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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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Era maliardo e seducente come non avevo mai visto nessuno. Non era un

lupo, era una creatura pericolosa di cui non riuscivo a distinguere i contorni.

E lui lo sapeva.

«Avanti. Sentiamo», sussurrò spietato, piegando appena il volto. Gli

arrivavo a stento al petto, e l’aria pulsava tra di noi come se fosse viva.

«Guardati… Ti spaventa persino la mia voce.»

«Non capisco cosa vuoi, Rigel. Non capisco… L’attimo prima mi ringhi

contro e l’attimo dopo…»

Mi respiri addosso, avrei voluto dire, ma il cuore mi impedì di parlare.

Lo sentivo in gola, come un allarme che mi ricordava quanto fosse vicino.

«Lo sai perché le favole finiscono con “per sempre”, Nica?» sibilò lui

implacabile. «Per ricordarci che ci sono cose destinate all’eternità. Cose

immutabili. Cose che non cambiano. È nella loro natura essere ciò che sono,

altrimenti l’intera storia non sussiste. Non puoi sconvolgere l’ordine

naturale senza sconvolgere il finale. E tu, tu che fantastichi tanto… tu che

non fai altro che sperare… tu che sei così aggrappata al tuo lieto fine, hai

abbastanza coraggio per immaginare una favola senza lupo?»

La sua voce fu un sussurro feroce, profondo, capace di terrificarmi.

Rabbrividii al suo cospetto e Rigel mi scavò dentro gli occhi,

osservandomi da sotto le ciglia lunghe per un istante che mi sembrò

interminabile. Le sue parole crearono disordine dentro di me, orbitarono

come polveri di una galassia incomprensibile.

Poi, di punto in bianco, lui sollevò una mano. La avvicinò al mio viso e

io serrai gli occhi di riflesso, come se avessi paura che potesse farmi del

male. Tese il braccio in avanti e…

…Non successe niente. Spalancai gli occhi col cuore che si dimenava

ancora, ma Rigel era già lontano, intento a sparire oltre la porta con passo

misurato. Ebbi un’intuizione, e voltandomi capii che aveva solo riposto il

libro nello scaffale dietro di me.

Calmai i battiti, ma ero troppo confusa e turbata per riuscire a mettere

insieme i pensieri.

Come dovevo interpretare i suoi gesti?

E quelle parole? Che significavano?

Notai che nel volume c’era ancora il segnalibro. Ero certa che invece lo

avesse finito, perciò dopo un momento sollevai la mano per toglierlo. Presi

Il Pugnale Alato di Chesterton e lo aprii.

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