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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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Delicato.

Luminoso.

C’ero io.

C’ero io con addosso il cielo che avevo sempre desiderato. C’ero io che

ci brillavo dentro, come se mi fossi cucita sulla pelle uno dei miei sogni.

Come se non dovessi mai più strofinarmi fiori addosso per sentirmi meno

sporca…

«Nica?» mi chiamò Anna, e io abbassai il viso.

Gli occhi mi pizzicavano. Sperai che non mi sentisse tirare su col naso

mentre stringevo l’orlo del vestito e in un filo di voce sussurravo: «Mi

piace… Mi piace tanto. Grazie».

Percepii la mano di Anna sulla spalla. Il modo intenerito con cui la

strinse mi fece desiderare di sentirla accanto tutti i giorni. Mi stava dando

così tanto… Troppo per un cuore morbido come il mio. Non riuscivo più a

pensare alla possibilità di poterla perdere. Se qualcosa in quella fase

dell’adozione fosse andata storta, io non l’avrei rivista mai più.

«Lo prendiamo», la sentii enunciare.

Tornai dentro il camerino. Sfiorai il vestito con le dita, la fila di

bottoncini bianchi che seguiva la curva del petto.

Come era carino…

Quando fu il momento di toglierlo, però, mi ricordai che da sola non ci

arrivavo.

«Anna, scusa, riesci a darmi una mano?» chiesi a voce alta accostandomi

all’uscita del camerino.

Spostai la tenda quanto bastava per farci passare la schiena, senza

voltarmi.

Attesi con pazienza, ma alle mie spalle lei tacque. Eppure percepivo

ancora una presenza, lì dietro da qualche parte; raccolsi i capelli su una

spalla, togliendoli dalla schiena in modo che non fossero d’intralcio.

«La cerniera, Anna…» specificai impacciata. «Scusa ma non ci arrivo.

Puoi aiutarmi?»

Ci fu un lungo silenzio dietro di me.

Poi, dopo un momento… sentii il rintocco di passi che si decidevano ad

avvicinarsi.

Mi raggiunsero senza fretta e si fermarono alle mie spalle.

Una mano tenne fermo il colletto, l’altra si fermò sulla cerniera,

stringendosi attorno alla linguetta metallica con gesti strascicati. Poi,

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