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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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Mi chiamava sempre “Nica” quando mi ringhiava addosso, e non

“falena”. Come se chiamarmi per nome donasse una nota definitiva alle sue

parole.

Stava già per chiudere la porta che io strinsi le dita, sentendo il lieve

stropiccio dei miei cerotti pizzicare l’aria.

«Era solo una gentilezza», dissi con rimprovero, cercando di rivaleggiare

inutilmente quel suo atteggiamento. «Possibile che tu non riesca a capirlo?»

La porta si fermò.

Vidi un’ombra stridere nelle sue iridi nere quando lui, con lo sguardo

inchiodato a me e le labbra incredibilmente ferme, mormorò: «Una…

gentilezza?»

Mi tesi. Rigel tornò a schiudere la porta, e i miei muscoli si irrigidirono

uno per uno.

Si fece avanti, alto e intimidente, e io ingoiai a vuoto mentre appoggiava

il polso contro lo stipite, proprio sopra il mio viso, torreggiandomi addosso

con occhi gelidi.

«Io non voglio… la tua gentilezza», gli grondò lento e minaccioso dalle

labbra. «Io ti voglio fuori dai piedi.»

La sua voce profonda mi toccò con intimità. Si fuse al mio sangue. Mi

allontanai di scatto e i suoi occhi mi seguirono con incredibile precisione.

Lo fissai spaventata per le reazioni che sortiva in me. Per la prima volta

in vita mia desiderai provare rabbia, disprezzo o rancore per il suo

comportamento, ma il petto mi pungeva con un fastidio molto più profondo,

che quasi mi faceva male.

L’istante dopo lui richiuse la porta e il silenzio tornò a inghiottirmi.

Affondai i denti nelle labbra e mi ritrovai a stringere i pugni, cercando di

scacciare quelle sensazioni. Perché mi sentivo tanto ferita? Era così da

sempre. Quello era solo uno dei tanti contrasti che c’erano tra di noi.

Ero stata una sciocca anche solo a credere il contrario.

Rigel mi mordeva da una vita, non voleva che lo toccassi, che mi

avvicinassi o che cercassi di capirlo. Non voleva nulla da me ma, allo stesso

tempo, sapeva tormentarmi come nessuno. Mi ossessionava. A volte

sembrava volermi rovinare, altre odiava persino avermi intorno.

Era una creatura restia, enigmatica e ombrosa.

Un vero lupo.

Aveva il fascino della notte, e gli occhi remoti e freddi come la stella di

cui portava il nome. E io… Io dovevo smettere di sperare che le cose

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