheri. Per chi vuole un dolce light &
bright, luminoso, citando lo stesso Gatti.
LA COLOMBA NEW ENTRY
(ma che conosciamo già) di Vincenzo Faiella Pastry
Chef – San Marzano sul Sarno (SA)
Vincenzo Faiella non è un nome nuovo
all’interno del mondo dei grandi lievitati:
è solo da poco, però, che ha aperto la sua
boutique del dolce, con ottimi risultati. La
sua colomba è una colomba da tenere
d’occhio: se è già consolidata a livello di
tecnica (parliamo di un delfino di Achille
Zoia, con tecniche perfezionate presso i
grandi maestri del “nuovo” lievitato a Sud),
ne sentiremo parlare presto anche a livello
di brand. Tra tutte, quella da non perdere:
la colomba albicocca e mandorle.
LA COLOMBA IRPINA
di Pasticceria Vignola - Solofra (AV)
Raffaele Vignola è il mistero delle sue
lande: a Solofra, famoso più per i centri di
lavorazione della pelle che per la pasticceria,
si sfornano grandi lievitati delle feste
profumati di miele e canditi. Una colomba
adatta a chi vuole assicurarsi pezzi unici
con un generoso pizzico di estrosità: da
ricordare, gli svariati esempi di lievitati
multicolor (tutti con coloranti naturali).
Oltre la Colomba Classica, la Colomba
Gastronomica Irpina in versione salata
merita più di un assaggio.
LA COLOMBA VESUVIANA
di Gabbiano Dulcis - Pompei (NA)
Zuccherini e filanti, i grandi lievitati di
Salvatore Gabbiano, che stupiscono sempre
nella confezione dai dolci colori primaverili. Il
lievitato è chiaro e ben pasciuto, inconfondibilmente
vesuviano nelle declinazioni babà
al rum, limoncello e albicocca pellecchiella.
Molto semplicemente, questo grande
lievitato è indicato per chi ama le cose
schiette: un lievitato che non ama lesinare
né nelle dimensioni, né nelle quantità.
LA COLOMBA BELLA RIPIENA
di Pasticceria De Vivo - Pompei (NA)
Marco De Vivo e la sua Pasticceria De
Vivo sono un bel case study aziendale:
dal 1955 a Pompei, prima panetteria e poi
pasticceria, grazie alla conduzione aziendale
di Marco hanno ben due spin off, uno alla
Rinascente di Milano e uno a quella di Roma.
I grandi lievitati, dalle box coloratissime,
affollano gli scaffali di negozi specializzati
in Italia e all’estero. Novità di quest’anno,
gastronomicamente
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la colomba biologica. Un lievitato gonfio
e vivace, soprattutto nelle versioni farcite
(che raggiungono e sforano anche 1.2 kg
di lievitato!)
LA COLOMBA DEL SUD PER ECCELLENZA
di Pepe Mastro Dolciere – S. Egidio del Monte
Albino (SA)
Alfonso Pepe è stato colui che ha letteralmente
smontato il mondo del grande
lievitato, portandolo a Sud. I fratelli Prisco
e Giuseppe portano avanti le redini della
pasticceria, con un grande riscontro di
pubblico e numeri. La colomba tradizionale
è una sicurezza, così come quella alle
mele annurche. Golosissima, la colomba
Ludovica, al cioccolato gianduia.
LA COLOMBA MONDIALE
di Tiri 1957 – Acerenza (PZ)
Bomber dei grandi lievitati, Vincenzo Tiri -
inventore, tra le altre cose, della boutique
dei lievitati, la prima pasticceria al mondo
dedicata soltanto al mondo del panettone
et similia, non si sottrae ad una colomba da
sold out. Oltre ai classici gusti cui ci ha ben
abituati (classico, cioccolato bianco e caffè,
caramello salato), quest’anno introduce
zagare ed amarene: rassicurante e dal
sapore antico. Per chi ha potuto approfittarne,
una edizione limitatissima per la
GLC Top Selection prevedeva anche una
colomba ai frutti tropicali ed una colomba
arancia e cioccolato.
LA COLOMBA VERSATILE
di Andrea Barile – Foggia
Giovane volto della pasticceria pugliese,
Andrea Barile è riuscito a mettere a punto,
lungo gli anni, prodotti lievitati capaci di
suscitare largo consenso in moltissime
regioni d’Italia. Complice sicuramente una
selezione attenta degli ingredienti ed una
vasta scelta: da colombe più ricercate (come
quella con noci pecan, o ancora limoncello,
cioccolato e caffè). Il packaging colorato
fa da cornice ad un lievitato ben pensato,
ben fatto e ben proposto.
LA COLOMBA IN PINK
di Gruè - Roma
La pasticceria Gruè, guidata da Felice
Venanzi, propone il lievitato in una
elegantissima box color rosa-magenta e
in declinazioni abbastanza originali, oltre
quella classica. Ad esempio, la colomba al te
bancha, o ancora quella con noci pralinate
ed albicocche.
LA COLOMBA PIACIONA
di Pasticceria Dolcemascolo - Frosinone
Matteo Dolcemascolo presenta lievitati
gagliardi e muscolosi: i suoi lievitati sono
ben dolci, hanno l’odore dell’infanzia e delle
merende dopo scuola. Non ci si sente in
colpa a tagliarne via fette spesse. Per i golosi
a 360°, che non hanno paura di tirar via più di
100 grammi di lievitato filante. E, se proprio
dovete peccare, Dolcemascolo propone
anche un ottimo casatiello napoletano:
ripieno il giusto e chiuso in una bella scatola.
LA COLOMBA DEL CIOCCOLATIERE
di Pasticceria Pasquale Marigliano - Nola (NA)
Provetto lievista, Pasquale Marigliano,
propone la sua linea di colombe da manuale,
senza grilli per la testa, in box dai colori
primaverili. Per gli amanti del cacao,
imperdibile quella al cioccolato. Ma anche
la colomba con albicocche pellecchielle,
dove la canditura del frutto sfiora la ola.
Consigliata per chi vuole portare in tavola
un grande classico consolidato.
LA COLOMBA CLASSICO-DEI-CLASSICI
di Iginio Massari - Brescia
Qualcosa-in-più di un lievitato: quelli di
Iginio Massari rappresentano un way of
life, un modo di pensare. Classici che più
classici non si possono avere, il pubblico
pare sempre entusiasta di avere in casa
un lievitato del Maestro. Se non sono
gastronomicamente
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andati sold out, li trovate disponibili sul
suo sito oppure nei diffusissimi pop up
store. I lievitati di Massari sono super-indicati
per chi ricerca un prodotto e un volto
rassicuranti: un po’ come rivedere sempre
lo stesso capolavoro italiano del cinema,
perché ci piace.
tradizionale di Infermentum, proponendo
il loro packaging iconico, per due versioni
del lievitato: quello classico e quello più
goloso ai tre cioccolati. In quest’ultima, c’è
la presenza contemporanea del cioccolato
fondente, di quello al latte e quello bianco.
Vi manca altro, amanti del cioccolato?
LA “COLOMBA DA FORNO”
di Fornai Ricci - Montaquila (IS)
Molto “artigianali”, quelli di Fornai Ricci, che
dimostrano una cosa: è ancora possibile
acquistare un grande lievitato di qualità
ad un prezzo contenuto: si parte dai 28,00
euro per una colomba tradizionale da 750
g. La colomba non eccede in zuccheri e al
palato ha quel sapore “di forno” che solo
i panificatori - quelli che fanno il pane! -
sanno dare ai grandi lievitati. Un tocco
leggermente più asciutto rispetto agli altri,
che non pasticcia le dita.
LA COLOMBA, QUELLA BIO
di Opera Waiting - Poggibonsi (SI)
Per gli amanti dei prodotti “a filiera corta”:
i toscani di Opera Waiting propongono
da anni piccoli e grandi lievitati di diversa
foggia ed ingredienti. Il comparto delle
colombe pasquali è degnamente rappresentato,
con punte di golosità toccate
dalla colomba al babà e dalla colomba con
rum e ricoperta di cioccolato monorigine
Ecuador. Per gli amanti della filiera corta
e del biologico a tutti i costi: questo è un
porto sicuro.
LA COLOMBA AGRICOLA
di Pietro Macellaro Pasticceria Agricola – Piaggine
(SA)
Pietro Macellaro è da anni un nome
importante: tra combinazioni di gusti
“singolari” e specialità del luogo, ha reso
famoso il cioccolato e i lievitati made in
Piaggine in tutto il mondo (nonché dell’iconico
ponte “a schiena d’asino”, fotografato
da più o meno tutti i turisti di Piaggine),
proponendosi anche all’estero con buoni
risultati. Colombe consigliate di sicuro
effetto per gli ospiti: la Colomba melanzane
ed albicocche e la Colomba al limone. Il
binge shopping è assicurato, sullo shop di
Macellaro tra uova, dolci tipici e lievitati.
LA COLOMBA COL PACKAGING MINIMAL
di Infermentum - Verona
Già il packaging in carta da pane ispira
fiducia e simpatia. I ragazzi di Infermentum
sono da qualche anno sul giro dei grandi
lievitati, portando sempre un buon riscontro
di clientela. La colomba non tradisce l’animo
LA COLOMBA HIPSTER
di Forno Brisa - Bologna
I ragazzi di Forno Brisa non se le fanno
cantare decisamente da nessuno per
quanto riguarda il marketing: ricostruire in
chiave contemporanea e un po’ hipster l’idea
del vecchio forno pare abbia funzionato
alla grande, in quel di Bologna. Tanto da
aver implementato la proposta con caffè,
cioccolato ed - ovviamente - grandi lievitati:
il loro tacchinello prevede una box molto
psichedelica, anni Sessanta. Per hipster
dal palato buono.
LA COLOMBA MENEGHINA
di Pasticceria Martesana - Milano
La premiatissima Pasticceria Martesana è
un punto di riferimento solido per i milanesi:
tra panettoni, colombe ed altre specialità,
Vincenzo Santoro (il pasticciere) ha ben
trascinato i meneghini nel vortice dell’artigianato.
La colomba fichi, cioccolato
e mandorle è già sold out, ma potete
consolarvi con la colomba tradizionale
gastronomicamente
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Speciale Pasqua 2022
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oppure con quella al cioccolato e pistacchio,
vera tendenza del momento.
LA COLOMBA ALLA MODA
di Pavè - Milano
Pavè a Milano è sinonimo di fila: anche
solo per accaparrarsi una colazione. La
colomba proposta è quella tradizionale, a
due impasti. Per chi ama la colomba alla
moda. Nel vero senso del termine.
LA COLOMBA IN-SOLE-DUE-VERSIONI
di Italo Vezzoli (In Croissanteria Lab) - Carrobbio
degli Angeli (BG)
In Croissanteria è il progetto di Italo e
Nicolò Vezzoli, a Carrobbio degli Angeli.
Non proprio al centro del mondo, ma il
concept di bakery all’italiana si fa sentire
chiaro e forte. Italo, che è quello tra i due
cui è affidato il concept dei grandi lievitati,
si dedica unicamente a due declinazioni di
colomba: quella tradizionale e la colomba
al cioccolato, entrambe caratterizzante da
un impasto super-filante.
LA COLOMBA AL CARAMELLO E SALE
MARINO
di Attilio Servi - Roma
Attilio Servi, tra i famosi dei pasticcieri della
Capitale, fa bella figura anche dal punto
di vista dei lievitati pasquali. Da provare
è la colomba al caramello e sale marino:
con un peso importante (siamo su 1.2 kg
di lievitato), farcita, è adatta a chi vuole
un lievitato classico, con quel pizzico di
innovazione senza strafare. Insomma, una
mano con cui andare sul sicuro.
L’UOVO DI TORTORA
di AT Patissier - Volta Mantovana (MN)
Andrea Tortora è il neoclassicismo del
grande lievitato italiano: non c’è l’opulenza
cui ci hanno abituati i grandi nomi del Sud,
c’è però molta inventiva e si “scherza”
molto sul tema dato. L’uovo di Tortora è
una piacevole variazione sul tema, dove la
colomba classicamente intesa (con arancia
candita e ricoperta di mandorle e nocciole) è
traslata nello stampo di un uovo di Pasqua.
IL COLOMB’ONE
di Pasticceria Marisa - Arsego (PD)
Pasticceria Marisa risponde al nome di
Lucca (sì, con due C) Cantarin e famiglia:
il comparto dolci è ampissimo, così come
quello dei lievitati. Tra questi, i lievitati
pasquali come la colomba hanno come
nota caratteristica la ricerca del profumo
e del tono floreale: la colomba pesche e
lavanda, oppure albicocca e rosmarino.
Firma stilistica di Lucca Cantarin è il
Colomb’one: una lussuriosa versione al
cioccolato, che unisce il lievitato all’iconico
frollino al cioccolato e sale Maldon, probabilmente
una delle versioni meglio riuscite
di colomba al cioccolato in circolazione.
LA COLOMBA (SOLD OUT)
di Pasticceria Merlo - Pioltello (MI)
Maurizio Bonanomi, a Pioltello, è un
nome storico dei grandi lievitati italiani.
Panettone, pandoro, veneziana e colomba
i suoi cavalli di battaglia. La colomba,
in pochi e selezionatissimi esemplari, è
già sold out purtroppo: leggermente più
schiacciata rispetto alle contemporanee,
occhiellatura regolare e canditi giusti. Una
colomba “equilibrata” e, soprattutto, senza
sovrannumeri, per chi ci tiene.
LA COLOMBA ALLE ALBICOCCHE
PELLECCHIELLE
di Pasticceria Mamma Grazia - Nocera Superiore
(SA)
Giuseppe e Pasquale Bevilacqua, da Nocera
Superiore in provincia di Salerno, molto si
danno da fare nel campo dei grandi lievitati:
abbiamo a che fare con un lievitato di nuova
generazione, muscoloso e del Sud, che dà
il meglio di sé nella versione al cioccolato
ma soprattutto in quella alle albicocche
pellecchielle: le albicocche vengono candite
direttamente in pasticceria, il che dà una
piacevolissima nota di “marmellata”. Per
chi non vuole perdersi un pezzo da maestro,
però in provincia.
L’OVO
del Panificio Follador - Pordenone
Da quel di Pordenone, la famiglia del
Panificio Follador propone un ampio
bagaglio di lievitati: oltre le classiche
colombe, l’Ovo è la punta di diamante
dell’offerta. Un “uovo lievitato” disponibile
con albicocche semicandite, fave di tonka e
caramello, oppure in versione “Ovo Glacé”,
con impasto arricchito da cioccolato al
latte e glassato con cioccolato e mandorle.
LA COLOMBA DI FILIERA
di Davide Longoni
Il panificatore Davide Longoni, in gran forma
con la sua colomba classica, prende parte
al progetto di filiera - che lo vede protagonista
insieme ai ragazzi di Forno Brisa
e Panificio Moderno - che vede coinvolti
i propri collaboratori in tutte le fasi della
filiera produttiva, dai campi alla trasformazione
fino all’impiego delle materie prime
in laboratorio. In particolare, nella colomba
di Longoni c’è l’utilizzo dei canditi Jam
Session (nome in onore, appunto, della
cooperazione tra le tre realtà).
LA COLOMBA AI FRUTTI DI BOSCO
della Pasticceria Andreoletti - Brescia
La colomba da non perdere di Bruno
Andreoletti, dell’omonima pasticceria con
due punti vendita (uno a Brescia ed uno in
provincia, ad Offlaga), è quella ai frutti di
bosco gelée: l’impasto è, appunto, arricchito
dai frutti di bosco e la glassa è all’amaretto
croccante.
gastronomicamente
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Speciale Pasqua 2022
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NOME INDIRIZZO N° MAPPA
PASTICCERIA MARTESANA - VIA CAGLIERO 14, MILANO 1
PAVE’ - VIA FELICE CASATI 27, MILANO 1
PASTICCERIA MERLO - VIA MASACCIO 4, PIOLTELLO MILANO 1
PANIFICIO DAVIDE LONGONI - VIA TIRABOSCHI 19, MILANO 1
IN CROISSANTERIA LAB - VIA VARIANTE DI CICOLA, CARROBBIO DEGLI ANGELI BERGAMO 2
PASTICCERIA VENETO (IGINIO MASSARI) - VIA SALVO D’ACQUISTO, BRESCIA 3
PASTICCERIA ANDREOLETTI - CORSO CAVOUR 32, BRESCIA 3
INFERMENTUM - VIA NICOLO’ COPERNICO, STALLAVENA VERONA 4
OLIVIERI 1882 - VIA ALBERTI, ARZIGNANO, VICENZA 5
PASTICCERIA MARISA - VIA ROMA, SAN GIORGIO DELLE PERTICHE, PADOVA 6
PANIFICIO FOLLADOR - VIA NUOVA DI COVA 64, PORDENONE 7
AT PATISSIER - TEAM TORTORA - VIA SAN MARTINO 68, VOLTA MANTOVANA (MANTOVA) 8
PASTICCERIA TABIANO - VIA ALLE FONTI, TABIANO (PARMA) 9
FORNO BRISA - VIA NICOLO’ DALL’ARCA, BOLOGNA 10
OPERA WAITING - VIA OMBRONE 2, POGGIBONSI (SIENA) 11
PASTICCERIA GRUE’ - VIALE REGINA MARGHERITA 95, ROMA 12
PASTICCERIA ATTILIO SERVI - VIA CAMPOBELLO 1C, POMEZIA (ROMA) 12
PASTICCERIA DOLCEMASCOLO - VIA MADONNA DELLA NEVE 77, FROSINONE 13
FORNAI RICCI - STRADA STATALE 158, MONTAQUILA (ISERNIA) 14
PASTICCERIA PASQUALE MARIGLIANO - VIA G. FONSECA, NOLA 15
ANDREA BARILE, PASTICCERIA TERZO MILLENNIO - VIA G. DE PETRA 71, FOGGIA 16
GABBIANO PASTICCERIA - DULCIS IN POMPEI - VIA LEPANTO 153, POMPEI 17
PASTICCERIA DE VIVO - VIA ROMA 36, POMPEI 17
SAL DE RISO COSTA D’AMALFI - VIA ROMA 80, MINORI (SALERNO) (PUNTO VENDITA) 18
VINCENZO FAIELLA PASTRY CHEF - LARGO DE GASPERI 13/14, SAN MARZANO SUL SARNO (SALERNO) 19
PASTICCERIA VIGNOLA - VIA GIUSEPPE MAFFEI 33, SOLOFRA (AVELLINO) 20
PEPE MASTRO DOLCIERE - VIA NAZIONALE 2/4, SANT’EGIDIO DEL MONTE ALBINO (SALERNO) 21
PIETRO MACELLARO PASTICCERIA AGRICOLA - VIA MADONNA DELLE GRAZIE, PIAGGINE (SALERNO) 21
PASTICCERIA MAMMA GRAZIA -VIA VINCENZO RUSSO 136, NOCERA SUPERIORE (SALERNO) 21
TIRI 1957 - VIA ANTONIO GRAMSCI 2/4, ACERENZA (POTENZA) 22
gastronomicamente
037
guide
Pastieradi Nunzia Clemente
napoletana
Cosa c’è e cosa comprare
in giro per la Campania
La fate facile voi, a dire pastiera napoletana: alta oppure bassa, con crema o senza
crema, con i chicchi di grano bolliti nel latte o semplicemente nell’acqua, pastiera o
pastiero? Se non anche, pastiera di pasta (quella che mangiamo al sugo!).
Insomma, a dire pastiera si apre un mondo: se il cosiddetto Vaso di Pandora potesse
essere chiamato Vaso di Partenope - dalla leggendaria sirena che si dice abbia dato il
via a questo dolce - ne uscirebbero di sicuro mille e più versioni.
(Se non avete ancora letto il nostro articolo sulla pastiera napoletana, correte subito
a rimediare!)
In questa mappa, proponiamo il meglio della pastiera napoletana, andando oltre i “nomi
illustri” della città: vasta è la geografia della pastiera, che si differenzia e si caratterizza
a seconda del luogo dove attecchisce l’abitudine culinaria.
Ci siamo limitati, geograficamente, soltanto alla regione Campania: ben consci,
comunque, che questo dolce ha ormai oltrepassato i confini regionali per far impazzire
letteralmente tutta Italia, ad ogni latitudine.
Ci dite quali sono le vostre pastiere preferite? Quali sono gli artigiani cui affidate i vostri
soldi e il vostro palato per portare a tavola la regina delle torte pasquali? I vostri consigli
da esperti sul posto ci saranno vitali per ampliare e completare la nostra mappa sulle
pastiere!
Speciale Pasqua 2022
038
PASTICCERIA PASQUALE
MARIGLIANO
Direttamente catapultatosi dal Vesuvio alla
corte di Pierre Hermé e ritorno, Pasquale
Marigliano propone la sua personalissima
versione di pastiera napoletana: raffinata,
con i chicchi di grano grossi, corposi ed una
frolla che definire friabile è farle un torto.
I canditi sono stati sostuiti da un velo di
marmellata d’agrumi. Adatta a chi cerca
una reinterpretazione del dolce in chiave
personale e d’autore.
PASTICCERIA SALVATORE GABBIANO
La pastiera di Salvatore Gabbiano, archeopasticciere
di Pompei (famoso per le sue
torte e focacce con chiari rimandi al mondo
greco e latino, non poteva essere altrimenti)
è alta, come da usanza napoletana e
con una farcitura a dir poco generosa. I
chicchi di grano vengono dapprima cotti
in latte e burro, per poi essere uniti ai fiori
d’arancio e alla ricotta. Il risultato sarà molto
apprezzato da chi ama una pastiera che si
mantiene umida al punto giusto.
PASTICCERIA ANGELO GRIPPA
Nel cuore della Piana del Sele, Angelo Grippa
prepara la sua versione di pastiera: canditi
di arancia autoprodotti, ricotta di bufala
e olio di essenza di Neroli e poi in forno.
Volete saperne di più? Date un’occhiata al
video che abbiamo fatto insieme e leggete
la ricetta per riprodurla a casa!
PEPE MASTRO DOLCIERE
La pastiera lievitata è, forse, la più innovativa
versione di pastiera attualmente in giro: l’ha
inventata Alfonso Pepe, ormai otto anni
fa. Ed è diventata un grande classico: la
pasta lievitata viene arricchita da ricotta
ed essenza di fiori di zagare. All’esterno,
si presenta come un grande lievitato,
decorato però come una classica pastiera
napoletana.
PASTICCERIA SIRICA DAL 1977
Un grande classico della pasticceria
campana e napoletana è la pastiera di
Sabatino Sirica (tra le altre cose, pasticciere
del Calcio Napoli); voce molto importante
della pasticceria classica partenopea, la
sua pastiera è sicuramente parte di quella
“memoria storica” che gli affezionati di
questa tipologia avranno assaggiato
almeno una volta. Adatta ai nostalgici ed
agli appassionati della pasticceria classica
napoletana.
PASTICCERIA SCATURCHIO
Uno dei nomi più famosi quando si parla
di pastiera napoletana, nonché una delle
famiglie storiche: parliamo degli Scaturchio,
presenti con varie diramazioni dinastiche
in giro per la città di Napoli. Quelli della
sede di Piazza San Domenico Maggiore
propongono una lussuosa pastiera che amo
definire “da viaggio”: la scatola in latta,
rifinita in tessuto la protegge e permette
di poterla inviare tranquillamente senza
grossi sbalzi e/o defezioni. Adatta a chi
vuole inviare un regalo - che siamo sicuri,
sarà più che apprezzato - ad un affetto
lontano, con l’odore di Napoli.
ANTICA PASTICCERIA CARRATURO
La famiglia Carraturo, dal lontano 1837,
ha il merito di aver portato a Porta
Nolana la pasticceria napoletana, fino a
quel momento appannaggio dei ricchi: la
versione della pastiera, qui, è di quanto più
si possa avvicinare alla tradizionale. Adatta
a chi vuole un realistico “tuffo nel passato”,
senza troppi fronzoli e con molta sostanza.
ANTICA PASTICCERIA VINCENZO
BELLAVIA
Bellavia è un cognome conosciuto della
pasticceria napoletana, eppure non è
nemmeno un secolo di presenza sul suo
partenopeo: dalla nativa Sicilia, i Bellavia
si son portati dietro molte prelibatezze
gastronomicamente
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Speciale Pasqua 2022
040
della Trinacria e, sul posto, hanno appreso
bene la pasticceria napoletana. Con molto
marketing, anche. La loro pastiera è la
versione classica, che più classica non si può:
bella alta e ripiena, profumata d’arancia.
La pastiera adatta anche a chi ha i minuti
contati, visto che hanno anche un punto
vendita all’interno dell’aeroporto di Napoli.
PASTICCERIA MAMMA GRAZIA
Giuseppe e Pasquale Bevilacqua, padre e
figlio, portano avanti con molta tecnica e
dedizione un laboratorio dedicato a lievitati,
cioccolato e pasticceria napoletana. La
loro versione della pastiera è quella tipica
che ritroviamo solitamente in provincia:
leggermente più bassa, chiamata spesso
da queste parti “pizza di grano”: ed è infatti
molto simile ad una torta, meno simile
a quella napoletana. Ma i profumi, se
potessero parlare…
Adatta a chi ricerca una espressione diversa
della pastiera, un “completamento” della
stessa.
PASTICCERIA PANSA
Andrea e Nicola Pansa conducono la
pasticceria di famiglia, insignito tra i locali
storici d’Italia. La loro versione di pastiera
prevede la crema pasticciera: un utilizzo
sapiente però, che valorizza di molto gli
agrumi canditi, che provengono dalla
Costiera amalfitana. Una versione molto
estiva della pastiera, che piacerà molto agli
amanti dei dolci particolarmente agrumati.
VINCENZO FAIELLA PASTRY CHEF
Dalla sua boutique nel bel mezzo dell’Agro-Sarnese
Nocerino, Vincenzo Faiella
(pasticciere provetto, non vi resta che
seguirlo perché siamo sicuri riserverà belle
sorprese), tira fuori una pastiera napoletana
che nemmeno i napoletani riuscirebbero a
distinguere da una “autoctona” di città: alta,
gonfia, generosamente ripiena e profumata.
Adattissima a chi, non potendosi muovere
verso il napoletano, ricerca una imitazione
perfetta della “pastiera di città”.
PASTICCERIA DE VIVO
Una pastiera napoletana molto raffinata,
quella proposta dalla Pasticceria De Vivo
di Pompei. Si parte dalla scatola - con i toni
della pasticceria in bianco ed oro - per poi
andare al contenuto: una pastiera bassa,
come d’uso fuori dalla città, ma ugualmente
ricca in farcitura e profumi. Particolarmente
indicata a chi vuole recapitare un dolce di
sicuro effetto, complice un e-shop particolarmente
funzionante.
PIETRO MACELLARO PASTICCERIA
AGRICOLA
Nel bel mezzo del Vallo di Diano c’è
Pietro Macellaro, maestro cioccolatiere
provetto, ma non solo: un buon esempio
di dolce rivisitato in chiave locale è la sua
pastiera: il guscio è di frolla alla mandorla,
con ripieno di ricotta di bufala e chicchi
di grano di varietà Carosella, tipico del
Cilento e del Vallo di Diano. Una pastiera
che sicuramente incontrerà i gusti di chi
ama i dolci dal sapore più intenso, senza
sacrificare una certa raffinatezza.
PASTICCERIA VIGNOLA
Raffaele Vignola non poteva farsi mancare
l’occasione di reinterpretare in chiave irpina
la pastiera: la pastiera irpina, appunto.
Partiamo dalla frolla, che viene realizzata
con l’aggiunta di nocciole irpine; la ricotta
è di pecora, consegnata appositamente
soltanto alcuni giorni alla settimana e
proveniente sempre da pecore irpine; il
grano selezionato per il ripieno è di varietà
risciola, appartenente alla schiera dei “grani
antichi” che sarebbe più opportunamente
definire “locali”. Il sapore è rustico e deciso.
Una pastiera per chi non ama compromessi.
NOME INDIRIZZO N° MAPPA
PASTICCERIA SCATURCHIO - PIAZZA SAN DOMENICO MAGGIORE, NAPOLI 1
ANTICA PASTICCERIA CARRATURO - VIA CASANOVA, NAPOLI 1
ANTICA PASTICCERIA VINCENZO BELLAVIA - VIA ONOFRIO FRAGNITO, NAPOLI 1
PASTICCERIA SIRICA DAL 1977 -VIA FRANCESCO CAPPIELLO, SAN GIORGIO A CREMANO (NA) 2
PASTICCERIA SALVATORE GABBIANO (DULCIS IN POMPEI) - VIA LEPANTO, POMPEI (NA) 3
PASTICCERIA DE VIVO - VIA ROMA , POMPEI (NA) 3
PASTICCERIA PANSA- PIAZZA DUOMO, AMALFI (SA) 4
VINCENZO FAIELLA PASTRY CHEF - SAN MARZANO SUL SARNO (SA) 5
PEPE MASTRO DOLCIERE - VIA NAZIONALE, SANT’ EGIDIO DEL MONTE ALBINO (SA) 6
PASTICCERIA PASQUALE MARIGLIANO - VIA FONSECA, NOLA (NA) 7
PASTICCERIA VIGNOLA - SOLOFRA (AV) 8
PASTICCERIA MAMMA GRAZIA- VIA RUSSO , NOCERA SUPERIORE (SA) 9
PASTICCERIA ANGELO GRIPPA - VIA SAN BERNARDINO, EBOLI (SA) 10
PIETRO MACELLARO PASTICCERIA AGRICOLA - VIA MADONNA DELLE GRAZIE , PIAGGINE 11
gastronomicamente
041
guide
di Nunzia Clemente
C asa ti
e t or ell tan i i
dove acquistarli in Campania
(e dintorni)
Panifici, pasticcerie e shop online: oltre che a casa vostra,
il casatiello lo trovate già pronto da addentare anche
in molti, ottimi posti.
Che poi, sia casatiello o tortano (a proposito, l’avete letto
il nostro articolo sulla storia di questo “piccolo cacio”?),
l’amore per le torte salate, ripiene di salumi e formaggi,
accomuna più o meno una buona parte d’Italia.
Il casatiello (con le uova in cima) e il tortano (senza uova
in cima) rappresentano probabilmente la summa delle
torte salate da festività.
Consumato prevalentemente a Pasqua, come la pastiera,
sempre più di sovente lo ritroviamo anche in altri periodi
dell’anno: mette felicità, appetito, convivialità.
Vi forniamo una mappa 1.0 di dove poter acquistare
casatielli e tortani: sono (quasi) tutti nomi campani,
alcuni spediscono anche tramite shop online e form
dedicati.
Aiutateci a compilare la versione potenziata di questa
mappa: indicateci i vostri posti preferiti dove acquistare
tortani e casatielli, non solo in Campania ma anche nel
resto d’Italia.
Speciale Pasqua 2022
042
gastronomicamente
043
Speciale Pasqua 2022
044
NOME INDIRIZZO N° MAPPA
PANIFICIO IL BUONGUSTAIO - VIA STABIA, SANT’ ANTONIO ABATE 1
PANIFICIO AMBROSINO - VIA MICHELE KERBAKER, NAPOLI 2
PANIFICIO MOCCIA - VIA SAN PASQUALE, NAPOLI 2
TARALLIFICIO POPPELLA - VIA SANITA ,NAPOLI 2
GRAN CAFFÈ GAMBRINUS - VIA CHIAIA, NAPOLI 2
PANIFICIO ANTONIO RESCIGNO - VIA DOMENICO CIRILLO, NAPOLI 2
CAMPANIA MIA - VIA BELVEDERE, VOMERO, NAPOLI 2
PANE E MUZZARELL' - VIA DOMENICO CAPITELLI, NAPOLI 2
PIZZIFICIO 3 VOGLIE DI VALENTINO TAFURI - VIA SERRONI, BATTIPAGLIA 3
PASTICCERIA DOLCEMASCOLO - VIAMADONNA DELLA NEVE, FROSINONE -
PANIFICIO IL BUONGUSTAIO [ 1 ]
Tra Sant’Antonio Abate e Gragnano, i
fratelli Caccioppoli - Gianluigi e Salvatore
- sfornano un gran numero di pani e
lievitati vari di ottima qualità, spesso
selezionati anche dagli chef della vicina
costiera. Il casatiello napoletano, qui, trova
una ricchissima espressione: alto e ben
imbottito. Da tenere d’occhio anche gli altri
prodotti pasquali, come tortani, pastiere
e colombe. I salati sono disponibili tutto
l’anno, sia al banco che su prenotazione.
PASTICCERIA DOLCEMASCOLO [ 2 ]
Piccolissima divagazione fuori regione,
a Frosinone, per quello che è davvero un
casatiello degno di menzione ad opera di
Matteo Dolcemascolo. Dimensioni giuste,
ripieno il giusto, l’ideale per un regalo.
GRAN CAFFÈ GAMBRINUS [ 2 ]
Il café chantant più famoso di Napoli
propone una ricca compagine di dolce
e salato napoletano, con declinazione
particolare sulle festività: tortano
napoletano (senza uova in superficie) e
casatiello fanno bella mostra di loro. Il
tortano, inoltre, è disponibile anche sullo
shop online.
PANIFICIO ANTONIO RESCIGNO [ 2 ]
Antonio Rescigno è un’insegna storica della
lievitazione napoletana, per quanto riguarda
pane e relativi derivati come rosticceria ed
altro. I casatielli sfornati da Rescigno, alti
e ben farciti, vanno letteralmente a ruba
in tutta la città partenopea, anche grazie
alla presenza di numerosi punti vendita
sparsi in diversi quartieri della città.
PANIFICIO AMBROSINO [ 2 ]
Il Panificio Ambrosino è una autentica
autorità nel quartiere Vomero di Napoli.
La sua offerta di pane si completa con
casatielli, tortani e torte salate varie, molto
richieste anche per feste private e catering.
PANIFICIO MOCCIA [ 2 ]
Situato nel salotto buono napoletano
(siamo a San Pasquale a Chiaia), il Panificio
Moccia è famoso sin dal secolo scorso
non soltanto per il pane e panificati ma
anche per i prodotti da rosticceria (per i più
addentro, la famosa pizzetta di Moccia è un
must irrinunciabile). Nel periodo pasquale,
tortani e casatielli
TARALLIFICIO POPPELLA [ 2 ]
Direttamente dalle viscere della città
partenopea (siamo nel quartiere Sanità,
negli ultimi anni fucina artistica e culinaria
in voga tra i turisti di tutto il mondo)
il Tarallificio Poppella sforna casatielli
pasquali molto apprezzati non soltanto
nella zona di appartenenza, ma anche nei
quartieri limitrofi.
CAMPANIA MIA - VOMERO [ 2 ]
Campania Mia risponde al nome di Ciro
Arenella è una bottega di specialità
napoletane ed italiane: il suo tortano è
molto famoso, non soltanto nel perimetro
del quartiere Vomero ma anche oltre la
provincia, tanto da avere piccoli pellegrinaggi
dedicati fino ad esaurimento scorte.
PIZZIFICIO 3VOGLIE - VALENTINO
TAFURI [ 3 ]
Valentino Tafuri, panificatore e pizzaiolo
di Battipaglia, propone la sua versione del
casatiello: dal gusto agrodolce, modalità
brioche (delle quali Valentino è un asso)
farcito con un cubettato di alta qualità.
Dimensioni “umane” per questo gioiellino
crossover.
PAN E MUZZARELL’ [ 2 ]
Insegna relativamente giovane del centro
storico napoletano, si tratta di una
gastronomia dove è possibile comprare
anche piatti pronti; tra questi, disponibile
il casatiello napoletano, sia da prendere al
taglio che nella forma intera.
gastronomicamente
045
guide
di Nunzia Clemente
Uova di
cioccolato
dal bean to bar al cioccolato
canonico, per tutti i gusti
e quasi tutte le tasche
Dobbiamo essere chiari: comprare un uovo di cioccolato è una faccenda di una
semplicità inaudita. L’offerta supera di molto - ma davvero molto - la richiesta.
Pensateci: i supermercati letteralmente grondano di uova di cioccolato dagli
incarti - belli e pacchiani - che si alternano, coloratissimi, di ogni fascia di prezzo.
Ma il cioccolato, in sé, è una cosa davvero complessa: ne esistono di tipologie
completamente differenti e, di conseguenza, esistono migliaia di combinazioni
possibili per creare un uovo. Ci sono cioccolatieri che acquistano il semi-lavorato
di cioccolato in grossi blocchi e poi lo lavorano ancora, ultimandolo e arricchendolo
magari di note molto personali, floreali o acidule, con personalizzazioni spesso anche
ai limiti estremi dell’irriverenza… il che ci piace molto, sia chiaro!
E ci sono cioccolatieri che lavorano direttamente dalle fave di cacao, con processi più
lunghi e con altre tipologie di risultato: sicuramente, il sapore sarà nettamente più
intenso e “diverso” dal cioccolato convenzionale, ma non è detto che piaccia a tutti.
Il bean to bar è l’apogeo, ciò che sognano molti di coloro che lavorano il cioccolato:
ma acquistare le fave, imparare a lavorarle, acquistare anche i macchinari non è
certo una cosa semplice. Impareremo un po’ alla volta, a conoscere il cioccolato:
da diversi cioccolatieri, sia quelli che lavorano direttamente dalla massa di cacao,
sia da chi lavora da fave di cacao.
Speciale Pasqua 2022
046
In questa selezione di uova di cioccolato, abbiamo messo su mappa una schiera
di aziende ed artigiani del settore che eccellono nella scienza e nella vendita del
cioccolato.
Si tratta, ovviamente, della versione 1.0 della nostra mappa delle uova di cioccolato
in Italia. Chiediamo il vostro feedback ed, ovviamente, i vostri suggerimenti: ci sono
cioccolatieri, aziende, piccole realtà che producono imperdibili uova di cioccolato
(e cioccolato in generale)?
gastronomicamente
047
Speciale Pasqua 2022
048
T’UOVO, DAVIDE APPENDINO
L’uovo, per chi ha voglia di farselo da
solo: in pratica, le due metà (di cioccolato
biologico), sono da unire e successivamente
da confezionare in una scatola di
cartoncino. Come sorpresa, ovetti oppure
tavolette di cioccolato.
GIANLUCA FUSTO
Gianluca Fusto è, sicuramente, tra i cioccolatieri
e pasticcieri più in voga a Milano
in questo momento. Le sue uova sono un
vero oggetto di tendenza durante questa
Pasqua 2022: propone un uovo audace, con
cioccolato fondente riserva Millot, olive
nere di Nocellara, olio extravergine d’oliva
e spolverata di polvere d’oro.
L’UOVO PERÙ DI GUIDO CASTAGNA
Precursore, insieme ad altri, del metodo
naturale nel mondo del cioccolato, le uova di
Guido Castagna si presentano confezionate
in maniera molto “ricca”: diciamo che il less
is more non gli appartiene, in questo caso.
L’uovo ottenuto da fave di cacao provenienti
dal Perù e lavorate con metodo naturale
Guido Castagna si presenta molto pomposo
e ricco, confezionato con tessuti e nastri in
maniera “esotica”. Per quanto riguarda il
trasporto, avviene attraverso contenitori
con ghiaccio, per preservare l’integrità e la
freschezza del cioccolato.
L’UOVO RAINBOW DI GUIDO GOBINO
L’uovo fondente decorato Rainbow è il “must
have” della collezione Pasqua 2022 firmata
Guido Gobino. Il cacao è al 63% minimo, ogni
colore corrisponde ad un gusto differente,
così come le dragees contenute all’interno
come regalo. Tra i gusti, spiccano la nocciola,
mirtilli e frutta secca. Adatto a chi ama le
uova variopinte e non “monocordi”.
LE UOVA RIPIENE DI CHARLOTTE
DUSART
Cioccolatiera di Bruxelles con base a Milano,
le uova di Charlotte Dusart sono fatte con
cioccolato belga e disponibili sia personalizzabili,
sia ripiene. L’uovo goloso ripieno,
ad esempio, è fatto da una cioccolato
monorigine Madagascar al 71% ricoperto
da uno strato di gelée all’albicocca ed uno
strato di cremino. Purtroppo, disponibili
solo su ordinazione e consegna per la città
di Milano. Da acquistare online, molto belli
i ninnoli di piccole dimensioni: ovetti di
cioccolato, tavolette/uovo ripiene.
L’UOVO NIDO D’OCA DI GIRAUDI
Giraudi è da sempre collocato nella fascia
luxury delle proposte di cioccolato. L’uovo
proposto per Pasqua non è da meno. Per
la Pasqua 2022, propone due nuove uova:
la linea delle uova di cioccolato decorate e
l’uovo mandorlato, ricoperto da mandorle
italiane. Molto bello a vedersi è l’uovo
chiamato Nido d’Oca: ogni uovo è decorato
a mano da tre piccole uova ripiene.
SABADÌ
Sabadì è una cioccolateria “giovane”, con
sede a Modica, in Sicilia. Le uova proposte
sono due, una fondente e una al latte:
Pasquale e Pasqualina, entrambi corredati
di un vaso in ceramica tipica di Caltagirone.
LE UOVA BEAN TO BAR DEL PASTICCIERE
PIETRO MACELLARO
Pietro Macellaro, da Piaggine, lavora direttamente
fave di cacao per ottenere diversi
tipi di cioccolato: in purezza, blend, gioca
anche con burri di cacao da diverse fave
non deodorati, mantenendone intatti i
sapori burrosi, quasi di formaggio. Le uova
rispecchiano queste diverse tipologie, con
tocchi personalistici per quanto riguarda
le decorazioni: dai cioccolatini tipici di
Macellaro fino alle pralinature.
LE UOVA SUPERCLASSICHE DI
PASQUALE MARIGLIANO
Il discepolo vesuviano di Pierre Hermé è
specializzato proprio nel cioccolato, che
declina in varie fogge a seconda delle
festività. Ovviamente, non manca la
Pasqua: le preziosissime uova di Pasquale
Marigliano - preziose e costose - si dividono
in fondenti - con 71% di cacao - e al latte,
con il 38% di cacao. Senza additivi oppure
aromatizzanti, vengono decorate direttamente
sul guscio grazie alle abilità dei
cioccolatieri della pasticceria, o ancora con
applicazioni fatte ad hoc. Per i classicisti del
cioccolato e per chi si divide nettamente
tra “fondente” e “latte”: qui trovate due
interpretazioni magistrali.
LE UOVA TRAPUNTATE DI BONAJUTO
Siamo nel ramo della pasticceria e cioccolateria
storica siciliana: le uova di
cioccolato profumano di raffinatezza e,
da quest’anno, anche di gelsomino. L’ormai
iconico “uovo trapuntato” nasce da una
collaborazione con il Vivaio Malvarosa;
il cioccolato fondente è ben bilanciato
con la nota floreale. Si presenta come un
ottimo uovo, ad un prezzo tutto sommato
contenuto. Se avete voglia di virare dal
classico uovo, sul sito trovate anche una
sezione dedicata al cioccolato bean to bar.
GLI OVETTI IN 3D DI MARCO COLZANI
Marco Colzani, artigiano del cioccolato
bean to bar (ma con un sito-dispensa che
comprende anche confetture e succhi di
frutta, nonché creme spalmabili da urlo),
propone l’uovo in 3d: in pratica, tavolette
di cioccolato sagomate in modo tale da
poter essere composte e ricreare l’uovo
comodamente a casa. Possibile averlo sia
in versione fondente (con cacao Uganda al
66%) che al latte piemontese (con cacao
Perù al 45%). Più ovetti che uova grandi
(visti i 40 g di peso), sono adatti a chi ha
un po’ l’animo da ingegnere e per un regalo
simpatico, non impegnativo.
IL CHOCO BOMB DI PAOLO GRIFFA
Paolo Griffa, chef del Grand Hotel Royal e
Golf a Cormayeur, firma sicuramente un
uovo adatto ad una seduta di psicoterapia
(e di costo equivalente tutto sommato): il
Choco Bomb, sequel dell’Ester Bomb dello
scorso anno. Una bombetta stile quelle
gastronomicamente
049
di Crash Bandicoot, da spaccare con un
martelletto e fatta con cacao Sur de Lago
72% e nocciole IGP del Piemonte. L’uovo
è dedicato alla contemporanea guerra in
Ucraina: infatti, ogni uovo ha un piccolo
foro dove si potrà inserire un messaggio
di pace prima di regalare il Choco Bomb. I
più fortunati, potranno trovare all’interno
un coupon valido per 4 persone da usare
per un picnic in località esclusiva. Questo
è l’uovo per i fantasiosi.
L’OVETTONE DI TIRI 1957
Lanciato lo scorso anno, l’Ovettone di
Tiri 1957 (sì, sì, proprio quel Vincenzo Tiri
della colomba e del panettone) è un uovo
di cioccolato ripieno di “panettone”. Ci
spieghiamo meglio: la pasta del panettone
viene lavorata in tal modo da essere
“biscottata” e, quindi, essere accoppiata
con il cioccolato. Il risultato è golosissimo.
Per chi non riesce a fare a meno del grande
lievitato, oppure ha necessità di fare due
regali e di cavarsela con uno solo.
DAVIDE BARBERO
Davide Barbero, dell’omonimo Torroneria
Barbero, propone delle belle uova di
cioccolato, proposte in un packaging “nudo”:
le uova vengono proposte nei migliori
coloniali, complice la manifattura sicura
e il nome rassicurante.
GAY ODIN
Gay Odin, storica firma del cioccolato
napoletano, firma ogni anno uova di
cioccolato particolari e dedicate agli
eventi mondani. Un evergreen è l’uovo di
cioccolato foresta, tipologia molto riconoscibile
dalle classiche “sfogliature” ottenute
con i macchinari storici della fabbrica di
Via Vetriera, a Napoli.
L’UOVO SEDUTO DI ERNST KNAM
Ernst Knam, supervolto televisivo,
vince a mani basse il premio irriverenza-ma-non-troppo:
il suo uovo seduto
campeggia più o meno in qualunque
articolo sulle uova di cioccolato. Vediamo
com’è: si tratta, senza troppi giri di parole, di
un fondoschiena in cioccolato Señorita 72,
con leggere sfumature rosse. Che piaccia
o meno, è di sicuro la cosa più irriverente
che vedrete in giro al riguardo quest’anno.
NOME INDIRIZZO N° MAPPA
PAOLO GRIFFA - SOLO SHOP ONLINE - https://paologriffa.com/info/ (Courmayeur) 1
CIOCCOLATERIA DAVIDE APPENDINO - VIA CAVOUR 13, TORINO 2
GUIDO GOBINO - VIA CAGLIARI, TORINO 2
GUIDO CASTAGNA CIOCCOLATO - VIA CADUTI SUL LAVORO 2, GIAVENO (TO) 2
TORRONE E CIOCCOLATO ARTIGIANALE DAVIDE BARBERO - VIA ANGELO BROFFERIO 84, ASTI 3
CIOCCOLATO GIRAUDI - VIA BAUDOLINO GIRAUDI 498, CASTELLAZZO BORMIDA (ALESSANDRIA) 4
FUSTO MILANO - VIA AMILCARE PONCHIELLI 3, MILANO 5
CHARLOTTE DUSART - VIA BARTOLOMEO EUSTACHI 47, MILANO 5
ERNST KNAM - VIA AUGUSTO ANFOSSI 10, MILANO 5
LABORATORIO MARCO COLZANI - PIAZZA RISORGIMENTO, IV STRADA, CARATE BRIANZA (MB) 6
GAY ODIN - VIA BENEDETTO CROCE 61, NAPOLI 7
PASTICCERIA PASQUALE MARIGLIANO - VIA FONSECA, NOLA (NA) 8
Speciale Pasqua 2022
050
PASTICCERIA AGRICOLA PIETRO MACELLARO - MADONNA DELLE GRAZIE, PIAGGINE (SA) 9
TIRI BAKERY & CAFFE’ - VIA DEL GALLITELLO, POTENZA 10
ANTICA DOLCERIA BONAJUTO - CORSO UMBERTO I 159, MODICA (RG) 11
SABADI’ - CORSO SAN GIORGIO, MODICA (RG) 11
gastronomicamente
051
ricette
La schiacciata
di Pasqua
di Francesca Pace
La schiacciata di Pasqua è una tipica preparazione livornese. In
realtà, di schiacciato non ha proprio nulla. A metà tra un panettone
e una brioche gigante, sotto a un guscio importante nasconde un
cuore molto morbido. La sua mollica è elastica ma quella che è la
sua principale caratteristica è la presenza dell’anice, che la rende
profumata in un modo straordinario.
Tutte le regioni hanno un certo numero di ricette pasquali: questa
non fa eccezione e la Toscana ne rivendica fieramente la maternità.
Pochi ingredienti e di uso comune la rendono facilissima da fare, oltre
che economica. La presenza del liquore, inoltre, conferisce ancora
maggior carattere.
ingredienti
• 750 g Farina 0
• 3 uova
• 70 ml olio evo
• 200 g di zucchero
• 60 ml vino bianco
• 35 ml latte
• 60 ml acqua
• 30 ml liquore Strega (o
similari in commercio)
• 1 cucchiaio di semi di
anice
• 1 arancia
• 1 limone
• 1 anice stellato
Come si abbina la schiacciata di Pasqua? La potete abbinare con
salumi e formaggi in quanto non è molto dolce, ma ci sta benissimo
anche con marmellate e creme.
A voi la scelta!
Per la biga
• 500 g di farina 0
• 250 ml di acqua
• 5 g di lievito di birra
Speciale Pasqua 2022
052
procedimento
Il giorno prima
Per prima cosa quando volete fare la schiacciata di Pasqua,
preparate la biga mescolando gli ingredienti. Quando si sarà
formato una pallina mettete a lievitare tutta una notte in un
contenitore lontano da spifferi d’aria.
Sempre il giorno prima ammollate i semi di anice nel vino
bianco.
Il giorno dopo
1. In una ciotola capiente il giorno dopo mettete a impastare
tutti gli ingredienti tranne la biga e i semi nel vino.
2. Partite impastando prima i liquidi e poi aggiungendo
la farina. Dopo 5 minuti aggiungete anche la biga e
impastate finché non vedrete striature.
3. Mettete a lievitare finché non raddoppia di volume.
4. A questo punto riprendete l’impasto e lavoratelo
aggiungendo i semi di anice, eliminando l’anice stellato
con lo stesso vino.
5. Quando sarà assorbito il vino mettete in un contenitore
da panettone o uno stampo dai bordi alti e lasciate
riposare finché non raggiungerà quasi il bordo. Potrà
volerci dalle 12 alle 24 ore.
6. Quando sarà gonfio infornate a 180°C per circa un’ora
ma fate sempre la prova stecchino perché essendo molto
altro potrebbe rimanere crudo alla base.
7. Sfornate, fate intiepidire e servite. Magari in accompagnamento
ai salumi e ai formaggi tipici della vostra zona.
gastronomicamente
053
ricette
di Patrizia Laquale
Pizza di formaggio
pasquale
La ricetta della pizza di formaggio, oltre che essere incredibilmente
golosa, cela molti significati religiosi. Ad esempio, Inoltre le monache
impastavano la pizza di formaggio il giovedi santo, a calar del sole,
la lasciavano lievitare lentamente e una volta cotta la portavano
in chiesa affinchè venisse benedetta dal padre confessore, al quale
spettava “una crescia”. Solo il giorno di Pasqua, dopo che le campane
suonavano la Resurrezione, poteva essere assaggiata.
Per secoli questa antica usanza è stata tramandata di generazione
in generazione e ancora oggi la pizza di formaggio è il pane della
festa che non può mancare sulle tavole marchigiane.
Viene, ovviamente, venduta anche nei forni: anche artigiani molto
importanti del Centro Italia propongono la loro versione di pizza di
formaggio.
ingredienti
• 500 g di farina manitoba
• 4 uova
• 100 ml di latte
• 100 g di pecorino romano
• 100 g di Parmigiano
Reggiano
• 25 g di lievito di birra
• 80 g di olio extra vergine
d’oliva
• 200 g di Emmenthal (da
fare a dadini)
• 10 g di sale
• 5 g di zucchero
• pepe q.b.
Prendendo ispirazione dalla tradizione marchigiana, facciamo la
nostra versione della pizza di formaggio.
Speciale Pasqua 2022
054
procedimento
Potete preparare l’impasto sia a mano che nella planetaria.
1. Cominciate con lo stemperare il lievito nel latte tiepido.
2. Versate la farina nella ciotola, fate una fontana al centro, mettete lo
zucchero e versate il latte con il lievito, impastate fino ad ottenere
un composto molle.
3. Unite le uova leggermente sbattute, l’olio, il sale e una generosa
grattugiata di pepe, impastate per amalgamare tutti gli ingredienti.
4. Aggiungete all’impasto sia i formaggi grattugiati che l’Emmenthal
a cubetti e continuate a impastare fino ad ottenere un composto
liscio ed elastico.
5. Trasferite l’impasto su un piano lavoro infarinato, fate un panetto
e mettilo a lievitare in uno stampo in alluminio precedentemente
imburrato e infarinato.
6. Spennellate la superficie con poca acqua.
7. Accendete la lucina del forno, riponete lo stampo sul ripiano e lascia
lievitare con lo sportello semichiuso fino al raddoppio del suo volume.
8. Tirate fuori il lievitato, scaldate il forno e mettete a cuocere la pizza
di formaggio in modalità statica a 170°C per 50 minuti circa, finche
non avrà assunto un bel colore dorato.
9. Sfornate, lasciate intiepidire, quindi sformate la pizza di formaggio
e lasciate raffreddare completamente su una gratella, per ridurre
quanto più possibile l’umidità.
La vostra deliziosa pizza di formaggio dovrebbe presentarsi bella dorata
e ricca, l’ideale per accompagnare un tagliere di salumi, uova sode e
verdure grigliate o sott’olio.
gastronomicamente
055
ricette
Torta pasqualina
di Patrizia Laquale
Sul web, è pieno di “la ricetta originale di…” *mettere nome a caso
di qualcosa*. Sappiamo tutti quanto è difficile, se non impossibile,
individuare la versione originale di qualcosa: fosse soltanto per il fatto
che, di casa in casa, cambiano abitudini e gusti! La torta pasqualina,
regina delle tavole liguri, non si esime da questa logica.
E allora, sapete cosa vi dico? Ve la do io, una ricetta originale per
prepararla. Ma prima, conosciamola un po’ meglio.
Sebbene le torte salate siano diffuse già nell'antichità, la nascita della
torta pasqualina viene tradizionalmente collocata nel Medioevo.
Originariamente venne battezzata Gattafura dal letterato milanese
Ortensio Lando che la citò nel suo “Catalogo de gli inventori delle cose
che si mangiano e bevono” scrivendo: - a Genova si fanno certe torte
dette gattafure perché le gatte volentieri le furano e vaghe ne sono,
ma chi è sì svogliato che non le furasse volentieri? A me piacquero
più che all’orso il miele - .
Una delle prime ricette scritte della torta pasqualina compare nel
1570 nell’Opera del cuoco di corte Bartolomeo Scappi, che la prepara
sia con le bietole che con le cipolle.
Come tutte le ricette della tradizione, ogni famiglia possiede una sua
variante e una sua ricetta speciale che custodisce gelosamente, c’è
chi nel ripieno mette le bietole, chi preferisce gli spinaci e chi usa i
“prebuggiun”, ovvero un insieme di erbe spontanee.
ingredienti
Dosi per la pasta
(stampo da 22 cm)
• 250 g di farina 00
• 130 ml di acqua fredda
• 60 g di olio extravergine
d’oliva
• Sale q.b.
Ingredienti per il ripieno
• 800 g di spinaci o
bietole
• 400 g di ricotta vaccina
• 100 g di Parmigiano
Reggiano grattugiato
+ 2 cucchiai
• 1 cipollato medio
• 10 uova
• maggiorana q.b.
• olio extra vergine
d’oliva
• burro q.b.
• sale
• pepe
Ad esempio, sapevate che i liguri non usano la ricotta per il suo ripieno
ma la prescinsêua, una cagliata fresca, praticamente introvabile al
di fuori della Liguria? Che peccato.
Di sicuro, però, tutti i liguri amanti della torta pasqualina concordano
con una cosa: l’involucro deve essere preparato con trentatrè strati di
pasta sfoglia, in onore degli anni di Cristo e il ripieno deve contenere
le uova intere simbolo di rinascita pasquale.
Un po’ tantini. Ma posso assicurarvi che viene buonissima anche
senza i trentatré strati di sfoglia.
Speciale Pasqua 2022
056
Adesso, mani in pasta e prepariamo insieme la torta pasqualina.
Piccolo trucco in anticipo: per ottenere una buona torta pasqualina
è quello di realizzare una sfoglia all’olio e di tirarla con il matterello
fino alla trasparenza in modo da sovrapporre più strati, ma se vai di
corsa puoi optare realizzandola con la pasta fillo.
gastronomicamente
057
procedimento
1. In una ciotola mettete la farina, il sale e l’olio,
impastate fino ad ottenere delle grosse briciole,
quindi versate a filo l’acqua e lavora l’impasto fino
a renderlo liscio e omogeneo.
2. In alternativa, potete mettere tutti gli ingredienti in
un mixer o nella ciotola della planetaria e lavorare
velocemente per ottenere l’impasto.
3. Dividete l’impasto ottenuto in quattro palline e fai
riposare coperte con un canovaccio per 30 minuti.
4. Nel frattempo preparate il ripieno: tagliate a rondelle
il cipollotto e fatelo stufare in una padella con un
filo d’olio.
5. Lavate e tagliate a striscioline le foglie delle verdure,
mettetele in padella con l’olio e il cipollotto. Regolate
secondo vostro gusto di sale e pepe, profumate con
la maggiorana e fate cuocere per circa 15 minuti.
6. Trasferite le verdure cotte in una ciotola e fate
raffreddare, quindi aggiungete la ricotta, il formaggio e
3 uova. Mescolate per amalgamare bene gli ingredienti.
7. Riprendete le palline e con un matterello stendetele
quanto più sottili possibile.
8. Bagnate un foglio di carta forno e rivestite uno stampo
di 22 cm.
9. Adagiate la prima sfoglia, sovrapponete la seconda
sfoglia e versate il ripieno.
10. Fate 6 incavi, mettete in ciascuno un fiocchetto di
burro, rompete un uovo per incavo, spolverizzate con
i due cucchiai di formaggio.
11. Richiudete la torta pasqualina con gli altri due strati
di sfoglia, rivoltate la pasta che sborda verso l’interno,
premendola leggermente.
12. Pennellate la superficie con un uovo sbattuto e cuoci
in forno caldo a 200°C per 15 minuti, quindi abbassate
la temperatura a 180°C e proseguite la cottura per
altri 20/25 minuti.
13. Potete servire la torta pasqualina tiepida o fredda.
14. Fateci sapere se riuscite a fare 33 strati di sfoglia…
ma va benissimo anche solo con qualcuno! uova
sode e verdure grigliate o sott’olio.
Speciale Pasqua 2022
058
gastronomicamente
059
ricette
Lasagna pasquale
di Rosa d’Anna
Cosa meglio di una lasagna per festeggiare una ricorrenza?
Assolutamente niente. E non siamo soltanto noi in terra italiana a
pensarlo: tutti trovano la gioia davanti ad una lasagna ricca, ben
stratificata, calda e fumante.
La lasagna, di certo, non è nata oggi: cerchiamo di tracciare qualche
linea nella storia, prima di proporre la nostra versione di lasagna
pasquale!
Quando compare la prima lasagna della storia?
I primi accenni scritti risalgono al Medioevo. Non era la lasagna così
come la conosciamo oggi, piuttosto una sfoglia impastata senza
uova, cotta in brodo o acqua e servita con del semplice formaggio
grattugiato.
Suggerimento: non vi ricorda un buonissimo piatto tipico del Centro
Italia? Sia con le uova che senza, inizia a diffondersi la cultura - o
meglio, il culto - della lasagna.
Facciamo qualche esempio: le ricche lasagne napoletane con sugo,
polpettine e provola; le milanesi con burro, tartufo e besciamella; le
bolognesi, con strati di pasta all'uovo alternati a spinaci lessi e sugo
di carne.
ingredienti
Per 4 persone
Per la sfoglia all'uovo:
• 300 g di semola
rimacinata di grano
duro
• 3 uova grandi
• 1 cucchiaio di olio
extravergine d'oliva
• Sale fino
Per il ragù:
• 500 g di macinato
d'agnello
• 200 g di piselli fini
• 1 carota
• 1 pezzo di costa di
sedano
• 1/2 cipolla
• 150 ml di vino bianco
secco
• Sale fino
• Pepe nero macinato
fresco
• Olio extravergine
d'oliva
Con il Novecento (e, sostanzialmente, con una cucina più di “benessere”
e non di avanzi) gli spinaci diverranno ingrediente della sfoglia ed al
classico ragù alla bolognese si aggiungerà la besciamella. Nascono
le lasagne tradizionali così come le conosciamo oggi.
Per una versione pasquale di questo caposaldo della nostra cucina
ho pensato ad una lasagna bianca con una base di besciamella
classica farcita con un ragù di macinato d'agnello con aggiunta di
piselli e carciofi spadellati.
Di seguito gli step per ottenere un'ottima lasagna pasquale.
Per la besciamella
• 800 ml di latte intero
• 70 g di burro irlandese
• 70 g di farina 00
• Noce moscata
grattugiata
• Sale fino
• Pepe nero macinato
Per i carciofi spadellati
• 5 cuori di carciofi freschi
• 30 ml di vino bianco
secco
• 1 spicchio d'aglio
• Sale fino
• Pepe nero macinato
• Olio extravergine
d'oliva
Speciale Pasqua 2022
060
Per completare
• 300 g di provola
vaccina ben strizzata
• 80 g di Parmigiano
Reggiano grattugiato
gastronomicamente
061
Speciale Pasqua 2022
062
procedimento
1. La prima cosa da preparare è la pasta in modo che possa riposare mentre vi
dedicate alle altre preparazioni.
2. Inserite nella ciotola di una planetaria la semola rimacinata, le uova, il sale e
l'olio extravergine di oliva.
3. Inserite il gancio foglia e lavorate a bassa velocità finché si forma l'impasto.
Prelevatelo dalla ciotola e avvolgetelo nella pellicola alimentare.
4. Se non avete una planetaria potete procedere nella maniera classica formando
una fontana di semola su una spianatoia in legno e versando al centro il resto
degli ingredienti.
5. Ingredienti per la lasagna bianca.
6. Per il ragù ricavate un battuto con la 1/2 cipolla, la carota e la costa di sedano.
7. Fate soffriggere a fuoco medio con dell'olio extravergine di oliva, aggiungete il
macinato di agnello e fate cuocere sgranando la carne in modo da ricavarne dei
granuli piccoli. Solo a questo punto sfumate con il vino bianco, salate e pepate.
8. Una volta sfumato il vino aggiungete i piselli fini. Mescolate per un paio di minuti,
il ragù terminerà la cottura in forno con il resto degli ingredienti.
9. La besciamella ha una base imprescindibile: il roux.
10. Il roux è quella pastella che si forma cuocendo a fiamma media il burro con la
farina. Dovrete per forza fare un roux per ottenere la besciamella.
11. Ponete in una piccola casseruola il burro, fatelo fondere ed aggiungete la farina.
Mescolate continuamente aiutandovi con una frusta fino a che il roux assume il
colore dorato delle nocciole leggermente tostate. Ora è il momento di aggiungere
il latte, lo farete aggiungendolo poco per volta sempre mescolando il vostro
roux fino a terminarlo. Regolate di sale e pepe ed aggiungete la noce moscata
grattugiata fresca. Continuate a cuocere a fuoco basso finché la besciamella
si addensa. Ci vorranno circa 15 minuti.
12. Prima di tagliare i carciofi preparate una ciotola con dell'acqua fredda e spremetevi
dentro il succo di un limone. Tagliate a metà i cuori di carciofi ed eliminate con un
coltellino l'eventuale barba al centro. Affettate sottilmente i carciofi e versateli
subito nell'acqua acidulata, questo tarerà nuovamente l’ossidazione ed i vostri
carciofi conserveranno un bel colore.
13. In una padella versate un filo abbondante di olio extravergine d'oliva con lo
spicchio d'aglio tritato. Quando l'aglio è diventato leggermente dorato aggiungete
i carciofi che avrete scolato dall'acqua. Salate e pepate e fate insaporire,
mescolando di tanto in tanto, per circa 10 minuti. Sfumate con il vino bianco e
fate cuocere per altri 10 minuti.
14. Una volta che tutti gli elementi sono pronti resta da tirare la sfoglia. Potete farlo
con il macchinario apposito, quello chiamato nonna papera, ma essendo solo
300 g di semola in questa versione che vi propongo ho preferito il mattarello.
Tagliate l'impasto in quattro parti. Spolverate il piano di lavoro con abbondante
semola rimacinata. Ripassate il pezzetto di impasto bene nella semola, da tutti
i lati. Appiattitelo leggermente con le dita e poi cominciate a stenderlo con il
matterello fino a che si veda in controluce la vostra mano.
15. Componete la lasagna distribuendo alla base della besciamella. Create i vostri
strati alternando la sfoglia all'uovo*, il ragù bianco, i carciofi spadellati, la provola
tagliata a striscioline, la besciamella ed il formaggio grattugiato. Proseguite con
questa stratificazione fino a terminare gli ingredienti. Chiudete l'ultimo strato
solo con besciamella e formaggio grattugiato.
16. Infornate a 180°C per 45 minuti circa o comunque fino a che si crea una crosticina
dorata sulla superficie della vostra lasagna pasquale.
17. *Quando la sfoglia per la lasagna è fresca la metto a crudo nella lasagna. In caso
di sfoglia secca avrei fatto cuocere circa cinque minuti per poi comporre gli strati.
gastronomicamente
063
ricette
Abbacchio
alla scottadito
di Rosa d’Anna
Nella tradizione culinaria più verace, Pasqua fa rima con abbacchio
e se dici abbacchio va da sé che sia alla "scottadito". Si tratta di un
piatto tipico della tradizione romana: è ancora molto in voga nella
“Roma contemporanea”, ma l’agnello era già molto apprezzato
dagli antichi.
Gli antichi romani adoravano mangiare agnello grigliato già nei
primi secoli a seguito della fondazione della Città Eterna; sono
passati millenni e, posso affermare senza molte remore, che le
braci ardono ancora per preparare agnello alla scottadito.
ingredienti
Per 4 persone
• 20 costolette di
abbacchio
• 100 ml di olio extravergine
d'oliva
• 1 rametto di rosmarino
fresco
• Sale fino
• Pepe nero macinato
• 2 spicchi d'aglio
• Succo di 1 limone
grande
Per il nostro agnello, ho scelto la parte che viene comunemente
chiamata carré di agnello, che andremo poi a porzionare in costolette;
oppure, potete acquistarlo già porzionato.
Ci troviamo di fronte ad una carne dal sapore intenso e particolare,
certamente non adatta a tutti. C’è un trucco, però, per rendere le
carni dell’agnello decisamente appetibili e gustose: vedrete che
tutti a tavola gradiranno il vostro abbacchio alla scottadito.
Qual è il trucco per un abbacchio alla scottadito perfetto?
La risposta non può che essere una, una sola: la marinatura.
Per il contorno
• 600 g di agretti
• 1 limone
• Sale fino
• Pepe nero macinato
q.b.
• succo di 1/2 limone
• olio extravergine di
oliva q.b.
Scientificamente, la marinatura è una emulsione di una componente grassa in una componente acida,
dove si aggiunge un mix di spezie. Questo composto così ottenuto viene utilizzato per immergere un
cibo, solitamente carne, che si desidera amplificare in gusto oppure arricchirne un sapore un po’ scarno.
Faremo, per la nostra ricetta di abbacchio alla scottadito, una marinatura molto semplice con olio
extravergine d’oliva, limone, sale e pepe. Ciò non toglie che potete divertirvi a creare delle vostre
marinature personalizzate, sperimentando un po’ dentro il perimetro scientifico della creazione di
una marinatura, che prevede la presenza di una componente grassa ed una componente acida.
La marinatura della carne (nel nostro caso, dell’agnello) porterà ai seguenti effetti benefici che - vi
garantisco! - vorrete sempre nei vostri piatti:
• aumento della moisture nella carne, cioè della presenza di acqua;
• Aromatizzazione della carne;
• Ammorbidimento.
Molti si confondono tra marinatura e salamoia: sono due cose completamente diverse. La salamoia,
infatti, è una miscela di acqua e sale che ha lo scopo di mantenere l’acqua nella carne, mantenendo
la carne succulenta in cottura.
Speciale Pasqua 2022
064
Manca ancora qualcosa per rendere l’abbacchio alla scottadito del vostro menu davvero epico: un
contorno, una cosa semplice che però faciliterà il vostro pranzo di Pasqua e Pasquetta, alternando
un boccone impegnativo ad uno più easy.
Per un contorno sfizioso, da accompagnare all'abbacchio alla scottadito, ho pensato ad un'insalata
con gli agretti che per ingredienti richiamerà i sapori della marinata del nostro agnello.
gastronomicamente
065
procedimento
1. Preparate la marinatura per le nostre
costolette d’agnello mescolando
olio, succo di limone, sale e pepe
nero. Schiacciate gli spicchi d'aglio
e prendete dei ciuffetti di rosmarino
dal rametto. Aggiungete tutto alla
marinata e versateci dentro le
costolette di abbacchio. Mescolate
bene, coprite il contenitore con della
pellicola alimentare e fate riposare
in frigo per qualche ora: più riposa,
più le carni avranno il sapore della
marinatura. Per ottimizzare i tempi,
cercate di non superare le 4 ore.
2. Nel frattempo, mondate gli agretti
e lavateli bene sotto acqua corrente
fredda.
3. Portate a bollore abbondante acqua
salata. Versatevi gli agretti e fateli
cuocere per un paio di minuti.
4. Scolateli velocemente e raffreddateli
subito in acqua fredda alla quale avrete
aggiunto qualche cubetto di ghiaccio.
5. Una volta freddi e scolati conditeli con
sale fino, olio extravergine d'oliva, pepe
nero ed il succo di mezzo limone.
6. Riprendete dal frigo l'abbacchio ed
eliminate la marinatura.
7. Se non disponete di una brace da
esterno, la soluzione da me adottata
può fare al caso vostro: una griglia
in ghisa riscaldata ad altissima
temperatura.
8. Cuocete le costolette poche per volta,
un paio di minuti per lato.
9. Servitele caldissime accompagnandole
con l'insalatina di agretti.
Speciale Pasqua 2022
066
gastronomicamente
067
ricette
di Francesca Pace
Uova alla monachina
Se siete alla ricerca dell'antipasto ideale
per il pranzo di Pasqua oppure volete
semplicemente preparare per voi e per i
vostri cari un qualcosa di estremamente
goloso, le uova alla monachina fanno
proprio al caso vostro.
Questa preparazione è tipica delle tavole
della Campania, principalmente delle
tavole napoletane: affonda le radici nelle
tradizioni cristiane e relative simbologie.
ingredienti
Per 4 persone
• 5 uova grandi
• 250 ml di latte
• 25 g di burro
• 50 g di farina + qualche
cucchiaio
• sale q.b.
• pane grattugiato q.b.
• olio di semi q.b.
Le uova infatti sono spesso presenti
nel menu pasquale in quanto simboli
di rinascita, basti pensare al casatiello
o al tortano. Sulla tavola imbandita
non mancano mai accanto alla "fellata"
(cioè il corposo antipasto di salumi vari
affettati che si consuma in occasione
della Pasqua) in versione sode.
La ricetta delle uova alla monachina
è davvero una chicca: una volta
conosciuta, non vorrete lasciarla mai più.
Ancora oggi sono uno dei cavalli di
battaglia di un famoso ristorante di
Capri che le serve come finger food
all'interno di un semplice fazzoletto di
carta chiuso a caramella.
Se fatte a dovere, come vi indico in
questa ricetta, avranno una crosticina
deliziosa che, unita all’uovo, crea un mix
irresistibile.
Come molti piatti napoletani, anche la
ricetta delle uova alla monachina ci è
stata lasciata dai monzù, i cuochi che
lavoravano alla corte di Re Ferdinando di
Borbone che assieme alla moglie Maria
Carolina d'Austria erano sempre a caccia
di nuove golosità.
Vediamo insieme come fare delle
perfette uova alla monachina!
procedimento
1. Per prima cosa in un pentolino con acqua fredda
mettete le uova, quindi da quando parte il primo
bollore calcolate nove minuti.
2. Spegnete e passate le uova sotto l'acqua fredda e
fate freddare completamente.
3. Nel frattempo preparate la besciamella mettendo
a sciogliere dolcemente il burro in un pentolino,
aggiungendo la farina, il latte e il sale.
4. Mescolate sempre finché non sarà densa, quindi
fate raffreddare anch'essa.
5. A questo punto sbucciate le uova e tagliatele a
metà in senso verticale.
6. Togliete i tuorli e metteteli in una ciotola; successivamente,
schiacciateli con una forchetta assieme alla
besciamella. Il composto deve risultare non liquido,
quindi aggiungete la besciamella un cucchiaio per
volta.
7. Farcite le uova, richiudetele e passatele prima
nella farina, poi nell'uovo sbattuto e poi nel pane
grattugiato.
8.
9. Mettete le uova in freezer per circa 30 minuti.
10. A questo punto mettete un pentolino sul fuoco,
fate scaldare l'olio e quando sarà a temperatura di
1780°C tuffate le uova e friggetele.
11. Quando saranno ben dorate, scolatele e passatele
su carta assorbente.
12. Servitele a tavola con un pizzico di sale magari
avvolte in un fazzoletto (imitando il famoso ristorante
di Capri!) o con della semplice insalata.
Speciale Pasqua 2022
068
gastronomicamente
069
ricette
Zuppa di cozze
alla napoletana
di Francesca Pace
Napoli è una città che lega innumerevoli preparazioni alle festività,
facendole divenire degli autentici rituali. Questo avveniva, un tempo,
per la scarsità delle materie prime a disposizione: al giorno d’oggi la
stragrande maggioranza di noi non ha problemi a trovare tutto ciò
che vuole in ogni periodo dell’anno, ma certe abitudini si conservano.
La zuppa di cozze napoletana per esempio è il piatto principale che
i partenopei fanno il Giovedì Santo, vale a dire il giovedì che precede
la Pasqua. Un piatto apparentemente di magro, ma che è ricco di
devozione e gusto.
Questa zuppa di mare è composta principalmente da cozze, polpo,
lumachino di mare (chiamati anche maruzzielli), freselle (un tarallo
cotto e biscottato, tagliato in due parti, tipico di molte regioni del
Sud Italia) e ha un ingrediente segreto: o’ russ, di cui vi parleremo tra
un po’ e che è un autentico jolly.
C’è una ritualità per consumare la zuppa di cozze napoletana: essa,
solitamente, viene mangiata dopo ‘o struscio, cioè una sorta di
“processione” presso delle edicole votive dedicate al passaggio del
Cristo cattolico.
ingredienti
• 16 freselline croccanti
• 1 kg di polpo
• 1 kg di cozze fresche
• 500 g di maruzzielli
(lumachine di mare)
• 4 cucchiai di olio piccante
(‘o russ di sopra)
• Olio extravergine d’oliva
qb
• Sale qb
• 2 foglie di alloro
• La buccia di un limone
non trattato
• Pepe in grani a piacere
• 1/4 di cipolla rossa
Ciò non toglie che i veri appassionati di mitili consumino la zuppa
di cozze praticamente in ogni momento dell’anno, declinandola alla
bisogna con i frutti di mare più reperibili e nelle versioni più estrose
e bizzarre.
Essendo una preparazione a carattere familiare, non esiste ovviamente
una ricetta universale: c’è chi aggiunge i gamberi, alcuni aggiungono
le vongole e chi un po’ di salsa di pomodoro, ogni casa ha la sua e…
immancabilmente, quella di “casa propria” sarà sempre la più buona!
Come vi dicevamo poco prima, ciò che non può mancare è l’aggiunta
del cosiddetto rosso, un olio forte al peperoncino e peperone, molto
aromatico, che i pescivendoli vendono in comode bottigline riciclate
dagli aperitivi. Ovviamente, è possibile farlo anche a casa, se avete
tempo.
Speciale Pasqua 2022
070
Qualora voleste farlo, dovete far soffriggere in abbondante olio evo
due spicchi di aglio, un peperoncino e il concentrato di peperoni
piccanti fino a che l’olio non assumerà un colore rosso intenso. Le
freselle poste alla base devono essere croccanti e di grano duro. È
fondamentale che non si ammollino troppo ma che trattengano il
brodo caldo di polpo.
Questa è la nostra versione di zuppa di cozze alla napoletana, provatela!
gastronomicamente
071
procedimento
1. Quando volete fare la zuppa di
cozze napoletana, per prima cosa
mettete in una pentola capiente
l’acqua e portatela a bollore con
1/4 di cipolla, due foglie di alloro,
la buccia di limone, il pepe e un
po’ di sale.
2. Quando bolle, tuffate il polpo per
tre volte e poi lasciate che cuocia
a fiamma bassa, coperto con un
coperchio per 30 minuti. Trascorso
questo tempo, lasciate il coperchio
e lasciate che il polpo si freddi nella
sua acqua.
3. Una volta freddo, tagliatelo a pezzi
e conservate il brodo.
4. Pulite le cozze eliminate il bisso
raschiatele sotto l’acqua corrente
fatele aprire in un’altra a pentola
con il coperchio, filtrate il liquido di
cottura e tenete in caldo le cozze.
5. Contemporaneamente sciacquate
i maruzzielli e soffriggeteli in un
pentolino con uno spicchio di aglio
e un filo di olio, anch’essi coperti
con un coperchio.
6. Ora potete assemblare la vostra
zuppa di cozze che va servita
bollente.
7. In un piatto fondo mettete le
freselle, su di esse mettete l’olio
piccante, poi bagnatele con un
mestolo di brodo di polpo e uno
di acqua di cozze. Aggiungete il
polpo tagliato a pezzetti, le cozze
e i maruzzielli. Volendo versate sul
tutto un altro filo di olio forte.
Speciale Pasqua 2022
072
gastronomicamente
073
ricette
Minestra
maritata
La Campania, in quanto a proposte per il menu di Pasqua,
gioca decisamente la parte del leone. Ne abbiamo a bizzeffe:
dalla pastiera, al ruoto al forno, passando per la minestra
maritata per citarne solo alcune c'è l'imbarazzo della scelta.
Ed è proprio di quest'ultima che qui voglio parlarvi.
Si tratta di una zuppa fatta con tante verdure diverse e
tanti tipi di carne differenti: se un tempo era un autentico
“piatto di recupero” (ritagli vari di carne e verdure povere,
come i tipici “cavoli torzelle”) ad oggi gli accorgimenti, le
tecniche e la qualità delle materie prime in circolazione lo
rendono un piatto dal gusto inconfondibile e forte.
La leggenda narra che sia proprio simbolo di un matrimonio
tra sette sorelle (le verdure) e sette fratelli (la carne) che si
maritano ovvero diventano moglie e marito.
Ora, trattandosi di una ricetta tradizionale ma strettamente
a carattere familiare, può cambiare notevolmente... quindi
vi troverete mille versioni di minestra maritata in giro per
la regione (e anche oltre!)
La sua laboriosità viene ripagata dai commensali che ne
restano sempre entusiasti. Ci vuole il giusto equilibrio tra
i vari componenti, bisogna sentirli tutti, e anche se può
sembrare leggero non è un piatto light vista la presenza
della cotica (cotenna) che non può assolutamente mancare.
È un piatto perfetto per l'inverno, fatto con verdure di
stagione e per questo motivo che viene servito anche a
Natale. Nasce in realtà come piatto povero, serviva infatti
a riciclare piccoli pezzi di carne avanzati, all'interno del
brodo si trovano anche le ossa di prosciutto per esempio.
di Francesca Pace
ingredienti
Per 10 persone
Per il brodo
• 200 g di cotenna di
maiale
• 3 costine di maiale
• 1/2 gallina
• 500 g di corazza di
costata
• 1 osso di prosciutto
• 1 coda di manzo
• 1 carota
• 1/2 cipolla
• 1 costa di sedano
• 2 pomodorini
• Piperna q.b.
• 2 foglie di alloro
Per le verdure
• 1 cespo di scarola liscia
• 1 cespo di scarola riccia
• 3 fasci di cavolo nero
• 3 fasci di cavolo toscano
• 1/2 di cavolo verza
• 3 fasci di torzelle o cicoria
(secondo disponibilità)
• 3 fasci di borragine
• 1 spicchio di aglio
• Parmigiano Reggiano
DOP grattugiato a
piacere
• Croste di Parmigiano q.b.
• Olio extravergine d'oliva
q.b.
• Sale q.b.
Uno dei segreti è nella cottura prolungata delle carni:
anche i tagli meno nobili, infatti, possono diventare molto
saporiti se ben cucinati. Grazie alle lunghe cotture, le carni
in questione rilasciano collagene ed anche i tagli più duri
ed ostici possono diventare morbidi e appetibili.
Questa è la nostra versione della ricetta della minestra
maritata!
Speciale Pasqua 2022
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Seguite il passo passo e sentitevi liberi di modificarla
secondo le vostre esigenze e come vi gusta di più. Potete
per esempio aggiungere spinaci, bietole, finocchi, ci sta
bene davvero tutto.
gastronomicamente
075
procedimento
1. Il primo step da affrontare, quando si parla di
minestra maritata, è quello del brodo. Mettete
in una pentola molto capiente acqua fredda,
inserite la carne e portate a bollore. Quando
inizia a sobbollire, eliminate la schiuma,
alzate la carne eliminate metà dell'acqua e
rabboccate con nuova acqua fredda.
2. Portate a bollore nuovamente mettete ora
le verdure e le erbe per il brodo e, quando
raggiunge il bollore, aggiungete la carne. Fate
cuocere a fuoco basso per circa un'ora, salate
e continuate la cottura per un'altra ora circa.
3. Quando la carne sarà cotta, alzatela dal brodo,
conservandolo per il seguito e trasferitela in
un contenitore.
4. Ora dedicatevi alle verdure: pulite e lavatele
attentamente, sotto acqua corrente,
procedendo per un tipo alla volta in modo
da eliminare tutti i residui di terreno.
5. Fatto ciò, tagliatele a pezzetti e mettete in
un colapasta.
6. A questo punto in una pentola capiente e
adatta a contenere tutte le verdure, mettete
mezzo litro d'acqua, salate e quando bolle
tuffate le verdure tutte insieme. Fatele
appassire per una decina di minuti, quindi
scolatele.
7. Mentre le verdure cuociono, spolpate la carne
eliminate le parti in eccesso e tagliate a
pezzetti la cotenna e la salsiccia.
8. Versate nella pentola capiente un giro olio,
in esso fate soffriggere l'aglio. Quando avrà
profumato l'olio aggiungete un terzo delle
verdure, su di esso un terzo della carne coprite
con il brodo. Fate questa operazione finché
non saranno finiti gli ingredienti.
9. Coprite con un coperchio e lasciate ribollire
a fuoco basso per un'ora.
10. Assaggiate quasi alla fine e regolate di sale.
Quando mancano una decina di minuti
aggiungete le croste di Parmigiano Reggiano.
11. Spegnete e fate riposare per una quindicina
di minuti. A questo punto, servite a tavola
con una generosa spolverata di Parmigiano
Reggiano.
Speciale Pasqua 2022
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gastronomicamente
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Speciale Pasqua 2022
078
ricette
Carciofi
arrostiti
I carciofi arrostiti sono un grande classico
della cucina campana. Soprattutto in
primavera, a ridosso della Pasqua, non di
rado si possono scorgere agli angoli delle
strade i venditori ambulanti che animano
le "fornacelle", piccole braci dove vengono
appunti cotti i carciofi.
L'odore lo si percepisce anche ad una
distanza notevole. A Napoli si chiamano
"carcioffole arrustut’ " e sono il contorno
perfetto da portare a tavola la domenica a
pranzo, ma sono anche ideali in tantissime
occasioni.
Per chi ha dimestichezza con i dispositivi
di cottura esterni (barbecue e grill), i
carciofi cotti direttamente nelle braci
sono davvero una goduria.
Ma come preparare i carciofi arrostiti in
casa? Sapete che non è assolutamente
difficile? Qualche trucchetto, piccole
accortezze, li renderanno perfetti come
spezzafame oppure antipasto.
Sappiamo benissimo che basta un po’
di olio, sale, pepe (o peperoncino) e i
nostri carciofi possono diventare una
squisitezza. Però, bisogna avere un po’ di
consapevolezza dei mezzi a disposizione
e di cosa stiamo andando a fare.
Il nostro obiettivo è far profumare di
primavera e di buono la nostra cucina,
con un irresistibile mix mediterraneo.
I carciofi alla brace in questo caso vengono
farciti con aglio e prezzemolo, un po' di sale
e un pizzico di pepe. Sono sicura diventeranno
un vostro cavallo di battaglia.
E se non avete la brace? Tranquilli: qui vi
spiegherò come fare i carciofi alla brace,
però nel forno di casa.
Volete rendere questa ricetta con i carciofi
davvero speciale? Mangiate i carciofi con
le mani! Il godimento sarà enorme.
ingredienti
procedimento
di Francesca Pace
Per 4 persone
• 4 carciofi
• 1 spicchio di aglio
• 1 ciuffo di prezzemolo
• Sale q.b.
• Pepe q.b.
• 1 limone
1. Quando volete realizzare la
ricetta dei carciofi al forno
arrostiti in forno, per prima
cosa puliteli dalle foglie più
esterne e coriacee, eliminare
il gambo e man mano che li
sfogliate tuffateli in acqua
acidulata con il limone.
2. Quando avrete finito
preparate un battuto di
aglio e prezzemolo, tagliato
in maniera molto fine.
3. A questo punto, allargate
le foglie dei carciofi e in
ciascuno di essi mettete un
po' del battuto.
4. Bagnate un foglio di carta
da forno e appoggiatelo in
una teglia piccola. Disponete
i carciofi in modo che stiano
dritti, salate e pepate quindi
infornate in forno già caldo a
180°C per circa un'ora.
5. Il tempo può variare in base
alla grandezza dei carciofi,
oltre che alla potenza del
vostro forno domestico.
6. Infilzate una forchetta alla
base, quando penetra senza
opporre resistenza, sono
pronti.
7. Sfornate e servite i
carciofi ben caldi, magari
aggiungendo olio extravergine
d’oliva a filo, se preferite.
gastronomicamente
079
ricette
Casatiello
dolce
Il casatiello dolce è una ricetta molto antica legata alla
cultura gastronomica campana. Di sicuro, conoscerete
tutti - in ogni parte d’Italia - il Casatiello salato.
Ebbene, è mio dovere dirvi che ne esiste anche una
versione dolce, ugualmente antica e gustosa.
In Casatiello Dolce è una abitudine pasquale e si
usa prepararlo soprattutto nella zona dei Campi
Flegrei e dei paesi vesuviani. Fa parte della classica
colazione di Pasqua e richiama alla memoria con il
suo profumo incredibile di arancia e fiori i dolci che
si fanno proprio in questo periodo.
Trattandosi di una ricetta tipica a carattere familiare
in ogni casa c’è una versione. Questa è la nostra,
provata e riprovata più volte, e vi assicuro un risultato
gustoso!
Una delle caratteristiche di questo dolce è che manca
di sofficità: sì, avete capito bene, non è soffice. Il
casatiello dolce ha una struttura e consistenza
importanti, tanto che uno dei sui consumi lo vede
“inzuppato nel latte: ne va ad assorbire tantissimo,
ma si può servire così com’è perché molto goloso. Al
massimo, potete accompagnarlo ad un’ottima crema
di nocciole, oppure ancora ad una buona marmellata.
di Francesca Pace
ingredienti
• 1 kg Farina 0
• 10 uova
• 500 g di zucchero
• 350 g di criscito (lievito
madre)
• 300 g di sugna (strutto)
• 10 g di sale
• 250 ml di latte intero
• 50 ml liquore Strega (o
similari in commercio)
• 50 ml fiori d’arancio
• 1 cucchiaino di polpa
o estratto di vaniglia
• Canditi di arancia e
limone a piacere
Per la glassa
• 250 g di zucchero a velo
• 1 albume d’uovo
• Succo di 1 limone
Per decorare
• Confettini, ovetti di
zucchero e canditi di
arancia e limone
È un dolce lento, che richiede tempo, la lievitazione
può durare anche 24 ore… e pazienza, ma i giorni
che precedono la Pasqua prevedono ritmi lenti, con
preparazioni da record di lunghezza.
Questo dolce è adattissimo a concedervi un momento
di Amarcord, magari ripensando a quando erano i
parenti, tanto tempo fa, a sfornare casatielli dolci!
Speciale Pasqua 2022
080
gastronomicamente
081
Speciale Pasqua 2022
082
procedimento
1. In un recipiente capiente sbattete
le uova con lo zucchero e in
un’altra sciogliete il lievito madre
con il latte quindi unite le due
componenti fino ad eliminare
tutti i grumi. A questo punto
aggiungete in più battute la
farina, la sugna ammorbidita,
e il sale. Impastate vigorosamente
con le mani oppure con
la planetaria. A mano ci vorranno
circa 40 minuti, mentre con la
planetaria basteranno 20 minuti.
2. Solo alla fine quando l’impasto
è ben areato, aggiungete gli
aromi e i canditi, continuando a
mescolare. Imburrate uno stampo
tondo oppure uno a ciambella
capiente e riempite fino a metà.
Nel caso versate il restante
impasto in un altra teglia. Fate
lievitare dalle 12 alle 24 ore, questo
dipende molto dalla temperatura
della vostra casa e da quanto è
attivo il lievito. Coprite e tenete
lontano da vento e umidità.
3. Trascorso questo tempo, il vostro
casatiello avrà raggiunto quasi il
bordo quindi infornatelo a 180°C
per circa 60 minuti. Diventerà
parecchio colorato, quasi
“scuro”, ma è del tutto normale:
la presenza delle uova e dello
zucchero contribuisce molto a ciò.
4. Trascorso questo tempo, la
cottura dovrebbe essere ultimata.
Se il risultato non vi convince
ancora, lasciate qualche altro
minuto. Nel frattempo preparate
la glassa mescolando lo zucchero
a velo con l’albume e il succo del
limone.
5. Quando il vostro casatiello
sarà freddo, versate la glassa e
decorate con confettini, ovetti e
canditi d’arancia.
6. Si conserva a temperatura
ambiente, fino ad una settimana,
preferibilmente in una dispensa
lontano da luce, calore ed odori
troppo forti.
gastronomicamente
083
Il casatiello
salato
di Alessandro Trezzi
Speciale Pasqua 2022
084
Della storia e delle usanze del casatiello, vi abbiamo
abbondantemente parlato nella prima sezione di
questo speciale Pasqua 2022. Speriamo di avervi
fatto venire abbastanza voglia non solo di comprarne
uno, ma anche di cimentarvi nel fare un perfetto
casatiello salato. E come si parte? Dall'impasto,
ovviamente.
Tenendo ben presente che la nostra grassa ciambella
andrà ad accogliere una quantità notevole di altri
grassi, vediamo come preparare prima un buon
impasto per casatiello; successivamente, una
farcitura adeguata.
L'impasto: consistenze e obiettivi
La tradizione dei prodotti dell’arte bianca è colma
di prodotti nati dall’esigenza del recupero; avanzi
e ritagli venivano ri-utilizzati per realizzare ricette
diverse.
E per quanto la golosità di queste preparazioni sia
innegabile, è necessaria una puntualizzazione: la
maggior parte degli impasti nati dalla tradizione sono
pesantissimi, per la masticazione e per lo stomaco.
So a cosa state pensando, ma non ha nulla a che
fare con l’utilizzo di lievito di birra, farine troppo
raffinate o maturazioni non prolungate; il problema
principale è la scarsa conoscenza dei tempi di riposo
e della loro effettiva validità.
Prendete uno dei prodotti più diffusi sul territorio
nazionale: la focaccia.
Barese, ligure, toscana, quella che volete, il processo
è molto simile: della pasta lievitata viene fatta
riposare nuovamente in teglia, sviluppando una
mollica fine e uniforme, e poi cotta.
L’errore più comune è quello di utilizzare quantità di
impasto esagerate per centimetro quadrato di teglia;
e dato che il panettiere o pizzaiolo vi insegna a fidarvi
dei magici sensi, vi dirà anche che l’impasto è pronto
quando raggiunge la sommità del vostro supporto
per la cottura. Condividerete con me che non ha
nessun senso, perché dipende da tantissimi fattori,
primo tra tutti la quantità di impasto utilizzato.
Tempi corti significa mollica poco espansa, estensibile
e chiusa, e un prodotto che risulterà compatto e dal
morso lungo, faticoso, tenace e difficile da mandare
giù.
Il nostro obiettivo è andare oltre la tradizione,
fidandoci della logica: perché dovrei utilizzare 1 o
2 kg di impasto, quando posso raggiungere lo stesso
volume con la metà del peso?
Pensateci, due teglie 30x40 di focaccia, una contiene
1.5 kg di impasto, l’altra 750 grammi, ma il volume
è lo stesso (ergo, sono alte uguali). È immediato
constatare quale sarà la più leggera, vi pare.
Bene, lo stesso discorso verrà utilizzato per il
casatiello: vogliamo un prodotto ricco ma spumoso,
soffice al punto giusto, con la mollica ben espansa,
uniforme e mai compatta. La pasta dovrà accogliere
e accompagnare la farcitura, senza mai dare l’impressione
di essere pesante, indigesta e poco masticabile.
Vediamo cosa ci serve per raggiungere questo
fantastico obiettivo.
La farina
Il casatiello è un prodotto strano, che possiamo
considerare una miscela di differenti tipologie di
prodotti panificatori.
C’è chi lo considera un pane, ma ha delle sospensioni
che lo portano ad avere attenzioni simili ai grandi
lievitati (per quanto riguarda la maglia glutinica); noi,
per di più, utilizzeremo un processo molto simile a
quello di una focaccia moderna, al fine di raggiungere
la spumosità promessa.
Dati i presupposti, la materia prima principale dovrà
essere anch’essa una via di mezzo: abbastanza
estensibile da risultare di facile stesura, abbastanza
tenace da resistere alla lievitazione esasperata e da
trattenere la grande quantità di farcitura prevista;
un canonico 300 di W andrà quindi benone.
Dimenticatevi farine di tipo 1, integrali o, peggio, di
cereali alternativi; ci serve un impasto ben estensibile
e che non faccia scherzi durante le fasi di riposo,
con un glutine ben equilibrato.
Ma soprattutto, del sapore aggiuntivo della crusca
ce ne faremmo ben poco, visto che sarà sovrastato
da quello degli ingredienti di sospensione.
L’idratazione
Non ci serve chissà che quantitativo di acqua,
dimenticatevi le smanie da teglia romana o le mode
odierne.
Anzi, un’idratazione del 60% in questo caso (come per
le focacce) è un vantaggio ben definito: ci permette
di avere un impasto plastico, poco elastico, che sarà
ben modellabile e non ci renderà difficoltosa la fase
di stesura e formatura.
Avremo poi un ulteriore bonus: la lievitazione sarà
ben equilibrata, senza sbalzi e bolloni localizzati,
che in questa sede renderebbero il prodotto non
gastronomicamente
085
Speciale Pasqua 2022
086
solo brutto da vedere, ma causerebbero una scarsa
omogeneità in cottura.
Lievito e sale
Utilizzeremo del semplice lievito di birra fresco,
reperibile ovunque, in dosi abbastanza consistenti:
1.5% sul peso della farina.
Dovremo infatti assicurarci che il nostro impasto
cresca velocemente durante la seconda fase, permettendoci
di raggiungere in tempi brevi il raddoppio
del volume.
Nel primo step invece, manterremo sotto controllo la
crescita agilmente mettendo l’impasto in frigorifero;
dimenticatevi la leggenda metropolitana che troppo
lievito fa male: non solo verrà esasperato in cottura,
ma possiamo tranquillamente gestire la crescita
controllando la temperatura di esercizio.
Sul sale dobbiamo effettuare un bilanciamento
importante: se da un lato un certo quantitativo è
necessario per stabilizzare la lievitazione e garantire
una buona struttura, dall’altro dobbiamo scendere
dalle solite dosi per evitare che l’insieme risulti troppo
sapido.
Un 2.2% sul peso della farina, quindi, è più che
sufficiente.
Il malto
Non sarebbe un ingrediente previsto, ma potrebbe
darvi una grossa mano nella riuscita del vostro
prodotto finito.
L’uso corretto del malto velocizza fermentazione
e lievitazione, e vista la maggiore presenza di
zuccheri che caramellano durante la cottura, migliora
struttura e colore del casatiello. Il contributo del
malto è fondamentale in presenza di farine con
bassa attività amilasica, di solito inversamente
proporzionale alla sua forza e all’abburattamento
(setacciatura graduale del grano macinato per
ottenere farina di diversa finezza). Le farine integrali
e deboli hanno quindi maggiore potere enzimatico,
chiamato anche potere diastasico.
In commercio esistono diversi tipi di malto, differenti
per potere diastasico e quantità di zuccheri; la
soluzione migliore è l’estratto di malto concentrato
in sciroppo e il malto diastasico in polvere, utilizzabili
in proporzioni di 5:1.
Se non doveste trovarlo, fatene semplicemente a
meno; non è fondamentale, ma non è nemmeno
sostituibile con zucchero o miele.
Grassi sì o no?
Il casatiello della tradizione è un tripudio di grassi:
nella farcia, nell’impasto, persino tra massa stesa
e farcitura.
Eppure, tutto ciò va contro le promesse di un prodotto
spumoso, goloso ma anche scioglievole e leggero;
sia chiaro, non è nostra intenzione trasformare il
casatiello in un prodotto dietetico, ma nemmeno
in un pugno sullo stomaco.
Nell’impasto i grassi, se usati almeno intorno al
6-8% sul peso della farina, rendono l’impasto più
estensibile, malleabile e, avvolgendo le bolle di
anidride carbonica che si formano durante la lievitazione,
le stabilizzano. L’alveolatura diventa così più
omogenea e la struttura della mollica molto soffice.
E tuttavia, in concomitanza con l’evoluzione dei
prodotti moderni e della ricerca di una leggerezza
sempre più accentuata, il loro utilizzo può essere
tralasciato senza particolari conseguenze. I
condimenti generosi e della farcia ne rendono
trascurabile l’apporto aromatico, ma soprattutto
vi garantisco che raggiungeremo una scioglievolezza
identica, se non maggiore, senza alcun utilizzo di
olio, burro o strutto.
Il vero segreto
Ricordate quando parlavamo di pari volume e massa
inferiore?
Bene, un concetto simile si raggiunge fondamentalmente
in due modi:
• Sfruttando correttamente la prima fase di riposo
(puntata), a temperatura controllata in frigorifero,
perché l’impasto raggiunga la giusta estensibilità
e sia perfettamente maneggiabile;
• Eseguendo la seconda fase in teglia (appretto)
nella maniera più efficace possibile, senza
dare troppa retta ai tempi ma controllando la
crescita dell’impasto, che avverrà a temperatura
controllata in cella (o forno spento con la luce
accesa). La vostra massa dovrà raggiungere
il doppio del volume, o ancora meglio un 2.5x;
se sarà troppo poco espansa risulterà più
compatta, mentre se la perderete di vista inizierà
a collassare e avrà punti di cedimento evidenti
e un colore più pallido in superficie.
Azzeccare perfettamente i tempi di riposo è il vero
segreto per una lievitazione perfetta; vi daremo le
indicazioni di massima, ma ricordatevi che la farina,
lo stato del vostro frigo e le condizioni del vostro
impasto potrebbero causare delle differenze più o
meno importanti.
Teglia e cottura
Generalmente, il casatiello viene cotto in uno
stampo apposito a ciambella in alluminio; questo
materiale consente una buona distribuzione di calore,
uniformando la cottura per tutta la superficie.
L’unico punto di attenzione è che, essendo più spesso
di una teglia classica in teflon, impiegherà più tempo
a scaldarsi e potrebbe essere necessario posizionarlo
nella parte bassa del forno se la vostra camera di
cottura scalda poco.
In alternativa potete usare un qualsiasi stampo da
ciambella, ma vale il solito discorso: teglia e forno
diversi potrebbero causare differenze più o meno
importanti nella gestione, quindi sperimentate
senza paura.
gastronomicamente
087
Speciale Pasqua 2022
088
INGREDIENTI
per un casatiello da circa 1 kg
(per uno stampo a ciambella
di 24 cm di diametro):
550 g di farina di grano tenero
di tipo 00 o 0 (300 W);
330 g di acqua;
12 g di sale fino;
8 g di lievito di birra fresco;
2.5 g di malto diastasico in polvere.
Per la farcitura:
150 g di salame napoletano
o salsiccia secca
150 g di provolone
100 g di cicoli (ciccioli)
Pecorino Romano DOP grattugiato q.b.
Pepe nero macinato grosso q.b.
4-6 uova intere per la decorazione
IMPASTAMENTO
L’impasto del casatiello è molto semplice, e può
essere effettuato tranquillamente anche a mano.
In una ciotola, o nella vasca della vostra planetaria
o impastatrice, versate tutta la farina, il lievito
sbriciolato, il malto e quasi tutta l’acqua disponibile
(300 grammi andranno benone).
Considerando la bassa idratazione, che molto
probabilmente è pari o di poco superiore alla
percentuale di assorbimento minimo della vostra
farina, se impastate a mano o in planetaria per
questa volta potete facilitarvi la vita in questo
modo: versate l’acqua nella ciotola (sempre i soliti
300 grammi), poi lievito, malto e infine tutta la
farina.
Avere l’acqua nel fondo vi aiuterà ad amalgamare
meglio il tutto senza avere residui di farina libera
per troppo tempo.
Quando l’impasto inizierà a prendere consistenza,
aggiungete il sale e l’acqua rimanente; chiudete
la massa quando sarà liscia, uniforme e a una
temperatura di 22 °C.
PUNTATA
Prelevate dall’impasto circa 60 grammi, che vi
serviranno per i filamenti che terranno ferme le uova;
appallottolate questa quantità e mettetela in un
piccolo contenitore oliato e chiuso ermeticamente.
Il motivo per cui non lo facciamo a fine lievitazione
è semplice: in questo modo la massa più grande
conserverà la forma, non avrà aperture e sarà più
agevole da stendere.
Oliate un contenitore a chiusura ermetica o
una ciotola, ripiegate l’impasto e posizionatelo
all’interno, oliando leggermente anche la superficie.
Fate attenzione che il volume del vostro recipiente
sia sufficiente a contenere l’espansione della massa,
che triplicherà durante il tempo di riposo.
Lasciatelo a temperatura ambiente per 30-45
minuti, poi in frigorifero a 6 °C dalle 12 alle 18 ore.
Se non avete il controllo digitale nel vostro frigo,
l’ultimo ripiano in alto in genere va benone, a
meno che il vostro elettrodomestico non perda
temperatura troppo facilmente.
Non dimenticatevi di mettere in frigo anche il
contenitore con i 60 grammi di impasto, mi
raccomando.
FORMATURA E FARCITURA
Circa 2 ore prima di cuocere, togliete il contenitore
dal frigorifero e rovesciatene il contenuto sul
piano da lavoro cosparso di semola rimacinata
gastronomicamente
089
di grano duro, per poi versarne dell’altra sull’impasto;
uniformate bene la semola e premete leggermente
con il palmo della mano per appiattire la massa,
agevolando il lavoro successivo.
A questo punto spostate il tutto in una zona priva
di semola, togliete l’eccesso, infarinate il mattarello
e iniziate a stendere il panetto fino a creare un
quadrato di circa 40 cm, dallo spessore il più possibile
uniforme; se l’impasto sembra appiccicare al piano,
spolverate poca semola e proseguite.
Il mattarello potrà sembrarvi una bestemmia, ma
in realtà è di fondamentale importanza per impasti
di questo tipo.
suo interno il filone; testate nuovamente lo spessore,
spostando massa e premendo leggermente se
necessario, per poi sigillare le estremità.
Prendete 4 uova dello stesso peso e ponetele verticalmente
in 4 punti ben distanziati del casatiello,
esercitando una leggera pressione in modo che l’uovo
penetri nell’impasto per circa ¼ della sua lunghezza.
Recuperate l’impasto che avete messo nel contenitore
separato, dividetelo in 8 parti uguali e ricavate
altrettanti filoncini di circa 8-10 cm arrotolandoli
con i palmi delle mani; posizionatene quindi 2 per
ogni uovo, a croce, in modo da fermarle durante
riposo e cottura, e sigillate le estremità sull’impasto
alla base.
Speciale Pasqua 2022
090
Durante la puntata la massa ha raggiunto l’estensibilità
necessaria per essere steso senza problemi
anche dalle vostre mani; il punto è che senza l’utilizzo
del mattarello rischiereste di avere punti sparsi dove
i gas della prima lievitazione si accumulano, creando
disomogeneità ma soprattutto camere d’aria, che
non solo sono anti-estetiche, ma rischiano di darvi
un risultato meno uniformità in cottura.
Grazie a questo strumento del demonio, il vostro
impasto sarà invece quasi completamente privo dei
gas della puntata, che recupererà tranquillamente
nella fase successiva di lievitazione.
Una volta raggiunta la dimensione desiderata,
assicuratevi che l’impasto si stacchi bene dal piano
(muovetelo leggermente), e se necessario spolverate
poca semola nei punti più critici.
A questo punto siete pronti per farcire: distribuite
uniformemente tutto il ben di Dio preparato in
precedenza (salame o salsiccia, provolone a dadini,
cicoli, Pecorino e pepe nero) sul vostro lenzuolo,
lasciando circa 3 cm vuoti dai lati superiori per evitare
che, arrotolando, la farcitura fuoriesca. Non lasciate
spazio invece lateralmente, in quanto saranno i
punti di chiusura della ciambella e rischiereste di
avere una zona senza condimento.
Perfetto, ora siete pronti per arrotolare; partendo
dal basso, iniziate a rivoltare piano piano l’impasto
formando un filoncino ben saldo e il più uniforme
possibile.
Se doveste notare dei punti più spessi a fine lavoro,
niente paura: pressate leggermente e cercate di
ridurre la zona in modo che sia equilibrata con il
resto del filone.
Imburrate per bene il vostro stampo e appoggiate al
APPRETTO
Il vostro impasto dovrà più che raddoppiare, raggiungendo
quasi 2.5 volte il suo volume iniziale.
Perché il tutto avvenga più agevolmente, posizionate
il casatiello al caldo, a 26-28°C; il luogo ideale è il
vostro forno spento con la luce accesa.
Mettete sul fondo un pentolino di acqua calda, in
modo che il vapore eviti la formazione della crosta
superiore durante la lievitazione.
Lasciate quindi il casatiello a riposare per circa 2
ore, fino a volume raggiunto.
COTTURA
Vi darò dei parametri di base, ma tenete presente
che potrebbero variare a seconda del funzionamento
del vostro forno.
Preriscaldate a 175°C in modalità statica, e posizionate
lo stampo nel livello più basso del forno; cuocete in
questo modo per 75 minuti, controllando di tanto
in tanto.
Se la parte superiore fatica a prendere colore potete
portare la teglia nella parte alta negli ultimi 10-15
minuti; viceversa, se prende troppo colore, abbassate
il tutto o diminuite la temperatura.
Il casatiello è pronto quando raggiunge al cuore i
90°C; sfornatelo e lasciatelo intiepidire, dopodiché
toglietelo dallo stampo e appoggiatelo su una griglia
rialzata fino a raffreddamento compiuto.
RINVENIMENTO, MANTENIMENTO E SERVIZIO
Il casatiello si conserva senza problemi durante la
giornata, mentre inizia a perdere friabilità nei giorni
successivi; il mio consiglio è di coprirlo accuratamente
o avvolgerlo nella pellicola se consumato l’indomani.
Per periodi più lunghi, congelatelo senza indugio.
Rinvenirlo è molto semplice: riscaldatelo a 180 °C per
10-12 minuti (intero o porzionato), 15-18 se congelato.
gastronomicamente
091
Pastiera
di grano
LA RICETTA SCIENTIFICA
a cura di ROSSELLA NEIADIN
Speciale Pasqua 2022
092
Io vorrei capire chi l’ha sancito, chi ha decretato
che a Pasqua la pastiera di grano va regalata
per forza. Temete la zia Maria pure quando porta
doni, perché sicuro è una pastiera cruda, ve
lo dico io.
Che poi è pure un dolce difficile da preparare.
Glielo avete chiesto voi di presentarsi bussando
coi piedi? Per quanto mi riguarda può pure bussare
a quattro mani, con la testa e con il petto,
basta che se la magna lei quella porcheria.
Lo so, state pensando che sono un po’ caustica,
sferzante, ma vi garantisco che il livore
è ampiamente giustificato. Ho visto ruoti che
voi umani non potete neanche immaginare:
stampi che celavano pastiere flosce ripiene di
Gaviscon, frittate dolci in crosta di pane, c’era
pure quella gusto Acqua di Parma. Certa gente,
mescolando un po’ di zucchero e ricotta nella
betoniera di casa, riesce a fabbricare dolci partenopei
che ti fanno venir voglia di essere nato
a Bolzano.
E metti via quella pastiera
Come dice Tananai, tranquilli noi, tranquilli mai,
perché con la pastiera non si riesce a star sereni.
Cucinare male è umano e ordinare delivery è
diabolico, ma se si riflette su un paio di cose e si
utilizzano gli strumenti giusti, sopravvivere allo
spicchio molle al sapor di zampirone diventa
facile.
Vi racconto come è andata a me.
gastronomicamente
093
La pasta frolla magra (lei)
Non tutte le frolle sono uguali e la più adatta alla pastiera è quella “magra”, cioè
preparata con uova intere, leggermente elastica, dalla friabilità moderata e con
una percentuale di zucchero media. Con questa ricetta si ricava un guscio duro e
croccante, perché i cristalli dello zucchero, mescolandosi con il burro e con gli amidi,
rendono l’impasto adatto per essere riempito. Non fatevi ingannare dal nome eh,
risulta leggermente dolce, vetrosa (per via della quantità di zucchero) e resistente
agli urti.
La frolla magra si prepara col “sistema inverso”: in pratica la materia grassa (burro)
viene lavorata assieme alla farina fino ad ottenere una massa che abbia una consistenza
simile alla sabbia, quindi si unisce l'ingrediente liquido (acqua, latte, uova)
e lo zucchero alla fine.
Che succede in questo processo? La parte grassa ricopre le particelle di farina che
si trovano così impermeabilizzate. Le proteine della farina, rinchiuse in queste pallottoline
rivestite di unto, rimangono intrappolate e non rischiano, dopo l’idratazione
della pasta, di bagnarsi e di trasformarsi in glutine, dando corpo alla pasta.
L’acqua o le uova, a seconda dei casi, vengono aggiunte per legare il tutto.
Speciale Pasqua 2022
094
Gli ingredienti della frolla magra
FARINA
È importante utilizzarne sempre una debole,
con un indice proteico del 10-11%,
per evitare la benedetta formazione di
una rete di glutine elastica e fastidiosa,
che viene comunque inibita dalla presenza
massiccia di grasso.
BURRO
La scelta della materia grassa (burro,
strutto) dipende da due cose: da quanto
è esigente il nostro palato e dalla temperatura
della cucina di casa nostra. Io preferisco
il burro alla strutto perché è molto
più facile da maneggiare, soprattutto coi
primi caldi stagionali, poiché ha un punto
di fusione più alto.
Il ruolo del burro è quello di ridurre la forza
della farina, rendendo l'impasto friabile:
in base alla quantità aggiunta, non risulterà
più coriaceo ma delicato e cedevole
sotto i denti. Il grasso, si sa, riesce a fissare
gli aromi e la presenza di lattosio riesce
a “colorare” la pasta durante la cottura.
Dove sbagliamo e perché
ZUCCHERO
Zucchero semolato o a velo, scegliete
quello che vi piace di più, con la consapevolezza
che restituiranno risultati diversi.
Quello semolato raffinato, vi darà una
pasta con cristalli di zucchero ancora interi,
che potrebbero provocare lo “strappo”
della pasta, soprattutto se sono grossi.
Se utilizzate lo zucchero a velo la pasta
non avrà bisogno di riposo prolungato e
non rischierà di spaccarsi. Meglio, no?
SALE
Aggiunge sapore e facilita la colorazione
della pasta durante la cottura. Meglio
utilizzarlo sciolto in acqua o nelle uova.
UOVA
Favoriscono l’emulsione tra zucchero e
materia grassa, sciolgono lo zucchero e
servono ad idratare la farina. Senza uova,
l’impasto non diventerebbe mai liscio
e sodo, ve lo potete scordare. Durante
la cottura, le proteine dell’uovo coagulano
legando la pasta e formando così
una struttura uniforme. Si possono anche
sostituire in parte con altri liquidi, ad
esempio latte o acqua, ma questo gioco
di parti darà come risultato un impasto
molto più fragile.
State preparando l’impasto e c’è burro pure sul soffitto?
Forse l’ambiente è troppo caldo o avete lavorato troppo la pasta.
Avete cotto la pastiera e la frolla vi ha spaccato un incisivo?
Vuol dire che c’è troppo zucchero. Succede quando si usa lo zucchero semolato, che non
si scioglie del tutto durante la lavorazione e rende la massa vetrosa in cottura.
La pasta si “strappa” e non solo lei?
C’è troppo grasso oppure i cristalli di zucchero sono troppo grossi.
La pasta si ritira come i jeans?
Avete impastato per troppo tempo: le proteine della farina hanno cominciato a “lavorare”
con i liquidi e si è formata la maglia glutinica.
gastronomicamente
095
C’è del ripieno nello zucchero!
gli ingredienti della crema
Speciale Pasqua 2022
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UOVA
Servono a reidratare il grano, ricchissimo
di amido. L’albume contiene l’88% di acqua,
mentre i tuorli (grazie alla lecitina e
alle proteine leganti) fanno da emulsionante
tra gli ingredienti.
GRANO
Contiene il 60% circa di amidi, 15% di proteine,
15% di acqua, 5% di zuccheri (destrine)
e 5% di sali minerali. Meglio usare
grano tenero, al supermercato si trova
quello già cotto, che facilita e soprattutto
accorcia di brutto i tempi di preparazione.
RICOTTA
È preferibile utilizzare quella di pecora,
più saporita di quella vaccina e con l’11%
di grassi. Prima di aggiungerla alla crema
è meglio lasciarla colare in frigorifero
in un panno o in un setaccio a maglia
stretta. Il siero in eccesso rischierebbe di
rovinare il ripieno e inumidirebbe troppo
la frolla (questo processo prende il nome
di “sineresi”).
Se potete, sostituite la ricotta ovina con
quella di bufala. Nella pastiera non ha rivali
perché la percentuale di grassi arriva
al 17,3%: più grasso = più gusto e più cremosità.
ZUCCHERO
La prima cosa che si nota spulciando tra
le ricette tradizionali è la proporzione tra
lo zucchero ed il resto degli ingredienti, a
volte il rapporto arriva 1:1 con la ricotta.
La pastiera, come tutti i dolci antichi, nasce
per essere conservata a temperatura
ambiente e il saccarosio è senza dubbio
funzionale al suo mantenimento. Meno
male che nel ‘900 ci hanno installato gli
impianti elettrici e non dobbiamo più
mettere le torte nella madia. Ci possiamo
persino permette di ridurre certe quantità
folli di zucchero.
AROMI
C’è chi predilige l’olio essenziale, l’acqua
di fiori d’arancio e chi quella di millefiori,
chi aggiunge l’essenza di vaniglia e chi la
cannella. Se mal dosati, diventano tutti
ingredienti pericolosissimi, un grammo in
più e la pastiera avrà quel distinto aroma
di acqua di colonia. Senza contare i prezzi
folli: un litro di olio essenziale di Neroli
puro (fior d’arancio amaro) costa circa
10.000 euro.
Data la potenziale nocività, prima di aggiungere
aromi al ripieno leggete bene le
etichette! L’olio essenziale che ho comprato
io va prima diluito in un olio “vettore”
(tipo di riso o di semi) unendo 5 gocce
di olio essenziale a 10 ml di olio vegetale.
L’olio al 2% così ottenuto va poi centellinato:
1 goccia per ogni 100 ml di liquido.
gastronomicamente
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Gli strumenti furbi
La pastiera va cotta in una teglia in alluminio piuttosto
sottile e svasata, creata appositamente per lei. In
commercio ne esistono di vari tipi, vanno dai 3.5cm di
altezza ai 6cm. Io ho scelto una teglia tonda da 24cm
alta 5cm che ha una particolarità: tanti piccoli fori sul
fondo e sui bordi che scongiureranno l’effetto bagnato
ed assicureranno una cottura omogenea.
La cottura
In origine l’unica cottura consentita era quella a legna.
Immaginate queste donne in fila dal fornaio con marmocchi
al seguito per cuocere i propri dolci, ognuno segnato
da una sigla distintiva, casomai Peppinella manolesta
ne rubasse una. Ora le pasticcerie prediligono
una cottura violenta, a 190°C/200°C, mentre a casa si
tende ad abbassare il termostato a 170°C/175°C.
Due giorni prima...
Prima di lanciarmi nell’impresa, metto a bagno 500 grammi
di grano in chicchi in una pentola riempita di acqua
a temperatura ambiente. Mi pareva troppo semplice e
poco utile rimediare col grano già cotto in barattolo, per
cui sono andata nella bottega di cibo biologico di fiducia
e ho arraffato un sacchetto di Triticum vulgare (trovate il
grano anche nei supermercati più forniti oppure online).
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Lascio il grano a bagno in un luogo fresco e asciutto per
48 ore e cambio l’acqua mattina e sera. Scolo i chicchi,
li copro con acqua seguendo le indicazioni in etichetta
e li schiaffo sul fuoco. Devono cuocere fin quando non
appaiono stremati, devono risultare completamente disfatti.
Continuo a brasarli fin quando non chiedono pietà,
perché devono “scoppiare” come popcorn. A quel punto
spengo e metto da parte.
gastronomicamente
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ingredienti
Dose per 2 pastiere da 24 cm
e alte 5 cm
Per la pasta frolla magra
• 500 g di farina debole
(150-180W)
• 250 g di burro (o 200 g di
strutto)
• 200 g di zucchero a velo
• 100 g di uova (circa 2)
• 2,5 g di sale
• 1 bacca di vaniglia
Madagascar
opzionali
• 2 g di buccia di limone non
trattato grattugiata
• 2 g di buccia d’arancia non
trattata grattugiata
Per il ripieno
• 700 g di ricotta di bufala
• 500 g di zucchero semolato
• 400 g di grano già cotto o in
barattolo
• 270 g di uova intere (circa 5
uova medie)
• 40 g di tuorli (circa 2)
• 100 ml di latte intero
• 100 ml di panna fresca
• 1 bacca di vaniglia
Madagascar
• zeste di 1 limone non trattato
• 100 g di scorza d’arancia
candita a cubetti
• 50 g di scorza di limone o
cedro candito a cubetti
• olio essenziale di Neroli (io ho
seguito le indicazioni come da
confezione) o 50 ml di acqua
di fior d’arancio
• 0.5 g di cannella in polvere
procedimento
Il grano è bello che cotto, ma per renderlo
cremoso e profumato è necessaria una
scaldatina ulteriore. Verso nella pentola
100 ml di latte intero, 100 ml di panna
fresca e metto in infusione la buccia di un
limone privata della parte bianca (ho usato
il pelapatate). Faccio cuocere a fiamma
dolce fino ad ottenere una crema, lascio
raffreddare completamente e mi dedico
alla preparazione della frolla magra.
Comincio a lavorare la farina con il burro
tagliato a cubetti all’interno della planetaria
con la frusta piatta, a velocità bassa, fino ad
ottenere una sorta di sfarinato. Aggiungo
le uova intere battute con il sale e chiudo
con lo zucchero a velo e la polpa di vaniglia.
Spengo non appena la pasta accenna a
formarsi, non deve montare per nessuna
ragione. Inutile dire che la faccenda si può
realizzare anche a manina, lavorando burro
e farina con due spatole in acciaio. Una
volta trasformato tutto in segatura si fa
la fontana di rito, si aggiungono le uova
addizionate col sale e lo zucchero, si impasta
velocemente fino ad amalgamare tutti gli
ingredienti e la frolla è pronta.
Avvolgo il panetto nella pellicola e lascio
riposare in frigorifero per 12 ore, l’attesa serve
al burro per ri-cristallizzare, alle polveri per
idratarsi e all’impasto per rilassarsi.
Nel frattempo setaccio la ricotta in un colino
a maglia fine, la lavoro con lo zucchero
semolato, quindi aggiungo le uova ed i tuorli
leggermente battuti con una forchetta, il
grano cotto nel latte, l’estratto di vaniglia,
l’olio essenziale di Neroli, la cannella ed i
canditi tagliati a cubetti piuttosto piccoli.
Speciale Pasqua 2022
Metto da parte e comincio a stendere la
frolla su un piano leggermente infarinato ad
uno spessore di 4/5 mm. Ungo leggermente
il fondo dello stampo forato per veicolare
il calore del forno e fodero con la “pettola”
di pasta appena stesa. Verso all’interno
la crema di ricotta e grano fino a mezzo
centimetro dal bordo e completo incrociando
sette strisce di pasta larghe un paio di
centimetri (4 sotto e 3 sopra), fino a formare
dei rombi.
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Cuocio a 170° nella parte bassa del
forno, solo sotto nella
prima mezz’ora di cottura. Continuo
azionando anche le resistenze in alto e
spengo soltanto quando la superficie
della pastiera diventa di un bel colore
ambrato. Ammiro il disco volante che
diventa uno Zeppelin, la pastiera in
cottura si gonfia moltissimo vista la
quantità massiccia di liquidi e uova. In
totale ci vorranno circa 60-90 minuti
di cottura.
Per essere sicura che sia andato
tutto nel verso giusto, inserisco un
termometro a sonda nel cuore del
dolce, bucandolo in un posticino
nascosto. La temperatura non deve
mai superare gli 85°C, o altrimenti si
rischia una sovracoagulazione delle
uova.
Lascio intiepidire per qualche minuto
in forno con lo sportello leggermente
aperto, quindi spolvero con pochissimo
zucchero a velo vanigliato. Col calore
si scioglierà completamente fino a
formare, col passare delle ore, quella
patina lucida appiccicosetta tipica
della pastiera.
La tradizione vorrebbe tre giorni di
riposo al buio prima dell’assaggio, ma
chi sono io per tenervi lontani dalla
teglia? Scommetto che se Gesù avesse
saputo che la pastiera era pronta,
sarebbe risorto prima.
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Apri la mente
prima della bocca