Massime Eterne
Appunti di Omelie, passi del Vangelo, frasi di Santi,teologi a cura di Olga Guaragna. Prefazione di Don Attilio Foscaldi.
Appunti di Omelie, passi del Vangelo, frasi di Santi,teologi a cura di Olga Guaragna.
Prefazione di Don Attilio Foscaldi.
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M essaggi
A neddoti
S ermoni
S ussurri
I nviti
M oniti
E sortazioni
Esperienze
Testimonianze
E sempi
R icordi
N ote
E mozioni
P R E F A Z I O N E
Con grande piacere ho accolto l’invito a scrivere la
prefazione di questa raccolta di preghiere, meditazioni e
riflessioni della cara Olga Guaragna, della quale ho
sempre avuto una forte stima e un sincero affetto.
Le preghiere e le riflessioni contenute in questo opuscolo
riflettono la bellezza e il piacere di leggerle con il cuore per
l’intenso amore che esprimono.
I pensieri di Olga sono stati sempre profondi e protesi
verso un’alta formazione spirituale; chi l’ha avvicinata e
conosciuta è rimasto contagiato dalla sua profonda fede
e amore per la vita.
Dotata di ottime capacità intellettive e di alta spiritualità,
ha promosso e divulgato la devozione a San Giovanni
XXIII, a San Giovanni Paolo II, dei cui scritti traeva pensieri
e meditazioni che condivideva con la comunità
parrocchiale.
Costante era la sua presenza e il suo apporto nell’animare
le tante Celebrazioni; mi piace ricordare: il settenario dei
Sacri Cuori, la festa di San Pio, di San Giuseppe Moscati,
della Madonna di Pompei e di Lourdes; da menzionare
anche la sua attiva presenza alle Novene dell’Immacolata,
del Natale e del Triduo Pasquale; particolare era la
sensibilità nell’onorare lo Spirito Santo del quale ne ha
promosso la novena in Parrocchia stimolando e
incoraggiando molti fedeli alla partecipazione. I semi di
speranza, di comunione e di Amore Cristiano, da lei sparsi
nella comunità parrocchiale e negli altri ambienti da lei
frequentati, certamente porteranno frutti copiosi.
Don Attilio Foscaldi
P R E S E N T A Z I O N E
È mia abitudine segnare frasi e pensieri che mi toccano
dentro, quando leggo, quando prego o ascolto alla radio
o alla televisione interventi e omelie, quelle di Papa
Francesco in particolare.
Prendo appunti, scrivendo qua e là i “pezzi forti”, quelli più
significativi.
La presente raccolta è l’insieme degli appunti presi nelle
varie occasioni.
Sono certa che offrono spunti per la meditazione e la
riflessione personale… per non dimenticare e tenere
sempre presenti gli insegnamenti che ne derivano.
Lauropoli, 10 Gennaio 2016
San Giovanni XXIII Papa
1. È bello e saggio al mattino aprire gli occhi e incrociarli
con quelli del Signore per dirgli il nostro amore e la gratitudine
per un altro giorno di vita che ci viene concesso.
“Porgi l'orecchio, Signore,
alle mie parole:
intendi il mio lamento.
Al mattino ascolta la mia voce;
fin dal mattino
T’invoco e sto in attesa.
Tu non sei un Dio
che si compiace del male;
Ma io per la tua
grande misericordia
entrerò nella tua casa;
mi prostrerò con timore
nel tuo santo tempio”
(Salmo 5, 2-8)
2. Pregare significa per me
diventare un tutt’uno
con il volere di Cristo.
ventiquattro ore al giorno;
vivere per lui,
attraverso di lui,
con lui.
La preghiera è gioia,
la preghiera è un raggio
dell’amore di Dio,
la preghiera è speranza
nella felicità eterna,
la preghiera
è la fiamma ardente
dell’amore di Dio per te
e per me.
(Madre Teresa)
3. Quando pregate,
non siate simili agli ipocriti
… quando tu preghi,
entra nella tua camera
e, chiusa la porta,
prega il Padre tuo nel segreto;
e il Padre tuo, che vede nel
segreto, ti ricompenserà.
Pregando, poi, non sprecate parole,
come i pagani…
Non siate dunque come loro,
perché il Padre vostro
sa di quali cose
avete bisogno
ancor prima che
gliele chiediate.
(Mt 6, 5-10)
4. Gesù ci invita a cercare prima di tutto il regno di Dio,
per realizzarci e diventare principi della vita e della felicità e
raggiungere i nostri destini con l’amore e la libertà.
Quando avremo realizzato in noi il Regno di Dio i problemi
umani diventeranno ridicoli e ci ritroveremo ricchi della
ricchezza di Dio.
Dio è la fonte della felicità infinita.
5. Il creato canta la bontà di Dio. Come si può far conto
di nulla? Come è possibile alzarsi la mattina e non unirsi in quel
Dio che ci fa vedere ogni giorno il sole, il cielo con la sua
bellezza, il suo calore e la sua fecondità?
(P. Gabriele Adani)
6. Metti il servizio di Dio al primo posto, metti da parte
l’ansia per la sicurezza della vita.
Non preoccuparti dunque del domani, perché il domani si
preoccuperà di sé stesso.
A ciascun giorno basta la sua pena.
7. “… non perdo tempo per nessuna fantasticheria,
prendo singolarmente ogni istante… il passato non mi
appartiene più, il futuro non è ancora mio, procuro di utilizzare
con tutta l’anima il tempo presente”
(Santa Suor Faustina)
8. I tre attributi di Dio:
Santità,
Giustizia,
Amore e Misericordia.
9. Annunciate la preghiera, pregando.
Testimoniate la fede, credendo.
Date testimonianza, vivendo.
(San Francesco d’Assisi)
10. “La bontà del Signore è davanti i miei occhi”
(Salmo 26, 3)
11. Ho combattuto la buona battaglia.
Ho terminato la corsa.
Ho conservato la Fede.
(San Paolo)
12. Padre nella tua volontà è la mia gioia e la mia pace.
13. Maria, fa che nella mia vita non manchi mai un buon
cireneo, quando il mio cammino diventa faticoso e oscuro.
14. Dio non è solitario, Dio è in una comunità d’amore. Il
mistero della Trinità ci invita a vivere l’uno per l’altro, nel volto
del fratello vediamo il nostro volto.
Non lasciamoci rubare la gioia, non lasciamoci rubare la
speranza.
La nostra speranza è Gesù Cristo che ci invita ad andare a dire
a tutti che il senso della vita è Gesù.
DUC IN ALTUM
(Papa Francesco)
15. Siate di quelli che mettono in pratica la parola e non
solo ascoltatori, illudendo voi stessi.
(Gc 1,22)
16. Il sale dà sapore e persevera nella corruzione.
17. “Siate operatori di pace: Non parlare di pace, ma
costruire la pace.
Come? Compiendo la giustizia, amando il prossimo. La vera
giustizia è fare agli altri quello che vorrei fosse fatto a me.
Rivestirsi di sentimenti di bontà, di tenerezza perdonando gli
altri, come ha fatto Gesù. Essere artigiani di pace. La Pace è
dono di Dio, è frutto della nostra riconciliazione con Dio
(S.Paolo).
Amandoci a vicenda e perdonandoci possiamo costruire la
pace.
Chiediamo a Maria di essere operatori di pace, chiediamo un
cuore semplice, la pazienza e tanto amore”.
(dall’Omelia di Papa Francesco a Sarajevo, 6 giugno 2015)
18. Maria ci insegna ad amare senza possedere, volere
senza imporre.
19. Vinci l’indifferenza e conquista la PACE.
20. Leggere ogni giorno un brano del Vangelo, per conoscere
meglio Gesù e farlo conoscere agli altri.
21. Abbiamo la certezza di avere Dio dalla nostra parte, che
paradossalmente ha bisogno di noi… tanto da farsi Bambino ed
essere adagiato in una mangiatoia… facciamoci mangiatoia
perché il Signore possa crescere e fortificarsi in noi.
(Papa Francesco)
22. Il dolore è l’unica forza superiore al male, è il luogo
della solidarietà tra Dio e gli uomini.
23. Ogni atto di misericordia è una Risurrezione, ogni atto di
egoismo è una morte.
24. La preghiera fa miracoli.
Chi ascolta la verità non è inferiore a chi la dice.
La vita è conoscenza e amore.
25. Misericordia non è pietà, nella misericordia c’è la
gioia (la gioia cristiana) e il dolore, elemento costitutivo del
cristianesimo.
(dalla presentazione del libro di Papa Francesco
“Il nome di Dio è misericordia”)
26. Nel battesimo riceviamo li Spirito Santo. Lo Spirito
Santo brucia e distrugge il peccato originale, ci apre il cuore alla
verità, a tutta la verità. Ci dona la tenerezza del perdono divino,
è una presenza viva e ci riempie di gioia spirituale.
Maria ci aiuti a vivere con gioia il nostro Battesimo, accogliendo
ogni giorno il dono dello Spirito Santo che ci fa figli di Dio.
Il Battesimo si riceve una sola volta ma va testimoniato tutti i
giorni.
(dall’Omelia di Papa Francesco, 10 gennaio 2016)
27. Dio ci ha creati per essere Misericordia.
Prima la Misericordia.
28. Ti ringrazio, Signore, per il bene compiuto: è tutto
merito tuo.
Ti chiedo perdono per le mie inadempienze: merito della mia
debolezza.
(S. Agostino)
29. A volte abbiamo paura della tenerezza di Dio… Dio non
ci abbandona mai.
Ai Sacerdoti dice: Siate pastori con la tenerezza di Dio.
A noi tutti dice: Venite a me se siete stanchi ed io vi ristorerò.
Nella tradizione aramaica i bambini dicono: Abbà – Babbo Mio.
Il Padre sa tutto di noi e provvede a noi.
Preghiamo senza affannarci e senza tante parole, Lui sa di cosa
abbiamo bisogno.
Abbandoniamoci al Padre pregando il “Padre Nostro”. Lo
Spirito attesta che siamo figli di Dio, quando diciamo Padre
ascoltiamo il Figlio. Lui ci ama e ci ascolta e non ci abbandona
mai, ci sostiene e ci accompagna.
Apri Signore il nostro cuore e comprenderemo la tua Parola.
Lampada per i miei passi è la tua Parola.
Luce nel mio cammino.
30. Diversa è la predicazione di Gesù e del Battista: Il
Battista annuncia il giudizio, Gesù annuncia il perdono.
Evangelizzare i popoli: ecco la missione di Gesù e della Chiesa.
Essere cristiani ed essere missionari è la stessa cosa. Gesù
indirizza a tutti la Buona Novella, specialmente agli ultimi.
Che significa evangelizzare i poveri?
Significa avvicinarsi a loro, portare loro il lieto annuncio.
Non si tratta di fare assistenza sociale o attività politica,
significa portare il Vangelo di Gesù, che è il Vangelo dell’amore.
La Vergine Maria ci aiuti a sentire la fame e la sete del Vangelo,
specialmente verso i poveri, sentendo la grande Misericordia
che Cristo ci ha dato.
(dall’Omelia di Papa Francesco, 24 gennaio 2016)
31. Il Signore ci mostra la luce della Sua Gloria
attraverso il volto degli umili.
32. La pratica per conoscere e per testimoniare la parola
di Dio:
1. Ascoltare la parola di Dio
2. Leggere e meditare la Bibbia
3. Pregare e contemplare Dio
33. “L’amore è più forte della morte”
34. Nel cielo abbiamo una madre che ci testimonia la
fedeltà di Dio, la sua grandezza.
I nostri progenitori temevano che se Dio fosse stato troppo
grande, loro sarebbero stati dipendenti da Lui, non liberi.
35. Un viso triste e contorto non può dire al mondo.
“Gesù è Risorto!”
36. I luoghi dello Stupore
‣ Lo Stupore del Natale
‣ La Chiesa (intesa come Madre)
‣ La Storia
‣ L’altro (il povero)
La chiesa accoglie tutti, anche i lontani per portarli alla
Misericordia di Dio. Non possiamo incontrare Gesù se non ci
lasciamo coinvolgere dall’altro, dalla storia, dalla Chiesa.
Lo stupore è la chiave giusta per celebrare il Santo Natale.
37. Lo Spirito Santo edifica la Chiesa su due pilastri: la
roccia del Vangelo e la roccia dell’Eucaristia.
38. Per vedere Gesù bisogna alzare lo sguardo al cielo e
non essere ripiegati su sé stessi nel nostro egoismo: questo ci
insegnano i Magi ed i pastori…
Allora vediamo la nostra Stella, vincendo il nostro egoismo,
riconoscendo la maestà nell’umiltà. Alziamo lo sguardo da noi
stessi e lasciamoci guidare dalla Stella per incontrare Gesù e
condividere con gli altri il nostro cammino.
39. Anche se passa qualche nuvola… nessuno potrà
spegnere il Sole della Risurrezione.
40. Alla fine non ci sarà chiesto se siamo stati credenti,
ma… se siamo stati credibili.
41. Si vede dal carattere e dagli occhi se l’anima ha la sua
giusta formazione… dal sorriso sincero e dalla voglia di vivere.
42. Signore, liberaci dalla tentazione dei primi posti.
Donaci l’umiltà che ci fa tener presente sempre quello che
davvero vediamo e fa che ci comportiamo di conseguenza,
evitando ogni autoesaltazione arrogante.
43. Il Sangue: simbolo della vita.
(Tutto è compiuto)
L’Acqua: l’amore di Dio per gli uomini.
(Ho sete)
44. Riprodurre il testo genuino della genesi: la
complementarietà dell’uomo e della donna, che diventano una
sola esistenza.
Dio è amore e per mezzo dello Spirito Santo è nei nostri cuori.
Quest’amore alimenta il cuore degli uomini. Preghiamo il
Signore affinché tutti i genitori guardino con tenerezza i loro
figli e non dimentichiamo i bambini affamati che bussano ai
nostri cuori e alle nostre porte per implorare aiuto.
Accogliamoli con amore.
45. Non dobbiamo chiedere al Signore di scendere dalla
Croce per salvare la nostra vita, ma dobbiamo salire con Lui
sulla Croce per fare la Sua Volontà.
46. I tre verbi della Fede:
1. Ho bisogno
2. Mi affido
3. Mi fido
“Non aver paura: il Signore ci salva dai nostri naufragi”
47. Misericordia significa avere il cuore di farsi carico delle
miserie degli altri, aprire il nostro cuore a tutti e non guardare
gli altri con giudizio e pregiudizio, essere capaci di accogliere
tutti senza far sentire nessuno escluso: essere dolci e
accoglienti.
48. La parabola della “Pecora che si era perduta” rende
più comprensibile la parola di Gesù: «Il Figlio dell’uomo è
venuto a cercare e salvare ciò che era perduto» (Lc 19,10).
La parabola rende visibile il volto misericordioso di Dio nelle
azioni di Gesù: “Costui accoglie i peccatori e mangia con loro”.
L’amore misericordioso di Dio è espresso dai due verbi che
ritmano la parabola: “Perdere e cercare”. La pecora che si è
perduta è l’uomo che con il peccato rischia il fallimento totale
di se stesso (come significa il verbo “perdere” nel Vangelo). Il
verbo “cercare” indica la dignità dell’uomo, creato ad
immagine di Dio.
Dio si “veste” della sua Misericordia per cercare anche uno solo
di noi strappandoci dalla “terra” del peccato e offrendoci di
essere inseriti di nuovo nel suo gregge in Cielo.
49. “È inutile aprire tutte le porte sante del mondo, se la
porta del nostro cuore è chiusa dall’amore, se le nostre mani
sono chiuse al donare, se le nostre case sono chiuse all’ospitare
e se le nostre Chiese sono chiuse all’accogliere”
( Papa Francesco)
50. Misericordia: secondo Papa Francesco è la legge del
cuore, la legge che abita nel cuore di ogni persona quando
guarda con occhi sinceri il fratello che incontra nel cammino
della vita.
Misericordia: è la via che unisce Dio e l’uomo, perché apre il
cuore alla speranza di essere amati per sempre nonostante il
limite del nostro peccato.
51. Il sorriso lo dà solo la speranza: la speranza di trovare
Dio
Solo i piccoli continuano a sperare: la speranza è la virtù dei
piccoli, i grandi non sperano.
Ecco perché la vera storia è quella che Gesù scrive con i suoi
piccoli: Maria, Giuseppe, Elisabetta, Zaccaria, i pastori, i
bambini…
Lasciamoci insegnare la speranza aspettando Gesù Bambino.
L’ottimismo delude, la speranza NO.
Se ci sentiamo smarriti e scoraggiati non lasciamo che la
speranza ci abbandoni, essa ci da la luce e riempie il nostro
buio.
(Papa Francesco, dall’Udienza del 7 dicembre 2016)
52. Papa Francesco dalla parabola delle dieci vergini: l’olio
è simbolo della carità che rende viva la luce della Fede. L’ultimo
giorno dobbiamo presentarci con la riserva d’olio accumulata
con le opere buone di ogni giorno.
Gesù Misericordioso
Gesù dalla Croce
1. … prega per i suoi nemici “Padre perdona loro, perché non
sanno quello che fanno”.
2. … adopera la sua misericordia verso il ladrone: “Oggi sarai
con me in Paradiso”
3. … raccomanda alla Madre il discepolo prediletto: “Donna,
ecco tuo figlio!” … ed al discepolo: “Ecco tua Madre!”.
4. … desidera la salvezza del genere umano dicendo con
amore: “Ho sete”
5. … per l’amarezza della morte e l’insulto del Giudei grida al
Padre: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”
6. … chiamando il capo disse: “Tutto è compiuto”.
7. … raccomanda il suo spirito dicendo: “Padre, nelle tue mani
consegno il mio Spirito”.
Le preghiere della Misericordia
1. O Dio, pazzo d'amore!
Non ti bastò incarnarti, ma volesti anche morire!
Vedo che la tua misericordia ti costrinse
a dare anche di più all'uomo,
lasciandogli te stesso in cibo.
E così noi deboli abbiamo conforto,
e noi ignoranti smemorati
non perdiamo il ricordo dei tuoi benefici.
Chi ha fatto questo?
La tua misericordia.
(Santa Caterina da Siena)
2. Tu infatti dall’inizio del tempo sei il dispensatore dei
beni su coloro che si prostrano, nel cuore, alla tua potenza,
com’è giusto, offrendo loro i doni della fede, delle opere e delle
buone speranze, e tutti i doni del divino e adorabile Spirito tuo,
o Dio di misericordia, ora e sempre e in ogni tempo, per i secoli
dei secoli. Amen.
(Simeone Nuovo Teologo 949-1022)
3. Aiutami, o Signore, a far sì che il mio cuore sia
misericordioso, in modo che partecipi a tutte le sofferenze del
prossimo. Mi comporterò sinceramente anche con coloro di cui
so che abuseranno della mia bontà, mentre io mi rifugerò nel
Misericordiosissimo Cuore di Gesù. Non parlerò delle mie
sofferenze. Alberghi in me la tua Misericordia, Signore.
4. Tu sei amore e carità, Tu sei sapienza.
Tu sei umiltà. Tu sei pazienza. Tu sei bellezza.
Tu sei mansuetudine. Tu sei sicurezza. Tu sei quiete.
Tu sei giustizia. Tu sei temperanza. Tu sei protettore.
Tu sei custode e difensore nostro. Tu sei speranza nostra.
Tu sei fede nostra. Tu sei carità nostra.
Tu sei completa dolcezza nostra.
Tu sei nostra vita eterna, grande e ammirabile Signore,
Dio onnipotente, misericordioso Salvatore.
(dalle “Lodi di Dio Altissimo” di San Francesco d’Assisi)
5. Io ti amerò, Signore, ti renderò grazie perché mi hai
perdonato malvagità e delitti così grandi. Attribuisco alla tua
grazia e alla tua misericordia il dileguarsi come ghiaccio dei miei
peccati, attribuisco alla tua grazia anche tutto il male che non
ho commesso. Tutti i peccati mi furono rimessi, confesso. Chi
evitò le colpe non mi schernisca se, malato, fui guarito dal suo
stesso medico.
(Sant’Agostino d’Ippona)
San Giovanni Paolo II Papa
Le opere di misericordia
spiegate da don Tiberio Cantaboni
Opere di Misericordia corporali
1. Dar da mangiare agli affamati.
Al centro della preghiera del Padre Nostro c’è l’invocazione a
Dio perché ci doni sempre il pane quotidiano e questo significa
quanto stia a cuore a Dio che ogni uomo abbia il necessario
sostentamento per una vita dignitosa e serena.
Tuttavia come per ogni aspetto della fede, se all’inizio ci deve
essere la richiesta perché si manifesti la provvidenza di Dio,
l’uomo non ne deve però essere solo ricettore, ma si deve
rendere collaboratore del disegno divino e mettere a
disposizione le proprie risorse perché ogni uomo abbia il pane
quotidiano.
L’esempio della prima comunità cristiana è illuminante
“Vendevano le loro proprietà e sostanze e le dividevano con
tutti, secondo il bisogno di ciascuno”. Ciò non significa
annullare la proprietà privata, ma sapere che laddove c’è
bisogno, ognuno, secondo le proprie possibilità, ha il compito,
come discepolo del Signore, di farsi prossimo a chi è
nell’indigenza.
Occorre soccorrere chi vive nella fame, recuperare il significato
di volontariato e riconoscere nell’altro una dignità uguale a
quella che esigiamo per noi stessi.
2. Dar da bere agli assetati
«Chi vi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua
fresca non perderà la sua ricompensa»
( Mt 10, 42 )
Tutta la Sacra Scrittura è intrisa della consapevolezza che
l’acqua è una necessità perché un uomo possa vivere. La Bibbia
richiama il dovere di garantire l’acqua ad ogni creatura: bisogna
dar da bere anche al nemico: «Se il tuo nemico ha sete, dagli
acqua da bere» (Pr 25,2).
Così Gesù indicherà come anche per un solo bicchiere di acqua
fresca dato nel suo amore, quindi con amore e rettitudine
d’intenzione, non si perderà la ricompensa eterna. (Mt 10,42)
Certamente il discorso sul dovere di garantire acqua sana e
potabile per tutti deve essere gestito a livello planetario e dalle
istituzioni preposte, tuttavia anche ognuno di noi ha il dovere
di cooperare a questo, attraverso un utilizzo saggio dell’acqua
a sua disposizione, evitando sprechi inutili e cercando di non
inquinare l’acqua attraverso un uso sconsiderato di prodotti
chimici.
Gesti semplici, possibili a tutti, insieme all’attenzione verso le
persone che bussano alla porta chiedendo ristoro alla propria
sete.
Gesti che, però, non sono banali né inutili, ma assolutamente
necessari per il bene di tutti!
3. Vestire gli ignudi
Un bell’esempio ce lo dà San Martino, egli dopo essersi
spogliato di ogni indumento per vestire dei mendicanti,
incontrò alla porta della città di Amiens un povero privo di vesti,
che con voce supplichevole cercava di suscitare la compassione
della gente, ma tutti gli passavano accanto senza notarlo.
Martino, uomo pervaso di Dio, comprese che quel povero era
affidato a lui.
Ma che fare? Aveva solo il mantello, estrasse la spada di cui era
cinto, divise il mantello in due parti uguali e ne diede una al
mendicante, coprendosi con la parte che restava.
All’alba, quando Martino si addormentò, ebbe la visione di
Cristo avvolto nel mezzo mantello con il quale egli aveva
coperto il mendicante. Il Santo non si riempì di orgoglio per
quella apparizione; riconobbe invece la bontà di Dio in ciò che
era successo, e avendo ormai raggiunto l’età di vent’anni, si
affrettò a ricevere il battesimo.
4. Ospitare i forestieri
Praticate l’ospitalità gli uni verso gli altri
(1 Pietro 4,9)
Sarà successo a tutti di imbattersi in alcune località diverse dal
consueto ambiente di vita e, vedendo il grado di ospitalità delle
persone del luogo, di complimentarsi per la loro accoglienza e
cortesia.
L’opera di misericordia che invita ad alloggiare i pellegrini,
sebbene in origine potesse riferirsi a quanti si trovavano in
viaggio per una motivazione di carattere religioso, oggi non
perde il valore nelle mutate situazioni della nostra società,
perché essa non si riferisce tanto a “chi” bisogna accogliere, ma
al fatto “che la nostra vita deve aprirsi con disponibilità
all’altro”.
Viviamo in un mondo in cui troppe volte siamo spaventati gli
uni nei confronti degli altri, ci temiamo a vicenda, sempre
pronti ad entrare in cause legali al primo screzio, fosse anche
solo presunto. Jean Daniélou ha una riflessione molto
illuminante: «La civiltà ha fatto un passo decisivo, il giorno in
cui lo straniero da nemico (hostis) è diventato ospite (hospes)».
Ed è con questo spirito che bisogna affrontare le situazioni
drammatiche del nostro oggi, in cui assistiamo a frequenti
migrazioni, a sbarchi continui di profughi, a persone che
bussano alle nostre porte e chiedono, prima che denaro, un
sorriso di accoglienza e un tetto dove poter sentirsi a casa.
La terra non è importante perché ci abitiamo noi, ma perché è
lo spazio vitale voluto da Dio per ogni sua creatura.
5. Visitare gli infermi
«Venite benedetti del Padre mio…
perché ero malato e mi avete visitato»
(Mt 25,36)
Essere colpiti da una malattia è un evento particolare della vita:
significa sperimentare con angoscia che non siamo più noi e la
nostra volontà a dire al corpo ciò che deve fare, ma è il corpo a
darci ordini, impedendoci di agire come vorremmo e
obbligandoci a vivere in un modo che ci disorienta.
È un’esperienza che presto o tardi ogni uomo fa nella vita e che
assomma la dimensione fisica a quella spirituale. Per questo nel
rapportarsi ad un ammalato è necessario tener presente non
solo il “caso clinico”, cioè la patologia, ma anche tutta la sfera
dei suoi sentimenti, delle prospettive, delle paure che il malato
prova.
La Bibbia attesta diverse modalità nel rapporto con la persona
inferma: una relazione asettica e di circostanza, che Giobbe
definisce come “consolatori stucchevoli”, “rafforzatori di
menzogne”, “medici da nulla” e, al contrario, una relazione in
cui la compagnia e l’ascolto diventa una vera compassione, un
“patire con”, facendo dei sentimenti dell’altro i nostri stessi
sentimenti.
Come il Samaritano che, vedendo l’uomo piagato, gli passò
accanto, lo guardò con amore e ne ebbe compassione.
Ognuno ha accanto a sé conoscenti o parenti provati dalla
malattia e vivere in profondità questa opera di misericordia
significa trasformare in noi lo stile di Gesù, così da poter donare
vero conforto e pace del cuore a quanti accostiamo.
6. Visitare i carcerati
«Venite benedetti del Padre mio…
ero in carcere e siete venuti a trovarmi»
(Mt 25,36)
Quando ascoltiamo nel Vangelo le solenni parole del Figlio
dell’uomo glorificato identificarsi col carcerato non possiamo
rimanere indifferenti, il fatto che Gesù possa identificarsi in un
carcerato, che è lì perché ha commesso qualcosa di grave,
suscita un po' di ripulsa e di stizza.
L’amore che Gesù propone, però, va al di là delle azioni puntuali
dell’uomo, egli lo ama per il semplice fatto che è una creatura
di Dio, è oggetto della sua benevolenza, lui che fa sorgere il suo
sole sui buoni e sui cattivi e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti.
(Mt 4,45).
In lui non c’è preferenza di persona, il suo è uno stile di
solidarietà con il peccato, perché il peccatore si converta e
ristabilisca nella giustizia la sua vita.
Così deve essere l’animo che ci guida in questa opera di
misericordia, purtroppo spesso disattesa e ignorata: essa
richiede coraggio, sensibilità umana e capacità di grande
ascolto del vissuto altrui per capire le ragioni che l’han portato
fin lì e cosi poter dire una parola che illumini, risollevi e apra alla
speranza.
Certamente ci deve essere una sempre maggiore disponibilità
dei responsabili delle carceri perché quanti desiderano possano
incontrare i reclusi in un clima sereno e accogliente.
E come Papa Giovanni in visita ai carcerati di Regina Coeli
esclamiamo: «Voi non potevate venire a trovarmi, così sono
venuto io a trovare voi».
7. Seppellire i morti
«Figlio, quando morirò,
dovrai darmi una sepoltura dignitosa»
(Tobia 4,3)
La sepoltura dei morti è sempre stata un atto praticato con cura
e amore. Non avere sepoltura è ritenuto una grave disgrazia e
non dare sepoltura ai morti è considerata una grave colpa; al
contrario seppellire i morti è una delle opere più meritevole agli
occhi di Dio, una delle espressioni più alte della carità.
Infatti il giudaismo prima e il cristianesimo poi vede nel
consegnare un morto alla terra e nel custodire la sua tomba il
segno dell’onore che si deve dare a chi è destinato alla
risurrezione, quando «quelli che dormono nella polvere della
terra si risveglieranno» (Dn 12,2).
Senza entrare nel dettaglio delle diverse forme di sepoltura, è
sufficiente che ognuno prenda coscienza di questo dovere che
rispettino non solo il legame individuale con la persona defunta
ma anche le relazioni che ebbe nella sua vita e ricordando
sempre della preghiera di suffragio, che lega questa opera di
misericordia corporale alla corrispondente opera di
misericordia spirituale «pregate Dio per i vivi e per i morti».
Sant’Agostino afferma: «Una lacrima per i defunti evapora, un
fiore sulla loro tomba appassisce, una preghiera arriva sino al
cuore di Dio».
Opere di Misericordia Spirituale
1. Consigliare i dubbiosi
«Il consiglio del sapiente è come una sorgente di vita»
(Sir. 21,13)
Per esperienza di vita ogni uomo sa che ci sono almeno due
grandi generi di dubbio: il primo si configura come
un’inquietudine naturale che permette all’uomo di ricercare
sempre più, di aprirsi a nuove scoperte, di entrare
maggiormente nelle profondità di sé stesso e di ciò che gli sta
attorno.
Il secondo genere, invece, è connesso con la necessità di
compiere scelte e, siccome ogni decisione ha sempre in sé
variabili oscure, spesso l’uomo si trova in uno stato di dubbio
sull’opportunità di imboccare una strada oppure un’altra.
Il dubbio pone l’uomo come difronte a un bivio generando in
lui insicurezza sul cammino da intraprendere; nello stesso
tempo lo apre a dover chiedere un consiglio, un parere,
un’illuminazione.
Qui si apre il compito di colui che è chiamato ad essere
consigliere, cioè ad accompagnare, senza imporre, la decisione
di colui che chiede aiuto.
Un lavoro importante, delicato, che richiede attenzione
dell’altro, alla sua storia, capacità di non emettere giudizi
temerari, sano e prudente discernimento sulla possibilità
dell’altro e volontà di aiutarlo senza ricerca di interesse o di
tornaconto personale.
Ogni buon consiglio non può mai essere dato immediatamente,
deve essere meditato alla luce della volontà di Dio, è necessario
pregare per purificare le proprie intenzioni per venire incontro
al vero bene di colui che lo ha chiesto.
2. Insegnare agli ignoranti
«Non di solo pane vive l’uomo,
ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio»
(Mt 4,4)
Il termine “ignorante”, nel nostro frasario comune, ha
un’eccezione piuttosto negativa e denigratoria nei confronti di
una persona: indica un uomo che non capisce, testardo, rozzo,
squilibrato.
Tuttavia, l’eccezione alta di questa parola si riferisce, come è
evidente, al fatto che nessuno nella vita nasce “imparato”, ma
ha bisogno su ogni fronte, di istruzione, proprio perché all’inizio
vive in una condizione di ignoranza.
Dio stesso, nella storia del popolo d’Israele, e Gesù Cristo, con
i suoi discepoli, si pongono come i grandi Maestri.
Dice Giobbe: «Chi è maestro come Lui?» e Gesù veniva
chiamato Rabbi, che significa appunto “Maestro”.
Dio sa che il popolo ha bisogno di imparare la strada della vita
e Gesù ai discepoli annota: «Vi ho detto queste cose perché…
la vostra gioia sia piena» (Gv 15,11).
Da questo si comprende che la missione della Chiesa è allora
quella di insegnare la verità di Dio perché il mondo sia riportato
in questo stato di benessere e di pace voluto all’inizio dal
Creatore e così l’uomo possa vivere una felicità autentica già
qui sulla terra.
Ogni cristiano quindi ha un doppio dovere: anzitutto porsi in
uno stato di sequela, cioè alla Scuola del Signore, e poi di
insegnante, accompagnando con delicatezza alla conoscenza
della fede quanti sono assetati di verità e di luce per la propria
vita.
3. Ammonire i peccatori
Fra le opere di misericordia, quella che chiede di ammonire i
peccatori risulta forse la più delicata e difficile da compiere: un
falso rispetto umano porta sovente a rendere lo sbaglio altrui
più oggetto di derisione o di pettegolezzo, che occasione di
correzione fraterna. Eppure il cristiano è chiamato a vivere il
secondo atteggiamento, escludendo totalmente il primo. È
segno di responsabilità e di mutuo aiuto per camminare sulla
strada del bene e della verità.
Gesù, nel Vangelo, ha più volte richiamato questo dovere e ha
indicato in un’occasione la strada maestra: quando un fratello
sbaglia, anzitutto l’ammonimento deve avvenire nel segreto; se
non ascolta, allora si chieda l’aiuto di due o tre persone perché
insieme si possa maggiormente discernere il bene dell’altro; se
non ascolta ancora, si convochi la comunità, perché tutti si
facciano carico di quel peccatore e gli tendano la mano perché
cambi vita; se non ascolta nemmeno così, sia – dice Gesù –
«come un pagano e un pubblicano» (Mt 18,17).
Così sembrerebbe che alla fin fine, dopo aver provato diverse
volte, la persona deve essere abbandonata a sé stessa.
Ma non è proprio Gesù che sedeva a mensa con pubblicani e
peccatori (Mt 9,10)?
Ciò allora significa che a volte la correzione non può avvenire
con la parola, ma deve essere mediata dalla condivisione della
vita, dallo stare accanto, perché la conversione avvenga più per
assunzione di un atteggiamento che per comprensione iniziale
di un valore.
4. Consolare gli afflitti
«Venite a me, voi tutti
che siete affaticati e oppressi e io vi darò ristoro»
(Mt 11,18)
Quando Gesù invita i discepoli a non sprecare parole nella
preghiera come fanno i pagani (Mt 6,7) è perché egli sa che Dio
non è lontano dal suo popolo, sa ciò di cui ha bisogno, è vicino
all’umanità sofferente e viene incontro ad essa con la sua
tenerezza e misericordia.
Il Gesù il Padre ha voluto mostrare che cosa significhi tutto ciò:
la lettera agli Ebrei afferma che “non abbiamo un sommo
sacerdote che non sappia prendere parte alle nostre
debolezze: egli stesso è stato messo alla prova in ogni cosa
come noi, escluso il peccato”.
Così Gesù è stato in grado di provare compassione per quanti
erano nell’afflizione, perché egli stesso l’ha sperimentata: si è
commosso profondamente per la morte dell’amico Lazzaro, ha
pianto perché Gerusalemme non aveva saputo riconoscere il
tempo della salvezza, ha pregato il Padre «con forti grida e
lacrime» (Eb 5,7).
Non solo, senza esserne toccato, ha voluto però sperimentare
l’abbruttimento a cui porta il peccato e così si è reso solidale
con quanti erano ammalati nel corpo e nello spirito.
Gesù è allora un grande esempio di come ci si debba accostare
a chi è nell’angoscia e nell’afflizione: con garbo, cautela, ma
soprattutto condividendo il suo stato, provando vera
compassione e pietà, cercando maggiormente la vicinanza
spirituale che vuote parole, le quali a volte rischiano di
rimanere esterne o addirittura fuori luogo.
5. Perdonare le offese.
«Rimetti a noi i nostri debiti,
come noi li rimettiamo ai nostri debitori»
(Mt 6,12)
San Paolo, scrivendo ai Galati, invita i cristiani a vivere
nell’amore e nel servizio vicendevole.
Tuttavia, è consapevole di quanto sia difficile tutto ciò e allora
avverte: «Se vi mordete e divorate a vicenda, badate almeno di
non distruggervi del tutto gli uni dagli gli altri» (Gal 5,15)
È un “precetto” veramente minimale, consapevole della realtà
quotidiana, ma il livello alto al quale ogni cristiano è chiamato
sta nella risposta di Gesù a Pietro che gli chiede quante volte
deve perdonare al fratello se pecca contro di lui; Pietro pensava
di essere generoso arrivando fino a sette, ma Gesù lo esorta a
perdonare fino a settanta volte sette, un numero iperbolico per
indicare che la disponibilità al perdono deve esserci sempre nel
momento in cui il fratello si pente e chiede misericordia (Mt 18,
21-35).
Il cammino che permette di vivere in questo modo non è
semplice e immediato, ma è la misura alta della vita cristiana e
permette a chi perdona di non vivere nella tensione e nel
risentimento, a chi è perdonato di rialzarsi e camminare
nuovamente cercando di cambiare atteggiamento.
Un atto di perdono è più educativo di qualsiasi punizione,
anche di quelle che vengono definite “redentive”, perché solo
l’amore è il vero imperativo morale che spinge l’uomo a
rispondere con una vita diversa e pacificata.
Martin Luther King diceva che per far questo ci vuole una
grande forza, la forza dell’amore.
6. Sopportare pazientemente le persone moleste.
«Rivestitevi di sentimenti di tenerezza…
sopportandovi a vicenda e perdonandovi gli uni gli altri»
(Col 3, 12-13)
Nel nostro immaginario comune, la parola “molesta” e il
corrispondente verbo “molestatore” fanno riferimento a atti o
parole di violenza, soprattutto nella sfera sessuale.
In realtà, il termine, nel suo significato, ha un’accezione più
ampia: essere molestati significa che una persona tende a
“sovrastarci con la sua mole”, per cui il suo carattere o la sua
personalità diventano per noi insopportabili, il suo modo di fare
ci stizzisce, la sua stessa presenza ci dà fastidio.
Tutto questo può provocare due reazioni: o il litigio e
l’allontanamento reciproco, oppure la sopportazione.
A chi tende a schiacciarci, sopportando si dimostra che siamo
disposti a portarne il peso, e per far questo è necessario
equilibrio interiore, giusta misura nel rapporto con l’altro,
pazienza e amorevolezza.
L’atteggiamento opportuno è annotato da San Paolo:
«Rivestitevi di sentimenti di tenerezza, di bontà, di
mansuetudine, di magnanimità, sopportandovi a vicenda e
perdonandovi gli uni gli altri, se qualcuno avesse di che
lamentarsi nei riguardi di un altro» (Col. 3, 12-13).
Giungere a questo livello di vita cristiana è un cammino di
liberazione interiore da tutto ciò che blocca l’amore
incondizionato: invidie, gelosie, spirito di contesa, rivalità,
campanilismo culturale o territoriale, incapacità di aprirsi a una
visione differente della vita, ma è il cammino della serenità
interiore e della somiglianza alla vita stessa di Dio.
7. Pregare Dio per i vivi e per i morti
«Sia benedetto dal Signore che non ha rinunciato
alla sua bontà verso i vivi e verso i morti» (Rut 2,20)
Le opere di misericordia proposte dalla Chiesa si suggellano con
la preghiera: essa è veramente un’opera, la più gradita a Dio e
sulla quale Gesù insiste più volte nel Vangelo.
Ogni cristiano è sacerdote, la cui parola significa esattamente
“intercessore”, cioè colui che si “mette in mezzo” tra l’umanità
e la divinità, creando un ponte di dialogo fra Dio e l’uomo.
Spesso si pensa che la preghiera sia di minore importanza
rispetto all’azione, che solo agendo con volontà i problemi si
smuovono e si risolvono; tuttavia, ci si rende sempre conto che
alla fine l’uomo fallisce se prima di agire non interpella Dio, se
non discerne la sua volontà e allora comprende come davvero
la preghiera sia necessaria.
Cosi è delle situazioni e delle persone umane, con le loro fatiche
e i loro travagli, ma cosi è anche di quanti ci hanno preceduto
nella morte.
La Lumen gentium, il documento conciliare sulla chiesa,
afferma che «L’unione di quelli che sono ancora in cammino coi
fratelli morti nella pace di Cristo non è minimamente spezzata;
anzi, secondo la perenne fede della Chiesa, è consolidata dallo
scambio di beni spirituali» (n. 49).
Da qui l’opportunità di pregare per i defunti, affidando al
Signore non solamente quanti conosciamo o quelli a cui
abbiamo voluto bene, ma anche coloro che non abbiamo
saputo amare, che non abbiamo conosciuto, fino a intercedere
per coloro che sono più bisognosi della misericordia di Dio.
La Discesa dello Spirito Santo su Maria e gli Apostoli
P O S T F A Z I O N E
Olga Guaragna era nata il 18
settembre 1939 a Cassano
all’Ionio, da Luigi e Carolina
De Simone, in una famiglia
umile ma dignitosa, che le
inculcò il senso del dovere,
il rispetto per gli altri e
l’importanza del sacrificio
per raggiungere ogni
obiettivo.
Sin da piccola Olga si
affermò per il suo carattere
forte e determinato, all’età
di 15 anni volle andare via
dal paese per proseguire i
suoi studi all’Istituto
Magistrale “Lucrezia della Valle” di Cosenza, laddove si diplomò
con ottimi risultati, e già all’età di 20 anni iniziò la sua carriera
lavorativa come insegnante elementare, attività che svolse per
oltre quarant’anni nel suo paese natìo con grande passione e
dedizione.
Giovanissima conobbe Enzo Cersosimo, il suo grande amore,
che all’età di 28 anni sposò e dal quale ebbe tre figli: Giovanna,
Stefania e Pasquale. Con suo marito diceva sempre di sentirsi
sicura, a nostro avviso perché l’assecondava in ogni sua scelta
e le risolveva ogni problema, senza mai darle grandi
preoccupazioni.
Dotata di una profonda fede cristiana, Olga frequentò per molti
anni la Parrocchia dei Sacri Cuori di Lauropoli, collaborando con
il Parroco e gli altri parrocchiani alle diverse attività liturgiche,
dalle quali traeva sentiti momenti di riflessione.
Abbiamo voluto in questo testo riportare le frasi più “forti” che
lei era solita annotare in un quadernetto dopo la lettura dei
testi sacri o la partecipazione alle funzioni liturgiche, affinché
ciascuno di noi, come lei, possa trarne momenti di riflessione.
collaborando con il Parroco e gli altri parrocchiani alle diverse
attività liturgiche, dalle quali traeva sentiti momenti di
riflessione.
Abbiamo voluto in questo testo riportare le frasi più “forti” che
lei era solita annotare in un quadernetto dopo la lettura dei
testi sacri o la partecipazione alle funzioni liturgiche, affinché
ciascuno di noi, come lei, possa trarne momenti di riflessione.