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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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«Tutto bene?» sentii dolcemente.

Era la voce di Anna. Mentre sollevavo le palpebre, però, mi resi conto

che non lo aveva chiesto a me.

La sua mano era posata sul capo di Rigel.

Lui era di schiena, i capelli neri scombinati e la mano stretta attorno alla

tazza di caffè. Annuì, ma me ne accorsi a stento. Mi ero incantata sulle sue

dita e le vene che gli risalivano fino all’avambraccio.

Quelle mani… erano un controsenso totale. Sprigionavano

un’aggressività implacabile, e allo stesso tempo sapevano produrre melodie

ultraterrene. Le nocche forti e i legamenti scattanti sembravano modellati

per sottomettere, ma le dita erano in grado di carezzare i tasti con una

lentezza incredibile…

Mi riscossi quando si alzò in piedi.

Rigel svettò in tutta la sua altezza e per un momento l’odore del caffè

perse intensità. Quello sguardo penetrante mi indusse a dimenticare perché

ero venuta lì. Era assurdo. Irradiava un carisma capace di mettere

soggezione, e subito provai l’impulso di indietreggiare per andare via.

Si avvicinò alla porta e ricordai il modo brutale in cui aveva reagito con

quel ragazzo, il giorno prima, così feci un passo indietro.

A quel gesto, le sue pupille si piantarono su di me e una sensazione

irrazionale mi chiuse la gola.

Non sapevo spiegarlo… Avevo paura di Rigel, ma non capivo cosa mi

terrorizzasse di lui. Forse il modo in cui quegli occhi scavavano dentro,

violandoti, forse quella voce troppo matura per un ragazzo della sua età.

Forse la consapevolezza di quanto sapesse diventare violento.

O forse… Forse quella tempesta di brividi che mi provocava ogni volta

che mi respirava vicino…

«Paura che ti morda, falena?» sussurrò con tono roco e insinuante,

passandomi accanto. Si era piegato vicino al mio orecchio in modo che

potessi sentirlo solo io. Mi allontanai in fretta, ma a quel punto lui era già

svanito con passo sicuro alle mie spalle.

«Ciao, Nica!»

Sussultai, trovando Anna a sorridermi.

«Caffè?»

Annuii, tesa, per poi constatare con sollievo che non si era accorta di quel

piccolo scambio tra di noi. La raggiunsi al tavolo e feci colazione con lei.

«Ti va di passare un po’ di tempo insieme, oggi?»

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