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WineCouture 1-2/2023

WineCouture è la testata giornalistica che offre approfondimenti e informazione di qualità sul vino e quanto gli ruota attorno. È una narrazione di terroir, aziende ed etichette. Storytelling confezionato su misura e che passa sempre dalla viva voce dei protagonisti, dalle riflessioni attorno a un calice o dalle analisi di un mercato in costante fermento. WineCouture è il racconto di un mondo che da anni ci entusiasma e di cui, con semplicità, vogliamo continuare a indagare ogni specifica e peculiare sfumatura, condividendo poi scoperte e storie con appassionati, neofiti e operatori del comparto.

WineCouture è la testata giornalistica che offre approfondimenti e informazione di qualità sul vino e quanto gli ruota attorno. È una narrazione di terroir, aziende ed etichette. Storytelling confezionato su misura e che passa sempre dalla viva voce dei protagonisti, dalle riflessioni attorno a un calice o dalle analisi di un mercato in costante fermento. WineCouture è il racconto di un mondo che da anni ci entusiasma e di cui, con semplicità, vogliamo continuare a indagare ogni specifica e peculiare sfumatura, condividendo poi scoperte e storie con appassionati, neofiti e operatori del comparto.

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NUMERO 1/2<br />

Anno 4 | Gennaio-Febbraio <strong>2023</strong><br />

Poste Italiane SPA - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (convertito in Legge 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, LO/MI - In caso di mancato recapito inviare al CMP di Milano Roserio per la restituzione al mittente previo pagamento resi.<br />

HORECA AVANTI TUTTA<br />

HORECA AVANTI TUTTA<br />

MERCATO, PROSPETTIVE E NOVITÀ <strong>2023</strong> A CATALOGO


2<br />

“Al diavolo i missili…”<br />

“Damn the torpedoes, full speed ahead”: “Al diavolo<br />

i missili, avanti a tutta forza”.<br />

È con una citazione dell’ordine che fece la fortuna<br />

dell’ammiraglio unionista David Farragut<br />

nella battaglia di Mobile Bay, durante la Guerra<br />

Civile Americana, che vogliamo iniziare questo<br />

<strong>2023</strong>, anno quattro per <strong>WineCouture</strong>.<br />

Ed è un incoraggiamento a osare, quello che desideriamo<br />

condividere con tutti i protagonisti<br />

del mondo del vino. A non tirarsi indietro, ma<br />

a rilanciare. Nonostante lo spettro dell’inflazione,<br />

che continua a incombere. Nonostante gli<br />

orizzonti di guerra, che non sembra voler abbandonare<br />

il mondo. Nonostante le difficoltà<br />

d’approvvigionamento per le materie prime, che<br />

complicano la quotidianità. Nonostante il clima,<br />

che mette a dura prova chi lavora tra i filari. Nonostante<br />

le sciagurate etichette salutiste irlandesi,<br />

che vorrebbero negare quel che è il piacere di un<br />

buon calice. Eppure, nonostante tutto, la realtà<br />

intorno a noi non smette di far germogliare semi<br />

di speranza. Perché mai come oggi si è venduto<br />

così tanto. Perché mai come oggi assistiamo alla<br />

nascita di innovativi progetti, in vigna e in cantina.<br />

Perché mai come oggi c’è attenzione e voglia<br />

d’imparare a bere bene. Perché mai come ora ci<br />

sono possibilità da cogliere nel mondo e nuovi<br />

strumenti per farlo. E, dunque: “Al diavolo i missili,<br />

avanti a tutta forza”. È tempo di mollare gli<br />

ormeggi e lasciare dietro di sé ogni paura. Noi<br />

saremo qui, a raccontarvi tutto il bello di un universo<br />

che ogni giorno regala qualcosa di nuovo<br />

da scoprire: iniziando dalla prossima pagina.<br />

04 Interni d’autore. Fine Wine: il mercato e le<br />

prospettive <strong>2023</strong><br />

08 On Air. iDelawine, oltre le aste c’è di più.<br />

Intervista ad Angélique de Lencquesaing<br />

10 Giramondo. Dov’è oggi e dove sta<br />

andando la Valpolicella<br />

SOMMARIO<br />

15 Trade. Il fuori casa e le novità <strong>2023</strong> a<br />

catalogo, con focus su Meregalli e Sagna<br />

WINECOUTURE - winecouture.it<br />

Direttore responsabile Riccardo Colletti<br />

Direttore editoriale Luca Figini<br />

Coordinamento Matteo Borré (matteo.borre@nelsonsrl.com)<br />

Marketing & Operations Roberta Rancati<br />

Contributors Francesca Mortaro, Andrea Silvello,<br />

Irene Forni<br />

Art direction Inventium s.r.l.<br />

Stampa La Terra Promessa Società Cooperativa<br />

Sociale Onlus (Novara)<br />

24 Focus On. Rosé senza stagioni: viaggio al<br />

cuore di un fenomeno<br />

Editore Nelson Srl<br />

Viale Murillo, 3 - 20149 Milano<br />

Telefono 02.84076127<br />

info@nelsonsrl.com<br />

www.nelsonsrl.com<br />

Registrazione al Tribunale di Milano n. 12<br />

del 21 Gennaio 2020 - Nelson Srl -<br />

Iscrizione ROC n° 1172376 del 5 Febbraio 2020<br />

Periodico bimestrale<br />

Anno 4 - Numero 1/2 - Gennaio/Febbraio <strong>2023</strong><br />

Abbonamento Italia per 6 numeri annui 30,00 €<br />

27 Champagne. Il luminoso risveglio della<br />

Grand Vintage 2015 Moët & Chandon<br />

L’editore garantisce la massima riservatezza<br />

dei dati personali in suo possesso.<br />

Tali dati saranno utilizzati per la gestione degli<br />

abbonamenti e per l’invio di informazioni<br />

commerciali. In base all’art. 13 della Legge<br />

n° 196/2003, i dati potranno essere rettificati<br />

o cancellati in qualsiasi momento scrivendo a:<br />

Nelson Srl<br />

Responsabile dati Riccardo Colletti<br />

Viale Murillo, 3<br />

20149 Milano<br />

Immagine di copertina - Sopra: hayffield - unsplash. Sotto: javier-balseiro - unsplash


3<br />

Un racconto<br />

di due mondi<br />

Viaggio al cuore di Rapitalà, la Sicilia nel calice<br />

da un punto di vista francese<br />

U<br />

na vita non è sufficiente per riassumere la storia<br />

e la filosofia di Rapitalà. Perché tre sono<br />

le esistenze che definiscono i tratti della più<br />

francese tra le cantine siciliane. Tre vite, che<br />

danno forma a due generazioni (che in realtà<br />

sarebbero tre, a contare sul lato paterno un Muscadet della<br />

Loira la cui memoria si perde nelle nebbie del tempo) di<br />

un racconto siculo-bretone in vigna, la cui sintesi<br />

è oggi la visione che Laurent Bernard de la<br />

Gatinais (in foto) preserva in sé, “avendo<br />

ereditato i migliori difetti di entrambi i<br />

mondi”, come scherzosamente sottolinea<br />

a <strong>WineCouture</strong>. Gli altri due<br />

protagonisti da conoscere sono i genitori<br />

dell’attuale presidente della Tenuta<br />

che, al cuore della Doc Alcamo,<br />

si estende per 260 ettari (“comprensivi<br />

del recente riacquisto di una porzione<br />

di terra, la dote di zia Maruzza, venduta<br />

dal bisnonno materno per maritare la prima<br />

figlia”), di cui 176 vitati: il conte Hugues Bernard de la<br />

Gatinais e sua moglie Gigi Guarrasi. Perché è necessario<br />

andare alle radici, alle origini della storia, per comprendere<br />

i vini che oggi nascono in questa terra il cui nome, richiamo<br />

dell’arabo Rabat-Allah, “giardino di Allah”, testimonia<br />

quella che ne è la vocazione fin dall’antichità. Un racconto<br />

che prende il via per “colpa” di una bocciatura alla maturità<br />

e a una famiglia palermitana che offre alla figlia di due<br />

DI MATTEO BORRÈ<br />

cari amici la possibilità di prendere il posto del ripetente<br />

in un viaggio in Bretagna agli inizi degli anni ’60. È questa<br />

la scintilla che innesca un susseguirsi di eventi che porta,<br />

nonostante l’ammonimento di uno zio che la ospitava in<br />

casa di “non osare neanche guardare la ragazza siciliana”, il<br />

giovane ufficiale della marina francese Hugues Bernard de<br />

la Gatinais a incontrare Gigi Guarrasi. Passano pochi anni<br />

e i due si sposano, con il conte bretone che viene<br />

“importato” al sole di Sicilia esattamente<br />

in quell’anno 1968 quando la zona dove<br />

sorge Rapitalà è sconvolta dal terremoto<br />

del Belice. A farne le spese anche<br />

la cantina, di proprietà della famiglia<br />

Guarrasi fin dal 1800, che tuttavia<br />

non solo rinasce come rinasce il ramarro,<br />

ma nella sua autorigenerazione<br />

dà inizio a un nuovo e inedito cammino.<br />

È quello che conduce fino all’oggi<br />

di una realtà che è nutrimento, economico<br />

ma anche per la cura che l’azienda riserva alla<br />

salvaguardia ambientale, per un intero territorio. Con<br />

la splendida contraddizione della perfezione disegnata<br />

dalle geometrie di filari che fa da specchio a strade d’accesso<br />

complicate, quasi a voler celare il tesoro. Una Sicilia<br />

che non ci si aspetta, a ribadire il suo essere continente in<br />

miniatura, nelle mille sfumature dell’isola, quando si parla<br />

di vino, di vigne d’altitudine, corpo unico che si estende<br />

tra i 300 e i 600 metri s.l.m. Ed è quest’ultimo un elemen-<br />

to decisivo da tenere bene a mente, perché è la chiave del<br />

fattore “freschezza” che si dipana come fil rouge nel calice<br />

tra le produzioni Rapitalà. Vini siciliani, certo, ma dall’anima<br />

transalpina. “Con Rapitalà bevi la Sicilia da un punto<br />

di vista francese”, spiega Laurent Bernard de la Gatinais.<br />

“È una storia facile da comprendere, quella svelata da ogni<br />

etichetta. Ma, attenzione: questo non significa che siano<br />

racconti banali o di scarso interesse”. Già, perché ognuno<br />

degli oltre 100 appezzamenti in cui è suddiviso il vigneto<br />

rappresenta la tessera di un affascinante mosaico siciliano,<br />

dalle differenti sfumature organolettiche ma con uno stile<br />

unico: quello Rapitalà. “Ogni filare ha il suo vino”, riprende<br />

de la Gatinais. “Cerchiamo di vinificare ogni appezzamento<br />

singolarmente, arricchendo quella che diviene poi<br />

come la credenza di uno Chef. Questo, per disporre di tutti<br />

gli ingredienti su cui plasmare la ricetta capace di esaltare<br />

le potenzialità di ciascuna tessera del mosaico”. Bianchi o<br />

rossi che siano, sono vini fratelli, quelli di Rapitalà, ma di<br />

ciascuno è riconoscibile identità e specifico profilo. E se<br />

Hugues Bernard de la Gatinais fu tra i primi a piantare vitigni<br />

internazionali in Sicilia, la partita si è sempre giocata<br />

su due tavoli, con interpretazioni assolutamente peculiari<br />

anche degli autoctoni isolani. E, una volta assaggiati, non<br />

si può non diventare ambasciatori di questi vini. Innanzitutto,<br />

per la loro estrema modernità. “Non è una Sicilia Barocca,<br />

opulenta”, evidenzia Laurent Bernard de la Gatinais.<br />

“È una Sicilia più elegante, raffinata, diversa: sia il terroir,<br />

sia la nostra storia lo testimoniano. Lo si capisce bene col<br />

Nero d’Avola, che si allontana da un’immagine o da tratti<br />

pomposi”. È un racconto, quello dei vini firmati Rapitalà, di<br />

emozioni e momenti perfetti per godere di ogni etichetta:<br />

cartoline che rimandano a una spiaggia, al sole e alla brezza<br />

marina estiva, oppure istantanee di casa, con la condivisione<br />

di un calice mentre si cucina. “Sapidità e mineralità sono<br />

i due fattori che il terroir regala ai nostri vini”, sottolinea de<br />

la Gatinais. “A cui si aggiungono le spezie sui rossi: queste<br />

le tre caratteristiche chiave per procedere nella lettura”. E<br />

poi la freschezza di cui si accennava prima, a fare da collante.<br />

Dall’annata 2021, tutti i vini sono anche bio. “La nostra<br />

naturale evoluzione era quella, la vera sfida del biologico è<br />

stata in cantina”, spiega il presidente di Rapitalà. “Perché<br />

erano i nostri vini che dovevano diventare biologici senza<br />

perdere la loro personalità e qualità”. E il terroir ha risposto<br />

alla perfezione. “C’è chi ha detto che oggi i vini sono<br />

più sexy: è vero. Sono più coinvolgenti e hanno un equilibrio<br />

migliore di prima, un’armonia che ha limato ogni<br />

precedente spigolatura”. È il know-how ad aver fatto anche<br />

in questo caso la differenza. “Per noi crescere significa trasferimento<br />

di conoscenze”, spiega de la Gatinais. “Abbiamo<br />

imparato a non fare: ma occorre apprendere prima di stabilire<br />

cosa si può togliere mantenendo la stessa qualità. E da<br />

sempre, nel nostro DNA c’è questa prospettiva di osservare<br />

le cose nella loro interezza, così da poi definire il cammino<br />

da seguire”. Oggi, in Rapitalà, si conosce il cosa, il dove e il<br />

quando, in ogni aspetto del lavoro. “Obiettivo agronomico<br />

ed enologico procedono di pari passo e c’è sinergia tra la<br />

visione di chi guida, la mano di chi sta in cantina, l’occhio<br />

di chi è in vigneto: i nostri, infatti, sono i vini di Rapitalà,<br />

perché frutto del lavoro di una squadra, non di un singolo”.<br />

Ed è così che nascono profili spesso difficilmente catalogabili,<br />

che spiccano per modernità, con la loro snellezza e<br />

freschezza a vestire anche i vitigni più tradizionali. Come<br />

testimoniano etichette quali il Bouquet Bianco, che sottolinea<br />

come anche in Sicilia possano nascere vini aromatici,<br />

il Nuhar, che esprime la misteriosa eleganza del connubio<br />

tra Pinot Noir e Nero d’Avola, il “supersicilian” Hugonis,<br />

dove il vitigno principe isolano a bacca rossa si cela dietro<br />

il Cabernet Sauvignon, o lo Chardonnay Conte Hugues,<br />

che mantenendosi saldo nel solco tracciato dal “proprio”<br />

profilo di tostatura delle barrique di quercia francese in cui<br />

affina, definisce un vino di un altro mondo ma impossibile<br />

da ricondurre ad altri universi per via della sua inimitabile<br />

identità. Un discorso, questo delle singole personalità, che<br />

vale anche per gli autoctoni Nero d’Avola Alto Reale, Catarratto<br />

Vigna Casalj o Grillo Viviri. Per un racconto di due<br />

mondi da leggere e godere, sorso dopo sorso.<br />

PRIMO PIANO


4<br />

Q<br />

ualcosa è cambiato nel mercato dei fine wine in Italia dopo la pandemia<br />

da Covid-19. Finita la “sbornia” della Gdo, con gli exploit registrati<br />

in tempi di lockdown al supermercato, il vento è tornato a<br />

soffiare prepotente in direzione dell’universo Horeca, con il terzo<br />

incomodo e-commerce, in ascesa tra i canali di vendita, a fare insistentemente<br />

capolino. A dirlo sono i numeri della fotografia scattata<br />

dall’Osservatorio Wine Monitor 2022 Nomisma, realizzato per<br />

Istituto Grandi Marchi, che racconta cosa è mutato negli acquisti di<br />

vini di alta gamma negli ultimi 12 mesi, all’interno di uno scenario<br />

di mercato caratterizzato in particolare da una ripresa dei consumi<br />

fuori casa, nonostante l’inflazione. Nel corso del 2022, infatti, grazie<br />

in primis alla ripresa dei flussi turistici, si è assistito a uno spostamento<br />

dei consumi dalle mura domestiche a ristoranti e luoghi di<br />

ritrovo e socialità. Con il ritrovato andamento che ha visto coinvolti<br />

indistintamente vini rossi, bianchi e bollicine, mentre restano stabili<br />

le vendite dei rosati, che però costituiscono una percentuale minima<br />

nel quadro generale.<br />

“Dai risultati dell’analisi sulle vendite in Gdo per fascia di prezzo<br />

sembra emergere una sensibile attenzione dei consumatori verso i<br />

fine wine durante la pandemia, determinata più dalla necessità che<br />

da un reale interesse”, osserva Denis Pantini, responsabile Wine<br />

Monitor Nomisma, in merito a quello che è stato lo scenario 2022<br />

delle vendite della categoria. “Ma con il ritorno ai consumi fuori<br />

casa, gli italiani hanno ripreso gli acquisti di vino pregiato presso<br />

i canali tradizionali come enoteche e ristoranti. D’altronde, l’identikit<br />

dell’acquirente italiano di vini in Gdo (Iper e Super) evidenzia<br />

caratteristiche che in termini di preferenze di acquisto tendono a<br />

privilegiare l’acquisto in promozione (ancora più evidente quando<br />

questo riguarda i fine wine) mentre attribuiscono meno rilevanza ai<br />

brand famosi nella scelta dei vini”. Ma cosa intende il consumatore<br />

italiano per “fine wine”? E quanto è disposto realmente a pagare per<br />

un vino di alta gamma?<br />

Cosa definisce un fine wine per gli italiani<br />

L’analisi dell’Osservatorio Wine Monitor 2022 spiega come, a detta<br />

degli italiani, la qualità eccellente (64% delle risposte), il prezzo elevato<br />

(61%) e il fatto che sia prodotto da una cantina storica e prestigiosa<br />

(57%) rappresentano i fattori che maggiormente identificano<br />

un fine wine in quanto tale. Per quanto riguarda le regioni di “elezione”,<br />

a emergere su tutte nell’immaginario è la Toscana (lo pensa<br />

il 55% dei consumatori di vino), seguita da Piemonte (41%), Veneto<br />

(36%), Puglia (23%) e Sicilia (21%).<br />

La survey ha poi approfondito anche i comportamenti d’acquisto,<br />

con la premessa che nell’approccio al consumo di vino in generale,<br />

un 35% degli italiani si riconosce nell’acquisto di bottiglie di brand<br />

noti e un altro 26% nel piacere di bere etichette costose. Interessante,<br />

proprio in ottica del cambio di direzione post pandemia, l’excursus<br />

legato alle abitudini tra gli scaffali dei supermercati. L’analisi<br />

DI RICCARDO COLLETTI E MATTEO BORRÈ<br />

INTERNI D’AUTORE<br />

Fine wine,<br />

che cosa è cambiato<br />

Il mercato, le performance da record, le prospettive <strong>2023</strong><br />

viste dai protagonisti della distribuzione<br />

Photo: emre-katmer - unsplash


6<br />

INTERNI D’AUTORE<br />

evidenzia, infatti, come il 47% dei consumatori acquista<br />

in Gdo vini di alta fascia di prezzo solo se in promozione,<br />

nonostante i principali driver di scelta risultino la presenza<br />

della Denominazione d’origine (23%), l’origine locale<br />

(16%) e la notorietà del brand (10%). Restando sempre in<br />

questo ambito, solamente il 15% del campione è disposto<br />

ad acquistare vini super premium nel canale, a conferma<br />

dell’appeal sempre più ridotto di quest’ultimo sul versante<br />

fine wine. Va inoltre segnalato come la percentuale di<br />

consumatori disposti a spendere oltre 10 euro per una<br />

bottiglia di vino in Iper e Supermercati non superi il 23%.<br />

Dove si acquistano i vini di alta gamma<br />

Entrando nel dettaglio dei canali presso i quali i consumatori<br />

italiani acquistano fine wine, dall’analisi a emergere<br />

è una percentuale più bassa, sia rispetto al periodo pandemico<br />

(2020-2021) sia al 2019, di chi oggi frequenta i<br />

punti vendita della Gdo per l’acquisto di questa tipologia<br />

di vini. Al contrario, la percentuale di consumatori di fine<br />

wine che si rivolgono ad enoteche e negozi specializzati<br />

è aumentata rispetto allo stesso biennio (anche in ragione<br />

delle chiusure imposte) e risultano in linea rispetto<br />

al 2019, vale a dire a prima dell’arrivo del Covid. Questi i numeri:<br />

nel 2019, il 21,5% degli acquirenti di fine wine comprava in enoteca.<br />

Con l’arrivo del Covid, la percentuale è scesa al 13,5%, per risalire<br />

oggi al 19,8%. Ma le vendite di vini<br />

di alta gamma corrono anche online,<br />

con i portali sia specializzati sia<br />

generalisti che hanno assistito a<br />

una notevole crescita rispetto al periodo<br />

pre-pandemico, per un trend<br />

destinato a consolidarsi anche nei<br />

prossimi anni.<br />

“La pandemia costituisce uno<br />

spartiacque determinante”, spiega<br />

Pantini, “che ha comportato dei<br />

cambiamenti importanti nelle abitudini<br />

degli Italiani, e non solo, sul<br />

fronte dell’acquisto dei vini e di<br />

altri prodotti. La nostra Consumer<br />

Survey mostra però come ci sia un<br />

deciso ritorno, almeno per quanto<br />

concerne il segmento delle etichette<br />

di alta gamma, al canale Horeca<br />

e, al tempo stesso, come l’e-commerce<br />

abbia invece intrapreso un<br />

percorso di crescita che non sembra<br />

destinato a interrompersi”.<br />

I fine wine meglio dell’oro<br />

I fine wine corrono online, ma non solo. Il nuovo osservatorio eWibe,<br />

live market dei vini pregiati, ha<br />

scattato a fine 2022 una fotografia<br />

analizzando tutte le informazioni<br />

relative alle etichette più rappresentative<br />

del mercato del vino da<br />

investimento di Italia e Francia.<br />

L’istantanea ha evidenziato come<br />

il mercato di questa tipologia di<br />

prodotto abbia registrato una crescita<br />

pari al + 12,1% fino al mese<br />

di novembre e del +18,2% sull’intervallo<br />

dei 12 mesi. Dati in controtendenza<br />

con i principali indici<br />

finanziari, che hanno fatto segnare<br />

performance negative nello stesso<br />

periodo preso a riferimento:<br />

S&P500 (-14,7%), Nasdaq (-27,1<br />

%), FSTE MIB (-10,2%), oltre a Bitcoin<br />

(-62,9%) e Oro (-3,8%).<br />

Ma quali sono le prospettive sul<br />

mercato italiano nel <strong>2023</strong> dei fine<br />

wine? E quali sono gli elementi a definite la categoria per il mondo<br />

trade?<br />

Lo abbiamo domandato ad alcuni tra i protagonisti nella distribuzione<br />

di vini di alta gamma all’interno del canale Horeca.<br />

Leonardo Sagna<br />

Alessandro Rossi<br />

Corrado Mapelli<br />

Le prospettive <strong>2023</strong> viste dai<br />

protagonisti della distribuzione<br />

“Fine wine è una definizione che<br />

già il legislatore italiano ha codificato<br />

più di 50 anni fa con la stesura<br />

delle Doc e in seguito delle Docg”,<br />

esordisce Roberta Ceretto di Ceretto<br />

Terroirs, realtà distributiva<br />

che a maggio festeggia i suoi primi<br />

20 anni. “Regole in vigneto e in<br />

cantina che vanno rigorosamente<br />

rispettate e che vengono controllate<br />

dagli enti preposti. In questo<br />

modo si crea un solco netto con<br />

prodotti più dozzinali e di basso<br />

profilo. Tuttavia, esiste ancora un<br />

valore aggiunto che può incrementare<br />

questo concetto. Sta nella<br />

sapienza e nell’entusiasmo del<br />

produttore che personalizza il suo<br />

prodotto e a volte lo sa investire di<br />

un particolare fascino: per cui quel<br />

vino diventa un sogno, un desiderio per il consumatore. Da gioire<br />

godere e anche esibire. E mai come in questo momento la gente beve<br />

meno ma meglio. La fascia alta, che si dimostra sempre più composta<br />

dai giovani, vive un rinnovato desiderio di gioire dopo<br />

le paure e le clausure del Covid, influendo positivamente<br />

e rendendo i fine wine ben saldi, per un prossimo futuro<br />

con eccellenti prospettive”.<br />

Una visione condivisa da Leonardo Sagna, quarta generazione<br />

dell’omonima azienda fondata nel 1928 dal<br />

Barone Amerigo Sagna e fin dai suoi inizi specializzata<br />

nell’importazione e distribuzione di vini, liquori e distillati<br />

d’altissima qualità. “Per il <strong>2023</strong> ci aspettiamo una crescita<br />

di questa tipologia di prodotto: i consumatori sono<br />

sempre più attenti ed esigenti, c’è fame di conoscenza con<br />

il risultato di una maggior consapevolezza nel calice per<br />

un saper bere che conduce verso vini di qualità, di eccellenza”,<br />

risponde. E aggiunge: “La definizione di fine wine<br />

è molto semplice: si tratta di vini di qualità indiscussa,<br />

trasversalmente. Riconosciuti da tutti gli operatori coinvolti<br />

nel settore, dall’Horeca alla stampa. Nel caso di alcune<br />

referenze presenti nel nostro portfolio sono dei veri e<br />

propri beni di lusso, come il Cristal o i Pinot Noir del Domaine<br />

de la Romanée Conti: vini da collezione, ricercati,<br />

per veri appassionati. Ma anche molte etichette prodotte<br />

in alcune prestigiose denominazioni italiane rientrano in<br />

quello che per noi è l’apice qualitativo su cui invero si basa<br />

tutta la selezione dei prodotti che distribuiamo: ne sono un valido<br />

esempio il Barolo Pianpolvere Soprano Bussia, il Brunello Montosoli<br />

di Canalicchio di Sopra, il Batar di Querciabella e l’Amarone<br />

della Valpolicella di Secondo Marco.<br />

Quando si tratta di fine wine,<br />

prediligiamo confrontarci con<br />

clienti che non mirino alla mera<br />

speculazione ma godano dei prodotti,<br />

coinvolgendo il più possibile<br />

i consumatori finali e proponendo i<br />

vini citati al calice sfruttando il Coravin<br />

o organizzando cene a tema.<br />

Insomma, riteniamo sia necessario<br />

creare validi momenti di condivisione<br />

attorno a queste etichette, in<br />

cui esaltare il loro valore aggiunto:<br />

dal processo produttivo alla storia<br />

della cantina, che nella nostra<br />

gamma sono aziende famigliari, dal<br />

territorio all’annata e, non ultimo,<br />

alle cure e tecniche che concorrono<br />

al raggiungimento del livello qualitativo<br />

raggiunto e apprezzato, cioè<br />

tutti quegli elementi che hanno trasformato<br />

questi vini in punti di riferimento per il mercato”.<br />

“I fine wine per noi sono vini pregiati, bianchi, rossi o bollicine”, sottolinea<br />

Corrado Mapelli, “solitamente di fascia alta e dagli importanti<br />

valori, come, ad esempio, la capacità di lungo invecchiamen-<br />

Photo: Sagna-A.Vitalucci


7<br />

Photo: Ceretto-M.Spironetti<br />

Pietro Pellegrini<br />

Roberta Ceretto<br />

Luca Cuzziol<br />

to, la complessità, la bevibilità, a cui si aggiungono forte<br />

identità, territoriale e di brand, nonché con un ottima capacità<br />

distributiva”. E sul <strong>2023</strong> per la categoria il direttore<br />

generale di Gruppo Meregalli non ha dubbi: “Riteniamo<br />

che la forza del brand sia oggi più che mai fondamentale,<br />

soprattutto in momenti economicamente più difficili o<br />

incerti, vediamo quindi buone prospettive”.<br />

Giudizio simile per Pietro Pellegrini, che spiega: “Ritengo<br />

che, dopo un leggero rallentamento nella seconda parte del<br />

2022 dovuto soprattutto al conflitto tra Russia e Ucraina,<br />

nel <strong>2023</strong> i fine wine faranno segnare buone performance.<br />

Sono segnali positivi un ottimo inizio d’anno e il già noto<br />

aumento, rispetto ai prezzi en primeur, dei Grand Cru di<br />

Bordeaux 2020”. Per il presidente della storica realtà distributiva<br />

di Cisano Bergamasco, i fine wine s’identificano<br />

come categoria in quanto “vini di fascia alta, che possiamo<br />

far rientrare tra i prodotti del lusso, bottiglie di solito piuttosto<br />

rare e sicuramente di pregiata qualità, come il Brunello<br />

di Montalcino di Cerbaiona o il Barbaresco Rabaja di Bruno<br />

Rocca nel caso del nostro portfolio”.<br />

“Tra le tante definizioni di fine wine, a me è sempre piaciuta<br />

quella di Hugh Johnson: sono quei vini che vale la<br />

pena di bere almeno una volta nella vita”, spiega Alessandro Rossi,<br />

national category manager wine di Partesa. “Icone che hanno rappresentato<br />

un pezzo di storia del passato e che oggi, con l’avvento<br />

dei social e di una enologia sempre<br />

più precisa, in linea con i tempi e il<br />

nuovo degustare, quello delle ultime<br />

generazioni che mostrano un<br />

palato più evoluto e cui è riservata<br />

un’opportunità di confronto maggiore,<br />

continuano a essere considerate<br />

opere magistrali in bottiglia.<br />

Sono etichette che parlano di un<br />

certo status socioeconomico e che<br />

spesso sono proprio indirizzati a<br />

chi possiede il livello d’istruzione<br />

per scovarle e comprenderle. Sono<br />

prodotti che rappresentano fedelmente<br />

zone vocate e che hanno<br />

saputo esprimere da sempre un’alta<br />

costanza qualitativa. Nella loro<br />

indole c’è lo stretto legame con l’elemento<br />

d’origine, quella terra che<br />

definisce, ad esempio, i vini iconici<br />

di Borgogna e Bordeaux. E in alcuni<br />

casi, laddove si parli di fine wine, siamo innanzi a un’espressione<br />

sensoriale unica: perché non è mai scontato riuscire a far esprime<br />

al loro meglio determinati vitigni. Infine, ciò che accomuna di più<br />

questa tipologia di prodotto sono<br />

le quantità limitate, che ne determinano<br />

anche, con l’avvento dei<br />

grandi ricchi del nuovo millennio,<br />

quella caccia al tesoro che si riflette<br />

in quel che ne è stato l’aumento<br />

esponenziale dei prezzi e che oggi<br />

ha determinato il proliferare dei<br />

fine wine club, che sono a tutti gli<br />

effetti ormai vere banche del vino,<br />

e il consequenziale generarsi di una<br />

speculazione notevole nel mercato<br />

dei privati”. Quale il segreto del<br />

loro successo? “Quello che ha reso<br />

queste etichette così importanti<br />

è sempre stata la capacità di saper<br />

ammiccare al futuro, per la loro<br />

capacità di evoluzione e una tenuta<br />

nel tempo notevoli”, risponde Rossi.<br />

“Sapere, per un collezionista, di<br />

poter mettere via una bottiglia che<br />

domani saprà risvegliarsi ancora<br />

migliore dopo tanti anni è un fattore<br />

che ne determina la crescita di prezzo e anche l’appetibilità sotto<br />

il profilo speculativo. Per questo, ritengo che le nuove generazioni<br />

faticheranno sempre più a bere i cosiddetti fine wine, un tempo acquistabili<br />

a fronte di un sacrificio e oggi, invece, sempre più inaccessibili<br />

per via del loro costo: si pensi<br />

ad aree come Borgogna e California.<br />

Alcune di queste etichette, ora,<br />

sono oggettivamente soltanto vini<br />

per ricchi”. E lo scenario italiano<br />

cosa racconta? “In Italia si sta assistendo<br />

a un fenomeno interessante<br />

rispetto ai fine wine, che un tempo<br />

diventavano famosi grazie alla critica<br />

d’oltreoceano e sul mercato<br />

nazionale immediatamente si trasformavano<br />

in etichette fantasma,<br />

in quanto venivano acquistate in<br />

grandi quantità dall’estero”, sottolinea<br />

il manager Partesa. “Oggi<br />

notiamo con le etichette più pregiate<br />

italiane il ritorno all’essere<br />

profeti in patria, in linea con quella<br />

che è stata l’evoluzione del profilo<br />

del consumatore che certifica, rispetto<br />

ad altri contesti, una cultura<br />

enologica nettamente superiore<br />

da parte dei nostri connazionali. A ristoratori ed enotecari ora è<br />

garantito un accesso maggiore ai fine wine nostrani, generando la<br />

possibilità di ritrovare nel canale Horeca in Italia una maggiore disponibilità<br />

rispetto al passato per<br />

questa tipologia di prodotto. E<br />

nonostante quello che in futuro rischia<br />

di configurarsi come una problematica<br />

non secondaria: la forte<br />

richiesta per questi vini da parte<br />

del consumatore orientale, che già<br />

adesso è portato a fare man bassa,<br />

con il rischio che un domani, un<br />

po’ come sta succedendo per i giocatori<br />

di calcio tra Serie A e la più<br />

ricca Premier League inglese, tutto<br />

sia dettato dalla mera richiesta<br />

economica e i volumi si spostino<br />

completamente verso quei mercati<br />

più profittevoli. Anche se, a mio<br />

avviso, nel futuro il mondo del collezionismo<br />

privato saprà generare<br />

una sorta di cassaforte separata per<br />

i produttori di fine wine”.<br />

La chiosa è di Luca Cuzziol, numero<br />

uno di Cuzziol GrandiVini e presidente di Società Excellence. “Innanzitutto,<br />

occorre definire cosa oggi s’intende per fine wine”, esordisce.<br />

“Se un tempo si trattava di quei vini diversi, importanti, di nicchia, ora<br />

troppo spesso si sono trasformati in mero oggetto di speculazioni,<br />

in fonti alternative d’investimento. Ma per chi come<br />

noi opera nel mercato Horeca Italia, i fine wine sono innazitutto<br />

le etichette più rappresentative di una certa categoria.<br />

E non parliamo di certo necessariamente di prodotti su<br />

cui si attua una speculazione, ma piuttosto di quelli che più<br />

rappresentano l’eccellenza del vino”. Per i fine wine, il <strong>2023</strong><br />

resterà ancora un anno di crescita, ad avviso di Cuzziol: “Le<br />

prospettive per il mercato dei fine wine in Italia non possono<br />

che essere positive. Poi, ci sarà da capire nel 2024, con il<br />

riassortimento totale delle produzioni, soprattutto di Borgogna<br />

e Champagne, che negli ultimi due anni sono state<br />

deficitarie, se l’offerta più ampia andrà a frenare la domanda.<br />

Dal nostro punto di vista, i 12 mesi che abbiamo innanzi<br />

rappresenteranno un anno di consolidamento e crescita,<br />

ma occorrerà comprendere e interpretare quello che è l’esatto<br />

ambito di posizionamento del fine wine riferito alla<br />

ristorazione italiana per quei vini che mantengono ancora<br />

un prezzo accessibile, che nel canale sono sicu- ramente<br />

etichette destinate a crescere. Poi,<br />

sarà necessario capire la distinzione<br />

con quelle punte di diamante<br />

dell’enologia italiana in grado<br />

di confrontarsi sui mercati mondiali con i<br />

big di Borgogna, Bordeaux o Rodano. Ma<br />

nel complesso, il <strong>2023</strong> resterà per i fine wine<br />

un anno ancora di crescita”.<br />

INTERNI D’AUTORE


8<br />

Quando si parla di iDealwine si pensa immediatamente<br />

alle aste online, ma quali sono le<br />

diverse modalità con cui operate?<br />

Esistono due modalità per acquistare i vini su iDealwine:<br />

le aste online, di cui siamo diventati leader mondiali, oppure<br />

l’acquisto diretto nella sezione enoteca online, dove gli<br />

appassionati possono trovare una selezione costantemeneuro,<br />

suddivisi tra i circa 38 milioni di euro delle aste e i 14<br />

degli acquisti diretti, registrando un aumento complessivo<br />

del 30% rispetto al 2021, con un effetto sul valore di gran<br />

lunga superiore rispetto ai volumi venduti.<br />

Quanto conta oggi l’Italia per iDealwine?<br />

Il fatturato 2022 è stato di 1.600.000 euro, a fronte di un<br />

+22% rispetto al 2021. L’italia rappresenta il sesto Paese in<br />

termini di giro d’affari e il terzo in Europa dopo la Francia<br />

e il Regno Unito.<br />

Ma perché per un professionista trade, sia ristoratore<br />

o enotecario, è importante monitorare<br />

quello che si vende su iDealwine?<br />

Il mondo delle aste è estremamente interessante, perché<br />

gli scambi che avvengono nel mercato secondario sono<br />

animati da veri appassionati di vino. Sono i connaisseur a<br />

mostraci il reale cammino da intraprendere, in che modo<br />

interessarsi al vino e a quali etichette appassionarsi. Ci<br />

sono produttori di nicchia, inizialmente sconosciuti ai più,<br />

ma cosa succede poi? Due o tre persone si battono all’asta<br />

per averli e qualche anno dopo quello stesso produttore<br />

diventa un’icona. Vedi il caso di Clos Rougeard, i cui vini<br />

vengono aggiudicati tra i 200 e i 400 euro in base alla cuvée.<br />

È interessante osservare ciò che succede nelle aste ed<br />

è proprio quello che cerchiamo di segnalare negli auction<br />

report mensili o in quello annuale. Per ogni analisi, regione<br />

per regione, cerchiamo sempre d’indicare quali sono state<br />

le etichette che hanno registrato le migliori performance, i<br />

nuovi record e quali sono i produttori emergenti da tenere<br />

d’occhio.<br />

ON AIR<br />

iDealwine,<br />

oltre le aste c’è di più<br />

Angélique de Lencquesaing ci spiega i servizi del<br />

portale e perché monitorare il mercato secondario<br />

Oggi, più che mai, il vino si è tramutato in<br />

vero oggetto del desiderio. Cresce il numero<br />

dei collezionisti, costantemente alla<br />

ricerca delle etichette più ambite e di qualche<br />

annata introvabile. E se il vino online<br />

corre sempre più forte e come investimento fa meglio anche<br />

dell’oro, c’è chi oltre 20 anni fa ha saputo anticipare questa<br />

evoluzione. È il 2000, infatti, quando nasce iDealwine, piattaforma<br />

online che in pochi anni è diventata il riferimento<br />

per le aste di vini pregiati e per la valutazione dei Grand<br />

Cru. A fondarla, Cyrille Jomand, Angélique de Lencquesaing<br />

e Lionel Cuenca (in foto), tre grandi appassionati di<br />

vino con alle spalle un’esperienza lavorativa comune presso<br />

la Borsa di Parigi (Euronext). Grazie alle loro conoscenze<br />

del mercato azionario, in poco tempo sono riusciti a creare<br />

una vera e propria “Borsa del vino online”, che oggi vanta<br />

sedi a Parigi, Bordeaux, Hong Kong e Singapore. Per capire<br />

meglio come lavora iDealwine e quanto strategico sia come<br />

canale per i professionisti del settore, abbiamo intervistato<br />

la fondatrice del portale, Angélique de Lencquesaing.<br />

DI MATTEO BORRÈ<br />

te rinnovata e arricchita. Si compone, da un lato, delle etichette<br />

delle nostre 900 tenute partner e, dall’altro, da vini<br />

d’annata provenienti dall’acquisto di collezioni private. Il<br />

nostro business model è unico: non c’è, infatti, un distributore<br />

al mondo che abbia un’offerta di vini così ampia e<br />

che proponga tutti i servizi necessari per creare, conservare<br />

e gestire la propria cantina. Oggi, iDealwine riunisce una<br />

comunità di 650mila appassionati, con bottiglie che sono<br />

spedite in più di 60 Paesi e contenuti del sito disponibili<br />

in francese e inglese, ma presto anche in italiano e tedesco.<br />

Quali sono oggi i vostri servizi?<br />

Oggi, iDealwine è anche Fine Spirits Auction, iDealwine<br />

Primeurs, un nuovo sito per la vendita en primeur dei<br />

Grand Cru, e La Cantina iDeale, una soluzione di stoccaggio<br />

smart, semplice, economica, digitale e innovativa,<br />

destinata ai privati e ai professionisti del settore. Ma c’è<br />

di più. A iniziare da L’indice iDealwine, uno strumento<br />

essenziale per poter scoprire e monitorare il valore delle<br />

etichette nel corso del tempo e dove attualmente gli<br />

utenti possono consultare gratuitamente sul sito il valore<br />

di oltre 80mila vini. E poi, i report mensili, regione per<br />

regione, e il Barometro iDealwine, analisi annuale sulle<br />

principali tendenze del mercato dei vini pregiati, stilata sulla<br />

base di oltre 200mila bottiglie messe all’asta ogni anno.<br />

Come si è chiuso il 2022 di iDealwine?<br />

Abbiamo chiuso il 2022 con un fatturato di 52 milioni di<br />

Perché le aste del vino e il cosiddetto mercato<br />

secondario saranno sempre più centrali in futuro<br />

anche per i professionisti del mondo Horeca?<br />

Perché restare aggiornati sull’andamento dei prezzi di certe<br />

etichette permette di gestire al meglio quelle che sono<br />

state le proprie scommesse e vedere ricompensata la propria<br />

lungimiranza. Un ristoratore o un enotecario, monitorando<br />

il mercato secondario, può infatti comprendere<br />

quali vini conservare da parte da proporre a quei clienti<br />

che ne conoscono il reale prestigio e capaci davvero di<br />

apprezzarli. Ma anche, in caso, decidere di rivendere una<br />

parte di quanto acquistato, beneficiando dell’aumento di<br />

valore delle singole etichette. Attenzione, non parliamo di<br />

speculazione, ma della corretta ricompensa di qualcuno<br />

che è arrivato prima, sapendo anticipare un’eccezionalità<br />

con la giusta visione e il proprio palato.<br />

Perché, invece, per un’azienda del vino è importare<br />

interagire con iDealwine e quali sono i benefici<br />

di una collaborazione?<br />

Per diverse ragioni. Prima di tutto per il lavoro di comunicazione<br />

che offriamo alle aziende partner attraverso tutti<br />

i canali di cui disponiamo: operazioni commerciali, newsletter,<br />

articoli sul blog, presenza nei saloni di settore, cene<br />

e masterclass con i nostri clienti – non solo in Francia, ma<br />

anche tra Europa, Asia e Stati Uniti – e tramite il lavoro redazionale<br />

che sta dietro la creazione delle schede tecniche,<br />

con il nostro database oggi tradotto in quattro lingue –<br />

francese, inglese, italiano e tedesco – e gestito da un’équipe<br />

di veri appassionati. In secondo luogo, perché abbiamo la<br />

fortuna di poter interagire con il consumatore. Penso che il<br />

sogno di ogni produttore sia quello di raggiungere il cliente<br />

finale: noi abbiamo questa possibilità, perché non solo<br />

offriamo agli appassionati di tutto il mondo di poter acquistare<br />

e possedere i vini dei loro sogni, ma anche alle cantine<br />

d’incontrare i wine lover. Perdipiù, oggi possediamo un<br />

target di clienti che tutti i produttori<br />

desidererebbero avere, composto<br />

anche da amanti del vino<br />

piuttosto giovani, nello specifico<br />

i Millennial e la Gen Z,<br />

figli del mondo digitale e che<br />

rappresentano i grandi collezionisti<br />

di domani.


9<br />

Photo: K.Kulikova-Unsplash<br />

merce in generale in un anno un po’ difficile per la maggior<br />

parte degli attori del settore”, riprende la fondatrice di<br />

iDealwine. “Se diamo uno sguardo più nel dettaglio alle<br />

performance di alcune regioni: Bordeaux ha registrato una<br />

crescita del 41% delle vendite, un forte incremento è stato<br />

registrato anche dalla categoria dei distillati, che hanno triplicato<br />

le loro vendite rispetto all’anno precedente, ma è interessante<br />

parlare anche del fenomeno di ribalta di alcune<br />

aree viticole più piccole e non tanto note, come la Savoia,<br />

per un exploit nel 2022 del +82%. Ovviamente la Champagne<br />

ha avuto un enorme successo lo scorso anno, con una<br />

crescita del 36%, mentre tra i vini non francesi, un segmento<br />

estremamente dinamico nelle vendite a prezzo fisso con<br />

un +44% nel 2022, le etichette italiane sono di gran lunga<br />

le più performanti della sezione e rappresentano all’incirca<br />

il 50% di questo segmento”. La Top 5 2022 per regione, in<br />

volumi, della parte di enoteca online di iDealwine vede sulla<br />

cima del podio ancora una volta la Borgogna, seguita da<br />

Bordeaux e Valle del Rodano, con Champagne e vini non<br />

francesi a chiudere la graduatoria.<br />

Quali sono stati i vini dei sogni battuti all’asta<br />

nel 2022 su iDealwine? E, invece, quali<br />

le etichette protagoniste delle vendite<br />

dirette delle cantine? Con Angélique de<br />

Lencquesaing abbiamo analizzato i trend<br />

di vendita e i record degli scorsi 12 mesi sul portale francese.<br />

A iniziare dalla Top 5 dei vini più costosi, che vede primeggiare<br />

l’unico rappresentante dei Grand Cru bordolesi<br />

con una Mathusalem (6 litri) di Petrus 2015, un formato<br />

piuttosto raro aggiudicato per 62.000 euro. A seguire, una<br />

bottiglia di Musigny Grand Cru 2006 del Domaine Leroy<br />

a 34.100 euro e un Romanée-Conti Grand Cru 2015 del<br />

Domaine de la Romanée-Conti a 31.620 euro. Chiudono<br />

la classifica un’altra grande annata relativamente recente di<br />

Romanée-Conti Grand Cru, con la 2010 a 26.164 euro, e<br />

un rarissimo Criots-Batârd-Montrachet Grand Cru 2005<br />

del Domaine d’Auvenay, battuto a 24.552 euro.<br />

Borgogna regina quasi incontrastata, il vino<br />

naturale avanza<br />

Tra i vini più ricercati si conferma, dunque, il fenomeno<br />

della Borgogna, con gli appassionati che, a prescindere dalla<br />

Top 5, hanno dimostrato un’attrazione particolare per i<br />

grandi Chardonnay. Con i Bordeaux che tendenzialmente<br />

negli ultimi anni sono presenti nelle classifiche solo in formati<br />

rari o da collezione, come Magnum, Jéroboam, Mathusalem<br />

e Casse Duclot. I collezionisti di questa regione<br />

sono alla ricerca della rarità, ritrovata spesso nei Grand Cru<br />

Dodici mesi<br />

d’incanto<br />

I vini e le cantine dei record nel 2022<br />

delle vendite iDealwine<br />

DI MATTEO BORRÈ<br />

della Rive Droite: Petrus, Château Cheval Blanc, Château<br />

Angélus, Château le Pin o Château Lafleur, solo per citarne<br />

alcuni.<br />

Nel 2022, i record delle aste hanno poi messo in evidenza<br />

due fenomeni ben distinti: da un lato, ritroviamo i grandi<br />

nomi del mondo del vino, le icone da sempre ambite da tutti<br />

i collezionisti, come Leroy, DRC o Petrus, dall’altro lato<br />

abbiamo un fenomeno sempre più accentuato della ricerca<br />

di realtà che adottano metodi di produzione e di viticultura<br />

sostenibili. Negli ultimi 12 mesi, infatti, sono emersi i nomi<br />

di numerosi micro-produttori del mondo del vino naturale<br />

che non erano assolutamente presenti nelle classifiche degli<br />

scorsi anni. Assistiamo sempre di più ad una “course à la<br />

rareté”, la “ricerca ostinata della rarità”, tendenza già apparsa<br />

nel 2021 e che si è accentuata nel corso del 2022. “Si tratta<br />

di un trend piuttosto interessante”, sottolinea Angélique de<br />

Lencquesaing, “ed è importante dare uno sguardo a questo<br />

fenomeno, soprattutto quest’anno, perché sono emersi i<br />

nomi di alcuni micro-négociant che hanno saputo acquistare<br />

delle uve di qualità da alcuni produttori di fiducia e le<br />

hanno vinificate in maniera straordinaria”.<br />

Acquisti diretti: quali sono stati i vini e le regioni<br />

più performanti?<br />

“Per quanto riguarda la parte enoteca online, il 2022 si è caratterizzato<br />

per una crescita del 20% delle vendite a prezzo<br />

fisso: si tratta di un bel risultato se teniamo in considerazione<br />

il contesto economico attuale, ma anche per l’e-com-<br />

Uno sguardo ai fine wine italiani all’asta<br />

Che attenzione riservano i collezionisti di iDealwine all’Italia<br />

del vino? “Stiamo ancora analizzando i dati dello scorso<br />

anno, ma possiamo già annunciare qualche tendenza”,<br />

risponde Angélique de Lencquesaing. “I vini italiani sono<br />

i più ricercati dopo quelli francesi, per un trend che si conferma<br />

nelle vendite all’incanto, rappresentando il 61% dei<br />

vini non francesi battuti all’asta su iDealwine. Il prezzo medio<br />

per bottiglia si aggira intorno ai 105 euro, +16% rispetto<br />

al 2021, e in termini di volume, i vini italiani hanno registrato<br />

una crescita del 53%. I Paesi che acquistano di più<br />

Italia all’asta sono la Francia, con il 38% del valore totale, il<br />

resto dell’Europa, 23%, e l’Asia, con il 23%, ma solo Hong<br />

Kong realizza il 50% del fatturato. Anche per il 2022, le due<br />

regioni più ricercate sono state il Piemonte, 55% del valore<br />

totale, e la Toscana, 34%. E se un’altra area che registrato<br />

delle belle performance è sicuramente il Veneto, abbiamo<br />

alcune new entry di altre regioni di cui non vogliamo ancora<br />

svelare il nome”.<br />

La Top 5 dei vini italiani più costosi del 2022<br />

Bolgheri Doc Sassicaia<br />

Tenuta San Guido 1985 2.170 €<br />

Barbaresco San Stefano di Neive<br />

Bruno Giacosa 1964 1.854 €<br />

Barolo Docg Riserva Monfortino<br />

Giacomo Conterno 2004 1.178 €<br />

Brunello di Montalcino Docg Riserva<br />

Soldera Case Basse Gianfranco<br />

Soldera 2004 1.165 €<br />

Toscana Igt Masseto 2008 880 €<br />

La Top 5 delle tenute italiane più ricercate all’asta<br />

Tenuta San Guido,<br />

valore scambiato: 103.334 €<br />

Angelo Gaja,<br />

valore scambiato: 42.346 €<br />

Bartolo Mascarello,<br />

valore scambiato: 25.575 €<br />

Giuseppe Rinaldi,<br />

valore scambiato: 24.662 €<br />

Giacomo Conterno,<br />

valore scambiato: 25.301 €<br />

DATA


10<br />

Èuna delle terre più vocate dell’intera penisola. E<br />

con le sue produzioni, a iniziare dall’Amarone,<br />

re indiscusso dei rossi veronesi, rende lustro al<br />

made in Italy enoico nel mondo. Ma la Valpolicella,<br />

nella salvaguardia e valorizzazione delle<br />

proprie radici testimoniate perfettamente dalla candidatura<br />

della tecnica secolare dalla messa a riposo delle uve<br />

a patrimonio immateriale dell’Unesco, sta scoprendo anche<br />

i suoi nuovi orizzonti. Il futuro, infatti, parla sempre la<br />

lingua dei giovani e della sostenibilità, come evidenziato<br />

dalla recente istantanea scattata dal Consorzio tutela vini<br />

Valpolicella al territorio che dalle porte della città di Verona<br />

si estende dalla Valle dell’Adige alla zona di Soave. Una<br />

fotografia che evidenzia come negli ultimi 10 anni il dato<br />

numerico degli under 40 al timone delle imprese vinicole<br />

nei 19 Comuni della denominazione rossa più importante<br />

del Veneto abbia registrato una crescita di quasi il<br />

100%. Una linea verde che riflette una vitalità non banale<br />

per un’area che esprime ogni anno un giro d’affari di oltre<br />

600 milioni di euro, di cui quasi la metà relative al business<br />

globale dell’Amarone. Ma stando ai dati dell’Agenzia regionale<br />

Avepa, quello della Valpolicella è più in generale un<br />

futuro “green”. Nell’ultimo decennio, infatti, l’incidenza di<br />

imprese biologiche o certificate Sqnpi (il Sistema di qualità<br />

nazionale di produzione integrata) è balzata dal 3% al 33%,<br />

per gli odierni 2873 ettari vitati all’insegna della massima<br />

sostenibilità (su un totale di 8586) contro i 212 del 2012.<br />

“Non è un caso se la forte crescita delle imprese giovani stia<br />

andando di pari passo con la transizione green del nostro<br />

vino, altro aspetto strategico che le giovani generazioni<br />

sposano con maggior convinzione”, spiega il presidente<br />

del Consorzio, Christian Marchesini. “Proprio per questo<br />

alla fine dello scorso anno abbiamo dato vita al primo<br />

Gruppo giovani di un consorzio vitivinicolo italiano: è giusto<br />

che le quasi 350 imprese under 40 della Valpolicella abbiano<br />

modo di far sentire la propria voce e soprattutto facciano<br />

squadra in ottica migliorativa della nostra economia”.<br />

A Verona e provincia si respira vino. E lo si fa da millenni,<br />

come evidenzia anche la candidatura Unesco. Ma quale è il<br />

futuro nel calice di questo universo, mosaico di terroir dai<br />

profili differenti anche nel sorso? Lo abbiamo domandato<br />

ad alcuni dei suoi protagonisti.<br />

La Valpolicella del futuro vista da chi la vive<br />

Il nostro viaggio nel futuro della Valpolicella prende il via<br />

dalle colline di Marano. “Noi abbiamo sempre creduto in<br />

uno stile preciso che vuole esaltare la freschezza e l’eleganza<br />

della viticoltura di quota”, spiega Albino Armani.<br />

“Questo a prescindere dalle tendenze o da quella che è o<br />

sarà la richiesta di mercato in un prossimo futuro, che va<br />

effettivamente nella direzione della maggior freschezza,<br />

immediatezza e bassa gradazione alcolica, come risulta<br />

evidente negli ultimi anni. Parlando in particolare di Valpolicella,<br />

noi produciamo a Marano di Valpolicella; qui<br />

i vigneti insistono su altitudini che vanno dai 400 ai 600<br />

metri s.l.m., oltre i quali, in questo areale, non si trova più<br />

viticoltura. Una scelta consapevole che vede come ultimo<br />

obiettivo la produzione di vini con una acidità marcata,<br />

croccantezza del frutto e basso tenore alcolico comparato<br />

alle medie della produzione locale. La valorizzazione e<br />

l’autentica rappresentazione del territorio inoltre sono altri<br />

aspetti che il mercato sempre più cercherà e, lato nostro,<br />

abbiamo sempre portato avanti sin dalla fondazione della<br />

cantina. A questo tema si lega quello dell’appassimento. A<br />

mio avviso, in Valpolicella, dovremmo lavorare su qualcosa<br />

di davvero diversificante, che vada oltre una tecnica che a<br />

tutti gli effetti è riprodotta in altre aree vitinicole nazionali<br />

– e che a tutti gli effetti insegue l’aumento della gradazione<br />

alcolica. L’appassimento, dunque, dovrebbe essere riconosciuto<br />

come patrimonio locale solo se fatto in modo davvero<br />

caratterizzante. La vera sfida in Valpolicella, ritengo,<br />

sarà quella di trovare un’elevata qualità che prescinda dalla<br />

gradazione, e che anzi valorizzi la bevibilità del vino”.<br />

Dalla zona Classica, a Fumane, Paolo Mascanzoni, direttore<br />

tecnico di Allegrini evidenzia: “I vini della Valpolicella<br />

devono tendere sempre di più a riscoprire le caratteristiche<br />

peculiari degli uvaggi tipici della zona. Quindi, vini freschi,<br />

dove la nota fruttata sia sì ben riconoscibile, ma sostenuta<br />

e supportata da una buona acidità. Bisogna continuare a<br />

ricercare una bevibilità maggiore a discapito di un’eccessiva<br />

rotondità e complessità, senza nulla togliere all’identità<br />

della zona e della tipologia. Allegrini è avvantaggiata<br />

in questo senso perché da sempre abbiamo investito in<br />

vigneti di alta collina, intuendone il grande potenziale.<br />

DI MATTEO BORRÈ<br />

GIRAMONDO<br />

Dove è oggi e dove sta andando la terra dell’Amarone<br />

nelle parole dei suoi protagonisti<br />

Photo: Consorzio tutela vini Valpolicella


Giacomo Antonio Armani<br />

Toniolo Armani<br />

1400<br />

Antonio Armani<br />

1500<br />

Domenico Armani<br />

Giacomina Armani<br />

Giovanni Armani<br />

Sabina Vettori<br />

Giovanni Armani<br />

Simone Armani<br />

Antonia Baldi<br />

oggi<br />

Patrizia Armani<br />

Claudio Armani<br />

Mario Armani<br />

Francesca Saiani<br />

Caterina Caproni<br />

1600<br />

Giovanni Armani<br />

Cleto Armani<br />

Maria Tomasoni<br />

Elisabetta<br />

di Bartolomeo Cipriani<br />

Olimpio Armani<br />

Giovanni Armani<br />

Domenica<br />

Giuseppe Armani<br />

Giovanna Bertoletti<br />

1700<br />

Davide Armani<br />

Luigia Martinelli<br />

Remo Armani<br />

Antonio Armani<br />

Enrica Armani<br />

Prassede Cipriani<br />

1800<br />

Luigia Armani<br />

Alessandro Saiani<br />

oggi<br />

Albino Armani<br />

Enrica Cipriani<br />

1900<br />

Antonio Armani<br />

Domitilia Martinelli<br />

Andrea Armani<br />

Veronika Rafikova<br />

oggi<br />

Albino Armani<br />

Egle Capilupi<br />

Federico Armani<br />

Essere parte di un territorio. Essere parte di una famiglia.<br />

Essere parte di una storia.<br />

Siamo in simbiosi con l’inestimabile patrimonio ereditato dalle generazioni che ci hanno preceduto.<br />

Come loro, ce ne prendiamo cura e lo salvaguardiamo per chi verrà dopo di noi.<br />

Oggi, più di ieri, Albino Armani significa ereditare per il futuro.<br />

www.albinoarmani.com


12<br />

GIRAMONDO<br />

Oggi questo ci garantisce una buona acidità nonostante le<br />

temperature che si innalzano ogni anno. Ancora una volta<br />

il valore fondante del progetto enologico<br />

dell’azienda: il grande investimento nel<br />

parco vitato, è stata la risposta al disegno<br />

del presente e del futuro dei nostri vini”.<br />

In quel lembo di terra che da Verona ascende<br />

in direzione dei Monti Lessini si situa il<br />

comune di Grezzana, dove ritrovare uno<br />

dei volti simbolo della Docg. “Lo stile Bertani<br />

del Valpolicella del futuro è sicuramente<br />

una grande opportunità per tutto il territorio”,<br />

interviene il chief operating officer<br />

Andrea Lonardi. “Oggi, c’è un crescente<br />

bisogno nel mercato di vini freschi, croccanti, sapidi, facili<br />

da bere e con la possibilità anche di essere serviti con delle<br />

pietanze che storicamente non erano abbinate a dei vini<br />

rossi, penso in questo caso alla cucina di pesce. La Valpolicella<br />

ha questa grande chance, ma per poterla coltivare,<br />

secondo la visione Bertani, è necessario rispettare il territorio,<br />

nella sua natura e nei suoi vitigni. I calcari bianchi e<br />

rossi, con il contenuto di carbonato di calcio, possono dare<br />

vita a vini salati che oggi sono di grande tendenza nel mondo<br />

internazionale. Il vitigno Corvina presenta delle somiglianze<br />

con Pinot Nero, Shyraz dell’Alto Rodano o Gamay<br />

del Beaujolais. L’unione di queste caratteristiche dà origine<br />

a dei vini che sono speziati al naso, scarichi di colore, di<br />

corpo leggero, ma per questa componente sapida sono vini<br />

di grande piacevolezza e abbinabilità al cibo. È chiaro che<br />

questa tendenza dei vini sottili, facili, eleganti è un trend<br />

che oggi è più forte nei mercati maturi, soprattutto in quei<br />

contesti che sanno premiunizzare, dove è molto più facile<br />

trovare un consumatore di fascia alta. Ecco, questo è un<br />

secondo grande messaggio che ci arriva: dobbiamo avere<br />

il coraggio di salire. Fare questi vini ha un certo costo, soprattutto<br />

se vengono interpretati in un modo trasparente,<br />

originale, unico e con una grande ricerca a livello viticolo.<br />

Questo non è il futuro della Valpolicella, questo per Bertani<br />

è già il presente ed è ciò sul quale stiamo lavorando fortemente”.<br />

Lonardi, poi, aggiunge: “Siamo certi che questo<br />

sarà un qualcosa che probabilmente partirà prima all’estero<br />

– come dicevo nei mercati più maturi – ma che arriverà<br />

anche in Italia. Alcune città sono già giunte a questo stile,<br />

come ad esempio Verona con i consumatori più giovani:<br />

questo è un terzo punto importante da toccare. I consumatori<br />

più giovani e attenti non bevono vini strutturati morbidi,<br />

dolci e ricchi, i cosiddetti mangia e bevi, ma sono invece<br />

alla ricerca di questo stile, di vini di grande leggerezza<br />

e piacevolezza. Ecco il motivo per il quale Bertani crede in<br />

questo progetto e ci crede per trasparenza<br />

di territorio. Come territorio intendo la<br />

combinazione di suolo, vitigno e clima. E<br />

Bertani ci crede per un’opportunità anche<br />

di prezzo e per un’occasione all’interno<br />

dei consumatori, con la possibilità di poter<br />

crescere in un segmento che è quello dei<br />

fine wine. Con un’aggiunta finale: la nostra<br />

realtà ci crede perché questo è da sempre il<br />

suo stile. Ecco il motivo per il quale, alcune<br />

volte, si dice che Bertani is back: non è che<br />

Bertani is back, ma il mercato che ritorna<br />

a voler assaggiare molta più originalità, molta più identità,<br />

leggerezza e freschezza. E credo che questo sia un punto<br />

molto importante sul quale dobbiamo insistere”.<br />

La Valpantena è anche la casa di Costa Arènte, realtà parte<br />

del gruppo Le Tenute del Leone Alato, e l’enologo Giovanni<br />

Casati evidenzia: “La Valpolicella è un territorio di<br />

grande tradizione che cresce in notorietà e apprezzamento,<br />

probabilmente anche grazie alla sua prerogativa di rinnovarsi<br />

nel tempo. Nello specifico la sottozona della Valpantena,<br />

della quale noi di Costa Arènte siamo custodi e<br />

promotori, offre la possibilità di produrre vini più contemporanei<br />

e vicini al gusto delle generazioni giovani. E questo<br />

sarà senz’altro lo stile verso il quale si continuerà a lavorare<br />

nel futuro. Qui, infatti, grazie a caratteristiche climatiche<br />

particolari, quali la matrice calcarea del suolo, oltre a venti-<br />

Albino Armani,<br />

Paolo Mascanzoni<br />

e Andrea Lonardi<br />

Giovanni Casati,<br />

Luciano Begnoni,<br />

Raffaele Boscaini<br />

e Cristian Ridolfi<br />

lazione e temperature più fresche e più adatte alla coltivazione<br />

della vite, anche un vino notoriamente impegnativo<br />

come l’Amarone si esalta per freschezza, eleganza e agilità<br />

di beva. Per proteggere e valorizzare questa unicità, è stata<br />

creata la Rete Valpantena, un gruppo di produttori, di cui<br />

Costa Arente è parte, che si fanno interpreti di questo stile<br />

e lo promuovono nel mondo”.<br />

Con alle spalle le sue prime 250 vendemmie<br />

in Valpolicella Classica, la<br />

famiglia Boscaini da generazioni è<br />

protagonista sul territorio con Masi<br />

Agricola. “Tra le tante variabili, naturali<br />

e tecnologiche, che condizioneranno<br />

la struttura dei vini del futuro<br />

il mio auspicio e che si preservi lo<br />

stile”, sottolinea Raffaele Boscaini,<br />

direttore marketing della realtà di<br />

Sant’Ambrogio di Valpolicella. “Pur<br />

influenzati dai cambiamenti climatici<br />

e dai trend di consumo, spero<br />

che i vini della nostra Valpolicella<br />

possano sempre esprimere la gentilezza<br />

e l’ecletticità che già adesso ne<br />

descrivono la meravigliosa personalità”. A Pedemonte,<br />

a nord di Verona, è una dimora di origini palladiane<br />

ad ospitare le cantine di Santa Sofia. Luciano Begnoni,<br />

proprietario ed enologo, risponde: “Santa Sofia ha<br />

sempre voluto esaltare le caratteristiche territoriali dei<br />

vini Valpolicella, così come delle varietà autoctone: è<br />

un obiettivo che cercheremo sempre di perseguire; e<br />

caratterizzare i nostri vini significa anche avere un approccio<br />

razionale all’identificazione del territorio nella<br />

sua totalità. È pertanto necessario osservare le peculiarità<br />

dei terreni così come dell’ambiente stesso, tenendo<br />

conto delle evoluzioni che ci sono state e che ci saranno<br />

in futuro, con lo scopo di valorizzare al meglio il frutto e<br />

la sua longevità nel Valpolicella Superiore. Il cambiamento<br />

climatico sta giocando un ruolo di fondamentale importanza<br />

in tal senso, modificando il nostro<br />

approccio in cantina, portandoci a<br />

rivolgere un’attenzione maggiore al vigneto.<br />

Ad esempio, un tempo la messa<br />

a riposo delle uve era uno strumento<br />

che ci consentiva anche di raggiungere<br />

una maggiore maturazione e profondità<br />

della bacca, in relazione ad un<br />

contesto in cui il clima era più freddo e<br />

le maturazioni più lunghe. Oggi, confrontandoci<br />

invece con maturazioni<br />

anticipate e climi più caldi, cerchiamo<br />

di limitare l’appassimento per favorire<br />

la freschezza e la naturale maturazione<br />

del frutto sulla pianta”. La Val d’Illasi si<br />

estende a pochi chilometri di distanza<br />

da Verona. Siamo all’estremità orientale<br />

della provincia, in terra di “confine” tra le zone di produzione<br />

del Soave e del Valpolicella. Ed è qui che, nel 1843,<br />

venne fondata la casa vinicola Santi, di cui oggi Cristian<br />

Ridolfi è direttore ed enologo. “La Valpolicella beneficia<br />

di un terroir dove, grazie al terreno calcareo, al clima mite,<br />

all’esperienza millenaria di coltivazione, nascono vini identitari,<br />

di carattere gentile”, spiega. “La vicinanza alla città di<br />

Verona, il primo comune per superfice vitata della Doc<br />

e tutt’uno con la Denominazione, si evidenzia in quella<br />

gentilezza che possiamo descrivere in termini tecnici con<br />

sentori fruttati e di spezie dolci, tannini morbidi, sapidità e<br />

gusto lungo. Per vini che, spinti anche da questa prossimità<br />

sul lato commerciale, da secoli dialogano con la cucina variegata<br />

del territorio, semplice ma sempre attuale. In ogni<br />

sorso di questo terroir, che sia Valpolicella, Superiore, Ripasso<br />

o Amarone, si deve sentire la ricchezza organolettica<br />

data da un blend di uve che è sinergia tra freschezza, che<br />

i suoli calcarei regalano in modo esemplare, e corposità,<br />

di un grande rosso che nasce a una latitudine vocata, ma<br />

sempre gentile, avvolgente, morbido, salato e gustoso. Non<br />

dobbiamo, dunque, rincorrere modelli diversi da quelli del


14<br />

GIRAMONDO<br />

territorio, che in parte ancora oggi possono attrarre, dove<br />

il colore impenetrabile è sinonimo di potenza, il fruttato<br />

è portato ad un livello tale da non farlo sembrare quasi un<br />

vino di questa zona, oppure la struttura è così importante<br />

da sembrare una crema di vino: non si addice alla nostra<br />

natura. E non si addice neanche a un modello di stile che<br />

può invece dialogare con la cucina e la cultura del viver<br />

bene di tanti parti del mondo. Perché la Valpolicella, con<br />

tutti i suoi alfieri, può accompagnare qualsiasi piatto, grazie<br />

allo stile fragrante, elegante, morbido, fresco e sapido”.<br />

Sulla stessa linea di pensiero è Luca Bonetti, del team enologi<br />

di Casa Sartori 1898, che delinea così i tratti dei simboli<br />

nel calice della Denominazione. “Quando parliamo di<br />

Valpolicella, il profilo enologico che ci aspettiamo è quello<br />

di un vino rosso fresco, croccante, dai profumi di frutta rossa<br />

fresca come la ciliegia e il lampone, buona acidità, sapidità<br />

e discreta lunghezza”, risponde. “Non è un vino troppo<br />

leggero, ma è semplice e di pronta beva. Comincia ad avere<br />

un profilo più intrigante il Valpolicella Superiore: questo è<br />

il vino che nella nostra Denominazione presenta stili molti<br />

diversi, perché anche l’idea di ciascun produttore è molto<br />

personale. Se si pensa che per vinificarlo si fa già una selezione<br />

delle uve più belle rispetto al Valpolicella, ma comunque<br />

non quelle destinate all’Amarone, si comprende che<br />

rimane un vino spesso schiacciato tra Amarone e Ripasso.<br />

Un profilo elegante, tannini morbidi, leggero affinamento<br />

in botte, ma deve restare il frutto maturo, la buona acidità,<br />

una lieve nota di dolcezza, colore non troppo carico, bella<br />

lunghezza in bocca, intenso. I due più morbidi sono, infine,<br />

Ripasso e Amarone. E in particolare il primo deve evocare<br />

la morbidezza dell’Amarone, senza avere la stessa struttura,<br />

alcol e potenza. Quindi, deve esserci una morbidezza<br />

equilibrata, una tannicità discreta, una buona lunghezza in<br />

bocca. Note di frutta matura, rotondità, lievi note di frutta<br />

sotto spirito. Il colore è anche più intenso, con sfumature<br />

violacee. Sbagliato pensare che sia un piccolo Amarone: ha<br />

la sua identità. È un vino che va aspettato un po’, prima in<br />

bottiglia e poi nel bicchiere”. È da sempre racconto di alta<br />

collina quello dei Tedeschi, famiglia e realtà del vino cresciute<br />

dal 1630, di generazione in generazione, assieme alle<br />

proprie vigne. “Da produttori di vini Valpolicella cru riteniamo<br />

che il territorio avrà sempre più un’importanza strategica”,<br />

sottolinea Maria Sabrina Tedeschi. “E pensiamo<br />

che il vino è, e dovrà essere sempre più, identitario della<br />

sua zona di origine. Secondo noi deve, e dovrà essere,<br />

un vino capace di esprimere freschezza e ricchezza<br />

aromatica: un vino sicuramente gastronomico, che<br />

gioca sul grande equilibrio tra buona struttura, acidità<br />

ed eleganza, che esalta la beva. È nostro impegno,<br />

e lo sarà anche in futuro, lavorare per sorprendere il<br />

consumatore e fargli riscoprire la quotidianità del nostro<br />

territorio”. Il coraggio di puntare sull’innovazione<br />

sostenibile, con un occhio rivolto al mondo: è questo<br />

da sempre l’imperativo a guidare Famiglia Castagnedi,<br />

realtà vitivinicola d’eccellenza titolare della storica<br />

Tenuta Sant’Antonio. Come testimonia anche la visione<br />

del futuro della Valpolicella nel calice secondo<br />

Armando Castagnedi, titolare insieme ai fratelli della<br />

realtà veronese. “La Valpolicella a nostro avviso deve<br />

guardare al futuro con verticalità e pulizia, con vini<br />

capaci di sintetizzare profumi e aromi inconfondibili<br />

in una beva agile e croccante, in grado di pensare non solo<br />

al mercato e alla concorrenza locale, ma internazionale”,<br />

spiega. “In questo modo potranno specchiarsi al meglio i<br />

caratteri delle diverse aree della Valpolicella, restituendo<br />

in modo autentico tutte le sfumature del proprio iconico<br />

terroir. Nel nostro caso, di cui è ambasciatore il Valpolicella<br />

Doc Superiore La Bandina, vogliamo raccontare la mineralità<br />

data dal terreno calcareo, la grafite, la rotonda sapidità,<br />

abbinate ovviamente alle spezie e al croccante frutto rosso,<br />

che in un calice dalla pulizia sempre più ricercata emergono<br />

e si combinano sempre più: un bilanciamento, con l’uso<br />

attento e qualitativo dei legni in affinamento, tra verticalità<br />

e persistenza in una beva sempre più iconica”.<br />

Gli stessi orizzonti di un’innovazione capace d’innestarsi<br />

nel solco della tradizione che definiscono la visione di<br />

Armando Castagnedi,<br />

Riccardo Pasqua,<br />

Luca Bonetti<br />

e Maria Sabrina Tedeschi<br />

Pierangelo Tommasi,<br />

Federico Pellizzari<br />

e Nadia Zenato<br />

un’altra grande famiglia veronese del vino, quella di Riccardo<br />

Pasqua. “La nostra cantina sta guidando processi<br />

di innovazione e ricerca su numerosi progetti vitivinicoli,<br />

soprattutto i vini della Valpolicella”, sottolinea l’amministratore<br />

delegato di Pasqua Vigneti e Cantine. “Ci sono<br />

molte variabili di cui tenere conto cercando di progettare<br />

il futuro, in particolare il cambiamento climatico che influenza<br />

le stagioni e i cicli di vita della pianta e i tempi di<br />

maturazione delle uve. Stiamo adottando in vigneto stili di<br />

coltivazione più sostenibili che progressivamente stiamo<br />

estendendo a tutti i vigneti. Abbiamo intrapreso anni fa l’orientamento<br />

verso stili<br />

meno rotondi e opulenti,<br />

a favore di profili<br />

più agili, eleganti, femminili,<br />

talvolta austeri<br />

con l’ambizione della<br />

longevità. Oltre a questo,<br />

posso solo dire che<br />

la nostra visione del<br />

futuro è un laboratorio<br />

di ricerca, e in quanto<br />

tale protetta dal più<br />

stretto riserbo: invito quindi tutti a trovarla, scoprendola<br />

nei nostri prossimi progetti”. Per Federico Pellizzari, titolare<br />

con Chiara Turati di Terre di Leone, cantina nata nel<br />

2005 con l’obiettivo di parlare del terroir di origine vulcanica<br />

di Marano e delle sue caratteristiche uniche, la Valpolicella<br />

del futuro nel calice “dovrebbe rappresentare l’espressione<br />

più sincera del territorio, cartina tornasole delle<br />

differenti caratteristiche geomorfologiche e pedoclimatiche<br />

contenute negli oltre 8.500 ettari di cui è composta la<br />

Denominazione”. Per un vino “rispettoso della tradizione,<br />

non dimenticando mai l’importante concorso delle<br />

preziose uve autoctone, elegante, piacevole, equilibrato,<br />

capace di emozionare al punto da raccontare<br />

e valorizzare il territorio della Valpolicella come un<br />

infinito universo dove qualità della vita, sapori e paesaggi<br />

si fondono sapientemente in un calice”. 120<br />

anni di storia è il traguardo raggiunto negli scorsi<br />

12 mesi da Tommasi Family Estates. Una tappa<br />

importante a testimonianza del successo della sua<br />

eccellenza vitivinicola, per un’impresa familiare che<br />

pur non essendo oggi più solo veneta, ma italiana,<br />

mantiene ben salde le proprie radici in quella Valpolicella<br />

che Pierangelo Tommasi, alla guida del Gruppo<br />

insieme ai cugini, così delinea: “Lo stile nel calice della Valpolicella<br />

del futuro sarà assolutamente uno stile contemporaneo;<br />

uno stile elegante, che si è evoluto con il gusto dei<br />

consumatori, ma restando<br />

comunque fedele al territorio<br />

di appartenenza, alle<br />

tecniche di vinificazione<br />

e appassimento che si tramandano<br />

da generazioni<br />

e certamente fedele all’annata<br />

di cui sarà figlio ogni<br />

vino. Tutte caratteristiche<br />

da fine wine, nel pieno rispetto<br />

quindi del territorio,<br />

dell’annata e della mano<br />

dell’uomo. Uno stile che il consumatore ricercherà anche<br />

per la facilità di abbinamento con il cibo e per il piacere di<br />

un ottimo calice”. Una visione, quella della Valpolicella del<br />

futuro, che Nadia Zenato, rappresentate di un’altra storica<br />

famiglia del vino a queste latitudini, così tratteggia, chiosando:<br />

“Credo che sempre più andremo nella direzione di<br />

vini accattivanti e di grande bevibilità, figli della terra in cui<br />

nascono, capaci di raccontare le caratteristiche uniche ed<br />

irripetibili del territorio, dei vitigni autoctoni e dell’antica<br />

tradizione vitivinicola ad un consumatore sempre più informato,<br />

preparato e consapevole, e allo stesso tempo alla<br />

ricerca di emozioni ed esperienze. Vini adatti a tutte le occasioni,<br />

consumati con disinvoltura, che sanno lasciare il<br />

segno”. Quel che è certo, è che è un grande futuro quello<br />

che attende la Valpolicella, in bottiglia e nel calice.


15<br />

Horeca,<br />

avanti tutta!<br />

I numeri del fuori casa, la centralità della distribuzione<br />

e le novità a catalogo per il <strong>2023</strong><br />

TRADE<br />

DI ROBERTA RANCATI E MATTEO BORRÈ<br />

Il 2022 è stato ufficialmente l’anno della ripartenza per l’universo<br />

Horeca. Con la coda lunga del rilancio dei consumi fuori casa che<br />

è proseguita anche in questo inizio d’anno, ripartito con i motori<br />

mantenuto costantemente a pieni giri.<br />

Se il mondo della Grande distribuzione vive un periodo di difficoltà<br />

a causa dello scontato rimbalzo nelle vendite seguito alla fine delle restrizioni<br />

legate alla pandemia, quello che è la variopinta galassia di ristoranti,<br />

hotel, bar, catering ed enoteche ritrova, all’opposto, i numeri<br />

che il Covid-19 le aveva sottratto. Come evidenziato<br />

dall’Osservatorio Federvini curato da Nomisma e Trade-<br />

Lab, con la crescita del mercato dei consumi fuori casa registrata<br />

nei primi nove mesi del 2022, anche vino e spirits<br />

sono tornati a far segnare incrementi importanti (+38%),<br />

generando sul periodo 1,1 miliardi di consumazioni, valore<br />

destinato ad aumentare fino a 1,5 miliardi in quello che<br />

sarà il consuntivo finale degli scorsi 12 mesi.<br />

Le performance migliori appartengono ai canali di consumo<br />

serali, che nel 2021 più di altri avevano sofferto le<br />

chiusure dovute alla pandemia. Tra queste spiccano le categorie<br />

come gli spiriti lisci (+152%) e i cocktail alcolici<br />

(+40%). Altrettanto positive, ma leggermente inferiori, le<br />

performance delle categorie che trovano il loro sbocco principale nella<br />

ristorazione, canale che aveva già mostrato recuperi importanti da maggio<br />

2021. In particolare, da segnalare sono il +34% per gli amari e dopo pasto,<br />

il +30% per il vino e il +31% per le bollicine. In attesa del dato definitivo<br />

2022 e nonostante un contesto macroeconomico non dei più semplici,<br />

l’Osservatorio Federvini ha stimato una chiusura per il mercato del fuori<br />

casa negli scorsi 12 mesi a 90 miliardi di euro, per un +38% sul 2021<br />

e un +6% rispetto al 2019. È una crescita, quella dell’universo Horeca,<br />

strettamente connessa alla ripresa dei flussi turistici. In particolare, in<br />

Italia il numero degli arrivi dall’estero ha raggiunto, nel periodo tra gennaio<br />

e settembre scorsi, i quasi 42 milioni di visitatori stranieri, contro i<br />

20,7 milioni del 2021. A beneficiarne anche il vino, che secondo le stime<br />

dell’Osservatorio Wine Monitor, nel 2022 ha messo a segno un aumento<br />

del fatturato nel canale Horeca del +47% rispetto al 2021 (sempre avendo<br />

a riferimento il periodo tra gennaio e settembre scorsi).<br />

E il futuro dove conduce? Il recente Rapporto Italgrob –<br />

Censis offre una fotografia nitida dell’importanza centrale<br />

che il settore della distribuzione nel canale Horeca riveste<br />

per il Paese, sia sotto il profilo economico sia sociale,<br />

con 3.800 imprese, oltre 60 mila addetti e 17 miliardi di<br />

euro di fatturato. Al contempo, l’istantanea svela quanto<br />

il fuori casa sia diffuso tra i nostri connazionali. Il 92,9%<br />

degli italiani, infatti, dichiara che lo stare insieme per bere<br />

e mangiare è uno degli aspetti fondamentali dello stile di<br />

vita in Italia. Per un’opinione trasversale che spazia tra<br />

gruppi sociali e territori. Il 47,3% degli italiani, poi, quando<br />

esce la sera si reca in locali pubblici e, in particolare, in<br />

quelli nei territori della Movida: l’8,8% (oltre il 23% tra i<br />

giovani) lo fa quasi sempre, il 10% almeno una volta ogni quattro giorni,<br />

il 28,5% sempre. Al 40,3% dei nostri connazionali piacerebbe, inoltre,<br />

uscire di più, perché ritiene che avrebbe un effetto positivo sulla propria<br />

qualità della vita. Se, dunque, grazie all’allentarsi dell’emergenza sanitaria,<br />

il fuori casa è potuto ripartire, modulando l’offerta sulle nuove esigenze<br />

dei cittadini, il futuro, nonostante le nubi inflazionistiche, è più che mai<br />

dalla parte di un settore che ha una gran voglia di continuare a correre.


16<br />

TRADE<br />

C'è fermento nel mondo della distribuzione Horeca<br />

italiana. E per stare al passo con i nuovi trend e<br />

i gusti che si aggiornano, i protagonisti del settore<br />

sono quanto mai impegnati a rinnovare e arricchire<br />

le loro proposte a catalogo. Lo hanno evidenziato<br />

i tanti inserimenti a listino che hanno caratterizzato il 2022 in tema di<br />

vino e spirits, ma lo confermano anche i tanti ingressi che già in questo<br />

inizio <strong>2023</strong> hanno cominciato a fare capolino. La varesina Divisione<br />

Vini è pronta a finalizzare le prossime novità “Stiamo definendo i<br />

nuovi inserimenti”, spiega Roberto Ballarati, “tra loro, uno Chablis e<br />

un Sauternes, ma anche una cantina spagnola. Per l’Italia, invece, andremo<br />

ad aggiungere sicuramente una realtà dell’Etna, con un rosso e<br />

un bianco”. Forte di circa 2,2 milioni le bottiglie consegnate gli scorsi<br />

12 mesi e un fatturato cresciuto dai 21 milioni di euro del 2021<br />

ai quasi 24,5 dell’ultimo anno, già definite, invece, le<br />

novità per Cuzziol GrandiVini. “Per l’Italia a entrare<br />

in squadra sono la pugliese Garofano Cantine<br />

e Vigneti e Riofavara, azienda che va a completare<br />

con la Val di Noto il territorio siciliano”, spiega Luca<br />

Cuzziol. Otto, invece, le aziende tra i nuovi inserimenti<br />

esteri. “Domaine Roblot-Marchand, realtà a<br />

Chambolle-Musigny, villaggio dei Pinot Noir dalla<br />

finezza estrema; Domaine Muzard, che amplia la<br />

proposta di Pinot Noir del villaggio di Santenay;<br />

Francois de Givry, con Les Riames, il più piccolo<br />

Monopole della Côte de Beaune; Jean-Luc<br />

Mouillard, a completamento delle zone della<br />

Francia viticola, il Jura; Domaine de L’Idylle,<br />

dalla Savoia; Jaboulet, grande new entry in<br />

catalogo con La Chapelle, vino icona della<br />

Valle del Rodano; Mas Doix, azienda di riferimento<br />

del Priorat, area della Spagna fin<br />

ora non rappresentata; Bond, espressione di<br />

punta della Napa Valley”. Di livello anche gli<br />

ingressi a listino per Pellegrini, che ha mandato<br />

in archivio l’anno con un giro d’affari<br />

attestatosi a 22,5 milioni di euro e un nuovo<br />

record di 1.650.000 bottiglie distribuite. Il<br />

portfolio del distributore di Cisano Bergamasco<br />

si arricchirà alla fine del primo trimestre<br />

con quattro nuove aziende: Augusta<br />

Bargilli, dai Colli Orientali del Friuli, Ruiz de<br />

Cardenas, esponente dell’Oltrepò Pavese, Bodegas Felix Callejo, produttore<br />

spagnolo della Ribera del Duero e Quinta de Gomariz, azienda<br />

portoghese del Vinho Verde. “Nella seconda parte del <strong>2023</strong>,<br />

poi, in agenda sono previsti ulteriori inserimenti, tutti<br />

però ancora da definire nei dettagli”, spiega Pietro Pellegrini.<br />

Nuovi ingressi a catalogo, in questo inizio d’anno,<br />

anche per Proposta Vini, realtà che da più di 30 anni<br />

promuove la biodiversità viticola italiana ed europea.<br />

Con il portfolio del distributore trentino, che ha chiuso<br />

il 2022 con un fatturato di oltre 25 milioni, in incremento<br />

del 25% sul 2021, che si arricchisce di 31 nuove cantine,<br />

19 italiane e 12 straniere. “Le linee seguite per la selezione<br />

dei nuovi ingressi si basano sull’idea della costruzione<br />

di un grande mosaico viticolo e paesaggistico, dove<br />

ogni tessera è luce ed è fondamentale per la costruzione<br />

di un immagine più ampia”, spiega Gianluca<br />

Telloli. “Le parole cardine sono complementarità<br />

e riscoperta, con lo sguardo attento verso tutte le<br />

regioni viticole europee, come Serbia, Slovenia,<br />

Moldavia, Malaga e Bierzo in Spagna, La Clape nel<br />

sud della Francia, e le bollicine da varietà e luoghi<br />

poco noti, come Slovenia, Val Germanasca, Val di<br />

Non, Caluso e Monti Lessini”. Tre i nuovi ingressi<br />

a catalogo per Rinaldi 1957. “A iniziare da Terre<br />

Rosse Vallania, azienda storica dei colli bolognesi<br />

da poco prelevata da due ragazzi giovanissimi”,<br />

evidenzia Carmen Popa. “Si parte dalla linea Perditempo,<br />

fresca e immediata, con Chardonnay,<br />

Merlot e un Pignoletto rifermentato in bottiglia;<br />

poi altre tre etichette: il 995, un interessante Pignoletto<br />

Metodo Classico Dosaggio Zero, il Cabernet Sauvignon<br />

Terre Rosse e il Sauvignon Blanc Vite Piccola”. Poi, in portfolio<br />

per Rinaldi 1957 arriva Cantina Piazzo. “Nel cuore delle Langhe da tre<br />

generazioni, propongono i classici tra rossi e bianchi, ma da poco hanno<br />

iniziato anche la produzione di un Metodo Classico<br />

Millesimato Ritorno in Alta Langa”. Infine, Gambrinus,<br />

cantina storica nella terra del Piave. “Abbiamo scelto tre<br />

etichette”, conclude la brand ambassador: “l’Adriano<br />

Malanotte del Piave Docg, un Merlot Doc Venezia e<br />

un Cabernet Sauvignon, sempre Doc Venezia. La chicca<br />

della cantina, però, è Elisir, il liquore storico della<br />

famiglia Zanotto, da uve Raboso lasciate a maturare<br />

con zucchero di canna e aromi naturali selezionati<br />

secondo la ricetta originale segreta”. Dopo il pieno<br />

degli scorsi 12 mesi, tra Italia e Francia, Partesa<br />

non manca neanche nel <strong>2023</strong> di proporre alcune<br />

novità fin da inizio anno. “Abbiamo fatto poche<br />

ma mirate aggiunte”, sottolinea Alessandro Rossi,<br />

“da Cantine Monrubio, realtà al cuore della<br />

Doc Orvieto, all’Azienda Agricola Fiorentino,<br />

giovane cantina avellinese della Docg Taurasi,<br />

passando per i prestigiosi Sauternes di Château<br />

de Fargues e l’unicità di Boutique Winery, progetto<br />

altoatesino che ruota attorno ai vitigni<br />

resistenti Piwi, in particolare il Solaris”. Lo specialista<br />

delle produzioni ricercate Sun Import<br />

scommette sugli Stati Uniti in questo inizio<br />

<strong>2023</strong>, con Hiyu Wine Farm, tenuta in Oregon di<br />

circa 12 ettari suddivisa in tanti appezzamenti,<br />

ognuno con la propria unicità. Qui Nate Ready e<br />

China Tresemer hanno dato vita a uno dei progetti<br />

d’ispirazione borgognona più autentici e di valore, per<br />

bottiglie ricercatissime e a tiratura limitata che saranno<br />

disponibili sul mercato italiano da giugno. L’unicità è<br />

quanto caratterizza anche il catalogo di Elemento Indigeno,<br />

che in questo inizio d’anno si arricchisce con<br />

nuovi volti. Produttori da ogni angolo del mondo, a<br />

iniziare dalla culla del vino, la Georgia, con Chona’s<br />

Marani, realtà di Telavi, nella regione vitivinicola più<br />

conosciuta della Georgia, il Kakheti, e Tevza Winery,<br />

da Saguramo, pochi chilometri a Nord di<br />

Tbilisi, tra le montagne del Mtskheta, nella vocata<br />

regione del Kartli. Poi la Francia: con il Bordeaux<br />

fuori dagli schemi di Château de Cranne;<br />

il Rodano dei giovani talenti Thomas de Lageneste<br />

e Cyprien Junique del progetto Vindiou;<br />

l’essenzialità della Borgogna di Domaine Alain<br />

Mathias; la Loira creativa e poliedrica di Boisson<br />

Vivante e quella spontanea ed emozionante<br />

di Vinilibre. Infine, spazio ai liquori dimenticati<br />

di Guillame Ferroni con, Serie des Lumieres, e<br />

al nuovo progetto della calabrese Trombino &<br />

Sons. A chiudere sono le ultime novità della più<br />

spumeggiante tra le distribuzioni italiane:<br />

Première. Per De Venoge, sbarcano<br />

Cordon Bleu Extra-Brut, Rosé<br />

Brut, Blanc de Noirs Brut e Millesimato<br />

Brut, oltra alle limited edition<br />

Princes Brut 1° Edizione, Grand Vin<br />

des Princes 2014 e 2015, anche Rosé<br />

2015, e Louis XV 2014 Brut. Tra i Vigneron,<br />

diverse le etichette aggiunte<br />

a catalogo tra i volti storici distribuiti<br />

dalla realtà emiliana, che in squadra<br />

inserisce anche gli Champagne<br />

Roulot-Fournier. Dall’Italia, spumeggiante<br />

new entry è il Metodo<br />

Classico della veronese<br />

Corte Quaiara, mentre la collezione<br />

di vini francesi di Divinport<br />

si arricchisce con i Pauillac<br />

di Château Duhart-Milon,<br />

i Pomerol di Château L’Évangile<br />

e due novità dalla Languedoc-Roussillon<br />

di Mas<br />

Amiel. Infine, il progetto dei<br />

“vini da proteggere” Enosfera<br />

si completa con Barbera d’Asti<br />

e Nebbiolo del Monferrato di<br />

All’Insù.


17<br />

Sagna e i nuovi<br />

orizzonti dei consumi<br />

Dopo un anno da record, il distributore di Revigliasco<br />

Torinese amplia lo sguardo con le new entry Mad Spirits<br />

Sagna S.p.A compie 95 anni dopo aver chiuso<br />

i migliori 12 mesi della sua storia. L’azienda,<br />

fondata nel 1928 dal Barone Amerigo Sagna,<br />

fin dai suoi esordi si è specializzata nell’importazione<br />

e distribuzione di vini, liquori e distillati<br />

d’altissima qualità. “Con 36 milioni di euro si tratta<br />

certamente del risultato più alto di tutta la storia aziendale”,<br />

spiega Carlo Alberto Sagna, quarta generazione della<br />

famiglia alla guida della realtà di Revigliasco<br />

Torinese. “Un traguardo raggiunto grazie<br />

a una serie di fattori, in equilibrio tra di<br />

loro: quattro nuovi mandati italiani,<br />

ovvero Canalicchio di Sopra, Querciabella,<br />

Palmento Costanzo e Carlo<br />

Hauner, oltre 20 agenti nuovi in province<br />

prima scoperte, una comunicazione<br />

capillare e profonda e l‘organizzazione<br />

di eventi. Attività che hanno<br />

consentito di attivare collaborazioni con<br />

quasi 2mila nuovi clienti in tutto il Paese”. In<br />

prima fila, per Sagna, anche nel 2022 le bollicine<br />

più pregiate. “La vendita degli Champagne Louis Roederer<br />

resta la prima voce dei ricavi seguita da quella dei vini<br />

francesi sui quali abbiamo puntato molto: dal Rodano, con<br />

l’incremento delle etichette di Delas Frères, al Beaujolas e<br />

Borgogna, con i Gamay e Pinot Noir del Domaine Pierre<br />

Ferraud”, riprende Carlo Alberto Sagna. Ma non viene<br />

meno l’attenzione riservata anche all’universo di distillati<br />

DI MATTEO BORRÈ<br />

e liquori, con focus sulla formazione e l’aggiornamento dei<br />

professionisti di settore. “Oltre alla partecipazione di numerosi<br />

saloni legati agli Spirits, come il Roma Bar Show, abbiamo<br />

creduto ed investito in una due giorni di degustazione<br />

per i soli addetti al settore: la prima edizione dei Sagna<br />

Days ha visto il coinvolgimento di oltre 35 produttori da<br />

tutto il mondo, nove masterclass condotte da esperti quali<br />

Andrea Gori, Armando Castagno, Luca Di Francia e<br />

Luca Picchi, per un totale di oltre 600 presenze”.<br />

Anche nel <strong>2023</strong> Sagna lavora per confermare<br />

quanto di buono fatto. “Per il<br />

<strong>2023</strong> ci aspettiamo lo stesso risultato:<br />

in questo periodo siamo tutti coinvolti<br />

nella pianificazione delle numerose<br />

attività che ci accompagneranno per<br />

tutto l’anno”. In attesa di una new entry<br />

dalla Svizzera, che presto arricchirà<br />

il catalogo del distributore piemontese,<br />

si riparte andando ad intercettare i nuovi<br />

trend di consumo, con progetti che guardano<br />

in profondità al mondo della mixology, nelle sue<br />

prospettive più originali e attuali. Al centro c’è la partnership<br />

siglata con Mad Spirits, progetto del classe 1984 Neri<br />

Fantechi (in foto, a sinistra), che ha dato vita a una linea<br />

di prodotti variegati, dagli accostamenti e sapori audaci. Si<br />

tratta di liquori a basso tenore alcolico, intorno ai 25% Vol.<br />

in media, che nella loro spiccata versatilità si prestano sia al<br />

bere miscelato, sia alla degustazione tal quale, a temperatu-<br />

ra ambiente. “Quello di Mad Spirits è un progetto personale<br />

su cui ho cominciato a lavorare nel 2019”, spiega Neri<br />

Fantechi. “Dopo un lungo lavoro di ricettazione, ha visto<br />

poi la luce lo scorso anno, in concomitanza con l’incontro<br />

al Roma Bar Show con Carlo Alberto e Leonardo Sagna,<br />

con cui subito si è instaurata un’intesa”. Ora che la gamma<br />

è completa e i prodotti sono pronti, il via alla collaborazione.<br />

“Sagna ha scelto come uno dei suoi focus per il <strong>2023</strong><br />

la miscelazione e la mia linea di prodotti si presta perfettamente<br />

a questo ambito, ma è anche un prodotto capace<br />

di attrarre chi desidera ampliare la propria offerta con un<br />

tocco di originalità se guardiamo all’universo delle enoteche<br />

e dei negozi specializzati in referenze di alta livello”. Gli<br />

ingredienti che definiscono le proposte firmate Mad Spirits,<br />

ben bilanciati, si esprimono con profili aromatici netti,<br />

enfatizzati dalla bassa percentuale di zucchero. “Il fattore<br />

che rende uniche le nostre ricette è una percezione alcolica<br />

differente dai tradizionali liquori”, spiega Fantechi. “Siamo<br />

partiti da frutta fresca e spezie, proseguito con lavorazioni<br />

abbastanza lunghe, per giungere a fornire un risultato capace<br />

di esaltare la freschezza degli abbinamenti”. Si spazia<br />

così dall’erbaceo, speziato, fresco del matrimonio tra Camomilla<br />

e Peperoni verdi, allo speziato, aromatico, esotico<br />

dell’incontro tra Passion fruit e Timo, passando per l’agrumato,<br />

aromatico, amaro di Mandarino e Rabarbaro, il fruttato,<br />

piccante, acidulo di Fragola, Habanero e Lime, il dolce,<br />

esotico, elegante di Mirtillo e Milky Oolong Tea, fino al<br />

fruttato, dolce, acetico di Lamponi e Aceto di Melagrana.<br />

“Tutte ricette low sugar, di media 140 g/l di zucchero: pochissimo,<br />

se si considerano gli oltre 300 g/l della classica<br />

liquoristica da miscelazione”, spiega l’ideatore di Mad Spirits.<br />

“Una scelta che ci permette di fare apprezzare al palato<br />

tutte le sfumature dei diversi profili aromatici degli ingredienti<br />

utilizzati, regalando inaspettate sorprese nella complessità<br />

di percezione tra naso e bocca”. Aggiunge Fantechi:<br />

“Quello che sto provando a fare è una piccola rivoluzione<br />

in particolare sugli abbinamenti di sapore, con scelte anche<br />

estrose, come nel caso Lamponi e Aceto di Melagrana o<br />

Mirtillo e Milky Oolong Tea. Desidero offrire al panorama<br />

del bar, e non, una serie di nuovi gusti”. Per una novità che,<br />

grazie al supporto della rete Sagna, mira anche a conquistare<br />

il mondo delle enoteche. “Siamo molto allineati sugli<br />

obiettivi distributivi”, chiosa Neri Fantechi. “Parliamo di<br />

prodotti ottimi anche per un consumo casalingo e non soltanto<br />

per essere bevuti tal quali. Stiamo, infatti, lavorando<br />

su una proposta di cocktail semplici e incentrati sui liquori<br />

Mad Spirits quali cardini dei drink. Uno degli esempi più<br />

riusciti è un Cuba Libre con la ricetta Mandarino e Rabarbaro<br />

completata da Lime e Coca Cola: spettacolare. E con<br />

l’aggiunta di qualche goccia di un Rum aromatica diventa<br />

ancora più eccezionale, sempre nella semplicità di una<br />

preparazione che non richiede né grandi doti, né strumenti<br />

particolari”. Un mix d’ingredienti vincenti, per un <strong>2023</strong> che<br />

il fondatore di Mad Spirits confida possa essere l’anno della<br />

liquoristica: “Una categoria di prodotto spesso considerata<br />

meno rilevante rispetto al distillato, ma che merita il centro<br />

del palcoscenico con tante novità di alto livello: oggi, con<br />

Sagna, stiamo lavorando in quella direzione”.<br />

NUOVI CODICI


18<br />

ZOOM<br />

L’ottima annata<br />

del Gruppo Meregalli<br />

Il distributore batte i propri record e rilancia con i<br />

nuovi inserimenti a listino e una rivoluzione tecnologica<br />

Un’ottima annata, di quelle da ricordare,<br />

proprio come accade per i grandi vini che<br />

distribuisce. Il 2022 si è chiuso con una<br />

forte crescita per Gruppo Meregalli, che<br />

ha superato la performance 2021, già anno<br />

record in termini di fatturato. I 12 mesi precedenti rappresentavano<br />

inizialmente un traguardo da pareggiare per la<br />

realtà distributiva di vini e spirits, ma invece è stato superato.<br />

D’altronde i record servono proprio per poter fissare<br />

ancora più in alto l’asticella, come è di nuovo successo. Gli<br />

scorsi 12 mesi sono andati in archivio con il distributore<br />

lombardo che ha fatto registrare un fatturato totale superiore<br />

ai 92 milioni di euro, per un +14,16% rispetto all’anno<br />

precedente. Osservando nel dettaglio, Meregalli Wines<br />

ha chiuso in aumento del 10,7%, Meregalli Spirits del<br />

+7,03% e Visconti43 del +45,22%, per un totale vendite<br />

Italia a far segnare un +12,32%. Ma positive le performance<br />

anche oltreconfine, con le consociate estere a confermare<br />

il trend tricolore 2022: Meregalli France e Meregalli<br />

Monaco con un aumento del fatturato del 28,59% e Meregalli<br />

Suisse con un incremento del 4,02%.<br />

Numeri significativi, ancor più laddove messi a confronto<br />

col 2019, anno di riferimento perché spartiacque tra un<br />

prima e un dopo che ha cambiato il mercato e le abitudini<br />

di consumo. Il fatturato totale del canale che Gruppo<br />

Meregalli indica come “mescita”, comprensivo di Ristoranti,<br />

Hotel, Bar e Catering, mette a referto una crescita<br />

del +33,56% rispetto all’anno pre-pandemia, con la voce<br />

DI MATTEO BORRÈ<br />

Hotel a registrare un incremento importante del 60%. Ancora<br />

più ampio è il margine delle vendite “a corpo”, per un<br />

fatturato 2022 che segna +40,78% rispetto al 2019.<br />

“La distribuzione è diventata imprescindibile in un mondo<br />

che richiede di condensare i costi ma al tempo stesso<br />

esige un servizio veloce ed efficiente: Gruppo Meregalli è<br />

stato e dovrà essere sempre più all’avanguardia e leader su<br />

questi valori”, sottolinea Marcello Meregalli, amministratore<br />

delegato (in foto). “Gli anni di pandemia sembravano<br />

aver spostato di molto la centralità dell’uomo verso la sola<br />

tecnologia: con piacere possiamo affermare che per noi<br />

e per il nostro settore, l’uomo è più centrale di prima sul<br />

cosa fare, e al tempo stesso la tecnologia è diventata fondamentale<br />

sul come fare”. Ed è proprio da nuovi volti che<br />

riparte il <strong>2023</strong> di Gruppo Meregalli: quelli di vignaioli e<br />

cantine che caratterizzano i numerosi inserimenti a listino,<br />

spaziando in diverse regioni dell’Europa vinicola e oltre.<br />

In portfolio entrano Marques de Riscal dal cuore della<br />

Rioja, Conte Vistarino dall’Oltrepò Pavese, la campana<br />

Villa Matilde della zona del Massico, ma anche La Collina<br />

dei Ciliegi in Valpantena, Borgo Maragliano dalla zona<br />

della Langa Astigiana, SanSteva e Poggio dei Gorleri dal<br />

Ponente Ligure, Boroli dalle colline del Barolo, Ken Forrester<br />

dal Sudafrica nella selvaggia terra dello Chenin Blanc,<br />

Chassenay d’Arce per la Champagne, Maison Champy a<br />

Beaune e il biologico, artigianale e made in France Anaë<br />

Gin. Al contempo, la realtà monzese ha scelto d’impegnarsi<br />

anche sul fronte del miglioramento e della velocizzazio-<br />

ne dei processi di lavoro, attraverso l’aumento della capacità<br />

della logistica, grazie a un nuovo sistema multipiano<br />

verticale per ottimizzare le scorte e picking con l’utilizzo<br />

di un nuovo sistema di gestione e rotazione merce, o l’implementazione<br />

del Crm, per la gestione automatizzata dei<br />

contatti e operazioni quotidiane. Particolare attenzione,<br />

poi, è stata riservata in questo inizio d’anno al rapporto<br />

con la rete vendita, per la quale è stata creata una sezione<br />

dedicata sul sito internet, con l’area riservata agenti, dashboard<br />

che offre strumenti di lavoro sempre aggiornati,<br />

quali dati di vendita e amministrativi, statistiche, link rapidi,<br />

per essere informati in tempo reale. Infine, e non meno<br />

decisivo, lo sviluppo nei prossimi mesi della partnership<br />

tra Gruppo Meregalli, La Collina dei Ciliegi e ADVini,<br />

che hanno costituito una nuova società di distribuzione<br />

con quote paritarie: AMCVini Spa. Da questa unione nasce<br />

Duomo 18 il nuovo Wine & Life Style Club in Piazza<br />

Duomo a Milano, la cui inaugurazione è prevista in agenda<br />

a ridosso della prossima estate. “Il futuro del nostro<br />

Gruppo vedrà una ripresa degli eventi ma con uno stile<br />

differente: non più eventi di grande portata, dove è difficile<br />

dare la giusta attenzione agli ospiti, ma eventi taylor<br />

made diffusi sul territorio”, evidenzia Marcello Meregalli.<br />

“La formazione sarà sempre un punto cardine, ma finalmente,<br />

oltre che di prodotto, si parlerà anche di economia<br />

di gestione, tecniche di vendita e psicologia del cliente:<br />

queste le tematiche su cui stiamo delineando i nuovi corsi<br />

formativi in atto”. Lato tecnologico, oltre ai già importanti<br />

progetti introdotti quali Crm, collegamento clienti, App<br />

per gli agenti e nuova informatica di gestione logistica,<br />

per settembre l’amministratore delegato di Gruppo Meregalli<br />

annuncia il lancio di una nuova piattaforma. “Un<br />

investimento importante dedicato alla creazione di un<br />

nuovo software per il collegamento in real time coi nostri<br />

agenti. Invio e tracciamento ordini, gestione assegnazioni,<br />

situazione crediti e molto altro saranno gestiti da questo<br />

software in real time. Nasce sulla base di un nostro progetto<br />

pensato nel 2001 ed evoluto fino ad oggi, frutto del<br />

bisogno di un maggiore livello di personalizzazione che ci<br />

ha portato a creare il nostro sistema operativo: questo sarà<br />

poi introdotto sul mercato a disposizione di altre aziende<br />

di settore”. Avanti tutta, dunque. “Il futuro ci vedrà impegnati<br />

ancor più come partner di alcuni nostri fornitori<br />

come soci in quota di minoranza. Con alcuni di essi stiamo<br />

valutando degli ingressi nel capitale, per unire ancora<br />

di più le nostre aziende e per dare un boost all’ampliamento<br />

della capacità produttiva che oggi necessitiamo”,<br />

aggiunge Marcello Meregalli, che conclude: “Con l’estate<br />

<strong>2023</strong>, le sedi di Gruppo Meregalli in Italia e Tenuta Fertuna<br />

saranno coperte da un totale di 380 kw di energia<br />

solare per un progetto di sostenibilità che abbiamo deciso<br />

concretamente di perseguire. Il futuro più a lungo termine<br />

vedrà, poi, una maggiore spinta sul canale dei fine wine,<br />

con un’importante partnership e struttura dedicata. Stiamo<br />

inoltre valutando se attuare una partnership o creare<br />

ex novo, una nuova società distributiva con peculiarità<br />

e tipologie integrabili al nostro portfolio già esistente”.<br />

Perché Gruppo Meregalli ha nuovi record da battere.


19<br />

Un nuovo vino, il secondo parcellare di Francesco Ripaccioli, che fa il suo<br />

debutto in una annata già tanto chiacchierata. È il Brunello di Montalcino<br />

Docg Montosoli 2018 Canalicchio di Sopra, il frutto dell’omonima<br />

collina a Nord di Montalcino. Per un’etichetta che mira a esaltare le caratteristiche<br />

di un’area che, rispetto alle altre della Denominazione, regala<br />

vini inconfondibili, per freschezza, tannini vibranti, una certa dinamicità<br />

e un centro bocca più incisivo. A Montosoli si è scelta la porzione più<br />

adatta per esaltare le caratteristiche del climat, in una sorta di “quadratura<br />

del cerchio”: il primo pezzo di terra, un campo incolto, acquistato nel<br />

1962 dal fondatore di Canalicchio di Sopra, Primo Pacenti, è stato proprio<br />

all’interno di questa collina. Per un modello di gusto e stile che mancava<br />

tra le versioni proposte nell’universo del Brunello. E nel bicchiere si può<br />

dire: “Buona la prima!”.<br />

COLLECTION


20<br />

COLLECTION<br />

Vini dell’altro mondo, nel senso letterale del termine. Per profilo, per gusto e soprattutto<br />

per origine. Il ruggente ritorno del Cabernet Sauvignon della California sulla ribalta<br />

italiana, grazie a una collezione di campioni del “bere internazionale”. Quello dipinto nel<br />

calice da Bond è un affresco dei migliori terroir della Napa Valley. Ognuno con la propria<br />

personalità, a svelare l’identità dei “Grand Cru” selezionati in collina e a far comprendere<br />

fin dove si può spingere la frontiera del vino californiano. Ispirazione di stampo europeo,<br />

visione pioneristica americana, che in St.Eden Napa Valley Red Wine 2018 Bond e<br />

in Pluribus Napa Valley Red Wine 2018 Bond si fanno racconto delle due opposte<br />

sponde del Napa River. Il primo, che ha origine da terreni di roccia vulcanica, è raffinato,<br />

diretto, serio al palato con i suoi tratti da intellettuale. Il secondo, figlio di una zona<br />

storica dove le prime vigne furono impiantate già nel 1870, è balsamico e dal tannino<br />

importante, ma soprattutto misterioso nel suo oscillare tra luminosità e impenetrabilità.


21<br />

Sulle colline di Loazzolo, in provincia<br />

di Asti, immersi in un paesaggio da<br />

cartolina, crescono i vigneti di Borgo<br />

Maragliano. Una realtà d’Alta Langa<br />

situata in una zona dove il clima molto<br />

ventilato e una buona escursione<br />

termica creano le condizioni ottimali<br />

per la maturazione di uve perfette per<br />

la produzione di Metodo Classico.<br />

Dogma Brut Nature Blanc de Noirs<br />

Borgo Maragliano è il Pinot Nero in<br />

purezza della cantina, che matura sui<br />

lieviti per circa 36 Mesi e non è dosato.<br />

Il nome, che in greco sta a significare<br />

“credo”, vuole trasmettere l’amore e la<br />

passione del produttore verso questo<br />

vitigno. Si tratta di un vino dal quale<br />

emergono diversi sentori: miele<br />

di castagno, sottobosco, tartufo,<br />

tabacco, cuoio. Un corredo olfattivo<br />

di grande complessità, che in<br />

bocca stupisce con il suo perfetto<br />

equilibrio.<br />

COLLECTION<br />

La storia del Pinot Nero in Italia: fu il conte Carlo, a<br />

metà ‘800, il primo a importare in Oltrepò le preziose<br />

barbatelle francesi, battezzando il primo Metodo<br />

Classico Brut made in Italy nella tenuta di Rocca<br />

de’ Giorgi. L’Italia delle bollicine “s’è desta”. Con la<br />

tenuta pavese che lungo il corso del tempo consolida la<br />

sua fama di “Casa del Pinot Nero”. E se alla memoria<br />

del pioniere è dedicato il Metodo Classico bandiera,<br />

il 1865, il Saignée della Rocca Brut Metodo<br />

Classico Oltrepò Pavese Docg Conte Vistarino<br />

scrive un altro capitolo dello spumeggiante racconto<br />

dell’azienda oggi guidata da Ottavia Giorgi Vistarino.<br />

È la breve macerazione in pressa che dona a questa<br />

pregiata bollicina il tipico colore buccia di cipolla. E<br />

dopo almeno 24 mesi sui lieviti, in bocca si presenta<br />

complessa, morbida e avvolgente, accompagnata da<br />

un’ottima freschezza.


22<br />

COLLECTION<br />

È nato prima il mito del ciclismo o il Vigneron di montagna che con la<br />

sua cantina ha fatto delle bollicine un’arte? Poco importa. Esattamente<br />

come non è fondamentale stabilire se il nuovo Blauen Blanc de Noirs<br />

Trentodoc Extra Brut 2015 Moser deve il particolare nome più a un<br />

valzer di Johann Strauss o alla denominazione tedesca, Blauburgunder,<br />

dell’uva che gli dà forma, il Pinot Nero. Prodotto dai migliori frutti<br />

di Maso Warth, provenienti da un unico vigneto, il Dòs dei Cedri,<br />

da vigne degli anni ‘80 allevate a pergola trentina, l’ultimo nato della<br />

cantina dell’ex record man dell’ora affina per 72 mesi sui lieviti in<br />

bottiglia. Realizzato in meno di 3mila esemplari, si presenta con i suoi<br />

riflessi bronzei, che introducono un Metodo Classico gastronomico,<br />

etereo, minerale e vibrante.


24<br />

FOCUS ON<br />

Photo: aesop-wines-unsplash<br />

Rosé<br />

senza stagioni<br />

Viaggio al cuore di un fenomeno abile nel soddisfare<br />

i palati più semplici e incuriosire i più sofisticati<br />

DI IRENE FORNI<br />

Accattivanti, versatili e di alta qualità. Queste sono le<br />

parole che vengono utilizzate più spesso, nel recente<br />

periodo, per descrivere i vini rosati. C’è infatti un nuovo<br />

modo di vedere ed interpretare queste produzioni<br />

dalla veste rosa, che per molto tempo sono state poste<br />

in secondo piano, considerate qualitativamente inferiori ed erroneamente<br />

rilegate a specifici momenti e stagioni di consumo. Invece<br />

– e per fortuna! – oggi i vini rosati stanno attraversando<br />

un momento estremamente positivo in termine di<br />

consumo, percezione e vendite, tanto da disegnare<br />

un vero e proprio trend nel mercato del vino,<br />

con importanti e considerevoli investimenti<br />

da parte delle aziende vinicole sia a livello di<br />

produzione sia di comunicazione degli stessi.<br />

A trainare il carro dei rosé c’è la Francia, territorio<br />

che da sempre coltiva una grande cultura<br />

del vino rosato e che differentemente da altri<br />

Paesi ha sempre scommesso sul grande potenziale<br />

di questa tipologia. Una visione che ha permesso<br />

al territorio d’Oltralpe di assicurarsi il titolo di Paese<br />

con la qualità più alta in rapporto alla produzione, accaparrandosi<br />

mercati e podi, ma soprattutto dando il via ad un vero<br />

e proprio movimento di rivalutazione di questi vini in versione “en<br />

rose”. E l’Italia? Anche il nostro Paese nell’ultimo decennio ha cercato<br />

di cavalcare l’onda rosa del vino, registrando una forte crescita<br />

a livello di investimenti e produzioni. Tuttavia, comparando l’alto<br />

potenziale che il territorio vinicolo italiano può offrire al mondo<br />

dei vini rosati con l’effettiva e attuale produzione, i passi avanti da<br />

compiere sono certamente ancora molti per poter far fronte alla forte<br />

richiesta del mercato di vini rosati italiani. Dall’ultimo arrivato<br />

in ordine temporale, il Prosecco Doc, agli universi storici del rosé<br />

tricolore, come Chiaretto di Bardolino, Castel del Monte, Salice Salentino,<br />

Valtènesi, Cerasuolo d’Abruzzo e Cirò, queste le Denominazioni<br />

che più marcano il movimento dei vini rosati made in Italy. Ma<br />

visto l’alto potenziale produttivo del nostro Paese, molte altre potrebbero<br />

essere nel prossimo futuro le zone di produzione<br />

del rosé. Dopo tutto, il territorio vitivinicolo italiano<br />

con la sua grande varietà di vitigni e le differenti e<br />

peculiari situazioni pedoclimatiche può ben assicurarsi<br />

il podio produttivo del vino rosa, continuando<br />

e amplificando questo positivo trend<br />

che tanto piace al consumatore. Ed è proprio il<br />

cliente finale che è oggi alla ricerca e scoperta<br />

di questi vini, che – come detto – hanno saputo<br />

slacciarsi dal ruolo dei vini dell’estate, banali e<br />

dal gusto “femminile”. Oggi i rosé sono dei vini<br />

estremamente versatili, caratteristici e perfetti testimoni<br />

dei differenti terroir. Vini senza stagionalità,<br />

capaci di spaziare il loro impiego sulle molteplici e diverse<br />

cucine, regionali e internazionali, abili nel soddisfare i palati più<br />

semplici e incuriosire i più sofisticati. Per marcare stretto questo<br />

movimento in rosa, abbiamo stilato una nostra selezione di rosati<br />

da assaggiare. Dai territori “classici” del rosé italiano a una rarità<br />

d’Oltralpe, tra etichette consolidate della tradizione a produzioni<br />

in via di sperimentazione, ecco qualche nostro assaggio e suggerimento<br />

per cambiare in rosa la vostra prossima bottiglia da degustare.


25<br />

Il nostro viaggio in rosa inizia da Oltralpe, con il Domaine Ott<br />

Étoile Rosé Vin de Provence (3), una cuvée sartoriale unione<br />

delle migliori uve delle diverse proprietà. Questo rosé decisamente<br />

provenzale è un vino raro dal carattere aromatico e succoso,<br />

perfettamente in linea con lo stile Ott. Un rosato di Provenza<br />

ottenuto con uve Grenache e Mourvèdre che si presenta di un<br />

colore rosa cerasuolo e sprigiona al naso note di agrumi, leggere note<br />

di piccoli frutti rossi ed erbe aromatiche. Il sorso è ricco, croccate e<br />

fresco, tracciato da una piacevole nota sapida.<br />

L’ultima aggiunta nell’universo dei rosati nostrani è quella della<br />

bollicina più venduta al mondo. Con il Montelvini Prosecco<br />

Brut Rosé Millesimato Doc Treviso (1) ci troviamo davanti a<br />

un incontro tra uve Glera e Pinot Nero che si presenta di colore<br />

rosa tenue, dal perlage fine e continuo. Al naso propone delicati<br />

profumi freschi e floreali, note di piccoli frutti rossi come lampone<br />

e ribes. Il sorso è vivace, armonico e la bolla, fine e persistente,<br />

regala una piacevole sensazione di cremosità. Chiude fresco e<br />

lievemente sapido.<br />

Restando in tema bollicine, il Contadi Castaldi Franciacorta<br />

Docg Brut Rosé (8) è uno spumante Metodo Classico di medio<br />

corpo, morbido e profumato, affinato sui lieviti in bottiglia per<br />

almeno 24 mesi. Si presenta di colore rosa corallo con un perlage<br />

fine e vivace. Al naso propone note di piccoli frutti rossi, ribes,<br />

mora, lampone e fragole. Al palato è molto equilibrato, fresco e<br />

richiama la beva.<br />

È una scelta unconventional quella del Pasqua 11<br />

Minutes Rosé delle Venezie Igt (4), rosato ottenuto<br />

dall’incontro tra uve Croatina, Trebbiano di<br />

Lugana, Syrah e Carmenère per un vino fresco e<br />

vivace. Il colore è rosa tenue, brillante e luminoso. Il naso è ricco di<br />

note floreali e fruttate di fragola, melagrana e ciliegia, e chiude lievemente<br />

speziato. Il sorso è scorrevole ma di buona struttura. Chiude<br />

persistente ed elegante.Il Ca’ dei Frati Rosa dei Frati (10) è un vino<br />

rosato delle rive meridionali del Benaco<br />

ottenuto con uve Groppello, Marzemino,<br />

Sangiovese e Barbera. Nel<br />

bicchiere si presenta di colore rosa tenue.<br />

Al naso regala note fruttate di mela<br />

verde e ciliegia, oltre a piacevoli sensazioni floreali. In bocca è fresco<br />

e delicato con una piacevole e spiccata acidità che ne facilità la beva,<br />

rendendolo un vino molto versatile per ogni occasione.<br />

Singolare espressione piemontese è il Cantine Nervi Il Rosato Conterno<br />

(6), ottenuto con uve Nebbiolo e Uva Rara, che alla vista si presenta<br />

di un bel colore rosa tenue con riflessi lievemente aranciati. Al<br />

naso è floreale e fruttato, con note di fragola, frutti di bosco ed erbe<br />

aromatiche. Il sorso è fresco, succoso e propone note agrumate e lievemente<br />

speziate.<br />

Una medesima singolarità la offre nell’altra grande patria del vino italiano,<br />

la Toscana, il San Felice Perolla Toscano Rosato Igt (5), rosé<br />

prodotto nel territorio del Chianti Classico è ottenuto con uve Sangiovese<br />

e Cabernet Sauvignon. Nel bicchiere si presenta di un colore<br />

rosa cerasuolo limpido e propone al naso un piacevole ventaglio di<br />

profumi freschi e leggeri di frutta, da cui spiccano lampone, fragola e<br />

ciliegia. Al palato è di buona struttura, elegante e molto equilibrato.<br />

Fine sorso pulito e mediamente persistente.<br />

Rotta, infine, verso Sud. A iniziare con un rosé di Sicilia semplice<br />

ma mai banale, prodotto con uve Nerello Mascalese, come il Torre<br />

Mora Scalunera Etna Rosato Doc (2). Nel bicchiere si presenta<br />

di color rosa tenue. Il naso è delicato e propone frutti rossi, lievi<br />

note floreali e accenni speziati. Al palato, l’assaggio è piacevolmente<br />

equilibrato e chiude il sorso lievemente sapido e lungo.<br />

Il San Salvatore Aglianico di Vetere Paestum Igt (9) è, invece,<br />

un vino ottenuto da uve Aglianico in purezza, proveniente<br />

dal comune di Paestum, nel Cilento. Di colore rosa<br />

chiaro tenue, al naso presenta note di agrumi, melagrano,<br />

lampone, ribes rosso e accenni di erbe aromatiche. Il sorso<br />

è piacevolmente morbido, con un forte<br />

ritorno di note agrumate. Traccia<br />

lievemente sapida, finale fresco, minerale<br />

e persistente.<br />

La chiusura è nel tacco dello stivale,<br />

grazie al PaoloLeo Rurale Negroamaro Rosato Salento<br />

Igt (7), un vino fresco e molto versatile. Il colore è di un rosa<br />

poco carico. L’olfatto presenta note fruttate di ciliegia fresca e floreali<br />

di rosa. All’assaggio è leggero e fresco, il gusto fruttato e succoso<br />

accompagna tutta la beva. Chiude lievemente sapido.<br />

FOCUS ON


26<br />

CHAMPAGNE<br />

I contorni di un fenomeno che trova<br />

sempre più spazio in una selezione “indispensabile”<br />

o “de Saignée”, dalle tonalità<br />

salmonate o dai più intesi colori<br />

di lampone, l’importante è che sia<br />

Rosé. Perché la visione “en rose” sta<br />

D'assemblaggio<br />

conquistando sempre più anche l’universo<br />

dello Champagne e gli appassionati della bollicina<br />

più celebrata al mondo. Lo dicono i numeri e i trend, che<br />

raccontano quella che è l’evoluzione di una storia iniziata<br />

due secoli e mezzo fa. Se è stata la celebre “vedova”, Madame<br />

Clicquot, a creare nel 1818 il primo Champagne Rosé<br />

per assemblaggio della storia, prima di quella storica data si<br />

ha già notizia di una versione in rosa della bollicina: è<br />

del 14 marzo 1764 il documento ufficiale di vendita<br />

Ruinart, la più antica tra le Maison, relativo all’invio<br />

in Germania all’allora Duca di Mecklembourg-Strelit<br />

di quel che era chiamato all’epoca “Oeil de Perdrix”,<br />

occhio di pernice. Molto cammino ha fatto la<br />

tipologia nel tempo. E sempre più lo Champagne<br />

Rosé seduce i mercati di tutto il mondo. Come<br />

spiegano le cifre nell’anno del “come back” record<br />

2021, dove si è evidenziato un incremento<br />

delle spedizioni a livello globale per il genere<br />

del 27,7% in volume e del 25,2% in valore.<br />

Si parla di una tipologia che ha rappresentato<br />

l’11,0% della bollicina francese esportata nel<br />

2021 (+1,3 punti rispetto al 2019): quasi 20<br />

milioni di bottiglie, ovvero 4,3 in più rispetto<br />

Champagne<br />

“en rose”<br />

DI ANDREA SILVELLO E MATTEO BORRÈ<br />

al 2019. Circa la metà di quello che è stato l’incremento<br />

nei numeri dello Champagne Rosé ha preso la via<br />

degli Stati Uniti, dove la versione in rosa pesa per il<br />

18,3% delle esportazioni. Ma il volto “en rose” della<br />

Champagne riscuote sempre più successo anche<br />

in India (vale il 21,2%) e Germania (13,1%). E<br />

l’Italia? Anche nel Belpaese, dove le performance<br />

dello Champagne annunciano un nuovo record<br />

per il 2022 dopo il boom 2021 che ha visto spedite<br />

nel nostro Paese 9 milioni 225mila bottiglie,<br />

per una quota a valore di 200,2 milioni di euro,<br />

il Rosé è in ascesa. La tipologia ha raggiunto a<br />

volume le 720mila bottiglie, arrivando a valere il<br />

7,8% dell’export verso l’Italia della bollicina transalpina<br />

più celebre e l’8,6% del dato a valore, ritagliandosi<br />

sempre più il proprio spazio sugli scaffali delle enoteche e<br />

nelle carte vini dei ristoranti. Performance spumeggianti e<br />

destinate a crescere, di pari passo con l’offerta. Una proposta<br />

di cui vi proponiamo la nostra selezione “indispensabile”:<br />

le etichette perfette per accompagnare l’appassionato di<br />

bollicine ancora neofita alla prima scoperta del volto rosa<br />

della Champagne. A iniziare da quello che riteniamo oggi<br />

lo Champagne Rosé base di Maison migliore sul mercato<br />

italiano, il Billecart-Salmon Brut Rosé, la bollicina più<br />

rappresentativa della realtà di Mareuil-sur-Ay. Un’etichetta<br />

di grande finezza e intensità espressiva, frutto dell’incontro,<br />

assemblaggio di varie annate, tra il 40% Meunier e la re-<br />

stante parte equamente divisa di Pinot Noir e Chardonnay.<br />

Peculiarità del Billecart-Salmon Brut Rosé è<br />

l’aggiunta al momento della “mise sur lie” di un 8% di<br />

Pinot Noir fermo proveniente dal vigneto situato accanto<br />

alla Maison, che conferisce il colore caratteristico<br />

occhio di pernice e la sua unicità al palato tra<br />

le bollicine “en rose” champenoise. Altro rappresentante<br />

dell’universo in rosa visto da una<br />

Maison è la Cuvée Rosé Laurent‐Perrier.<br />

Anticipatrice nella categoria, nasce nel 1968<br />

e nel tempo si è tramutata in vero e proprio<br />

riferimento per costanza qualitativa nella tipologia.<br />

Il frutto dei migliori Cru della Montagne<br />

de Reims e dei vigneti della Maison di Tours-<br />

Sur-Marne, si caratterizza per gli aromi di frutti<br />

rossi freschi, la grande intensità e l’estrema freschezza.<br />

100% Pinot Noir, la Cuvée Rosé Laurent‐Perrier si<br />

presenta nella sua veste elegante, il cui colore evolve<br />

naturalmente da un bel tono lampone a delicate<br />

sfumature salmonate, e al palato offre la sensazione<br />

d’immergersi in un cesto di frutti rossi appena<br />

colti. Chiude il cerchio delle grandi bollicine di<br />

Maison nella categoria il Rosé Première Cuvée<br />

Bruno Paillard, vino di “assemblage” composto<br />

essenzialmente da uve Pinot Noir, di cui viene<br />

utilizzata esclusivamente la prima pigiatura delle<br />

forme “in bianco”, in cui il succo è separato<br />

dalla buccia, e “in rosso”, con la macerazione<br />

prolungata di una piccola parte del mosto,<br />

proveniente dai villaggi di Verzenay, Bouzy,<br />

Mailly o Les Riceys secondo gli anni, sulle<br />

bucce. Poi, una parte significativa di Chardonnay<br />

della Côte des Blancs apporta un<br />

tocco di freschezza. Per un Brut autentico<br />

(6 g/l), fresco, con una vivacità golosa, la<br />

cui finezza di perlage è dovuta ad una materia<br />

prima nobile, la temperatura fresca in<br />

cantina e un lungo invecchiamento in bottiglia.<br />

A completare la selezione in rosa è l’altra metà del cielo<br />

della Champagne, quella dei Vigneron. A iniziare con il<br />

Chartogne Taillet Le Rosé, assemblaggio di Chardonnay,<br />

Pinot Noir e Meunier che unisce potenza, calore e tensione.<br />

La combinazione tra i frutti di una sola annata, ma<br />

senza essere millesimato, dei suoli sabbiosi calcarei della<br />

zona Sud del comune di Merfy e il vino rosso prodotto<br />

nelle Orizeaux, una delle prime parcelle di famiglia,<br />

dona a questo Champagne una personalità fresca e piacevole,<br />

rendendolo la bollicina più festosa della casa del<br />

Vigneron. Come evidenzia anche il nome, è un 100%<br />

Meunier, invece, il Fleur de Meunier Rosé Brut Domaine<br />

Lagile, accattivante Champagne dalla veste<br />

rosa ciliegia. Una Cuvée fruttata e gourmande, dove<br />

rotondità, freschezza e lunghezza trovano una perfetta<br />

sintesi: merito anche della percentuale, che<br />

varia tra il 15 e il 25%, di vino rosso da vecchie<br />

vigne utilizzato per raggiungere il risultato<br />

ambito da Maud e Vincent, fratello<br />

e sorella Vigneron a Treslon. Sono meno<br />

di mille, infine, le bottiglie di una recente,<br />

per noi, scoperta: il Terre de Rosé Régis<br />

Poissinet. Un Extra Brut dalla Valleé de la<br />

Marne, dove questa famiglia di viticoltori<br />

lavora tra i filari fin dal XVII secolo. È un<br />

approccio rigoroso, attento all’equilibrio, quello<br />

di Régis Poissinet, sia che si parli dell’ambiente,<br />

sia del contenuto che giunge in bottiglia.<br />

Per un modus operandi che, intervenendo<br />

il meno possibile, si fa “supporto” al vino e<br />

finalizzato a esprimere tutta la finezza e la<br />

ricchezza del terroir e delle sue radici. Come<br />

nel caso di questa visione “en rose” dalla veste<br />

brillante, che nella simbiosi tra Meunier e<br />

Chardonnay da cui prende forma, con le sue<br />

note di frutti rossi, spezie e i leggeri aromi floreali,<br />

è racconto dell’energia e della grandezza<br />

della Champagne che tanto amiamo.<br />

Photo: Bruno Paillard-Kata Balogh


27<br />

Una prima assoluta, sul palcoscenico milanese. A fare il suo debutto mondiale,<br />

il 31 gennaio, una nuova Grand Vintage firmata Moët & Chandon. Sotto i riflettori<br />

l’annata 2015, introdotta direttamente dall’artefice, lo Chef de Cave<br />

Benoît Gouez, sia nella visione “en blanc” sia in quella “en rose”. E dove la<br />

prima rappresenta il 76esimo Vintage dichiarato dalla Maison, la seconda<br />

versione è invece il 45esimo millesimato Rosé rilasciato. “Ogni Grand Vintage rappresenta<br />

la mia personale interpretazione di una specifica annata e, come tale, è unico”, esordisce<br />

Gouez. “Grand Vintage è l’occasione per scoprire – attraverso i miei occhi – l’originalità<br />

di una particolare vendemmia: non è un riassunto di quell’anno, quanto piuttosto la mia<br />

visione di ciò che ha rappresentato”. E la 2015, per lo Chef de Cave Moët & Chandon, è<br />

annata che evoca un risveglio, i primi raggi di sole di una giornata carica di promesse. Un<br />

racconto che si dipana in bottiglia grazie a un modus operandi ben specifico. “Come un<br />

fotografo che inquadra uno scatto, seleziono i vini che comporranno l’assemblaggio finale<br />

di un Grand Vintage Moët & Chandon”, spiega Gouez. “È come lavorare con i negativi<br />

fotografici: puoi intravederne forme e contorni, puoi essere sicuro del risultato finale, ma<br />

non potrai esserne certo finché non avrai sviluppato la foto”. L’istantanea 2015 si delinea attraverso<br />

i tratti di Champagne dall’eccezionale morbidezza, caratterizzati da una maturità<br />

avvolgente. Racconti figli di una luce intensa e di caldo estivo. Con il Grand Vintage 2015,<br />

per molti versi, a farsi espressione di un anno di “risveglio” e di maggiore consapevolezza<br />

rispetto a un clima che muta e del suo impatto sulla regione della Champagne. “Grand Vintage<br />

2015 è uno Champagne di contemplazione, segna l’inizio di un nuovo giorno”, conferma<br />

lo Chef de Cave Moët & Chandon. Un millesimato dove si è scelto di puntare sul Pinot<br />

Noir (44%), che domina un assemblaggio completato da Chardonnay (32%) e Meunier<br />

(24%): bisogna risalire al 2009 (50%) e al 1996 (50%) per ritrovarlo in percentuali simili.<br />

Una scelta che in bocca si traduce in una dimensione fruttata molto presente, con una texture<br />

avvolgente e carezzevole, senza che a imporsi sia, come ci si attenderebbe, la vinosità.<br />

Luminoso, dal palato potente e il bouquet speziato è il Grand Vintage Rosé 2015. Dall’angolatura<br />

in rosa del millesimato Moët & Chandon, l’annata è risultata ideale per dare forma<br />

a vini rossi dalle giuste caratteristiche, con le uve che hanno maturato alla perfezione, quasi<br />

da sole. Anche in questo caso è il Pinot Noir a salire alla ribalta, rappresentando una componente<br />

importante dell’assemblaggio: 52%, di cui il 14% in rosso. Come per la vinificazione<br />

in bianco, serve ritornare al 2009 (59%) e al 1996 (55%) per trovarne una percentuale<br />

così alta. E anche qui si affianca agli altri due vitigni simbolo: un 27% di Chardonnay e un<br />

21% di Meunier. Nel calice si ritrova un vino vibrante e sfaccettato, con un finale rifrescato<br />

da ricordi di macchia mediterranea. Il lancio milanese, tuttavia, è stata occasione anche per<br />

porre il millesimato Moët & Chandon innanzi alla sfida del tempo. Un parallelo, che in un<br />

procedere à rebours grazie alla Grand Vintage Collection, perfetta incarnazione dello spirito<br />

della Maison, ha svelato la seconda vita che un dégorgement tardivo regala alle annate,<br />

in questo caso 2006 e 1999. Con un nota bene supplementare: la chiusura dopo l’imbottigliamento<br />

avviene, in questa versione, non con capsula sintetica ma con tappo in sughero.<br />

Così, il primo millesimato, sboccato 2022 dopo 15 anni di affinamento sui lieviti, parla di<br />

un attacco in bocca generoso, cui fa seguito un finale persistente che indugia sulla sensazione<br />

deliziosamente amara del pompelmo candito. Il secondo, invece, passati 21 anni di<br />

riposo in cantina, al palato sviluppa un’impressionante sensazione di potenza, un corpo<br />

avvolgente, pieno e allo stesso tempo etereo. Per un confronto che si è dimostrato didattico,<br />

innanzitutto rispetto a come il cambiamento climatico ha mutato anche l’approccio<br />

per preservare il frutto da parte di Moët & Chandon. Come ha concluso lo stesso Benoît<br />

Gouez, offrendo un messaggio di positività per il domani: “L’aumento delle temperature<br />

è realtà e sta a noi adattarci. Al momento, in Champagne ci porta dei vantaggi, perché non<br />

si presentano più problemi di uve che non giungono a maturazione in maniera soddisfacente.<br />

Nel nostro adattarci, guadagniamo anche di precisione nella definizione dei vini. E<br />

nonostante tassi di acidità ridotti, gli Champagne che produciamo continuano a mantenere<br />

una tensione, una ricchezza e un finale molto prolungato, oltre che un potenziale di<br />

conservazione importante. E il futuro evidenzia che, in questa ricerca dei nuovi equilibri,<br />

c’è tutto un affascinante cammino di sperimentazione attorno all’elemento dell’amaro che<br />

ci attende”. Quello che si prospetta è un nuovo capitolo di una giornata luminosa.<br />

DI MATTEO BORRÈ<br />

Il luminoso risveglio<br />

della Grand Vintage<br />

A Milano la prima mondiale<br />

per il millesimato 2015 Moët & Chandon, annata carica di promesse<br />

CHAMPAGNE<br />

Fanny Bonet Monserrat, Benoît Gouez, Francesca Terragni - Photo: Giulia Mantovani


28<br />

Tra i Bolla e i Mondavi nasce<br />

la joint venture del vino della<br />

prossima generazione<br />

Signorvino<br />

Andrea Terraneo<br />

si beve<br />

La Giuva<br />

TITOLI DI CODA<br />

riconfermato alla guida<br />

di Vinarius<br />

Il CdA dell’Associazione delle Enoteche Italiane<br />

Vinarius, che rappresenta oltre 120 associati<br />

in tutta Italia, riconferma Andrea Terraneo<br />

come presidente. “Sono onorato e orgoglioso<br />

della fiducia che i miei colleghi hanno, ancora<br />

una volta, deciso di riporre in me e nel mio<br />

operato da presidente”, le sue parole dopo l’elezione,<br />

“in questo mandato mi concentrerò<br />

ancora di più sul ruolo di Vinarius come attore<br />

del dialogo che coinvolge le istituzioni e che<br />

riguarda la filiera agroalimentare, un atto di<br />

primaria importanza in questi anni particolarmente<br />

complicati per le enoteche italiane. Vinarius<br />

continuerà a lavorare per rappresentare una<br />

categoria di grande valore nel mondo dei vini e<br />

dei distillati e che è un punto di riferimento per<br />

produttori e consumatori, con cui ci incontriamo<br />

e confrontiamo quotidianamente”. E per il<br />

futuro in arrivo la Vinarius Academy, un programma<br />

di formazione dedicato agli enotecari<br />

associati e che punta al coinvolgimento di consorzi<br />

e organizzazioni territoriali in giornate di<br />

approfondimento e focus sulle denominazioni.<br />

“Vinarius è e deve rimanere un’associazione attiva<br />

sul territorio italiano ma anche all’estero;<br />

fuori dai confini nazionali contiamo già sette<br />

enoteche associate”, sottolinea Terraneo, “per<br />

questo motivo stiamo lavorando su Vinarius<br />

Academy, un progetto<br />

lungimirante che punta<br />

su un’alta e continuativa<br />

formazione<br />

di enotecari e collaboratori<br />

e alla creazione<br />

di una rete tra<br />

enoteche e territori”.<br />

Il <strong>2023</strong> si apre con un matrimonio tra storiche famiglie<br />

del vino, intesa di business che porterà a profondi mutamenti<br />

sul presidio nel mercato Usa delle produzioni made<br />

in Italy. È quello che da questo mese di gennaio unisce i<br />

Bolla e i Mondavi. Un’alleanza che prende il via dall’accordo<br />

che vede passare la distribuzione delle etichette Valdo<br />

Spumanti in America alla C. Mondavi & Family. “Due storiche<br />

famiglie italiane si uniscono per creare una next-generation<br />

partnership”, spiega presidente e Ceo della realtà<br />

americana, David S. Brown. Da Pierluigi Bolla, presidente<br />

Valdo Spumanti, ci siamo fatti raccontare<br />

quali saranno le diverse<br />

fasi strategiche della partnership<br />

avviata e che presto si<br />

trasformerà in vera joint venture<br />

paritetica per la produzione,<br />

in California, di vini e<br />

spumanti.<br />

Masciarelli lancia il suo<br />

Pecorino<br />

solidale<br />

Un vino buono che fa del bene. Arriva la nuova annata<br />

2022 dell’Abruzzo Pecorino Doc Castello di Semivicoli e<br />

Masciarelli Tenute Agricole rinnova il suo impegno a favore<br />

dei diritti dell’infanzia, destinando ancora una volta uno<br />

dei suoi vini più innovativi alla realizzazione di un progetto<br />

charity. Parte del ricavato delle vendite, infatti, sarà devoluto<br />

ad Angsa – Associazione Nazionale Genitori Soggetti<br />

Autistici – Abruzzo Onlus, che si batte per garantire una<br />

vita serena e dignitosa alle persone affette da autismo.<br />

Un nuovo investimento per il Gruppo Calzedonia. Con<br />

il fondatore Sandro Veronesi, ideatore anche del brand<br />

Signorvino, che punta su una cantina da Serie A, quella a<br />

nord di Verona e di proprietà dell’ex allenatore di calcio<br />

Alberto Malesani. Annunciato, infatti, l’acquisto di La<br />

Giuva in Valpolicella, che si va ad aggiungere agli investimenti<br />

promossi negli ultimi anni nel mondo del vino. Il<br />

Gruppo Calzedonia intraprende, dunque, ufficialmente<br />

un nuovo percorso nel settore vitivinicolo, sfruttando il<br />

canale di Signorvino come vetrina nelle principali città<br />

italiane. La nuova proprietà continuerà<br />

la collaborazione con<br />

Alberto Malesani nello sviluppo<br />

del progetto legato alla<br />

storica azienda vitivinicola<br />

produttrice di vini autoctoni<br />

della zona di Trezzolano, in<br />

alta Val Squaranto.<br />

Moët Hennessy scommette<br />

ancora sul Rosé con<br />

Château Minuty<br />

Moët Hennessy annuncia una nuova alleanza strategica<br />

con uno dei simboli della Provenza del vino. Ufficializzato<br />

il matrimonio con la prestigiosa tenuta Château Minuty,<br />

classificata Grand Cru Classé Côtes-de-Provence<br />

dal 1955, per supportare lo sviluppo internazionale della<br />

realtà provenzale. L’intesa colora ancora una volta di rosa<br />

il portfolio della divisione wine & spirits di Lvmh e prevede<br />

l’acquisizione di una quota di maggioranza dell’azienda<br />

transalpina. La famiglia Matton rimarrà coinvolta<br />

nella gestione della tenuta, con gli attuali manager e<br />

discendenti del fondatore, Jean-Etienne e François Matton,<br />

che continueranno a dirigere la realtà.


30<br />

TITOLI DI CODA<br />

Terra Moretti torna<br />

100%<br />

italiana<br />

Holding Terra Moretti, il gruppo fondato nel 1967 da Vittorio<br />

Moretti in Franciacorta, torna italiana al 100%. Ufficializzata<br />

il 20 gennaio la chiusura dell’operazione di exit di<br />

un percorso avviato sei anni fa e che ha sancito la proficua<br />

collaborazione con Nuo Capital S.a., che esce dal capitale<br />

di Terra Moretti Distribuzione, cedendo le proprie quote,<br />

pari al 30% e rilevate nel 2016 per 24,5 milioni di euro, alla<br />

stessa famiglia Moretti. “Siamo oggi un’azienda migliore”, il<br />

commento di Massimo Tuzzi, ceo di Holding Terra Moretti<br />

(in foto con Francesca Moretti), “ci siamo evoluti per essere<br />

partner di un fondo di questo calibro e ci siamo attrezzati<br />

con una disciplina finanziaria, di processo e di sistemi<br />

che altrimenti non avremmo avuto.<br />

Siamo molto soddisfatti anche<br />

perché di partecipazioni finanziarie<br />

nel mondo del vino ce<br />

ne sono tante, ma sono pochi<br />

invece i casi degli imprenditori<br />

originari che riacquistano le<br />

quote. Noi siamo uno di questi”.<br />

Cantina di Soave<br />

cambia nome:<br />

nasce Cadis 1898<br />

Cambio di nome per Cantina di Soave. La più longeva cooperativa<br />

del Veneto sceglie come nuova denominazione<br />

Cadis 1898, acronimo che riprende le iniziali dello storico<br />

nome, accompagnandosi all’anno di fondazione del<br />

gruppo. Sul mercato, ora, si troveranno i vini Soave marchiati<br />

Cantina di Soave, i Valpolicella di Cantina di Illasi,<br />

i Lessini Durello di Cantina di Montecchia di Crosara e i<br />

Bardolino e Custoza di Terre al Lago. “È cambiato l’abito,<br />

ma di certo non l’anima che da 125 anni ci guida”, spiega<br />

il direttore generale, Wolfgang Raifer, che annuncia un fatturato<br />

record. L’esercizio 2022, infatti, si è chiuso con un<br />

fatturato di 143,8 milioni di euro (+16% sul 2021), nonostante<br />

il calo dei volumi del 6%.<br />

Frescobaldi (Uiv)<br />

“Il vino? Valore inestimabile<br />

per l’Italia”<br />

Qual è il valore del vino in Italia? “Inestimabile”, come<br />

ha ribadito il numero uno di Unione Italiana Vini,<br />

Lamberto Frescobaldi, al convegno “Bere Mediterraneo.<br />

Gli effetti sulla salute di un consumo moderato<br />

del vino”, a Roma il 16 febbraio. “Oggi il vino è<br />

anche economia”, ha spiegato, “con 310mila imprese,<br />

670mila ettari vitati, 1,2 milioni di addetti è in grado<br />

di generare un fatturato diretto di circa 15 miliardi di<br />

euro. Il vino realizza il 75% del valore delle esportazioni<br />

tutte le bevande alcoliche italiane e ha una bilancia<br />

commerciale in attivo di circa 7,5 miliardi di euro l’anno,<br />

che incide per oltre il 40% del saldo import-export<br />

di tutto l’agroalimentare italiano”. Ma si parla di un asset,<br />

ha concluso il presidente Uiv, strategico non solo<br />

in termini di Pil: “Prima di tutto, il vino è un fattore<br />

identitario del nostro Paese. E questo è un valore inestimabile.<br />

Se lo dovessimo perdere penso che rinunceremmo<br />

a una parte di noi stessi, a una componente<br />

fedele della nostra storia e del nostro futuro”.<br />

Quando sarà<br />

Champagne Experience <strong>2023</strong>?<br />

A ottobre<br />

Ritorna per la sua sesta edizione il più atteso appuntamento<br />

con la più importante manifestazione dedicata<br />

allo Champagne in Italia. Anche quest’anno saranno<br />

i padiglioni di ModenaFiere ad ospitare Champagne<br />

Experience <strong>2023</strong>. In programma domenica 15 e lunedì<br />

16 ottobre, la kermesse modenese dedicato alle<br />

nobili bollicine francesi è come sempre organizzato<br />

da Società Excellence, realtà che riunisce 21 tra i<br />

maggiori importatori e distributori italiani di vini e<br />

distillati d’eccellenza.<br />

E ancora...<br />

Serena Wines 1881 lancia Soé, nuova Cuvée Brut<br />

da Chardonnay e Ribolla Gialla. Masi: si annuncia<br />

già grande l’annata dell’Amarone della 250esima<br />

vendemmia. Il Pavese è il territorio del vino <strong>2023</strong><br />

per le Enoteche Italiane. Montelvini da record, e nel<br />

<strong>2023</strong> nuovi investimenti green per 4 milioni di euro.<br />

Champagne Ayala: come cambia l’assemblaggio<br />

del Brut Majeur. Snow Polo World Cup: Villa Sandi<br />

riporta il Prosecco sulle nevi di St. Moritz. Quali sono<br />

stati i vini più venduti di Philarmonica Distribuzione<br />

nel 2022. Cantine Colosi festeggia 35 anni a Salina con<br />

un nuovo rosso. Zonin1821 alla conquista del West:<br />

nuova fase di espansione sul mercato Usa con Rndc.<br />

Nuovo giro di valzer nel marketing del vino: Allegrini<br />

sceglie Roberta Surini. Amorim<br />

Cork Italia: nuovi investimenti<br />

per raggiungere gli 1,8<br />

milioni di tappi al giorno.<br />

La Collina dei Ciliegi:<br />

la rivoluzione Club Deal<br />

sostiene il programma da 7<br />

milioni di euro d’investimenti.<br />

Noma Bar firma<br />

la Limited Edition <strong>2023</strong><br />

La Pettegola<br />

Vermentino Banfi<br />

È nuovamente quel periodo dell’anno, quello<br />

in cui La Pettegola, iconico Vermentino di<br />

Banfi, spicca il volo per un’altra avventura, colorandosi<br />

di una nuova veste d’autore. Per un<br />

Limited Edition <strong>2023</strong>, come da tradizione a<br />

tiratura di 20mila bottiglie, che in questa occasione,<br />

per la prima volta, si svela in un abito<br />

disegnato da un artista internazionale. Dopo la<br />

sleeve e l’etichetta con realtà aumentata, oggi<br />

è una serigrafia a caratterizzare la release del<br />

decimo anno di produzione. A firmarla è stato<br />

il designer, illustratore e grafico Noma Bar, la<br />

cui filosofia è: “Raggiungere il massimo della<br />

comunicazione con il minimo degli elementi”.<br />

Uno stile quanto mai evidente in questa nuova<br />

uscita della Limited Edition <strong>2023</strong> La Pettegola<br />

Banfi, la cui uscita porta con sé l’annuncio del<br />

prossimo arrivo di un cofanetto in cui saranno<br />

racchiuse le ristampe delle sei creazioni che, dal<br />

2018 a oggi, hanno visto i migliori talenti italiani<br />

e internazionali susseguirsi nel racconto su<br />

bottiglia della duplice accezione di un nome che<br />

vive dell’ambivalenza tra un primo impatto che<br />

riporta alla mente il gossip al femminile e il rimando<br />

a una varietà di uccellino che vive lungo<br />

la costa della Maremma. L’artwork di Noma Bar<br />

rappresenta cinque figure femminili che, se a<br />

prima vista possono sembrare un enigma, osservandole<br />

meglio se ne possono cogliere i dettagli<br />

più veri, scoprendo che in ognuna di loro c’è un<br />

po’ de La Pettegola. Un calice dorato, una bottiglia<br />

affusolata, un uccellino<br />

dalle ali spiegate: i simboli<br />

de La Pettegola<br />

sono trasformati<br />

dall’artista in segni<br />

distintivi per<br />

un’etichetta piena di<br />

tante sfaccettature diverse,<br />

tutta da scoprire.

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