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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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In vetrina c’era un grazioso abitino color pastello; semplice, di una stoffa

delicata che aderiva sul busto e carezzava i fianchi. Aveva le spalline sottili,

una fila di piccoli bottoni in madreperla sul petto, e sulla vita la gonna si

allargava nelle pieghe ondulate di una morbida ruota.

Ma quello che mi colpì di più fu la tinta del tessuto. Quella tonalità

leggera del colore del cielo - come petali di non ti scordar di me, i boccioli

che da piccola strofinavo sui miei abiti del Grave perché sembrassero meno

grigi.

Mi incantai come mi incantavo a guardare le nuvole, nel giardino

dell’istituto. Aveva qualcosa che mi ricordava quei momenti, qualcosa di

delicato e pulito come il cielo che rincorrevo con desiderio di libertà.

«Non è tremendamente carino?» disse Anna sfiorandomi il polso, e io

annuii piano.

«Vuoi entrare a provarlo?»

«No, Anna, io… Mi hai già comprato così tanta roba…»

Ma lei aveva già aperto la porta e si era palesata alla commessa.

«Salve. Vorremmo provare quell’abito lì», e indicò l’angolo della vetrina,

facendo illuminare la ragazza.

«Prego,» ci invitò cordiale, «glielo porto subito!» e sparì sul retro.

Tirai piano la manica di Anna.

«Anna, davvero, non occorre…»

«Oh, perché no?» rispose lei sorridendo. «Voglio vedere come ti sta. Non

vorrai mica negarmelo, vero? Dopotutto è la nostra giornata insieme.»

Mi sentii bruciare il petto. Feci per balbettare qualcosa, incerta, ma la

commessa sbucò di nuovo nel negozio.

«Oh, li ho finiti tutti!» esordì, strofinandosi il dorso della mano sulla

fronte. «Ma nessun problema, le do quello in vetrina!»

Si avvicinò al manichino e sfilò il vestito con delicatezza.

«È l’ultimo rimasto! Ecco a te», me lo lasciò tra le braccia e io lo

osservai ammaliata. «I camerini sono da questa parte. Vieni!» Anna mi fece

segno di andare, non prima di aver preso le buste che tenevo in mano; dalla

porta vidi entrare Norman, e dietro di lui, solo un momento dopo, fece la

sua comparsa anche Rigel.

Seguii la commessa fino ai camerini, in un angolo un po’ nascosto alla

vista, e mi infilai in quello in fondo.

Mi assicurai che la tenda fosse ben tirata e poi mi spogliai; infilai il

vestito dalla testa, impigliandomi in una ragnatela di capelli. A vestirmi non

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