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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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raccapricciata.

«Dannazione! Ma io dico, con tutto il posto che c’era? Che schifo,

cazzo!»

La chiocciola si rintanò, e io gli rivolsi un’occhiata un po’ offesa;

controllai che il guscio non si fosse crepato e lo chiusi tra i palmi, tenendolo

al caldo.

«È timida…» mormorai, lievemente imbronciata. Una parte di me sperò

che lui non mi avesse sentita, ma non avevo parlato abbastanza piano.

«Prego?» mi apostrofò infatti, vagamente inferocito.

«Non lo ha fatto apposta,» la difesi con un filo di voce, «non è in grado

di capire. Non credi?»

Lui mi fissò con occhi allucinati, disgustato e incredulo; mi sentii

infantile, piccola e strana, come una bambina racchiusa in un mondo che gli

altri avrebbero sempre guardato in quel modo.

«Non fa “schifo”…» continuai piano, come a voler difendere una parte di

me. «È una creatura molto fragile… Può solo difendersi. Non ha modo di

ferire niente e nessuno.»

I capelli mi solleticarono i lati del viso mentre rimanevo così, col mento

leggermente inclinato. «A volte esce con la pioggia. È presagio di

acquazzoni e temporali… Lo sente, sai? Prima di tutti gli altri…»

Mi mossi lentamente verso il muretto, tenendola vicino al petto. «Nel

guscio… è al sicuro. È la sua casa», mi chinai ai piedi dell’albero, nella

cornice di prato prima della rete dove non veniva nessuno. «Ma se dovesse

incrinarsi, o spezzarsi… le schegge si incastrerebbero verso l’interno e

finirebbero per ucciderla. E lei non potrebbe sopravvivere. In nessun modo.

Perché è il suo rifugio… L’unico riparo che ha. È… triste, vero?» mormorai

amareggiata. «Ciò che la protegge è anche ciò che può farle più male.»

La lasciai vicino alle radici, depositandola con cura. Rimase rintanata,

troppo timorosa di uscire, e io smossi un po’ il terriccio, cercandolo sotto,

dove era più umido, perché stesse bene.

«Ecco…» sussurrai sorridendo appena. Nei miei gesti c’era tutta la

delicatezza che mi aveva insegnato mamma.

Tornai ad alzarmi, portando lentamente una ciocca dietro l’orecchio;

quando sollevai il viso vidi che il ragazzo mi aveva osservata per tutto il

tempo.

«Nica, ehi!» Billie davanti alle porte aveva un braccio alzato. «Che stai

facendo? Muoviti, è tardi!»

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